L'opinione dei detenuti

 

Oltre l’amnistia il nulla

Come si può compiere giustizia se si caccia la gente in carceri

che sono nella gran parte fuori dalla legalità?

 

Stefano Bentivogli – Redazione di Ristretti Orizzonti

 

Il provvedimento di legge in merito ad un atto di clemenza è in discussione oggi,, 11 gennaio, alla Camera dei Deputati. Le posizioni degli schieramenti sono le stesse, non ci sono nuove spinte nonostante la marcia promossa dai Radicali il giorno di Natale, alla quale hanno partecipato ed aderito molte personalità dei diversi schieramenti politici.

Dentro le carceri c’è pessimismo, ma nonostante tutto la speranza resta, anche se flebile, irrazionale perché cozza contro la realtà dei numeri insufficienti al varo del provvedimento. E i numeri oggi necessari sono praticamente irraggiungibili a meno che non si creda nei miracoli, perché la Lega ed Alleanza Nazionale sono contrari, perché c’è chi è favorevole solo all’amnistia, chi solo all’indulto, chi a tutti e due, perché tra poche settimane le Camere verranno sciolte. Poi è almeno da sei anni che in qualche modo si parla della volontà o della necessità di concedere qualcosa che sia un atto di clemenza o un modo per diminuire il sovraffollamento in carcere e l’intasamento di procedimenti giudiziari nei tribunali, ma non se ne fa nulla o quasi. Su una cosa ormai sono però tutti concordi, compreso il ministro Castelli: che la situazione è da emergenza.

Sono talmente tanti anni che è "da emergenza", che, dicono in tanti, sembra impossibile non sia ancora successo niente, ma in realtà succede di tutto, tutti i giorni, un po’ ovunque in tutta Italia. Quello che succede in carcere è però sempre coperto da un alone di "normalità" anche quando normale non lo è assolutamente, anzi è incivile ed illegale, eppure non preoccupa, non indigna, non allarma come succederebbe se qualcosa di simile avvenisse fuori, tra la gente libera.

Il carcere attenua, ammorbidisce, motiva, giustifica, rende normale l’incredibile.

Ed è incredibile, se non si conosce bene come è cambiato il carcere in questi ultimi venti anni, che non siano ancora scoppiate rivolte, come quelle degli anni ’70, dove le cose si ottenevano con la violenza, sequestrando gli agenti, occupando le carceri e facendo comunque scorrere sangue senza tanti problemi.

Ciò che finora ha garantito un minimo di quiete è stata l’introduzione di un sistema premiale che veramente offriva, tra misure alternative e sconti di pena, una concreta convenienza nel provare a stare nelle regole.

Oggi siamo alla distruzione di tutto questo, il sistema premiale è stato ristretto, le misure alternative sono in gran parte un binario alternativo alla detenzione destinato maggiormente a chi carcere non ne ha mai visto l’ombra, almeno questo dicono i dati del Dipartimento dell’ Amministrazione Penitenziaria. E questo è il segnale che, una volta entrati in carcere, difficilmente si percorrere davvero un cammino dove al proprio impegno viene a corrispondere l’offerta di una qualità dell’esecuzione della pena diversa.

Cosa c’entra tutto questo con l’atto di clemenza che non arriva e che in troppo pochi sono seriamente impegnati a fare in modo che si possa concretizzare? Semplicemente che questo atteggiamento di molti politici rispetto al problema delle carceri e dell’amnistia è l’ennesimo passo indietro che dietro le sbarre inizia ad essere intuito come irreversibile.

A leggere poi con attenzione le notizie dei giornali locali si scopre che l’agitazione nelle carceri aumenta di giorno in giorno, e che le proteste non sono più per chiedere clemenza, ma sono contro la legge ex-Cirielli (inasprimento delle pene e difficoltà ad accedere ai benefici penitenziari per i recidivi) che nelle aule dei Tribunali di Sorveglianza comincia a mietere vittime, sono su situazioni specifiche di sovraffollamento e di disagio sulle quali non sembra si intenda più passare sopra, sopportando magari l’inaccettabile per cercare di non compromettere l’accesso già difficile ai permessi premio e alle misure alternative. Aggiungiamo anche l’aumento degli ingressi in carcere di stranieri per violazione della Bossi-Fini, e quindi di altre persone che di premi e benefici ne avevano pochi già prima, e si capirà fino in fondo che in carcere la disperazione e l’assenza di prospettive sono realtà ormai sempre più dominanti.

Il ministro della Giustizia ormai ha poco da dire che i detenuti si agitano a seguito del naufragio delle aspettative sull’indulto, c’è anche quello certamente, ma la realtà è che si sta continuando a colpire gente con poche speranze, riducendoli ad essere sempre più persone che non hanno ormai niente da perdere.

 

Come si può chiedere al detenuto il reingresso in un sistema di regole, imprigionandolo in uno dei luoghi che ha fatto del rispetto delle regole un optional?

 

Parlavo con dei vecchi detenuti qualche mese fa proprio della differenza di essere detenuto in questi anni o prima dell’introduzione del sistema premiale con la legge Gozzini: altro che rieducazione, altro che trattamento. Non solo rivolte violente ed un rapporto conflittuale senza alcuna possibilità di mediazione, ma anche un rapporto tra i detenuti fatto pure questo di violenze, di ritorno alla legge del più forte (criminalmente parlando), delle gerarchie, dei clan, della sopraffazione.

Tutto ciò rischia di ritornare oggi in uno scenario dove questa volta i protagonisti sono la "detenzione sociale", i rappresentanti di tutto ciò che questa società scarta e marginalizza, ma anche gli agenti di Polizia Penitenziaria che sono ormai in agitazione continua, e il resto degli operatori che sembrano affetti da depressione acuta per le condizioni in cui si trovano a lavorare.

Ormai l’atto di clemenza, nonostante resti una speranza dura a morire, sta rischiando di diventare solo una delle tante cause che potrebbero provocare veramente un aggravarsi delle tensioni. Questa legislatura ha materialmente dimenticato che il sistema penale è tra i pilastri della coerenza e del senso di giustizia di un paese. Come si può compiere giustizia se si caccia la gente in carceri che sono nella gran parte illegali? Come si può chiedere al detenuto il reingresso in un sistema di regole imprigionandolo in uno dei luoghi che ha fatto del rispetto delle regole un optional? Come si può pretendere che chi compie un reato sconti una pena con senso di responsabilità quando una situazione che riguarda, direttamente o indirettamente, centinaia di migliaia di persone viene continuamente dimenticata e lasciata progressivamente al degrado? Come si può pretendere che la tensione, di giorno in giorno più alta, a fronte di promesse che sono continue prese in giro nonostante l’emergenza cronica, non rischi prima o poi di esplodere in situazioni irrecuperabili? Intanto chi dice di voler fare qualcosa non riesce ad essere credibile e si perde in discussioni di precedenza tra l’uovo e la gallina, gli altri invece si danno un gran da fare a colpi di leggi, praticamente blindate, che rischiano di farci tornare alla preistoria della civiltà.

In realtà delle proposte pronte da sostenere e su cui impegnarsi seriamente ci sono, senza continuare a tirare fuori amnistie dal cilindro del prestigiatore, e chi alla questione carcere sta dedicando impegno da anni le conosce: occorre iniziare a chiamarle insieme con lo stesso nome.

Promemoria su giustizia e carcere: le principali questioni sulle quali la "Federazione dell’informazione dal carcere e sul carcere" vorrebbe essere ascoltata dalle forze politiche:

L’abrogazione della ex Cirielli

La riforma del Codice penale: esistono numerose bozze che prevedono l’abbassamento delle pene con un adeguamento a quelle in vigore negli altri Stati europei, nonché modalità di espiazione delle condanne alternative al carcere. La riforma del Codice penale è l’unica strada per affrontare organicamente i temi delle Giustizia, semplificando l’impianto legislativo, ormai inefficace e gonfiato da continue riforme parziali, dettate dagli interessi del momento (e non dimentichiamo che entro la fine della legislatura potrebbe anche essere approvato lo stralcio del DDL Fini-Mantovano sulle droghe)

La riforma dell’Ordinamento penitenziario: una bozza è già stata elaborata dai magistrati Alessandro Margara e Francesco Maisto. E quantomeno andrebbe incentivata l’applicazione del Regolamento penitenziario entrato in vigore nel 2000.

La Proposta Boato di modifica dell’art.79 della Costituzione (Quorum necessario ad approvare un provvedimento di amnistia e di indulto)

L’approvazione di norme che tutelino l’affettività e la sessualità dei detenuti: una proposta di legge in tal senso è stata elaborata nella Casa di reclusione di Padova in occasione della Giornata di studi "Carcere: Salviamo gli affetti". Dopo essere stata sottoscritta da 64 parlamentari, giace dimenticata in Parlamento.

La modifica della legge sulle detenute madri: è già stata presentata una proposta di modifica della legge cosiddetta Finocchiaro, elaborata dalle Associazioni di volontariato che si occupano della condizione delle madri detenute e dei bambini in carcere

La riforma dell’articolo 4bis dell’Ordinamento penitenziario: non hanno più ragione di esistere le norme restrittive approvate in un circoscritto periodo storico di "emergenza mafiosa"; norme che hanno finito per "colpire nel mucchio" piuttosto che essere applicate alle specifiche categorie di detenuti per i quali erano state create

L’approvazione della legge sul Garante delle persone private della libertà personale

La riforma della sanità penitenziaria: Il passaggio della sanità penitenziaria al Servizio Sanitario Nazionale non è mai stato portato a termine, per cui la sanità in carcere versa in una situazione di caos, ulteriormente peggiorata dai tagli apportati dalle finanziarie agli stanziamenti per la salute in carcere

La riforma (non quella di Fini: altrimenti è meglio lasciare tutto com’è…) del Testo unico sugli stupefacenti: serve una legge che miri a una depenalizzazione completa del consumo e a costruire reali alternative al carcere per i tossicodipendenti

L’estensione della concessione delle misure alternative e il potenziamento delle aree trattamentali: i benefici penitenziari vengono concessi poco e manca anche il personale per far funzionare davvero le aree trattamentali, per cui è fondamentale l’assunzione di un adeguato numero di educatori, assistenti sociali e psicologi, figure professionali attualmente presenti in numero molto inferiore agli organici previsti

L’elaborazione di misure atte a migliorare la condizione dei detenuti stranieri in carcere: i detenuti stranieri hanno difficoltà "aggiuntive", che vanno dalla lentezza con cui spesso ricevono l’autorizzazione alle telefonate, alla quasi impossibilità di incontrare a colloquio i loro cari, se risiedono nel paese di origine, alle barriere pressoché insormontabili che trovano nell’accesso alle misure alternative

L’abolizione dell’ergastolo: Nel nostro paese l’ergastolo finisce per significare che ci sono persone delle quali non si sa cosa fare, ma sarebbe troppo brutto ed antiestetico ucciderle, e si preferisce allora lasciargli una vita chiusa in una gabbia, una vita che chi l’ha provata difficilmente riesce a definire tale. L’ergastolo va abolito in quanto simbolo di una pena del tutto afflittiva, che ha solo il senso del "non ti uccido, ma ti dimentico"

L’abolizione dell’articolo 41bis

L’approvazione di una Carta dei diritti del detenuto

 

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