Le prigioni degli altri

 

Carceri e minori in Albania

Ma gli adulti detenuti non stanno molto meglio

 

di Elton Kalica

 

Non esiste nessun tipo di tutela per i minorenni detenuti nelle carceri albanesi, ha sentenziato il Comitato per i Diritti Umani con sede a Helsinki dopo aver letto il rapporto della Commissione di Amnesty International che ha ispezionato alcuni posti di detenzione. Una dura sentenza fatta di critiche e condanne quella di Amnesty International. Qùesta volta, la posizione sembra essere ferma: se l’Albania aspira ad entrare nell’Unione Europea deve rispettare i diritti dell’uomo e cominciare immediatamente con le riforme nel campo giuridico e penitenziario. È impensabile che, in un paese europeo, si commettano tali violazioni nei confronti degli arrestati, specialmente dei minorenni.

C’era una volta, durante il periodo comunista, un carcere minorile situato appena fuori Tirana, la capitale dell’Albania, dove si leggeva a lettere rosse: Casa della Rieducazione. Costruita in mezzo al verde, era considerata un capolavoro della giustizia che, oltre a punire, si occupava anche della rieducazione e del reinserimento sociale del minorenne. E proprio la parola rieducazione era entrata nel gergo giurisprudenziale comunista con riferimento ai minorenni: la Scuola educava l’uomo nuovo agli insegnamenti delle scienze naturali e della dottrina marxista-leninista, mentre la Casa della Rieducazione aveva come compito di ri-educare chi aveva tradito l’etica e la morale apprese a scuola, e quindi di dare un’altra possibilità di educazione per integrare il minore nella società. Il carcere vero, invece, veniva chiamato campo di correzione e la "correzione" dell’uomo avveniva attraverso il duro lavoro e l’umiltà nell’obbedienza al sistema, e là il minore difficilmente ci arrivava. La Casa della Rieducazione, infatti, imponeva al minore un intenso studio e una formazione professionale, per poi reinserirlo davvero nella società. Non a caso, nella struttura carceraria, la maggior parte della superficie era destinata ad aule, laboratori e palestre, mentre soltanto una piccola parte era destinata alle celle.

Ma, con la caduta del comunismo, quella casa, così come molte delle strutture statali, fu mandata allo sfascio nel tentativo di cancellare le tracce della dittatura in ogni angolo del paese. L’esultanza per il cambiamento del sistema portò infatti la gente a distruggere e saccheggiare ogni cosa che ricordasse il passato governo. Vittime dell’euforia non furono soltanto i famigerati edifici dei Consigli del Popolo, i magazzini delle Cooperative Agrarie dove si depositavano i raccolti messi in comune, oppure i monumenti delle grandi figure bolsceviche, ma ci andarono di mezzo scuole, asili, e anche il carcere minorile di Tirana.

 

Ma che ne è oggi dei minori incarcerati in Albania?

Sono passati quasi quindici anni dalla caduta del sistema e in Albania non si è ancora deciso di costruire un carcere minorile. Infatti, i minorenni detenuti finiscono insieme agli adulti in un piccolo carcere di Tirana, che, durante il periodo comunista, era considerato di minima sicurezza. In realtà, non sono proprio insieme agli adulti, poiché il direttore ha istituito una sezione separata per minori, però, dall’ispezione della Commissione di Amnesty International, emerge un dato raccapricciante: le docce sono in comune per tutti i piani e così i minori si trovano a usufruire delle stesse docce con gli adulti. Un quotidiano albanese "Shekulli" ha intervistato dei minorenni usciti da quel carcere e quasi il novanta per cento di loro risulta aver subito molestie o violenze dagli altri detenuti.

Il direttore del carcere sostiene che è difficile isolarli dal resto della popolazione detenuta, poiché la struttura è tale che la maggior parte delle attività intramurali interessa tutta la popolazione: i passeggi, il campo da gioco, la sala della televisione, la mensa, le docce. Chiaramente, l’unica soluzione è la costruzione di un istituto penale per minori, ma il problema è che fino ad oggi nessuno ha pensato a trovare dei fondi per questo tipo di costruzione. L’unico carcere costruito in questi anni è quello di Peqin, finanziato dall’Italia con la promessa del governo albanese di riempirlo con i condannati che vi saranno trasferiti dalle carceri italiane. Forse, proprio per l’allettante prospettiva di avere ulteriori finanziamenti da qualche altro paese "generoso", il governo albanese non ha intenzione di mettere la voce "costruzione carcere minorile" nel suo progetto di bilancio e, nel frattempo, i minori continuano a pagare i loro reati, spesso con la pena della reclusione.

Ma al centro dell’ispezione del Comitato per i diritti umani è stato anche il sistema del carcere giudiziario, cioè il posto dove l’imputato attende il processo. Gli ispettori di Amnesty International hanno visitato pochi giorni fa le varie Stazioni di polizia e gli istituti dove sono detenuti gli arrestati in attesa di giudizio e hanno verificato le condizioni ad essi riservate. Nel loro rapporto (reso pubblico subito dopo) si dice che le condizioni sono disumane e gli arrestati sono soggetti a maltrattamenti e umiliazioni. La commissione sostiene che l’orrendo sistema delle carceri albanesi è un’eredità del regime comunista che nessuno, del resto, pensa di cambiare o migliorare. In questi anni, le autorità albanesi hanno firmato una serie di convenzioni e trattati sul rispetto dei diritti dell’uomo con organismi e istituzioni europee, ma è evidente che non ne tengono assolutamente conto e continuano ad infrangere ogni diritto elementare, soprattutto delle persone detenute.

La radiotelevisione nazionale inglese BBC ha intervistato la rappresentante di Amnesty International incaricata di dirigere la commissione di verifica sulle carceri albanesi. Pubblichiamo qui una sintesi dell’intervista.

 

Signora Anderson, qual è la situazione in Albania?

La nostra ispezione ha verificato in Albania una situazione molto grave. Vi è un urgente bisogno di riforme. Gli arrestati sono trattenuti nelle stazioni di polizia in attesa di giudizio, ma in molte stazioni di polizia si trovano anche persone già condannate. Le celle situate nei piani sotterranei sono sovraffollate di detenuti. In queste celle mancano le finestre, le tavole, le sedie, i letti, l’acqua, la latrina, il riscaldamento. Dunque non c’è assolutamente niente. I detenuti dormono per terra e non si può parlare nemmeno di parametri igienici, poiché sono inesistenti. Secondo la nostra commissione, in molti casi, le condizioni sono disumane e umilianti per l’individuo.

È molto interessante però il caso di un detenuto che, finita la pena, denunciò le condizioni disumane in cui aveva espiato la sua condanna e, sorprendentemente, il tribunale della sua città riconobbe le sue pretese assegnandogli un risarcimento di 3500 euro.

 

Ma quali sono i motivi che hanno determinato queste condizioni?

Questa situazione è l’eredità del sistema comunista che non riconosceva i diritti umani. Anche oggi le autorità non dedicano importanza al necessario cambiamento e ignorano il rispetto dei diritti umani. Inoltre, non bisogna dimenticare che questa situazione rispecchia anche la povertà attuale dell’Albania.

 

Avete visto qualche sforzo da parte delle autorità albanesi per cambiare le cose?

Le autorità albanesi parlano di riforme e di progetti di costruzione di nuove carceri, ma Amnesty International è preoccupata perché le riforme e i progetti necessitano di fondi e di tempo e nel frattempo i detenuti continuano a rimanere in queste orribili condizioni.

 

Ma i detenuti possono richiedere che vengano riconosciuti i loro diritti?

Gli strumenti di ricorso ci sono in Albania e i detenuti, più volte, hanno presentato lamentele e denunce al difensore civico. Spesso i condannati che sono ancora detenuti nelle questure hanno mosso proteste e scioperi della fame con lo scopo di essere trasferiti in un carcere, ma le autorità rispondono sempre che non c’è più posto. Quindi nonostante i solleciti molti condannati rimangono isolati nelle celle delle questure.

Ultimamente è stato aperto il nuovo carcere di Peqin, ma anche quello si riempie ogni giorno di più con i detenuti estradati dalla vicina Grecia.

 

Nel suo rapporto Amnesty International raccomanda che siano assicurate agli arrestati le condizioni minime di diritto. Pensate che questo un giorno sarà possibile?

Penso che l’obiettivo debba essere assolutamente raggiunto. Le raccomandazioni fatte da noi non sono nuove per l’Albania. Già nel 1997, Il "Comitato del Consiglio di Europa per la prevenzione della Tortura" ha dato queste sollecitazioni che, in realtà, sono dei requisiti minimi per avvicinarsi agli standard europei in materia di diritti.

 

 

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