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Notiziario quotidiano dal carcere
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Edizione di lunedì 17 novembre 2025
di Damiano Aliprandi
Il Dubbio, 17 novembre 2025 I disordini al Bassone di Como rivelano un sistema penitenziario al limite, tra sovraffollamento, tensioni continue e personale insufficiente. ma il governo risponde con nuove pene e nessun intervento. Pochi giorni fa, al carcere Bassone di Como, oltre centocinquanta detenuti hanno preso il controllo dell’istituto per diverse ore. Una rivolta partita al mattino da un tentativo di evasione, poi degenerata in protesta violenta che ha coinvolto due sezioni intere. Tre agenti feriti, uno forse preso in ostaggio prima di mettersi in salvo. Un detenuto straniero di ventiquattro anni schiacciato tra i battenti di un cancello, portato via in codice rosso con una sospetta lesione spinale. Fuori dal carcere il cordone di sicurezza interforze. Dentro, il caos. Poi l’intervento del Gruppo di Intervento Regionale da Milano, il ritorno alla normalità verso le otto di sera, le ambulanze che rientrano. E il sindacato di polizia penitenziaria che parla di “situazione molto grave” e chiede “interventi immediati” dagli organi ministeriali.
di Simona Musco
Il Dubbio, 17 novembre 2025 “Bene così!”, twitta entusiasta Matteo Salvini, vicepremier e ministro delle Infrastrutture, il cui spirito, per quanto traslocato nella sede di un altro ministero, sembra ancora radicato nel Viminale. La causa di questa esultanza è una notizia che rimbalza rapidamente sui suoi social: l’arresto di una donna di 24 anni, di origine slava, accusata dalla procura di Venezia di borseggiamento. Una donna incinta, per di più. Il post, accompagnato da un simbolico applauso virtuale, non manca di mostrare l’immancabile immagine a corredo di tutti i suoi tweet: una foto, realizzata con intelligenza artificiale, che ritrae il pancione di una donna, mentre la stessa tiene in mano un portafogli e un cellulare, quasi esibendoli con fare provocatorio.
di Milena Gabanelli
Corriere della Sera, 17 novembre 2025 Quindici nuovi reati, ma agenti sottorganico (e pene inapplicabili): cosa si sta facendo davvero contro la criminalità? È il 6 novembre e Giorgia Meloni consegna ai social la sua irritazione per le critiche rivolte al governo che non avrebbe investito nulla sulla sicurezza: “Negli ultimi tre anni abbiamo già assunto circa 37.400 agenti nelle Forze di Polizia e prevediamo, da qui al 2027, altre 31.500 assunzioni. Abbiamo sbloccato investimenti fermi da tempo e potenziato mezzi, strutture e tecnologie, previsto strumenti più rapidi ed efficaci e introdotto pene più severe”.
di Emilio Minervini
Il Dubbio, 17 novembre 2025 Nel 2024 le denunce salgono a 2,38 milioni: furti, rapine e violenze sessuali in crescita, minori sempre più coinvolti. Aumentano i delitti denunciati in Italia: nel 2024 sono stati 2.38 milioni, dato che segna un aumento dell’1,7% rispetto al 2023 e del 3,4% dal 2019 e, pur rimanendo inferiore dalle cifre di dieci anni fa di 15 punti percentuali, segna il quarto anno consecutivo di aumento delle denunce e il secondo in cui sono superati i livelli pre-pandemici. A delineare il quadro relativo alla sicurezza in Italia sono le statistiche della banca interforze del dipartimento di Pubblica sicurezza del ministero dell’Interno, fornite in esclusiva al Sole 24 Ore nell’ambito del rapporto annuale sulla qualità di vita.
di Errico Novi
Il Dubbio, 17 novembre 2025 È un governo di destra. Così lo definiscono, o almeno lo considerano, le prime linee di FdI e Lega. Dovrebbe dunque tenere, per “statuto”, all’immagine del Paese, o della “Nazione”, comunque vogliamo definire l’Italia. Bene. Siamo sicuri che un simile, indispensabile prerequisito di qualsiasi destra sia compatibile con un altro ricorrente assioma delle politiche conservatrici, vale a dire l’investimento sulla sicurezza a colpi di nuovi reati e pene continuamente al rialzo? Il quesito sembra legittimo. Perché l’Italia come “Paese insicuro”, infestato dall’illegalità, dalla corruzione come dai criminali di strada, quest’idea sotterranea e spesso sfacciata, stride in modo clamoroso con la difesa dell’interesse nazionale. Ed è semplice spiegare perché, a cinque mesi dalla definitiva conversione in legge dell’ennesimo decreto sicurezza (il numero 48 del 2025).
di Valeria Valente*
Il Dubbio, 17 novembre 2025 Le città italiane sono più insicure, anche se al governo c’è il centrodestra da ormai tre anni, che ha fatto della sicurezza, nella teoria, il suo cavallo di battaglia. Secondo la banca dati interforze del Dipartimento di pubblica sicurezza del ministero dell’Interno, nel 2024 i reati hanno fatto registrare un aumento dell’1,7% rispetto all’anno precedente, con un incremento ancora più rilevante (+3,84%) della microcriminalità di strada, come le rapine ma anche la violenza sessuale (+7,5%) e i furti, anche in appartamento (+4,9%). Roma, Milano e Firenze occupano il podio del nuovo indice della criminalità del Sole 24 ore, perché è nelle prime tre grandi città italiane che si concentra il 23,5% dei 2,38 milioni di illeciti rilevati. È dunque allarme sicurezza, come farebbe pensare il discorso pubblico dell’Esecutivo Meloni e soprattutto il suo continuo ricorso a nuove fattispecie penali?
di Marica Fantauzzi
Il Dubbio, 17 novembre 2025 Create per limitare l’accesso a determinate aree per soggetti considerati pericolosi, sono al centro di una crescente contestazione giuridica e sociale. In Italia esistono intere aree urbane sottratte alla libera circolazione delle persone. O meglio, di alcune persone. La piazzetta di periferia o la via principale di un quartiere possono essere interdette a soggetti considerati pericolosi, tanto da predisporne l’allontanamento. Dal 2024 le zone rosse possono essere attivate dal prefetto, teoricamente per un periodo di tempo limitato e per ragioni straordinarie, in quartieri considerati problematici poiché segnati da episodi di microcriminalità.
TERRITORIO
di Anna Foti
ilreggino.it, 17 novembre 2025 La magistrata di sorveglianza Cinzia Barillà spiega: “A noi la responsabilità di valutare, alla comunità quella di accogliere e di offrire opportunità. Solo così garantiremo alla persona di riscattarsi e di tornare libera migliore di come è entrata in carcere”. “La possibilità di avere un riscatto sociale e di mettersi alla prova con un’attività lavorativa fuori dal carcere consente a loro di guardare oltre quel periodo di detenzione, ad un futuro più concreto di riscatto quando poi usciranno, e garantisce il recupero della libertà a persone che, dopo avere commesso un reato, tornano in società migliori di come sono entrate in carcere”.
catanzarochannel.it, 17 novembre 2025 L’iniziativa è frutto di un protocollo d’intesa con l’associazione “Un raggio di Sole”. L’obiettivo è formare professionalità in vista del ritorno in società. È stato firmato nei giorni scorsi un protocollo d’intesa tra l’associazione “Un Raggio di Sole”, presidente Piero Romeo, e l’Istituto Penale Minorile “Sandro Paternostro” di Catanzaro, direttore Francesco Pellegrino, per l’avvio del progetto, previsto domani, dal titolo “Libertà e Legalità” - Pizzaiolo.
di Aldo Losito
Gazzetta del Mezzogiorno, 17 novembre 2025 Un altro tassello di crescita nel progetto diocesano del carcere alternativo, che ad Andria ha un nome imprescindibile: “Senza sbarre”. È stato siglato ieri mattina, un accordo tra la cooperativa sociale “A mano libera” e l’azienda andriese olivicola “Olio Levante”. Si tratta di un altro passaggio importante che segna il futuro della cooperativa sociale, portandola verso una maggiore autonomia. “Senza Sbarre” è un progetto nato nel 2018 che riguarda il reinserimento di detenuti ed ex detenuti nelle carceri pugliesi e italiane, ammessi a programmi alternativi alla detenzione, all’interno di un cammino di rieducazione e inclusione sociale, attraverso l’accoglienza residenziale e semi-residenziale. Il quartier generale della Masseria di San Vittore (ai piedi di Castel del Monte) ...
andriaviva.it, 17 novembre 2025 Il progetto diocesano “Senza Sbarre”, giunge a Trento, così da mostrarsi sempre più con la sua diffusione, una concreta alternativa alla detenzione in carcere. Don Riccardo Agresti e l’ex magistrato della procura barese Giannicola Sinisi, rispettivamente direttore generale e presidente della fondazione che si rifà al programma di rieducazione e reinserimento dei detenuti ed ex carcerati voluto dal vescovo delle diocesi di Andria Mons. Luigi Mansi, sono stati ospiti nei giorni scorsi della Consulta regionale dei volontari del Trentino Alto Adige.
di Paolo Bencich
nordestnews.it, 17 novembre 2025 Un confronto aperto, intenso, che attraversa i confini visibili e invisibili del carcere per riflettere sul potere della parola come strumento di libertà e di riscatto. È questo il senso dell’incontro “Voci oltre il muro: donne e diritto/dovere di raccontare”, in programma mercoledì 19 novembre alle 17.30 al Teatro Miela di Trieste, nel corso delle giornate che anticipano le Giornate del Premio Luchetta, in collaborazione con Bonawentura nell’ambito del festival S/Paesati, che prenderanno il via il 21 e proseguiranno fino al 23 novembre.
mondoreale.it, 17 novembre 2025 La Provincia di Latina rafforza il proprio impegno a sostegno delle persone più fragili, con particolare attenzione alla popolazione carceraria. Le iniziative avviate delineano un percorso concreto di inclusione, formazione e giustizia riparativa, volto a costruire una comunità più attenta e solidale. Grazie all’approvazione del nuovo piano di dimensionamento scolastico, è stato attivato su proposta del Liceo Artistico “Buonarroti” un Percorso di Istruzione per Adulti, indirizzo audiovisivo e multimediale, dedicato ai detenuti della casa circondariale di Latina. L’iniziativa offrirà competenze tecniche e creative utili sia alla crescita personale sia alla futura reintegrazione sociale e lavorativa.
di Donatella Mega
ilsussidiario.net, 17 novembre 2025 Chi si sia detenuti o che si viva fuori dal carcere, c’è un bisogno che accomuna tutti gli uomini e li fa sentire vicini. Dopo mesi di silenzio, seguiti alla vicenda di Emanuele - di cui scrissi a maggio sulle vostre pagine - torno a raccontare le mie personali esperienze legate al mondo carcerario. La vicenda di Emanuele, che tanto mi ha turbata, mi ha costretta a ripensare il mio sguardo sulla realtà del carcere, che da anni mi riguarda da vicino: “Che cos’è l’uomo perché te ne curi?” (Salmo 8) è la provocazione che mi ha accompagnato in questi mesi. Dopo un episodio come questo, quelle parole mi sono apparse di una concretezza mai prima sperimentata.
AFFARI SOCIALI
di Giacomo Andreoli
Il Messaggero, 17 novembre 2025 Scattano nuove verifiche dell’Inps per evitare le truffe sull’Assegno di inclusione (Adi), il contributo che da circa due anni ha sostituito il Reddito di cittadinanza per i cosiddetti “inabili al lavoro”. Il nuovo intervento riguarda ex detenuti, persone in semi-libertà e i condannati per reati, ma ammessi a misure alternative al carcere (come le comunità di recupero). Le norme che regolano l’Adi, infatti, prevedono che possa riceverlo chi è in “condizioni di svantaggio” (sempre se rispetta anche i requisiti economici come le basse soglie Isee), compresi i condannati che non si trovano in istituti penitenziari o quelli che possono uscirne per parte della giornata per meriti e magari svolgere anche lavori di pubblica utilità.
di Roberta Barbi
vaticannews.va, 17 novembre 2025 In occasione della giornata di ieri, raccontiamo la storia di un giovane originario del Gambia, oggi 30enne, arrivato in Italia in cerca di un futuro migliore e per sfuggire alla violenza, finito in prigione ma riscattatosi in un nuovo percorso di vita grazie alla Comunità Giovanni XXIII: “In carcere ci sono più poveri che delinquenti”. Quella di Momodu purtroppo è una storia simile a quelle di tanti invisibili che arrivano nel nostro Paese senza trovare quello che cercavano. Storie disperate che qualche volta - come in questo caso - finiscono bene. Momodu vive in Gambia in un contesto violento in cui il padre lo picchia e la madre tace, per quella complicità ugualmente colpevole che accompagna ancora alcune culture. A 16 anni decide di fuggire da povertà e violenza e intraprende un rocambolesco viaggio lungo un anno che lo porterà in Italia.
di Giulia Posperetti
Il Giorno, 17 novembre 2025 Non solo il cooperante veneto Trentini: nelle prigioni venezuelane altri quindici nostri connazionali. Da anni non si hanno più notizie dell’ingegnere Obiang Esono, originario della Guinea Equatoriale. “Vive la liberté, vive l’égalité et vive la fraternité”. All’indomani del primo anniversario dell’arresto di Alberto Trentini - il 46enne cooperante veneziano fermato in Venezuela il 15 novembre 2024 senza accuse né spiegazioni -, dopo cinque mesi, il 41enne francese, insegnante di yoga, Camilo Castro, detenuto nel suo stesso carcere, la struttura di massima sicurezza dove finiscono gli oppositori politici ‘El Rodeo I’, nella periferia di Caracas, ha potuto riabbracciare la sua famiglia a Parigi.
di Riccardo Noury*
Il Fatto Quotidiano, 17 novembre 2025 Amnesty ha documentato arresti e detenzioni su base razziale, maltrattamenti e torture, intercettamenti in mare ed espulsioni di migliaia di persone verso l’Algeria e la Libia. “Continuavano a colpire la nostra barca di legno con lunghi bastoni appuntiti, l’hanno bucata… C’erano almeno due donne e tre neonati senza giubbotti di salvataggio. Li abbiamo visti annegare e poi non abbiamo più visto i corpi. Non ho mai avuto così tanta paura”. “Siamo arrivati nella zona di confine con la Libia verso le sei del mattino… Un ufficiale tunisino ha detto: ‘Andate in Libia, là vi uccideranno’. Un altro ha aggiunto: ‘O nuotate o correte verso la Libia’. Ci hanno restituito un sacco pieno dei nostri telefoni distrutti…”. “Ci hanno presi uno per uno, ci hanno circondati, ci hanno fatto sdraiare, ci hanno ammanettati… Ci picchiavano con tutto ciò che avevano: mazze, manganelli, tubi di ferro, bastoni di legno… Ci hanno costretti a ripetere più volte ‘Tunisia mai più, non torneremo mai più’. Ci colpivano e prendevano a calci ovunque.”
di Luca Foschi
Avvenire, 17 novembre 2025 La bozza di risoluzione americana delinea una gestione provvisoria del territorio: organi politici transitori, disarmo delle milizie e una “Forza internazionale di stabilizzazione”. La contro-risoluzione di Mosca, appoggiata da Pechino. Il presente nel fango, il destino nel Palazzo di Vetro. Mentre l’inverno si abbatte su Gaza, nella sede centrale dell’Onu a New York si affrontano due posizioni che vorrebbero dare forme diverse all’immediato futuro della Striscia. Fonti diplomatiche hanno reso noto che oggi il Consiglio di Sicurezza voterà la bozza di risoluzione presentata la settimana scorsa dagli Stati Uniti ai 15 membri che lo compongono. Il documento descrive la costituzione degli organi politici e amministrativi provvisori, il disarmo delle milizie palestinesi e la formazione della “Forza internazionale di stabilizzazione”. La risoluzione prevede un mandato fino al 2027 per il cosiddetto “Comitato della pace”, un organo esecutivo presieduto dal presidente americano Trump.
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