Rassegna stampa 20 febbraio

 

Giustizia: troppe morti in queste carceri senza salute e dignità

di Massimiliano Fanni Canelles (direttore di Socialnews)

 

Liberazione, 20 febbraio 2010

 

Negli istituti penitenziari italiani, ogni anno muoiono per cause naturali oltre 100 detenuti. Raramente i giornali ne danno notizia. A volte, il decesso è dovuto a patologie cardiovascolari; altre volte, segna l’epilogo di una malattia cronica o di uno sciopero della fame o addirittura si tratta di suicidio, che in carcere ha una frequenza 19 volte superiore.

Altre morti, invece, sono sospette di maltrattamento ad opera del personale in servizio o di violenza da parte di altri detenuti. Il drammatico caso di Stefano Cucchi è solo l’ultimo di una serie che trae origine negli anni passati. La Magistratura si sta già occupando delle morti di Luigi Acquaviva, Giuliano Costantini, Francesco Romeo, Mauro Fedele. È plausibile l’ipotesi di omicidio, ma, in attesa degli esiti dell’inchiesta giudiziaria, queste morti sono comunque catalogate come "da cause naturali".

Spesso questi drammi si collocano in strutture fatiscenti, con poche attività rieducative, dove è scarso anche il volontariato. A queste carenze si aggiungono i tagli alla sanità penitenziaria e la diminuzione del personale. Al detenuto non vengono così garantiti i diritti alla salute e alla dignità.

Proprio quest’ultima è annientata nelle persone carcerate in attesa di processo. Oggi basta un avviso di garanzia perché giornali e televisioni distruggano la vita della persona indagata, senza tenere in alcun conto la presunzione d’innocenza, garantita dalle leggi e dallo Stato, fino a sentenza definitiva. Persone indagate, che nel 50% dei casi saranno poi assolte... Ma ormai il loro nome è stato associato a vicende criminali ed è questo che rimane impresso nella memoria della gente. Non la sentenza d’assoluzione o il trafiletto di correzione nei giornali.

Altro versante critico è quello del reinserimento nella società, al termine della pena. Esistono degli organi preposti al sostegno delle persone scarcerate, i Consigli d’Aiuto Sociale, imposti dalla legge di riforma penitenziaria del 1975. Ci sono poi gli Uffici per l’Esecuzione Penale Esterna (Uepe) con la duplice funzione di controllo e sostegno durante l’esecuzione delle misure alternative. Ma spesso, tutto rimane sulla carta. La pena resta solo punizione, la rieducazione è disattesa. Ne consegue che il tossicodipendente tornerà a drogarsi, il ladro a rubare, l’assassino ad uccidere.

Certo, le soluzioni non escono magicamente dal cilindro. Ma si potrebbero incentivare progetti di prevenzione dei suicidi e degli autolesionismi, monitorare - avvalendosi anche delle associazioni e dei giornali carcerari - le morti negli istituti di pena, consentire l’accesso ad operatori sanitari volontari, che affianchino il personale medico in servizio. I detenuti stranieri, sempre più numerosi, richiederebbero poi interventi mirati: educazione sanitaria, mediazione socio-culturale...

In questo panorama desolante, diventano emblematiche, e drammaticamente attuali, le parole di Adriano Sofri scritte nel 1999 ne "il Foglio": "Vorrei tornare su questa vergogna delle evasioni. Nell’ultimo mese sono evasi tre da Rebibbia e uno da Milano Opera. Gente all’antica, con lenzuoli annodati... Ma la forma di evasione più diffusa e subdola, perché si maschera in modo da essere ignorata nelle statistiche criminali, è il suicidio. Un centinaio di delinquenti all’anno se ne vanno così, a volte anche loro con le lenzuola dell’Amministrazione. È ora di dire: basta!".

Giustizia: Sappe; sempre più detenuti, far partire piano carceri

 

Ansa, 20 febbraio 2010

 

"La situazione penitenziaria si aggrava ogni giorno di più, come attestano i 66.288 detenuti che alla data di ieri affollavano i 206 istituti penitenziari italiani e in questo contesto è necessario avere garanzie che il Piano carceri del Governo trovi una prima urgente applicazione nelle parti in cui si prevedono interventi normativi che permettano l’assunzione di 2mila Agenti di Polizia Penitenziaria e l’introduzione della possibilità di detenzione domiciliare per chi deve scontare solo un anno di pena residua e di messa alla prova delle persone imputabili per reati fino a tre anni, che potranno così svolgere lavori di pubblica utilità.

Sarebbe anche opportuno accelerare sulla auspicata previsione normativa di espulsione per i detenuti stranieri in Italia, in modo da far scontare loro la pena nei penitenziari dei Paesi di provenienza. Mi auguro infine che la condivisibile richiesta che il presidente dell’Anci, Sergio Chiamparino, ha inviato al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, di istituire una sede di confronto in cui perseguire l’obiettivo di armonizzare i provvedimenti in corso e gli altri urgenti finalizzati all’ampliamento della carceri e alla realizzazione di nuovi padiglioni garantisca la definizione urgente degli annunciati interventi straordinari di edilizia penitenziaria." È quanto dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, la prima e più rappresentativa organizzazione di Categoria.

Giustizia: perché l’ultima lettera di Cucchi è stata fatta sparire

di Giovanni Bianconi

 

Corriere della Sera, 20 febbraio 2010

 

Continua ad essere un mistero l’ultima lettera scritta da Stefano Cucchi, il trentunenne romano arrestato il 15 ottobre scorso e morto sei giorni dopo nel reparto carcerario dell’ospedale "Sandro Pertini", con le ossa rotte. Chi l’ha spedita, e perché, visto che è stata imbucata quattro giorni dopo che Stefano aveva smesso di vivere?

Quel foglio di carta vergato con calligrafia malferma in cui si chiedeva aiuto al volontario di una comunità terapeutica, chiuso in una busta, era tra le cose che Cucchi aveva con sé quando è morto. Lo dimostra l’inventario redatto all’ospedale "in riferimento al decesso del detenuto ", con l’elenco degli "effetti personali", restituiti "per competenza" al carcere di Regina Coeli: oltre a due paia di calzini, due mutande, due maglie intime e una tuta da ginnastica, compare "una busta da lettera". Chiusa e contenente qualcosa, c’è da credere, altrimenti non avrebbe avuto senso riconsegnarla

Che quelle cose siano arrivate a Regina Coeli, busta compresa, è provato dal timbro del carcere e dalla firma di un agente della polizia penitenziaria. Lo stesso che qualche giorno più tardi (il documento è senza data, ma c’è il timbro di un ufficio apposto il 6 novembre) ha compilato un’altra lista di "oggetti personali rinvenuti all’interno della camera detentiva" dove si trovava Cucchi; nel verbale sono indicati la tuta, le mutande, i calzini e le magliette. Della "busta da lettera" non c’è traccia. E naturalmente non ce n’era tra gli effetti restituiti ai familiari di Stefano. Loro cercavano una lettera perché una donna della polizia penitenziaria aveva testimoniato di aver dato busta e francobollo al detenuto, e di averlo visto scrivere, ma nessuno seppe dire nulla di più.

La logica conseguenza dei due diversi verbali è che la lettera sia stata spedita dal carcere. Come mai, se dell’inquietante morte di chi l’aveva scritta avevano già cominciato a parlare televisioni e giornali? Sulla busta c’era un nome e l’indirizzo di una Comunità di Roma, e dunque si può pensare che burocraticamente chi l’ha avuta tra le mani abbia ritenuto di inviarla al destinatario; premurandosi di indicare mittente e provenienza, scritti con una calligrafia diversa da quella di Cucchi. Ma il contenuto del messaggio poteva essere utile a fare chiarezza sulla morte del giovane, o a spiegare gli ultimi giorni trascorsi tra una caserma dei carabinieri, le gabbie di un tribunale, il carcere di Regina Coeli e infine il reparto di "protetto" di un ospedale.

Invece la burocrazia ha pensato di liberarsi subito di quella busta che poteva scottare. E un po’ effettivamente scottava, visto che nella lettera Cucchi chiedeva aiuto a un suo amico della Comunità di recupero per tossicodipendenti. "Per favore almeno rispondimi, a presto", aveva scritto: è la dimostrazione che cercava un appiglio per continuare a vivere, nonostante al "Pertini " rifiutasse il cibo perché voleva un avvocato che non è mai arrivato. I suoi familiari hanno potuto leggere quell’invocazione per caso, quando all’inizio di febbraio hanno deciso di rendere pubblico il mistero della lettera sparita. Solo dopo la conferenza stampa Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, è stata chiamata alla Comunità che in passato aveva ospitato suo fratello. Le hanno consegnato il foglio, giunto a fine ottobre e messo via perché tanto ormai non c’era più niente da fare; senza pensare, nonostante il grande clamore suscitato dal "caso Cucchi", che alla famiglia potessero interessare le ultime parole di Stefano.

È una fra le tante stranezze di una vicenda dove trascuratezza e negligenza si sono accumulate fin dalle prime ore in cui quel tossicodipendente sorpreso con qualche dose di hashish e cocaina è finito nelle mani dello Stato: nel verbale d’arresto redatto alla stazione dei carabinieri di Roma Appia, per un evidente errore dovuto all’utilizzo di atti già redatti in precedenza sullo steso computer, Stefano Cucchi risulta "nato in Albania", in una data diversa, e "senza fissa dimora". Alla fine è scritto che "il prevenuto, interpellato, dichiarava di non dare notizia del suo avvenuto arresto ai propri familiari". Peccato che dopo essere stato fermato, Cucchi è andato coi carabinieri nella casa dove ufficialmente abitava insieme a genitori, che al termine della perquisizione l’hanno visto portare via in manette.

Campania: Consiglieri Pdl incontrano la Polizia penitenziaria

 

Il Mattino, 20 febbraio 2010

 

Presso la sede del Consiglio Regionale, il sindacato della polizia penitenziaria Osapp ha rappresentato i disagi che patiscono gli operatori. Il Pdl: "Urgente la riforma del comparto". Rilanciata la proposta di un nuovo penitenziario a Nola.

Dalla Regione Campania, una proposta di modifica e di riforma del comparto della Polizia Penitenziaria. È tema discusso ieri (19 febbraio) presso la sede del Consiglio Regionale, dove i rappresentanti dell’Osapp, il sindacato di categoria, guidati dal presidente nazionale, Pasquale Montesano, hanno incontrato alcuni consiglieri regionali del gruppo del Pdl. In particolare, erano presenti i consiglieri Franco Nappi, Angelo Polverino, Roberto Castelluccio, e Mario Ascierto Della Ratta. Durante l’incontro, sono state evidenziate le difficoltà che da anni patiscono gli operatori che lavorano all’interno delle strutture penitenziarie. Disagi che vanno dalle carenze strutturali a quelle di personale, in particolare quelle relative al settore femminile. A mancare è anche un’ adeguata assistenza sanitaria all’interno degli stessi penitenziari.

"La proposta è quella di creare una direzione nazionale di polizia penitenziaria - ha dichiarato il presidente nazionale dell’Osapp Pasquale Montesano - Un obiettivo che si può perseguire riprendendo una proposta di legge presentata in passato da Gaetano Pecorella. In questo modo si potrebbe ottenere sicuramente una maggiore funzionalità nello svolgimento del nostro lavoro. I problemi sono tanti e riguardano vari temi che passano dalle carenze strutturali a quelle del personale. Credo che dalla Campania possa decollare una seria proposta di riforma dell’intero comparto per renderlo più adeguato alle esigenze ed alle necessità che le nostre funzioni richiedono".

"Il nostro impegno - ha dichiarato l’onorevole Angelo Polverino (Pdl) - sarà quello di essere da pungolo ai nostri rappresentanti governativi. Proprio per questo abbiamo affrontato la questione a livello di gruppo. Ai nostri referenti ed a chi di competenza, presenteremo un documento congiunto, sottoscritto insieme ai rappresentanti dell’Osapp dove si invocano i provvedimenti ed gli interventi necessari".

"Il nostro obiettivo - ha dichiarato invece l’onorevole Franco Nappi - è quello di garantire condizioni di vivibilità all’interno dei penitenziari, per operatori e detenuti. Condizioni che oggi sono inesistenti. In tal senso è da giudicare scellerata la scelta fatta in passato di eliminare le strutture sanitarie all’interno delle carceri ed affidarle alle Asl. Inoltre credo che vadano sollecitati i lavori per nuovi penitenziari, costruiti con criteri moderni, la cui realizzazione alleggerirebbe il pesante fardello che ricade su quelli già esistenti, molto spesso a dir poco fatiscenti. Un esempio su tutti è il progetto di un nuovo penitenziario da realizzarsi a Nola, dove sebbene sia stata già individuata l’area, i lavori sono fermi al palo da anni".

Campania: con Associazione RnS parte il progetto "Sicomoro"

 

9Colonne, 20 febbraio 2010

 

L’associazione Rinnovamento nello Spirito Santo si prepara a lanciare il "Progetto Sicomoro" volto alla redenzione spirituale e morale dei detenuti in Campania. Cinquanta suoi volontari, da oggi a domenica, sono riuniti a Castellammare per essere formati a svolgere questo compito da esperti del Prison fellowship International, il più grande network cristiano impegnato nel mondo carcerario, e operante già in 115 Paesi, tra cui l’Italia dove ha dato vita a Prison Fellowship Italia Onlus, di cui è presidente Marcella Reni, attuale direttore RnS.

Lo spirito del progetto è evangelizzare all’interno delle carceri sia i detenuti che le vittime e far incontrare e dialogare gli autori dei reati e chi li ha subiti, per cercare di capire i motivi, le azioni e le reazioni degli uni e degli altri. Due, quindi, gli obiettivi: la "giustizia restituiva" per chi ha subito il crimine e la riabilitazione morale e spirituale. Gli incontri si articoleranno in un percorso a tappe. "Dal Giubileo nelle Carceri del 2000 - dichiara il presidente del Rinnovamento, Salvatore Martinez - si è rafforzata in noi la coscienza che non c’è bene comune senza buone prassi educative e rieducative.

Mancano cammini di redenzione e di crescita personale e familiare, che diano credito e soggettività sociale ai detenuti e agli ex detenuti. Per questo, d’intesa con il ministro della Giustizia, stiamo dando vita all’agenzia nazionale Reinserimento e Lavoro per detenuti ed ex detenuti".

Lazio: Nieri; sul Garante dei detenuti non fare scelte affrettate

 

Dire, 20 febbraio 2010

 

"Ho scritto al presidente del Consiglio regionale Bruno Astorre affinchè non si facciano scelte affrettate per la nomina del Garante dei detenuti. Il prossimo 24 febbraio il Consiglio regionale del Lazio è stato infatti convocato per procedere alla nomina del Garante. Penso che sia profondamente sbagliato, in un momento delicato come quello attuale, procedere a decisioni frettolose che fanno pensare ad accordi al ribasso". Lo dice in una nota l’assessore al Bilancio della Regione Lazio, Luigi Nieri.

"Vanno viceversa ascoltate le associazioni, vanno verificate le candidature, ed evitate scelte consociative o spartitorie. Il tema è molto delicato. La tutela dei diritti umani va affidata a esperti. Proprio oggi il Governo è stato battuto su un ordine del giorno contro il sovraffollamento, presentato dalle opposizioni in Parlamento. Nella regione dove c’è stata la tragica morte di Stefano Cucchi ritengo vadano prese in considerazione le candidature autorevoli proposte dalla società civile. Da Antigone, A Buon Diritto, Vic Caritas e Arci sono arrivate proposte di alto profilo - conclude Nieri. Se ne tenga conto evitando inciuci".

Pavia: il Cappellano; per reinserire i detenuti serve più lavoro

 

La Provincia Pavese, 20 febbraio 2010

 

"Servirebbe più lavoro per inserire i detenuti. Purtroppo le commesse non dipendono né dall’amministrazione, né dal ministero. È il territorio che deve intervenire di più". Don Giuseppe Bossi è cappellano a Torre del Gallo e conosce bene i problemi dei carcerati. "A me chiedono aiuti materiali, spirituali, ma anche di mantenere contatti con le famiglie. C’è chi a casa ha lasciato persone ammalate, spesso con pochi soldi. Al dramma dell’isolamento si unisce la sensazione di impotenza".

Il cappellano è preoccupato, ogni sera, quando torna a casa contatta i parenti dei carcerati. Cerca di trasmettere una parola di conforto, di rassicurazione. Franco Vanzati, della Cgil, invece, teme i problemi che sorgeranno quando il carcere di Pavia passerà a 7-800 detenuti. "Ci sono problemi evidenti già oggi che si aggraveranno. Primo: tutte le persone affette da tossicodipendenza devono potersi curare fuori dall’ambito carcerario. Non lasciati liberi, ma curati in luoghi preposti, a cominciare dalle comunità di recupero.

Secondo: nelle carceri pavesi (comprese quelle di Voghera e Vigevano) ci sono detenuti con pene brevissime, inferiori all’anno. Bisogna trovare il modo perché queste persone possano espiare le pene facendo lavori socialmente utili. Il carcere, come dice Pagano, deve essere l’estrema ratio. Il modello è il carcere di Bollate, dove due terzi dei detenuti lavora o fa attività di varia natura. Quella è rieducazione. Terzo problema: la clandestinità.

In carcere c’è gente che non ha fatto nulla ed è finito in carcere. Si tratta di persone senza imputazioni specifiche. È un assurdo giuridico. Poi bisogna rivedere certe leggi come la Cirielli che prevedono pene severissime per chi compie una recidiva. Molte volte chi commette reati non è il delinquente patentato, ma lo sfigato. Bisogna inserirli in un percorso, solo così possiamo salvarli".

Sassari: Parlamento interviene, su realizzazione nuovo carcere

 

L’Unione Sarda, 20 febbraio 2010

 

Accelerare i lavori per la costruzione del nuovo carcere di Sassari. È l’impegno preso dalla Camera dei deputati, che ieri ha accolto un ordine del giorno presentato dal parlamentare del Partito democratico, Guido Melis. Nell’ordine del giorno si chiede al Governo "di garantire poteri straordinari al Commissario per l’attuazione del piano delle carceri", in modo che ci possa essere, "lo spostamento immediato del carcere di Sassari in una struttura più idonea".

Impossibile venire a sapere quando il nuovo carcere in costruzione a Bancali potrà essere pronto per il trasferimento dei detenuti: tutto l’iter è coperto dal segreto di Stato. I lavori, iniziati nell’autunno 2007 e affidati a un’associazione di imprese con la Anemone capofila, si sarebbero dovuti concludere il 19 marzo, fra un mese. Ma l’andamento decisamente a rilento delle opere dovrebbe far slittare la consegna al 2011, nella più rosea delle previsioni. L’area su cui sta sorgendo il nuovo carcere di Sassari si sviluppa su una superficie di circa 133mila metri quadrati, nella borgata di Bancali, in prossimità della strada che collega Sassari con l’Argentiera.

La struttura, secondo il progetto, risulterà composta in due blocchi. Il primo agglomerato accoglierà le strutture di detenzione vere e proprie: la sezione circondariale (duecentocinquanta posti in tutto), la divisione di alta sicurezza (cento posti), il blocco detenzione femminile (quindici posti), il reparto infermeria, la chiesa, la sala polivalente, la palestra, la cucina, l’insieme dei laboratori e dei magazzini, la sezione dei prigionieri sotto protezione (cinquanta posti).

Il secondo blocco del carcere, accoglierà invece tutte le attività di supporto alla detenzione, dal controllo di accesso, alla caserma per gli agenti (ottanta posti), l’autorimessa, le centrali tecnologiche, la portineria, gli uffici della direzione, l’edificio che ospita i detenuti in semilibertà (quindici posti), sei alloggi di servizio. Il primo lotto dei lavori era stato finanziato con quaranta milioni di euro, ma per il completamento sono necessari altri trentun milioni di cui non si conosce la disponibilità.

Arezzo: Poretti (Radicali); detenuti sono doppio della capienza

 

Apcom, 20 febbraio 2010

 

132 detenuti per 65 di capienza (90 quella tollerata), di cui 79 stranieri e 45 definitivi, contro 58 agenti di polizia penitenziaria in funzione rispetto a 82 in organico. Questi i numeri del carcere di Arezzo, che "a breve" dovrebbe chiudere per lavori di ristrutturazione esterni. A visitare la struttura la Radicale Donatella Poretti, che così descrive il carcere: "All’interno abbiamo parlato coi detenuti e visitato celle in cui 8 persone sono stipate mangiando a turni, difficoltà di lavoro essendo solo 17 i posti di lavoro interni, celle singole di neppure 6 metri con l’aggiunta del secondo letto, a castello".

Poretti racconta inoltre che oggi le è stata mostrata una Circolare del Dap, firmata da Franco Ionta, "che limita fortemente e illegalmente le visite ispettive dei parlamentari che secondo l’articolo 67 del regolamento penitenziario possono essere accompagnati dai 2 collaboratori per "ragioni d’ufficio"; la Circolare in questione descrive così minuziosamente - prosegue Poretti - come devono essere queste persone che accompagnano: "debbano ritenersi integrate non in presenza di qualunque tipo di collaborazione del tutto episodica ma solo allorché si adduce l’esistenza di un rapporto di collaborazione professionale stabile e continuativo, ancorché non avente fonte in veri e propri provvedimenti formali di nomina producibili dall’interessato". Su questa interpretazione limitativa della funzione del parlamentare - conclude - e delle collaborazioni politiche di cui possa avvalersi, riducendole a mero rapporto di lavoro di funzionario di partito, presenterò una interrogazione parlamentare".

Mantova: per il carcere Revere spesi milioni, ora va terminato

 

La Gazzetta di Mantova, 20 febbraio 2010

 

Il Deputato Marco Carra (Pd) in visita al carcere di Revere. Con i segretari dei circoli Pd di Pieve, Maurizio Bonalberti, e di Revere, Giorgio Mazzola e altri esponenti locali del Pd, il Deputato si è recato alla struttura destinata a diventare carcere. "Abbiamo verificato sul posto il grave stato di degrado e di incuria in cui versa, in merito al quale ho presentato un’interrogazione che non ha ancora ricevuto risposta dal governo. Invece di fare un piano carceri pieno di voli pindarici, il governo farebbero bene ad utilizzare le strutture esistenti come quella di Revere, che sono da completare e per le quale i cittadini hanno già speso milioni di euro - dice Carra - In questo modo avremmo strutture funzionanti in tempi rapidi e nel rispetto del contribuente, che eviterebbe di vedere i suoi soldi gettati via".

Teatro: recitazione in carcere, aiuta la liberazione della mente

di Renzo Francabandera

 

Aprile on-line, 20 febbraio 2010

 

Promuovere lo studio e la divulgazione dell’arte teatrale come strumento di intervento sociale, con attenzione a luoghi e soggetti socialmente svantaggiati: è questo che fanno con sempre maggiore intensità alcune importanti realtà nazionali. I casi della Compagnia della Fortezza e del Beccaria, e i progetti per creare teatri stabili nelle carceri. Aprile on-line sostiene questa battaglia.

La data del 21 luglio 2000 è stata una data importante per il teatro sociale in Italia: quel giorno è stato firmato un protocollo d’intesa per l’istituzione del "Centro Nazionale Teatro e Carcere" dal Ministero della Giustizia dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, la Regione Toscana, la Provincia di Pisa, il Comune di Volterra e l’Ente Teatrale Italiano.

L’obiettivo era perseguire, sviluppare e potenziare l’esperienza maturata dalla Compagnia della Fortezza guidata da Armando Punzo.

Il progetto di Laboratorio Teatrale nel Carcere di Volterra, nato nell’agosto del 1988, a cura di Carte Blanche sotto la direzione di Armando Punzo ha prima dato vita la Compagnia della Fortezza, composta dai detenuti-attori del carcere di Volterra, che ha prodotto circa ogni anno uno spettacolo nuovo.

A partire dal 1993 gli spettacoli della Compagnia della Fortezza sono stati rappresentati fuori dal carcere e sono stati invitati nei principali teatri e festival italiani, numerosi inviti sono giunti anche dai maggiori festival internazionali. Nel 1994 è stato costituito il primo Centro Teatro e Carcere basato su un accordo di programma tra Regione Toscana, Provincia di Pisa e comune di Volterra. Nel 1998 il dipartimento dello Spettacolo presso la presidenza del Consiglio dei Ministri e l’Ente Teatrale Italiano sono intervenuti con un contributo a sostegno del progetto di laboratorio teatrale all’interno del carcere. Dal dicembre 1996 Carte Blanche gestisce il Teatro San Pietro di Volterra e dal 1997 ha ottenuto la direzione artistica e organizzativa del Festival Volterrateatro nel quale ha proposto per 5 anni consecutivi il progetto I Teatri dell’Impossibile.

Il resto è storia di oggi. La Compagnia della Fortezza è diventata esperienza pilota nell’ambito del sistema penitenziario, anche grazie ai risultati raggiunti sia sul piano della funzione trattamentale che sul piano dell’espressione artistica. Stiamo parlando del riconoscimento dell’attività teatrale e della dignità di lavoro, svolto attraverso le rappresentazioni degli spettacoli della Compagnia all’interno dell’Istituto di Volterra, aperti alla comunità esterna per favorire l’integrazione e la conoscenza delle problematiche poste della detenzione oltre che di favorire le tournèe secondo modalità previste dall’Ordinamento Penitenziario. La compagnia anche quest’anno è partita con la tournèe, che sta portando in giro per l’Italia gli spettacoli proprio in questi giorni: dopo le recenti tappe di Napoli e Venezia, segnaliamo il 5 marzo Sing Sing Cabaret a Massa - Teatro Guglielmi, il 27-28 marzo il Marat-Sade 09.10 al limite ballare a Bari - Teatro Kismet e il 15 maggio Un silenzio straordinario, a Bolzano.

Adesso arriva però la tappa più importante, quella dell’istituzione di un teatro stabile. In questi giorni la battaglia è alle tappe decisive, fra fumate nero-grigiastre, vincoli architettonici e questioni di sicurezza. Siamo alle battute conclusive e il battage mediatico spinge con una community che su Facebook è fra le più attive. Anche Aprile on-line sostiene questa battaglia.

Da Volterra a Milano, all’esperienza con i ragazzi del carcere Beccaria della Compagnia Teatrale Puntozero. La Compagnia Teatrale Puntozero è un’associazione senza scopo di lucro nata nel 1995 che realizza presso l’Istituto Penale Minorile C. Beccaria di Milano laboratori teatrali professionali inerenti la recitazione e i "mestieri del teatro", mirati al reinserimento sociale dei ragazzi che stanno affrontando l’esperienza della detenzione.

Le competenze acquisite grazie a questi laboratori hanno permesso ad alcuni ragazzi di trovare uno sbocco lavorativo in alcuni teatri ed aziende dell’area milanese. I minori dell’area penale dell’IPM C. Beccaria di Milano hanno collaborato al progetto attraverso la realizzazione di scenografie, costumi e trucchi. Il progetto nasce dalla volontà dell’attore e regista Giuseppe Scutellà e dell’attrice Lisa Mazoni di promuovere lo studio e la divulgazione dell’arte teatrale come strumento di intervento sociale con attenzione a luoghi e soggetti socialmente svantaggiati.

"Sono in tanti a credere che ci si possa dedicare al teatro sociale solo se non si è riusciti a sfondare nel mondo del teatro tradizionale - dichiara Giuseppe Scutellà - ma noi siamo convinti esattamente del contrario. È un’esperienza molto dura, che non tutti sarebbero in grado di sostenere. Noi abbiamo raggiunto risultati eccellenti dal punto di vista artistico in ogni nostra rappresentazione: è una soddisfazione infinita quando un esperto critico teatrale non è in grado di riconoscere tra i commedianti l’attore professionista dal detenuto alla sua prima esperienza sul palcoscenico!"

Dal 25 febbraio 2010 e per il secondo anno consecutivo, i minori del carcere, a rischio devianza, in condizioni di marginalità, svantaggio sociale e a rischio emarginazione, calcheranno le tavole del palcoscenico nel duplice ruolo di attori e tecnici per dare vita alla stagione teatrale con "Errare humanum est... Reloaded" sempre negli spazi del Teatro Puntozero, a Milano in via Bellagio 1.

Questo il cartellone della seconda stagione di Teatro-Carcere minorile in scena al Teatro Puntozero (giovedì, venerdì, sabato, lunedì alle ore 20.30 e domenica alle ore 16.30): 25, 26, 27, 28 febbraio e 1 Marzo "Antigone" di Sofocle; 25, 26, 27, 28, 29 Marzo "King Lear" di W.Shakespeare; 29, 30 Aprile 1, 2, 3 Maggio "El Mona" di Koffi Kwahulè " Io, presunto terrorista" di L. Bauccio; 27, 28, 29, 30, 31 Maggio "Alice nel paese delle meraviglie" di Lewis Carrol. Ogni primo martedì del mese "Made in Italy" di C. Elevati e G. Scutellà.

Iraq: in carceri condizioni disumane, parte sciopero della fame

 

Asca, 20 febbraio 2010

 

I detenuti della prigione irachena di Bassora, circa 600, hanno iniziato uno sciopero della fame per protestare contro le "condizioni disumane" in cui sono costretti a vivere. Lo sciopero ha preso il via ieri nella galera di Al-Minaa, ha detto Hussein Ali Hussein, seguace del religioso sciita Moqtada al-Sadr e consigliere provinciale di Bassora. "Tutti e 600 i detenuti della prigione Al-Minaa, tra cui 200 sadristi, stanno portando avanti uno sciopero della fame per protestare contro le condizioni di detenzione disumane", ha spiegato.

"I detenuti chiedono la sostituzione dell’amministrazione e l’ispezione della Croce Rossa", ha sottolineato. La prigione è controllata dal ministero dell’Interno. Le competenze del sistema penale iracheno sono divise tra i ministeri dell’Interno, quello della Giustizia e della Difesa. Secondo una stima delle Nazioni Unite in Iraq, ci sono oltre 44 mila detenuti nelle carceri irachene.

 

 

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