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Il Garante? Una specie di profeta disarmato

A Firenze il Comune ha incaricato Franco Corleone di prendersi cura dei diritti dei detenuti

 

Intervista di Nicola Sansonna

 

"Il giorno della presentazione del mio incarico ho fatto riferimento a una sorta di ‘profeta disarmato’. Il problema è come riuscire a esercitare influenza essendo privi di potere. La forza della parola non deve essere disprezzata e così la possibilità di intervenire nelle situazioni con capacità di mediazione per risolvere i conflitti".

 

Franco Corleone

 

Franco Corleone lo abbiamo incontrato in più occasioni, quando ricopriva la carica di Sottosegretario alla Giustizia. Di lui ricordiamo, in particolare, il suo impegno per il Nuovo Regolamento Penitenziario e lo sciopero della fame, messo in atto per protestare anche contro il governo, di cui lui per altro faceva parte, che era paralizzato rispetto all’approvazione di una misura di clemenza per noi detenuti e della legge sulle detenute madri (quest’ultima poi, per fortuna, approvata). Di recente Corleone è stato nominato Garante dei diritti delle persone private della libertà personale per il Comune di Firenze. Certamente non gli mancherà il lavoro, il carcere è atavicamente affamato di diritti, e quelli che ci sono troppo spesso restano sulla carta.

Abbiamo trattato più volte sulla nostra rivista la questione del Garante, e di recente abbiamo pubblicato un’intervista a Luigi Manconi, che ricopre la carica di Garante per il Comune di Roma. Il tema è comunque al centro della nostra attenzione, nella speranza che si giunga ad un Difensore Civico nazionale con possibilità di entrare in qualunque carcere a seconda delle necessità.

 

In quale situazione generale si colloca oggi la figura del Garante delle persone private della libertà personale ?

Il carcere vive la condizione di una istituzione totale, alla quale si rimanda la soluzione di ferite sociali come la tossicodipendenza e l’immigrazione. Il paradosso è evidente e spiega la difficoltà di rispettare i principi costituzionali rivolti al reinserimento sociale. Se al carcere viene affidata la funzione di "discarica sociale", è quasi inevitabile la scarsa attenzione e le risorse ridotte che impediscono il rispetto dei diritti dei detenuti e la realizzazione di progetti riabilitativi. La realtà del carcere è deprimente non solo per le condizioni strutturali, ma soprattutto per la mancanza di un progetto che coinvolga la società civile, il personale nelle sue varie componenti e i detenuti in un reale riscatto. In questo quadro l’istituzione della figura di un Ombudsman appare in controtendenza assolutamente positiva e utile per verificare quanto accade nei penitenziari, ma soprattutto quanto non accade: voglio dire che una figura di difensore civico delle carceri dovrà svolgere non solo un ruolo di controllo, ma anche di promozione.

 

Quando dovrebbe intervenire il Garante?

Io penso che debba con assoluta priorità dedicare la propria attenzione alla verifica del rispetto delle leggi che attengono ai diritti dei cittadini privati della libertà personale; mi riferisco in primo luogo alle condizioni di vita previste dall’Ordinamento Penitenziario e dal Regolamento di esecuzione delle pene e all’applicazione delle leggi specifiche che hanno ad oggetto diritti quali la salute, il lavoro, l’incompatibilità con la detenzione e altri aspetti fondamentali. Vi è poi il ruolo specifico di risposta alle situazioni di denunce di illegalità subite da un singolo detenuto.

 

Sul fronte legislativo come vede i tempi d’approvazione della legge per l’istituzione a livello nazionale del difensore civico delle persone private della libertà personale?

È davvero auspicabile che vi sia una accelerazione per l’approvazione del testo in questione. Il fatto che città come Roma e Firenze abbiano nominato i Garanti e che altre città si apprestino a farlo (penso a Bologna) è un segno importante di attenzione che può svolgere anche la funzione di apripista. Se poi molte regioni, come la Regione Lazio, approveranno leggi per istituire garanti nel loro territorio, si creerà una rete che produrrà un accumulo di esperienze da valorizzare e utilizzare sinergicamente. Il fatto che finora queste figure siano state decise con il consenso di tutte le forze politiche testimonia un interesse diffuso, trasversale, che garantisce autorevolezza al Garante.

 

Il Garante dovrà controllare, insieme con il Magistrato di Sorveglianza, che la detenzione avvenga in conformità alle norme vigenti e che le condizioni delle strutture edilizie e dei servizi garantiscano la dignità dell’individuo. Che "convivenza collaborativa" pensa possa nascere?

Mi pare una felice contraddizione che rispetto al diffuso clima securitario si discuta e si approvi la presenza di una figura come quella di cui discutiamo. Certo non è irrilevante l’aspetto dei poteri di questa figura, ma la sua presenza di per sé costituisce un segno di discontinuità. Sicuramente comunque si porrà il tema della coesistenza con la Magistratura di Sorveglianza e dei rispettivi ambiti di intervento.

Alessandro Margara, che è stato per un breve periodo capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e a lungo Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Firenze, ha scritto su Narcomafie (n. 18, luglio/agosto 2003) un saggio sui vantaggi di questa nuova figura, ponendo l’interrogativo se, in presenza del controllo sulla legalità del sistema penitenziario, già affidato alla Magistratura di Sorveglianza, si giustifichi l’istituzione del difensore civico all’interno delle carceri.

Osserva Margara che, oltre alla scarsa funzionalità degli uffici, sono tre le fondamentali ragioni di debolezza della funzione di controllo del Magistrato di Sorveglianza sulla legalità del carcere: l’attività assorbente per l’esame delle pratiche relative ai benefici penitenziari (dai permessi alle misure alternative), la diffusa convinzione della Magistratura di Sorveglianza di uno scarso legame tra gli interventi di propria competenza e il controllo sul carcere, e infine l’idea sempre più prevalente che la terzietà delle decisioni giurisdizionali della Magistratura di Sorveglianza possa essere turbata dal coinvolgimento personale in un reale controllo della legalità in carcere. Proprio per questi motivi, si apre uno spazio significativo di attività che giustifica l’istituzione del Garante.

La debolezza del controllo del Magistrato di Sorveglianza potrebbe essere superata se venisse data esecuzione ad una sentenza della Corte Costituzionale (n. 26 dell’11 febbraio 1999) che prescrive l’adozione di una specifica procedura giurisdizionale in merito ai reclami dei detenuti al Magistrato di Sorveglianza per violazione dei propri diritti. L’occasione della approvazione della legge sul Garante potrebbe essere colta per adempiere a un obbligo ancora colpevolmente disatteso dal legislatore.

Finalmente il Magistrato di Sorveglianza tornerebbe ad essere impegnato verso le persone e non solo dalle carte.

 

Pensa che si possa realizzare una reale collaborazione con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria?

Per quanto mi riguarda, parto da una situazione estremamente favorevole; per cinque anni sono stato sottosegretario alla Giustizia con delega alle carceri e alla giustizia minorile e quindi ho collaborato con tutti i responsabili dell’Amministrazione penitenziaria. Allora si era costruito un rapporto di stima molto solido, che aiuterà a identificare i contenuti di una relazione inedita e da definire in modo positivo. Non mi pare proprio il caso di esaminare le ipotesi di contrasto prima che si verifichino. Ovviamente non sono così ingenuo da non capire che chi appartiene a una Amministrazione risponde necessariamente alle indicazioni e alle linee politiche del Governo, occorre in ogni caso far emergere ed esaltare le disponibilità esistenti e l’obbligo a collaborare con i governi locali, che in tempi di esaltazione del federalismo non possono essere misconosciuti. Posso quindi affermare che esiste una sincera volontà di collaborazione che andrà verificata. Oso anche immaginare che l’azione che metteremo in campo possa aiutare a superare situazioni di frustrazione e di disillusione che sappiamo essere diffuse tra il personale.

 

Sono pensabili ed utili patti tra l’ufficio del Garante ed il Ministero della Giustizia?

Può darsi che siano utili dei patti tra l’Ufficio del Garante di una città e le strutture del Ministero della Giustizia, ma deve essere chiaro che sono protocolli finalizzati a garantire un clima adatto al funzionamento del nuovo organismo, senza mettere in discussione l’autonomia e il potere di controllo.

 

Indubbiamente tra noi detenuti ci sono parecchie aspettative in materia di tutela dei diritti, pensa che ci siano i presupposti per dare a chi sta in carcere delle risposte efficaci?

Spero che il quadro sia al più presto chiaro per consentire di rispondere alle aspettative che credo siano tante, forse eccessive. La mia preoccupazione é che il mondo del carcere non merita ulteriori delusioni. Ribadisco che occorre partire dall’esame della realtà. Il sovraffollamento e la composizione della popolazione detenuta che caratterizza Firenze non rappresenta una sostanziale differenza dalla gran parte del resto d’Italia. Questa situazione obbliga a denunciare un eccessivo ricorso alla carcerazione, in particolare rispetto a certi reati e a certe figure marginali che esaltano una pratica di esclusione sociale. Per questo penso che si debba senza incertezze denunciare le intenzioni di rendere ancora più punitiva e repressiva la già severa legge sulle droghe.

 

Da quando ricopre il ruolo di Garante, quali contatti pensa di avere con le persone detenute?

Appena sarà conosciuta la presenza del Garante, "Radio Carcere" farà la sua parte. Il rischio sarà di ricevere richieste che non mi competono, ma è un rischio da correre.

Forse si dovrà immaginare che i rapporti non siano solo epistolari e vi siano, oltre le visite all’Istituto, anche incontri personali: per questo la Direzione del Carcere dovrà mettere a disposizione uno spazio adeguato.

Non svelo un segreto dicendo che già un numero significativo di lettere di detenuti sono giunte segnalando alcune disfunzioni circa i trasferimenti e soprattutto la concessione dei benefici penitenziari. Proprio questo problema, del rifiuto dei permessi e di misure alternative, costituirà un argomento da affrontare con la Magistratura di Sorveglianza.

Io appena ho avuto l’articolo 17 ho incontrato la direzione e gli operatori e poi ho avuto un lungo incontro con la Commissione detenuti, e questo è successo esattamente due giorni dopo l’episodio dell’evasione avvenuta a Sollicciano.

Già un anno fa due albanesi erano evasi da Sollicciano. Allora il Prefetto denunciò con toni forti le condizione di insicurezza del carcere e chiese misure severe in nome dell’esigenza securitaria. Da parte mia intervenni invece proprio contro la ricerca del capro espiatorio e la riduzione degli spazi di socialità e di agibilità per i detenuti.

Ovviamente fu scelta la via più facile della cacciata del direttore, senza cogliere una occasione che metteva in luce una grave smagliatura per una discussione sulla condizione complessiva dell’Istituto di Firenze.

Guai se la nuova evasione, più grave non solo per il numero ma per la caratura dei detenuti, facesse scrivere un identico copione: un’indagine che non appura nulla, il trasferimento del direttore e un inasprimento delle condizioni di vita per chi non è fuggito.

Non serve l’indignazione di fronte ad una fuga fin troppo "facile"! E, più importante, vorrei che lo stesso sentimento fosse destinato ai troppi casi di suicidi, di autolesionismo come estrema forma di protesta.

Non ho timore di apparire controcorrente e proprio in questa circostanza sento il dovere, anche nella veste di Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze, di denunciare la condizione del carcere in Italia, e Firenze non fa eccezione, come istituzione totale, luogo chiuso, separato, di puro contenimento.

Quello che manca è un progetto, un’idea del carcere aderente ai principi costituzionali, in cui si giochi la scommessa del reinserimento e non della pena solo afflittiva. La sfida per un carcere trasparente e vivibile va riaffermata proprio oggi. Il personale, quello che lavora con passione e sacrificio in condizioni molto difficili, non va assolutamente mortificato. Per i sindacati si apre la stagione non della difesa degli interessi corporativi, ma della richiesta di formazione e qualificazione che diano la motivazione necessaria.

 

Le sue iniziative si limiteranno alla realtà locale, o potranno essere prese anche di comune accordo coi Garanti di altre città?

Alcune iniziative saranno promosse con il Garante di Roma, e per quanto riguarda Firenze saranno definite dopo un confronto con tutti i soggetti interessati e gli interlocutori istituzionali. Penso che i primi appuntamenti dovrebbero riguardare la salute e la tossicodipendenza, con un coinvolgimento della Regione, della Asl e del Ser.T. Ritengo che se più città e regioni istituiranno tale figura, più rapidamente il Parlamento approverà la legge di istituzione del Difensore nazionale con poteri reali, anche se più limitati di quanto sarebbe auspicabile.

 

 

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