Christian De Vito

 

Le droghe domani, tra controriforme e volontà punitive

 

Milano, 27 giugno 2003

 

 

Christian De Vito (Gruppo istituzioni totali del Social Forum di Firenze)

 

Sono del gruppo "Istituzioni totali" del Social Forum di Firenze. Parlo perché mi ritrovo perfettamente e penso che l’impostazione del gruppo fosse perfettamente in linea con quello che diceva Corrado Mandreoli, della CGIL di Milano, cioè la necessità, che è stata posta con forza qui oggi, di fare sintesi attorno a questi temi, che per noi sono quelli del carcere, della salute mentale e della tossicodipendenza, intrecciati con la questione dei migranti.

Noi siamo partiti su questo perché, in qualche modo, anche non da tecnici, abbiamo colto la gravità dell’attacco che era in atto, un attacco a livello dei progetti di legge e delle leggi esistenti non applicate, come è stato detto stamattina.

Poi, andando a vedere le situazioni dei detenuti e dei cosiddetti utenti della salute mentale, ci siamo accorti che questo attacco è anche una condizione grave, reale, urgente. Io non voglio portare via molto tempo, ma ci sono delle cose che posso calare nella realtà toscana, perché secondo me è significativa, essendo governata a tutti i livelli in un certo modo, quindi non ci possono essere dubbi su quale è la matrice politica, quella del centrosinistra.

Eppure ci sono delle tematiche e dei problemi che sono clamorosamente simili a realtà diverse. A Montelupo Fiorentino, dove c’è uno degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, un mesetto fa Marco Cavallo, simbolo della "180" e della psichiatria territoriale ha incontrato il drago di Montelupo e, questo voleva essere, nelle intenzioni del direttore, un simbolo di apertura, verso l’abolizione di queste istituzioni.

Poi però, come sa bene Franco Corleone, gli O.P.G. esistono e, negli O.P.G. si legano le persone ai letti di contenzione, c’è una contenzione farmacologica forte e, quindi, queste strutture, questo tema, deve essere al centro della nostra riflessione.

Per quanto riguarda i minori stranieri non accompagnat,i veniva citata la questione di Torino, ma a Firenze è stato chiuso, se Dio vuole, da poco, un centro che è rimasto aperto almeno due anni e mezzo e che era stato chiamato enfaticamente "Centro sicuro" dalla giunta locale e che proprio aveva questa funzione, anzi una doppia funzione, perché non solo vi venivano reclusi, sostanzialmente, i minori, ma quando l’adulto, il famigliare immigrato, andava a prenderli, veniva espulso pure lui.

Noi ne abbiamo avuto notizia perché una mamma andava cercando il figlio, che era stato recluso là dentro, e quando ha trovato il figlio ed ha saputo che era stato espulso, è stata poi espulsa anche lei. Quindi, situazioni drammatiche. La Consulta di salute mentale per la Toscana ha denunciato che, all’interno degli SPDC (Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura), di moltissimi SPDC, a Pistoia, a Grosseto, a Pontenuovo, a Firenze, i pazienti vengono legati ai letti come nei peggiori manicomi: così c’è scritto nel documento.

Non parliamo della situazione a Sollicciano che, oltre ad essere un grande carcere, come tutti conosciamo, con 1.000 detenuti per 400 posti, è un posto dove recentemente sono evase e poi sono state riprese due persone e poi è seguito, praticamente, un pestaggio dei detenuti, che non l’hanno neanche denunciato perché sono stati minacciati… è il solito sistema.

Questo per dire che bisogna assolutamente reagire, non possiamo partire, non possiamo che partire da qui. E, per reagire, dobbiamo capire, come veniva detto, quali alleanze fare, come riuscire a portare avanti questa cosa.

È da qui, in fondo, che inizia la politica nel senso positivo del termine. Io penso che bisogna tenere presente, almeno per la poca esperienza che abbiamo fatto, che questa alleanza non deve avvenire soltanto tra le forze organizzate esistenti, né soltanto tra gli operatori, che settorialmente e giustamente si organizzano, deve cercare di rompere questi confini e riuscire a invadere, in qualche modo, la società, la cosiddetta opinione pubblica, che altrimenti rimane soltanto una bandiera che possono sventolare per l’esigenza di sicurezza.

Bisogna fermare questa situazione nel piccolo. Nella piccolissima esperienza di Firenze, un gruppo che comprende, sul settore carcere, dal volontariato ai centri sociali, passando per un gruppo di detenuti, è riuscito a bloccare un incredibile progetto, che avevano messo assieme la Regione, con il Comune e alcune associazioni di volontariato, che mirava a controllare il tempo libero dei detenuti in misura alternativa, andando nella direzione del controllo anche di quella parte di ore, poche, che uno poteva gestire. Invece no, dovevano stare lì dentro, a fare, le donne il cucito e gli uomini il computer, proprio nello schema più tradizionale che uno potesse immaginare.

Questa cosa non è stata accettata e si è riusciti a costruire un’opposizione, a questa cosa, il che dimostra che dobbiamo essere sì realisti, che dobbiamo sì analizzare e capire quello che succede, ma anche che dobbiamo capire quando è possibile incidere sulle cose e che non necessariamente siamo perdenti in partenza, ma che si può rivoltare questa situazione, è possibile cambiare questo stato di cose. Avendo presente che non necessariamente bisogna sempre partire dallo specifico, ma a volte bisogna partire a monte delle cose, dalle politiche sociali, dalla messa in discussione di alcune scelte nel mercato del lavoro, etc.

Non sto ad insegnare nulla qui, perché io ho imparato tutto da altri, però questo senso di possibilità di fare le cose deve essere sempre presente, altrimenti qui è l’abbattimento totale e mi sembra che già ci sono troppi motivi per abbattersi.

 

 

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