Assistenti Sociali su ddl Meduri

 

Ordine Nazionale Assistenti Sociali

Lettera aperta ai Capigruppo in Parlamento

 

Roma, 8 marzo 2005

 

Ai Presidenti dei Gruppi Parlamentari

Palazzo Montecitorio

00186 - Roma

 

Oggetto: Proposta di legge Camera dei Deputati n° 5141 "Delega al Governo per la disciplina dell’ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria".

 

È prossimo il passaggio in aula della proposta di legge in oggetto, sulla quale l’Ordine degli Assistenti Sociali ed altri soggetti di carattere professionale e sindacale hanno a suo tempo richiamato l’attenzione degli onorevoli parlamentari (segnatamente nell’audizione del 25 novembre 2004, avanti alla Commissione Affari Costituzionali).

Tale proposta suscita infatti una viva preoccupazione nel punto (art. 3) in cui prevede la modifica radicale (ma sarebbe meglio dire: lo stravolgimento) dell’art.72 dell’Ordinamento penitenziario, con il quale sono stati a suo tempo costituiti i Centri di Servizio Sociale per Adulti, il cui intervento nell’esecuzione delle misure alternative alla detenzione è di importanza essenziale.

Così come è formulato, il nuovo art.72 sembra diretto a cambiare sostanzialmente - e non solo formalmente - il carattere operativo delle strutture di Servizio Sociale attive da trenta anni e puntualmente riconfermate - nel loro ruolo e nel profilo organizzativo tipico che le distingue - dal legislatore più volte intervenuto in materia dal 1975 ad oggi.

Infatti, gli Uffici di esecuzione penale esterna, che dovrebbero prendere il posto dei Centri di Servizio Sociale, appaiono dei contenitori di attività e di operatori di cui manca ogni più precisa definizione in senso tecnico proprio, mentre l’eliminazione sistematica di ogni riferimento al servizio sociale ed agli assistenti sociali fa ritenere - se le cose hanno un senso - che il modello organizzativo - operativo perseguito risulterà di fatto incompatibile con quello attuale. Tale presunzione appare confermata dalla previsione contenuta nella proposta di legge (e inconsueta per una siffatta materia) secondo cui i suddetti Uffici saranno disciplinati con semplice decreto ministeriale; ciò che può significare l’azzeramento delle attuali norme sull’organizzazione dei Centri di Servizio Sociale contenute nel vigente Regolamento di Esecuzione dell’Ordinamento penitenziario (Dpr 30 giugno 2000, n. 230).

Ulteriori preoccupazioni derivano dalla articolazione del nuovo art. 72, laddove si tenta di ridefinire alcune responsabilità dell’Ufficio, nell’esecuzione delle misure alternative alla detenzione, e dove alcune carenze (come quella, assolutamente fondamentale, che riguarda l’omesso riferimento - nel trattamento degli ammessi alle misure alternative - all’esercizio congiunto di una funzione di aiuto in accompagnamento a quella di controllo) sembrano ignorare la qualità professionale dell’intervento svolto dall’assistente sociale, e gli orientamenti tecnici maturati su tali aspetti in questi numerosi anni di lavoro, in piena sintonia con i principi e le regole del Codice deontologico dell’Ordine.

In sostanza, molti elementi che caratterizzano la proposta di legge in oggetto fanno temere che essi possano - forse anche non deliberatamente - determinare un’alterazione del ruolo dell’assistente sociale, in particolare nell’area delle misure alternative, al punto da mettere in discussione il significato stesso della presenza di tale operatore nel sistema penitenziario.

Come è opportuno ricordare, la scelta effettuata dal legislatore del 1975 (e, si ripete, confermata sino ad oggi) ha configurato il Centro di Servizio Sociale per Adulti come una struttura anch’essa alternativa al carcere, radicata sul territorio, pienamente integrata nel contesto comunitario e posta nelle migliori condizioni per attuare i suoi interventi seguendo una logica operativa realmente ispirata ad una cultura alternativa ai modelli istituzionali. Di conseguenza, il Centro di Servizio Sociale è stato costituito come una struttura professionale tipica, in cui assistenti sociali, diretti da personale appartenente alla stessa professione, svolgono interventi di servizio sociale in relazione a soggetti che - per la capacità di impegno ed il senso di responsabilità dimostrato - sono ritenuti idonei dalla magistratura di sorveglianza ad essere trattati con le metodologie professionali proprie del Servizio Sociale, nella prospettiva di un graduale e ben seguito reinserimento sociale. Perdere o alterare questo modello potrebbe costituire un grave errore - sia sotto il profilo operativo che, più generalmente, culturale - e rappresenterebbe un’incomprensibile svolta negli orientamenti legislativi che hanno coerentemente caratterizzato lo sviluppo del settore negli ultimi trent’anni.

Infine, si richiama l’attenzione su due aspetti, anch’essi sconcertanti, che sembrano testimoniare l’intenzione dei proponenti della legge di arrivare comunque al risultato voluto senza eccessive preoccupazioni di dettaglio:

a) l’art. 3 della proposta di legge in questione - oltre a non riguardare affatto la materia che la proposta stessa dichiara nella sua intestazione di voler trattare - non partecipa della natura di legge delega, che caratterizza il resto della proposta, ma costituisce invece un atto normativo diretto, capace di determinare immediatamente le modifiche previste;

b) inoltre, non viene indicato se la sostituzione di cui si parla nel comma primo dell’art. 3 coinvolga - come parrebbe - l’intero Capo III della legge 26 luglio 1975, n° 354 (e cioè gli artt. da 72 a 78 compreso) o solo l’art.72. Dato che nel primo caso verrebbe abrogata la previsione dell’utilizzazione del volontariato, il Servizio Sociale - abituato a integrarsi ordinariamente con le preziose forze del volontariato, così come con i servizi territoriali degli Enti locali - dovrebbe accusare un altro serio, quanto assurdo, motivo di preoccupazione.

Tanto si segnala nella speranza che le considerazioni prodotte possano pesare nella valutazione finale che gli onorevoli parlamentari sono chiamati a dare della proposta di legge in questione; e in ogni caso a futura memoria di chi fosse investito in un momento successivo a rivedere il contesto entro il quale tale proposta sia stata, in ipotesi, accolta.

 

Il Presidente, A.S. Paola Rossi

 

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