Contro informazione

 

Ronde e vittime di reati

Il rischio di aggiungere all’aggressività il rancore

A Oderzo, in provincia di Treviso, responsabile delle ronde è il figlio della coppia, che è stata ammazzata durante una rapina in una villa a Gorgo al Monticano

 

È di questi giorni la notizia che responsabile delle ronde di Oderzo sarà Daniele Pelliciardi, il figlio della coppia, che è stata ammazzata durante una rapina in una villa a Gorgo al Monticano, della quale sono stati accusati due albanesi (uno si è suicidato in cella a Padova) e un rumeno. Ne abbiamo discusso in carcere, per capire se davvero le ronde possono garantire più legalità, e se ha senso che ne sia responsabile una persona colpita, così di recente, da una tragedia orribile.

 

 

Nella società aumenta il tasso di violenza e di “astio sociale”

 

di Elton Kalica

 

Di ronde qui in carcere abbiamo parlato altre volte e abbiamo sempre visto in queste aggregazioni di persone, uomini prevalentemente, qualcosa che va in senso contrario allo spirito di quella società civile, che noi vorremmo trovare fuori, accogliente e solidale.

Le ronde nella maggior parte dei casi rischiano di essere, per composizione e ideologie che portano avanti, dei centri di odio, o per lo meno di forte aggressività, ma che succede se al loro interno si inseriscono anche alcuni famigliari delle vittime?

Io penso a un prodotto brutale che potrebbe nascere da un connubio di questo tipo, se in questi ambienti in cui spesso si alimenta l’intolleranza si inseriscono anche persone che hanno subito reati gravi, e che possono portare dei rancori, perché è fisiologico, è naturale che uno sia un portatore di rancore se gli hanno ucciso un famigliare. E questo rischia di far sì che il tasso di violenza e di “astio sociale” aumenti, e se le ronde in sé possono davvero essere pericolose, presenze di questo tipo potrebbero farle diventare ancora più pericolose.

Qualche giorno fa in televisione hanno fatto vedere un reportage su Presadiretta, dedicato appunto alle ronde, dove hanno intervistato alcuni poliziotti, e loro stessi dicevano che il rischio è che gruppi di questo tipo facciano più danni che altro. Noi detenuti abbiamo la sensazione, stando dentro, che fuori ci sia un clima che va contro quelle che sono le nostre speranze, di uscire e non essere rifiutati dalla società, e quindi a tanti di noi le ronde fanno paura, ma i poliziotti stessi, o almeno molti di loro dicono che l’attività delle ronde è una parata simbolica, che ha una funzione semplicemente di propaganda, perché poi c’è la polizia che deve andargli dietro altrimenti rischiano di prender botte, e succede pure che chiamino le telecamere quando escono per farsi fare gli articoli sui giornali di cronaca nera locali, disturbando così anche il lavoro delle forze dell’ordine..

Secondo me non c’è nessun tipo di utilità nelle ronde, e tanto meno credo che abbia un senso la presenza al loro interno di una persona con una storia così complessa e pesante come quella di Daniele Pellicciardi. Uno come lui, che ha vissuto una tragedia atroce, per me è inadatto a fare questo tipo di lavoro, lui potrebbe invece avere un ruolo importante nel far capire alle persone, soprattutto a quelle che come noi hanno commesso reati, o sono tentati di farlo, il dolore che causa un fatto come quello che gli è accaduto, e non andare per le strade a dare la caccia magari ai barboni, agli ubriachi e agli immigrati.

 

 

Chi usa un linguaggio violento, quella violenza è facile che arrivi a esercitarla

 

di Ornella Favero

 

Noi qui in carcere abbiamo ragionato tantissimo sul rapporto tra vittime e autori di reato. Secondo me allora non è pensabile che a distanza di due anni dal reato subito, soprattutto se è un reato di sangue orribile, una persona a cui hanno assassinato i genitori possa avere la freddezza e la serenità per dirigere e organizzare dei gruppi come le ronde, che già di per sé hanno un ruolo poco chiaro, perché raccolgono una via di mezzo fra poliziotti e giustizieri.

Far prevalere la razionalità sui sentimenti non è mai facile, dobbiamo essere noi per primi a mettere in discussione la nostra razionalità, dobbiamo essere consapevoli che abbiamo tutti degli istinti poco facilmente controllabili e delle parti oscure dentro di noi, per cui non dobbiamo esporci a dei rischi. Secondo me Daniele Pellicciardi si sta esponendo a un rischio, e sta chiedendo troppo anche a se stesso. Quando un anno fa si è impiccato uno dei ragazzi albanesi accusati di aver ucciso i suoi genitori, tutti, compreso lui, erano rabbiosi perché questa persona ammazzandosi non pagava più per quello che aveva fatto. Se siamo arrivati, di fronte ad uno che si impicca, a dire che ha scelto una strada facile, che doveva stare qui e pagare fino all’ultimo giorno, allora in un clima di questo genere può una persona, a cui hanno trucidato i genitori due, e non vent’anni fa, essere cosi equilibrata da fare una operazione di ripristino della legalità, andando con altri uomini di notte a eseguire controlli e presidio del territorio?

“Bisogna censire la gente casa per casa, perché dobbiamo sapere chi abita nella villetta accanto o nell’appartamento di sopra”, ha anche dichiarato Daniele Pellicciardi, ma l’educazione alla legalità non è una cosa che si fa denunciando il tuo vicino di casa, io ho vissuto nella ex Unione Sovietica, e mi hanno raccontato che lì la pratica del denunciare si era trasformata in un incubo, con i cittadini che diventavano improvvisamente tutti informatori della polizia.

Ma vorrei fare anche un ragionamento sul linguaggio, che non è una cosa secondaria, perché in carcere vediamo bene che quando uno usa un linguaggio di violenza, poi quella violenza è facile che arrivi a esercitarla. Il linguaggio intriso di violenza va cambiato, e questo significa cambiare anche il linguaggio della politica, e di chi la politica la fa con le ronde. Se non riusciamo a usare parole meno aggressive, crescerà sempre di più, in particolare nei maschi giovani, questa idea del vendicatore, e infatti io credo che i gruppi di cittadini che pattugliano le città siano pieni di questo tipo di persone, che si credono dei vendicatori. Viviamo in una società che è in crisi perché al suo interno ha un tasso di violenza molto alto, se a questo tasso di violenza rispondiamo dando a dei privati cittadini la licenza di usare parole violente e metodi aggressivi, facciamo solo un ulteriore passo avanti verso un inasprimento del clima generale.

 

 

So cos’è l’odio che provi quando fanno del male a un tuo famigliare

 

di Dritanet Iberisha

 

Leggendo la notizia di quel ragazzo a cui hanno ucciso i genitori e che è diventato responsabile delle ronde a Oderzo ho pensato alla mia esperienza: io so che cos’è la vendetta perché sto pagando per questo tipo di reato, ho ucciso per vendetta, e so anche che cos’è la rabbia quando succede che ti ammazzano qualcuno in famiglia, e che cosa può provocare questa rabbia, per cui la tua umanità in questo caso secondo me passa in secondo piano, dietro all’odio che ti assale e ti riempie la vita.

Ho letto alcune interviste a Daniele Pellicciardi, e lui dice che vuole giustizia, non vuole la vendetta, ma dice pure, ed è logico, che non li perdona, quelli che hanno ucciso i suoi, e che anche i suoi genitori non lo vorrebbero. Si capisce che il suo odio è enorme, è così forte che lui non prova pietà neanche per quel ragazzo, uno dei rapinatori di Gorgo al Monticano, che si è impiccato in cella, e forse la pietà non la meritava, ma la meritano almeno i suoi genitori, che non c’entrano nulla con quello che è successo.

Entrando nelle ronde, ho come l’impressione che lui stia desiderando di fare una mezza vendetta. Ma se questo ragazzo vuole davvero rispettare i suoi, se vuole cosi fortemente migliorare la sicurezza nel suo paese, a me piacerebbe che lui andasse tra i giovani, nelle scuole, come andiamo noi, come vanno alcuni nostri famigliari, per far capire il dolore e la desolazione che creano i reati, per spiegare come si possa, per soldi, sotto effetto della droga, da una rapina arrivare a commettere cose orribili, e spero che lui alla fine decida di non entrare proprio nelle ronde. E questo non lo direi se fossi in galera per un altro reato, un reato qualsiasi, e non per quello per cui sono dentro, e se non avessi sperimentato sulla mia pelle che cos’è la vendetta, e che cosa ti può spingere a fare.

 

 

E se le ronde controllassero la sicurezza nei luoghi di lavoro?

 

di Alessandro Busi,

Psicologo, tirocinante nella redazione di Ristretti Orizzonti

 

Stamattina, come ogni giorno, ho aperto il sito www.articolo21.info, sono andato nella sezione Canale lavoro e ho dato uno sguardo al contatore: 767 morti, 768198 feriti, 19204 invalidi dall’inizio dell’anno. A leggere quelle cifre mi è salito il solito sentimento di rabbia e dolore. Dolore perché sono tragedie quotidiane, che si consumano in case che potrebbero essere la mia. Rabbia perché sono tragedie evitabili, perché sono tragedie figlie di un sistema del lavoro precarizzato, che non istruisce più e che limita le sicurezze, il tutto per il risparmio e per il profitto. Ormai, per esempio, è prassi che i lavoratori, nei cantieri edili, non solo non siano assunti e figurino come liberi professionisti con partita iva, ma che per questo si debbano sobbarcare le spese dell’attrezzatura da sicurezza (scarpe, casco…). Oltre al danno anche la beffa, insomma.

Come spesso mi capita, allora, sono andato a farmi due passi per rinfrescare i pensieri e, uscendo, ho incontrato un sacco di impalcature dove i muratori lavoravano senza protezione. Avranno da finire velocemente, ho pensato, altrimenti si spende troppo, li avrà spronati il padrone. Lì per lì, mi sono detto che seriamente, sarebbe stato da chiamare la polizia, ma non l’ho fatto. Non so perché, ma non l’ho fatto. Ho anche pensato che, forse, l’utilità delle ronde potrebbe essere proprio questa: pattugliare la città e denunciare i cantieri fuori regola, così da arginare una delle maggiori cause di morte nel nostro paese. Poi, però, mi sono anche detto che, probabilmente, molti rondisti sono quelli che stamattina erano sulle impalcature e che non possono certamente denunciare i loro padroni.

“Allora che utilità hanno le ronde? a cosa servono?”, mi sono chiesto. Alla fine mi sono risposto che le ronde hanno solo un’utilità mediatica e politica (nel senso più populista e elettorale del termine). E possono diventare anche uno strumento per colpire le classi disagiate più nel mirino, stranieri in cima alla lista; per generare un clima di paura nella gente (se ci sono le ronde, allora c’è pericolo, se le ronde colpiscono gli stranieri allora gli stranieri sono pericolosi) e, magari, per lasciare pensare alle persone di avere un peso sociale, nonostante tutto, suffragando un ragionamento tipo: anche se vieni sfruttato, se sul lavoro rischi di morire in ogni minuto, però fai del bene alla società, prendendotela con chi sta peggio di te. Sconsolato, sono tornato a casa e ho ricontrollato il contatore. I morti erano saliti a 768.

 

 

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