Alfa Stozzi

 

Alfa Strozzi

 

Questa esperienza dello sportello informativo nella casa circondariale di Reggio Emilia è iniziata a metà del 1999; ricordo che non è un’esperienza isolata perché è partita insieme ad un progetto più generale che la Regione Emilia-Romagna promosse nel territorio dando a tutte le istituzioni carcerarie della Regione l’opportunità e un finanziamento significativo sul costo generale di quello che sarebbe stata la spesa, a tutti i Comuni che lo facevano. Direi che Reggio è partita assieme ad altre città, ma mi pare che oggi tutte le città dell’Emilia-Romagna, chi in un modo, chi in un altro, è presente nei propri Istituti di pena con questa attività. È un’attività che il comune, quindi, grazie agli input della Regione ha promosso all’amministrazione penitenziaria. Direi, e forse qui ci sono sempre tante variabili che noi che operiamo con l’amministrazione penitenziaria sappiamo mettere nel conto, che probabilmente l’amministrazione penitenziaria vedrà in noi alcune altre criticità. Entrare nelle carceri non è facile, direi che siamo stati fortunati grazie a una relazione positiva che è nata da subito fra il comune e la direzione della nostra casa circondariale, e certamente in questi casi non dobbiamo dimenticare anche il valore aggiunto che è rappresentato dalla direzione della Polizia penitenziaria.

Siamo partiti e tuttora siamo ancora così con una presenza nell’istituto di tre persone e con una cadenza trisettimanale, ma di fatto più o meno tutti i giorni c’è una presenza. Le figure hanno questi tre profili professionali: un mediatore di cultura araba (da noi la presenza degli immigrati, come ormai ovunque, è intorno al 50 per cento, e comunque prevalentemente dell’area araba); una figura con un profilo professionale più legata al mondo giuridico, quindi più supporto per favorire e superare gli ostacoli legati da una parte certamente all’Ordinamento penitenziario, ma anche a tutte le difficoltà legate ai problemi delle misure alternative o, come diceva quella persona che mi ha preceduto che non mi ricordo il nome, del diritto ad avere queste misure alternative; un operatore più legato alle conoscenze del territorio, più dedicato quindi alle persone che arrivano verso il fine pena, cioè l’accompagnamento ai servizi territoriali, per offrire le opportunità che il territorio è in grado di dare a questo momento del fine pena.

Oggi in questo lasso di tempo, che è ormai sicuramente di quattro anni, abbiamo avuto circa ottocento, la media di ottocento colloqui per ogni anno, adesso in questo momento mi è difficile specificare anche perché ringrazio di avermi dato questa opportunità, ma non ero preparata, quindi non ho portato dei dati aggiornati, a chi interessano potete chiedere al Comune di Reggio Emilia, e io ve li fornirò. Diciamo che la casistica principale e il supporto più importante che abbiamo dato ai detenuti è stato quello di collaborare con loro per arrivare ad ottenere i percorsi alternativi alla detenzione. Abbiamo cercato di farlo con l’attenzione di chi non si vuole mettere in conflitto con l’avvocato di fiducia del detenuto, però dobbiamo anche proprio dirci che magari molta parte di questa popolazione detenuta ha degli avvocati, forse anche per delle condizioni economiche loro proprie, di fiducia, con i quali non esiste un rapporto così quotidiano, così diretto. E quindi pur non entrando in conflitto con questa specifica competenza, molte volte abbiamo accompagnato e abbiamo correlato di quanto necessario i percorsi tramite il Magistrato di sorveglianza, e ci siamo attivati per trovare nel territorio alcuni luoghi, alcune opportunità lavorative, che andassero a favorire l’affidamento e anche gli articoli 21.

Devo dire, oltre a questo, che il Comune di Reggio Emilia finanzia anche alcune altre attività nel carcere, fra cui anche alcuni percorsi di supporto al lavoro nell’area che tutti noi chiamiamo “borsa lavoro”. Quindi alcuni di questi detenuti hanno poi potuto beneficiare, essendo nello stato giuridico che glielo permetteva, di borse lavoro, di articoli 21, oppure anche di collocazione al lavoro, al di fuori di questi benefici diretti. Credo che l’importanza del nostro ruolo nella casa circondariale sia leggibile da due parti: dalla sempre maggiore richiesta di detenuti di poter venire allo sportello, e sicuramente anche dalla credibilità che noi leggiamo nel fatto che, anche le istituzioni carcerarie, ci attivano e ci chiedono di contribuire. Se nei primi momenti della nostra prima esperienza magari il rapporto degli operatori era quasi esclusivamente con gli educatori, con l’area educativa e con il direttore, ora vediamo che anche l’area sanitaria ci attiva, perché magari ritengono che i nostri operatori siano in grado di avere dei colloqui più positivi con le persone detenute, sia per una questione di lingua, che aiuta a capire quali possono essere alcune dinamiche e alcuni conflitti che queste persone vivono e che, anche  a livello poi sanitario, possano avere delle ripercussioni.

Adesso voglio fare solo alcuni esempi: ci hanno chiesto di intervenire perché nel periodo del Ramadam un ragazzo non voleva più mangiare. A volte i medici ci chiedono di intervenire coi ragazzi musulmani, che però hanno il diabete o queste patologie per cui devono fare magari non delle diete come la loro religione richiederebbe. Io non voglio rubare tempo a chi mi segue negli interventi, so che stiamo tutti chiudendo, forse se qualcuno vuole saperne di più su questa esperienza, io sono disponibile e chiaramente a chi mi cerca in ufficio sarò in grado di dare altre eventuali informazioni. Grazie.

 

 

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