Sprigionare gli affetti

 

Gli affetti si liberano dalle catene del carcere

"Gli anni più belli se ne sono andati, ma oggi ho l’amore di un figlio"

 

di Patrizia Tellini

 

Dove vanno a finire gli affetti più grandi dopo tanti anni di carcere?

Che cosa si prova a restare soli dietro quelle mura?

Ho trascorso i migliori anni della mia vita in carcere, perdendo l’amore della mia famiglia, in seguito ritrovato; amici che non ho più sentito; uomini che mi hanno lasciata perché ero finita al di là di quelle mura. Ho resistito, ne sono uscita per poco, poi sono tornata negli stessi luoghi, per gli stessi errori. Ed allora, quale importanza davo in quei momenti a tutti coloro che mi amavano ma che si erano stufati della mia poca intelligenza nel vedermi distruggere? Nessuna.

Finché un giorno, quando tutto sembrava finito, quando ormai ero decisa a non essere altro che una tossicodipendente, è iniziata una grande risalita. Ho deciso che anch’io potevo uscire dalla tossicodipendenza e quindi dal carcere, facendo un vero lavoro su di me, altrimenti potevo solo tornare a sbagliare.

 

Ho ripreso in mano me stessa con pazienza e tanta umiltà, nella Casa Circondariale femminile a custodia attenuata di Empoli, mettendo in discussione tutte le mie convinzioni, arroganze e testardaggini, che non mi facevano vedere più quella Patrizia che un tempo studiava, lavorava onestamente e non aveva molte alienazioni.

Penso molto al mio trascorso di tossicodipendente. Al freddo che provavo ogni mattina appena alzata, quando ero sprovvista della dose che mi faceva iniziare la giornata; a quanto ero bugiarda e convinta che gli altri mi credessero; al male che mi sono procurata e ho procurato ad altri giovani; a quando non sapevo più mangiare, riconoscere i sapori, stare a tavola.

Penso a quando non ero più una persona.

A Empoli è stata la scrittura di un giornale, nato con fatica e molti dubbi di successo, RAGAZZE FUORI, che mi ha aiutata a far uscire la parte più positiva di me, raccontando come un fiume quello che mi stava accadendo intorno. Un’esperienza mai vissuta in altri carceri ordinari. Con il giornale ho imparato a muovere i primi passi del cambiamento, imparando ad ascoltare gli altri, senza aver paura, avendo fiducia e comprendendo che il male non era il mondo esterno ma era in me. La scrittura mi aiutava e mi aiuta ancora adesso a fermare i pensieri, a riflettere, a usare la fantasia. Pian piano ho iniziato a guardarmi dentro, senza lavorare sugli altri, mettendo fuori quello che fino a quel giorno ero stata.

Credere nel lavoro psicologico è stata una fatica non facile, ma utile. Mi recavo ai colloqui una volta ogni quindici giorni, all’inizio per pochi minuti. Poi le sedute si sono fatte più lunghe e più profonde ed è lì che mi sono guardata nello "specchio". Si dice che a una psicologa puoi raccontare quello che vuoi, il risultato però è che non risolvi niente e quindi quello che non fai e non dici te lo ritrovi fuori. Anch’io sono stata una delle persone più contrarie a questo tipo di lavoro. Nessuno doveva conoscere le mie debolezze. Invece al momento che ho fatto uscire quella che in gergo viene definita "crosta", ho visto Patrizia e ho cominciato a riflettere.

 

Avere un figlio dopo tutti gli errori commessi

Tutto appariva sotto un’altra luce. Ogni cosa era diversa. In quel piccolo carcere stavo trovando delle soddisfazioni. Tutte le mie potenzialità messe al negativo durante la tossicodipendenza, si stavano trasformando in positività. E così dopo la carcerazione, condotta al meglio possibile, ho terminato il percorso di recupero in una comunità ligure, la Buon Pastore, e tutti i legami affettivi nati a Empoli li ho portati in quella "casa", dove quando è possibile mi reco a fare visita. Una casa che è diventata una seconda famiglia, che mi ha fatto capire che non ero più in carcere e che dovevo sentire lontane quelle catene che per molti anni hanno tenuto prigioniero il mio cuore. Dopo un periodo di diciotto mesi, è partito il progetto di reinserimento nella città di Empoli con la nascita del giornale dell’Amministrazione Comunale, Empoli, e l’apertura di un ufficio che è la redazione esterna di Ragazze Fuori e l’Ufficio Stampa del Comune di Empoli. L’impegno in Ragazze Fuori non è stato fine a se stesso.

Da un’idea, è nato un vero lavoro che porto avanti da quattro anni con tanta voglia di imparare ogni giorno dai miei colleghi, da tutti quelli che hanno creduto e voluto dare una possibilità a chi fino a quel giorno aveva solo sbagliato.

Tutti questi affetti, questi legami sono e saranno sempre presenti. Indimenticabili, insostituibili. Punti di riferimento che accompagnano e accompagneranno le mie giornate.

A questa bellezza di una nuova vita ritrovata si è aggiunta la conoscenza di un uomo, oggi mio marito, che mi ha fatto diventare mamma. L’8 gennaio 2004 è nato uno splendido bambino, Emanuele. Un avvenimento immenso, che non avevo mai neppure immaginato…

Diventare ed essere mamma è l’essenza di un cambiamento vero. Quel piccolo, tenero essere umano è il risultato della mia volontà: avere un figlio dopo tutti gli errori commessi. Spesso mi domando se saprò essere una buona madre, per la paura che mio figlio percorra le strade che mi hanno portato nell’oscurità. Sicuramente cercherò di dargli il meglio di me come farà anche il suo papà.

Ogni giorno è una scoperta, una sensazione nuova. Lui cresce riflesso del nostro amore infinito, grande, dolce e ogni suo sguardo e sorriso colmano la fatica che tutti i giorni si fa sentire.

è in questo momento che ho ritrovato gli affetti più importanti e puliti. Ho ricevuto una solidarietà inaspettata, molte persone mi hanno aiutata ed è in questo posto di lavoro che ho definitivamente allentato tutti i miei scheletri del passato. Ora sono una donna come tante altre, che lavora, ha una famiglia a cui pensare, ha un’infinita voglia di vivere e sorridere.

Che cosa potevo raccontare di più meraviglioso se si vuole parlare di amore e carcere?

La mia storia ha avuto un lieto fine. Mi sono salvata, ho saputo scegliere e cogliere l’aiuto di chi ha saputo far bene il proprio lavoro, mettendomi alla prova, offrendomi gli strumenti adatti.

Oggi vivo la mia favola, con le preoccupazioni della quotidianità, ma con un sorriso in più che ogni mattina dedico al mio piccolo Emanuele, e se dovessi tornare indietro non tornerei nel buio delle sostanze, ma andrei a cercare quella luce che ho trovato nella città di Empoli, dove ho messo le mie radici.

 

 

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