Osservatorio Parlamentare

 

Interrogazioni al Ministro della Giustizia (Senato della Repubblica)

 

On. Peruzzotti - 23.09.2004 (Violenze nel Cpt di Bologna)

On. Pastore - 22.09.2004 (Suicidio di Camillo Valentini a Sulmona)

On. Boco - 21.09.2004 – (Situazione igienica nel carcere di Pescara)

On Boco - 21.09.2004 – (Restrizioni particolari nel carcere di Trapani)

PERUZZOTTI - 23.09.2004 - Ai Ministri dell’interno e della giustizia - Premesso che:

lo scorso 2 marzo 2003 il Centro di Permanenza Temporanea (C.P.T.) di Bologna è stato teatro di una grave rivolta di alcuni ospiti, consumatasi con un’escalation di violenza tale da portare la questura di Bologna ad impiegare le squadre dell’Ufficio Volanti per tutelare gli ospiti innocui del C.P.T., nonché per tutelare i beni pubblici, oggetto di consistenti atti di danneggiamento;

nel corso dei fatti due operatori di Polizia dell’Ufficio Volanti rimanevano feriti con diagnosi di lesioni da corpi contundenti e da taglio;

alcuni giorni dopo l’episodio citato alcuni cittadini extracomunitari ospiti dello stesso C.P.T. hanno sporto querela per presunte violenze subite nel corso dell’evento;

tale atto ha avuto come risultato lo spicco di ben 13 avvisi di garanzia a 13 Operatori, tra Poliziotti, Carabinieri e personale della Croce Rossa, per presunte lesioni nei confronti di alcuni ospiti del menzionato Centro di Permanenza Temporanea implicati nella rivolta;

considerato che in data 2 settembre 2004 si è giunti all’avviso di fine indagini per il procedimento in menzione, con le seguenti conclusioni: per alcuni degli indagati si è giunti al decreto di archiviazione, per altri si rimane in attesa di possibile rinvio a giudizio e infine alcuni extracomunitari, tra i quali i querelanti per le presunte lesioni, sono stati formalmente accusati di danneggiamento e lancio di oggetti pericolosi in concorso (artt. 635, 674, 110 del codice penale);

visto che:

la comunicazione della notizia di reato all’autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 347 del codice di procedura penale per il fatto in menzione è stata compiuta in data 5 marzo 2003 con prot. nr. Antic/A.11/2003 a firma del Funzionario della Polizia di Stato Dirigente il Commissariato di Polizia Bolognina-Pontevecchio, competente per territorio;

in detta comunicazione si segnalano i reati di cui agli artt. 635, 674, 110 del codice penale (danneggiamento e lancio di oggetti pericolosi in concorso) ma non il reato di resistenza a Pubblico Ufficiale, pur esistendo agli atti del Commissariato in menzione certificati medici comprovanti le lesioni subite da due operatori di Polizia e la relazione di servizio di uno dei poliziotti feriti, nella quale l’azione di resistenza e di violenza a Pubblico Ufficiale veniva chiaramente descritta;

che è stata presentata alla Camera dei deputati l’11 giugno 2003 l’interpellanza n. 2-00797, nella quale viene richiesta ragione delle dichiarazioni rilasciate illo tempore alla stampa dal procuratore della Repubblica di Bologna, secondo il quale gli agenti di polizia intervenuti non avrebbero denunciato gli atti di violenza perpetrati da alcuni extracomunitari nel corso della rivolta al Centro di Permanenza Temporanea,

l’interpellante chiede di sapere:

se, relativamente a quanto successo il 2 marzo 2003, i Ministri in indirizzo non intendano verificare:

eventuali responsabilità della questura di Bologna, riconducibili a presunte omissioni e gravi negligenze nello svolgimento delle attività di segnalazione dei reati all’autorità giudiziaria;

eventuali negligenze ed omissioni da parte del magistrato, e ciò al fine di eventualmente attivare, ai sensi dell’art.14 della legge n. 195 del 1958, il procedimento disciplinare nei confronti del magistrato di turno nella valutazione della notizia di reato a lui pervenuta per i fatti in menzione, tali da indurlo a non riferire al procuratore capo, malgrado la loro entità e natura;

se, ove confermato, a causa di tali omissioni e negligenze il procuratore della Repubblica di Bologna sia stato indotto ad una incompleta valutazione della gravità del fatto, essendo stato portato a considerare l’atto a lui indirizzato come concernente un reato di relativa gravità quale "il danneggiamento e lancio di oggetti pericolosi" e non quello di gravità ben maggiore quale la "resistenza a pubblico ufficiale" e quindi tale da rientrare nei parametri dallo stesso procuratore capo sopra espressi relativi alle modalità di assegnazione automatica al magistrato di turno o di avocazione del caso al procuratore stesso;

se risponda a verità la notizia di missiva del procuratore della Repubblica di Bologna al procuratore generale presso quella Corte di Appello relativa a direttive generali impartite dallo stesso, in forza delle quali "le denunce pervenute per posta ordinaria in Procura (.....) sono immediatamente iscritte ed assegnate automaticamente al magistrato di turno, il quale è tenuto a controllare che non si tratti di notizia di reato da sottoporre all’attenzione del capo dell’Ufficio", ed inoltre "che il Sig. Dirigente della D.I.G.O.S. presso la questura di Bologna mi segnali direttamente e al più presto ogni notizia che sia o possa diventare rilevante sotto il profilo ordinamentale, istituzionale, sociale e latu senso politico o che, comunque, riguardi o possa mettere in discussione il comportamento del personale in operazioni di polizia", ed infine: "il Commissario di Bolognina - Pontevecchio nel riferire (...) denunciava n.5 cittadini extracomunitari per i reati di lancio pericoloso di oggetti e danneggiamento in concorso senza dare agli episodi occorsi alcun particolare rilievo (...) e nessuna segnalazione scritta o orale veniva fatta alla dirigenza dell’ufficio o ai magistrati di turno esterno e turno interno";

se in conseguenza di ciò non si ritenga che si sia venuta a creare una grave lacuna nella completezza dell’indagine relativa ai fatti del 2 marzo 2003;

se sia stato violato il legittimo diritto degli operatori di Polizia rimasti feriti ad essere riconosciuti quale parte lesa di un reato consumato;

se sia stato leso il legittimo diritto dei cittadini a che il corso della giustizia si compia attraverso un aspetto fondamentale di uno Stato di diritto, ribadito dalla Costituzione e condiviso dalla migliore pubblicistica contemporanea, e precisamente quello della obbligatorietà dell’azione penale.

 

PASTORE - 22.09.2004 - Al Ministro della giustizia - Premesso che:

il 16 agosto 2004 Camillo Valentini, sindaco di Roccaraso, dopo essere stato arrestato due giorni prima, è stato rinvenuto cadavere nella sua cella del carcere di Sulmona (L’Aquila);

l’autopsia, eseguita due giorni dopo, ha stabilito che Valentini era morto per soffocamento, provocato da un sacchetto di plastica legato intorno al collo con i lacci delle sue scarpe;

sulle modalità attraverso le quali si è consumato questo drammatico avvenimento, di cui si è ampiamente occupata la stampa nazionale, fu disposta dal Ministro in indirizzo, con apprezzata immediatezza e tempestività, un’inchiesta per stabilire se da parte della direzione e del personale del carcere di Sulmona fossero state rispettate tutte le norme procedurali stabilite per la circostanza specifica;

nei tre anni precedenti, in quella casa circondariale, si erano già verificati, tra i detenuti, episodi con analoghe modalità ed identici, tragici esiti e, addirittura, il suicidio della direttrice dell’istituto di pena;

nei giorni della tragedia fu, inoltre, presentata al Consiglio Superiore della Magistratura, da parte di alcuni suoi membri "laici", una richiesta tendente a valutare "comportamenti e condotte" del pubblico ministero che ha avanzato l’istanza e del giudice per le indagini preliminari che ha convalidato la richiesta di arresto di Valentini;

singolari appaiono le circostanze che hanno portato almeno cinque pubblici ministeri ad occuparsi dell’inchiesta e/o ad abbandonarla immediatamente: il Capo della Procura di Sulmona, dott. Melogli, indagato per presunti rapporti con Valentini, oggetto di altro procedimento; il Sostituto, dottoressa Scarsella, per lo stretto legame che legava il marito al sindaco Valentini; il Sostituto, dottoressa Leacche, che firma la richiesta di arresto e tre giorni dopo parte per gli Stati Uniti per un anno sabbatico; il Sostituto, dott. Campochiaro, che ne eredita il fascicolo per ventiquattro ore, poiché parte per le ferie il giorno dopo; infine il Sostituto, dottoressa Ciccarelli, inviata dalla Procura Generale dell’Aquila, per evidente esaurimento dei Sostituti Procuratori disponibili a Sulmona;

altrettanto singolare appare il fatto che il giudice per le indagini preliminari dott. D’Orazio abbia esaminato solo il 12 agosto la richiesta di custodia cautelare avanzata il 17 luglio dal pubblico ministero dott.ssa Leacche (cioè circa un mese prima), ma che abbia deciso in 24 ore di autorizzare l’arresto del sindaco Valentini, eseguito, peraltro, con irreprensibile sollecitudine, alle due di mattina della vigilia di ferragosto, mentre rientrava nella sua casa di Francavilla al Mare (Chieti), insieme alle due figlie,

si chiede di conoscere:

se i risultati dell’inchiesta svolta all’interno del carcere di Sulmona abbiano accertato che tutte le procedure previste dalla normativa in vigore siano state rispettate e se, comunque, non sia opportuno immaginare una regolamentazione che tenga conto delle oggettive, traumatiche condizioni morali e psicologiche che un detenuto, senza precedenti penali ed arrestato per la prima volta, vive entrando in un carcere;

se corrisponda al vero il fatto che il povero Valentini né all’atto del suo ingresso nell’Istituto di pena né dopo abbia mai avuto il previsto colloquio con lo psicologo del carcere;

da parte di chi ed in base a quali elementi, quindi, sia stata assunta la decisione di lasciare al detenuto oggetti potenzialmente pericolosi, quali la busta di plastica e le stringhe delle scarpe, senza alcun accertamento delle sue condizioni psicologiche;

se siano state accertate le responsabilità su come possa essere accaduto che quel detenuto, già di per sé certamente atipico, rinchiuso in una cella d’isolamento di un carcere di massima sicurezza, sia riuscito ad eludere la sorveglianza che avrebbe dovuto essere predisposta, e suicidarsi;

se siano state accertate eventuali responsabilità personali, gestionali e/o di organizzazione interna al carcere di Sulmona, in relazione al ripetersi di episodi tragicamente analoghi in quell’Istituto di pena;

se, inoltre, corrisponda al vero il fatto che nessun colloquio con il magistrato sia stato disposto prima e, soprattutto, dopo l’arresto, nonostante le reiterate istanze avanzate in tal senso dalla difesa del sindaco Valentini;

se, comunque, non si ritenga che sussistessero gli elementi previsti per la concessione delle misure cautelari, stante il tempo trascorso dalla richiesta di esse e la loro così solerte applicazione, in considerazione del fatto che già da tempo il sindaco Valentini si era auto sospeso dalle proprie funzioni;

se, quindi, alla luce di tutte le circostanze esposte, risultino senza fondamento i dubbi avanzati da più parti circa il fatto che l’applicazione delle misure cautelari e, soprattutto, le modalità dell’esecuzione dell’arresto, nonché il ripetuto diniego ad un colloquio chiarificatore con il magistrato, non ipotizzino un uso quanto meno superficiale della privazione della libertà personale.

 

BOCO - 21.09.2004 - Al Ministro della giustizia - Premesso:

che risulta allo scrivente che nella sezione M.S. della casa circondariale di Pescara le condizioni igieniche siano pessime;

che, in particolare, ogni volta che piove l’acqua entra nell’intera sezione;

che risulta allo scrivente che le celle, concepite per una persona e in genere occupate da due, versino in situazione di estremo degrado;

che più volte le condizioni della suddetta sezione della casa circondariale di Pescara sono state denunciate;

che esiste una nuova sezione da poco costruita e inutilizzata,

si chiede di sapere:

se siano in programma lavori di ristrutturazione e risanamento per la sezione M.S. della casa circondariale di Pescara;

perché la nuova sezione costruita sia ancora inutilizzata e a quale ricezione sia destinata.

 

BOCO - 21.09.2004 - Al Ministro della giustizia - Premesso:

che risulta allo scrivente che le detenute della casa circondariale di Trapani subiscano delle restrizioni non comuni ad altri istituti di pena;

che per esempio, a quanto consta all’interrogante, non è consentito alle detenute avere un lettore CD, una macchina da scrivere o un computer;

che le perquisizioni nelle camere sono continue,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo intenda verificare quanto descritto in premessa e accertarne le motivazioni;

come si intenda intervenire per evitare che restrizioni eccessive ledano la dignità umana delle detenute della casa circondariale di Trapani.

 

 

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