IN-VENETO: INFORMAZIONE TRA IL CARCERE E IL TERRITORIO

Edizione n° 26, del 17 giugno 2008

 

Notizie da Padova

Licia Roselli e il tutor per l’inclusione sociale

L’importanza del mediatore culturale

Notizie da Venezia

Una pasticceria che ha inserito anche detenute della Giudecca

Notizie da Verona

Un aiuto ai detenuti in Brasile

Biografia: monsignor Giuseppe Chiot, un cuore per i detenuti

L’Unione Europea interviene per la legalità a Verona

Notizie da Vicenza

Dal carcere di Vicenza escono "I Cancelli"

Appuntamenti

Padova: Granello di Senape e C.S.V. per gli Avvocati di Strada

Verona: Gherardo Colombo a Nogara

Venezia: ancora per il progetto RjUscire

Notizie da Padova

 

Licia Roselli e il tutor per l’inclusione sociale

 

Giovedì 12 giugno è intervenuta come relatrice, al corso organizzato da Avvocato di Strada, a Padova, la dott.ssa Licia Roselli, dell’AgeSol (Agenzia di solidarietà per il Lavoro) di Milano. Il tema dell’incontro era "Il tutor dell’accompagnamento per l’inclusione sociale", che è un aspetto del reinserimento di detenuti ed ex detenuti di cui si occupa l’AgeSol. Essendo una onlus, un’associazione senza scopo di lucro, AgeSol opera soprattutto grazie a finanziamenti a progetti, finanziamenti che si stanno però facendo più radi per lo scarso interesse che spesso gli Enti locali dedicano a questi temi.

Il tutor è figura fondamentale per un corretto reinserimento sociale del detenuto, perché se si vuole più sicurezza, parola per la quale i nostri politici hanno una particolare passione, bisogna fare in modo che chi ha già avuto problemi giudiziari, non torni più a delinquere: avremmo così già eliminato una gran parte dei soggetti pericolosi. Il tutor orienta, sostiene e accompagna il soggetto dopo aver elaborato un percorso di reinserimento individualizzato. Egli deve far sì che l’utente divenga autonomo e non finisca per dipendere da questa figura: non si deve quindi creare un rapporto di tipo assistenzialistico. Il mezzo principale attraverso il quale ottenere tale risultato è la capacità di creare un rete di relazioni solide e positive. Il tutor, soprattutto, per poter conquistare la fiducia dell’ utente, non deve avere un ruolo di controllore, ma creare un patto tra i due che entrambi devono assolutamente rispettare.

Le aree di intervento sono: i documenti, la casa, il lavoro, gli affetti e la salute. La persona detenuta, infatti, perde le competenze informative, relazionali, sociali (sempre che le possedesse prima!) per cui deve ricostruirsi una identità sociale. Come ben sanno tutti quelli che si occupano di questi problemi, anche se sembra che i giornalisti ne siano all’oscuro, la recidiva crolla dal 70 a meno del 20% se il soggetto detenuto fa un percorso di reinserimento sociale graduale e controllato.

Questi dati sono particolarmente significativi oggi, visto che si vuole snaturare e svuotare completamente la legge Gozzini. Sarebbe quindi importante che fossero diffusi, per far capire che la legge Gozzini e le misure alternative sono una garanzia di maggior sicurezza per tutti.

 

L’importanza del mediatore culturale

 

Abbiamo incontrato Ala Yassin, uno dei responsabili della Cooperativa Orizzonti che ha sede in via Citolo da Perugia, che si occupa ormai per il quarto anno di mediazione culturale all’interno della Casa Circondariale di Padova. Abbiamo parlato dell’importanza di questa attività in carcere.

Questo servizio è stato istituito proprio partendo dal Circondariale, dove ci sono le persone appena arrestate o con pene brevi (sotto i 5 anni anche se spesso al penale vengono mandate persone con molto meno di cinque anni di condanna, per motivi di spazio), perché sono questi i detenuti con maggior bisogno di informazioni, di aiuto di ogni tipo. A Padova ci sono, fissi e presenti in carcere dalle due alle quattro ore settimanali, a seconda della quantità di richieste, i mediatori di lingua araba, nigeriana, albanese, romena, mentre quelli di altre lingue intervengono a chiamata. La figura del mediatore non è istituzionalizzata, ma viene istituita attraverso progetti annuali finanziati dalla Regione. Ci ha spiegato Ala, che è Arabo-Israeliano, che molti dei detenuti che fanno domanda per vedere il mediatore sono qui da talmente poco tempo che a malapena conoscono qualche parola di Italiano, figuriamoci capire il gergo carcerario o il linguaggio giuridico di tutte quelle comunicazioni ufficiali che vengono notificate quando si finisce in carcere.

Il mediatore, che riveste anche il ruolo di operatore che informa, si occupa di diversi bisogni dell’utente che fa richiesta per vederlo, dalla traduzione dei documenti giuridici, ai contatti con gli avvocati che non parlano la lingua del loro assistito, dai contatti con le famiglie, alla risoluzione di iter burocratici come il rinnovo del permesso di soggiorno, da semplici consigli su come sopravvivere in un carcere straniero al contatto con le ambasciate o i consolati. A volte sono gli operatori carcerari come gli educatori, che richiedono la presenza del mediatore per comunicare con il detenuto di lingua straniera. Altre volte al mediatore vengono fatte richieste di lavoro o di abitazione, che prima di iniziare a muoversi in quel senso si informa presso l’avvocato su quali sono le possibilità reali che ha il detenuto di uscire, ma soprattutto di rimanere in Italia.

Un altro ruolo che spesso rivestono questi mediatori, è quello dell’ascoltatore. Ruolo di grande importanza per l’aiuto di tipo psicologico che apportano a queste persone alle quali a volte basta poter parlare la propria lingua, sfogarsi per sentirsi un po’ meno disperati.

 

Notizie da Venezia

 

Una pasticceria che ha inserito anche detenute della Giudecca

 

Molte luci e qualche ombra nell’esperienza della pasticceria Zanin di Venezia: un ottimo rapporto con le persone detenute assunte, ma una pesante burocrazia a livello istituzionale. E un suggerimento: "Il carcere dovrebbe organizzare degli incontri per i commercianti, gli artigiani e gli industriali, per spiegare come funziona il sistema".

Andrea Zanin è il titolare della Andrea Zanin s.r.l. ed è "figlio d’arte". Inizia giovanissimo a lavorare nel laboratorio di pasticceria del padre a Mestre e il lavoro nell’ambito della ristorazione lo affascina talmente, che decide di fare esperienza sul campo andando per molto tempo all’estero, soprattutto in Francia, ma non solo, a lavorare in alberghi di lusso. Si guadagna ben presto un posto nell’Accademia dei Maestri Pasticceri Italiani, segue corsi internazionali fino a conquistarsi un posto nella Relais Dessert, associazione di pasticceri molto rinomata a livello mondiale.

Oltre alla pasticceria del padre, a Mestre, acquista una Pasticceria storica di Venezia, il Rosa Salva, in Campo S. Luca (a tre passi dal Teatro Goldoni e a cinque dal Teatro "la Fenice"), la rinnova e ne fa un negozio "di tendenza", ristrutturato e rinnovato dall’architetto milanese Piero Lissoni che sta curando anche la realizzazione del negozio "gemello" di Dubai City. Ha in cantiere un progetto a Tokio, aprirà una "filiale" a Treviso, cura il bar e il catering del teatro "la Fenice" di Venezia. Insomma, un professionista con una visione "aperta" del suo lavoro, talmente aperta da dare modo a persone in esecuzione pena di ritrovare una loro dignità attraverso il lavoro. Lo abbiamo invitato a raccontarci questa esperienza.

 

Vorremmo chiederle una testimonianza della sua esperienza con il mondo del carcere, perché sappiamo che nella sua azienda sono già state inserite due persone…

Sì, avevamo fatto richiesta anche per la terza ma anche per la terza abbiamo avuto i soliti problemi e non è ancora arrivata.

 

Cosa intende per soliti problemi?

Soliti problemi perché non è arrivata l’autorizzazione, noi avevamo preparato tutto per accoglierla proprio per le feste, che è un periodo di intenso lavoro, ma non le hanno dato l’autorizzazione e quindi adesso bisogna ricominciare da capo.

 

Come ha iniziato a interessarsi di questo tipo di assunzioni?

Io ho ereditato questa modalità dal precedente gestore che era Rosasalva, che mi aveva accennato a questo tipo di formula che considero giusta da un punto di vista sociale, anche se l’azienda dal punto di vista economico non ha agevolazioni, è un’idea che ritengo corretta e che nel mio piccolo cerco di realizzare.

 

Cosa ne pensava all’inizio?

Finché nessuno te la spiega hai comunque delle perplessità, sono situazioni delicate ma poi mi hanno spiegato come funziona e ho conosciuto la persona.

 

Quindi lei non sa mai chi arriva se non quando qualcuno le propone la persona?

In questo caso attraverso il signor Levorato della Cooperativa "Rio Terà" che si occupa di questo tipo di inserimenti.

 

Mi sembra di capire che una difficoltà iniziale è quella economica…

Io mi ero informato e credo che non sia certo questo che spinge l’imprenditore ad assumere una persona che è in carcere. Io l’ho fatto perché mi interessava il progetto e non per il guadagno economico.

 

Come si è trovato con le persone con le quali ha lavorato?

Mi sono trovato molto bene, ho avuto due esperienze positive, una di queste due persone è stata purtroppo espulsa in Albania. L’altra l’ho conosciuta un giorno perché aveva un permesso e le ho fatto un colloquio e mi è sembrata molto motivata. Devo dire che ripensando a queste esperienze una cosa che ho trovato fastidiosa è l’incertezza dei tempi. Tempi di arrivo della persona, perché ovviamente l’azienda ha necessità di programmare le assunzioni, e tempi durante la permanenza, perché l’ultima persona che ha lavorato da noi in teoria doveva rimanere tre anni ma dopo, per sua fortuna, i tempi per lei si sono accorciati perché le hanno dato l’affidamento ed è tornata nella sua città. Per l’azienda, soprattutto quella piccola, è un po’ difficile perché non è la Fiat - togli uno metti l’altro - ma è un nucleo di lavoro ristretto, si parla di sette o dieci persone, e noi puntiamo a inserire la persona. Se una volta che la persona è formata dopo sette mesi magari va via, questo rappresenta una mancanza di certezza e stabilità.

 

Lei diceva prima che da un punto di vista sociale trova corretto questo modo di aprire il lavoro anche a chi è più emarginato. In che senso?

Ci sono persone che hanno sbagliato e che io ho conosciuto e non avrei detto mai che avevano avuto tutti questi problemi. Ritengo che dopo che hanno pagato sia giusto dare loro un’altra possibilità facendole rientrare nella società senza un marchio. Da parte mia questo è il mio piccolo contributo.

 

Se dovessimo motivare un imprenditore…

Non tutti ragionano come me e la maggioranza delle persone guarda l’aspetto economico. Da un punto di vista pratico non ci sono vantaggi perché la burocrazia rende tutto difficoltoso, e se devi cambiare un turno di lavoro è un problema, questo ovviamente per chi assume persone che rientrano a dormire in carcere e che quindi hanno un orario scandito e preciso che non può essere alterato da nessun tipo di emergenza lavorativa. Poi, per esempio, una persona sta male e non si presenta al lavoro, chiami in matricola e non ti dicono nulla, e questo rende tutto difficile. È un’operazione sociale che se una persona se la sente di fare fa ed è un atto buono, ma se uno non se la sente allora è meglio di no.

 

Ha cambiato qualcosa in lei?

Pregiudizi non ne ho su nessuna situazione perché mentalmente sono una persona aperta. Mi sembrava una cosa buona, ho conosciuto la persona e ho visto le problematiche…

 

Quindi lei ha valutato anche in base al reato commesso…

Devo farlo come titolare ed è un dovere rispetto al mio ruolo. Poi dipende molto anche dalla persona, perché io ho conosciuto queste persone e mi sono sembrate a posto.

 

C’entra nella sua scelta il fatto che ci sia stata una persona che ha agito da tramite?

Sicuramente. Nel mio caso il signor Levorato è stato di grande aiuto e ha sempre offerto la piena disponibilità. Lui è stato la chiave di volta perché è lui che ha fatto da tramite con l’istituzione, che altrimenti è irraggiungibile. Il dialogo con l’istituzione è un altro problema, io è da tanti anni che faccio l’imprenditore ma non lo immaginavo.

 

Pensa che sarebbe utile più informazione su questi temi?

L’informazione dovrebbe partire dal carcere. Il carcere dovrebbe organizzare degli incontri per i commercianti, gli artigiani e gli industriali e spiegare come funziona il sistema. In questo caso almeno ognuno potrebbe decidere se intraprendere o meno questa esperienza, ma su delle basi e delle informazioni sicure perché provengono proprio direttamente dall’istituzione stessa. Credo che se gli imprenditori fossero informati dal carcere stesso prenderebbero più in considerazione questa prospettiva.

 

Notizie da Verona

 

Un aiuto ai detenuti in Brasile

 

"Nelle carceri brasiliane la violenza è una costante. Una violenza che viene subita sia dal punto di vista fisico che psicologico. Non vengono soddisfatti nemmeno i bisogni di base, come quello dell’acqua (si beve salata), del cibo e soprattutto dell’igiene, praticamente inesistente". Queste le parole di Padre Ferdinando Caprini - il missionario veronese che da 24 anni opera a Salvador da Bahia - durante la serata di incontro con la Fraternità del 9 giugno.

"L’Italia è davvero un altro mondo se confrontato alla realtà d’oltre oceano. Il Cappellano, ad esempio, non è una figura prevista dall’Istituzione brasiliana. Là opera la Pastorale Carceraria, un’equipe formata da religiosi che promuove varie attività (cura delle relazioni familiari, proposta di pene alternative alla detenzione, etc.) e in particolare insiste sull’umanizzazione del carcere, che si trova attualmente in una vera situazione di degrado".

La legge per i minori è tra le migliori al mondo: niente carcere, ma una casa di recupero. "Una casa che però assomiglia a un campo di concentramento", precisa il missionario. Ma forse è meglio lì che fuori di lì, dove ci sono veri e propri gruppi di sterminio, formati da poliziotti addestrati per eliminare questi cattivi ragazzi.

Il Brasile è sicuramente un Paese magnifico, ma che ha ancora grandi problemi: per questo il missionario invita a gran voce a recarvisi in missione. Per portare il proprio piccolo contributo, per donare qualcosa, sicuri di ricevere tanto in cambio. Per informazioni e contatti: www.lafraternita.it.

 

Biografia: Monsignor Giuseppe Chiot, un cuore per i detenuti

 

Cappellano del carcere degli Scalzi a Verona, nel 1933 Monsignor Giuseppe Chiot fondò, insieme a Silvia De Ambrosi, un assistenziario che avrebbe continuato a funzionare fino alla dichiarazione di guerra e che rappresentò una vera risorsa per chi ne beneficiò. Una cinquantina di carcerati, espiata la pena, vi poterono trovare un ambiente accogliente che offriva loro un lavoro facile, vitto sano e un letto per la notte. Dopo sette anni di lavoro tutto piombò nel più triste abbandono a causa della guerra. Chiot nel 1944 fu a fianco dei condannati del processo di Verona fino alla loro fucilazione dell’11 gennaio.

Racconta mons. Andrea Pangrazio: "il suo grande cuore si apriva alle sofferenze, alle speranze, alle trasformazioni di quanti nel carcere aveva avvicinati. A quanto egli diceva, il carcere era stato per lui la più importante scuola di vita: gli si era fatto il cuore".

L’opera alla quale maggiormente si affezionò, dedicandovi la parte migliore della sua vita, fu l’assistenza morale e materiale ai detenuti e alle loro famiglie, specialmente quando ai carcerati per reati comuni subentrarono quelli politici. "Nel periodo in cui le carceri furono popolate dai prigionieri dei comandi nazisti e fascisti - spiega il procuratore della Repubblica Domenico Pietrarota - l’opera sua di cappellano valse a salvare vite umane e a ricostituire famiglie altrimenti condannate al disfacimento. Terminata la guerra, solo l’età avanzata gli impedì di continuare la missione di cappellano delle carceri".

A lui succedette Padre Ermenegildo Balbinot che interpretò il sistema carcerario con il calore del cuore e non con la freddezza del cervello: alla durezza della disciplina sostituì il profumo della fraternità. Personaggio eclettico, padre Balbinot costruì con le sue mani un impianto di trasmissione radiofonica in tutte le celle del carcere di Verona: probabilmente il primo in Italia. Di lui scrisse mons. Chiot: "P. Ermenegildo, pur così giovane, comprese la solitudine del carcere, e il piangere, il piangere dell’anima smarrita, nel corpo malato, sulle coltri fredde, che nessuna mano pietosa rassetta. Pur convivendo letto a letto, respiro a respiro, voce a voce, ciascuno nel carcere è solo, con il suo dramma. La presenza di altri infelici a lui estranei non lo conforta, ma piuttosto lo irrita e confonde".

 

L’Unione Europea interviene per la legalità a Verona

 

"In base alle informazioni di cui la Commissione dispone, le norme applicate dalle autorità comunali nell’assegnazione degli alloggi pubblici a Verona riconoscono un trattamento preferenziale ai cittadini italiani residenti nel territorio del comune da un determinato numero di anni". È quanto si legge nella lettera della Commissione Europea inviata il 10 giugno in risposta all’interrogazione posta dall’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, in ordine alla natura discriminatoria del nuovo regolamento Agec.

Secondo l’Asgi si tratta di "una prima tappa importante verso l’affermazione della legalità a Verona" che ribadisce che "una volta che i cittadini di paesi terzi hanno acquisito lo status di soggiornante di lungo periodo, l’articolo 11 della direttiva 2003/109 gli riconosce il diritto di pari trattamento rispetto ai cittadini nazionali per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico, nonché alla procedura per l’ottenimento di un alloggio". Ernesto Bianchi, nella sua lettera di risposta all’Agsi aggiunge: "Il trattamento preferenziale riservato ai soli cittadini italiani per l’assegnazione delle degli alloggi pubblici sembra essere contrario alle disposizioni delle direttive 2004/38 e 2003/109. La Commissione invierà a breve una lettera alle autorità per invitarle a presentare le loro osservazioni in merito".

 

Notizie da Vicenza

 

Dal carcere di Vicenza escono "I Cancelli"

 

Finalmente dopo una lunga gestazione e alcune ritardi, è ri-uscito il foglio informativo, che era stato sospeso per questioni tecniche, "I Cancelli", realizzato nella Casa Circondariale di Vicenza. Isabella Marchetto, che abbiamo sentito telefonicamente, è il "cervello" di questa iniziativa e ci ha spiegato che la sospensione del foglio era dovuta semplicemente a problemi di "stampa". L’incaricato alla stampa, per problemi di salute, non poteva ottemperare ai suoi impegni per cui è stato, con un po’ di fatica, trovato un sostituto. Vengono stampate 200 copie di ogni numero, e i numeri sono annualmente 4, anche se, per quest’anno, per i motivi di cui sopra, saranno 3. Il prossimo uscirà a settembre e quello successivo è previsto a Natale. Con una redazione di 5/6 persone detenute che possono cambiare in continuazione e di cui il solo fisso è il bibliotecario del carcere, e due esterni, tra cui la prof. Marchetto, c’è sicuramente qualche difficoltà nel creare una squadra, ma, come ci spiega la professoressa, lo sforzo e l’impegno che ci mettono i "ragazzi" per portare a termine il progetto vale tutte le fatiche.

"I cancelli" è un foglio di 8 pagine dove ci sono poesie, un commento che parte dai suicidi degli agenti penitenziari per invitare alla riflessione su dove si è giunti per merito della politica emergenziale nella quale la classe politica (ma anche l’informazione ha grandi responsabilità) ci ha trascinato. C’è la ricetta etnica e le notizie "dall’interno", ci sono riflessioni sulla mostra tenutasi a Vicenza a novembre dello scorso anno, in cui veniva mostrata ai visitatori una cella ricostruita, c’è una lettera di un detenuto ai suoi figli, c’è una "Storia Semplice", c’è un commento sull’importanza dello studio, e, in coda, informazioni generali per i detenuti, tra le quali i nomi dei volontari a cui rivolgersi in caso di necessità. Un bel foglio dove viene data voce ai detenuti che, attraverso la scrittura e il confronto, riescono a mantenere il contatto con la realtà.

 

Appuntamenti

 

Padova: Granello di Senape e C.S.V. per gli Avvocati di Strada

 

Padova: Casa Comboni, via Citolo da Perugia, 35. Giovedì 19 giugno 17.00 - 19.00. Dodicesimo incontro del corso di formazione e aggiornamento per il servizio di Avvocato di Strada. Il corso è gratuito e aperto al pubblico, previa iscrizione. Tema: "Il diritto di voto per gli stranieri". Relatore: avv. Leonardo Arnau

 

Verona: Gherardo Colombo a Nogara

 

Nogara (VR): Piccolo Hotel Nogara, via Maso. Mercoledì 18 giugno ore 21.00. L’associazione culturale "Nogara Europa" ospita Gherardo Colombo che presenterà il suo ultimo libro "Sulle regole" (Feltrinelli). Oltre all’autore sarà presente all’incontro anche il dott. Marco Imperato della Procura della Repubblica di Bologna.

In questo libro Colombo propone un dibattito sul valore e sulla cultura della legge in Italia, un passo necessario per chiarire l’importanza che ricoprono nella società non solo le istituzioni, ma anche i cittadini e la loro consapevolezza che l’adempimento dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale sia l’unico modo per realizzare una società migliore: più equa, giusta e vivibile. Ben sapendo che, di fatto, la giustizia non può funzionare se i cittadini non comprendono il perché delle regole.

 

Venezia: ancora per il progetto RjUscire

 

Venezia: Teatro La Fenice, Sale Apollinee. Dal 16 al 24 giugno esposizione degli abiti e dei costumi confezionati nel laboratorio sartoriale della Casa di Reclusione Donne di Venezia.

Venezia: Teatro La Fenice, Sale Apollinee. Martedì 24 giugno ore 17.00. Tavola rotonda dove verranno dibattuti i risultati e l’esperienza del progetto RjUscire, esperienza formativa che ha coinvolto circa 40 donne detenute o ex detenute. Dopo un corso triennale finalizzato a promuovere competenze professionali di base, nel settore della moda e del costume, che ha visto coinvolto l’Istituto Ruzza di Padova il Comune di Venezia, l’Associazione Edimar, la Fondazione Teatro La Fenice, la Fondazione Giorgio Cini e la cooperativa Il Cerchio, l’esperienza per queste donne si è conclusa con il conseguimento di una qualifica nel settore.

Teatro La Fenice, Sale Apollinee. Martedì 24 giugno Ore 19.30, concerto dell’Orchestra Symphonia di Venezia diretta dal Maestro Mario Merigo.

Direttore: Ornella Favero

Redazione: Chiara Bazzanella, Francesca Carbone, Livio Ferrari, Vera Mantengoli, Paola Marchetti, Maurizio Mazzi, Francesco Morelli, Riccardo Munari, Franco Pavan, Paolo Pasimeni, Jaouhar Redouane, Daniele Zanella.

 

Iniziativa realizzata nell'ambito del Progetto "Il Carcere dentro le Città", realizzato grazie al contributo del "Comitato di Gestione del Fondo speciale per il Volontariato del Veneto"

 

 

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