In-Veneto: informazione tra il carcere e il territorio

Edizione n° 61, del 16 aprile 2009

 

Notizie da Padova

Tommaso Campanella e la biblioteca del Due Palazzi

L’AltraCittà si allea con gli Amissi del Piovego

La CGIL e i migranti

Vigilando Redimere...

Notizie da Venezia

Corsi di cucina alla Giudecca

Il progetto V.I.T.A.: Venezia in Tavola

Notizie da Verona

Un corso universitario dedicato al mondo della pena

Detenuta in uscita, come una sorella

"Come migliorarci": se ne è parlato alla scuola media di Valeggio

Al Cum un corso sulla missionarietà si occupa anche della pena

Per i senzatetto ci vuole accoglienza, non allontanamento

Appuntamenti

Padova: Giornata di Studi "Prevenire è meglio che imprigionare"

Mestre (Ve): rassegna culturale su "Adolescenze Difficili"

Notizie da Padova

 

Tommaso Campanella e la biblioteca del Due Palazzi

 

Intitolata al grande utopista che scrisse il suo "La Città del Sole" proprio durante i 27 anni della sua detenzione per opera dell’Inquisizione, è stata inaugurata la nuova biblioteca della Casa di Reclusione di Padova, alla presenza dei rappresentanti delle Istituzioni coinvolte. La cooperativa "AltraCittà" coordina Biblioteca, Rassegna Stampa, Legatoria e la sua presidente, Rossella Favero, ce ne ha parlato con entusiasmo. Convenzionata con il Consorzio Biblioteche Padovane Associate, detto anche Sistema Bibliotecario di Abano Terme, che associa oltre 30 biblioteche della Provincia, e il cui Presidente è l’assessore provinciale alla Cultura Massimo Giorgetti, la biblioteca è stata rinnovata, ampliata, informatizzata secondo i moderni criteri di catalogazione su software ISIS/Winiride e con il sistema internazionale di catalogazione DEWEY. Un sistema che permette una ricerca dei volumi per autore, titolo, parole chiave, parole dell’abstract, in modo da rendere molto più semplice e veloce il trovare quello che uno cerca.

Rossella Favero ci ha raccontato che il lavoro di trasloco e catalogazione, davvero "titanico", è stato svolto tutto da detenuti, e che, dopo il lavoro di riordino, rietichettatura e ricollocazione classificata sono disponibili circa 8000 volumi, ai quali vanno aggiunti quelli da prestito interbibliotecario da parte delle biblioteche del Consorzio di Abano Terme, un prestito il cui volume si aggira sui 2500 libri all’anno. C’è poi la sezione multiculturale, con libri in varie lingue (ancora non molti) e periodici nazionali e internazionali in condivisione con la Rassegna Stampa. Sì, perché negli ampi spazi della nuova biblioteca trovano posto anche gli addetti alla Rassegna, nata nel 1997 come progetto della scuola media ed evoluta negli anni da attività culturale interna a fornitrice di servizi di documentazione a enti pubblici e privati, diventando anche luogo di formazione (informatica, tecniche di documentazione, catalogazione, archiviazione etc.).

Anche la Legatoria della Cooperativa Altra Città ha partecipato al progetto con un grosso lavoro di produzione di fascicoli e di rilegatura e restauro di volumi. Insomma tutta la "forza lavoro" della cooperativa è stata coinvolta in questo progetto.

I detenuti possono accedere alla biblioteca in turni settimanali pomeridiani e hanno inoltre a disposizione ai piani un catalogo cartaceo e alcuni cataloghi tematici.

Tutti i laboratori del Centro di documentazione Due Palazzi - Biblioteca, Rassegna Stampa, Legatoria coordinate da AltraCittà, Redazione di Ristretti Orizzonti e il TG "2 Palazzi" coordinate dall’associazione "Granello di Senape" - fanno parte di un unico e integrato servizio di documentazione che vede impegnati regolarmente circa 50 detenuti, e sono tutti in locali tra loro collegati.

Per quanto riguarda gli ospiti all’inaugurazione, oltre ai detenuti che hanno "faticato" erano presenti tutti coloro che a vario titolo hanno collaborato alla riuscita del progetto, e per le istituzioni l’assessore provinciale Giorgetti, gli assessori comunali Sinigaglia, Balbinot, Ruffini, Matteo Segafredo della Fondazione Cassa di Risparmio che ha finanziato i nuovi arredi, il dottor Bortolato, Magistrato di Sorveglianza del Tribunale di Padova, il Dirigente Scolastico Provinciale Franco Venturella, Fausto Rosa, Antonio Zanon e Alvise Zanchi del Consorzio Biblioteche Padovane Associate, Barbara Poli coordinatrice regionale veneta dell’AIB (Associazione Italiana Biblioteche) della Querini Stampalia di Venezia, il Sindaco di S. Giorgio in Bosco, Leopoldo Marcolongo, che con il carcere ha un rapporto di collaborazione consolidato, la coordinatrice della biblioteca del carcere Marina Bolletti, Bruno Rapone, il detenuto bibliotecario e infine Edoardo Albinati, scrittore e insegnante nel carcere di Rebibbia.

La biblioteca è bella e importante proprio perché è il frutto di un lavoro "corale" e il risultato, anche da un punto di vista estetico, è più che positivo: un luogo dove per un attimo un detenuto può pensare di non essere in carcere!

 

L’AltraCittà si allea con gli Amissi del Piovego

 

Dalla scorsa estate la cooperativa AltraCittà ha una convenzione con l’associazione Amissi del Piovego, associazione che ha tra i suoi scopi principali la tutela e la valorizzazione del sistema fluviale padovano e la gestione e la valorizzazione della golena comunale S. Massimo al fine della diffusione della voga sportiva ed amatoriale, particolarmente la voga veneta, e che conduce uno studio biologico, naturalistico e storico della civiltà veneta delle acque, dei suoi strumenti, dei suoi monumenti. Rossella Favero, presidente della cooperativa che si occupa invece, tra le altre cose, di reinserimento dei detenuti, ci ha spiegato che la collaborazione prevede l’accoglimento nell’associazione di detenuti che fanno volontariato. Attualmente c’è un detenuto che ogni martedì trascorre la giornata negli uffici dell’associazione e che si occupa del suo Centro di documentazione ma l’idea - ci spiega Rossella Favero - è quella di proporre al Comune, in collaborazione con gli Amissi, di inserire un progetto sperimentale di manutenzione delle mura, manutenzione continua invece che una tantum, che a conti fatti verrebbe a costare meno che non le manutenzioni straordinarie. Intanto il detenuto semilibero che attualmente è volontario presso l’associazione, si occuperà di tenere settimanalmente monitorate le mura e i bastioni per evitare che avvengano altri crolli come quello del bastione Alicorno, nel tratto compreso tra il Portello Vecchio e il Castelnuovo, che era stato restaurato recentemente con una spesa di oltre 400mila euro e che è già da rimettere in sesto.

 

La CGIL e i migranti

 

Domenica 29 marzo si è svolta un’assemblea presso la Sala Diego Valeri, indetta dalla CGIL di Padova, a cui hanno partecipato circa 70 persone tra cui rappresentanti del Coordinamento Migranti di Padova, i Beati i Costruttori di Pace, il Consiglio delle Comunità Straniere, l’ASGI di Padova, il Coordinamento Genitori contro la riforma della scuola. Alessandra Stivali, responsabile del Dipartimento Immigrazione della CGIL, ci ha spiegato il perché di questa assemblea e le conclusioni a cui si è giunti.

"Il perché è presto detto" dice la Stivali "il pacchetto sicurezza, così com’era stato proposto aveva una matrice chiaramente xenofoba e noi invece crediamo che i migranti siano una grande ricchezza per il Paese, oltre ad essere lavoratori e lavoratrici con gli stessi diritti-doveri dei lavoratori italiani". La bocciatura di due delle proposte più controverse - le ronde e il tempo di permanenza nei Centri di espulsione - hanno mitigato la gravità di tale pacchetto, anche se la reazione del Ministro dell’Interno Maroni che si dice "furibondo" mostra bene qual è il clima che c’è riguardo l’immigrazione. La CGIL vuole che i lavoratori immigrati siano regolarizzati così da combattere il lavoro nero. Vuole la sospensione degli effetti della Bossi-Fini in caso di perdita di lavoro per crisi aziendali. "I lavoratori immigrati (più di 2.300.000) vivono ed operano nel rispetto delle nostre leggi, producendo il 10% del prodotto interno lordo, pagano le tasse (più di 11 miliardi di fisco e di contributi nel 2007) costruendo il loro futuro in questo Paese; non è accettabile che, perdendo il lavoro, perdano anche il permesso di soggiorno, diventando irregolari a rischio di espulsione e ricattabili da chiunque". Inoltre il sindacato crede nel bisogno di permettere ai lavoratori stranieri "il ricongiungimento familiare, per rompere le condizioni di solitudine e di precarietà delle famiglie immigrate, perché rappresenta il migliore investimento sul futuro di una immigrazione legale", e ritiene che sia importante dar loro il diritto di voto amministrativo. Tra le proposte che hanno definito le prossime iniziative in programma, continua Alessandra Stivali "vi sono la realizzazione di un documento sottoscritto dalle associazioni contro il pacchetto sicurezza da consegnare al prefetto in un’iniziativa comune; la raccolta di firme tra i lavoratori e le lavoratrici da consegnare all’Università di Padova, per richiedere l’attivazione di corsi di italiano all’interno dei posti di lavoro, la prosecuzione della mobilitazione contro il razzismo e l’ondata xenofoba che sta coinvolgendo la nostra società".

 

Vigilando Redimere...

 

A Palazzo Moroni, nella sala del Consiglio Comunale, giovedì 2 aprile c’è stata la presentazione della mostra "Libertà va cercando ch’è sì cara. Vigilando redimere" aperta nelle ex scuderie di palazzo Moroni dal 2 al 5 aprile. La mostra, nell’ambito del Festival della Cittadinanza che ha di fatto preso il posto che era stato di Civitas, ha avuto un buon riscontro di pubblico: oltre 2000 visitatori con molte scolaresche che l’hanno vista tra giovedì e venerdì e sabato e una buona affluenza nella giornata di domenica. All’incontro di presentazione c’erano tra il pubblico molti studenti e alcuni addetti ai lavori, mentre tra i "presentatori" che sono intervenuti ci sono stati il Sindaco Flavio Zanonato, l’organizzatore del Festival, Bagaggiolo, il Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Venezia, Giovanni Tamburino, l’assessore alle politiche sociali della Regione Veneto, Stefano Valdegamberi. Ha introdotto la Conferenza stampa Nicola Boscoletto, presidente della cooperativa Giotto, che con Paola Bergamini, Alberto Savorana e Giorgio Vittadini ha organizzato e curato la mostra, raccontando come è nata l’idea. "Al Meeting di Rimini del 2007 - spiega Boscoletto - siamo stati sollecitati a pensare a una mostra che aiutasse la comprensione del titolo del Meeting dell’anno successivo, quello del 2008, che era "O protagonisti o nessuno" dove l’essere protagonisti significa anche essere liberi".

La Mostra, presentata proprio in quelle giornate, è dedicata a esperienze di "libertà in carcere" di tutto il mondo ed è diventata itinerante toccando moltissime città in tutta Italia. Il Sindaco ha salutato gli ospiti e il pubblico spiegando come il Comune di Padova, con il Progetto Carcere, stia intervenendo per far sì che non ci si dimentichi che il carcere è parte della città e che il recupero dei detenuti, ai quali bisogna dare la possibilità di una vita dignitosa alla fine della condanna, è un’azione di "sicurezza sociale". È intervenuto poi l’organizzatore del Festival per un breve saluto, e dopo i saluti dell’assessore alle Politiche Sociali del Comune, Claudio Sinigaglia, che fortemente ha voluto il Progetto Carcere, è stato proiettato un breve video con esperienze di lavoro nelle carceri di tutto il mondo, e quindi un detenuto in semilibertà ha portato la sua testimonianza.

L’intervento più articolato è stato quello del dottor Tamburino, che si è rivolto "specialmente" agli studenti presenti. Partendo dal fatto che il problema del rispetto delle leggi è un problema irrisolto malgrado l’uomo abbia da sempre cercato delle soluzioni, ha affrontato il discorso della pena come risposta della società ai comportamenti devianti, ma mettendo in guardia su un uso troppo frequente di tale pena che così rischierebbe di vanificare la sua efficacia laddove ce n’è realmente bisogno. Alla fine ha chiuso l’incontro l’intervento dell’assessore alle Politiche Sociali della Regione Veneto, Stefano Valdegamberi, che ha insistito ancora sull’importanza della rieducazione, del recupero del condannato, dell’uso degli strumenti che la legislazione mette a disposizione - legge Gozzini prima di tutto - perché tale recupero avvenga, e del suo impegno su questo fronte.

 

Notizie da Venezia

 

Corsi di cucina alla Giudecca

 

All’interno della Casa di Reclusione Femminile di Venezia si è tenuto, malgrado le grosse difficoltà logistiche, un corso di formazione dedicato a: pasticceria, lavorazione di pizza e pasta fresca, igiene, sicurezza nel lavoro, informatica, comunicazione.

Germano Rosa, uno dei soci della cooperativa "il Cerchio", che segue con molta dedizione alcune delle attività che si svolgono all’interno del carcere femminile in cui la cooperativa è coinvolta, ci ha raccontato che da molto tempo la cooperativa Il Cerchio desiderava attivare corsi di formazione che riguardassero l’area della cucina, della ristorazione, delle varie professionalità richieste in ambito alberghiero e della ristorazione. Lo spunto è dato dalla constatazione che a Venezia esistono concrete possibilità di inserimento lavorativo per chi ha professionalità di cameriere, cuoco o comunque addetto alla ristorazione. Lo stesso ristorante del Cerchio di Sacca Fisola "Ai campi sportivi", offre possibilità di lavoro a persone che hanno vissuto l’esperienza del carcere e cercano concrete occasioni per ricollocarsi nel mercato del lavoro.

Tenere un corso nella cucina del Femminile è stata, secondo Rosa, una sfida che ha appassionato la Cooperativa e l’Istituto Dieffe (l’ente accreditato per la formazione con cui la cooperativa collabora) che l’hanno organizzato e ha richiesto collaborazione e disponibilità da parte della Direzione dell’Istituto e del personale.

Si tratta di un corso di formazione finanziato dalla Regione Veneto, che provvede poi a rilasciare un attestato a quanti hanno raggiunto il monte ore di frequenza richiesto (il 70 % delle lezioni).

Il corso è orientato a fornire professionalità per "addette alla lavorazione della pasta fresca", ma i contenuti spaziano sino alla pasticceria e alla pizza.

Il coordinamento è della cooperativa che ha tenuto i rapporti con gli insegnanti e con il coordinatore dell’Istituto Dieffe, Enrico Rancan.

Per ciò che concerne le partecipanti, le richieste di iscrizione erano numerose, per cui nella selezione si è deciso di scegliere le detenute che non erano già impegnate in altri corsi o attività lavorative. Alcune si sono perse per strada, ma le altre, ha raccontato Germano Rosa, "hanno partecipato con entusiasmo producendo i dolci per la festa della donna, che hanno ottenuto il plauso generale, e per una festa che Don Mauro, il cappellano della Giudecca, ha organizzato all’esterno del carcere".

Naturalmente non è facile fare iniziative del genere all’interno di un istituto di pena per una serie infinita di problemi: di sicurezza, di carenza di personale, di spazi, anche perché alla Giudecca gli spazi utilizzabili sono limitati. Visto che il 60 per cento delle lezioni erano di carattere pratico, si doveva occupare spesso la cucina, che però è la stessa dove si cuociono i pasti delle detenute.

La grande disponibilità del Commissario e di tutto il corpo della Polizia Penitenziaria ha permesso di portare a termine questo utile progetto. "A volte - dice Rosa - ci si trovava anche con 20 corsiste alla presenza di un agente e del cuoco-insegnante!"

Il Cerchio intende proporre alla Direzione dell’Istituto un ciclo di lezioni "informali" tenute da un volontario, per la preparazione e cottura della pizza, visto che nella cucina del carcere è stato sistemato il forno professionale che si trovava nel ristorante del Cerchio.

 

Il progetto V.I.T.A.: Venezia in Tavola

 

Un nuovo progetto di inclusione sociale per ex detenuti o detenuti in semilibertà - ma ne possono usufruire anche soggetti svantaggiati di altro tipo - sta partendo a Venezia. Finanziato dal Fondo Sociale Europeo, in collaborazione con il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale e con il Gruppo Insegnanti Formatori, il progetto V.I.T.A.: Venezia in Tavola è rivolto a 20 persone con problemi di disoccupazione e di reinserimento lavorativo. Si tratta di un corso di formazione per addetti alla cucina e alla sala/bar. Saranno 250 ore di laboratorio e altre 250 di stage, realizzato in un posto di lavoro. Inoltre è prevista una serie di azioni sistema/accompagnamento riconducibili alle seguenti aree: ricerca applicata sulla tradizione gastronomica veneziana e stesura di manuale didattico; attività di diffusione in cui i beneficiari potranno promuovere la loro professionalità; riequilibrio delle competenze, in cui gli allievi verranno chiamati a confrontare le loro competenze richieste per le qualifiche professionali; attività laboratoriale; attività di ricerca di lavoro in collaborazione con gli operatori. Le attività formative inizieranno in maggio e saranno terminate entro febbraio 2010. Chi vorrà essere "selezionato" dovrà inviare la domanda entro il 25 aprile all’indirizzo mail eva@gifonline.it o spedirla via fax allo 0422/816036 richiedendo l’apposito modulo alla dott.ssa Eva Bolzan allo 0422 717488. I documenti richiesti con la domanda sono il curriculum vitae, fotocopia o autocertificazione del titolo di studio, una fotocopia fronteretro di documento d’identità, una foto tessera recente. Per informazioni si possono contattare il dott. Alessio Pigro (347.9530594) o la dott.ssa Bolzan (347.7622171).

 

Notizie da Verona

 

Un corso universitario dedicato al mondo della pena

 

"Carcere e mondo della pena: un contesto da umanizzare". Non si tratta del tema di un convegno, ma di un’iniziativa ben più duratura: un corso di interfacoltà destinato agli studenti iscritti alle Facoltà di Giurisprudenza e Scienze della Formazione dell’Università di Verona. Dopo due settimane dal suo inizio, Giuseppe Tacconi, uno dei docenti della Commissione interfacoltà nata appositamente per il corso e già docente di Scienze della Formazione, ne descrive le prime lezioni e il programma.

"Nei primi giorni del corso - spiega - i docenti hanno introdotto il percorso, per lasciare poi spazio all’ascolto delle motivazioni che hanno spinto i partecipanti a scegliere questo ambito di approfondimento o tirocinio. Alcuni studenti si sono avvicinati all’ambiente carcere per pura curiosità, altri invece per una reale volontà di approfondimento. Tra questi ci sono alcuni giovani che hanno partecipato ai gruppi di animazione liturgica in carcere o che hanno esperienze con minori in difficoltà o con il disagio in genere".

"Il corso - spiega ancora il docente - è nato per avvicinare gli studenti delle nostre Facoltà al mondo dell’esecuzione penale, ma le situazioni problematiche ad esso collegate non sono nuove, per lo meno per gli studenti di Scienze dell’educazione e dei Servizi sociali - entrambe articolazioni della Facoltà di Scienze della Formazione - che già prevedono esami ed esperienze negli ambiti della marginalità e della devianza".

La scelta di dare vita a un nuovo corso universitario dedicato al mondo della pena è stata definita nella Convenzione firmata il luglio scorso tra l’Università di Verona, la Casa Circondariale di Montorio e l’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna di Verona e Vicenza - di cui si è fatta promotrice il Delegato del Rettore alle Pari Opportunità Elda Baggio. L’intenzione è duplice: da un lato offrire agli studenti la possibilità di conoscere più da vicino il mondo dell’esecuzione penale con cui potrebbero avere a che fare in un futuro lavorativo, dall’altro dare ai detenuti l’opportunità di trovare risposte adeguate alle loro problematiche di tutti i giorni.

Il programma è strutturato in diverse unità: una di introduzione, una sull’esecuzione penale in Italia dedicata alle materie giuridiche, una sulle diverse figure professionali e di volontariato che operano nel contesto penitenziario e una risulta invece dedicata alle considerazioni conclusive. Oltre queste lezioni obbligatorie per tutti i partecipanti, un’unità sarà interamente dedicata solo agli studenti che decideranno di svolgere il loro tirocinio presso uno degli sportelli informativi - uno di carattere informativo e uno psico-pedagogico - previsti anch’essi dalla Convenzione. Per conoscere da vicino i contesti dell’esecuzione penale sono previste anche una visita all’Uepe e una alla Casa Circondariale di Montorio.

 

Detenuta in uscita, come una sorella

 

L’uscita domenicale in permesso con l’associazione don Tonino Bello questa volta è toccata a una giovane ragazza romena di 24 anni, due e mezzo dei quali trascorsi tra le mura del carcere. Anni durante cui lei stessa dichiara di "non aver vissuto". Zeno Corso, volontario dell’associazione, racconta lo svolgimento della giornata: "Siamo stati accolti con grande affetto dalla parrocchia di Palazzolo di Sona. Parrocchia già sensibile al tema del carcere perché dotata di un gruppo che entra regolarmente nel carcere di Montorio per animare le messe. La giornata si è svolta secondo un canone ormai consolidato. Un volontario dell’associazione si è recato presso il carcere alle nove del mattino per accogliere la detenuta in permesso e condurla a Palazzolo. Alle 10 e mezza è stata celebrata la messa con omelia molto intensa di Carlo, un volontario dell’associazione che è anche diacono permanente nonché cappellano del carcere. A seguire pranzo comunitario presso le sale parrocchiali e, infine, incontro-dialogo con la comunità cristiana di Palazzolo sul tema del carcere e dintorni". Continua Zeno: "I punti toccati sono stati molti e riferirli tutti non è possibile. Molto vive sono state le testimonianze di due volontarie dell’associazione. Assunta ha raccontato l’accompagnamento di Fabio, che la sua famiglia ha portato avanti, con grande dedizione. Si tratta di un ragazzo molto giovane da poco scarcerato, con risultati che confortano. Rita, con poche parole ma molto intense, ha reso partecipe il gruppo della sua esperienza in terza sezione, dove incontra gli esclusi tra gli esclusi, i cosiddetti isolati perché tenuti separati dagli altri detenuti, in quanto responsabili di reati considerati infamanti dalla comunità carceraria". E la giovane romena? Conclude il volontario: "Una certa timidezza e imbarazzo sono andati sfumando mano a mano che la giornata si andava consumando, anche grazie alle volontarie, soprattutto quelle più esuberanti e dotate di naturale e contagiosa allegria, che l’hanno accolta come una sorella. Non una sorella che ha sbagliato, solo una sorella".

 

"Come migliorarci": se ne è parlato alla scuola media di Valeggio

 

A seguito di alcuni gravi episodi di aggressioni e vandalismo che sono accaduti all’interno delle sue classi, la scuola media di Valeggio ha aperto una discussione sul tema "Come migliorarci", invitando l’associazione La Fraternità a partecipare a un incontro con cinque classi di terza media. Spiega il volontario che ha organizzato l’incontro, Arrigo Cavallina: "Sembrava un’impresa disperata reggere per due ore l’urto di più di cento quattordicenni. E invece non c’è stato il minimo disturbo, e avrebbero continuato ancora senza lasciarci andare via. Avevamo deciso di lasciar parlare le storie, storie di giovani, mettendo da parte le prediche e le discussioni, perché un intervento educativo non può partire dal presupposto che tutti i ragazzi siano potenziali devianti e che la prevenzione debba contribuire a evitare che lo diventino effettivamente. Si rischia l’effetto contrario: di confermare un’identità negativa non ancora definita. Certo, si doveva dire come determinate strade adolescenziali portano ai disastri del carcere, delle droghe, degli incidenti, ma anche come da ogni esperienza si può prendere forza per costruire qualcosa di meglio, per sentirsi realizzati rispettando gli altri e la legge. Un incitamento a scoprire compiti e responsabilità, per amore della vita e non per paura delle minacce. Così abbiamo mostrato due filmati di interviste a persone con vicende penali, dal DVD "Raccontamela giusta". Sono intervenuti Pippo e Carmine che, dopo carcerazioni e altre difficoltà, si sono ricostruiti relazioni sociali e di lavoro soddisfacenti, uno come stimato dipendente, uno come piccolo imprenditore.

Emanuela, operatrice di comunità per minori del Don Calabria, ha raccontato le scoperte e la maturazione di un ragazzino che era già entrato nella delinquenza, e la figura positiva, nella stessa comunità, di un altro bambino scappato con un’odissea di viaggi dalla guerra in Afghanistan, dove aveva perso tutti i familiari e dove i talebani volevano reclutarlo al combattimento. Tre studenti del Marconi, accompagnati da un insegnante, hanno riferito il loro progetto di ricerca sulla devianza minorile, e in particolare sull’incontro a Milano con don Rigoldi e i ragazzi di "Comunità nuova", usciti dal carcere minorile del Beccaria. Tra le molte altre domande, i ragazzi hanno chiesto se l’aiuto è sempre necessario in caso di difficoltà. Le risposte hanno cercato di far capire che non bisogna mai tenersi dentro il problema, ma sempre avere il coraggio di dirlo alla persona adulta nella quale si ha più fiducia; che quindi si deve sempre essere disponibili all’aiuto, nella certezza che nessuno, per quante ne abbia combinate, non ha la possibilità di cambiare e venirne fuori; ma anche che un fattore decisivo è la propria volontà, essere convinti che la responsabilità della nostra vita è nelle nostre mani. Tocca a noi scegliere cosa farne".

 

Al Cum un corso sulla missionarietà si occupa anche della pena

di Arrigo Cavallina

 

Una tradizione. Da parecchi anni il corso di formazione "In viaggio: per conoscere, capire incontrare…", organizzato dal Centro missionario diocesano di Verona per un approccio alla solidarietà internazionale e alla dimensione missionaria, dedica l’ultima giornata ad una riflessione sull’episodio di Emmaus, nel vangelo di Luca, e ai temi della marginalità e del carcere qui tra noi.

I viaggiatori verso Emmaus incontrano Cristo, lo riconoscono "nello spezzare il pane" e corrono indietro a raccontare quel che hanno visto.

Si è potuto così delineare, la mattinata di domenica 29 marzo u.s., una strana analogia. Lo scorso dicembre un’ottantina tra volontari di diverse associazioni e frati sono entrati "in missione" per due settimane nel carcere di Montorio. Hanno incontrato una folla di circa 800 "poveri cristi" e sono stati forse aiutati a riconoscerli come tali dal "divieto di spezzare il pane", cioè di entrare, pur se invitati, nelle celle (come avveniva nelle missioni degli anni scorsi e di altre carceri) per condividere il pasto o un caffè. Quest’anno era vietato e l’immagine dei "poveri cristi" è rimasta impressa dietro lo spioncino o le sbarre dei cancelli.

Naturalmente la "missione" è solo un simbolo di tutte le attività che i volontari svolgono quotidianamente in carcere, costretti spesso a sostituirsi agli inadempimenti istituzionali (sul piano educativo, del sostegno umano, dell’assistenza materiale, della ricerca di lavoro, della preparazione al reinserimento…). E tornando nella città hanno sempre più urgenza di comunicare quanto hanno imparato.

Che anche le nostre vecchie affermazioni sul perdono, su "quelli che hanno sbagliato" ma che possono cambiare ed essere aiutati a diventare altro, quindi sulla finalità rieducativa della pena, sono ormai confinate dentro una quota di detenuti, perché gli altri, probabilmente la maggioranza e sempre di più, sono solo la conseguenza di un accanimento legislativo a senso unico, contro le povertà, le migrazioni, le tossicodipendenze, il disagio psichico, le vite ai margini. Mentre il mondo sembra travolto dalla crisi provocata dalla delinquenza finanziaria, con milioni e milioni di truffati e disoccupati, mentre la casta garantisce a sé e agli amici riparo sicuro contro ogni possibile iniziativa giudiziaria, paure e rabbia della gente sono convogliate contro barboni e rumeni, sbarchi a Lampedusa e campi nomadi.

Le leggi penali e il carcere diventano strumenti per infierire sulle povertà e aizzare i bassi istinti. Chi andrebbe dunque rieducato, lo straniero in cerca di sopravvivenza, destinato comunque all’espulsione e alla clandestinità o il legislatore che impedisce la regolarizzazione? O l’onesta maggioranza di evasori fiscali impuniti, che garantiscono uno schiacciante consenso ad ogni ordinanza, ad ogni decreto che inasprisce le pene per i reati "degli altri", guarda caso i più svantaggiati?

Questo è rimasto come messaggio ai partecipanti: che anche qui dove abitiamo noi indigeni è terra di missione, e che ogni giorno, tornando da Emmaus-Montorio, dobbiamo raccontare, rendere consapevoli, coinvolgere, sentirci responsabili e interrogarci e su come rendere possibile la resurrezione dei poveri cristi.

 

Per i senzatetto ci vuole accoglienza, non allontanamento

 

Il sindaco Tosi nei giorni scorsi si è rivolto ai vigili perché allontanassero i senzatetto dal centro storico della città. Immediata la risposta della Caritas locale che propone di creare un punto accoglienza con i servizi igienici e il ristoro proprio in centro, e nel frattempo avviare un tavolo di coordinamento per affrontare il fenomeno. L’idea di creare una sorta di rifugio per chi vive per strada non è nuova. La Ronda della Carità sta tentando ormai da mesi di trovare una struttura per poter quanto meno offrire un pasto caldo in una situazione confortevole a chi bisognoso. "Partendo dall’assioma che non tutti i clochard accettano di entrare in una struttura - ha precisato in un comunicato stampa mons. Ceschi, direttore della Caritas scaligera - è urgente oggi avviare un tavolo di coordinamento tra enti caritativi e il Comune per affrontare e governare al meglio e in modo coordinato il fenomeno. Il semplice decentramento di queste persone non risolve il problema. Torneranno in centro. Allora facciamo in modo che il centro storico offra un punto accoglienza, perché queste persone non restino degli "invisibili" che comunque disturbano e creano problemi. Insomma, forse dovremmo imparare ad ammettere che sulle nostre strade sia possibile vedere anche questo tipo di povertà, che non è vergognosa, ma va riconosciuta e monitorata. Ricordiamo una verità che non va mai dimenticata: lasciate a se stesse queste persone possono diventare veicoli di patologie diversificate. Si legge ancora nel comunicato: "La clandestinità, l’assenza d’affetti, di lavoro, di casa, spesso non sono scelte ma un disperante obbligo. L’impegno che la società civile deve prendere è quello di offrire opportunità, senza infierire sul povero solo perché è povero".

 

Appuntamenti

 

Padova: Giornata di Studi "Prevenire è meglio che imprigionare"

 

Padova - Casa di Reclusione, via Due Palazzi, 35/A. Venerdì 22 maggio 2009 ore 9.00

Giornata Nazionale di Studi "Prevenire è meglio che imprigionare" Ma quale prevenzione, se l’istigazione a delinquere spesso avviene a mezzo informazione?

La partecipazione è gratuita previa iscrizione. Info: www.ristretti.it

 

Mestre (Ve): rassegna culturale su "Adolescenze Difficili"

 

Centro Culturale Candiani - Mestre. Dal 28.01.2009 al 23.04.2009 dalle ore 9 alle 14. Storie, biografie, autobiografie incontri di riflessione e confronto per operatori sociali. Iniziativa con il patrocinio della Regione del Veneto e Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari e con il contributo della Fondazione Lions Clubs, Distretto 108 TA3. Giovedì 23 aprile "Adolescenza e autobiografia" con proiezione del film African spelling book di Angelo Loy.

Direttore: Ornella Favero

Redazione: Chiara Bazzanella, Francesca Carbone, Livio Ferrari, Vera Mantengoli, Paola Marchetti, Maurizio Mazzi, Francesco Morelli, Riccardo Munari, Franco Pavan, Paolo Pasimeni, Jaouhar Redouane, Daniele Zanella.

Iniziativa realizzata nell'ambito del Progetto "Il Carcere dentro le Città", realizzato grazie al contributo del "Comitato di Gestione del Fondo speciale per il Volontariato del Veneto"

 

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