In-Veneto: notiziario settimanale sul carcere

realizzato nell'ambito del Progetto "Dal Carcere al Territorio"

Notiziario n° 8, del 4 febbraio 2010

Notizie da Padova

Cooperativa Sociale Cosep: progetti e attività nelle carceri di Padova

Casa Circondariale: i mediatori culturali della Cooperativa Sociale Orizzonti

Notizie da Verona

La Garante in quinta Commissione: un lungo elenco di novità

Con l’apertura del penale sempre più detenuti al lavoro

Difficoltà e detenuti in aumento, difficile parlare di rieducazione

Reati contro le regole, oppure reati contro le persone?

Progetto Carcere 663: detenuti in permesso e musicisti in ingresso

La redazione di Microcosmo e la Giornata della memoria in carcere

Appuntamenti

Padova: rassegna cinematografica sui diritti costituzionali

Venezia: oggi il seminario "Pratiche sociali e discorsi penali"

Notizie da Padova

 

Cooperativa Sociale Cosep: progetti e attività nelle carceri di Padova

 

La Cooperativa Sociale Cosep, dal 1984, si propone di perseguire l’interesse generale della comunità, per la promozione umana e l’integrazione sociale dei cittadini, attraverso la progettazione, il coordinamento e la gestione di servizi socio-sanitari e educativi, rivolti a minori (servizi per l’infanzia e le famiglie, i minori non accompagnati, la mediazione culturale) e ad adulti (servizi per persone senza fissa dimora, con problemi alcol-droga correlati, immigrate, con disabilità).

Da 10 anni la cooperativa opera anche all’interno delle carceri venete, con progettualità rivolte principalmente alla popolazione detenuta straniera.

Superando una concezione prettamente assistenziale, Cosep è giunta gradualmente ad orientarsi verso un approccio relazionale, sviluppando e articolando i servizi in senso educativo e riabilitativo per l’utente. Per far ciò è diventato fondamentale il lavoro di rete, inteso come strategia e metodo d’intervento con la persona e fra le organizzazioni pubbliche e del privato sociale che operano in queste aree.

Presso la Casa circondariale di Padova, dal 2003 Cosep realizza il progetto Espansione, aperto a tutti i detenuti dell’Istituto, con un’attenzione particolare all’elevato numero di persone straniere e alla varietà delle provenienze.

Da maggio 2009 questo progetto viene portato avanti in forma volontaria dalle stesse tre operatrici che intervengono presso la Reclusione. Attualmente realizzano un incontro di gruppo alla settimana, e le finalità principali che si propongono sono: la conoscenza delle culture di provenienza dei partecipanti, la riflessione comune, la riduzione del pregiudizio e la gestione dei conflitti interculturali, anche tramite esercitazioni di gruppo e visione di film legati a queste tematiche.

Presso la Casa di reclusione di Padova, Cosep ha appena avviato la seconda annualità del progetto Percorsi al bivio, finanziato dalla Regione Veneto. Esso è riservato a persone detenute straniere e prevede incontri di gruppo e lezioni informative, con la partecipazione, oltre alle tre operatrici di progetto, delle educatrici che lavorano nella Casa di reclusione (compatibilmente con le esigenze dell’Istituto). Attualmente sono coinvolti 26 ristretti, suddivisi in due gruppi da 13 membri ciascuno: la maggior parte proviene dall’area del Maghreb (soprattutto dalla Tunisia), ma vi sono anche persone provenienti dai Paesi dell’Est (in particolare dall’Albania) e dalla Nigeria.

Percorsi al bivio si pone i seguenti obiettivi principali:

- attivare assieme ai detenuti una rielaborazione del proprio percorso migratorio, analizzando le difficoltà incontrate;

- aiutarli a effettuare un’analisi e un bilancio delle proprie competenze, acquisite e acquisibili anche tramite l’attività trattamentale interna;

- effettuare una riflessione realistica sul post-detenzione, sia attraverso il lavoro in gruppo, che tramite lezioni tenute da relatori esterni, anche sulla legislazione in tema di immigrazione e sulla situazione dei mercati lavorativi dei Paesi di origine dei partecipanti, per avviare una valutazione su un possibile rientro per chi a fine pena non avrà la possibilità di rimanere regolarmente in Italia. Per ulteriori informazioni e contatti: www.cosep.it informazioni@cosep.it

 

Casa Circondariale: i mediatori culturali della Cooperativa Sociale Orizzonti

 

La Cooperativa Sociale Orizzonti nasce nel 2003 da un gruppo di mediatori culturali, facilitatori linguistici e psicologi e con i suoi progetti ha lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità, attraverso la gestione di servizi educativi, sociali e culturali, orientati, in via prioritaria, ma non esclusiva, a facilitare l’inserimento e l’accoglienza di adulti, famiglie, minori e giovani di nazionalità italiana e straniera, nonché di persone svantaggiate.

Gli operatori coprono 18 aree linguistiche e svolgono interventi di mediazione linguistico-culturale, facilitazione linguistica e formazione "psico-interculturale" in molteplici ambiti: socio-sanitario, scolastico-educativo, sociale, giuridico e carcerario. Collaborano, quindi, in particolare con il Settore Servizi Scolastici e il Settore Servizi Sociali del Comune di Padova, le Ulss e gli ospedali, presso cui spesso vengono chiamati per consulenze e interventi di mediazione; con l’Upai - Unità di progetto accoglienza e immigrazione del Comune di Padova, con cui gestiscono lo Sportello Rar, dedicato a richiedenti asilo e rifugiati, il Cisi - Centro informazione e servizi per immigrati, e con cui realizzano il Progetto Fondo Lire Unrra - "Percorsi d’integrazione nelle scuole e nel territorio per prime e seconde generazioni".

Rispetto all’ambito carcerario, dal 2004 Orizzonti ha avviato, su finanziamento regionale, un servizio di Sportello Informativo presso la Casa circondariale di Padova.

Nel 2004 la cooperativa ha realizzato anche uno sportello di mediazione presso la Casa di Reclusione di Padova e un percorso sul racconto autobiografico presso la Casa circondariale femminile di Rovigo, che però negli anni successivi non sono potuti continuare, non essendo stati più finanziati dalla Regione.

Presso la Casa circondariale le attività sono state invece rifinanziate e vengono realizzate tutt’ora; le finalità principali sono da un lato quella di facilitare gli operatori nelle loro funzioni di accoglienza e trattamento dei detenuti stranieri, attraverso l’ausilio della mediazione linguistico-culturale, dall’altro quella di garantire ai ristretti l’opportunità di accedere a informazioni e conoscenze, che possano essere loro utili nella fase iniziale dell’iter penale.

Lo Sportello Informativo è gestito da quattro mediatori culturali dell’area araba, rumena, anglofona e albanese (le lingue maggiormente parlate dai detenuti presenti nella Casa circondariale), che per due ore a settimana ciascuno - ma anche di più, qualora ce ne fosse bisogno - si recano presso il carcere e incontrano i detenuti che hanno fatto richiesta di parlare con loro (è disponibile anche un mediatore cinese, che però viene chiamato quando è necessario il suo intervento). Considerato l’alto turn-over di detenuti, ogni due-tre mesi viene esposto un comunicato con i giorni in cui sono presenti i mediatori, in modo che i nuovi arrivati ne siano al corrente.

I mediatori aiutano i detenuti a comprendere al meglio la loro situazione, i loro diritti e doveri, e forniscono informazioni specifiche riguardo alla gestione delle principali pratiche burocratiche/amministrative/legali (ad esempio rilascio/rinnovo di permessi di soggiorno, richieste di documenti specifici alle autorità giudiziarie, contatti e comunicazioni con la Questura e con Enti e Servizi del territorio).

Le richieste che ricevono dai detenuti sono molto varie; il loro è un servizio innanzitutto di ascolto, ma è necessaria una definizione chiara del proprio ruolo, per evitare fraintendimenti e situazioni problematiche. Molto spesso i ristretti chiedono ai mediatori di prendere contatto con il loro avvocato, con il Consolato, o con i familiari, che in alcuni casi vivono a Padova o in altra zone d’Italia, ma di frequente risiedono invece nei Paesi d’origine. In genere gli operatori contattano i familiari solo in casi particolari, mentre spiegano sempre ai detenuti che hanno diritto a chiamare direttamente dal carcere e come fare.

Oltre alle attività di sportello, i mediatori si danno da fare per facilitare la comunicazione tra gli operatori dell’Istituto e i ristretti, e realizzano anche incontri di formazione su vari temi che riguardano usi e costumi di culture altre, rivolti a educatori, assistenti sociali, psicologi, insegnanti che lavorano nel carcere. Nel corso del 2010, per la prima volta, effettueranno anche un corso "a ciclo" per tutti gli operatori penitenziari (agenti compresi) su questi argomenti.

I mediatori realizzano, inoltre, incontri di gruppo per i detenuti, per fornire informazioni e discutere su vari argomenti, tra cui per esempio il rinnovo del permesso di soggiorno.

Proprio rispetto a questo aspetto, da circa un anno la cooperativa può offrire infatti un servizio molto importante: sulla base di una circolare relativa al rinnovo dei permessi di soggiorno, è stato realizzato un accordo con la Posta Centrale (Sportello Amico), che consente al coordinatore del progetto, Ala Yassin, di consegnare alla Posta, su delega dei detenuti, i documenti necessari per il rinnovo del loro permesso di soggiorno.

 

Notizie da Verona

 

La Garante in quinta Commissione: un lungo elenco di novità

 

Una sezione penale in cui raggruppare i detenuti cui sono state inflitte le condanne più lunghe. Questa l’ultima grande novità sul carcere di Montorio, anticipata mercoledì 3 febbraio ai consiglieri della quinta commissione dalla neo garante dei detenuti, Margherita Forestan. Un’ipotesi che sta ormai prendendo forma e che, ha spiegato la garante, "permetterà a parte dei 920 detenuti rinchiusi a Montorio di avere un’area a loro dedicata, a vantaggio di una formazione che sia il più finalizzata possibile al loro recupero".

Proprio nei giorni scorsi, qualche detenuto ha fatto sapere al presidente dell’associazione La Fraternità, Roberto Sandrini, che i primi spostamenti sono già in corso. "Un fatto positivo non solo per i detenuti - ha commentato Sandrini - ma anche per i loro familiari, cui verrà risparmiato il viaggio in altre città per poterli incontrare a colloquio. Si tratta di una notizia recente, che ha avuto immediata realizzazione, mentre del reparto psichiatrico si parla ormai da anni, ma non si sa ancora quando partirà".

Non dovrebbe mancare molto in realtà, stando ancora a quanto riferito dalla garante in Comune. Sembra infatti che sarà prossima l’apertura di un reparto psichiatrico interno al carcere, del tutto dipendente dall’ospedale di Borgo Trento che, insieme a una serie di innovazioni, contribuirà al miglioramento dell’assistenza sanitaria interna alla struttura.

"L’Ulss sta portando avanti il progetto con determinazione, per andare incontro alle esigenze di chi definisce pazienti, prima ancora che detenuti", precisa la garante. E sempre per i detenuti l’azienda sanitaria ha dato l’avvio anche a una serie di iniziative finalizzate a snellire la richiesta interna di farmaci, analizzare i medicinali prescritti e verificare che, come lamentano i detenuti, non siano sempre i soliti per ogni esigenza; garantire la presenza di specialisti due volte alla settimana, dotati anche di un sistema di radiologia portatile che permetta di esaminare il paziente internamente alla struttura.

Il Comune, inoltre, ha messo a disposizione dei medici 5 computer, in attesa che venga realizzata anche una rete intranet per rendere sempre più fluido il lavoro sanitario.

E se si parla di sanità, anche l’igiene vuole la sua parte. Per questo, grazie a una fornitura finanziata dalla Fondazione Cariverona, presto entreranno in carcere 500 materassi e guanciali da inserire nelle celle che, nel frattempo, i detenuti stessi stanno personalmente provvedendo a ridipingere.

Al via i lavori anche nella palestra che, spiega la Forestan, "va rifatta tutta da capo, dall’impianto elettrico alle docce". Nel femminile poi, quello che doveva essere fatto è già stato programmato. La garante, pur non dichiarandolo in prima persona, si sa aver impiegato il rimborso spese di 5mila euro che le spetta (e probabilmente anche qualcosa in più) per l’acquisto di una lavatrice, fon, ferri da stiro, detersivi e stendini a disposizione delle detenute. "Ma - ci tiene a sottolineare - anche loro, come chiunque sia recluso in carcere, vanno assolutamente responsabilizzate".

In materia di lavoro si parla invece di nuovi master e dell’esigenza di coinvolgere la camera di commercio e l’associazione degli industriali per promuovere il lavoro penitenziario. C’è poi il progetto, approvato e finanziato sempre dalla Fondazione, per una lavanderia interna. "Al momento, dentro le mura del carcere, vengono lavate soltanto le lenzuola - spiega la garante - ma con questo progetto i detenuti potrebbero lavare anche i loro indumenti, oltre a quelli - a pagamento - degli agenti penitenziari".

Buone nuove anche per il Ctp Carducci. Già presente in carcere con la scuola dell’obbligo, la terza media e varie attività formative (dall’informatica, all’inglese) il centro territoriale permanente, per mancanza di fondi, si era visto costretto a rinunciare al corso triennale superiore in materie agrarie. Ma sembra che la garante abbia trovato la porta a cui bussare per chiedere un sostegno economico.

"Il 60 per cento delle persone recluse è straniero" ricorda la garante. Oltre ai preziosi corsi di alfabetizzazione, gestiti sempre dal Ctp Carducci, si fa quindi sempre più forte l’esigenza di mediatori culturali, come sottolineato anche dal Centro di Responsabilità Cultura delle Differenze Pari Opportunità del Comune di Verona.

E la cultura? Di certo non poteva non parlarne una garante che ha alle sue spalle anni di lavoro presso la Mondadori. Ecco quindi che, oltre al cinema, i corsi di pittura, scultura e quant’altro già avviato all’interno della struttura penitenziaria, sempre grazie al Centro per le pari opportunità, si fa avanti l’idea di una festa della donna da festeggiare "senza retoriche e senza chiacchiere", ma con un concerto ad hoc e una serie di conferenze condotte da specialisti.

Ma le sorprese non sono finite. Sembra infatti che la garante sia riuscita a mantenere la promessa fatta a inizio mandato: quella di portare un gruppo di detenuti in visita alla mostra di Corot in Gran Guardia. "Anche gli agenti vogliono partecipare all’iniziativa - continua la garante - ed è certo un ottimo modo per dimostrare ancora una volta che il mondo del carcere non può ridursi alla sola espiazione della pena fine a se stessa".

L’invito della Forestan ai consiglieri, infine, è di tenere gli occhi aperti su tutto quanto accade in città e che sia possibile trasferire in carcere, per far dialogare l’interno e l’esterno, nell’ottica di una detenzione che sia davvero capace di rieducare e rendere consapevole dei propri errori chi ha commesso un reato.

 

Con l’apertura del penale sempre più detenuti al lavoro

 

Di questi tempi la carenza di lavoro la sentono tutti. Ma per chi vive, o ha vissuto, una condizione di detenzione è ancora più difficile inserirsi in una realtà lavorativa, specie se, durante gli anni di galera, non ha avuto la possibilità di seguire corsi di formazione necessari ad acquisire nuove competenze. Nella Casa Circondariale di Montorio, per almeno una cinquantina di detenuti, al risveglio ad aspettarli c’è il lavoro, grazie all’azienda Lavoro&Futuro che ha sede in carcere dal 2005 e conta - tra il suo pacchetto di clienti -un buon numero di aziende esterne.

Dopo l’esperienza dell’azienda, i due titolari Giuseppe Ongaro e Edgardo Somma - con altri 3 soci - hanno fondato la cooperativa sociale "Segni", per dare ulteriore lavoro ai detenuti prestando un occhio particolare alla formazione, che consenta ai più meritevoli di proseguire l’esperienza lavorativa anche una volta avvenuta la scarcerazione.

Proprio in questi mesi la cooperativa - il cui presidente è Mario Mala - ha in programma l’avvio di un corso per saldatore e assemblatore finanziato dalla Regione. Il corso sarà destinato a circa 15 detenuti, impegnati, fino al prossimo ottobre, in 532 ore globali tra tutoraggio e lezioni. Spiega Giuseppe Ongaro: "Per alcuni di loro la fine del corso coinciderà con il fine pena e potranno quindi essere assunti da Segni o da altre ditte esterne. Per altri invece l’esperienza lavorativa potrà continuare all’interno con l’inserimento nell’azienda Lavoro&Futuro".

Un’azienda che, negli scorsi anni, ha già visto la produzione dei portabici distribuiti in città, oltre che di particolari strutture in ferro come i due gazebo esterni alla trattoria Cappuccini di via Basso Acquar. Nel frattempo l’officina interna è stata raddoppiata, munendosi di addirittura due responsabili.

A dirla tutta, però, la crisi si è fatta sentire anche all’interno delle mura del carcere. Da una settantina quali erano, gli assunti oggi non superano infatti le cinquanta unità. "È calato il lavoro", continua Ongaro "ma se, come sembra confermato, nei prossimi mesi verrà aperta una sezione penale anche a Verona, contiamo di arrivare ad assumere 100 persone. Del resto per ora, con il continuo cambio di persone, molti lavori non possiamo permetterci di prenderli. Ma con il penale cambierebbe tutto e potremmo contare su una mano d’opera che avrebbe continuità nel tempo".

Le idee per impiegare l’eventuale nuova forza lavoro non mancano di certo. L’azienda ha infatti già in cantiere la produzione di pannelli fotovoltaici per l’acqua calda e di chiller per il raffreddamento, in particolare, del vino in bottiglia con il raggiungimento in pochi istanti della temperatura desiderata. Lavori specializzati, non realizzabili in una Casa circondariale dove invece, nel frattempo, sta continuando con successo il progetto "Speranza nel verde". Il vivaio Verde Valle di Borgo Venezia la scorsa primavera ha infatti portato in carcere oltre 6 mila piantine, da far crescere nelle due serre realizzate a Montorio qualche anno fa, e prima mai utilizzate. Insieme alle piantine, per otto mesi sono entrati nella struttura penitenziaria anche esperti e agronomi adibiti a insegnare il lavoro a una decina di detenuti.

Un’esperienza positiva che quest’anno verrà ripetuta, senza la necessità, questa volta, di finanziamenti da parte della Regione. Parla ancora Ongaro: "Il corso si è trasformato in attività lavorativa e quindi adesso ci sono nuovi spazi per la formazione di altre persone cui insegnare come trattare le piante".

Ma non è finita qui. La cooperativa ricorda infatti la sua candidatura a farsi carico per almeno 25 anni della gestione del parco dell’Adige. L’idea è quella di utilizzare dei finanziamenti - in questo caso privati - per realizzare una serie di realtà che riqualifichino l’intera area. Prima di tutto un campeggio, che a Verona ancora manca. E un agriturismo, con prodotti tipici di Verona e della Valpolicella. Ma anche gli orti per gli anziani, gestiti da una loro associazione e con un punto vendita dei loro prodotti. E ancora zone picnic e un rimboschimento dell’area tramite l’iniziativa "dona un albero a tuo figlio", da piantare in uno spazio dedicato di 16 metri quadrati. Conclude Ongaro: "In questo modo sarebbero rivalutate anche le attività di Corte Molon e avremmo la possibilità di offrire lavoro non solo ai detenuti, ma anche ad altre persone in difficoltà. Sappiamo che il Comune ha definito il nostro progetto come il migliore tra quelli proposti, ma non abbiamo al momento altre novità".

 

Difficoltà e detenuti in aumento, difficile parlare di rieducazione

 

Sono più di 20 i gruppi parrocchiali che, alternandosi, si danno il cambio per animare le messe interne al carcere di Montorio. Durante l’anno i gruppi fissano qualche incontro serale utile alla formazione e alla rielaborazione delle proprie esperienze.

Uno di questi incontri si è svolto giovedì scorso, alla presenza di un numero di persone probabilmente superiore al solito, dato che, più che un tema da trattare, la serata offriva una preziosa testimonianza da ascoltare: quella di un sovrintendente della polizia penitenziaria. Con semplicità e cordialità, il sovrintendente ha raccontato della sua vita professionale, dell’ambiente in cui si svolge, delle sue emozioni, dei rapporti con i colleghi e i detenuti.

Non è uscito un quadro confortante, se non altro per lo spessore umano di chi faticosamente cerca di dare senso a un intervento penale che quel senso sembra ormai averlo perduto.

Dall’incontro è emerso che il sovraffollamento ha avuto una lieve regressione solo perché un reparto è chiuso per lavori; alla prossima riapertura è facile prevedere che sarà subito riempito e che il numero di detenuti schizzerà oltre il tetto di 1000, per una capienza regolamentare di poco più di 400 e un massimo tollerabile di poco più di 800. Numeri che portano a considerare l’ipotesi di un quinto letto nelle celle di 12 mq.

Intanto, sotto l’infermeria, è già pronto un nuovo centro di osservazione psichiatrica, che dovrebbe essere di competenza esclusiva dell’Ulss.

La polizia penitenziaria è largamente sotto organico, con presenze effettive inferiori a 300 unità. Eppure è gravata, tra i tanti compiti, anche dagli ingressi notturni degli arrestati in flagranza, che il giorno dopo saranno portati avanti e indietro in tribunale per poi essere, il più delle volte, immediatamente scarcerati. Perché non trovare soluzioni più semplici, come potrebbe essere, secondo il sovrintendente, l’utilizzo delle camere di sicurezza presso le stesse forze dell’ordine che hanno operato l’arresto.

Altre difficoltà derivano dall’affluenza da tutto il Veneto di detenuti per reati sessuali, che hanno ormai saturato la terza sezione, con una capienza di 120 posti. Una ventina di loro sono già ospitati in un altro reparto.

Il sovrintendente non esprime giudizi, si limita a riportare i fatti. E i fatti parlano di detenuti che arrivano a tagliarsi per ottenere, dopo anni, un colloquio con l’educatore; di permessi rifiutati senza apparente motivo e delle conseguenti occasioni di lavoro perse, dei pochissimi detenuti in semilibertà e ancor meno in lavoro esterno, della palestra inagibile da più di un anno, degli stessi alloggi della polizia penitenziaria parzialmente inagibili, dell’impossibilità, per l’amministrazione, di fornire ai molti detenuti che non possiedono nulla i beni essenziali a cui hanno diritto, dalla carta igienica ai prodotti d’igiene, dai vestiti al francobollo settimanale.

In queste condizioni è problematico che si possa parlare di funzione rieducativa. Rimane comunque l’impegno dei volontari a sostegno dei più poveri e nell’organizzazione di qualche attività, e quello dell’azienda interna che riesce, quando ottiene commesse, a dare lavoro retribuito fino a 60 detenuti.

Intensi e condivisi i momenti in cui il sovrintendente ha comunicato il suo stato d’animo, il suo sgomento impotente davanti al suicidio, negli ultimi mesi, di due persone detenute.

Sarà importante che il Centro d’ascolto "Domenico", che sta per aprirsi davanti al carcere, sia accogliente anche per la polizia penitenziaria, in particolare per chi non ha ancora famiglia e più di altri necessita di essere orientato nell’affrontare difficoltà personali. (di Arrigo Cavallina)

 

Reati contro le regole, oppure reati contro le persone?

 

In occasione del secondo incontro del corso organizzato dall’associazione La Fraternità e dall’Asav (Associazione scaligera assistenza alle vittime di reato) in vista dell’apertura del centro di ascolto di fronte al carcere di Montorio , venerdì scorso la parola è andata a Federico Reggio, avvocato e dottore di ricerca in Filosofia del diritto, che ha tracciato un primo abbozzo dell’argomento nel contesto della restorative justice (RJ).

Con i presenti in cerchio, interpellati con metodo interattivo e un paio di oggetti simbolici, e il ricorso a qualche aneddoto, in particolare sulle prime esperienze di proposte riparative, si è arrivati a sistemare in un prospetto alcune differenze essenziali tra l’approccio corrente alla pena e quello suggerito dalla RJ.

Il pensiero penalistico moderno si ispira a tre modelli di funzione della pena, in diversa combinazione tra loro: la retribuzione secondo proporzionalità, la prevenzione generale (deterrenza nei riguardi dell’insieme dei cittadini) e la prevenzione speciale, riferita alle cause soggettive che hanno indotto al reato, per evitarne la successiva commissione di altri. Manca ogni considerazione per la persona che il reato ha subito (la vittima) e per la riparazione del danno prodotto.

Nell’attuale crisi della giustizia la RJ non propone tecniche ma una visione alternativa, che non resta un paradigma teorico, ma trova immediati riscontri nelle pratiche.

Secondo le teorie penalistiche prevalenti, il reato è una violazione di regole poste a protezione di beni astratti e codificati. La RJ riporta alla centralità della persona e considera il reato una lesione nell’esperienza di persone in relazione.

Dalla prima impostazione deriva che la pena è una conseguenza giuridica, necessariamente coercitiva e afflittiva; secondo la RJ si pone invece un problema: come riparare? Coercizione e afflizione non sono necessarie quanto gli aspetti riparativi e partecipativi.

I soggetti, infatti, che nel processo abituale sono l’individuo autore di reato e lo Stato, in contrapposizione, nella RJ sono sì l’offensore, ma anche la vittima e la comunità d’appartenenza, certamente coinvolta. E se nell’ordinamento in vigore procedure e decisioni sono strettamente formalizzate, nella RJ prevale l’informalità e la consensualità. (di Arrigo Cavallina)

 

Progetto Carcere 663: detenuti in permesso e musicisti in ingresso

 

Dopo l’incontro con i giovani della parrocchia di Cadidavid, il 22 febbraio alcuni detenuti di Montorio avranno modo di trascorrere qualche ora di confronto e scambio reciproco con il Circolo ricreativo dell’ospedale di Negrar. L’occasione, ancora una volta, arriva dall’associazione Progetto Carcere 663 che a Cadidavid era riuscita a portare due detenuti della Casa circondariale. Nel frattempo l’associazione sta terminando gli incontri di educazione alla legalità nelle scuole, mentre continuano le partite di calcio e di pallavolo in carcere tra detenuti e giovani studenti veronesi. Le prossime si terranno il 19 e il 26 febbraio. A giorni prenderà il via anche il torneo di tennis da tavolo per la sezione maschile.

Resta invece in attesa di essere autorizzata la scaletta musicale che porterebbe all’interno della struttura penitenziaria musicisti di talento come Marco Ongaro, in arrivo da Parigi, e la jazz band dell’Università di Verona.

 

La redazione di Microcosmo e la Giornata della memoria in carcere

 

"Non so se a commuovermi sia stata più io o i detenuti". Parole della Garante dei detenuti, Margherita Forestan, pronunciate riferendosi all’iniziativa svoltasi in carcere in occasione delle celebrazioni per la Giornata della Memoria. Ottenuta l’autorizzazione in pochi giorni, la redazione di Microcosmo (il giornale della casa circondariale di Verona) con il contributo della direzione del carcere, della garante stessa e coinvolgendo l’istituzione scolastica C.T.P. Carducci, ha infatti organizzato una giornata di musica e letture, con la partecipazione di alcune attrici. "L’iniziativa ha di certo coinvolto anche la polizia penitenziaria - spiega la garante - che si è mostrata interessata all’ascolto delle letture e delle musiche ebraiche proposte". Una giornata pensata per coinvolgere e promuovere riflessione con le persone detenute, anche provenienti da paesi lontani, e che quindi avrebbero potuto non conoscere in modo approfondito quanto accaduto nel ‘900 europeo.

 

Appuntamenti

 

Padova: rassegna cinematografica sui diritti costituzionali

 

Padova, 13 gennaio - 17 marzo 2010: "Rassegna cinematografica sui diritti costituzionali". Associazione Giuristi Democratici "Giorgio Ambrosoli" di Padova, con la collaborazione del Comune di Padova, presenta "Diritti al cinema!", Rassegna Cinematografica sui Diritti Costituzionali.

 

Venezia: oggi il seminario "Pratiche sociali e discorsi penali"

 

Venezia giovedì 4 febbraio, dalle 9.30. Fondazione Querini Stampalia, Campo Santa Maria Formosa: "Pratiche sociali e discorsi penali" Il seminario è l’ultimo del ciclo di "Laboratori per una Rete Veneta 2008-2010. Pratiche di autorevolezza delle donne e discorsi pubblici", parte integrante del Progetto Dug, Rete Integrata di Servizi e di Iniziative per i Diritti Umani di Genere, finanziato dal Ministero delle Pari Opportunità. Le tematiche affrontate nella mattinata di studi riguarderanno le "Politiche della città tra pratiche sociali e discorsi penali" e i "Patti territoriali contro la violenza, riconoscere, formare, promuovere l’ascolto" L’iscrizione è gratuita e obbligatoria ai fini della partecipazione. Il modulo di partecipazione si può scaricare dal sito www.comune.venezia.it/c-donna.

 

 

Il Progetto "Dal carcere al territorio" è finanziato dall'Osservatorio Nazionale per il Volontariato - Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - Direttiva 2007 sui progetti sperimentali delle Organizzazioni di Volontariato.

 

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