Giustizia riparativa mediazione penale

 

Le disposizioni comunitarie e internazionali sulla giustizia riparativa

 

Si propone un approfondimento delle disposizioni comunitarie ed internazionali sulla tutela delle vittime e la giustizia riparativa, con un commento sintetico che può essere di aiuto alla lettura dei documenti, a cura di Maria Pia Giuffrida (Dirigente Generale dell’Amministrazione Penitenziaria e Presidente della Commissione di studio "Mediazione Penale e Giustizia riparativa"), che fa parte integrante dell’articolo "Verso la giustizia riparativa" pubblicato sulla Rivista Mediares Semestrale sulla mediazione n. 3/2004. Per reperire il testo integrale delle disposizioni si può consultare il portale dell’Unione europea o del Consiglio d’Europa e delle Nazioni Unite.

La Raccomandazione concernente la Partecipazione della società alla politica criminale (Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa - Racc. n. R(83)7 del 23/06/1983), nella quale considerato che una reazione appropriata ai problemi della criminalità deve prevedere lo sviluppo di una politica criminale orientata verso la prevenzione del crimine, la promozione di misure sostitutive delle pene detentive, il reinserimento sociale dei delinquenti e l’aiuto alle vittime, afferma l’importanza della partecipazione della società tutta per il perseguimento efficace degli obiettivi. In particolare in relazione all’importanza di sviluppare una politica di prevenzione penale, generale e speciale, si afferma che il trattamento dei condannati in libertà dà un risultato significativo nel senso della reintegrazione sociale. Afferma infine che la politica criminale deve tenere presente gli interessi ed i bisogni delle vittime.

La Convenzione Europea sul risarcimento alla vittima di reati di violenza (Consiglio d’Europa - ETS n. 116 del 24/11/1983), che impegna gli Stati membri a sviluppare i passi necessari per garantire un risarcimento economico nei confronti delle vittime dei reati citati soprattutto laddove i rei non siano stati identificati o siano privi di risorse.

La Raccomandazione concernente la Posizione delle vittime nell’ambito del diritto penale e della procedura penale (Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa - Racc. n. R(85)11 del 28/06/1985), nel premettere che talvolta gli attuali sistemi penali tendono ad accrescere, piuttosto che diminuire, i problemi delle vittime, raccomanda agli Stati di prevedere a livello legislativo ed operativo una serie di misure a tutela delle vittime, in tute le fasi del procedimento. In particolare raccomanda di prendere atto dei vantaggi che possono presentare i sistemi di mediazione e di conciliazione e di promuovere ed incoraggiare le ricerche sull’efficacia delle disposizioni concernenti le vittime.

La Dichiarazione sui Principi fondamentali di giustizia in favore delle vittime della criminalità e delle vittime di abusi di potere (Assemblea Generale delle Nazioni Unite - Risoluzione n. 40/34 del 29/11/1985) che afferma la necessità di adottare delle misure nazionali e internazionali miranti a garantire il riconoscimento universale e efficace dei diritti delle vittime della criminalità e di abuso di potere e sottolinea altresì la necessità di incoraggiare tutti gli Stati a progredire nell’impegno di raggiungere tale fine senza pregiudizio per gli indagati o i condannati, invitando gli Stati membri a prendere le necessarie iniziative per dare seguito alle disposizioni della dichiarazione al fine di attivare misure speciali di prevenzione del crimine per ridurre la vittimizzazione.

La Raccomandazione concernente l’assistenza alle vittime e la prevenzione della vittimizzazione (Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa - Racc. n. R(87)21 del 17/11/1987), che considerato che la giustizia penale non è sufficiente per riparare il pregiudizio e i danni causati dal reato, raccomanda agli Stati membri di prendere quelle misure che tendano a garantire la vittima, evitando una vittimizzazione anche secondaria. Inoltre invita gli Stati membri a favorire la creazione di organismi nazionali per la promozione degli interessi delle vittime, lo sviluppo di adeguate politiche in favore delle vittime ed incoraggiare altresì le esperienze - su base nazionale o locale - di mediazione tra il delinquente e la vittima valutando i risultati, con particolare attenzione a quelle misure in cui gli interessi delle vittime sono salvaguardati.

La Risoluzione sugli "Elementi di una responsabile prevenzione della criminalità: standard e norme" (Economic and Social Council delle Nazioni Unite n. 1997/33 del 21/07/1997) che prendendo atto del sovraffollamento delle carceri e del critico stato del sistema di giustizia penale, afferma l’importanza di una prevenzione non-repressiva del crimine e rilancia la necessità di una attenzione alla vittima, che non va "colpevolizzata" ma assistita e protetta, e di una contestuale dovuta considerazione ai diritti del reo.

La Risoluzione sulla "Cooperazione internazionale tesa alla riduzione del sovraffollamento delle prigioni ed alla promozione di pene alternative" (Economic and social Council delle Nazioni Unite n. 1998/23 del 28/07/1998) che, preso atto del sovraffollamento delle carceri e della difficoltà del lavoro degli operatori, raccomanda agli Stati membri di ricorrere allo sviluppo di forme di pena non custodiali e - se possibile - a soluzioni amichevoli dei conflitti di minore gravità, attraverso l’uso della mediazione, l’accettazione di forme di riparazione civilistiche o accordi di reintegrazione economica in favore della vittima con parte del reddito del reo o compensazione con lavori espletati dal reo in favore della vittima stessa.

La Risoluzione sullo Sviluppo ed attuazione di interventi di mediazione e giustizia riparativa nell’ambito della giustizia penale (Economic and social Council delle Nazioni Unite n. 1999/26 del 28/07/1999) che riafferma come la risoluzione di piccole dispute e reati può essere ricercata ricorrendo alla mediazione ed altre forme di giustizia riparativa, ed in specie misure che, sotto il controllo di un giudice o altra competente autorità, faciliti l’incontro tra il reo e la vittima, risarcendo i danni sofferti o espletando servizi /attività utili per la collettività. Viene inoltre sottolineato che la mediazione e le altre forme di giustizia riparativa possono essere soddisfacenti per la vittima, come pure per la prevenzione di futuri comportamenti illeciti, e può rappresentare una valida alternativa a brevi periodi di pena detentiva o contravvenzioni. Invita gli Stati membri a considerare, nell’ambito dei rispettivi sistemi giuridici, lo sviluppo di procedure che servano come alternative a procedimenti formali di giustizia penale e a formulare politiche di mediazione e giustizia riparativa, nell’ottica di promuovere una cultura favorevole alla mediazione ed alla giustizia riparativa. Sottolinea l’importanza di garantire appropriata formazione a chi dovrà attuare tali processi.

La Raccomandazione concernente il sovraffollamento carcerario e l’inflazione della popolazione carceraria (Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa – Racc. n. R(99)22 del 30/09/1999) nella quale in ordine alla necessità di ridurre il sovraffollamento, al punto 15 tra le misure alternative alla detenzione viene individuata tra le altre la "mediazione vittima-delinquente/compensazione della vittima".

La raccomandazione relativa alla Mediazione in materia penale (Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa n. R(99)19 adottata il 15/09/1999) invita gli Stati membri a tenere presente - nello sviluppo di iniziative nel campo della mediazione penale - i Principi contenuti nell’appendice. Detto allegato definisce puntualmente: i principi generali in tema di mediazione, le regole che devono disciplinare l’attività degli organi della giustizia penale in relazione alla mediazione, agli standard da rispettare per l’attività dei servizi di mediazione, alle indicazioni sulla qualifica dei mediatori e sulla loro formazione, al trattamento dei casi individuali agli esiti della mediazione, alle attività di ricerca e valutazione che gli Stati membri dovrebbero promuovere sulla materia.

Le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere (15-16 ottobre 1999) nel corso del quale i Capi di stato e di governo hanno deciso di far progredire rapidamente l’idea di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell’ambito dell’Unione Europea. In particolare al punto 32 viene richiamata la necessità di elaborare norme minime sulla tutela delle vittime della criminalità, in particolare sull’accesso delle vittime alla giustizia e sui loro diritti al risarcimento dei danni, comprese le spese legali. Dovrebbero inoltre essere creati programmi nazionali di finanziamento delle iniziative, sia statali che non governative, per l’assistenza alle vittime e la loro tutela.

La Dichiarazione di Vienna su criminalità e giustizia (X Congresso delle Nazioni Unite sulla Prevenzione del Crimine e il trattamento dei detenuti - Vienna 10-17 aprile 2000), con cui gli Stati membri si impegnano alla promozione del principio di legalità ed al potenziamento del sistema giustizia penale, nonché allo sviluppo ulteriore della cooperazione internazionale nella lotta alla criminalità trasnazionale ed all’effettiva prevenzione della criminalità. Alcuni punti della dichiarazione trattano specificatamente la definizione di impegni verso l’introduzione di "adeguati programmi di assistenza alle vittime del crimine, a livello nazionale, regionale, ed internazionale, quali meccanismi per la mediazione e la giustizia riparatrice" individuando nel 2002 il "termine ultimo per gli Stati per rivedere le proprie pertinenti procedure, al fine di sviluppare ulteriori servizi di sostegno alle vittime e campagne di sensibilizzazione sui diritti delle vittime, e prendere in considerazione l’istituzione di fondi per le vittime, oltre allo sviluppo e all’attuazione di politiche per la protezione dei testimoni (art. 27)". L’art. 28 recita inoltre "Incoraggiamo lo sviluppo di politiche di giustizia riparatrice, di procedure e di programmi rispettosi dei diritti, dei bisogni e degli interessi delle vittime, dei delinquenti, delle comunità e di tutte le altre parti".

La risoluzione sui principi base sull’uso dei programmi di giustizia riparativa in materia criminale (Economic and Social Council delle Nazioni Unite n. 2000/14 del 27/07/2000) che, richiamando i contenuti delle precedenti risoluzioni nonché la Dichiarazione di Vienna, individua nel suo allegato uno schema preliminare di dichiarazione dei principi base per l’uso dei programmi di giustizia riparativa in ambito criminale, da sottoporre all’attenzione degli Stati membri, delle organizzazioni intergovernative e non governative più rilevanti, nonché agli organismi della rete delle Nazioni Unite che si occupano di prevenzione del crimine e dei programmi di giustizia penale, al fine di definire principi comuni sulla materia.

La risoluzione sulla Dichiarazione di Vienna su criminalità e giustizia: nuove sfide nel XXI secolo (Assemblea Generale delle Nazioni Unite – n. 55/59 del 04/12/2000), che recepisce i contenuti della dichiarazione di Vienna. Gli Stati membri, prendono atto della necessità di accordi bilaterali, regionali e internazionali sulla prevenzione del crimine e la giustizia penale, nel convincimento che i programmi di prevenzione e di riabilitazione sono fondamentali quali strategie di effettivo controllo della criminalità e che un’adeguata politica criminale rappresenta un fattore importante nella promozione dello sviluppo socio-economico e della sicurezza dei cittadini. Si afferma altresì la consapevolezza dell’importanza dello sviluppo di forme di giustizia riparativa che tende a ridurre la criminalità e promuove la ricomposizione delle vittime, dei rei e delle comunità. La risoluzione fa propri gli obiettivi definiti dagli artt. 27 e 28 della Dichiarazione di Vienna in ordine allo sviluppo di piani d’azione in supporto delle vittime, nonché forme di mediazione e di giustizia riparativa, stabilendo come data di scadenza per gli Stati membri il 2002.

La risoluzione concernente il seguito da dare al Congresso delle Nazioni Unite per la prevenzione della criminalità e il trattamento dei delinquenti (Assemblea Generale delle Nazioni Unite – n. 55/60 del 04/07/2000) con cui si invitano i governi a ispirarsi alle dichiarazione di Vienna e domanda al Segretario Generale di voler preparare – previe consultazioni con gli Stati membri – dei progetti di piani di azioni che comprendano specifiche misure in vista dell’attuazione degli impegni presi a Vienna.

La Decisione quadro del Consiglio dell’Unione europea relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale (2001/220/GAI del 15 marzo 2001) adottata nell’ambito del cosiddetto "Terzo Pilastro" dell’Unione europea, sulla scorta delle determinazioni assunte nel vertice di Tampère. Con essa gli Stati membri adottano una regolamentazione quadro relativa al trattamento da riservare alle vittime del reato. In particolare oltre a definire il concetto di vittima ed i suoi diritti la decisione quadro chiarisce che la mediazione nelle cause penali è la ricerca – prima o durante lo svolgimento del procedimento penale – di una soluzione negoziata tra la vittima e l’autore del reato con la mediazione di una persona competente. Ciascuno Stato si impegna a definire dei servizi specializzati che rispondano ai bisogni della vittima in ogni fase del procedimento, adoperandosi affinché la stessa non abbia a subire pregiudizi ulteriori e inutili pressioni. Si impegnano ancora ad assicurare l’adeguata formazione professionale degli operatori. Gli Stati sono vincolati a fare entrare in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie ai fini dell’attuazione della decisione quadro, entro scadenze vincolanti e precisamente: entro il 22 marzo 2002 la predisposizione delle necessarie disposizioni attuative, di ordine legislativo, regolamentare e amministrativo; entro il 22 marzo 2004 la definizione delle garanzie in materia di comunicazione e di assistenza specifica alla vittima; entro il 22 marzo 2006 la implementazione della mediazione nell’ambito dei procedimenti penali e l’indicazione dei reati ritenuti idonei per questo tipo di misure, nonché la garanzia che eventuali accordi raggiunti tra la vittima e l’autore del reato nel corso della mediazione nell’ambito dei procedimenti penali vengano presi in considerazione.

La Risoluzione concernente i Piani d’azione per l’attuazione della Dichiarazione di Vienna sulla criminalità e la giustizia: le nuove sfide del XXI secolo (Assemblea generale delle Nazioni Unite – n. 56/261 del 31/01/2002) che recepisce i piani di azione predisposti dalla Commissione per la prevenzione del crimine e per la giustizia penale, previe consultazioni con gli Stati membri. In particolare i piani di azione danno seguito ai punti 27 e 28 della Dichiarazione di Vienna con l’individuazione di misure sia nazionali che internazionali. Rispettivamente al Cap. IX si fa riferimento alle "Misure in favore i testimoni e le vittime della criminalità" sottolineando l’importanza di favorire progetti pilota per la creazione o lo sviluppo di servizi per le vittime ed altre attività connesse. Al Cap. XV invece si fa riferimento alle "Misure relative alla giustizia riparativa" ed alla necessità quindi di sviluppare una idonea politica ed ai connessi programmi di giustizia riparativa, tenendo conto degli impegni internazionali presi in favore delle vittime. Si sottolinea altresì la necessità di promuovere una cultura favorevole alla mediazione ed alla giustizia riparativa e l’esigenza di formare adeguatamente gli operatori che dovranno lavorare all’applicazione di dette politiche.

La risoluzione sui Principi base circa l’applicazione di programmi di giustizia riparativa nell’ambito penale (Economic and Social Council delle Nazioni Unite n. 15/2002), che nel prendere atto del lavoro svolto dal Gruppo di esperti sulla giustizia riparativa, incoraggia gli Stati membri a sviluppare programmi in tal senso e di supportarsi a vicenda per avviare ricerche, valutazioni, scambi di esperienze. Il documento allegato alla risoluzione contiene delle indicazioni che – come gli esperti dichiarano nel corso dei loro lavori – non possono essere obbligatorie e rigide dovendosi adattare al sistema penale dei vari Stati. La giustizia riparativa va comunque considerata come una misura dinamica di contrasto alla criminalità, che rispetta la dignità di ciascuno e l’eguaglianza di tutti, favorisce la comprensione e contribuisce all’armonia sociale essendo tesa alla "guarigione" delle vittime, dei rei e delle comunità. Importante l’affermazione che riguarda il fatto che gli interventi di giustizia riparativa danno la possibilità alle vittime di ottenere una riparazione, di sentirsi più sicure e di trovare una tranquillità, e permette altresì ai delinquenti di prendere coscienza delle cause e degli effetti del loro comportamento e di assumersi le loro responsabilità in maniera costruttiva, aiutando anche le comunità a comprendere le cause profonde della criminalità e a promuovere azioni per un maggiore benessere e per la prevenzione della criminalità. I principi contenuti nel documento sono estremamente chiari partendo dalla definizione dei concetti portanti, chiarendo che nel parlare di programmi di giustizia riparativa ci si riferisce a tutte le iniziative che i vari Paesi – a seconda del loro sistema penale – pongono in essere nei vari stadi del procedimento o nell’esecuzione delle pene, sottolineano l’importanza del libero consenso delle varie parti all’offerta riparatoria, che deve essere loro proposta in maniera chiara e senza costrizioni - soprattutto rispetto ad eventuali conseguenze negative o sanzioni giudiziarie.

 

 

Precedente Home Su Successiva