In-Veneto: informazione tra il carcere e il territorio

Edizione n° 60, del 27 marzo 2009

Notizie da Padova

Il Magistrato di Sorveglianza fa lezione agli studenti nel progetto scuole-carceri

Studenti stranieri di un liceo padovano e stranieri detenuti a confronto

Lo scrittore Edoardo Albinati incontra i detenuti nella nuova biblioteca del Due Palazzi

La Tana delle Fade

Notizie da Venezia

Adolescenze Difficili, continuano gli incontri

Notizie da Verona

In Università a scuola di carcere

Detenuti e studenti scendono in campo

Nonlavorarestanca: in distribuzione il terzo numero

Sugli autobus e per le vie del centro, "Nella mia città nessuno è straniero"

Raccolta di firme a difesa della dignità di ciascuno

Appuntamenti

Regione Veneto: concorso "Uno scatto nel sociale"

Padova: seminario su azioni antibullismo nelle scuole

Mestre (Ve): Adolescenza e autobiografia

Notizie da Padova

 

Il Magistrato di Sorveglianza fa lezione agli studenti nell’ambito del progetto scuole-carceri

 

Anche i luoghi hanno importanza, specie se si tratta di un’aula di Tribunale dove campeggia la scritta "La legge è uguale per tutti". E i ragazzi del Liceo Scientifico Curiel ne sono stati colpiti al punto da fare la fatidica domanda: " Ma lo è davvero uguale per tutti, la legge?".

Gli incontri con il Magistrato di Sorveglianza Marcello Bortolato sono parte del progetto "Il carcere entra a scuola. Le scuole entrano in carcere" che l’associazione Granello di Senape Padova e Ristretti Orizzonti seguono ormai da cinque anni. E la scelta di portare i ragazzi in Tribunale, a "respirare" un’aria solenne, è importante. Il 20 marzo sono stati gli studenti del Liceo Curiel a varcare le porte del Tribunale, il 24 del Liceo socio-psicopedagogico Duca D’Aosta. Nessuno comunque si è seduto sul banco dell’imputato, quasi a sancire una volontà di mantenere le distanze da certe situazioni.

Il Magistrato, chiarissimo nella sua spiegazione del ruolo del Tribunale di Sorveglianza e dell’importanza del reinserimento in società di coloro che hanno sbagliato, si è addentrato in spiegazioni che pur essendo tecniche sono risultate molto accessibili.

Si è parlato ad esempio del dovere del Magistrato di Sorveglianza non di accertare responsabilità - cosa di cui si occupa il giudice ordinario - ma di difendere il diritto dei condannati a trattamenti umani e alla rieducazione sancita dall’articolo 27 della Costituzione. Ma il dottor Bortolato è partito da lontano, spiegando i 3 concetti di pena - retributiva, special-preventiva, general-preventiva - e aggiungendo che però il fine della pena è sempre la rieducazione del condannato. La pena inoltre deve essere flessibile in base alla legge 354 del ‘75 sull’Ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà, e, in seguito, alla legge 663 dell’’86, la legge Gozzini, che ha adeguato l’esecuzione penale al principio della Costituzione sancito nell’articolo 27. Alla fine della "lezione" ci sono state alcune domande da parte degli studenti curiosi di sapere cosa il dottor Bortolato ne pensasse dell’indulto, del quale però non avevano un’idea molto chiara, quale fosse il ruolo della magistratura nel far sì che la legge sia uguale per tutti, in che modo il Magistrato di Sorveglianza difende il diritto dei condannati a trattamenti umani. Quasi due ore trascorse velocemente, una lezione "diversa" alla quale gli studenti hanno partecipato con interesse e attenzione.

 

Studenti stranieri di un liceo padovano e stranieri detenuti a confronto

 

La redazione di Ristretti Orizzonti ha ospitato, per la seconda volta, il 16 marzo un gruppo "misto" (italiani e stranieri) di studenti del Liceo Marchesi-Fusinato, accompagnati dal loro insegnante, Antonio Bincoletto. Il tema dell’incontro era "Il rapporto tra stranieri dentro e stranieri fuori", e gli studenti hanno sin da subito assunto quella posizione critica che generalmente le comunità straniere hanno nei confronti di chi delinque. Al centro dell’attenzione c’era la domanda, che i ragazzi stranieri avevano rivolto "spietatamente" ai loro connazionali detenuti nel corso del primo incontro: "Non vi vergognate di aver commesso reati", avevano domandato gli studenti, "distruggendo le vostre vite, ma facendo passare l’inferno anche a noi, che dobbiamo subire discriminazioni e intolleranze perché veniamo identificati con chi commette reati?". Una posizione severa ma comprensibile, considerando il clima di tensione sociale che si respira oggi. Ad aprire il dibattito facendosi portavoce di questo sentimento è stata una ragazza marocchina che ha chiamato così in causa i detenuti nordafricani, ampiamente rappresentati nell’incontro, i quali hanno raccontato le loro esperienze di emigrazione, e le difficoltà della vita da clandestini, che li ha poi portati a scegliere la strada più sbagliata, quella dello spaccio.

I detenuti non hanno negato le loro responsabilità, ma hanno invitato gli studenti a riflettere su più livelli, in quanto oltre alla criminalità straniera ci sono anche altre cause delle loro sofferenze, che vanno ricercate nella società in cui vivono, che è comunque poco preparata ad accogliere. "Certo, noi stranieri delinquenti abbiamo contribuito ad accrescere questo clima di intolleranza - ha detto un detenuto albanese - ma i nostri comportamenti hanno solo contribuito a smuovere il mare di incomprensione che agita oggi la società italiana, così impaurita e impreparata di fronte al fenomeno, relativamente recente, dell’immigrazione.

Dopo un acceso dibattito durato due ore, l’incontro si è concluso in una atmosfera cordiale, ma per la prima volta molti detenuti si sono riscoperti uomini pieni di incertezze, e le studentesse non solo hanno preso con coraggio le distanze dall’illegalità, ma hanno anche dato una lezione di intelligenza e di sana curiosità.

Sono proprio gli stranieri cosiddetti di seconda generazione che avvertono il bisogno di riflettere sulla complessa esistenza delle "doppie identità", una riflessione che richiede uno studio e una analisi costante di una realtà per nulla facile. Questo incontro ha mostrato che il carcere potrebbe essere un interessante laboratorio di confronto tra il "dentro" e il "fuori" in grado di promuovere una migliore presa di coscienza su temi complessi come l’inclusione sociale, la valorizzazione delle diverse culture, il confronto fra italiani e stranieri rispettosi della legalità, da una parte, e italiani e stranieri che l’hanno violata e chiedono, però, di avere una seconda possibilità.

 

Lo scrittore Edoardo Albinati ha incontrato i detenuti nella nuova biblioteca del Due Palazzi

 

Invitato dal Centro di Documentazione Due Palazzi, è ritornato nella Casa di Reclusione di Padova lo scrittore romano Edoardo Albinati, ma questa volta per incontrare un gruppo di detenuti e volontari nella nuova biblioteca del carcere dedicata a Tommaso Campanella.

Se la biblioteca è un luogo dove le persone possono toccare con mano i libri, è bello poter dare davvero vita ad un libro facendo seguire alla lettura una discussione collettiva. Per questa ragione il Centro di documentazione Due Palazzi ha pensato di offrire ai detenuti che frequentano la biblioteca l’opportunità di incontrare direttamente l’autore del libro "Maggio Selvaggio", un diario personale in cui Edoardo Albinati, scrittore, autore di molti romanzi e saggi, ma anche professore di lettere a Rebibbia, ha raccontato un anno di insegnamento in carcere.

Come spesso accade, anche per Edoardo Albinati sono state una serie di coincidenze a farlo "finire in galera". "Parlando con un vecchio amico incontrato per caso, ho espresso il desiderio di fare qualcosa in carcere", ha raccontato lo scrittore, che si è trovato quasi subito scaraventato in galera a fare scuola. Era il 1994 e il suo nuovo compito era di insegnare lettere all’Istituto tecnico interno a Rebibbia.

La prima sensazione che lo scrittore romano conserva dell’impatto iniziale con il carcere è di un forte smarrimento, perché non c’è stata per lui alcuna preparazione o spiegazione, e infatti spesso chi insegna in carcere non ci arriva attraverso una formazione particolare, ma in modo molto casuale.

Si sa che il carcere non atrofizza solo il corpo ma anche la testa che si modella a schemi tipici di galera, e questo comporta dei limiti nei detenuti che l’insegnante ha imparato a conoscere sin dal primo giorno. "Il racconto è importante perché dà l’opportunità di rielaborare una storia, un pensiero, un desiderio, ma la regola di omertà che vige in carcere rende difficile convincere i detenuti a raccontarsi". Albinati ricorda come all’inizio del suo lavoro non fosse facile trovare un tema su cui far scrivere i suoi studenti. "Del loro passato non volevano raccontare, delle loro famiglie tanto meno, mentre di galera erano saturi e non volevano proprio sentirne parlare. Alla fine sono riuscito a trovare qualcosa di accettabile" ricorda Albinati, "ho detto di raccontare cosa avrebbero voluto fare". Questa intuizione infatti si è rivelata un prezioso grimaldello che gli ha permesso di smontare le corazze delle persone e piano piano stimolare la loro curiosità per la scrittura.

Ad un certo punto del suo lavoro lo scrittore si è accorto che le conoscenze raccolte durante la sua esperienza lavorativa in carcere potevano essere messe a disposizione del mondo di fuori per informare, per far scoprire una realtà importante. Così ha cominciato a raccogliere storie, emozioni, volti e ricordi di uomini che sorprendono, che affascinano o che spaventano, uomini che popolano le carceri italiane. E ha raccontato la galera, quella enorme macchina che scandisce il ritmo delle vite rinchiuse nella fabbrica della pena. Senza però perdere d’occhio la vita fuori, la città e gli uomini liberi. "Per comprendere cosa sia la vita degli uomini in galera, non c’è che raccontarla in parallelo alla vita dei liberi", ha spiegato Edoardo Albinati, che a distanza di dieci anni dalla pubblicazione del suo libro continua a entrare e uscire dai portoni blindati del carcere di Rebibbia inseguendo il desiderio di infondere nei suoi studenti, attraverso la letteratura, un po’ d’amore per la cultura, con la speranza che questo porti nelle persone anche un po’ d’amore per il prossimo.

 

La Tana delle Fade

 

La Tana delle Fade è il nome di un gruppo di giovani di Curtarolo, Pieve di Curtarolo e S. Maria di Non, nato dall’unione di ex membri del Consiglio Comunale dei Ragazzi e del Centro giovanile Olimpo. L’idea di creare un gruppo del genere è nata nel Comune di Curtarolo, per testare le esigenze dei giovani del territorio e per non disperdere quei ragazzi che avevano terminato il loro "mandato" biennale presso il Consiglio comunale, visto che con l’accesso alle scuole superiori un poca di dispersione c’è. Questo gruppo, al secondo anno di attività, è coordinato da Tatiana Fontolan, educatrice, che ci spiega come la finalità del progetto inizialmente era quella di rimettere insieme i giovani che si erano impegnati sul territorio, per far sì che continuassero il loro impegno. Il Comune si era limitato a dare uno spazio dove il gruppo potesse riunirsi e a pagare la coordinatrice, suscitando comunque un grande entusiasmo tra i ragazzi: di spazi di aggregazione che loro possano usare ce ne sono sempre meno. Pian piano poi Tatiana li ha spinti un po’ più in là per cui lo spazio non era più la priorità, ma un mezzo per conseguire altri obiettivi. Prima l’organizzazione di un torneo di calcetto, poi la partecipazione attiva alla Festa dello Sport che il Comune annualmente organizza fino a, quest’anno, l’organizzazione del cineforum aperto alla cittadinanza dal titolo "Il senso della vita".

Quattro serate patrocinate dal Comune di Curtarolo, alle quali ha partecipato ogni sera un ospite legato alla tematica della serata. Il primo film è stato quello di Muccino con Will Smith, La ricerca della felicità, poi è stata la volta di Into the wild di Sean Penn, quindi è stato proiettato Il cacciatore di aquiloni, e, infine, il film di Spike Lee, La 25a ora. All’ultima serata come ospite era presente l’associazione Granello di Senape, visto il tema del film: l’ultima giornata passata in libertà di un uomo condannato a sette anni di carcere. Tutto il lavoro di preparazione - ci racconta Tatiana Fontolan - la scelta dei film degli ospiti, la soluzione dei problemi tecnici sono stati affrontati dai ragazzi dapprima con un po’ di "timidezza", ma con il passare del tempo in modo sempre più "coraggioso". L’unico grosso limite che questi, come moltissimi tra i giovani di questa generazione, hanno - continua l’educatrice - è il loro porsi in modo piuttosto rinunciatario davanti alle prime difficoltà, e proprio su questo bisogna lavorare.

"Il titolo della rassegna Il senso della vita, è stato scelto per sensibilizzare i ragazzi della nostra età - scrivono quelli della Tana delle Fade - poiché essi tendono a non valorizzare quello che sono come persone, ma, piuttosto, ricercano la felicità nelle cose materiali. Dal momento che i media propongono falsi stereotipi della vita, vogliamo provare a offrire un messaggio alternativo che permetta ai giovani di riflettere sul senso della vita".

 

Notizie da Venezia

 

Adolescenze Difficili

 

Mercoledì 11 marzo il terzo appuntamento al Centro Culturale Candiani di Mestre si è aperto con il benvenuto del presidente delle Opere Riunite Buon Pastore, uno dei partner in questo progetto, che ha descritto le attività dell’associazione, tra le quali vi è una Casa di Accoglienza per ragazzi a cui è stata applicata la Messa alla prova. È stata poi la volta dei saluti di Claudia Milani, dirigente della Provincia di Venezia del settore servizi sociali.

Sara Moretti, laureata in Scienze dell’Educazione all’Università di Siena con una tesi dal titolo "Per superare il giorno. I possibili significati educativi della narrazione nell’esperienza della malattia", ha fatto del racconto autobiografico il suo metodo educativo. Frequentatrice della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari, lavora sia in progetti educativi attraverso la scrittura autobiografica che con l’Educativa di Strada.

Sara Moretti ha scelto il film proiettato, The freedom writers, tratto dal libro The Freedom Writers Diary: How a Teacher and 150 Teens used to Change Themselves and the Word around Them, storia vera di un’insegnante e i suoi alunni di un liceo pubblico di Los Angeles. Una storia molto toccante di ri-emersione da un destino segnato di violenza, gang, galera, morte.

È una storia ambientata nella Los Angeles del ‘92, dopo la rivolta urbana dei neri in seguito all’assoluzione dei poliziotti bianchi che avevano massacrato Rodney King, tassista di colore. L’insegnante, giovanissima e piena di buoni ideali, riesce a coinvolgere i suoi studenti - la maggior parte dei quali normalmente avrebbe frequentato la scuola solo per qualche giorno per poi abbandonare - assegnando loro il compito di scrivere una pagina di diario-confessione delle loro vite difficili. Diario che alla fine è divenuto un libro da cui, appunto, il film, dimostrazione di come il racconto della propria storia dia al "raccontante" un’identità, e di come il racconto della propria vita liberi dall’idea spesso riduttiva che gli adolescenti hanno di se stessi.

Quello su cui ha insistito la Moretti è l’importanza di costruire con gli studenti una relazione educativa basata sulla fiducia e la centralità del ruolo che la scuola deve avere nel distogliere i "predestinati" al loro destino di illegalità.

 

Notizie da Verona

 

In Università a scuola di carcere

 

Nell’ambito della Convenzione stipulata nel luglio scorso tra Casa Circondariale di Montorio, Università e Uepe di Verona, il 19 marzo all’Università di Verona è partito il corso di interfacoltà "Carcere e mondo della pena: un contesto da umanizzare". Gli studenti interessati sono quelli delle Facoltà di Giurisprudenza e di Scienze della Formazione, ai quali il corso intende offrire la possibilità di conoscere più da vicino il mondo dell’esecuzione penale. Spiega Giuseppe Tacconi, docente di Scienze della Formazione referente del corso: "Partiamo con circa una quarantina di iscritti. Nell’ambito di questo corso formativo si andranno poi a definire nel dettaglio le modalità dello sportello interno al carcere". L’accordo prevede infatti l’attivazione di uno sportello informativo di carattere sia psico-pedagogico che giuridico nell’area trattamentale interna alla casa circondariale, nel quale gli studenti possano svolgere attività di stage e/o tirocinio, adeguatamente accompagnati da docenti e altri operatori. Un modo per avvicinare gli studenti a una realtà con cui, in un futuro lavorativo, potrebbero doversi relazionare. E allo stesso tempo un’opportunità per i detenuti, cui verrà offerta la possibilità di trovare risposte adeguate alle loro problematiche di tutti i giorni. Il programma del corso è pubblicato anche nel sito della Fraternità: www.lafraternita.it

 

Detenuti e studenti scendono in campo

 

"Il carcere dovrebbe essere visto sempre di più come un momento rieducativo, e non solo punitivo. Un luogo di riscatto su cui bisognerebbe investire per la sicurezza, invece di spendere soldi in telecamere e ronde". Intervenuto alla conferenza stampa di presentazione della ventunesima edizione di "Carcere e Scuola", l’assessore regionale alle politiche sociali Stefano Valdegamberi sostiene in pieno l’iniziativa che, portando dentro giovani studenti "offre loro l’opportunità di scoprire che non esiste nessun mostro cattivo, ma che siamo tutti potenziali carcerati".

A offrire questa opportunità, ormai da oltre vent’anni, è l’associazione Progetto Carcere 663, che quest’anno, tra marzo e giugno, farà entrare a Montorio 1.485 persone tra studenti e insegnanti di 58 istituti superiori di Verona e provincia. Spiega il presidente dell’associazione, Maurizio Ruzzenenti: "Quest’anno ospiteremo anche le studentesse di Bassano del Grappa, vista l’impossibilità di effettuare incontri femminili nel carcere di Vicenza". Dopo i corsi di educazione alla legalità che si sono già svolti in alcuni istituti veronesi, le modalità di incontro tra detenuti e studenti prevedono incontri di calcio nella sezione maschile e di pallavolo in quella femminile. Incontri sportivi quindi che, spiega ancora Ruzzenenti: "magari non sono direttamente mirati alla rieducazione del detenuto, ma creano un movimento utile anche a stemperare le tensioni interne, soprattutto in periodi di forte sovraffollamento come questo". In un momento in cui, per altro, la palestra interna è chiusa ormai da dicembre per la mancanza di fondi necessari alla sua ristrutturazione.

Al momento a Montorio sono rinchiusi 820 detenuti al maschile e una cinquantina di donne al femminile, con un via vai di entrate e uscite che nel 2008 ha registrato tra le 2 e le 3 mila presenze. Spiega il comandante della struttura, Paolo Presti: "Attività di questo tipo sono ben viste anche dagli agenti penitenziari, per il contributo che danno al mantenimento dell’ordine e della sicurezza interna". Del resto, conclude Ruzzenenti: "Oltre ai detenuti, anche chi lavora in carcere rischia di essere invisibile. Con il nostro progetto offriamo anche a loro la possibilità di presentarsi con la propria professionalità".

 

Nonlavorarestanca: in distribuzione il terzo numero

 

È in distribuzione in diversi punti della città il terzo numero di "Nonlavorarestanca", il foglio informativo pensato per sensibilizzare aziende, cooperative ed enti pubblici sull’inserimento lavorativo di detenuti ed ex detenuti. Il giornale - che esce come supplemento del periodico "Ristretti Orizzonti", realizzato all’interno della Casa di Reclusione di Padova - nasce da un lavoro in rete tra le città di Padova, Venezia, Rovigo e Verona, all’interno del progetto "Il carcere dentro le città".

In questo numero sono raccolte interviste, riflessioni e approfondimenti dedicati al ruolo degli enti pubblici nell’inserimento delle persone che escono dal carcere, oltre che all’importanza della legge Gozzini. A Verona sono stati intervistati Emiliano Galati, presidente provinciale dell’Associazione Lavoratori Atipici Interinali della Cisl, che ha messo in luce l’importanza di un carcere come luogo in cui acquisire competenze specifiche, attraverso esperienze lavorative continue o corsi di formazione immediatamente precedenti al momento della scarcerazione. Il che, secondo Galati, potrebbe essere realizzabile coinvolgendo il fondo nazionale per il lavoro temporaneo delle agenzie interinali.

Giovanni Barin, vicepresidente della cooperativa "Comunità dei giovani" si è invece soffermato sull’importanza del ruolo degli enti pubblici nel facilitare il funzionamento del mercato del lavoro. La cooperativa è attualmente impegnata in "Percorsi per la persona", un progetto della Provincia che mira al reinserimento lavorativo di detenuti ed ex detenuti. Durante l’incontro con l’assessore provinciale alla Formazione professionale e al Lavoro, Virgilio Zampieri, e con la dottoressa Lina Negrini, responsabile di "Percorsi per la persona", è emersa l’importanza di un lavoro in rete tra enti locali e cooperative o aziende per l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Come è avvenuto per Emanuela, ex detenuta che, dopo nove anni di carcere, ha ripreso a sperare in una vita serena grazie al progetto.

Copie del giornale sono disponibili nelle sedi dei sindacati Cisl, Uil, Ugl, Acli, in quelle di Ser.T. e Ulss, all’Informagiovani, al Centro per l’impiego della Provincia e nella sede dell’associazione La Fraternità.

 

Sugli autobus e per le vie del centro, "Nella mia città nessuno è straniero"

 

Una città pronta ad accogliere volti e culture diverse, in cui nessuno si deve sentire straniero. Il messaggio era già stato lanciato nei mesi passati da un cartello di oltre 40 associazioni veronesi che si è dato il nome "Nella mia città nessuno è straniero" e, dall’inizio di marzo e per sei mesi, lo si trova affisso a grandi lettere su 14 autobus scaligeri.

Frutto di un lavoro di squadra tra associazioni e alcuni creativi veronesi di Happycentro, il manifesto è stato realizzato con lettere in legno a grandezza umana ricoperte di stoffe e abiti scartati dalla raccolta indumenti della San Vincenzo, accanto a cui sono state fotografate persone di tutti i colori e di tutte le età. Marzo è il mese di una serie di altre attività, organizzate dal cartello per - spiegano gli organizzatori - "far entrare in modo capillare nel tessuto linguistico e nell’immaginario cittadino parole e simboli di rispetto e accoglienza, in una città in cui chi arriva da un altro paese non sempre viene percepito in maniera positiva".

Tra le iniziative, fino a fine mese, sarà allestita all’Istituto Don Calabria la mostra didattica interculturale "Gli altri siamo noi" destinata alle scolaresche di Verona e provincia, perché possano sperimentare i loro stereotipi e pregiudizi in maniera guidata e divertente. Il 21 marzo è stato dedicato alle premiazioni degli studenti degli istituti superiori che hanno partecipato al concorso proposto dal cartello, per sviluppare la tematica del progetto attraverso tre diverse strade: un "piatto interculturale", un "manifesto" e uno "spot audiovisivo".

Una data non casuale, che corrisponde alla Giornata mondiale per l’eliminazione della discriminazione razziale. In quello stesso giorno circa 200 persone si sono radunate in piazza Brà per poi disperdersi nelle vie del centro a diffondere un solo e chiaro messaggio: "Nella mia città nessuno è straniero".

 

Raccolta di firme a difesa della dignità di ciascuno

 

Mentre Don Francesco Cipriani ha scelto di depositare un esposto in Procura per far luce sull’operazione di schedatura avvenuta nel campo nomadi di Strada La Rizza lo scorso 5 marzo, oltre 400 cittadini hanno sottoscritto una lettera aperta per esprimere alle autorità civili e religiose e alla stampa una forte preoccupazione su quanto accaduto "ai danni di famiglie residenti in Verona da decenni, concittadini italiani che si riconoscono come appartenenti alla minoranza etnico-linguistica Rom".

Don Cipriani e Elisabetta Adami, che da anni risiedono al campo, dopo aver consegnato la carta d’identità, si sono rifiutati di essere fotografati di fronte e di profilo con in mano un cartello con indicato nome e cognome. Per questo sono stati portati in Questura e fotosegnalati.

Nell’esposto Don Cipriani e altri cittadini residenti in Strada La Rizza chiedono all’autorità giudiziaria "di valutare se l’intera operazione si connoti - per le modalità con le quali è stata condotta e per aver coinvolto una intera categoria di persone (anche minori di età) cittadine e cittadini italiani individuate esclusivamente in base all’appartenenza ad una minoranza etnica - per essere discriminatoria per motivi di appartenenza etnica, razziale, religiosa e lesiva, quindi, del principio della pari dignità sociale". Nella lettera i cittadini definiscono quanto accaduto "un brutto episodio di discriminazione razziale".

"Dove non c’è democrazia e dove non c’è pace per i Sinti, i Rom, gli "zingari" - scrivono - non ci sarà pace e democrazia neppure per tutti gli altri, perché tutti siamo parte di questa città: ci attiviamo dunque per noi stessi, per la nostra comunità civile, per i nostri figli, perché la città e la società in cui con responsabilità ed onesta consapevolezza vogliamo vivere nasca dal rispetto del diritto e della vita di ognuno".

Del resto, scrivono ancora: "Cosa accadrebbe se domani in un qualsiasi condominio di Borgo Roma, Borgo Trento o Borgo Venezia arrivassero funzionari di Polizia in divisa, svegliando all’alba tutti i membri delle nostre famiglie, per fotografarci di fronte e di profilo, con un cartello identificativo in mano, dicendoci che si tratta di un’operazione di controllo? come reagiremmo? Certamente lo riterremmo intollerabile e gravemente lesivo della nostra dignità".

 

Appuntamenti

 

Regione Veneto: concorso "Uno scatto nel sociale"

 

 La Regione Veneto, l’Osservatorio Regionale Devianze Carcere e Marginalità Sociali, in collaborazione con R.C.E. Foto e il Gruppo Fotografico Antenore hanno promosso il concorso di arte visiva e scrittura: "Uno scatto nel sociale" rivolto agli studenti delle scuole medie superiori della regione sul tema della povertà economica, sociale e relazionale. La finalità è di stimolare i giovani alla riflessione rispetto a questa tematica. I ragazzi possono così offrire il loro modo di entrare in contatto con le persone che vivono situazioni di vulnerabilità e marginalità sociali.

Info: www.unoscattonelsociale.it. Scade il 31.03.2009

 

Padova: seminario su azioni antibullismo nelle scuole

 

Sala dei Giganti - Palazzo Liviano - P.zza Capitaniato, 7. Venerdì 3 aprile ore 9.00. L’Ufficio Scolastico Provinciale di Padova, in collaborazione con la Giuseppe Olivotti s.c.s., organizza un seminario rivolto a Dirigenti scolastici, Docenti che operano nei C.I.C. e negli sportelli di spazio-ascolto, Docenti referenti per le azioni antibullismo, Studenti rappresentanti d’Istituto, Operatori della comunità scolastica.

Saranno presenti: M. Lepri Gallerano, Prefetto di Padova; L. Savina, Questore di Padova; F. Venturella, Dirigente Ufficio Scolastico Provinciale di Padova; C. Sinigaglia, Assessore Servizi Sociali Padova, Andrea Vendramin, Direttore Dipartimento Tossicodipendenze Ulss 16 di Padova.

Interverranno inoltre Riccardo Gatti, direttore Dipartimento Dipendenza ASL Milano, Tina Ciccarelli dell’Agenzia Territoriale per le tossicodipendenze. L’adesione al seminario è gratuita, ma per motivi organizzativi è necessario iscriversi, inviando un fax allo 041 421007 o una e-mail a orientamento@olivotti.org, entro il 28.03.09. Si accoglieranno 150 iscrizioni.

 

Mestre (Ve): Adolescenza e autobiografia

 

AdolescenzeDifficili. Mestre (Ve): Centro Culturale Candiani - Mestre. Dal 28.01.2009 al 23.04.2009 dalle ore 9 alle 14.

Storie, biografie, autobiografie incontri di riflessione e confronto per operatori sociali. Iniziativa con il patrocinio della Regione del Veneto e Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari e con il contributo della Fondazione Lions Clubs, Distretto 108 TA3. Giovedì 23 aprile "Adolescenza e autobiografia" con proiezione del film African spelling book di Angelo Loy.

Direttore: Ornella Favero

Redazione: Chiara Bazzanella, Francesca Carbone, Livio Ferrari, Vera Mantengoli, Paola Marchetti, Maurizio Mazzi, Francesco Morelli, Riccardo Munari, Franco Pavan, Paolo Pasimeni, Jaouhar Redouane, Daniele Zanella.

Iniziativa realizzata nell'ambito del Progetto "Il Carcere dentro le Città", realizzato grazie al contributo del "Comitato di Gestione del Fondo speciale per il Volontariato del Veneto"

 

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