Vita - 2 aprile 2004

 

Le inquiline della cella 5 e l'attesa dei colloqui

 

La testimonianza di tre donne tratta dalle pagine di "Prospettiva Esse", il giornale della Casa Circondariale di Rovigo. Tre donne in una cella, storie diverse, età diverse, ma la stessa ansia, l'attesa spasmodica dei colloqui coi familiari, poi il distacco e la solitudine che piomba addosso quando è l'ora della separazione. Tre donne che si raccontano insieme, nelle pagine di Prospettiva Esse, il giornale della Casa circondariale di Rovigo, e che trovano la forza di mettere a confronto le loro esperienze, buttando fuori senza paura tutte le emozioni accumulate in una sola, brevissima ora.

Ornella Favero


Sono una donna di circa 45 anni, per la prima volta in carcere. Il mio primo colloquio è stato troppo emozionante per la vergogna che ho provato nell'affrontare i miei familiari. Malgrado il passare dei giorni, dell'ora del colloquio mi è rimasta la sofferenza nel vedere il sorriso e le lacrime dei miei familiari, ma c'è anche molta gioia nel mio cuore che mi porto poi nella cella per tutta la settimana. Purtroppo il tempo passa veloce, in quell'ora si cerca di dare e ricevere il massimo, ma il tempo è molto tiranno e vorrei che ci fossero più ore di colloquio.

Sono la compagna di cella della signora che ha appena descritto il suo colloquio, mi trovo in carcere da circa sei mesi. All'inizio i colloqui li attendevo con molta ansia per vedere i miei genitori, anche per provare la gioia nel sentire parlare della vita esterna dal carcere. In un secondo tempo ho avuto la possibilità di fare un colloquio con il mio ragazzo, questa breve ora l'avevo attesa per quattro mesi. Quando ho sentito il mio nome sono balzata dal letto e ho sceso velocemente le scale per arrivare nella saletta e vedere emozionata e incredula il mio ragazzo. Il breve abbraccio che mi è stato concesso è stato molto intenso, ma le cose che avrei voluto dirgli erano troppe per il poco tempo a disposizione. Trovo che le ore di colloquio che vengono concesse in un mese siano ancora poche, capisco che devo scontare l'errore che ho commesso, ma il desiderio di libertà dentro di me è grandissimo.

Sono la terza “inquilina” della cella 5. Mi trovo qui da venti giorni, ma a differenza di loro due ho già provato la brutta esperienza del carcere, per la stessa vicenda che ancora oggi mi ha riportato qui. Sono mamma di una bambina di cinque anni e per me la sofferenza è tutta per lei. Il mio problema non è uguale alle altre, in quanto la mia piccola gioia è custodita da mia madre che, per motivi di lavoro e di lontananza, non è in grado di venire a colloquio sempre. Le ore dedicate agli incontri le vivo con immensa felicità, e quando posso finalmente riabbracciare il mio piccolo amore mi dimentico tutti i problemi e le tristezze. Ma il momento più difficile è il distacco e la solitudine che mi riporto nella cella, che però, nello stesso tempo, mi dà la forza di continuare.

 

 

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