Salviamo la Gozzini: 30 giugno 2008

 

L’Onorevole Berselli così vuole inchiavardare le carceri

di Vittorio Cristelli

 

Il Trentino, 30 giugno 2008

 

L'oN. Berselli (An) prova ad inchiavardare le carceri. Nella sua posizione di Presidente della Commissione Giustizia del Senato, Berselli ha presentato un disegno di legge che rende molto più difficile l’uscita dal carcere anche ai meritevoli. Esiste una legge, detta Gozzini, che è stata scritta in applicazione dell’art. 27 della costituzione: "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso d’umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato". La legge Gozzini prevede benefici e sconti di pena per i detenuti che dimostrino di essere pentiti dei reati commessi e seguono corsi di reinserimento progressivo nella società, alla fine dei quali tornano liberi non costituendo un pericolo per la stessa. È un sistema articolato di pene alternative al carcere, come la semilibertà, l’affidamento ai servizi sociali, gli arresti domiciliari. Uno dei "titoli" è pure il raggiungimento dei 70 anni d’età. Il disegno di legge di Berselli, ripercorre con acribia, appunto da cerbero, tutte queste tappe per renderle indistintamente più aspre e il percorso risulta così più accidentato e dilatato nel tempo.

La Gozzini prevede che la semilibertà, regime in cui i detenuti possono uscire dal carcere di giorno per rientrarvi la notte, possa essere concessa quando il condannato ha espiato metà della pena. Per Berselli deve averne scontato almeno due terzi. L’affidamento ai servizi sociali attualmente è possibile negli ultimi tre anni dell’iter carcerario. Berselli lo limita all’ultimo anno.

La legge Gozzini contempla la riduzione di pena di 45 giorni per ogni sei mesi di provata buona condotta e, quindi, una liberazione anticipata. Berselli cancella di brutto questo beneficio. La concessione degli arresti domiciliari in alternativa al carcere attualmente è possibile già a 4 anni dal fine pena. Berselli la limita agli ultimi 2 ani. Per gli ergastolani è prevista la possibilità di concedere la semilibertà dopo 20 anni di detenzione. Berselli esclude questa possibilità.

E infine, la Gozzini prevede che il detenuto possa uscire dal carcere solo a 75 anni per "il lieto allungarsi della vita umana". Eh già, se l’innalzamento della media della vita giustifica l’innalzamento dell’ètà pensionabile, vuoi che non giustifichi il prolungamento della permanenza in carcere per chi è di professione delinquente!

È il marchio, che gli stessi ex detenuti avvertono su di sé e che rende loro difficile un ritorno in società e il reinserimento nel mondo del lavoro. Quest’accuratezza pignola, contabile con la quale il nuovo disegno di legge prende in esame uno ad uno ogni beneficio e ogni alternativa al carcere, mi ha fatto venire in mente l’amministratore astuto del Vangelo, che, sapendo che sarà licenziato, chiama uno ad uno i debitori. A chi doveva 100 barili d’olio, dice: siediti e scrivi 50. A chi doveva 100 sacchi di grano dice: siedi e scrivi 80.

E così si fece un bel gruppetto di amici. Il ricordo però è per contrasto, perché nel caso del disegno di legge si tratta di un innalzamento del debito. Per avere il consenso di chi teorizza la tolleranza zero. Un inasprimento su tutta la linea che aumenterà la disperazione nelle carceri e fa prevedere pericolose sommosse.

Ma a reagire sono anche gli 8 mila operatori carcerari e la stessa polizia penitenziaria, perché se il dispositivo Berselli diventa legge, manda all’aria anni e anni di paziente lavoro e di progetti che, in sintonia e applicazione della Costituzione, tendono a restituire alla società soggetti recuperati e non più pericolosi. Per non parlare di un vasto mondo di volontariato che si prende cura dei detenuti ma anche delle loro famiglie, tenendo desta e alimentando la speranza. Uno dei cardini di questa progettualità di recupero e di redenzione è sì portare, quando la legge lo consente, i detenuti nella società, ma anche portare la società dentro il carcere con il lavoro, lo sport, l’attività artistica e teatrale. Ci sono esempi di piena riuscita ed emblematici in tante carceri italiane. Nell’ottica cristiana ricordo solo che Gesù Cristo, tra le tante identificazioni con le miserie umane ha pure detto: "Ero in carcere e siete venuti (o non siete venuti) a visitarmi". Il disegno di legge Berselli invece è nell’ottica del "chiudere in cella e buttar via le chiavi".

Ferrari (Prc): senza Gozzini situazione delle carceri precipita

 

La Provincia Pavese, 30 giugno 2008

 

"Il rischio - dichiara il responsabile del Prc per le carceri Saverio Ferrari, al termine della visita al carcere di Voghera - è che la riforma della legge Gozzini che il governo Berlusconi sta portando a termine faccia precipitare la situazione". L’attacco di Rifondazione riguarda l’intenzione del governo di rivedere le pene alternative al carcere e la normativa sulle pene da scontare. "Qualche esempio può aiutare a capire. Oggi in Italia i detenuti possono avere per buona condotta una riduzione di pena pari a circa tre mesi per ogni anno da scontare. In altri paesi europei la riduzione è anche maggiore, ma eliminandola si rischia di far aumentare l’affollamento oltre che esasperare la popolazione carceraria che, senza più la possibilità di vedersi ridurre la pena per buona condotta non avrebbe incentivi a tenere comportamenti corretti".

Corleone: cancellare la Gozzini è togliere speranza ai detenuti

 

Il Tirreno, 30 giugno 2008

 

Le parole più sanguigne sono quelle di Franco Corleone, Garante dei diritti dei detenuti ed ex sottosegretario alla Giustizia: "Qui - ha detto nel cortile del Maschio durante la presentazione del programma di Volterrateatro 2008 e poco dopo l’inaugurazione del teatro intitolato a Renzo Graziani - siamo purtroppo fuori contesto. Qui parliamo di carcere, teatro e libertà, ma è un’eccezione, siamo come su un’isola.

Il carcere è quasi ovunque un luogo duro e c’è chi vuole farlo diventare ancora più duro, cancellando la legge Gozzini e recidendo a tanti detenuti la speranza. Questo è un luogo indimenticabile: teniamoci le mani sopra per impedire che sia oggetto di speculazione". E non meno appassionate, nella ricostruzione dei vent’anni della Compagnia della Fortezza fatta dal suo regista e fondatore Armando Punzo, sono state le parole di Paolo Paterni, oggi presidente del consorzio turistico di Volterra e Valdera, venti anni fa assessore a Volterra:

"Questa città - ha detto - ha la tendenza a fare marmellata di tutto. In questo caso no. Volterrateatro e la Compagnia della Fortezza sono le uniche voci che hanno portato il nome di Volterra nel mondo". Il senatore Giovanni Brunale venti anni fa era sindaco di Volterra, Pietro Cerri, oggi nel consiglio della Fondazione Crv, era assessore alla cultura: come loro erano in tanti in platea a testimoniare con la loro presenza due decenni di storia e di vita intensi del teatro in carcere.

Santino, uno dei detenuti attori (nel "Marat Sade", di cui ieri è stato presentato il frammento, impersona Jean Paul Marat) ha ringraziato "le persone che ci permettono di avere uno spazio libero e di far acquisire anche all’esterno una mentalità che ci faccia sentire liberi. Il primo a permettercelo, con la sua opera, è stato il direttore Graziani. Per noi è importante acquisire la cultura, che ci fa vedere il mondo con occhi diversi".

Il Cappellano della C.C. Pordenone difende la legge Gozzini

di Stefano Polzot

 

Messaggero Veneto, 30 giugno 2008

 

"Una giustizia che si limita a punire gli attori di reati e non si occupa della riparazione del danno e della possibile ricomposizione degli strappi nel tessuto sociale, cioè delle vittime innocenti e dei colpevoli pure innocenti, rappresentati dai familiari, non fa giustizia". In tempi nei quali l’esemplarità della pena e la carcerazione sono considerati antidoti al senso di insicurezza della popolazione, la voce di don Piergiorgio Rigolo, cappellano del carcere di Pordenone, è controcorrente.

Un lavoro accanto agli ultimi, il suo, che non manca di autocritica. "Anche la Chiesa, i Papi, i vescovi, i preti e tutti noi cristiani - afferma - abbiamo molto da cambiare a partire da un atteggiamento di indifferenza, anzi di ostilità, nei confronti degli attori di reati. È necessario che passiamo a essere davvero parrocchiani, facendoci prossimo, come suggeriva il cardinale Carlo Maria Martini quand’era ancora vescovo di Milano. Non c’è altro modo di dimorare sul territorio che questo: farsi, appunto, prossimo".

Don Rigolo sottolinea "che la constatazione più amara non è tanto sulle condizioni disumane della vita in cella, quanto sulla sterile quotidianità di una "non vita" che il carcere gestisce ormai con una inesorabile normalità priva di sbocchi. Un giovane detenuto di 28 anni mi diceva: "La mia condanna è stata la noia".

Il prelato, in base anche alla sua esperienza, difende la legge Gozzini, che attribuisce benefici ai carcerati in relazione al loro comportamento. "Il tasso di recidiva di quanti usufruiscono delle alternative al carcere - afferma - è del 19 per cento, contro il 50-55 per cento di media attribuita a coloro che consumano la pena tutta all’interno del penitenziario".

Don Rigolo ricorda le iniziative che sono in atto all’interno del carcere per cercare di interpretare il concetto di rieducazione. "La direzione - afferma - per le persone detenute sex offender (condannati per reati di violenza sessuale e pedofilia ndr) avvierà tra breve un programma di incontri di gruppo nella logica del mutuo aiuto con l’obiettivo di favorire la consapevolezza e la responsabilità del proprio comportamento. I sex offender vivono isolati non solo dall’esterno, ma anche dall’interno dell’istituto penitenziario".

Sono in corso, inoltre, incontri mensili di comunità multifamiliare, in Seminario vescovile, per le famiglie che vivono o hanno vissuto l’esperienza della detenzione di un loro familiare o parente e abitano in provincia di Pordenone o nel Veneto orientale. "Come cappellano poi - continua - organizzo ogni anno un programma di formazione culturale e per le conversazioni sono invitati sacerdoti diocesani in maniera tale che abbiano un contatto fisico col carcere e i carcerati". Oltre alle attività dei club alcolisti in trattamento, esiste pure una scuola di canto, il martedì e mercoledì.

Ma don Rigolo ha due sogni nel cassetto. "Il primo è il progetto di adozione di un detenuto o della sua famiglia - spiega - proposto da monsignor Battisti quando era vescovo della Diocesi di Udine, in modo tale da coltivare una relazione positiva con una famiglia del proprio paese che rischia di spezzarsi sotto il peso della condanna e dell’emarginazione". La seconda iniziativa è quella finalizzata a organizzare "una casa di accoglienza che risponda all’emergenza di chi esce dal carcere e non sa dove andare. La vita, nel lavoro quotidiano, non sarebbe strutturata in forma di cooperativa stabile, ma attraverso il lavoro agricolo per poter soddisfare i bisogni essenziali. Il periodo massimo previsto di ospitalità sarebbe di sei mesi".

Interventi

 

Conferenza Volontariato Giustizia: la legge Gozzini non si tocca

 

La Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, rappresentativa di associazioni ed enti nazionali e locali impegnati nel sociale e sui diritti, esprime grande preoccupazione ed unisce la sua voce al coro di proteste sollevato dal disegno di legge Berselli, mirante a riformare pesantemente la legge 26.07.1975 n. 354 "Gozzini". Con le modifiche oggi proposte in sei articoli, la Gozzini, pensata e scritta per rispondere al dettato costituzionale e all’interesse della società civile per il recupero ed il reinserimento dei condannati, verrebbe praticamente svuotata dei suoi contenuti di grande civiltà, rendendola inefficace.

La legge 354, con i successivi aggiustamenti, si è rivelata una formula giusta, equilibrata, che in oltre trent’anni ha prodotto indiscutibili successi e molti di più ne avrebbe prodotti se fosse stata applicata in modo più coraggioso. Si è visto infatti che attraverso i percorsi premiali e la concessione delle misure alternative al carcere, come la semilibertà e l’affidamento, almeno l’80% di chi ne ha usufruito ha abbandonato i percorsi devianti per rientrare nei circuiti di una vita normale ed onesta, mentre la propensione a delinquere permane in chi sconta per intero la pena in carcere all’incirca nella stessa percentuale. Ciò risulta dai dati ufficiali forniti dal Ministero della giustizia, non è un’invenzione dei sostenitori della Gozzini.

Eliminando invece - come vuole il disegno di legge Berselli - la liberazione anticipata per buona condotta, allungando e raddoppiando i tempi di espiazione della pena, prima di poter ottenere un permesso premio o le misure alternative, si preclude praticamente al condannato la possibilità di avviare all’esterno un serio percorso riabilitativo, ben sapendo quanto siano peraltro carenti o inesistenti all’interno degli istituti penitenziari strumenti trattamentali, risorse umane e finanziarie.

Non basta certo a giustificare questo assurdo "giro di vite" il motivo che di tanto in tanto qualche semilibero o affidato torni a commettere reati anche molto gravi. Si tratta certamente di casi che fanno scalpore e che andrebbero attentamente vagliati per evitarne il ripetersi. Ma è illogico e dannoso far pagare a tutti i condannati le conseguenze di questi fallimenti, perché in realtà gli effetti negativi della fortissima limitazione dei percorsi riabilitativi esterni ricadrebbero più pesantemente sull’intera società.

Infatti non conviene a nessuno rinunciare alla rieducazione ed al reinserimento soltanto per il gusto di lasciar marcire in carcere persone che infine usciranno, allora sì peggiori di prima e quasi certamente irrecuperabili.

Eppure, a fronte di un clima di paura, a nostro avviso ingiustificato, che si sta spargendo nel nostro Paese tanto da far gridare all’emergenza sicurezza, pur di ottenere consensi politici non si esita a distruggere anche leggi che funzionano. Si adottano misure straordinarie, eccezionali, come se l’Italia fosse praticamente in stato d’assedio.

Si generano sentimenti di xenofobia che poi è difficile tenere sotto controllo. E non è certo il carcere la risposta risolutiva che può pacificare gli animi e sconfiggere la criminalità. È facile percorrere la strada della repressione quando non si è capaci di prevenire quei processi che inevitabilmente alterano il tessuto sociale, creando ingiustizie e diseguaglianze.

La Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia chiede alle forze di governo di arrestare lo smantellamento della riforma dell’ordinamento penitenziario, valutando piuttosto l’adozione di modalità penali e sanzionatorie che consentano a chi si è macchiato di reati di correggere la propria condotta attraverso strumenti riabilitanti, come l’istruzione, la formazione e l’avviamento al lavoro, l’impegno gratuito in attività socialmente utili, percorsi di mediazione penale, risarcitori e di riconciliazione. Tutte attività in cui il Volontariato penitenziario (oltre 8.000 operatori) è impegnato da decenni, in cui crede fermamente e a cui non intende rinunciare per i tornaconti della politica.

 

Claudio Messina

Presidente Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia

 

Verona: i familiari dei detenuti aderiscono a "Salviamo la Gozzini!"

 

Domenica 29 giugno si sono incontrate a Verona, presso l’Istituto Don Mazza, le famiglie di detenuti ed ex detenuti seguite dall’associazione La Fraternità e da Fra Beppe. Hanno partecipato anche alcuni detenuti in permesso. Divise in due gruppi, con la presenza di volontari facilitatori, hanno avuto modo di raccontare le proprie vicende e di aiutarsi con lo scambio di esperienze. Informate poi sulla proposta di legge presentata dal sen. Berselli, del PdL, presidente della Commissione giustizia del Senato, che vorrebbe praticamente azzerare la legge "Gozzini" nella parte che prevede benefici e misure alternative, hanno osservato che si produrrebbero così almeno tre gravissimi guasti: un sovraffollamento delle carceri oltre i limiti del collasso; un aumento di violenze interne, anche contro la polizia penitenziaria, e in genere una demotivazione ad intraprendere percorsi educativi, non avendo i condannati più nulla da perdere né un riconoscimento da conquistare; ed infine un incremento di recidive, quindi di reati a danno della collettività e della sicurezza dei cittadini, compiuti da chi, giunto comunque a fine pena e scarcerato, non è stato accompagnato in un progressivo reinserimento sociale.

Si dovrebbe al contrario applicare pienamente la legge esistente ed estendere le possibilità di intervento penale, soprattutto riparatorio, fuori e alternativo al carcere. Hanno deciso quindi di esprimere la loro adesione all’appello "Salviamo la Gozzini", lanciato da Ristretti Orizzonti. Dopo qualche comunicazione da parte di fra Beppe, la giornata si è conclusa col pranzo in comune, molte conversazioni spontanee e nuove amicizie nascenti e la messa celebrata dal cappellano di Montorio don Maurizio Saccoman.

 

Associazione "La Fraternità"

 

Conferenza Volontariato Giustizia: giustizia o "Lotteria Italia"?

 

Ormai sembra di assistere ad una quotidiana "Lotteria Italia", con estrazioni a ripetizione di numeri vincenti, numeri che premiano questa e quella tesi in fatto di giustizia, di sicurezza e di ciò che va e non va, di ciò che si dovrebbe fare per i cittadini buoni e per quelli cattivi. Sembra di veder girare quelle "lavatrici" con le palline numerate e qualcuno che si azzuffa per schiacciare il bottone che le cattura, una dopo l’altra, per infilare il risultato.

Vince chi ha i numeri più belli, ma anche chi li grida più forte, chi ci crede, chi trova le parole che qualcun altro vuol sentirsi dire. Siamo in piena casualità: ma la verità chi la dice e quando vince?

Ad esempio i Funzionari di Polizia, per demolire la legge "Gozzini" affermano che dal 1986 al 2006 l’indice di delittuosità è raddoppiato, per effetto di una repressione resa vana appunto dalla citata legge, senza minimamente analizzare come e quanto sia cambiata la società italiana in quei vent’anni presi in esame, quali politiche e dinamiche sociali ci abbiano restituito un affresco complesso da decifrare, disegnato, dipinto, sfregiato da tante mani. Non può certo una legge da sola, fosse anche la più giusta o la più iniqua della storia del diritto, produrre effetti di tante cause palesemente al di fuori della sua portata.

La legge 26 luglio 1975 n° 354 si occupa in sostanza del trattamento riservato ai detenuti, nello spirito costituzionale di favorire percorsi riabilitanti e di reinserimento sociale che appunto la "Gozzini" traduce in benefici e sconti di pena, misure alternative al carcere, non in automatico, ma solo per coloro che danno concreta dimostrazione di cambiamento. Chi la applica regolarmente e chi ne segue gli effetti ne traccia un bilancio molto positivo.

Poi le eccezioni, gli errori e i fallimenti sono da mettere in conto, come in ogni situazione ed anche nelle migliori famiglie accade, ma nella fattispecie non pesano più del 20 per cento. E questo è un altro numero estratto da fonte autorevole, come quella del Ministero della Giustizia.

Ma, se la "Gozzini" si occupa di prevenire la recidività dei delinquenti che stanno già in carcere, chi si occupa invece di quelli che sono in azione fuori? Con quali strumenti si attua quella deterrenza e quella prevenzione che i cittadini reclamano per la loro sacrosanta sicurezza? Qual è la percentuale dei reati che restano impuniti? 80, 90, 95, 98? Sono usciti altri numeri, che tali restano, privi di conferme e di identità. Si riferiscono a denunce, o includono anche i reati non denunciati? Quali e quanti sono i reati sommersi, quelli consumati da insospettabili, che eludono più facilmente il controllo, o quelli delle tante associazioni criminali organizzate, quasi del tutto fuori controllo? Servirebbero altri numeri vincenti, ma il meccanismo di estrazione pare si sia inceppato.

E infatti non appaiono numeri a quantificare le dichiarazioni del Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri che parla (fonte Ansa del 27.06.08) di una riduzione generalizzata dei reati nel 2007 e afferma che non vi è una vera emergenza, che i cittadini hanno invece una percezione distorta delle cose e della legge, mentre le forze dell’ordine si sentono frustrate nel loro impegno repressivo. Viene da chiedersi: ma allora la "Gozzini" e l’indulto, rispettivamente madre e padre di tutte le sciagure?

Possibile che la realtà oggettiva possa avere tante facce, che la verità si perda in un’intricatissima lotteria dove il caso, o l’inganno, sembrano prevalere sempre sulla ragione? Non solo gli ignari cittadini, ma anche coloro che su fronti paralleli sono impegnati nel campo della giustizia e dei diritti hanno difficoltà a capire che cosa stia veramente accadendo, ma soprattutto perché ci si debba dividere su temi di primario e prioritario interesse generale. Non si tratta di essere convincenti e rassicuranti, ma di fare scelte giuste e lungimiranti per il bene comune, non per rafforzare dei ruoli personali o delle posizioni di parte. Che interesse abbiamo a farci dal male, quando è possibile usare la ragione e l’onestà di pensiero, abbandonando un gioco scorretto che ci farà tutti perdenti, banco compreso?

 

Claudio Messina

Presidente Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia

 

Carmelo Musumeci, dalla Casa di Reclusione di Spoleto

 

Per posta, da una galera all’altra, nei corridoi, nei passeggi e nelle celle dei carceri si sta parlando e commentando sul disegno di legge che ha presentato il Presidente della Commissione Giustizia al Senato per ridurre e cancellare i benefici della legge Gozzini. Alcuni commenti: - Hai letto? Viene cancellata la liberazione anticipata per buona condotta e le guardie sono preoccupate. - È ovvio, ora non potranno più ricattarci!

Per gli ergastolani per reati di mafia e che hanno un fine pena mai che non possono usufruire dei benefici, la liberazione anticipata è una presa per il culo: - Hai saputo, niente più semilibertà agli ergastolani. - Sono fuori di testa! Abbaiano alla luna, ci vogliono togliere un beneficio che non possiamo avere perché i permessi e la semilibertà li prendono solo pochi ergastolani, che non rientrano nella fascia alta dell’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario. - Sembra che con la nuova legge gli ergastolani potrebbero andare in permesso solo dopo vent’anni. - Magari! Io ne ho fatti già trenta. Dimenticavo di dire che l’Italia è l’unico paese al mondo che ha una pena che a tutti gli effetti, per chi ha l’ergastolo ostativo ai benefici, non finirà mai. Sembra che in alcuni carceri stanno partendo manifestazioni di protesta spontanee per contestare le modifiche. Il carcere è lo specchio della società, umori e tensioni viaggiano parallelamente, tutte le espressioni del macrocosmo sociale si riflettono nel microcosmo carcerario.

Non credo che otterranno qualcosa inasprendo le pene. Le ragioni della galera sono tante, la povertà, le disuguaglianze, la ricerca di nuove emozioni, la fragilità cui si è sottoposti, le contraddizioni quotidiane di un sistema sociale in crisi, il lavoro diventato privilegio, non trovare nella vita una ragione che la renda degna di essere vissuta, le passioni.

I giornali sono terribili, continuano a parlare di certezza della pena: guidano e a loro volta vengono guidati dall’onda forcaiola della gente. I politici pur di fare dimenticare i veri problemi della gente dicono che tutto va male per colpa della criminalità. Sono esclusi dall’allarme sociale i colletti bianchi, le morti bianche, i tassi bancari da usura, le pensioni d’oro, la corruzione, ecc. Questa gente che non ruba e non paga le tasse per fame o disagio sociale ma solo per lusso quindi non provocano allarme sociale come gli scippi, furti, rapine, ecc.

La colpa è sempre del criminale di turno: mafioso, lavavetri, terrorista islamico, anarchico che sia. E la cosa più buffa è che quando non sanno con chi prendersela se la prendono con i detenuti che sono dentro da 15 o 20 anni. I mass media e i politici riescono a stravolgere i dati ufficiali del Ministero di Giustizia, le statistiche e la matematica, riescono persino a fare diventare due più due cinque. Campagne forcaiole, colossali bugie, per nascondere che l’Italia ha il più basso numero assoluto di omicidi degli ultimi 30 anni. Si continua a chiedere sicurezza, più galera, i mass media seminano paura, i partiti inseguono i mass media e così nessuno chiede giustizia sociale e più lavoro per tutti.

Pochi capiscono che il problema, il male è proprio la troppa galera, la verità è che chi fa meno galera torna in carcere di meno. La recidiva è molto più alta con la pena certa che con la pena flessibile. Probabilmente per i politici, pennivendoli e imprenditori della paura, questa è una verità che va nascosta assolutamente perché conviene a tutti.

 

Carmelo Musumeci, dal Carcere di Spoleto

 

Luigi Centofanti, volontario Caritas presso la C.C. di Velletri

 

Desidero dare la mia adesione e ringraziare quanti lavorano in Redazione. Aggiungo solo un pensiero: io animo la Messa in carcere e coordino i vari gruppi spontanei che vengono secondo un calendario che, speriamo, diventi sempre più a lunga distanza temporale, d’altronde sono un musicista, so fare questo e conosco per esperienza di anni il repertorio specifico di canzoni. Ebbene, solo per questa (marginale?) attività e nonostante la Gozzini, non potete neanche immaginare quante difficoltà per i permessi e soprattutto quante derisioni da parte degli assistenti.

Quando entriamo con chitarra al seguito, siamo i soliti deficienti, che si illudono di cambiare una realtà di chi zoppo ci è già nato, è quasi nel suo codice genetico. E allora chi è il vero deficiente? Cerco di far partecipare col canto i ragazzi alla Messa e gli assistenti mi guardano e ridono sotto i baffi, come per dirmi: ma che cazzo fai, buffone!! Io penso seriamente e con molto rammarico e tristezza che senza questa grande Legge io in carcere non potrò entrare più. Grazie per la pazienza.

 

Adesioni del 30 giugno 2008

 

Lilia Girardet, di Roma; Rossana Cervi, Dora Devinar, Tullio Sellan, Eda Sartori, Concetta Celoro, Flavia De Colli, Gianfranco Stella, Andrea Bellavite, Nella Petronio, Alberto De Nadai, Corrado Bonansea, Giuseppina Lo Re, Mirella Suttora (Comunità Cristiana di base di Gorizia e la Comunità di accoglienza "Arcobaleno" di Gorizia); Mara Niero, di Venezia; Marta Fin; Rosangela Iannicelli, di Roma; Elena Tessari (Psicologa); Luigi Centofanti (Volontario Caritas presso la C.C. di Velletri); Carmelo Musumeci (Detenuto nella C.R. di Spoleto); Mario De Bonis, docente di Rende (Cs); Lina Pecoraro, docente di Rende (Cs).

 

 

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