Carcere ed enti locali

 

A Mantova un progetto per dare casa e lavoro agli ex detenuti

 

"Spesso per un detenuto il peggio arriva proprio quando finisce di scontare la pena, quando deve tornare ad affrontare la realtà, senza un lavoro e una casa": di questo abbiamo parlato con l’assessore alle Politiche sociali della Provincia di Mantova, Fausto Banzi

 

A cura di Marino Occhipinti

 

Assessore Banzi, come si muove la Provincia di Mantova sui problemi del carcere?

Come Provincia abbiamo pensato di intervenire sui problemi del carcere, i problemi legati alla vivibilità interna, sostenendo alcune attività come corsi di formazione promossi dall’assessorato alla Formazione: corsi di ceramica, di legatoria ed altri. L’assessorato alle Politiche sociali ha invece puntato al sostegno di corsi di teatro che si sono svolti in maniera mista, e precisamente allievi interni ed esterni al carcere, maschi e femmine. È stato un tentativo coraggioso e che è riuscito molto bene, anche se con grandi difficoltà. L’attività è stata sostenuta anche dal Comune di Mantova, Arci e Fondazione Cariverona, mentre noi come Provincia abbiamo appoggiato anche l’attività ginnica sostenendo un progetto dell’Uisp.

 

E invece, per quanto riguarda l’esterno, che cosa fate per il reinserimento di chi esce per fine pena o in misura alternativa?

Spesso per un detenuto il peggio arriva proprio quando finisce di scontare la pena, quando deve tornare ad affrontare la realtà, senza un lavoro e una casa. È soprattutto per questi motivi che abbiamo sottoscritto un accordo con una cooperativa sociale, la Cooperativa Acquario, a cui abbiamo affidato alloggi da gestire finalizzati al primo aiuto di chi esce dal carcere, quindi alloggi di passaggio. Un accordo che prevede lo stanziamento di circa 50mila euro in quattro anni, quindi un impegno economico non indifferente per una realtà come Mantova, la concreta dimostrazione della nostra buona volontà.

 

Come siete riusciti a reperire gli appartamenti, come vengono gestiti e quali canoni di affitto verranno applicati?

Gli alloggi vengono cercati sul mercato immobiliare e sono pagati da noi versando annualmente un importo che corrisponde all’affitto, alle spese condominiali e un piccolo importo alla cooperativa che ha il compito di seguire l’ex detenuto ed aiutarlo a trovare una sistemazione abitativa definitiva, oltre a controllare il buon utilizzo dell’alloggio. Il canone d’affitto, pagato direttamente dalla Provincia al proprietario, ricadrà solamente in minima parte sull’ex detenuto, proprio come richiesta di impegno personale al suo mantenimento.

 

Avete altri progetti in corso?

Stiamo pensando di continuare il dibattito che abbiamo aperto sulla questione delle tossicodipendenze, avviato con un convegno svolto nel dicembre 2002 sulla riduzione del danno a cui hanno partecipato esperti anche di carcere come il dott. Margara, le operatrici del CSSA (Centro Servizi Sociali Adulti) di Mantova, il direttore del carcere. Il tossicodipendente deve essere particolarmente aiutato, in quanto spesso è incapace di superare da sé la dipendenza, e il carcere non è la sua dimensione.

 

Quali sono, secondo lei, gli scogli più duri che devono affrontare coloro che escono dal carcere?

Il problema più difficile da affrontare è quello del lavoro. All’interno del carcere si è creata una cooperativa che produce lavori in ceramica ma ha grande difficoltà nel vendere, perché non si riescono a pubblicizzare adeguatamente i prodotti, peraltro molto belli, presso i possibili acquirenti.

Si sta ragionando sulla possibilità che il Comune di Mantova, o una cooperativa che opera nel campo del reinserimento, concedano uno spazio in cui esporre i lavori e con la possibilità per i detenuti di recarsi lì con il laboratorio sia per lavorare che per vendere.

Stiamo anche pensando alla possibilità di assumere personale detenuto che possa uscire mediante la fruizione di qualche misura alternativa alla detenzione.

 

Come Amministrazione avete provato a mediare nei confronti delle aziende, del territorio, in modo da vincere le resistenze alle assunzioni ed i pregiudizi?

L’assessorato al Lavoro ha in programma di aprire all’interno del carcere uno Sportello lavoro, anche se sappiamo che contano molto di più la conoscenza personale o la sensibilità del singolo imprenditore. A questo scopo il mio assessorato sta coinvolgendo i comuni per far acquistare alcuni materiali che vengono prodotti in carcere e fare un passo ufficiale presso l’associazione industriali, sia per gli acquisti che per le assunzioni. Per quanto riguarda la rete amicale, dobbiamo dire che il carcere di Mantova è molto frequentato da volontari che spesso tengono relazioni anche a pena finita. Molte cose cerchiamo di sostenerle, ma è molto difficile poter intervenire in modo coordinato e coerente. Spesso esistono ragioni di sicurezza o altro per cui i progetti rischiano di interrompersi. Non essendoci competenze di legge il personale della Provincia segue il problema in maniera discontinua, e questa è la ragione principale per la quale dobbiamo affidarci a terzi come associazioni o cooperative sociali.

In Piemonte con un finanziamento della Regione sono stati assunti 22 educatori che lavoreranno nelle carceri

 

Ma soprattutto, si è avviata una politica di confronto e collaborazione tra Amministrazione Penitenziaria, Tribunale di Sorveglianza, Enti Locali, Volontariato

 

A cura di Marino Occhipinti

 

Il Piemonte conta 14 Istituti di Pena ed oltre 5.000 detenuti, numeri che vanno ben oltre la capienza stabilita dallo stesso Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria in fatto di sovraffollamento.

Altrettanto gravi sono le carenze del personale, soprattutto educatori: 31 a fronte degli 81 previsti dalle piante ministeriali. Un problema comune a tutte le altre realtà detentive, che peggiora di anno in anno a causa delle mancate assunzioni, ma che in Piemonte – con il coinvolgimento e l’adesione del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria – si sta in parte, almeno temporaneamente, risolvendo. La Regione, infatti, ha stanziato 600.000 euro per l’assunzione di 22 educatori che, sommati agli attuali 31, consentiranno di snellire e velocizzare le procedure necessarie alla concessione delle misure alternative alla detenzione e l’ampliamento dei programmi di recupero e reinserimento.

La sperimentazione, che avrà la durata di un anno, è un precedente unico in Italia. Con un finanziamento di poco più di un miliardo delle vecchie lire, a fronte di un bilancio regionale di oltre 31.000 miliardi (quindi un investimento veramente esiguo), si è sviluppata un’iniziativa importantissima sotto il punto di vista sociale e di reinserimento nella società delle persone recluse.

Di questo ed altro ci hanno informato gli amministratori della Regione Piemonte, rispondendo alle nostre domande.

 

Com’è la situazione, relativa al settore penitenziario, nella Regione Piemonte?

La Regione Piemonte dedica da tempo un’attenzione particolare al settore della devianza e della criminalità, anche in relazione al Protocollo d’Intesa firmato nel 1992 con il Ministero della Giustizia e attualmente in fase di aggiornamento.

In questi anni sono stati messi a punto specifici strumenti normativi come la Legge Regionale 45/95 (Impiego di detenuti in semilibertà o ammessi al lavoro all’esterno per lavori socialmente utili a protezione dell’ambiente) e la Legge Regionale 28/93 (Misure straordinarie per incentivare l’occupazione mediante la promozione e il sostegno di nuove iniziative imprenditoriali e per l’inserimento in nuovi posti di lavoro rivolti a soggetti svantaggiati), inoltre sono stati attuati numerosi progetti e interventi di prevenzione, formazione professionale, attività culturali e sportive all’interno degli Istituti penitenziari e di inserimento sociale e lavorativo di detenuti ed ex detenuti.

Per realizzare questi interventi è necessaria una stretta collaborazione tra le diverse istituzioni: Enti Locali, Amministrazione Penitenziaria, Tribunale di Sorveglianza, Servizi sociali e sanitari e con il volontariato, per giungere ad una programmazione concertata e agire in maniera sinergica.

A questo scopo è indispensabile per gli enti esterni al carcere poter contare su personale dell’Amministrazione Penitenziaria che operi con continuità e stabilità al fine di rendere possibile un confronto, creare rapporti di collaborazione e operare con metodologie di lavoro integrato.

Purtroppo le gravi carenze di personale degli Istituti penitenziari, in particolare del personale dell’area trattamentale, pregiudicano spesso la buona riuscita delle attività.

 

Sappiamo che siete intervenuti in maniera singolare per risolvere questo problema: com’è nato il progetto con il quale sono stati assunti 22 nuovi educatori?

Su iniziativa dei consiglieri radicali Palma e Mellano, che attraverso visite negli Istituti penitenziari della Regione avevano rilevato le gravi carenze di personale educativo, la Regione Piemonte ha previsto, all’interno della legge finanziaria per l’anno 2003 (L.R. 2/2003), di assegnare 600.000 € agli Enti Gestori delle funzioni socio-assistenziali per attivare convenzioni mirate al potenziamento della dotazione di educatori all’interno degli Istituti di pena.

A seguito di incontri con il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria e gli Enti Gestori sono state definite le procedure e le modalità attuative necessarie per avviare l’iniziativa.

 

Come avvengono le assunzioni, alle dipendenze di quale Ente?

L’assunzione a tempo determinato per un anno di 22 persone è avvenuta attraverso 2 concorsi pubblici, uno espletato dal Comune di Torino per 4 persone da inserire nella Casa Circondariale di Torino, l’altro espletato dal CISSACA, Consorzio Socio Assistenziale dei Comuni Alessandrini, a nome anche degli altri Enti Gestori coinvolti, per 18 persone da inserire nei diversi istituti sulla base delle carenze individuate dal Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria.

Attualmente sono già in servizio molti neoassunti ed altri lo saranno a breve termine.

 

Quali sono le politiche della Regione Piemonte riguardo alle problematiche penitenziarie?

I problemi connessi alla detenzione e alla devianza, in generale, richiedono attenzione non solo teorica ai fenomeni nelle loro implicazioni, ma soprattutto interventi concreti, mirati e finalizzati.

Le politiche della Regione, in coerenza con quanto detto, prevedono azioni di sistema tese a creare collaborazione tra le varie Istituzioni e mirate alla messa a punto di una progettazione concordata nel settore e alla realizzazione di progetti ed interventi.

Sul primo fronte possiamo sinteticamente ricordare i seguenti punti:

verifica e rinnovo del Protocollo d’intesa firmato nel 1992 dalla Regione Piemonte e dal Ministero della Giustizia;

ripristino della Commissione regionale tecnico-consultiva su disadattamento, devianza, criminalità, composta dagli Assessorati regionali competenti, dal Provveditorato regionale dell’Amministrazione Penitenziaria, dal Presidente del Tribunale di Sorveglianza, e poi rappresentanti di Enti Locali, volontari, ed altri ancora;

il sostegno alla rete territoriale costituita dai Gruppi Operativi Locali (chiamati GOL) che opera da anni attraverso la partecipazione di operatori di varie istituzioni, enti e associazioni: Amministrazione penitenziaria, Enti locali, Servizi socio assistenziali, Servizi per l’impiego, Volontariato, Ser.T., ecc…

Questi hanno favorito l’incrocio fra i bisogni e le necessità degli utenti (detenuti ed ex detenuti) con le risorse impegnate dalle istituzioni.

 

Quali sono in concreto i progetti e le iniziative che mettete in atto?

Sul secondo fronte, quello relativo ai diversi progetti attuati, la nostra Regione è sicuramente tra le più sensibili a queste problematiche e opera da molti anni con interventi in vari ambiti:

sono stati realizzati diversi progetti rivolti alle scuole, tesi a prevenire situazioni di disagio e rischio che possono far emergere fenomeni di disadattamento e devianza e, talora, di violenza e delinquenza, e progetti di sensibilizzazione dei cittadini sui problemi penitenziari;

abbiamo cercato di migliorare le condizioni di vita dei detenuti negli Istituti penitenziari promuovendo, in accordo con l’Amministrazione Penitenziaria e gli enti territoriali, progetti di attività culturali e ricreative;

uno dei punti focali su cui si è operato, in collaborazione con l’Assessorato Formazione Professionale e Lavoro, l’Amministrazione Penitenziaria e i Gruppi Operativi Locali, è stato la messa a punto di percorsi diversificati per singoli individui, tesi al loro reinserimento sociale e lavorativo, che tengano conto da un lato delle diverse capacità e bisogni e, dall’altro, delle opportunità e delle risorse disponibili.

Questo perché crediamo che fulcro dell’intervento deve essere la persona umana nella sua unitarietà e globalità. Il progetto, pertanto, deve tendere a ricomporre l’inevitabile frammentazione delle funzioni, delle competenze, delle responsabilità di enti diversi per rispondere in modo coerente e sinergico ai vari bisogni.

In questo contesto si inseriscono i finanziamenti impegnati:

per i corsi di formazione professionale, per i corsi formativi più brevi, per gli stages e i tirocini;

per l’attuazione della Legge regionale n. 45/95 mirata ad inserire detenuti in semilibertà o ammessi al lavoro all’esterno in progetti di tutela ambientale;

per l’attuazione della Legge regionale n. 28/93 che promuove l’inserimento lavorativo a tempo indeterminato di detenuti ed ex detenuti presso le aziende.

Comunque non è solamente un problema di finanziamenti: dall’esperienza maturata in questi anni, ad esempio, si è desunto che risulta determinante, per la realizzazione di un efficace e duraturo inserimento lavorativo, la presenza di un tutor che accompagni il detenuto durante il percorso e ne faciliti l’inserimento lavorativo e sociale.

 

Sostenete progetti specifici per i tossicodipendenti, per gli immigrati, per le donne detenute?

Sono state impegnate risorse per sostenere progetti specifici rivolti alle persone detenute tossicodipendenti, alla popolazione detenuta femminile e agli immigrati.

In considerazione delle percentuali di persone detenute immigrate presenti in regione sono stati messi a punto progetti specifici che verranno realizzati in quattro Istituti (Torino, Ivrea, Saluzzo, Alba) con azioni tese a informare, sostenere psicologicamente e accompagnare all’uscita dal carcere gli immigrati nei loro percorsi di reinserimento o di rientro, e a creare momenti di confronto tra gli operatori.

 

Quindi anche un impegno, un’attenzione rivolta nei confronti degli operatori e del volontariato?

Certo. Abbiamo sempre sostenuto la formazione congiunta degli operatori, consapevoli che per raggiungere una programmazione concertata e un coordinamento tra enti e istituzioni questa sia una premessa indispensabile.

Abbiamo rivolto un’attenzione particolare agli Assistenti Volontari Penitenziari che costituiscono una risorsa unica e preziosissima, finanziando la loro formazione e chiedendo il loro contributo sia per definire le linee di intervento che nella realizzazione dei progetti.

Al fine di sperimentare progetti mirati ad avviare attività lavorative interne agli Istituti, abbiamo finanziato un progetto con Abele Lavoro per il riciclo di rifiuti sanitari all’interno del carcere Le Vallette di Torino.

Investiremo i nostri risparmi oltre le sbarre

 

È ciò che hanno promesso i sindaci della Brianza al termine di un’assemblea che si è tenuta nel carcere di Monza

 

A cura di Marino Occhipinti

 

Tutto è cominciato qualche tempo fa, precisamente il 26 settembre, quando i sindaci della Brianza hanno riempito il teatro. Quello del carcere di Monza. Si sono ritrovati per confrontarsi sui problemi dei detenuti e degli agenti, e per mettere in cantiere progetti e iniziative, e si sono impegnati a promuoverli, finanziarli e realizzarli.

Il sindaco di Monza, Michele Faglia, ha dichiarato l’intenzione di tutti i paesi della Brianza di istituire un fondo comune con cui sponsorizzare progetti concordati col Ministero della Giustizia, e per dare concretezza alle parole la sua amministrazione ha recentemente messo a disposizione 15 mila euro proprio da investire sul carcere. Sulla circostanza che molti detenuti spesso si devono pagare le medicine, Michele Faglia ha concluso così: "Siamo disponibili a intervenire là dove lo Stato è carente e ci sostituiremo allo Stato anche sul fronte della sanità all’interno del carcere, è una situazione che non è affatto legale e allora ci metteremo al lavoro anche per riuscire a procurare i farmaci".

Gli altri non si sono tirati indietro e Vittorio Pozzati, primo cittadino di Mezzago e attuale presidente della Conferenza dei 63 Sindaci della Brianza, ha puntato sulla necessità di stimolare le aziende a portare in carcere le loro attività, senza però trascurare l’importanza di creare opportunità di lavoro anche per gli ex detenuti.

Le poche attività lavorative attuali – cinque detenuti realizzano antine in vetro per le cucine ed altri inseriscono al computer le ricette dei farmaci – sono una goccia nel mare ed i sindaci vogliono fare di più, soprattutto sul fronte del dopo carcere, garantendo se possibile anche una casa agli ex detenuti che devono reintegrarsi nel tessuto sociale.

Le Linee guida fissate al termine dell’assemblea sono:

la destinazione di una quota del fondo sociale per realizzare le politiche di reinserimento sociale dei detenuti;

l’impegno a destinare quote percentuali di commesse di lavoro da effettuarsi nell’ambito intra e extra murario della Casa Circondariale di Monza, per implementare le politiche occupazionali per detenuti, ex detenuti, persone sottoposte a misure restrittive della libertà;

l’individuazione di "spazi alloggio", nel patrimonio di edilizia popolare, finalizzati ad integrare percorsi individuali di reinserimento sociale;

la realizzazione di un progetto di tutela della salute attento alle emergenze sanitarie nella Casa Circondariale di Monza.

Per saperne di più abbiamo intervistato Vittorio Pozzati, sindaco di Mezzago e presidente della Conferenza dei Sindaci della Brianza

 

Sindaco Pozzati, qual è il significato dell’incontro che, come Conferenza dei Sindaci della Brianza, avete recentemente tenuto all’interno della Casa Circondariale di Monza?

Il significato dell’incontro è stata la presentazione alla Conferenza dei Sindaci della ASL - MI 3 (Monza - Brianza, circa un milione di abitanti) del documento "Politiche sociali a favore delle persone detenute e/o sottoposte a misure restrittive della libertà - Linee guida", redatto da un gruppo di lavoro formato da Amministratori Locali, rappresentanti delle associazioni (Carcere e Territorio - Monza, Carcere Aperto…) e da tutte le componenti (Ministero - Prap, Regione, Provincia, Direzione carcere) responsabili del settore carcere in coerenza con la legge 328/2000.

L’idea è stata di costruire un testo di riferimento per tutte le Amministrazioni Locali (63 Comuni) che chiarisse quali sono le rispettive competenze e quali possono essere gli interventi che ciascun Comune, o Associazione di Comuni, sono chiamati ad attivare nel rispetto delle leggi in vigore.

Abbiamo ritenuto opportuno organizzare l’incontro all’interno del carcere per dare modo a tutti gli invitati di avvicinarsi il più possibile alla realtà del carcere: infatti, per la maggioranza degli Amministratori era la prima volta che ciò avveniva, e devo dire che l’impatto è stato molto importante al fine dell’iniziativa.

 

Cos’è scaturito dall’incontro e quali obiettivi - progetti ed iniziative - vi siete posti?

L’incontro ha avuto esiti positivi. Oltre alla presentazione del documento sono stati individuati subito alcuni interventi che i Comuni si sono impegnati ad attuare, a partire dalla costituzione di un fondo gestito dal Comune di Monza, quale Ente capofila, per attuare progetti relativi al lavoro, alla formazione, all’housing sociale in stretta collaborazione con le Associazioni che già operano nel settore. Un ulteriore risultato è la costituzione di una sede del C.S.S.A. a Monza.

A seguito della partecipazione molto numerosa all’assemblea, a cui ha preso parte anche il rappresentante del Ministero nella persona del dott. Giuseppe Magni, consulente particolare del Ministro Castelli, abbiamo ottenuto un finanziamento di 1.800.000 euro per sistemazioni strutturali. Attualmente si è costituito un gruppo di lavoro formato da rappresentanti degli Enti Locali, Associazioni, Cooperative, Direzione Carcere, con la funzione di predisporre i progetti ed attuarli in collaborazione con l’Assessorato ai Servizi Sociali di Monza.

 

Qual è stata la disponibilità degli altri sindaci della Conferenza verso i problemi del carcere e quali sono le precedenti esperienze di reinserimento andate a buon fine nel vostro territorio?

La disponibilità è stata molto buona. Gli interventi dei Sindaci hanno sottolineato la necessità di superare l’attuale stato di abbandono e cercare, a partire dal territorio, di stabilire una costante attenzione ai problemi legati alla detenzione. Attualmente abbiamo in essere progetti di reinserimento che alcuni Comuni hanno attuato sia sul fronte del lavoro che su quello dell’abitazione, anche se queste iniziative risultano sporadiche e quantitativamente del tutto insufficienti. Ovviamente le Amministrazioni più "sensibili" appartengono ai Comuni più importanti: Monza, Sesto S. Giovanni, Cinisello Balsamo, e proprio attraverso il Centro Lavoro di Cinisello Balsamo e Vimercate sono in atto progetti di inserimento lavorativo.

 

Pensate, e come, di stimolare le aziende ad assumere detenuti ed ex detenuti oppure a portare lavoro all’interno della struttura detentiva?

All’iniziativa hanno partecipato anche i rappresentanti dell’Associazione Piccole Industrie, la Confartigianato ed altre organizzazioni. Anche in questo caso ritengo importante che le Amministrazioni locali si rendano parte attiva nel cercare di risolvere tutte le difficoltà (purtroppo inevitabili) che si interpongono alla potenziale attività di lavoro: una su tutte la difficoltà di risoluzione di problemi relativi alla sicurezza per l’uso dei laboratori di lavoro. Credo però che l’interessamento degli Enti Locali possa essere un buon incentivo per risolvere i problemi tecnici, legati alla sicurezza, nonché quelli di carattere burocratico che spesso divengono ostacoli insormontabili.

 

C’è qualcosa che vorrebbe comunicare ai nostri lettori?

Ai vostri lettori non posso che sottolineare l’importanza di tenere sempre alto il grado di attenzione verso i temi della detenzione, di insistere sempre e comunque sulla presenza all’ordine del giorno degli Enti territoriali dei temi riguardanti il carcere, attraverso le molteplici iniziative che si possono realizzare. Si tratta, del resto di applicare le Leggi dello Stato.

Da ultimo vorrei fare i complimenti alla vostra pubblicazione che ho letto con estremo interesse.

 

Sul sito www.ristretti.it è possibile consultare l’elaborato sviluppato dalla Conferenza dei Sindaci della Brianza, avente ad oggetto le "Politiche sociali a favore delle persone detenute e/o sottoposte a misure restrittive della libertà - Linee guida".

 

 

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