Vita - 22 marzo

 

Un mix di ebbrezza e ansia: questa è la libertà a fine pena

 

Nel sito www.ristretti.it c’è uno spazio di dialogo tra detenuti e "liberi cittadini": La cosa più bella è che lo spazio si sta riempiendo sempre più di messaggi di ex detenuti, che ci raccontano i ricordi di carcere e poi le difficoltà del "dopo". Ne riportiamo due, e invitiamo a partecipare a questa discussione sull’ansia e le paure di chi deve tentare di ricostruirsi una vita.

 

Ornella Favero

 

Oggi ho una vita diversa e riesco a non ricordare più gli odori. Sul blindo, in una delle tante traduzioni - dirette, cerco nella mia memoria l’odore del prossimo carcere per cominciare ad abituarmi e sentirlo poi meno ostile. Ogni carcere ha un suo particolare odore: le Nuove puzza di vecchio e di muffa; Alessandria, di ferro e di polli; Alba, di letame e lavanda; Novara, di ferro e cera per pavimenti.

Quando l’ultimo cancello si chiude dopo di noi, non ricordo più l’odore che mi era diventato familiare, l’ho già perso. Oggi ho una vita diversa, più povera di emozioni rispetto al mio ieri, ma è serena, ora il mio ricordo è concentrato sulle fatiche che ho dovuto affrontare quando quei portoni si sono chiusi per l’ultima volta dietro di me. Da detenuta pensando al "mio fuori" sapevo per esperienza che era proprio questo il momento più difficile, e ora lo so con certezza. Da poco tempo ho potuto attivare Internet a casa mia e girovagando tra i siti ho trovato il vostro, non potete immaginare la mia gioia, finalmente uno spiraglio di luce in un mondo tanto "ristretto", quest’apertura va al di là di ogni mia passata aspettativa.

 

Franca

 

Quando si esce? La prima volta sei euforico, se ci sono familiari li cerchi tutti, vuoi dire agli amici che sei libero, vuoi quasi ripeterlo a te stesso continuamente, come per spezzare un incubo maledetto. Quando hai scontato una lunga pena, ti accorgi che fuori è tutto diverso; io ero infastidito dalle insegne che si accendevano e spegnevano, le intensità diverse delle luci mi davano irritazione, ammiravo, come in apnea, l’incrociarsi di donne e bambini e vecchi sui marciapiedi. Ero libero, ma avevo bisogno di tempo, per questo stavo rigido e mai a mio agio, volevo soltanto che mi portassero in macchina a vedere tanti posti, volevo vedere spazi, non volevo mangiare, volevo vedere tutto. Dovevo essere informato sulle modalità d’uso del telefono pubblico, le macchine erano diventate per metà computer e i miei remoti studi in meccanica non erano più applicabili.

È duro reiniziare, è duro dover imparare e dover competere nell’immediato. Sono poi finito a fare il pony-express a Milano, con un motorino 300 km al dì, ma il seguito lo racconto un’altra volta. I primi tempi è necessario un supporto psicologico concreto, una persona amica per noi, "noi" intendiamo noi sulla strada!

 

Truciolo

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