Caritas ambrosiana

 

Caritas ambrosiana: riduzioni di pena ai carcerati

per la canonizzazione di Giovanni Paolo II

 

Comunicato stampa, 27 giugno 2005

 

L’appello è stato lanciato dal direttore della Caritas Ambrosiana, don Roberto Davanzo, e dal cappellano del carcere di Bergamo, don Virginio Balducchi, nel corso del convegno "Cercar casa fuori le mura. Esecuzione penale e povertà abitativa a Milano".

In un momento in cui la popolazione carceraria italiana ha raggiunto i massimi storici - sono 59.019 i detenuti nella carceri italiane, tra cui ben 60 bambini - serve un gesto forte di solidarietà e di speranza. Questa la richiesta avanzata dal direttore della Caritas Ambrosiana, don Roberto Davanzo e da don Virgilio Balducchi (cappellano del carcere di Bergamo e coordinatore dei cappellani della regione Lombardia) nel corso del convegno "Cercar casa fuori le mura, esecuzione penale e povertà abitativa a Milano", svoltosi oggi nella sede della Caritas Ambrosiana. "Il prossimo 28 giugno - ha spiegato don Roberto Davanzo - si aprirà il processo di canonizzazione di Papa Giovanni Paolo II: credo sarebbe importante, in coincidenza con quella data, dar finalmente seguito alle richieste avanzate dal Santo Padre nell’anno del Giubileo e ribadite nel corso della sua visita al parlamento Italiano due anni dopo".

Papa Giovanni Paolo II, infatti invitò a "un segno di clemenza a vantaggio di tutti i detenuti. Tale solidarietà non può non contare soprattutto sulla costante sollecitudine delle pubbliche Istituzioni. In questa prospettiva, e senza compromettere la necessaria tutela della sicurezza dei cittadini, merita attenzione la situazione delle carceri, nelle quali i detenuti vivono spesso in condizioni di penoso sovraffollamento. Un segno di clemenza verso di loro mediante una riduzione della pena costituirebbe una chiara manifestazione di sensibilità, che non mancherebbe di stimolarne l’impegno di personale ricupero in vista di un positivo reinserimento nella società".

Il convegno è servito anche per fare il punto della situazione sul progetto "Un tetto per Tutti", intervento che prevede percorsi di inserimento sociale di persone detenute, di persone sottoposte a provvedimenti cautelari o penali restrittivi della libertà personale o di persone che escono dal carcere, offrendo contesti di esecuzione penale esterna al carcere e attivando progetti alternativi alla detenzione, insieme ai servizi territoriali pubblici e del privato sociale.

Tre gli obiettivi che "Un tetto per tutti" si pone: costruire una rete di accoglienza per le persone che escono dal carcere (in occasione di permessi premio, in misura alternativa alla detenzione o per fine pena), ottimizzare l’utilizzo e incrementare la disponibilità degli alloggi e potenziare gli interventi di accompagnamento sociale ed educativo per le persone accolte. Le accoglienze, che possono contare su 50 posti letto in 23 appartamenti (nei comuni di Bresso, Melegnano, Milano e Peschiera Borromeo, oltre a 2 posti letto nella comunità di accoglienza "Casa Abramo" di Lecco), sono diversificate a seconda della richiesta. Sono previste sia accoglienze brevi ed episodiche (per permessi premio), sia accoglienze all’uscita dal carcere, in misure alternative e successive al fine pena, per un periodo massimo di 6 mesi.

Durante il dibattito Francesca Corso, assessore provinciale ai diritti dei cittadini e all’integrazione sociale per le persone in carcere o ristrette nelle libertà, si è soffermata sull’istituzione di un garante per umanizzare la permanenza nel carcere e per facilitare il reinserimento degli ex carcerati nella vita sociale. "Milano - ha spiegato l’assessore - è stata la prima provincia in Italia a istituire questa figura. Alla quale sono attribuiti tre compiti: occuparsi dello sviluppo di una cultura di umanizzazione della pena, sul modello delle iniziative del carcere di Bollate per il recupero della genitorialità; favorire il raccordo tra i soggetti che operano all’interno del carcere e le istituzioni, per semplificare i progetti di utilizzo di misure alternative alla pena; infine, intervenire sulle violazioni che le persone potrebbero subire in regime di semilibertà".

Di particolare rilevanza anche la proposta avanzata da Francesco Maisto, sostituto procuratore generale presso la Corte di appello di Milano. "Vista la situazione delle carceri nel nostro Paese - soprattutto quelle della grandi aree metropolitane - credo sia arrivato il momento di avviare un progetto di riforma della legge penitenziaria. Si tratta di uno strumento che, nonostante le molte modifiche apportate nel corso degli anni, codifica e cerca di gestire una realtà che si è radicalmente trasformata. Quello che serve oggi è un rilancio delle misure alternative alla detenzione, che devono essere considerate non come eccezione ma come ordinarietà".

 

 

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