Vita - 9 aprile 2004

 

La mia voglia di riscatto ha un nome: Erika

 

Vita 9 aprile 2004

 

Il rapporto con i figli è spesso la cosa più forte che c’è per tenere in vita in una madre detenuta la speranza e la voglia di ricostruirsi una vita diversa da quella che l’ha condotta in carcere. Ma se i reati per cui sta scontando una pena sono quelli connessi alla droga, ci si ritrova spesso a fare i conti con dei rapporti famigliari devastati. Eppure è proprio nei figli che si attinge la forza per uscire da una dipendenza distruttiva. Nella Casa a custodia attenuata femminile di Empoli, le donne detenute le loro ansie, le loro paure, il loro desiderio di ritrovare, all’uscita, i figli ad attenderle li raccontano in prima persona, senza risparmiarsi e senza giustificarsi, nel loro giornale, Ragazze fuori.

 

Ornella Favero

 

Mi chiamo Federica, vengo da Foligno, la mia condanna (provvisoria) è di quattro anni e sei mesi, sempre per reati legati alle sostanze stupefacenti. Ho una bambina di dieci anni, di nome Erika, sono venuta qui a Empoli per darle una madre migliore e per riallacciare i rapporti con lei; qui mi stanno aiutando molto.

Finora ho avuto ottimi risultati, mi stanno dando davvero una mano, non posso ancora chiamare né vedere Erika, ma presto potrò scriverle e questo è già un primo passo. So che la strada è lunga, e in salita, perché ancora devo rimettere a posto delle cose in me stessa e durante questo percorso spero di smussare i lati negativi del mio carattere, che si è formato sulla base del mio passato.

All’inizio odiavo i tossici, mi facevo solo le canne, ero una di quelle il cui motto era "fai l’amore sotto le stelle, fatti una canna ragazza ribelle ma non bucare mai la tua pelle…". Un giorno, entrando in casa del mio migliore amico all’improvviso, lo vidi che si bucava. Mi chiese di stringergli il braccio; io lo feci dopodiché me ne andai e non gli parlai più per due anni. Ero fidanzata in casa e il mio ragazzo faceva il militare a Foligno, dove abitavamo entrambi. Ogni sera era sempre più esaurito e decisi di lasciarlo per non logorare il rapporto. Ma ci soffrivo tantissimo, così una sera andai dal mio ex migliore amico per chiedergli di farmi una sola volta.

Lì è cominciato il calvario. Si comincia sempre con una schifosa "sola volta". Poi ho conosciuto il padre di mia figlia, il quale era contrario all’eroina, ma era cocainomane e fumava. Con lui smisi e quando rimasi incinta smisi proprio con tutto. Mia figlia fu la forza per quel miracolo… Purtroppo a volte le sofferenze incombono. La botta finale fu la morte del mio convivente e io mi persi ancora di più, compiendo reati non solo per la droga ma anche per mantenere lo stile di vita che lui mi offriva. Lussuosa. Il tutto poi si è trasformato in un cumulo di reati per i quali sono qui. Ho 31 anni, ma a volte scherzo e gioco come una bambina. La mia possibilità di riscatto e cambiamento si chiama Erika.

 

Federica Pulcinillo - Empoli

 

 

 

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