Rassegna stampa 5 gennaio

 

Giustizia: la politica che "se ne frega" dei poveri e dei detenuti

 

Agi, 5 gennaio 2009

 

La crisi in Italia c’è, e si consuma "nell’indifferenza generale di una classe politica, tutta, che pensa solo a sistemare se stessa" e "se ne frega" della povera gente. L’editoriale di Famiglia Cristiana di questa settimana è dedicato a chi "vede" la crisi "nella borsa della spesa": i poveri che "fanno fatica a metterci qualcosa".

Per questo, il settimanale cattolico si augura che tra le "grandi riforme" annunciate dal Presidente del Consiglio per il 2010 vi siano anche l’aiuto alle famiglie e la lotta contro la povertà, e il sostegno a quei "poveri" particolari che sono i carcerati. "Nel nostro Paese è ancora l'Istat a ricordarcelo, ci sono 8 milioni e 78mila poveri", scrive Famiglia Cristiana, "concentrati, soprattutto, al Sud". Di questi, 2 milioni e 893mila sono "i poveri tra i poveri": non possono permettersi neppure beni e servizi essenziali".

Anche "i dati del pianeta carcerario sono drammatici: 66mila detenuti, ammassati in prigioni che potrebbero ospitarne meno di 44mila; 70 suicidi in un anno; 864 tentati suicidi". L’editoriale puntualizza che la povertà dilaga "nell’indifferenza generale di una classe politica, tutta, che pensa solo a sistemare sé stessa. E bene. Dall’immunità ai processi. Della povera gente se ne frega".

Ben altri esempi da Benedetto XVI che, pranzando con 150 poveri alla mensa della Comunità di Sant’Egidio, ha detto: "Le vostre persone e le vostre vicende non sono lontane dai miei pensieri, ma al centro e nel cuore della comunità dei credenti" e dal cardinal Tettamanzi che, visitando i detenuti nel carcere milanese di San Vittore è rimasto sconcertato dinnanzi a "situazioni di squallore intollerabile".

La Chiesa, infatti, "riconosce nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suo fondatore, povero e sofferente". "Noi", conclude Famiglia Cristiana, "vogliamo ricordarlo, soprattutto, ai politici che rivendicano le radici cristiane. Forse, però, fin dove c’è convenienza politica. Non oltre. Mentre nel Vangelo c’è anche scritto: Avevo fame e mi avete dato da mangiare, carcerato e siete venuti a trovarmi, straniero e mi avete accolto".

Giustizia: 65.774 auguri di un "anno migliore"... per le carceri

di Stefano Anastasia

 

www.rassegna.it, 5 gennaio 2009

 

Il 2009 è stato, come si è cominciato a scrivere, l’annus horribilis delle carceri italiane. I 58134 detenuti del 31 dicembre 2008 sono diventati 65774 il 10 dicembre scorso: 7600 e passa detenuti in più, in un sistema penitenziario che - per strutture, risorse e personale - non ne potrebbe ospitare più di 43mila.

Il collasso del sistema penitenziario, una vera e propria catastrofe umanitaria, è alle porte mentre a Roma si discute. È più di un anno che il Governo promette il suo fantomatico piano straordinario di edilizia penitenziaria. Non serve a niente e glielo abbiamo detto in ogni modo, da un anno a questa parte: per costruire i posti detentivi necessari alla bisogna servono soldi e tempo e il Governo non ha né gli uni né l’altro. Intanto in galera si muore: di botte, di incuria o per mano propria.

Il 12 gennaio, alla Camera dei deputati, si discuteranno le mozioni sul carcere. Il Governo che farà? Continuerà a raccontare la balla del "piano carceri"? o deciderà finalmente di assumersi la responsabilità di quello che sta accadendo negli istituti penitenziari e di quello che potrà succedere nel 2010? E già, perché il sovraffollamento non è il prodotto di una congiunzione astrale, né del destino cinico e baro. E tantomeno è il frutto delle migrazioni planetarie. In galera non ci si va, se non c’è un titolo di reato che ti ci manda. E questo Governo non manca occasione per promettere più galera per tutti (pardon: per molti, per altri no).

Tre anni fa furono sufficienti 3000 detenuti in meno di quanto ce ne sono oggi per convincere il parlamento a votare a larghissima maggioranza una riduzione di pena che fece uscire di galera quasi 30mila persone. Basteranno quelli in più di oggi per rivedere le assurde limitazioni alle alternative alla detenzione, gli aggravi di pena, le custodie cautelari in carcere obbligatorie, le leggi carcerogene sulla droga e l’immigrazione? 65.774 auguri di un anno migliore!

Giustizia: Camera; l’11 due mozioni sulla "emergenza carcere"

di Benedetta Verrini

 

Vita, 5 gennaio 2009

 

Due mozioni che tengono conto del "numero elevato ed in costante crescita della popolazione detenuta, che ad oggi si avvicina alle 66.000 presenze - a fronte di una capienza regolamentare di 43.074 posti" e del "sovraffollamento insostenibile delle nostre strutture penitenziarie": sono le prime voci nell’agenda della Camera dei deputati che si riunirà dopo la pausa di festività l’11 gennaio. La prima delle due mozioni rivolte al governo, firmata da un gruppo trasversale di deputati tra cui Della Vedova (Pdl), Pistelli (Pd), Coscioni (Pd), Realacci (Pd), impegna il governo a un pacchetto complesso di riforme "volte ad attuare, con il più ampio confronto con le forze politiche presenti in Parlamento, una riforma davvero radicale in materia di custodia cautelare preventiva, di tutela dei diritti dei detenuti, di esecuzione della pena e, più in generale, di trattamenti sanzionatori e rieducativi". Ecco di seguito le iniziative proposte:

a) la riduzione dei tempi di custodia cautelare, perlomeno per i reati meno gravi, nonché del potere della magistratura nell’applicazione delle misure cautelari personali a casi tassativamente previsti dal legislatore, previa modifica dell’articolo 280 del codice di procedura penale;

b) l’introduzione di meccanismi in grado di garantire una reale ed efficace protezione, del principio di umanizzazione della pena e del suo fine rieducativo, assicurando al detenuto un’adeguata tutela giurisdizionale nei confronti degli atti dell’amministrazione penitenziaria lesivi dei suoi diritti;

c) l’istituzione a livello nazionale del Garante dei diritti dei detenuti, ossia di un soggetto che possa lavorare in coordinamento e su un piano di reciproca parità con la magistratura di sorveglianza, in modo da integrare quegli spazi che non possono essere tutti occupati in via giudiziaria;

d) il rafforzamento sia degli strumenti alternativi al carcere previsti dalla cosiddetta legge "Gozzini", da applicare direttamente anche nella fase di cognizione, sia delle sanzioni penali alternative alla detenzione intramuraria, a partire dall’estensione dell’istituto della messa alla prova, previsto dall’ordinamento minorile, anche al procedimento penale ordinario;

e) l’applicazione della detenzione domiciliare, quale strumento centrale nell’esecuzione penale relativa a condanne di minore gravità, anche attraverso l’attivazione di serie ed efficaci misure di controllo a distanza dei detenuti;

f) l’istituzione di centri di accoglienza per le pene alternative degli extra-comunitari, quale strumento per favorirne l’integrazione ed il reinserimento sociale e quindi ridurre il rischio di recidiva;

g) la creazione di istituti "a custodia attenuata" per tossicodipendenti, realizzabili in tempi relativamente brevi anche ricorrendo a forme di convenzioni e intese con il settore privato e del volontariato che già si occupa dei soggetti in trattamento;

h) la piena attuazione del principio della territorialità della pena previsto dall’ordinamento penitenziario, in modo da poter esercitare al meglio tutte quelle attività di sostegno e trattamento del detenuto che richiedono relazioni stabili e assidue tra quest’ultimo, i propri familiari e i servizi territoriali della regione di residenza;

i) la revisione del sistema di sospensione della pena al momento della definitività della sentenza di condanna, abolendo i meccanismi di preclusione per i recidivi specifici e infraquinquennali reiterati nonché per coloro che rientrano nell’articolo 4-bis della legge n. 354 del 1975, sull’ordinamento penitenziario; introducendo, nel contempo, termini perentori entro i quali i tribunali di sorveglianza devono decidere sulla misura alternativa richiesta;

l) l’abolizione del meccanismo delle preclusioni di cui all’articolo 41-bis della citata legge n. 354 del 1975 sull’ordinamento penitenziario con recupero da parte della magistratura di sorveglianza e degli organi istituzionalmente competenti del potere di valutare i singoli percorsi rieducativi in base alla personalità del condannato, alla sua pericolosità sociale e a tutti gli altri parametri normativamente previsti;

m) la radicale modifica dell’articolo 41-bis della citata legge n. 354 del 1975, sull’ordinamento penitenziario in modo da rendere il cosiddetto "carcere duro" conforme alle ripetute affermazioni della Corte costituzionale sulla necessità che sia rispettato, in costanza di applicazione del regime in questione, il diritto alla rieducazione e ad un trattamento penitenziario conseguente;

n) l’adeguamento degli organici del personale penitenziario ed amministrativo, nonché dei medici, degli infermieri, degli assistenti sociali, degli educatori e degli psicologi, non solo per ciò che concerne la loro consistenza numerica, ma anche per ciò che riguarda la promozione di qualificazioni professionali atte a facilitare il reinserimento sociale dei detenuti;

o) il miglioramento del servizio sanitario penitenziario, dando seguito alla riforma della medicina penitenziaria già avviata con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008, in modo che la stessa possa trovare, finalmente, effettiva e concreta applicazione;

p) l’applicazione concreta della legge 22 giugno 2000, n. 193 (cosiddetta legge Smuraglia), anche incentivando la trasformazione degli istituti penitenziari, da meri contenitori di persone senza alcun impegno ed in condizioni di permanente inerzia, in soggetti economici capaci di stare sul mercato e, come tali, anche capaci di ritrovare sul mercato stesso le risorse necessarie per operare, riducendo gli oneri a carico dello Stato e, quindi, della collettività;

q) l’esclusione dal circuito carcerario delle donne con i loro bambini;

r) la limitazione dell’applicazione delle misure di sicurezza ai soli soggetti non imputabili (abolendo il sistema del doppio binario) o comunque l’adozione delle opportune iniziative normative volte ad introdurre una maggiore restrizione dei presupposti applicativi delle misure di sicurezza a carattere detentivo, magari sostituendo al criterio della "pericolosità" (ritenuto di dubbio fondamento empirico) quello del "bisogno di trattamento";

s) la possibilità per i detenuti e gli internati di coltivare i propri rapporti affettivi anche all’interno del carcere, consentendo loro di incontrare le persone autorizzate ai colloqui in locali adibiti o realizzati a tale scopo, senza controlli visivi e auditivi;

t) l’istituzione di un’anagrafe digitale pubblica delle carceri in modo da rendere la gestione degli istituti di pena trasparente al pubblico;

u) una forte spinta all’attività di valutazione e finanziamento dei progetti di reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti, nonché di aiuti alle loro famiglie, prevista dalla legge istitutiva della Cassa delle ammende;

v) la modifica del testo unico sulle sostanze stupefacenti di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, in particolare prevedendo che anche l’attività di coltivazione di sostanza stupefacente il cui ricavato sia destinato ad un uso esclusivamente personale venga depenalizzata ed assuma quindi una rilevanza meramente amministrativa in conformità a quanto previsto dal referendum del 1993.

Giustizia: un anno di progetti per riforma, ma nessuno è legge

 

Asca, 5 gennaio 2009

 

Un anno a parlare di riforme della giustizia. Eppure, il 2009 si chiude con tanti disegni di legge e nessun testo approvato. Tra tutti quelli proposti dalla maggioranza di governo, l’unico che aveva superato l’intero iter parlamentare e la firma del presidente della Repubblica (ma questo già nel 2008) era il Lodo Alfano, legge destinata a tutelare le quattro più alte cariche dello Stato da tutti i procedimenti penali, compresi quelli in corso.

Il 7 ottobre 2009, con una votazione a maggioranza, la Corte costituzionale l’ha bocciato, accogliendo i ricorsi presentati dai tribunali di Milano e Roma. Per i primi giorni di gennaio, i senatori Gaetano Quagliarello e Maurizio Gasparri hanno annunciato che presenteranno un progetto di legge analogo, da approvare con legge costituzionale, che potrebbe riportare in vita quel testo. Escluso il lodo Alfano e il suo complesso iter, gli altri interventi sulla giustizia aspettano ancora un sì definitivo. L’11 giugno 2009, Montecitorio ha licenziato il disegno di legge sulle intercettazioni. Il testo propone di limitare l’uso degli ascolti solo ai casi in cui gli investigatori posseggano "gravi indizi di colpevolezza" sull’indagato. La proposta è stata tanto criticata dai magistrati e dallo stesso presidente della repubblica, da convincere la maggioranza ad un riesame del testo dall’esito ancora incerto. Al momento, il ddl 1415 ha superato l’esame della commissione giustizia del senato e attende di arrivare in aula.

La commissione di palazzo Madama sta analizzando anche il testo del progetto di riforma del processo penale, presentato in commissione il 10 marzo 2009. La legge dovrebbe contenere una maggiore autonomia per la polizia giudiziaria e una revisione dei poteri del pm, aumentando le prerogative della difesa. il pm potrà solo ricevere la notizia di reato senza più poter aprire fascicoli sullo spunto di articoli di giornale o confidenze private. Anche questo documento, è allo studio della commissione giustizia del Senato.

In cantiere ci sono poi due progetti di legge, presentati dalla maggioranza dopo la bocciatura del Lodo Alfano: il processo breve, e il legittimo impedimento. Il primo testo è in discussione sempre nella commissione di palazzo Madama, che prevede di mandarlo in aula entro il 12 gennaio. L’altro, il "legittimo impedimento", è affidato alle cure della commissione Giustizia della Camera che dovrebbe concluderne l’esame il 26 gennaio.

A Montecitorio, però, l’ordine potrebbe essere invertito. Dopo l’arrivo del processo breve dal Senato, la maggioranza potrebbe valutare di approvare prima il legittimo impedimento, inviarlo al Quirinale e una volta superato il placet del presidente valutare se ritirare il "processo breve", disegno di legge che prevede di bloccare praticamente tutti i processi in corso da più di due anni in primo grado. Il passaggio potrebbe aprire la strada alle "riforme condivise" auspicate dal Pdl, dall’Udc e da una parte del Pd.

Giustizia: Anm; caso Graviano, solidarietà a giudici di Palermo

 

Asca, 5 gennaio 2009

 

La Giunta esecutiva centrale dell’Associazione nazionale magistrati (Anm) "esprime la propria vicinanza e solidarietà ai giudici della Corte d’assise d’appello di Palermo, nei cui confronti esponenti politici e organi di informazione hanno reso, nei giorni scorsi, dichiarazioni incaute, prive di ogni fondamento e pesantemente lesive della loro dignità personale e professionale, muovendo dalla falsa notizia dell’attenuazione del regime di esecuzione della pena previsto dall’articolo 41 bis dell’Ordinamento penitenziario nei confronti del detenuto Giuseppe Graviano".

"L’Anm ritiene grave e inaccettabile - afferma il comunicato dell’Anm - la campagna di disinformazione e delegittimazione nei confronti di magistrati quotidianamente e coraggiosamente impegnati nella lotta alla mafia e nell’affermazione della legalità in Sicilia. Crediamo che, oggi più che mai, tutte le istituzioni dello Stato debbano ritrovare la massima determinazione e sinergia per risolvere i veri problemi che, sul piano normativo, ostacolano l’azione sviluppata dalla magistratura e dalle forze dell’ordine a tutela del diritto alla sicurezza dei cittadini: a cominciare dall’assurdo divieto di destinare i magistrati di prima nomina alle funzioni di pubblico ministero, che sta provocando la desertificazione delle Procure nelle regioni più esposte alla minaccia della criminalità organizzata".

Altamura (Ba): Pierpaolo morto per suicidio, o per "incidente"

 

www.notizie-online.it, 5 gennaio 2009

 

L’esame del medico legale ha escluso segni di lesione da parte di terzi sul corpo di Pierpaolo Ciullo, il detenuto 39enne trovato morto nel carcere di Altamura. Si esclude che la morte - avvenuta sabato pomeriggio, per asfissia - possa essere stata provocata.

Pierpaolo Ciullo, di 39 anni, di Acquarica del Capo (Lecce) è morto sabato pomeriggio nella sua cella nel carcere di Altamura per asfissia da inalazione da gas. L’ipotesi più probabile è il suicidio ma non è da escludere che possa essere stata una disgrazia. Ciullo era all’istituto penitenziario di Altamura da ottobre. Doveva scontare una pena, in fase terminale, per maltrattamenti in famiglia e reati contro la persona avvenuti all’interno del nucleo familiare. È il genere di reati per il quale si viene ristretti ad Altamura che è un carcere speciale.

Il suo corpo senza vita è stato trovato nel pomeriggio di sabato, subito dopo la messa alla quale non aveva partecipato. Era accanto ad un fornelletto da campeggio, alimentato da una bomboletta del gas, di quelle in uso ai detenuti. Il gas era aperto. L’ipotesi iniziale è stata quella del suicidio. Ma non è da escludere una disgrazia.

Di certo il medico legale non ha riscontrato segni esterni provocati da "terze persone". Non ci sono segni di violenza, dunque. Non è stata pertanto disposta l’autopsia. La direttrice del carcere, Caterina Acquafredda, definisce il detenuto "una persona che non ha mai creato problemi nella struttura, estremamente tranquilla, ossequiosa e rispettosa del personale".

Trento: 157 detenuti; celle piene di brande, è difficile muoversi

 

Il Trentino, 5 gennaio 2009

 

Stranieri due detenuti su tre. Con il 67,52% il carcere di Trento ha una delle percentuali di "ospiti" provenienti dall’estero più alte d’Italia: quasi il doppio della media nazionale (37,11%) e una concentrazione nettamente superiore anche a quella di Rebibbia (51,38%). Non solo: in via Pilati i detenuti sono 157 a fronte di una capienza "regolamentare" di 99 e "tollerabile" di 101. Angelo Fratacci è comandante della polizia penitenziaria.

 

Comandante, a Trento ci sono 157 detenuti a fronte di una capienza di 99. Cosa comporta per chi è recluso?

Spazi molto più stretti e invivibili. Le attività all’interno delle stanze vengono limitate dalla presenza delle brande. Manca anche lo spazio per stare in piedi o preparare la tavola. Il sovraffollamento crea disguidi, nervosismo e incomprensioni.

 

Come rispondete ai segnali d’insofferenza dei detenuti?

Impegnandoli con attività giornaliere. Da quelle lavorative domestiche - pulizie, cucina, assemblaggio nella piccola fabbrichetta interna - a quelle scolastiche. Il lavoro è molto ambito. Il 90% dei detenuti sono indigenti e il lavoro è anche fonte di guadagno. Ma non si può dare una risposta a tutti e perciò facciamo dei turni.

 

E per gli agenti il sovraffollamento cosa significa?

Più lavoro, più controlli, prevenire i contrasti, capire questa gente. È necessaria la massima attenzione. Due detenuti su tre sono stranieri, molti in attesa di condanna. Questo rende complicato pensare a un’opera di rieducazione. Finché il detenuto non è condannato non è prevista la rieducazione. Anche per i clandestini di cui non si conoscono né la provenienza, né gli affetti: molti hanno 10-15 alias.

 

Non si sa chi sono...

Proprio così. E una semilibertà o un affidamento comportano prerogative di legge che non hanno.

 

Il Sappe denuncia: i pensionati non vengono sostituiti con le necessarie assunzioni. Questo come si ripercuote sul vostro lavoro?

In turni di 8 ore e più. E non sempre tutti godono dei riposi.

 

Umanamente com’è il rapporto con i detenuti?

Lo definirei soddisfacente. Poi, come dicono nei film, loro sono i ladri noi le guardie. Compito nostro è garantire la sicurezza e l’ordine. La comprensione deve esserci da entrambe le parti.

Savona: Sappe; 80 detenuti per 36 posti, il S. Agostino scoppia

 

Secolo XIX, 5 gennaio 2009

 

"Auspichiamo che dalla Finanziaria 2010 arrivino adeguate risorse, economiche ed umane, per le strutture penitenziarie della Liguria ed in tal senso abbiamo inviato qualche giorno fa una nota al Ministro della Giustizia Angelino Alfano ed ai vertici dell’Amministrazione penitenziaria".

È quanto sostiene Roberto Martinelli del Sappe, il sindacato della polizia penitenziaria che fa anche un riferimento al Sant’Agostino di Savona: "Un penitenziario indegno per chi ci lavora e per chi sconta una pena (qualcuno addirittura in celle senza finestre!): oggi abbiamo 80 detenuti per 36 posti regolamentari, con il 55% dei detenuti stranieri. Ma sono altrettanto vergognosi i ritardi burocratici del Comune savonese, che fino ad oggi nulla ha fatto per sanare tali indecenze".

Secondo il Sappe "dalla Finanziaria (che stanzia 500 milioni di euro proprio per l’edilizia carceraria) servono anche risorse umane, e in particolare nuovo Personale di Polizia penitenziaria: la Liguria è infatti la Regione in Italia con la percentuale minore di poliziotti penitenziari in servizio rispetto a quelli previsti! Attualmente nelle carceri liguri sono impiegati 858 Poliziotti, pari al 67% dei 1.264 previsti (la media nazionale è dell’85%). E a Savona ne mancano, in organico, 14!".

Ancora Roberto Martinelli: "Cinque delle sette case circondariali della Liguria sono "fuori legge", ospitano cioè un numero di persone superiore al limite "tollerabile": Genova Marassi, Sanremo, Savona, Imperia e Chiavari. Oltre i limiti regolamentari anche La Spezia e Pontedecimo. La percentuale di stranieri tra i reclusi della Liguria si attesta tra il 50 ed il 60% dei presenti. La Scuola di Cairo Montenotte, un polo d’eccellenza nella formazione del Personale non solo della Polizia penitenziaria, è poco utilizzata, mentre un suo più massiccio uso potrebbe essere un importante risorsa anche per gli operatori economici di tutta la Valbormida. Al ministro Alfano chiediamo più uomini per i penitenziari della Liguria, sotto organico di ben 400 uomini. E fondi per realizzare urgentemente, dopo le tante e troppe chiacchiere che ne hanno ritardato fino ad oggi la realizzazione anche con responsabilità politiche di chi fino ad oggi ha governato la città, un nuovo carcere a Savona".

Il Sappe denuncia come oggi "il Sant’Agostino sia una struttura fatiscente per agenti e detenuti, arrivata ad ospitare ben il 208% della capienza regolamentare!. È solo grazie alla professionalità e al senso dello Stato che hanno le migliaia di Poliziotti Penitenziari che si riescono a contenere i disagi e le proteste delle 66mila persone detenute oggi in Italia, 1.700 circa quelle in Liguria. Il settore penitenziario è l’ultima fase di un processo di politiche sulla giustizia. Se questo settore è al collasso come i dati dimostrano ampiamente, significa che qualunque provvedimento a monte verrà "avvertito" in carcere solo dopo alcuni mesi.

Ma la situazione oggi è tale che la Polizia Penitenziaria ha dato fondo a tutte le risorse e a tutti i sacrifici. Se la politica non interverrà al più presto è certo che il prezzo più alto lo pagheranno le migliaia di appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria e le loro famiglie.

I politici che hanno dato bella mostra del loro interessamento ai problemi del carcere in occasione dello scorso Ferragosto, ora hanno l’obbligo politico e morale di trovare al più presto una soluzione, magari ascoltando anche le proposte di chi, come la Polizia Penitenziaria, in carcere ci lavora 24 ore al giorno 356 giorni l’anno. Per questo ci siamo rivolti al Ministro della Giustizia Angelino Alfano ed ai vertici dell’Amministrazione penitenziaria. Perché le molte criticità della Liguria penitenziaria trovino finalmente una prima risposta nella Finanziaria 2010".

Genova: Sappe; scoperto detenuto con dentiera "alla cannabis"

 

Il Velino, 5 gennaio 2009

 

"È solo grazie alla professionalità, alle capacità e all’attenzione del personale di polizia penitenziaria in servizio ieri sera nel carcere di Genova Marassi che è stato scoperto l’abile stratagemma con cui un arrestato per detenzione e spaccio di sostanza stupefacente di nazionalità italiana ha tentato di introdurre droga nel carcere della Valbisagno.

Nel corso della perquisizione di primo ingresso, eseguita con scrupolo ed attenzione dai nostri baschi azzurri, è stata infatti rinvenuta della sostanza stupefacente abilmente occultata in bocca in sostituzione di alcuni denti mancanti. Gli hanno trovato, insomma, una protesi dentaria fatta di cannabis!

Bravissimi i nostri agenti, dunque, ai quali esprimo il plauso mio personale e del Sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe, il primo e più rappresentativo del Corpo, tanto più se si considera che nonostante le gravi carenze di organico ed il grave sovraffollamento a Marassi il nostro personale di polizia penitenziaria svolge quotidianamente il duro e difficile lavoro con professionalità, competenza, scrupolo e soprattutto attenzione, come dimostrano gli esiti dell’intervento di ieri sera". È quanto dichiara Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto e commissario straordinario per la Liguria del Sappe.

"Nel carcere di Marassi - prosegue l’esponente sindacale - è particolarmente grave la situazione relativa alle carenze organiche del personale di polizia penitenziaria: mancano in organico ben 165 unità. La struttura è sovraffollata all’eccesso: 456 sono i posti letto regolamentari ma le presenze dei detenuti si attestano a quota 720 (oltre il 55 per cento gli stranieri presenti).

Più di 300 sono i detenuti tossicodipendenti: si tenga conto che nelle carceri italiane il 25 per cento circa dei detenuti è tossicodipendente ma in Liguria questa percentuale sale addirittura ad oltre il 39 per cento, la più alta in Italia. È dunque opportuno agire sul piano del recupero sociale per i detenuti tossicodipendenti, ma è altrettanto necessario disporre di adeguate risorse per far fronte alla possibilità che all’interno del carcere entri la droga.

Spesso, come ad esempio è avvenuto ieri sera a Marassi, è la professionalità della polizia penitenziaria a consentire di individuare i responsabili e di denunciarli all’autorità giudiziaria, ma ciò non è sufficiente. Noi rinnoviamo l’invito ai vertici nazionali e regionali dell’Amministrazione penitenziaria a istituire in Liguria, in analogia a quanto già avviene in altre Regioni, un distaccamento di unità cinofile del Corpo di polizia penitenziaria per contrastare ancor più efficacemente ingressi illeciti di droga nei penitenziari".

Imperia: in luglio evasione dal carcere; due agenti sotto accusa

 

Ansa, 5 gennaio 2009

 

Secondo i rapporti, i sopralluoghi e le indagini svolte dai carabinieri del reparto operativo provinciale, due poliziotti non avrebbero prestato le dovute attenzioni nel sorvegliare i detenuti.

Chiuse le indagini preliminari sull’evasione del 7 luglio scorso dalla casa circondariale. Il pm Paola Marrali ha completato nei giorni scorsi la delicata inchiesta che vede indagati due operatori della polizia penitenziaria di Imperia. Sono - per ora formalmente - accusati di omissione colposa (si attendono le notifiche prima dell’ufficialità delle contestazioni) Elia Lonardo e Felice Serafino.

Secondo i rapporti, i sopralluoghi e le indagini svolte dai carabinieri del reparto operativo provinciale del capitano Sergio Pizziconi, i due poliziotti non avrebbero prestato le dovute attenzioni nel sorvegliare i detenuti e nel controllare le apparecchiature anti-evasione del piccolo penitenziario imperiese. Dalle relazioni degli investigatori comunque emergono confusione, trascuratezza e anomalie diffuse e generalizzate presso la casa circondariale in quel periodo. Dalla tenuta irregolare e caotica dei registri, alla turnazione poco funzionale degli agenti delegati al controllo: tutte le attività del carcere sono state passate al setaccio dai militari. E non senza provocare sconcerto.

Quel maledetto pomeriggio del 7 luglio 2009, stando all’inchiesta, una combinazione perfetta di errori e leggerezze (così avvenne anche il giorno di Ferragosto di due anni prima) avrebbe fatto sì che un detenuto potesse in pochissimi minuti superare le mura e darsi alla fuga. Da allora, ricordiamo, è latitante.

E a proposito della fuga, dalle indagini è emerso un particolare decisamente curioso. L’uomo Farah Ben Faical Trabelsi, tunisino di 35 anni, colpito da una condanna per traffico di droga che l’avrebbe dovuto costringere al regime carcerario sino al 2025, non ha subito guadagnato chilometri e chilometri rifugiandosi, come sembrava inizialmente, in Costa Azzurra. Nei giorni immediatamente successivi l’evasione ha trovato rifugio in Valle Impero, tra Pontedassio e Chiusavecchia. Sarebbe stato notato, dopo le foto diffuse dai carabinieri e pubblicate sui quotidiani, da numerosi cittadini.

Non solo. Tre giorni dopo la fuga è stato accompagnato in auto ad Arma di Taggia da un poliziotto della questura di Imperia. Che solo dopo ha riconosciuto lo straniero al quale aveva dato un passaggio come l’evaso. Ha svolto un dettagliato verbale sui fatti, contribuendo alle indagini e indicando Sanremo quale località dove Trabelsi era diretto.

L’evasione è avvenuta intorno alle 14,30, mentre i detenuti stavano godendo l’ora d’aria nel campetto di calcio. Trabelsi riuscì ad allontanarsi dal terreno di gioco e a dileguarsi con mosse da vero atleta, con arrampicate e fughe feline, sino a raggiungere le mura e poi a saltare dalla cinta in via Brea. Il tutto in meno di tre minuti. La sua fuga venne scoperta solo a mezzanotte. Da allora le misure, le attenzioni, ed anche le apparecchiature di sicurezza del piccolo - e per molti inappropriato nonché sovraffollato carcere imperiese - hanno subito una trasformazione.

Spoleto: Fabio Savi trasferito, protestano i parenti delle vittime

 

La Repubblica, 5 gennaio 2009

 

Il "lungo" della Uno bianca ha vinto la sua battaglia: Fabio Savi, il killer della "banda dei poliziotti" condannato all’ergastolo per una lunga scia di sangue che conta 24 morti e oltre 100 feriti, ha ottenuto il trasferimento in un carcere più vicino a Firenze, dove vive la donna che ha sposato nel 2003.

Il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha dato il via libera e dalla fine di ottobre Savi, che era detenuto a Voghera, è rinchiuso a Spoleto. Insorge l’Associazione dei familiari delle vittime, che ieri, durante la commemorazione dei tre carabinieri uccisi al quartiere Pilastro il 4 gennaio ‘91, ha saputo del trasferimento dalla stampa.

"È vero, non è un "permesso-premio" e nemmeno un’attenuazione del regime carcerario - attacca la presidente Rosanna Zecchi - ma è un privilegio accordato dallo Stato a un assassino che non si è mai pentito. Non siamo nemmeno stati consultati. Chiederemo un incontro al ministro Alfano: deve spiegarci le ragioni del trasferimento. Avevamo già chiesto di essere ricevuti, sei mesi fa, ma nessuno ci ha risposto".

La rabbia di Anna Maria Stefanini, madre di uno dei militari uccisi: "È inaccettabile. In questo Paese la certezza della pena vale solo per noi che abbiamo perso i nostri figli". Secondo l’avvocato di Savi, Fortunata Copelli, il trasferimento è stato disposto in modo assolutamente regolare: "Savi si sta integrando, frequenta un corso di pittura e va a scuola in carcere. A Natale mi ha scritto per farmi gli auguri".

Nuoro: un libro e un film per raccontare il carcere di Mamone

 

La Nuova Sardegna, 5 gennaio 2009

 

"È bene che i paesi del territorio, ma non solo, capiscano cos’è la casa di reclusione di Mamone", ha sostenuto l’assessore Giuliana Monni aprendo i lavori di presentazione del romanzo "Oltre la sbarra" di Nicolina Carta (copertina di Elio Moncelsi).

E con il libro il documentario "Mamone oltre la sbarra" di Pj Gambioli musica di Ignazio Pes. Sono 2 opere che rappresentano un pezzo della storia di questa colonia agricola, che ha avuto inizio nel 1893. Importante il periodo del direttore Fiaccavento (1930-45) allorché quel pezzo di terra di oltre 2800 ettari (oltre 2300 in territorio di Onanì e 500 di Bitti) divenne una fra le più importanti colonie agricole d’Italia.

"Libro e filmato, ambedue belli, ci introducono in questa realtà carceraria" ha sostenuto Maria Lucia Sannio, che da anni insegna a Mamone e opera nel volontariato nelle carceri. "Sono nata a Bitti, ma ho vissuto per 15 anni a Mamone dove mio padre era guardia carceraria e ho raccontato Mamone come io l’ho vissuto" ha riferito Carta e giù sentimenti e emozioni che l’hanno assalita nel "partorire" quel romanzo di 238 pagine, evidenziando come Pj ha colto "i momenti salienti". "Mi sono innamorata di questo posto senza prima averlo visto" ha sostenuto Pj. Poi le visite a Mamone e il filmato.

Carta e Gambioli hanno parlato con il direttore Alastra, un protagonista del carcere aperto e dell’innovazione, e altri che hanno vissuto quella realtà. Giuseppe Contu, impiegato a Mamone da 31 anni, ha parlato della necessità di mettere in atto politiche sociali. Un discorso ritenuto fondamentale da Sannio e da altri che hanno rimarcato la necessità di una maggiore attenzione per il recupero dei detenuti. "Carta e Gambioli hanno dato un input, richiamando l’attenzione su questo pianeta spesso dimenticato", ha chiuso Sannio.

Immigrazione: manuale orientamento per lavoratori migranti

 

www.unimondo.org, 5 gennaio 2009

 

"Conosci i tuoi diritti": è il titolo del manuale di orientamento per i lavoratori e le lavoratrici migranti redatto da "Primomaggio, Foglio per il collegamento tra lavoratori, precari, disoccupati". Un manuale - affermano i promotori "che tenta di riassumere in un limitato numero di pagine alcuni riferimenti utili alle lavoratrici e i lavoratori migranti che vivono in Italia. Si tratta evidentemente di un lavoro in progress, che si modificherà strada facendo, sia per i miglioramenti e le correzioni che apporteremo grazie ad ulteriori approfondimenti e a suggerimenti dei lettori, sia per le trasformazioni periodiche delle norme vigenti in materia di immigrazione".

Il manuale fornisce il quadro giuridico aggiornato in tema di immigrazione e sulle misure del cosiddetto "pacchetto sicurezza" per i/le migranti. Offre inoltre indicazioni per il permesso di soggiorno e per i ricongiungimenti familiari. Richiama quindi alcuni diritti dei lavoratori e delle lavoratrici e approfondisce "la questione abitativa" ed infine presenta il tema dei "Centri di identificazione ed espulsione" (Cie, ex Cpt).

Il manuale contiene numerosi riferimenti web perché tutta la documentazione e molte delle procedure che devono seguire i lavoratori immigrati si trovano online. "Questo libretto è solo una guida su tutta una serie di questioni che riguardano i lavoratori e le lavoratrici migranti. In internet si possono trovare informazioni molto più dettagliate per ciascuno degli argomenti che abbiamo scelto di analizzare" - spiegano i promotori. "Ma il valore aggiunto di questa pubblicazione è il fatto di essere stato realizzato anche a partire dall’esperienza diretta dei lavoratori migranti, una esperienza diretta che le procedure non possono evidenziare".

Il sito del progetto MeltingPot offre da tempo informazioni aggiornate e approfondite sulle normative che riguardano gli stranieri in Italia e sui processi di cittadinanza. Un recente articolo spiega l’iter per completare la procedura di regolarizzazione di colf e badanti presso lo Sportello Unico, mentre un precedente articolo spiega i nuovi requisiti per il ricongiungimento e per l’idoneità abitativa.

Anche il sito Stranieri in Italia fornisce indicazioni importanti. Tra i recenti aggiornamenti vi è quello di come controllare via internet sul sito del Ministero dell’Interno lo stato di avanzamento della propria domanda di regolarizzazione. Inoltre il sito ricorda che lo scorso 9 dicembre l’Inps ha fornito una serie di indicazioni sui lavoratori che hanno fatto richiesta di regolarizzazione: per quanto riguarda l’acquisizione dei rapporti di lavoro viene ribadito che il datore di lavoro è tenuto a completare la "procedura di emersione" e solo in un secondo momento può porre fine al rapporto di lavoro.

Il sito offre inoltre utili informazioni a chi - in attesa della regolarizzazione - intende iscriversi al Servizio Sanitario Nazionale (Ssn). Nei mesi scorsi le Regioni Emilia-Romagna e Piemonte e la Provincia autonoma di Trento avevano già autorizzato l’iscrizione al Ssn di colf e badanti in attesa del permesso di soggiorno: il Ministero dell’Interno ha recentemente spiegato che questa è la strada da seguire anche nel resto d’Italia. Si tratta comunque di un’iscrizione provvisoria e il Servizio Sanitario assegnerà a questi lavoratori un codice STP (Straniero temporaneamente presente): solo quando firmeranno finalmente il contratto di soggiorno, e verrà loro assegnato un codice fiscale, verranno iscritti definitivamente al Servizio Sanitario come tutti gli altri lavoratori stranieri.

Va infine ricordato il primo dicembre scorso il Ministero dell’Interno ha diramato una circolare firmata dal Capo Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione che ribadisce il "divieto di segnalazione" per tutti gli stranieri si reca presso le strutture sanitarie. La circolare recepisce la richiesta di chiarimento avanzata da Medici Senza Frontiere (Msf), Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (Simm), Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi) e Osservatorio Italiano di Salute Globale (Oisg), nell’ambito della Campagna Divieto di Segnalazione.

Immigrazione: un clandestino arrestato... mentre lascia l’Italia

 

Ansa, 5 gennaio 2009

 

Clandestino senegalese acquista biglietto aereo per lasciare l’Italia ma, in aeroporto, viene arrestato per non aver lasciato l’Italia. Il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni "effetti perversi di una legislazione che sembra fatta apposta per causare sprechi di denaro pubblico e ulteriori sofferenze".

Dopo otto anni da clandestino in Italia, aveva deciso di tornare a casa sua, in Senegal, acquistando di tasca propria un biglietto aereo. Ma, secondo le leggi dello Stato, potrà tornare in Patria solo da espulso, fra sette mesi, e per di più a spese della collettività! Protagonista della singolare vicenda - segnalata dal Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni - Khadim, un cittadino senegalese di 41 anni.

Khadim era arrivato in Italia otto anni dal Senegal. Per tutto questo tempo ha vissuto e lavorato a Napoli senza possibilità di essere messo in regola perché il permesso di soggiorno non lo ha mai avuto. Per questo - nonostante non abbia mai commesso reati ed abbia, invece, tentato di costruirsi una parvenza vita sociale - Khadim viene raggiunto da diversi decreti di espulsione che portano ad una condanna penale a sette mesi di reclusione senza che lui ne abbia mai conoscenza.

Quando Khadim decide di tornare in Senegal, viene aiutato dagli amici italiani a comprare il biglietto dell’aereo ma all’aeroporto viene arrestato e trasferito al carcere di Civitavecchia per scontare la condanna a sette mesi per non aver ottemperato ad una espulsione che, per altro, stava volontariamente eseguendo. In carcere Khadim chiede l’espulsione come misura alternativa (misura prevista per diversi reati con condanna sotto i due anni) sperando di porre fine a questa sfortunata avventura.

Ma la sua istanza viene respinta dai magistrati sul presupposto che, per la "Bossi-Fini", questo tipo di misura alternativa non può essere concessa a chi non ha ottemperato all’espulsione. "In sostanza - ha detto il Garante dei detenuti Angiolo Marroni - Khadim che stava lasciando l’Italia è ora recluso in un carcere per non aver lasciato il nostro paese. Dal carcere ha fatto richiesta per lasciare l’Italia ma non gli è consentito perché deve scontare una pena per non aver lasciato l’Italia.

Quella che denunciamo sembra una storia senza senso ma è la realtà di una legislazione che, in tema di immigrazione, fra carcere e Cie sembra accanirsi contro i cittadini stranieri fino a prevedere inutili pene afflittive ed ulteriore sofferenza. Forse sarebbe necessario studiare maggiormente gli effetti pratici di alcune leggi, per evitare, ancora una volta, di risolvere un fenomeno di rilevanza sociale ed economica come l’immigrazione facendo ricorso al carcere".

Usa: il "sistema pena di morte", è un fallimento reale e morale

di Sara De Carli

 

Vita, 5 gennaio 2009

 

La pena di morte "è un fallimento". Lo hanno scritto nero su bianco i giudici dell’American Law Institute, un organismo composto da oltre quattromila membri tra giudici, avvocati e professori universitari, lo stesso che cinquant’anni fa ha creato il frame intellettuale e di pensiero per giustificare la moderna pena capitale. Ora l’Ali si è pronunciata definendo la sua stessa creatura un fallimento e ha fatto marcia indietro.

La notizia è di ottobre, quando l’Ali ha deciso (non all’unanimità) di smantellare una delle strutture da lei stessa creata, "alla luce degli attuali insolubili ostacoli istituzionali e strutturali, e nel tentativo di garantire un sistema più adeguato alla gestione della pena di morte". Ieri però è arrivata sul New York Times, in un articolo firmato da Adam Liptak. Per gli abolizionisti l’istituto "sta dicendo che il sistema della pena capitale degli Usa è irrimediabilmente fallito".

Una Commissione di studio ha provato che nei decenni il sistema non ha saputo unire i due obiettivi di conciliare le decisioni individuali su chi debba essere punito con la pena di morte e la giustizia alla base del sistema. L’arbitrarietà è stata così una falla sistemica. La pena capitale inoltre è stata viziata da pregiudizi razziali, è enormemente costosa anche se molti degli avvocati impegnati in queste cause sono mediocri e mal pagati, e il rischio di condannare persone innocenti resta ancora troppo alto. Samuel Gross, professore di legge all’Università del Michigan ha detto: "Nel 2010 gli studenti di legge studieranno che gli stessi giudici e illustri avvocati hanno definito il sistema di pena di morte statunitense che hanno contribuito a creare, un fallimento reale e morale".

Iran: sette anni di carcere, per giornalista critico verso autorità

 

Apcom, 5 gennaio 2009

 

Un giornalista noto per le critiche alla politica economica del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad è stato condannato a sette anni e quattro mesi di reclusione oltre che a trentaquattro frustate. Lo hanno riportato siti internet dell’opposizione. Bahman Ahmadi Amoui, che lavorava al quotidiano Sarmayeh, un influente quotidiano economico chiuso a novembre, è detenuto dal 20 giugno.

"È stato condannato a sette anni e quattro mesi di prigione e a 34 colpi di frusta", hanno annunciato i siti Kaleme e Rahesabz. Il giornalista è stato arrestato, come pure decine di altre persone, a seguito del movimento di contestazione scatenato dalla rielezione il 12 giugno di Ahmadinejad, al termine di una votazione che l’opposizione sostiene essere stata falsata da brogli. I siti web non hanno precisato le imputazioni che hanno portato alla condanna del giornalista, che ha collaborato per anni a molte pubblicazioni riformatrici.

Circa 140 persone sono state processate per danno alla sicurezza nazionale per avere incitato o preso parte alle importanti manifestazioni post-elettorali. Molti uomini politici riformisti e giornalisti sono stati condannati a pene detentive. Alcuni sono stati rilasciati su cauzione in attesa di essere processati in appello. Sabato, la corte di appello ha confermato la condanna a sei anni di reclusione a un giornalista riformista di primo piano, Ahmad Zeidabadi.

 

 

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