Rassegna stampa 26 marzo

 

Giustizia: Cicchitto (Pdl); no carceri private e più alternative

di Nicolò Mulas

 

Il Giornale, 26 marzo 2010

 

Il nuovo piano carceri approvato a gennaio dal Consiglio dei ministri si basa su linee guida che mirano a risolvere una volta per tutte il problema del sovraffollamento. L’onorevole Fabrizio Cicchitto fa il punto della situazione.

Le carceri italiane ospitano oggi oltre 67.000 detenuti, contro i 42.000 posti effettivamente disponibili, superando di 3.000 anche la soglia considerata tollerabile. E anche per quanto riguarda il numero degli agenti necessari, se ne registrano 6.261 in meno di quelli previsti in pianta organica. Questi dati hanno spinto il governo a dichiarare lo stato di emergenza, approvato dal Consiglio dei ministri il 13 gennaio scorso, e a presentare un piano carceri che mira a migliorare questa drammatica situazione.

Il piano di edilizia penitenziaria previsto dalla legge dovrebbe fare raggiungere un livello di capienza attorno agli 80.000 posti mediante la creazione di 47 nuovi padiglioni. Per consentire l’immediato avvio della realizzazione di nuove infrastrutture carcerarie e l’ampliamento di quelle esistenti, è previsto l’utilizzo di 500 milioni di euro stanziati dalla Finanziaria 2010. Duemila saranno inoltre le nuove assunzioni tra le fila della polizia penitenziaria. "È la prima volta - sottolinea l’onorevole Fabrizio Cicchitto - che in Italia viene varato un piano così ampio e articolato per affrontare l’emergenza carceraria".

 

La situazione delle carceri italiane costituisce un problema che finora è stato arginato con indulti e amnistie. Quali sono le linee guida del nuovo piano carceri?

"Viene, innanzitutto, prolungato lo stato di emergenza, fino al 31 dicembre 2010. Su questa base, il capo del Dap, Franco Ionta, diventerà una sorta di commissario delegato, che risponde direttamente al presidente del Consiglio. Grazie allo stanziamento di 500 milioni di euro sarà possibile quasi raddoppiare il numero dei posti nelle carceri dagli attuali. Le procedure per l’assegnazione degli appalti saranno più celeri e sicure, anche in deroga alle norme attuali. Si prevedono, inoltre, nuove massicce assunzioni di agenti di polizia penitenziaria".

 

I problemi legati al sistema carcerario si legano inevitabilmente anche alla riforma della giustizia. La prima disfunzione del nostro sistema è costituita dal fatto che le carceri italiane ospitano più imputati in attesa di giudizio che persone condannate in via definitiva. Come si può ovviare a questo problema?

"La norma sul processo breve potrà contribuire in parte a prevenire il ripresentarsi di questo problema. Ma, in prospettiva, occorrerà procedere a rivedere ampiamente le norme del processo penale e ad arginare gli abusi di alcuni pubblici ministeri, in modo da garantire lo svolgimento del processo in tempi ragionevoli e nel rispetto dell’equilibrio tra le parti, come vuole la Costituzione".

 

Lei ha prospettato il rischio che le carceri diventino una discarica sociale. Al di là del problema del sovraffollamento, attualmente le carceri svolgono veramente una funzione di reinserimento sociale?

"Il carcere è spesso un’università del crimine. Nel piano del governo è prevista, pertanto, la creazione di carceri "flessibili", in modo da evitare la promiscuità tra chi è ha commesso reati lievi e chi, invece, rappresenta un effettivo pericolo per la società. I problemi, però, nascono anche dal patologico "panpenalismo" della giustizia italiana. In prospettiva, dunque, occorre pensare a un’ampia revisione del corpo del diritto penale. Al momento, il piano carceri prevede l’introduzione di misure deflattive: da un lato sarà possibile scontare, per i reati meno gravi, con gli arresti domiciliari l’ultimo anno di pena residua; dall’altro, le persone imputabili per reati con la pena fino a tre anni, saranno messi alla prova, attraverso lo svolgimento di lavori di pubblica utilità che ne favoriscano la riabilitazione".

 

Il provvedimento prevede l’accesso ai fondi previsti dal decreto anticrisi e il ricorso a finanziamenti privati. E in previsione una privatizzazione degli istituti di pena?

"L’esperienza statunitense della privatizzazione degli istituti di pena non è attuabile in Italia. Lo impedisce la nostra cultura costituzionale, in base alla quale è allo Stato, in via esclusiva, che spettano i compiti relativi alla sicurezza dei cittadini e all’esecuzione della pena. I privati vanno sicuramente coinvolti nella fase della costruzione e anche nelle politiche di reinserimento, ma non nella gestione".

 

L’introduzione del reato di clandestinità per gli immigrati non regolari ha aggravato in qualche modo la già precaria situazione delle carceri?

"Innanzitutto, si tratta di un reato previsto anche in altri Paesi occidentali, come la Francia o il Regno Unito. La sua introduzione era necessaria, in Italia, per garantire una cornice di legalità e sicurezza in cui attuare le politiche di integrazione. Va detto, poi, che la legge prevede un’ammenda, non la reclusione, anche se bisogna tener conto del fatto che, data la scarsa disponibilità di liquidi da parte di compie questo reato, la pena rischia spesso di diventare detentiva. In ogni caso, in un Paese come il nostro, dove il "panpenalismo" comporta la detenzione anche per le cose più banali, non si può certo imputare al reato di clandestinità il sovraffollamento delle carceri".

 

I padiglioni di nuova costruzione saranno 47 e porteranno la capienza complessiva delle nostre prigioni a 80.000 unità. Verranno inoltre predisposte 2.000 nuove guardie carcerarie. Quali saranno i tempi di attuazione?

"Il piano è già in attuazione, per quel che riguarda la gestione dell’emergenza. A partire dal 2011, saranno realizzate le altre strutture di edilizia straordinaria. Nello stesso arco di tempo dovrebbero entrare a regime le misure deflattive e di diversificazione dei circuiti carcerari".

Giustizia: suicidi nelle carceri italiane, suicidi in quelle cubane

di Marco Rizzo (Comunisti Sinistra Popolare)

 

Corriere della Sera, 26 marzo 2010

 

Il dibattito sulla rivoluzione cubana ha ripreso vigore dopo la morte di Orlando Zapata, spentosi per le conseguenze di uno sciopero della fame che lo ha portato di fatto al suicidio. Di questo si è parlato nelle risoluzioni del Parlamento europeo e la traccia si è sviluppata nell’opinione pubblica con articoli e lettere anche sul Corriere.

Voglio esser franco e arrivare subito al dunque: una morte che si può assimilare ad un suicidio in carcere è sempre una sconfitta per una qualunque nazione civile, ma il governo cubano si è ben rammaricato dell’evento, cosa che in uno Stato come il nostro non sempre avviene: da gennaio a oggi sono ben 14 i carcerati in Italia che hanno scelto la drammatica soluzione del suicidio e nessuna istituzione europea o mondiale ha messo per questo alla gogna il nostro Paese.

Lo dico non tanto per disquisire sul fatto che il povero Zapata fosse prima un detenuto comune poi "politicizzatosi" o meno, ma per evidenziare con nettezza che quando si parla di Cuba o anche di altri Paesi non perfettamente allineati al pensiero dominante occidentale si usino appunto "due pesi e due misure".

Leggendo proprio sul Corriere il richiamo di Piero Fassino al dovere morale e politico a memoria non ne riscontro da parte sua per l’amara vicenda delle decine di detenuti politici irlandesi suicidatisi nelle carceri inglesi della signora Thatcher o per i prigionieri curdi lasciati spegnere nelle assurde carceri turche.

È vero che la libertà, come dice l’esponente Pd, c’è quando si è liberi di affermare le proprie idee, ma è altrettanto vero che è (molto) più difficile consentirlo quando si è in uno Stato assediato da oltre 50 anni dalla prima potenza al mondo che (anche con Obama) costringe ancora oggi il popolo cubano a un embargo unilaterale senza precedenti. Ma forse la mia posizione più che esser politica è dettata dalla passione, questa sì totalmente assente da tempo in Italia, purtroppo anche a sinistra.

Giustizia: Pdl e Fincantieri; sì a costruzione carceri galleggianti

 

Il Velino, 26 marzo 2010

 

"Sì ai progetti delle carceri galleggianti". Lo ha dichiarato il senatore del Pdl Ferruccio Saro in occasione della cerimonia del varo della nave da crociera "Azura", a Monfalcone. Il senatore, dopo aver parlato all’università di Trieste sulla comunicazione politica, si è diretto a Monfalcone per prendere parte ai festeggiamenti, con il presidente del Senato, Renato Schifani. In questa circostanza Saro ha ribadito: "Fincantieri rappresenta un’eccellenza da salvaguardare. In questo senso le politiche attuate per contenere gli effetti dell’attuale congiuntura vanno nella direzione auspicata. Si tratta di una fondamentale realtà economica che rappresenta un valore radicato nel nostro contesto". Il senatore ha anche espresso un giudizio positivo sui progetti della Fincantieri per la realizzazione delle carceri galleggianti: "È una soluzione ideale per risolvere molte criticità che attualmente gravano sul sistema penitenziario. L’utilità di questi progetti mi sembra interessante anche per eventuali sviluppi futuri. È indubbio che il sistema carcerario necessita di riforme strutturali. Credo che le ipotesi studiate dalla Fincantieri su questo tema possano risultare di aiuto per programmare una nuova politica anche fondata su nuovi asset costruttivi".

 

Bono (Fincantieri): non capisco polemica

 

Parlando con i giornalisti a Monfalcone (Gorizia) delle carceri galleggianti che Fincantieri dovrebbe costruire, a margine della consegna della nave da crociera "Azura", l’amministratore delegato di Fincantieri Giuseppe Bono ha detto: "Noi le abbiamo presentate. Io sarei tentato di dire una battuta cattiva, ma fatela voi", ha aggiunto riferendosi a varie polemiche. "Noi abbiamo presentato un progetto sicuramente con tutte le caratteristiche richieste, che viene concluso in due mesi con costi precisi. Quello che non capisco - ha concluso - è la polemica su ciò". Fincantieri aveva presentato il progetto delle carceri galleggianti il mese scorso, a Trieste, durate il congresso nazionale del sindacato dei direttori dei penitenziari (Sidipe).

Giustizia: Cgil; Alfano promette assunzioni ma non ci sono soldi

 

Agi, 26 marzo 2010

 

Il ministro Alfano "smetta di promettere nuovi agenti di Polizia Penitenziaria, senza soldi le duemila assunzioni non si possono fare". Lo dichiara Francesco Quinti, responsabile nazionale Comparto Sicurezza della Fp Cgil.

"Apprendiamo dalla stampa che mercoledì il Ministro della Giustizia Angelino Alfano, nel corso di un incontro elettorale svoltosi a Sulmona, ha garantito l’arrivo di altri agenti selezionati con il bando di concorso che prevedrebbe 2.000 nuove assunzioni".

"Un annuncio - sottolinea Quinti - che rischia di rivelarsi infondato, perché a quanto ci risulta allo stato attuale l’assenza degli stanziamenti economici necessari a finanziare l’assunzione di quel contingente impedisce al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria di bandire il concorso".

Inoltre, continua il sindacalista, "tra i limiti di spesa che sarebbero comunque imposti alle nuove assunzioni e quelli determinati quali quota del turn-over per le Forze di Polizia e i Vigili del fuoco, è plausibile immaginare che non sarà possibile garantire l’incremento del personale di Polizia Penitenziaria, ma si potrà solo operare un piano di assunzioni di 350 unità per l’anno in corso, 700 per il 2011, 550 per il 2012 e 200 per il 2013, a fronte di 820 cessazioni dal servizio avvenute l’anno scorso, di altre 720 registrate nel corso del 2009 e, stando al trend, di almeno altre 800 a partire dall’anno 2010. 1800 assunzioni spalmate nei prossimi tre anni per sopperire a 2200/2500 pensionamenti".

Dov’è "l’incremento promesso dal ministro Alfano? - si chiede l’esponente della Cgil - invece di offrire false speranze ai poliziotti che operano negli istituti di pena in condizioni di estremo disagio operativo, professionale e personale, il Guardasigilli e il Governo si preoccupino di arginare il sovraffollamento spaventoso delle strutture penitenziarie, che in questi giorni ha sfondato la quota record di 67mila presenze. Si preoccupino di assumere le 6mila unità che mancano dall’organico nazionale della Polizia penitenziaria, di rispettarne i diritti contrattuali, di rendere dignitose le condizioni di lavoro, di assicurare il puntuale pagamento delle numerosissime ore di lavoro straordinario, che anche questo mese non sono state liquidate. Davvero intollerabile".

Giustizia: con il ddl "Ciccioli" l'ennesimo attacco alla Basaglia

di Luigi Attenasio *

 

Terra, 26 marzo 2010

 

Il testo dell’onorevole Ciccioli (Pdl) riaprirebbe il paradigma dell’internamento a vita per motivi psichiatrici.

Questa benedetta Italia, tanto bella e tanto sfortunata, in quanto governata in modo cialtrone, non è capace di proteggere una legge unica al mondo - la 180 - che ci è invidiata da tutti all’estero. Psichiatri francesi, spagnoli, olandesi ci chiedono come siamo riusciti in Italia a fare una legge così avanzata. Nella prima Repubblica i ministri della Sanità democristiani o liberali mentre in Italia assecondavano i lamenti di alcune famiglie che volevano cambiare la legge quando andavano all’estero erano costretti a ascoltare i colleghi ministri omologhi che si complimentavano per la qualità della legge italiana. Nel mese di maggio del 1978, addirittura due giorni dopo la promulgazione della legge 180, un onorevole repubblicano pubblicò su un importante

quotidiano nazionale un articolo nel quale sosteneva che quella legge andasse cambiata. C’è un film-tv su Franco Basaglia, andato in onda nelle settimane scorse in Rai, che ottiene più audience di una trasmissione come Amici e di poco non supera gli ascolti di quella corazzata televisiva che è il Grande Fratello. Produce quindi un ascolto invidiabile. Abbiamo quindi un gioiello normativo quale è la legge 180, abbiamo una storia eccezionale quale è quella di Franco Basaglia e c’è qualcuno, come l’onorevole Ciccioli (Pdl) che presenta una proposta di legge che vuole di fatto andare oltre la legge del 1978. La proposta al momento pende presso la Commissione Affari Sociali della Camera. Ciccioli sta tramando un po’ come faceva Penelope. Di giorni operatori e cooperative sociali benemerite tessono la tela del lavoro, di notte c’è qualcuno che la disfa.

La proposta di legge Ciccioli, se dovesse essere approvata, determinerebbe problemi spaventosi: riaprirebbe il paradigma dell’internamento a vita per motivi psichiatrici; consentirebbe di effettuare i trattamenti sanitari obbligatori nelle abitazioni dei familiari o finanche all’interno di strutture private. Queste ultime diventerebbero così vere e proprie carceri private. Sarebbe di conseguenza interesse del proprietario della struttura tenere la persona internata a vita. Psichiatria democratica e molti operatori si sono mobilitati per contrastare questa proposta di legge. È stata chiesta un’audizione parlamentare ma ancora non è stata concessa. La Regione Lazio invece ha intrapreso una strada contromano nel momento in cui ha assicurato risorse fresche per un settore dove mancano personale e servizi.

 

* Presidente di Psichiatria Democratica del Lazio

e direttore del Dipartimento di salute mentale della Asl Roma C

Giustizia: Ilaria Cucchi e Manconi; cambiare nome al "Pertini"

 

Apcom, 26 marzo 2010

 

Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano Cucchi, il detenuto morto nel reparto protetto dell’ospedale Pertini di Roma, e Luigi Manconi, presidente dell’associazione A Buon Diritto, ed ex sottosegretario alla giustizia, rilanciano "Non chiamare più Pertini il Pertini", l’ex presidente della Repubblica Sandro Pertini "non merita che il suo nome venga accompagnato ad un ospedale dove un detenuto è lasciato morire di fame e di sete". E fanno propria la proposta del Secolo d’Italia di intitolare quell’ospedale proprio a Stefano Cucchi.

"Abbiamo molto apprezzato il fatto che un gruppo di autorevoli socialisti (Luigi Covatta e redattori e collaboratori di MondOperaio) abbia chiesto alle due candidate alla presidenza della regione Lazio di cambiare il nome cui intitolato attualmente l’ospedale Sandro Pertini", dichiarano in una nota congiunta la sorella di Stefano e Manconi, sottolineando: "La motivazione limpida e da noi interamente condivisa: Sandro Pertini non merita che il suo nome venga in qualsiasi modo avvicinato a quello di un ospedale in cui un altro detenuto, Stefano Cucchi, stato lasciato morire di fame e di sete. E ancor pi abbiamo apprezzato che, della storia di Pertini, si sia voluto ricordare anche la lunga detenzione".

"Forse - proseguono - è davvero giusto raccogliere l’indicazione che, in proposito, viene da un quotidiano di opposta posizione politica e culturale, il Secolo d’Italia: intitolare quell’ospedale a una persona che vi ha trovato la morte per responsabilità di coloro che, per competenza professionale e giuramento deontologico, dovevano salvargli la vita". Perché , spiegano "intitolare l’ospedale a Stefano Cucchi, morto per violenza e omissione di soccorso, non significa porre sotto accusa lo Stato: significa, al contrario, ricordare quella che la sua prima e fondamentale missione. Ovvero la protezione dell’incolumità di quanti si trovino sotto la sua tutela".

Giustizia: caso Uva; la procura valuta riesumazione del corpo

di Sandro De Riccardis

 

La Repubblica, 26 marzo 2010

 

La famiglia: necessaria una nuova autopsia. Rinforzato il pool di indagine I legali chiedono che venga sentito Alberto, amico di Pino, testimone del fermo.

La riesumazione del cadavere di Giuseppe Uva. Una nuova autopsia sul corpo, fotografato dalla sorella, all’obitorio, pieno di lividi. Nuovi interrogatori per carabinieri e poliziotti in servizio a Varese la notte tra il 13 e il 14 giugno 2008 e presenti nella caserma di via Saffi. Il vertice di un’ora a Palazzo di Giustizia tra il procuratore capo di Varese Maurizio Grigo, il legale della famiglia Uva Fabio Anselmo e le sorelle della vittima, ha avuto un effetto immediato: accanto al pm titolare dell’indagine, Sara Arduini, ritorna il primo magistrato che si è occupato del caso, Agostino Abate, e che poi lo aveva lasciato alla collega quando erano rimaste in piedi solo le accuse di colpa professionale a carico dei due medici. Il segnale della procura è considerato "incoraggiante" dalla sorella di Pino Uva, Lucia.

"Chiediamo la riesumazione del corpo e una nuova autopsia - dice alla fine dell’incontro l’avvocato Anselmo - bisogna accertare quali conseguenze ebbero le lesioni riportate da Giuseppe prima di morire e soprattutto da cosa furono provocate". Durante l’autopsia - che ha collegato il decesso alla errata somministrazione di farmaci e che porterà a giudizio due medici per omicidio colposo - non furono effettuati esami radiologici. Per questo ora la famiglia chiede di "verificare se sul corpo ci sono fratture e se il pestaggio in caserma lo ha indebolito".

Ma la famiglia chiede anche nuovi interrogatori. Innanzitutto quello di Alberto Biggiogero, l’amico di Pino Uva, unico testimone - ma mai sentito - del fermo da parte dei carabinieri in via Dandolo, del trasferimento in caserma, "dove - è la sua denuncia del giorno dopo - ci fu un’ora e mezzo di pestaggio". E poi degli stessi militari che fermarono i due amici ubriachi, dei sei poliziotti rimasti negli uffici del Radiomobile per due ore senza che nelle relazioni di servizio ne emerga la concreta necessità, di medici e infermieri. I magistrati dovranno capire anche se c’era davvero rancore da parte di un carabiniere verso Uva per la relazione che la vittima avrebbe avuto con la moglie di un militare. E poi, ancora, tanti altri punti da chiarire.

"Nella relazione presentata a suo tempo dal medico legale - hanno scritto nella memoria gli avvocati - non si fa cenno ai vestiti indossati dalla vittima". Che fine hanno fatto gli slip di Pino, mai più trovati? Perché al loro posto all’obitorio c’era un pannolone? Come si spiegano le macchie rossastre sui pantaloni e "le perdite di sangue in sede anale" riportate nel racconto della sorella? Interrogativi che la famiglia spera portino presto all’iscrizione dei primi indagati, in un fascicolo che dopo due anni è ancora a carico di ignoti.

Giustizia: l’ex Assessore lombardo Prosperini tenta il suicidio

 

Agi, 26 marzo 2010

 

"Dottore, ma cosa mi ha combinato?". Mancano pochi minuti alle otto di questa mattina quando il giovane avvocato Luigi Rossi arriva nel salotto della casa di via Garibaldi, a Milano, dove l’ex assessore regionale Pier Gianni Prosperini ha appena tentato di togliersi la vita.

"Non ce l’ho fatta a farla finita...", gli risponde Prosperini, ancora stordito anche per il sonnifero assunto poco prima (lo prendeva regolarmente perché è insonne). L’esponente del Pdl, agli arresti domiciliari da pochi giorni per concussione nell’ambito di un’inchiesta su tangenti pagate per promuovere il turismo in Lombardia, ha cercato di suicidarsi con un bisturi, un attrezzo del suo mestiere (il medico) prima di diventare un "passionario" della politica, tagliandosi le vene dei polsi, le braccia e le gambe. Ferite non gravi, dalle quali guarirà in pochi giorni. Lo ha trovato sanguinante la moglie che ha chiamato subito le figlie e i due avvocati di Prosperini, Rossi ed Ettore Traini. Tutti insieme sono riusciti a convincerlo a chiamare un’ambulanza perché lui non voleva, timoroso per la visibilità mediatica che sarebbe stata data alla vicenda.

In tre lettere, una alla consorte, una alla figlia e una ai magistrati (i pm Alfredo Robledo e Paolo Storari, il gip Andrea Ghinetti), Prosperini spiega gli stati d’animo che hanno preceduto la decisione di farla finita. Alle "toghe", che lo hanno arrestato e stanno indagando per un suo presunto coinvolgimento come mediatore in un traffico d’armi verso l’Eritrea, Prosperini dice di non avere mai danneggiato la Regione Lombardia e rivendica il buon lavoro svolto dal suo assessorato.

"Non vi odio", scrive, e anzi ringrazia in due pagine dattiloscritte i pm per avergli dato la possibilità di trovare un accordo per patteggiare la pena (a 3 anni e 5 mesi di carcere) e tornare così ai suoi affetti familiari. I pm gli augurano, "al di là delle vicende processuali", una pronta guarigione ed esprimono "dispiacere" per il gesto di Prosperini. "Vi voglio bene, mi dispiace", sono invece le parole dedicate ai familiari. "Questa storia lo aveva depresso - spiegano i suoi avvocati - probabilmente si era depresso ancor più passando dalla routine del carcere alla solitudine di casa sua, lui che è un uomo così comunicativo. Il suo non è stato un gesto né strumentale, né dimostrativo. Sembrava contento di aver avuto i domiciliari, aveva ripreso anche qualche chilo dopo la detenzione, ma evidentemente non ha retto alla solitudine". Prosperini è ora ricoverato al San Carlo (piantonato dalle forze dell’ordine) dove potrà ricevere le visite solo dei familiari, su indicazione della Procura. "Fisicamente sta bene - informano i suoi legali, anche se l’umore è altalenante".

Lettere: dalle coop. sociali alle candidate presidenti del Lazio

 

Ristretti Orizzonti, 26 marzo 2010

 

Lettera aperta della Coop Sociale "29 giugno" e del "Consorzio Sociale Lavoro e Libertà" e dei soci del Circolo Arci Uisp La Rondine di Rebibbia Nuovo Complesso alle candidate alla presidenza della Regione Lazio.

La lettera aperta, rivolta dal Sig. Vittorio Antonini, a nome dell’associazione Papillon, alle candidate alla presidenza della Regione Lazio, ci lascia sinceramente sorpresi, stupefatti ed amareggiati. Le nostre cooperative, di produzione e lavoro, operano da molti anni nell’ambito sociale, con l’obiettivo di coniugare solidarietà e redditività garantendo così la continuità e lo sviluppo. Questa impostazione strategica, ci ha consentito, nel corso degli anni, di inserire al lavoro centinaia e centinaia di detenuti ed ex-detenuti.

È questa l’occasione per dire con chiarezza e senza tema di smentita da parte di chicchessia, che senza l’apporto fondamentale di Angiolo Marroni, Garante dei detenuti del Lazio da 5 anni, (come prevede la L. Regionale istitutiva, e non già da sette come scrive chi evidentemente non conosce le questioni che ha la presunzione di credere di sapere) e volontario nelle carceri da trenta, lo sviluppo delle nostre e di altre strutture come le nostre, sarebbe stato di ben difficile realizzazione.

Ci riferiamo ai tanti progetti pensati e realizzati insieme al Garante ed al suo ufficio, che hanno avuto sbocchi lavorativi per moltissimi detenuti. Dalla informatizzazione degli atti dell’Assessorato ai Trasporti della Provincia di Roma, alla realizzazione di una fabbrica di infissi a Rebibbia penale, alla produzione e confezionamento dei pasti nelle mense di alcune carceri, al telelavoro "Autostrade per Rebibbia"; sono questi alcuni ultimi progetti, tra i più significativi, che in concreto occupano decine di detenuti ed ex-detenuti.

Crediamo sia utile anche citare la L. Regionale 10/2006 sul microcredito, che tanto aiuto ha dato alle persone bisognose, tra cui molte famiglie di detenuti. Tutto ciò è stato possibile grazie al lavoro di raccordo e coordinamento del Garante e del suo Ufficio con le altre istituzioni, Prap, Dap, Tribunale di Sorveglianza, ma anche con alcuni importanti Assessorati regionali, da quello della Formazione a quello degli Enti Locali e Sicurezza, da quello al Lavoro a quello del Bilancio, con i quali, tramite il Garante, abbiamo avuto un rapporto positivo e virtuoso che pensiamo debba essere preso ad esempio anche da altre Regioni. Abbiamo ritenuto opportuno, in onore alla verità dei fatti, formulare queste precisazioni e considerazioni.

P.S. Abbiamo letto ieri sui giornali, che la Regione Lazio ha approvato una delibera sulla collocazione degli anziani nelle RSA, e che in questo ambito, accogliendo una proposta del Garante, l’uno per cento dei posti sono destinati ai detenuti anziani. I comunicati stampa evidentemente servono anche a far sapere queste cose.

 

Buzzi Salvatore Presidente "Coop Soc. 29 giugno" - Roma

Pellegrini Mauro Presidente "Consorzio Cooperative Sociali Lavoro e Libertà" - Roma

I soci del Circolo Arci Uisp La Rondine di Rebibbia Nuovo Complesso

Lettere: i detenuti, da varie carceri scrivono a Riccardo Arena

 

Pagina di Radio Carcere su Il Riformista, 26 marzo 2010

 

Regina Coeli: tra sovraffollamento e degrado. Caro Arena, siamo due detenuti, ristretti in una cella della IV sezione del vecchio carcere romano di Regina Coeli. Un carcere che, per dirla tutta, fa veramente schifo. Prima di tutto c’è il problema del sovraffollamento. Infatti nelle celle piccole siamo in tre detenuti, mentre in quelle un po’ più grandi siamo anche in sei persone. Inoltre qui fa pure freddo, e questo non perché i termosifoni non vengono accesi, ma perché nelle celle i termosifoni proprio non ci sono e se per caso qualcuno di noi si ammala, gli danno sempre la stessa pasticca, ovvero la stessa medicina per tutti i mali.

Ah dimenticavamo! Devi sapere che nelle nostre cella del carcere di Regina Coeli il bagno non è diviso dal resto della cella. Manca infatti la porta del bagno, porta che abbiamo richiesto più volte e senza la quale siamo costretti a fare i nostri bisogni davanti agli altri compagni di cella. Poi, quando cala la sera, è il momento più brutto qui a Regina Coeli, infatti gli agenti sono pochissimi e se qualcuno di noi sta male, può anche morire mentre aspetta un soccorso. Ne approfittiamo per informarti che l’altra notte un ragazzo ha cercato di uccidersi a Regina Coeli, si è impiccato ma è stato salvato dai compagni di cella. Vi inviamo un affettuoso saluto

 

Mirko e Cristian, dal carcere Regina Coeli di Roma

 

Caltanissetta: abbandonati nelle nostre celle. Caro Riccardo, ti scrivo insieme ai miei compagni di cella per dirti come viviamo qui nel carcere di Caltanissetta. Prima di tutto ci troviamo rinchiusi in 7 persone dentro a una cella che al massimo ne potrebbe ospitare 4. Una piccola cella dove rimaniamo chiusi per 24 ore al giorno. Infatti capita spesso che non andiamo a fare l’ora d’aria, in quanto il cortile è troppo piccolo per ospitare tutti i detenuti. Si tratta di un cortile di appena 60 mq, che è affollato da 66 detenuti. Un affollamento che di fatto ci impedisce anche di camminare e quindi di andare a fare l’ora d’aria.

Anche i nostri familiari subiscono l’illegalità del carcere di Caltanissetta. Pensa che per fare il colloquio con noi sono costretti a mettersi in fila di notte e poi, quando finalmente ci incontrano non possiamo neanche stringergli le mani perché nella sala colloqui del carcere di Caltanissetta c’è ancora il vetro divisorio, che è vietato dalla legge. Insomma qui nel carcere di Caltanissetta siamo ammassati in cella e abbandonati a noi stessi. Passiamo il tempo nell’ozio senza avere l’assistenza di assistenti sociali e soprattutto senza avere la possibilità di lavorare. Con me ti salutano: Domenico, Giuseppe, Nunzio, Domenico e Rocco.

 

Emanuele, dal carcere di Caltanissetta

Sicilia: Uil; 3.000 detenuti oltre la capienza nessuno interviene

 

Agi, 26 marzo 2010

 

Al 28 febbraio, a fronte di una capienza massima di 5.086 detenuti, nelle carceri della Sicilia risultavano detenute 8.043 persone: circa 3.000 in più rispetto ai posti nominali. Il dato, che fa dell’isola una della regioni dove i penitenziari sono più affollati conferma la Sicilia come una delle regioni maggiormente sovraffollata, viene diffuso da Eugenio Sarno, segretario generale della Uil Pa penitenziari, che commenta: "Siamo alla deriva completa nel più clamoroso degli allarmi che nessuno di chi ha competenza sembra voler raccogliere". Il sindacalista parla di "condizioni disumane e incivili della detenzione" ma anche di "quotidiana contrizione dei diritti elementari per il personale penitenziario ed in particolare per la polizia penitenziaria".

Il sindacalista sollecita "a procedere alla legiferazione sulle misure accompagnatorie del piano carceri annunciate dal ministro Alfano". Nelle carceri della Sicilia, secondo alla Uil, la situazione è resa ancora più pesante anche da carenze di personale: rispetto agli organici previsti mancano 7 dirigenti penitenziari, 63 educatori, 3 assistenti sociali, 23 contabili, 51 collaboratori e 68 tecnici, mentre la polizia penitenziaria conta su 4.616 unità assegnate a fronte delle 4.920 previste.

Questo dato - avverte il segretario generale - non tragga in inganno perché la situazione è ben peggiore di quella che si evince dal pur negativo dato numerico. Occorre, infatti, tener conto dell’età media piuttosto avanzata; delle malattie a lungo corso; dei prossimi collocamenti in quiescenza; delle unità distratte ad altri compiti; dell’apertura di nuove sezioni e istituti. Insomma in Sicilia i carichi di lavoro e i detenuti raddoppiano ma il personale nelle carceri diminuisce".

Siracusa: Commissione carceri incontra il Dipart. Dipendenze

 

www.siracusanews.it, 26 marzo 2010

 

La speciale commissione sulle carceri, presieduta dal consigliere Carmelo Spataro, nell’ambito della raccolta di informazioni che ha come obiettivo finale quello di garantire una migliore vivibilità dei detenuti all’interno delle strutture penitenziarie, ha incontrato, questa mattina, il dott. Roberto Cafiso, noto terapeuta, direttore del Dipartimento dipendenze patologiche, che ha spiegato, alla commissione, come vengono trattati quei detenuti tossicodipendenti.

"Innanzitutto - ha esordito il presidente della commissione, Carmelo Spataro - voglio comunicare che ho fissato altri due momenti dedicati alla conoscenza del mondo carcerario. Giorno 30 marzo, infatti, incontreremo i rappresentanti dei tre dipartimenti di salute mentale (Siracusa, Augusta e Noto), e il giorno successivo incontreremo i rappresentanti dell’ufficio esecuzioni penali esterne. Noi, attraverso questi contatti, intendiamo prendere consapevolezza delle criticità e verificare in un secondo momento quali iniziative può assumere il Consiglio provinciale che tratterà la questione in una seduta informale".

"Intanto - ha esordito il dott. Cafiso - complimenti per l’iniziativa che avete preso. Per quanto riguarda le dipendenze patologiche, assistiamo un gruppo di detenuti (solo su Siracusa) che varia da 15 a 40 e naturalmente forniamo loro un’assistenza diretta. Va detto che in qualche circostanza alcuni detenuti, per vari motivi, si rifiutano di assumere il farmaco e questo diventa un vero e proprio problema". E va detto che tra i detenuti - come è emerso nel corso della riunione - ve ne sono alcuni che hanno dipendenza dall’alcol.

A proposito della compatibilità del detenuto con la struttura carceraria, è stato puntualizzato che, in ogni caso, al di là delle perizie che vengono presentate, l’ultima decisione spetta sempre al giudice di sorveglianza che può emettere un provvedimento che va nella direzione opposta della perizia.

"Credo - ha aggiunto il dott. Cafiso - che occorrerebbe creare, all’interno del carcere, veri e propri reparti dove possano trovare ospitalità i tossicodipendenti, in maniera tale che possano essere gestiti con criteri simili a quelli usati all’interno delle comunità terapeutiche. In questo caso il carcere può avere un senso. Non bisogna dimenticare che il tossicodipendente è un ammalato".

Carmelo Spataro si è anche soffermato sul concetto di pena educativa e la riflessione che ne è venuta fuori è che in questo caso servirebbe un trattamento individuale nei confronti del detenuto. Il consigliere Nino Iacono ha posto il problema del sovraffollamento sostenendo che occorre andare alla ricerca delle responsabilità. Gino Gionfriddo ha sostenuto l’esigenza di una riforma penitenziaria per dare la giusta dignità a queste persone. Francesco Saggio ha sottoposto all’attenzione dei presenti una problematica importante: il futuro dei detenuti. "Dobbiamo fare qualcosa, perché il concetto del dopo è caro anche a loro". Ultima annotazione quella del dott. Cafiso: "Dovrebbero essere istituiti corsi formativi per la polizia penitenziaria, perché questi agenti hanno un ruolo importantissimo".

Alla riunione, come componente della commissione, ha partecipato anche il presidente del Consiglio provinciale, Michele Mangiafico, che ha dichiarato: "Il lavoro condotto dall’Asp (azienda sanitaria provinciale) dal punto di vista del rapporto con i carcerati tossicodipendenti, rappresenta ancora una ulteriore cartina di tornasole della forbice esistente tra detenzione e trattamento e della difficoltà di passare dal semplice contenimento del detenuto al vero e proprio trattamento e recupero in vista del suo reinserimento nella società". Alla riunione hanno partecipato i consiglieri Liddo Schiavo, Nino Iacono, Gino Saitta, Corrado Calvo, Niki Paci, Francesco Saggio, Gino Gionfriddo, oltre al presidente Carmelo Spataro e al presidente del Consiglio, Michele Mangiafico.

Livorno: tensioni alle Sughere; detenuto aggredisce un agente

 

Il Tirreno, 26 marzo 2010

 

Non si placano le tensioni all’interno del carcere delle Sughere. Martedì c’è stata un’altra aggressione di un agente da parte di un detenuto durante il trasporto al campo sportivo. Un gesto di violenza, originato per banali motivi, che è il sintomo del malcontento che domina all’interno del carcere. L’agente ha riportato delle ferite alla mano per parare il calcio ed è dovuto ricorrere alle cure del pronto soccorso. Secondo il referto medico, ne avrà per una decina di giorni. L’episodio è avvenuto a pochi giorni dal caos esploso domenica, quando nel giro di poche ore si sono verificati tre tentati suicidi e un incendio all’interno di una cella. I detenuti, come denunciano i sindacati, sono esasperati da una situazione di sovraffollamento; mentre gli agenti penitenziari sono molti meno rispetto al numero previsto dal regolamento.

Mentre le celle create per una persona ne ospitano tre, mentre i detenuti soffrono per le condizioni precarie e gli agenti si ritrovano a far fronte a un’emergenza 24 ore su 24, l’istituto detentivo continua a non avere un direttore. A capo delle Sughere, infatti, non c’è nessuno da quando l’ex direttrice Anna Carmineo è andata in pensione. C’è solo un direttore provvisorio, che però è in carica a Volterra e viene ogni tanto anche in città.

Sulmona: il ministro Alfano promette più agenti per il carcere

 

Il Centro, 26 marzo 2010

 

Il ministro della Giustizia Angelino Alfano assicura un’attenzione particolare su carcere e tribunale con il potenziamento dell’organico. Il Guardasigilli è arrivato ieri in città per sostenere la candidatura alla Provincia di Antonio Del Corvo. Durante l’incontro il presidente del consiglio Silvio Berlusconi si è collegato telefonicamente. Non è mancato un riferimento alle intercettazioni telefoniche e alla libertà di stampa. Sono le 16,50 quando il ministro Alfano, con 10 minuti di anticipo sulla tabella di marcia, entra nel cinema Pacifico. Ad attenderlo oltre 700 sostenitori che lo accolgono con applausi e strette di mano. A fare gli onori di casa l’onorevole Paola Pelino, il sindaco Fabio Federico, esponenti della giunta e candidati consiglieri di centrodestra. All’incontro hanno partecipato anche Del Corvo, il senatore Filippo Piccone e il presidente della giunta regionale Gianni Chiodi

"Non sguarniremo il carcere di Sulmona" ha assicurato "una struttura che deve funzionare al meglio". Per risolvere la carenza di organico, Alfano ha garantito l’arrivo di altri agenti di Polizia penitenziaria che saranno selezionati con il bando che prevede 2mila nuove assunzioni. Sul fronte del sovraffollamento dei detenuti il ministro ritiene di risolvere il problema con la riforma delle carceri che prevede la realizzazione di altre strutture sul territorio nazionale.

Da sempre sotto la scure dei tagli, perché considerato struttura minore, ora il tribunale cittadino può contare sull’attenzione del ministro. Il tribunale soffre di una cronica carenza di organico. "Ho già fatto avviare uno screening per valutare la situazione del tribunale cittadino" ha aggiunto Alfano "quando avrò i risultati potrò confrontarli con quelli degli altri uffici giudiziari e comprendere come intervenire, anche sotto il profilo occupazionale".

Frosinone: Uil; carcere è in emergenza vogliamo delle risposte

 

Il Messaggero, 26 marzo 2010

 

"Siamo alla deriva completa nel più clamoroso degli allarmi che nessuno di chi ha competenza sembra voler raccogliere". Eugenio Sarno, segretario generale della Uil Penitenziari, ha commentato così le cifre e i numeri della disastrata situazione nei penitenziari del Lazio. Anche in provincia di Frosinone la situazione si conferma grave. La rilevazione è datata 28 febbraio: al carcere di via Cerreto, nel capoluogo, su una capienza regolamentare di 325 detenuti ne erano presenti 498, addirittura 173 in più; situazione solo di poco meno grave a Cassino dove la capienza è fissata a 154 e sono in 252, quasi cento in più. Va meglio invece a Paliano, ma è anche normale vista la conformazione del carcere di massima sicurezza, dove su 61 posti ne sono occupati 50: 47 uomini e tre donne. "Siamo ben consapevoli tra l’altro - continua Sarno - che dal 28 febbraio scorso la situazione si è ulteriormente aggravata". E non solo quella delle presenze dei detenuti ma anche della scarsità di agenti di polizia penitenziaria e amministrativi: "Nel Lazio rispetto agli organici previsti per il personale amministrativo - così Sarno - mancano 44 educatori, 63 assistenti sociali, 30 contabili, 73 tecnici e 101 collaboratori. Gli stessi agenti di Polizia Penitenziaria sono troppo pochi: è una situazione insostenibile, destinata a provocare pulsioni e tensioni all’interno delle carceri che potrebbero non essere adeguatamente fronteggiate".

Padova: inaugurato ambulatorio per detenuti del Due Palazzi

 

Il Mattino di Padova, 26 marzo 2010

 

È stato firmato ieri in Prefettura il protocollo che inaugura un nuovo ambulatorio all’interno del carcere Due Palazzi. Si tratta di locali attrezzati che potenziano sia l’area di cura che la diagnostica. In questi giorni è stata collaudata inoltre la fibra ottica alla Casa di Reclusione per inviare le immagini di radiologia. Questo servizio si aggiunge alla guardia medica: nel Circondariale è aperta 18 ore al giorno, mentre alla casa di reclusione 24 ore al giorno e impegna 8 medici. Più gli specialisti: infettivologo, psichiatra, cardiologo, otorino, odontoiatra, ecografista e chirurgo.

A presentare il progetto in piazza Antenore c’erano il prefetto Ennio Mario Sodano, il sottosegretario agli Interni Elisabetta Alberti Casellati, il direttore dell’Ulss 16 Fortunato Rao e i direttori della Casa di Reclusione e della Casa Circondariale. Ad assistere il questore Luigi Savina, il comandante provinciale dell’Arma Vincenzo Procacci, il colonnello della Guardia di Finanza Ivano Maccani e l’assessore provinciale Enrico Pavanetto.

È il primo passo di un progetto più ambizioso: "Una zona sanitaria protetta all’interno della Provincia" rivela il prefetto Ennio Mario Sodano "in questo modo sarebbero risparmiate importanti risorse per gli spostamenti dei detenuti-pazienti, accompagnati dagli agenti penitenziari". E verrebbe così risolto un problema più volte sollevato.

Spoleto: detenuto aggredisce 3 agenti ed il medico del carcere

 

Il Velino, 26 marzo 2010

 

Non posso che giudicare con estrema preoccupazione l’ennesima grave aggressione a tre appartenenti alla Polizia Penitenziaria ed al medico di guardia, avvenuta ieri pomeriggio nel carcere di Spoleto. I colleghi ed il medico - ai quali esprimiamo tutta la nostra vicinanza e solidarietà - sono stati violentemente aggrediti da un detenuto italiano non nuovo a episodi del genere (anche per la particolare possente stazza fisica), tanto da dover ricorrere alle cure dei sanitari.

Tutto questo è gravissimo ed inaccettabile, tanto più se si pensa che avviene a pochi giorni da un’affollata assemblea del Sappe con il Personale di Spoleto sulle gravi criticità operative dell’Istituto. Bisogna contrastare con fermezza questa ingiustificata violenza in danno dei rappresentati dello Stato in carcere e punire con pene esemplari chi li commette: penso ad un maggiore ricorso all’isolamento giudiziario fino a fine pena con esclusione delle attività in comune ai detenuti che aggrediscono gli Agenti.

Ma penso anche che si debba arrivare a definire, come sostiene da tempo il Sappe, circuiti penitenziari differenziati in relazione alla gravità dei reati commessi, con particolare riferimento al bisogno di destinare, a soggetti di scarsa pericolosità o che necessitano di un percorso carcerario differenziato (come i detenuti tossicodipendenti), specifici circuiti di custodia attenuata anche potenziando il ricorso alle misure alternative alla detenzione per la punibilità dei fatti che non manifestano pericolosità sociale.

È quanto dichiara Donato Capece, Segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe - il primo e più rappresentativo della Categoria -, a commento del grave episodio accaduto ieri pomeriggio nel carcere di Spoleto. Aggiunge Capece: "Questi episodi violenti di aggressione ai nostri Agenti sono la risultanza tra il crescente sovraffollamento penitenziario, le gravi carenze organiche del Corpo di Polizia Penitenziaria, che ha ben 5mila Agenti in mano, e la mancanza di provvedimenti concreti delle Direzioni penitenziarie a tutela delle donne e degli uomini della Penitenziaria, che lavorano nella prima linea delle sezioni detentive completamente disarmati e senza tutela alcuna.

La grave e critica situazione del carcere di Spoleto emerge chiaramente esaminando i dati relativi agli organici del Corpo di Polizia ed alle presenze di detenuti: alla data del 28 febbraio scorso c’erano detenute circa 570 persone per 450 posti letto regolamentari. Mancano in organico ben 62 poliziotti penitenziari e complessivamente 17 figure professionali nelle varie qualifiche (e tra esse ben 6 educatori) del Comparto ministeri".

Il Sappe - che nei giorni scorsi ha tenuto un assemblea in carcere proprio a Spoleto con il Segretario Generale Donato Capece per le criticità operative locali - tornerà a chiedere al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria di Roma di adottare urgenti provvedimenti per il carcere di Spoleto , finalizzati da un lato ad incrementare concretamente gli organici del Reparto di Polizia Penitenziaria e dall’altro a ridurre il numero dei detenuti presenti.

Genova: Verdi e Radicali oggi fanno visita a carcere di Marassi

 

Ansa, 26 marzo 2010

 

Cristina Morelli, capolista dei Verdi alle elezioni regionali, insieme a Bruno Mellano, Presidente nazionale di Radicali Italiani, visitano ggi la comunità penitenziaria (detenuti, agenti, medici ecc.) della casa circondariale di Genova - Marassi. Al termine della visita - alle ore 16.15 circa - Morelli e Mellano terranno una conferenza stampa davanti all’istituto penitenziario. Sarà l’occasione per fare un bilancio a fine legislatura della realtà carceraria regionale a seguito delle numerose visite effettuate negli anni dai due consiglieri verdi oltre che per riportare all’attenzione la proposta di legge dei Verdi per istituire anche in Liguria la figura del Garante regionale delle persone detenute: uno strumento di garanzia in grado di aiutare le istituzioni nel difficile compito di far fronte alle esigenze delle carceri ligure vittime di una situazione di sovraffollamento sempre più preoccupante."

Bollate: i cavalli sequestrati "accolti" nel maneggio del carcere

 

Redattore Sociale, 26 marzo 2010

 

Il carcere di Bollate diventerà un punto di riferimento, in collaborazione con il Comune di Milano e la polizia locale, per la gestione di cavalli oggetto di sequestro. I primi "ospiti" del maneggio del carcere: due puledri di un anno.

Il carcere di Bollate diventerà un punto di riferimento, in collaborazione con il Comune di Milano e la polizia locale, per la gestione di cavalli oggetto di sequestro. I primi "ospiti" del maneggio del carcere: due puledri di un anno sequestrati due settimane fa. Una nuova sfida per i detenuti coinvolti nel progetto "Cavalli in carcere", attivo dal 2007, in collaborazione con l’Associazione salto oltre il muro (Asom). Il progetto di accoglienza per i cavalli sequestrati alla malavita o per quegli animali che vivevano in condizioni di degrado sta muovendo i primi passi. "Per un privato è difficile gestire questi animali, per motivi di costi e spazi. Qui abbiamo strutture e persone che possono lavorare su questo progetto", spiega Claudio Villa, presidente dell’Asom. Ma anche perché, talvolta, capita che i vecchi proprietari reclamino la restituzione dei loro animali minacciando i nuovi proprietari.

Nel carcere di Bollate sono già sette i cavalli con cui lavorano i detenuti (cui si sono aggiunti da poco i due puledri sequestrati, ancora da svezzare). A oggi sono stati completati tre corsi (il quarto è in fase di svolgimento) da artiere, o uomo di scuderia, con una preparazione di base nella conoscenza del cavallo. Una cinquantina di detenuti lo hanno superato. Il progetto "Cavalli in carcere" verrà illustrato sabato 27 marzo (ore 11) nell’ambito della Fiera Malpensa Cavalli - Sala Macchi. Interverranno Lucia Castellano, direttrice della casa di reclusione Milano-Bollate, Claudio Villa e Gianluca Comazzi, garante per la tutela degli animali del Comune di Milano.

Velletri: rubano 5 quintali di legna, arrestati, rischiano 4 anni

 

Dire, 26 marzo 2010

 

Gli agenti del comando stazione di Velletri del Corpo forestale dello Stato hanno tratto in arresto quattro persone sorprese a tagliare e rubare legname all’interno della Selva Comunale di Velletri, in località Maraccio sul Monte Artemisio. Secondo quanto emerso dalle segnalazioni degli abitanti della zona, i quattro uomini, tutti di nazionalità italiana tra i 20 ed i 50 anni, avevano iniziato già da diversi giorni a tagliare gli alberi di robinia.

Durante le perquisizioni effettuate nell’abitazione di uno dei quattro arrestati, gli agenti hanno rinvenuto e posto sotto sequestro oltre cinque quintali di legname rubato e pronto per essere venduto, una bascula e il carrello utilizzato per il trasporto della refurtiva. I quattro uomini, tre dei quali pregiudicati, sono stati immediatamente arrestati con le accuse di furto, taglio abusivo e deturpamento di bellezze naturali e condotti quindi presso il Tribunale di Velletri per essere sottoposti al processo per direttissima. Il giudice, insieme ai sequestri, ha convalidato il fermo, condannando gli imputati all’obbligo di firma in attesa del processo. I quattro indagati, tre residenti a Velletri e uno originario di Lariano, rischiano ora la reclusione da uno a quattro anni.

Immigrazione: progetto Maroni; zero ingressi, tanti nuovi Cie

di Dina Galano

 

Terra, 26 marzo 2010

 

L’annuncio del ministro Maroni: "Nel 2010 apriremo altri dieci centri di identificazione e gli sbarchi si ridurranno del 100 per cento". Mentre il settore agricolo attende ancora l’arrivo degli stagionali.

A pochi giorni dall’appuntamento elettorale, la lotta all’immigrazione clandestina modello Maroni riprende vigore. E irregolarità continua a far rima con criminalità. Nonostante statistiche autorevoli abbiano ampiamente dimostrato che collegare la commissione dei reati alla crescita della componente straniera della popolazione è operazione del tutto fuorviante (un’equazione recentemente contestata anche dalla portavoce Onu per i diritti umani, Navy Pillay, durante la sua visita in Italia), ieri il ministro dell’Interno è tornato a pubblicizzare iniziative di contrasto e contenimento dei movimenti migratori. "Il 2009 - ha sostenuto il ministro - è stato il primo anno in cui sono diminuiti i reati compiuti dagli extracomunitari, perché sono diminuiti i flussi di entrata dei clandestini. Checché ne dicano i buonisti, una significati-

va riduzione della delittuosità da parte degli immigrati, che fino al 2008 è stata di segno più e nel 2009 è calata del 14 per cento". A seguire, poi, l’annuncio di nuove misure di sicurezza, tra. cui l’apertura di "almeno dieci nuovi centri di identificazione ed espulsione entro il 2010". Non si conoscono ancora i luoghi prescelti per la costruzione delle strutture, ma pare sia stato già fatto un censimento.

Probabilmente il primo Cie sarà costruito nel bresciano da dove, ieri, lo stesso Maroni ha lanciato la nuova campagna anti clandestinità al fianco di Renzo Bossi, il figlio del leader leghista candidato in Lombardia. Una regione dove il centro di Via Corelli è stato conosciuto per le rivolte degli immigrati detenuti in condizioni disumane, per gli scioperi della fame (l’ultimo risale ai primi giorni di marzo e ha coinvolto gli immigrati detenuti in tutta Italia) e per la violenza della polizia. Per non incorrere in esiti impopolari, poi, il ministro ha assicurato il coinvolgimento di tutte le amministrazioni locali nelle fasi decisionali, garantendo che comunque "saranno luoghi lontani dai centri abitati e all’interno dei siti aeroportuali".

Prima di isolarli, però, bisogna impedire che arrivino. L’attività principale, quella che serra le frontiere all’entrata, sarà sempre più incisiva e "l’obiettivo per il 2010 è di ridurre flussi del 100 per cento", ha indicato il ministro. Anche se non nell’immediato, perché la stagione dei raccolti è in arrivo e, come di consueto, serve la manodopera nei campi. Per questo è in preparazione il decreto flussi che però è in ritardo, come denunciato dalle associazioni di imprenditori agricoli; e la Coldiretti ieri è tornata a ribadire che "dal via libera all’ingresso di 80mila lavoratori immigrati dipende il 10 per cento dei raccolti nelle campagne italiane dove stanno per iniziare i lavori di preparazione della primavera". Si prevede, dunque, il nulla osta per 80mila persone, ma non vi è traccia della misura vera e propria, quella che permette annualmente l’ingresso di lavoratori extracomunitari. La scorsa settimana il ministro Sacconi aveva annunciato che "il decreto ricalcherà grossomodo quello del 2008". Centocinquantamila persone attese per essere impiegate dai datori di lavoro italiani e che, tranne qualche eccezione, non saliranno sul treno degli stagionali".

Droghe: Olanda; multa da 10 mln € a proprietario coffee shop

 

Il Velino, 26 marzo 2010

 

Il proprietario del più grande coffee shop olandese è stato multato di 10 milioni di euro per aver infranto le leggi sulla droga. Meddie Willemsen è stato anche condannato a quattro mesi di carcere ma è stato liberato in quanto ha già scontato la pena prima del processo. La decisione testimonia il mutamento di rotta in corso da qualche anno rispetto alla politica di tolleranza sulle droghe leggere che dagli anni Settanta è stata adottata in Olanda. Un mutamento che ha visto prima la decisione di chiudere in alcune città tutti i coffee shop (nome con cui sono normalmente conosciuti i negozi dove si acquistano hashish e marijuana nei Paesi Bassi) situati a meno di 200 metri dalle scuole; poi l’applicazione della legge antifumo che ha costretto molti rivenditori a impedire la consumazione degli spinelli nei propri locali. Il coffee shop Checkpoint, basato a Terneuzen, al confine col Belgio, prima di essere chiuso l’anno scorso serviva tremila clienti al giorno, al punto da aver costruito un parcheggio per facilitare il flusso della clientela.

Willemsen è stato condannato perché trovato in possesso di circa 200 kg di derivati della cannabis, mentre il limite consentito per i coffee shop è di 500 grammi. Una quantità che ha indotto le autorità ad accusare lui e i suoi collaboratori anche di esportazione di stupefacenti e appartenenza a un’organizzazione criminale. La multa di 10 milioni di euro è inferiore a quella di 28 chiesta dal pubblico ministero perché, secondo i giudici, "il Checkpoint non avrebbe mai potuto espandersi quanto ha fatto senza la collaborazione del municipio di Terneuzen".

L’uso della cannabis è tecnicamente illegale in Olanda, ma dal 1976 è tollerato in base a una politica di tolleranza volta a isolare il mercato delle droghe pesanti. Nel luglio 2009, però, una commissione di esperti istituita dal premier Jan Peter Balkenende invitava a studiare nuove misure per la gestione delle politiche sulla droga, specie alla luce del particolare turismo causato dalla depenalizzazione.

Messico: 40 detenuti evadono destituito il direttore del carcere

 

Ansa, 26 marzo 2010

 

Più di 40 reclusi sono evasi oggi dal carcere della città di Matamoros, nello stato di Tamaulipas, a ridosso con la frontiera Usa. Lo ha reso noto il governatorato locale, precisando che quasi tutti essi erano in prigione per reati relativi al narcotraffico. Ives Soberon, segretario per la sicurezza di Tamaulipas - uno degli Stati messicani con la maggior presenza di bande legate al traffico della droga - ha assicurato in proposito che, alla luce delle prove finora raccolte, la massiccia evasione è avvenuta con la complicità di almeno due dei guardiani. Il direttore del penitenziario è stato immediatamente destituito.

 

 

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