Rassegna stampa 22 febbraio

 

Giustizia: arresti domiciliari e messa alla prova per i reati lievi

di Matteo Bartocci

 

Il Manifesto, 22 febbraio 2010

 

Le carceri scoppiano: 66.288 detenuti per 44mila posti. Dopo i "superpoteri" alla Bertolaso concessi al capo del Dap Ionta, il ministero della Giustizia pensa finalmente anche a una misura che svuoti almeno in parte le galere dalle persone che si possono considerare recuperate alla società.

Il ministro Alfano ha spedito una bozza di legge a tutti i capigruppo e, per conoscenza, anche alla radicale Rita Bernardini che su questo 19 giorni fa aveva iniziato uno sciopero della fame. "Il provvedimento - evidenzia Bernardini - segna un’importante inversione di tendenza della politica di carcerizzazione e mi auguro che porti un po’ di sollievo nel disumano mondo penitenziario".

Nel testo preparato a via Arenula si affacciano misure positive, come la concessione quasi automatica dei domiciliari ai detenuti che devono scontare l’ultimo anno di pena e l’allargamento della messa in prova nei processi per reati con pena inferiore a 3 anni. Secondo Alfano c’è già un accordo politico che consentirebbe una corsia preferenziale in parlamento in sede legislativa. Nella bozza ci sarebbero anche misure dubbie, come un giro di vite sulle misure alternative (che devono essere concesse solo per lavori socialmente utili o per la "riparazione" alle vittime) e l’aumento da 1 a 5 anni per il reato di evasione.

Più in dettaglio, i domiciliari andrebbero concessi anche ai recidivi e possono essere scontati nell’abitazione oppure in "altro luogo pubblico o privato di assistenza e cura", un’indicazione chiave per tossicodipendenti e stranieri senza dimora. Sono ovviamente esclusi delinquenti abituali e mafiosi. Con l’allargamento della messa in prova invece il processo per reati lievi può essere sospeso e poi annullato se l’imputato si "comporta bene" dopo lavori socialmente utili per massimo due anni.

"È una proposta che va nella direzione giusta - commenta Patrizio Gonnella di Antigone - purché alla fine sia veramente deflattiva e non venga bilanciata da paure e ripensamenti. Per esempio, includere la "riparazione" tra i requisiti per le misure alternative rischia di renderle più difficili e addirittura impossibili per i reati senza vittima come quelli legati al consumo di droghe o all’immigrazione". I condannati con fine pena entro un anno sono circa 10mila.

Giustizia: "l’allarme carceri"… e lo sciopero della fame di Rita

di Luigi Manconi

 

L’Unità, 22 febbraio 2010

 

"Intrepido" è un termine che da tempo, e per ragioni misteriose, viene utilizzato solo in senso critico o canzonatorio. E invece, per una volta, ne voglio fare un uso positivo, definendo appunto "intrepida" Rita Bernardini, deputata radicale eletta nelle liste del Pd, e la sua azione a tutela dei diritti delle persone private della libertà.

Intrepida è, infatti, la sua quotidiana e meticolosa - e "maniacale", così appare ai suoi critici - opera di denuncia di tutte le iniquità che si consumano all’interno delle carceri. Qui, alle antiche e strutturali "violenze istituzionali" - proprie di ogni sistema di coercizione - si è aggiunta l’abnorme crescita della popolazione detenuta, che ha superato le 66.000 unità. Il governo finora ha mostrato di voler affrontare una simile situazione ricorrendo a un solo strumento: la costruzione di nuove carceri. Progetto tanto miope quanto utopistico dal momento che il ritmo di realizzazione di nuove celle è fatalmente assai più lento del tasso di incremento della popolazione detenuta.

L’unica strada alternativa e realistica è, invece, quella della depenalizzazione e della de-carcerizzazione: ossia la riduzione del numero dei comportamenti classificati come reati e la riduzione del numero dei reati sanzionati con la reclusione in cella.

Per ottenere che tale strada sia perlomeno intrapresa, Rita Bernardini ha attuato un lungo sciopero della fame. Dopo 19 giorni di silenzio, c’è stato un segnale di attenzione: il ministro Angelino Alfano ha inviato un disegno di legge alla Commissione giustizia della Camera che contiene alcuni elementi positivi. Eccoli: detenzione domiciliare (anche in luoghi pubblici e privati di assistenza e cura) per chi abbia ancora da scontare un anno di pena, anche se recidivo; messa in prova nei processi per reati con pena inferiore a tre anni. Si tratta di indicazioni giuste ma sottoposte a limiti e vincoli che appaiono eccessivamente onerosi: obbligatorietà dello svolgimento di lavori socialmente utili e della "riparazione" nei confronti delle vittime (condizioni sacrosante ma assai difficili da applicare); aggravamento delle pene in caso di violazione delle regole delle misure alternative.

Il rischio è che obblighi così rigidi portino al fallimento di queste nuove norme. Tuttavia ora il Parlamento ha l’opportunità di legiferare e di tradurre quel disegno in un provvedimento più razionale e giusto, che porti sollievo a una situazione diventata intollerabile, e che indichi una prospettiva di riforma per un sistema che sembra essere decisamente irriformabile.

Bene ha fatto, dunque, la Bernardini, a interrompere uno sciopero della fame che ha già ottenuto un primo risultato. Siano altri, ora, ad assumersi le proprie responsabilità.

Giustizia: Bernardini; stop sciopero fame, dopo aver letto ddl

 

Agenzia Radicale, 22 febbraio 2010

 

La radicale Rita Bernardini ha accolto l’invito del Guardasigilli Angelino Alfano a sospendere lo sciopero della fame dopo aver letto la bozza del disegno di legge sulla messa in prova e le pene alternative.

Dichiarazione di Rita Bernardini, deputata Radicali-Pd, membro della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati: "Ho potuto leggere la bozza del Disegno di Legge presentato dal Ministro della Giustizia Angelino Alfano riguardante l’esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori a un anno e la sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato per i reati puniti con pena non superiore nel massimo a tre anni.

Il provvedimento, ora all’esame tecnico degli Uffici della Camera prima di iniziare il suo iter in Commissione Giustizia, avrà la corsia preferenziale della sede legislativa avendo il Ministro della Giustizia ottenuto l’assenso dei Gruppi Parlamentari della Camera, tranne quello della Lega che però non si è dichiarata pregiudizialmente ostile.

Due sere fa il Ministro Alfano, dopo aver reso alle agenzie questa notizia, mi ha invitato a sospendere lo sciopero della fame. Accolgo ora questo invito, dopo aver letto la bozza del disegno di legge che corrisponde a quanto contenuto nei punti d) ed e) della mozione radicale sulle carceri approvata il 12 gennaio a Montecitorio. Il provvedimento, segna un’importante inversione di tendenza della politica di carcerizzazione fin qui seguita e mi auguro che porti un po’ di sollievo nel disumano e sofferente mondo penitenziario oggi caratterizzato da un sovraffollamento mai raggiunto in passato al quale si aggiunge, determinando una situazione esplosiva difficilmente governabile, una cronica carenza di personale di agenti, educatori, psicologi, medici, infermieri e personale amministrativo.

Ringrazio il Ministro Alfano soprattutto per aver accettato questa forma di dialogo nonviolento, questo Satyagraha che - lo ricordo - non vuole imporre alcunché all’interlocutore istituzionale ma, più semplicemente, richiamarlo a fare ciò di cui è profondamente convinto e che riguarda il rispetto delle leggi e degli impegni assunti: nel caso in questione, la mozione radicale sulle carceri. Da parte mia rivolgo un invito a Irene Testa, segretaria dell’Ass. radicale Il Detenuto Ignoto, che da oltre una settimana si era unita allo sciopero della fame - sposando i miei obiettivi e aggiungendo la richiesta di una commissione d’inchiesta sulle morti sospette in carcere - a interrompere per il momento anche il suo il digiuno".

Giustizia: Fleres (Pdl); lettera aperta su situazione delle carceri

 

Lettera alla Redazione 22 febbraio 2010

 

Le carceri italiane sono sovraffollate, inadeguate, vecchie, con poco personale e non sempre in grado di assicurare una sufficiente assistenza sanitaria, né di permettere l’avvio di idonee iniziative volte a rendere concreto il dettato costituzionale che prevede il fine rieducativo e di reinserimento della pena. Le carceri siciliane, fatta qualche debita quanto rara eccezione, si trovano in condizioni ancora più gravi di quelle descritte.

Da pochi giorni a sostenere questa tesi non sono più solo io ma l’intero Senato della Repubblica, che ha votato una mozione, di cui sono stato primo firmatario, in cui non solo si denunciano le condizioni di disagio sopra sintetizzate, ma si ipotizzano una serie di soluzioni che, in virtù del voto favorevole del Senato, impegnano il governo.

Si tratta: dell’immediato varo del piano carceri con la chiusura delle strutture non adeguabili a criteri moderni e consoni al rispetto della dignità umana, la vendita delle strutture più piccole o troppo vetuste e la realizzazione di strutture moderne, capaci di sostenere il recupero e la risocializzazione dei detenuti e non solo la pena afflittiva, l’apertura delle strutture ultimate con spostamento del personale dagli istituti da chiudere e l’utilizzo di formule di project financing; di predisporre una riforma del sistema carcerario che ipotizzi la detenzione carceraria nel caso di condanne per i reati più gravi e/o di maggior allarme sociale, ovvero in presenza di recidiva e/o abitualità favorendo, negli altri casi e nel rispetto della legge, forme detentive alternative a quella intramuraria; di potenziare gli strumenti alternativi al carcere, come determinati dalla legge, comunque salvaguardando entrambe le funzioni della pena; di sottoscrivere un protocollo internazionale per l’espiazione della pena nei Paesi di residenza, per gli stranieri appartenenti all’Unione europea e a quei Paesi nei quali sono garantiti i diritti umani; di favorire un lavoro sinergico tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e quello della giustizia, predisponendo un apposito protocollo d’intesa, da sottoporre alle organizzazioni nazionali del mondo del lavoro e imprenditoriale, per l’impiego di detenuti in attività lavorative proposte da privati, in linea con la legge Smuraglia, rendendo gli istituti penitenziari veri e propri laboratori produttivi, regolarmente inseriti nel mercato esterno, anche facendo ricorso a misure che favoriscano lavoro autonomo; di creare apposite strutture per donne detenute in presenza di prole, al fine di non dovere "recludere" bambini innocenti in carceri per adulti: queste strutture devono godere del supporto di psicologi infantili e di corsi di risocializzazione e avviamento al lavoro per le ree.

Da un’intesa con strutture governative impegnate nel mondo del lavoro femminile, si possono definire accordi per favorire il lavoro delle detenute e garantire una migliore qualità della prole che, si ricorda, non ha commesso alcun reato, ed è spesso di tenerissima età; di favorire un lavoro sinergico tra il Ministero della salute e quello della giustizia, predisponendo in ogni ospedale, o quantomeno in almeno un presidio sanitario provinciale, delle apposite stanze riservate a detenuti bisognosi di ricovero.

Questo favorirebbe un più efficiente utilizzo del personale di Polizia penitenziaria. Attualmente per ogni detenuto da far visitare occorre impiegare tra le 8 e le 12 unità che vengono distolte dal servizio in istituto; di attivarsi per automatizzare i cancelli interni alle strutture penitenziarie con l’innovazione di sistemi di video-sorveglianza: questo favorirebbe una drastica riduzione del personale di Polizia penitenziaria preposto all’apertura e alla chiusura dei cancelli, con un migliore e più razionale utilizzo dello stesso; di attivarsi per realizzare le docce in camera, per un’ulteriore diminuzione delle mansioni del personale di Polizia penitenziaria, attualmente impegnati a vigilare i detenuti che utilizzano le docce comuni: anche questo accorgimento, apparentemente di dettaglio, favorisce un più razionale utilizzo del personale di Polizia penitenziaria; di rispettare l’art. 42 dell’ordinamento penitenziario, di cui alla legge n. 354 del 1975 e successive modifiche, che determina la territorialità della pena; di trasferire in strutture adeguate, pubbliche o private, i detenuti tossicodipendenti, con percorsi differenziati in funzione della gravità del reato commesso; di adeguare gli organici della magistratura di sorveglianza; di adeguare il personale di Polizia penitenziaria; di adeguare l’organico del personale amministrativo, sanitario, degli educatori e degli psicologi, nonché di mediatori culturali per i detenuti stranieri.

Credo che si tratti di un primo importante segnale in direzione di un carcere che non offenda la dignità delle persone recluse e che crei le condizioni per un reale loro reinserimento sociale. Per quanto riguarda più specificamente la situazione siciliana, infine, ho già presentato un esposto dettagliato alle autorità europee al fine di accelerare l’adozione di quei provvedimenti in grado di bloccare il sovraffollamento ed accelerare i lavori di adeguamento o di ricostruzione più volte auspicati. Mi rendo conto che nessuno dispone di bacchette magiche ma nessun percorso può cominciare se non si compie il primo passo e questo è stato compiuto.

 

Senatore Salvo Fleres

Garante Diritti Detenuti Sicilia

Giustizia: Odg assunzione assistenti sociali, educatori, psicologi

 

Lettera alla Redazione 22 febbraio 2010

 

Ordine del Giorno presentato da Donatella Ferranti (Pd).

La Camera, premesso che: l’articolo 17-ter stabilisce che, per l’attuazione del cosiddetto "Piano carceri" si conferiscono pieni poteri al Commissario straordinario che, per individuare la localizzazione delle aree destinate alla realizzazione di nuove infrastrutture carcerarie, d’intesa con il Presidente della regione territorialmente competente e sentiti i sindaci dei comuni interessati, potrà agire in deroga alla normativa urbanistica vigente, velocizzando procedure e semplificando le gare di appalto, utilizzando il modello adottato per il dopo terremoto a L’Aquila, derogando anche all’obbligo previsto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, volto a consentire agli interessati, proprietari delle aree che si intendono espropriare, la necessaria partecipazione al procedimento amministrativo;

la localizzazione costituisce di per sé variante e produce l’effetto di imporre il vincolo preordinato all’espropriazione e contro di essa non sarà possibile ricorrere al giudice amministrativo e si introduce anche una deroga al limite dei subappalti, che potranno aumentare dall’attuale 30 per cento fino al 50 per cento, in deroga all’articolo 118 del codice dei contratti pubblici; in sostanza, si affidano pieni poteri al Commissario straordinario, che potrà avvalersi anche del Dipartimento per la protezione civile per le attività di progettazione, scelta del contraente, direzioni lavori e vigilanza degli interventi strutturali ed infrastrutturali, in deroga ai criteri di trasparenza e pubblicità e in palese contraddizione con la mozione Franceschini ed altri n. 1-00302 (approvata sostanzialmente all’unanimità alla Camera il 12 gennaio di quest’anno e accettata dal Governo) che impegnava chiaramente il Governo a garantire, nell’ambito dei progetti della nuova edilizia penitenziaria, i criteri di trasparenza delle procedure e l’economicità delle opere evitando il ricorso a procedure straordinarie, anche se legislativamente previste,

 

impegna il Governo

 

a verificare l’adeguatezza, in proporzione alla popolazione carceraria, delle piante organiche riferite non solo al personale di polizia penitenziaria ma anche alle figure degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, avviando un nuovo piano programmato di assunzioni che vada oltre il turn-over dovuto ai pensionamenti previsto dalla legge finanziaria per il 2010 e che garantisca le risorse umane e professionali necessarie all’attivazione delle nuove strutture penitenziarie, anche distribuendo meglio il personale sul territorio, concentrandolo nei compiti di istituto, sottraendolo ai servizi estranei, consentendogli un adeguato, costante ed effettivo aggiornamento professionale.

Lettere: amarezza dei volontari accusati di "troppo buonismo"

 

Lettera alla Redazione 22 febbraio 2010

 

Risposta all’articolo apparso su "L’Arena" del 04.02.10 a firma Anna Zegarelli dal titolo "In carcere troppo buonismo".

Anch’io come volontario delle Associazioni veronesi che operano in ambito Giustizia sono rimasto "sconvolto" dalle astiose espressioni con le quali alcuni membri di maggioranza hanno accolto la dott. Forestan, neo Garante per i diritti delle persone private della libertà, Di fronte a simili esternazioni, mi è capitato di cogliere l’amarezza di quanti a vario titolo, operano nella grande Casa Circondariale della nostra città, affinché l’esecuzione della pena avvenga nel rispetto delle leggi e delle persone.

Un lavoro duro, difficile ma necessario trattandosi tra mille difficoltà, di sostenere l’umanità, la dignità e i diritti di chi ha sbagliato, e che pagato il proprio debito, dovrebbe essere ancora nelle condizioni, magari migliorato di tornare in società. Che il carcere sia luogo di punizione pensavo fosse noto a tutti, sembra non sia altrettanto noto, o non si voglia sapere che il carcere deve essere anche luogo di rieducazione, o educazione ove questa fosse mancata, se non altro per non correre il rischio che diventi il simbolo del fallimento di una Giustizia che, per prima non riesce ad onorare il "patto sociale" e le leggi da essa stessa solennemente sancite.

Fatico a comprendere quale mondo etico riescano ad immaginare per la società in cui tutti viviamo, loro ma anche noi, i nostri figli e nipoti, quei politici che risolverebbero il problema della Giustizia in strutture blindate poste all’estrema periferia della città, magari invisibili, con meri compiti punitivi. Se questa è la risposta allo spinoso problema delle carceri che la politica sta meditando, ho l’impressione che ci sia sempre qualcuno che si distrae quando si parla di sovraffollamento, del grave fenomeno dell’autolesionismo e dei suicidi; dell’aumento della popolazione carceraria con problematiche psichiche; della scarsità di risorse e personale destinate alle Istituzioni penali

Hanno del paradossale certe prese di posizione se pensiamo che nelle scuole, nelle parrocchie, negli ambiti sociali dove si lavora per una educazione alla legalità sta crescendo la coscienza che il carcere è parte integrante della città, perché solo questo può aprire autentici percorsi di ri-socializzazione ma anche un rinnovamento della Giustizia.

Non serve la mannaia, in una società in mutazione continua e veloce, dobbiamo imparare a vedere nella sua complessità il fenomeno della devianza, troppo spesso legato a condizioni di povertà economica e culturale. Tutta la città va responsabilizzata per la realizzazione di una Giustizia che, attenta a chi commette i reati e alle vittime, sappia affiancare alla punizione processi di reinserimento, di risarcimento e riconciliazione sociale.

Per i commenti che ho udito, anche sui parenti delle persone detenute, le parole del dottore cittadino Insacco e amici sono cadute come una fredda pioggia di fine inverno, sopportata in piedi aspettando di poter entrare in carcere per un colloquio. Sempre in piedi si sta davanti al carcere, con la pioggia e con il sole, forse perché la punizione si pensa debba essere allargata anche ai genitori, coniugi, figli… una pena penosa insomma.

Questo si è sconvolgente; vedere una città dinamica e moderna come Verona, non essere ancora riuscita a realizzare almeno una pensilina per chi deve affrontare l’attesa per il colloquio, magari dopo un viaggio faticoso. Se il sole di domani ci farà dimenticare la pioggia di oggi, meno facile sarà dimenticare la gravità di certe situazioni, o parole non sufficientemente meditate, comunque rivelatrici di modesti orizzonti politici. Facile tirare in ballo il "troppo buonismo" per liquidare il lavoro di quanti credono che una Giustizia "giusta" possa ancora rappresentare una ragione di speranza fondata.

Se tutti cominciassimo a ripensare profondamente al rapporto che dovrebbe esistere tra carcere e città, probabilmente scopriremmo che il carcere potrebbe insegnare alla città quello che la città non ha saputo insegnare alle persone detenute.

 

Paolo Bottura

Associazione "Ripresa Responsabile" Verona

Gruppo "Giustizia e pace" Bussolengo

 

"In carcere troppo buonismo", di Anna Zegarelli

 

"Il carcere è un luogo di punizione e tale deve restare. Sono sconvolto come medico e come cittadino. Sono in disaccordo con le sue iniziative e le negherò il mio appoggio". Lo ha detto il consigliere Elio Rocco Insacco (An-Pdl) dopo che la garante dei diritti delle persone private della libertà, ossia dei detenuti, Margherita Forestan, ha riferito alla quinta commissione consiliare del Comune( servizi sociali) le iniziative fatte in carcere e i buoni propositi portati avanti con le associazioni.

A presiedere la commissione era Antonia Pavesi che con gli altri colleghi è rimasta senza parole di fronte al duro intervento di Insacco. E non è stato il solo. A dargli man forte Enzo Flego della Lega, che ha parlato di "troppo buonismo". Flego ha provato anche a fornire dati riguardanti l’indulto, ma è stato prontamente smentito dai rappresentanti delle associazioni presenti, in particolare da La Fraternità. Per Flego, a ritornare dietro le sbarre sarebbero stati il 90 per cento degli scarcerati, a fronte di un reale 17 per cento.

Stefano Ederle, dello stesso schieramento di Insacco, ha messo in puntini sulle "i" riguardo il diritto e il dovere di lavorare. E proprio a fronte di quanto viene fatto dalla cooperativa Segni e da Lavoro&Futuro, ha proposto di incoraggiare le esperienze lavorative dei detenuti lanciando la proposta di far partire da Verona l’attivazione di un fondo a garanzia delle vittime da reato. "Il fondo nascerebbe dal lavoro all’interno del carcere. Ogni detenuto lavoratore verserebbe un minimo".

Intanto la casa circondariale di Montorio scoppia ed è la stessa Forestan che lo annuncia: 912 detenuti, di cui 71 donne. Forestan ha poi parlato della sanità nel carcere e ha elogiato la dottoressa incaricata della Ulss, Vesentini. "Oculista, ginecologo, odontoiatra sono presenti due volte la settimana. La farmacia funziona: va sfatato quindi che si usi un solo medicinale per tutti", ha detto.

"Il Comune ha poi messo a disposizione cinque computer per gli ambulatori di sezione. Cultura e istruzione sono importanti e con il Cpt Carducci c’è la scuola dell’obbligo e con altre associazioni si fa formazione e attività. Occorre coordinare, per ora alcuni corsi prima sospesi sono stati reintrodotti". Forestan in pochi mesi di impiego (gratuito) è riuscita a coinvolgere la Fondazione Cariverona che finanziera alcuni progetti. Ora nella sezione femminile c’è una lavabiancheria, dei phon. Presto saranno cambiati 500 materassi e altrettanti guanciali. In ultimo due gruppi di detenuti visiteranno la mostra di Corot.

Ancona: Radicali; a Montacuto c'è una situazione drammatica

 

Ansa, 22 febbraio 2010

 

Nel carcere di Ancona la situazione è insostenibile e rischia di assumere contorni drammatici. La casa circondariale è sovrappopolata, in carenza di organico, c’è perfino la muffa nelle celle. La denuncia arriva dal senatore radicale Marco Perduca, candidato alla presidenza regionale nelle Marche che ha effettuato sabato mattina una visita ispettiva a Montacuto, insieme alla delegazione composta dal tesoriere Andrea Granata e dai candidati in consiglio regionale Valter Mancini e Alexandre Rossi.

"Ci siamo resi conto di persona - ha dichiarato Perduca - della situazione insostenibile all’interno del carcere di Ancona. Il numero dei detenuti è quasi il doppio di quello consentito, con 367 reclusi (la capienza regolamentare è di 202 posti) stipati in celle al limite dei 3 metri quadrati minimi previsti dalle normative europee".

I dati acquisiti dalla delegazione radicale affermano che circa metà dei presenti (176) è di origine straniera, un terzo del totale in attesa di giudizio e solo un altro terzo con sentenza definitiva, percentuale più alta della media nazionale. Ma i radicali hanno messo in luce anche le scarse condizioni strutturali e igieniche dell’ex "carcere d’oro" come lo hanno definito. "La qualità dei materiali con cui è costruito è pessima - ha rincarato la dose il senatore - nei bagni ci sono infiltrazioni d’acqua e muffa. Inoltre manca il personale medico, in infermeria abbiamo trovato solo la polvere, situazione questa che si è creata con il passaggio delle competenze sanitarie alla Regione".

Perduca ha bacchettato l’amministrazione annunciando interrogazioni parlamentari: "Un periodo di rodaggio nel passaggio delle competenze è fisiologico - ha detto - ma qui siamo di fronte alla patologia di un’amministrazione distratta se non ostile al godimento del diritto alla salute dei presenti al carcere. Mi appello alla Regione perché ponga fine a questa vergogna di Montacuto". In seguito al "tour" all’interno del carcere, la delegazione ha rilevato anche carenza di personale. "Dopo i tagli - ha detto il candidato in consiglio regionale Mancini - sono rimasti solo 129 agenti, quando ne servirebbero 189. E il turno di notte è coperto solo da sei agenti che devono sorvegliare 367 detenuti".

Tempio Pausania: la denuncia del Sinappe "il carcere scoppia"

 

La Nuova Sardegna, 22 febbraio 2010

 

Sovrappopolamento di detenuti e carichi di lavoro eccessivi per i dipendenti. È quanto denuncia il Sindacato Sinappe in una lettera che è stata indirizzata al provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria Francesco Massidda e al direttore generale del personale e della formazione Massimo De Pascalis oltre che al direttore del carcere tempiese Teresa Mascolo. Nella missiva, firmata dal coordinatore nazionale Luigi Arras, si sottolinea come "il carcere di Tempio paga un pesante prezzo rispetto al trend generale, in quanto rispetto alla capienza regolamentare di 24 detenuti, ne ha 52, cioè più del doppio. Con oscillazioni che raggiungono apici che vanno ben oltre".

Una media che "rispetta" l’aumento generalizzato, visto che in Sardegna ha una capienza carceraria di 1624 detenuti mentre nella realtà ce ne sono 2300. "Le carenze si riscontrano - continua Arras - anche nel personale di polizia penitenziaria, visto che invece dell’organico previsto di 35 unità, sono operanti in 29, compreso il comandante di reparto. Questa pesante anomalia dell’organico è aggravata dalle innumerevoli incombenze dovute al sovraffollamento di detenuti che determina carichi di lavoro insopportabili. Si è costretti anche a sopportare turni dalle 8 alle 24". Arras conclude chiedendo "un urgentissimo intervento, in assenza del quale ci si riserva di avviare ogni utile iniziativa di lotta democratica tesa a garantire l’affermazione dei diritti compromessi".

Terni: il Sappe protesta; turni doppi e straordinari non pagati

 

Giornale di Rieti, 22 febbraio 2010

 

Annunciato dal Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria lo stato di agitazione presso la Casa Circondariale di Rieti. A renderlo noto è Stefano D’Antonio, segretario provinciale del Sappe che giustifica il fatto nel mancato pagamento degli straordinari effettuati nello scorso mese di dicembre 2009 dagli agenti di custodia in servizio a Rieti.

"Tale situazione ha creato molto malumore tra i colleghi - spiega il sindacalista - ai quali fin dal mese di ottobre è stato richiesto grande spirito di sacrificio per effettuare l’apertura del Nuovo Istituto Reatino e che, dopo aver collaborato con grande impegno e professionalità, si vedono cosi beffati".

"Sembra - aggiunge D’Antonio - che ai livelli centrali (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria Provveditorato Regionale) nessuno si sia accorto che le unità impegnate presso questo Istituto siano più che raddoppiate, da 42 a 100, lasciando il bugdet necessario a pagare gli straordinari a quello finora adottato per Santa Scolastica".

Il segretario provinciale del Sappe non si riesce a capire quale criteri siano stati adottati al fine di quantificare "il fabbisogno" del nuovo Istituto. "Sembra che ci sia uno "scaricabarili" tra i vari Uffici e le informazioni che vengono date sono molto approssimative".

Il personale che risulta in forza al nuovo carcere di Rieti è di 100 unità "dalle quali vanno detratte 6 unità assenti per Cmo, - spiega ancora D’Antonio - 6 unità in distacco, 25 unità impegnate nelle cariche speciali, 11 unità del ruolo degli ispettori/sovrintendenti (mansioni di concetto). Alla fine, il personale che espleta i turni in H24 si riduce a 52 unità. Questo significa che, per poter dare a tutti la possibilità di equità di trattamento (festivi, notturni, etc.) ci si trova costretti a far partecipare anche il personale in servizio presso gli Uffici, il quale contribuisce con turni notturni, festivi e quant’altro".

E poi "spesso si ricorre alla soppressione dei più elementari diritti come i tagli ai posti di servizio - a discapito della sicurezza - ed alla soppressione dei riposi settimanali il più delle volte per poter organizzare le traduzioni dei detenuti presso le aule dei Tribunali, anche degli arrestati per reati ex Pretorili - conclude il segretario provinciale - per cui è previsto il non accompagnamento in carcere bensì il trattenimento nelle stanze di sicurezza delle varie Forze di Polizia operanti e, solo dopo la convalida, l’eventuale assegnazione all’istituto di pena".

Napoli: progetti inserimento operatori penitenziari a confronto

di Valeria Chianese

 

Avvenire, 22 febbraio 2010

 

Realtà che si tenta di rimuovere dalla coscienza o di nascondere alla quotidianità, il carcere e i carcerati costituiscono invece per la Chiesa di Napoli una condizione concreta che trattiene vita e sofferenza e da cui non distogliere lo sguardo, cui prestare attenzione e soprattutto amore, su cui interrogarsi. Un’opportunità è stata offerta dal convegno organizzato ieri nella sala del Tempio di Capodimonte dal Centro diocesano di pastorale carceraria e che ha caratterizzato la prima delle due giornate dedicate al carcere "Problema di tutti".

"Come Chiesa - precisa don Franco Esposito, cappellano a Poggioreale e direttore del Centro - non siamo chiamati a realizzare quello che devono fare le istituzioni, ma ad annunciare la redenzione e il bene e se necessario a denunciare". Oggi, prima domenica di Quaresima, per tutta la diocesi è la Giornata di preghiera per i carcerati: nel pomeriggio, alle18, nella chiesa di San Pietro e Paolo a Ponticelli, l’arcivescovo di Napoli cardinale Crescenzio Sepe presiederà la celebrazione eucaristica, cui seguirà l’incontro con gli ex detenuti, i detenuti, cui è stato permesso di partecipare, e le loro famiglie.

Ieri testimonianze, proposte, denunce, iniziative per "sensibilizzare la realtà che ci circonda verso una parte della società in cui viviamo tra le più drammatiche - ha chiarito il cardinale Sepe -. Per far conoscere i problemi e le difficoltà e soprattutto le aspirazioni di quanti hanno scontato o scontano la pena e sentono l’esigenza di una ripresa, di una speranza in un futuro migliore". Un’occasione per saggiare l’impegno comune della Chiesa napoletana, del volontariato, delle istituzioni nel raggiungere quello che il cardinale definisce "il fine ultimo" cioè "far sì che il carcere non sia un inferno, ma un tempo di maturazione e di redenzione".

Con la passione che lo caratterizza don Franco Esposito ha descritto la realtà carceraria e le possibilità di cambiamento come un’alternanza di bene e di male, dove entrambi sono però equivocamente mischiati: "Rinchiudere - ha detto - migliaia di tossicodipendenti lasciandoli chiusi per anni per 22 ore al giorno è un compromesso con il male. Incominciare a pensare a misure alternative è voler vincere il male. Continuare a volere un ergastolo ostativo, senza benefici, è pura vendetta. Scommettere sulla redenzione è vincere il male".

Il Centro di pastorale carceraria, con la Caritas diocesana e le associazioni, sta compiendo segni sensibili e visibili: le borse lavoro per gli ex detenuti, la casa di accoglienza per i detenuti, il Centro di ascolto, il Movimento unito detenuti ed ex detenuti "Uomo Nuovo", l’adozione da parte delle parrocchie di un detenuto. Un’insieme di attività che sono anche un richiamo alle istituzioni: "Per dire che si può far uscire una persona dalla delinquenza con solo 500 euro al mese e per tagliare i legami che la camorra mantiene con chi è in carcere fornendo assistenza legale e sostenendo le famiglie" ha insistito don Franco. Si cerca cioè di costruire un contatto tra il carcere e il territorio.

Rapporto che nel carcere milanese di Bollate è norma. Roberto Bezzi, direttore dell’area educativa del carcere di Bollate, ha spiegato a una platea meravigliata il "carcere umano, dove prevale l’aspetto trattamentale, dove esiste un "fuori" ricco che vuole entrare nel carcere e che ha la possibilità di farlo". A Bollate funzionano le scuole dall’elementare all’università. Cinque cooperative sociali e due aziende private danno lavoro ai detenuti, anche all’esterno. "Il carcere chiuso - ha affermato Bezzi - non può essere inteso come una sorta di lavatrice da cui il detenuto esce rinnovato se non c’è l’offerta alternativa, la fiducia e la voglia di sfida".

Trieste: al Coroneo i detenuti diventano panettieri e pasticceri

di Gabriella Ziani

 

Il Piccolo, 22 febbraio 2010

 

I detenuti diventano panettieri e pasticceri. Ma veri. I filoncini e le rosette impastati e infornati dentro le mura del Coroneo, dove è in fase di allestimento un laboratorio completo finanziato dal ministero dell’Interno, saranno venduti all’esterno, specie a cooperative e comunità, e magari in cambio d’altro (merci, beni o servizi), così da coprire almeno tutti i costi: stipendi, materia prima, manutenzione dei macchinari. Non c’è scopo di lucro.

E lo speciale panificio dovrà avere un suo marchio di produzione che il direttore, Enrico Sbriglia, starà ben attento a non sbagliare: "Mai vorrei un prodotto che si chiamasse "pane del detenuto", "pane della pena" o qualche altra simile tristezza discriminante, forse "Coroneo" sarebbe già accettabile, ma è cosa che dobbiamo ancora decidere".

Capofila del progetto è il settore formazione del Villaggio del fanciullo. Collaborano all’impresa, che deve garantire scuola, norme igieniche, prassi di legge regolamentari, commercializzazione e anche controllo degli effetti che si presumono positivi sui detenuti, l’Associazione dei panificatori, la Caritas, la cooperativa Demos, l’Istituto Jacques Maritain (per l’analisi sociologica).

L’iniziativa, che coinvolgerà circa una decina di reclusi alla volta, scelti esclusivamente sulla base delle loro potenziali competenze e capacità, sarà presentata ufficialmente il 23 marzo. "L’intento - racconta Sbriglia - è proprio quello di fornire capacità professionali, di cui le persone potranno avvalersi quando usciranno dal carcere, noi vogliamo fare impresa vera, andare sul mercato, inserirci in quel mercato sensibile alle questioni sociali, siamo degli agevolatori, facciamo ponte tra dentro e fuori, non vogliamo far incattivire la gente già sottoposta a regime carcerario, ma favorire il reinserimento sociale".

Che poi è quanto il carcere avrebbe come suo compito istituzionale. Il tentativo di fare il pane, mestiere anche simbolicamente di un certo valore, era stato tentato al Coroneo in altri periodi, ma in forma più provvisoria, "con un corso di formazione, qualche impastatrice di seconda mano". L’entusiasmo, dice Sbriglia, fu grande. Adesso col finanziamento ministeriale il panificio sarà invece nuovo, autentico, stabile.

Il direttore, che pure demanda anche ai suoi partner la descrizione di lavori preparatori e intenti, è molto contento che il progetto si sia realizzato e sia sul punto di partire, tanto che riesce perfino a scherzare a chiusura di un ben chiaro disegno dell’idea: "A me non piace che questo pane abbia un’etichetta che ne diminuisca l’immagine, il lavoro è neutrale, il lavoro è lavoro, chiunque, di qualunque lingua o colore di pelle, lo porti a termine, basta che sia fatto bene, e così a me basta che non si producano pagnottine con la lima nascosta dentro, quello no, per il resto mi va bene tutto". Non si sa quanto pane, e quanti dolci, i carcerati del Coroneo saranno infine in grado di produrre, ma Sbriglia è sicuro che la quantità sarà notevole, "perché i detenuti - dice - quando si mettono lavorano sodo, secondo me dovremo fermarli".

 

Carcere più bianco grazie al Rotary

 

"Preferisco pensare a coloro che trascorrono una parte della loro vita da noi come a degli ospiti momentanei, a delle persone prestate per qualche tempo al trattamento penitenziario. Se è vero che la pena detentiva svolge una funzione di custodia, è altrettanto vero, a mio avviso, che non deve limitarsi all’aspetto punitivo ma rivestire il ruolo di strumento di recupero in vista del rientro in società", ha puntualizzato il direttore della Casa Circondariale cittadina, Enrico Sbriglia, ieri mattina in occasione dell’incontro con il Rotary Club Muggia, che ha consegnato all’amministrazione penitenziaria un coupon del valore di 1.500 euro destinato all’acquisto di pitture Sandtex per ridipingere un reparto delle carceri di via Coroneo.

Il service realizzato in collaborazione con la Italspurghi Ecologia Srl e la Harpo SpA, vuole essere un ponte tra un "dentro" e un "fuori" nell’ottica di un coinvolgimento attivo tra il mondo che sta dietro alle mura dell’istituto di pena e la società esterna. Prigioniero, detenuto, carcerato: sono tutte definizioni che male si adattano alla società contemporanea, ha affermato inoltre il direttore alla riunione cui hanno partecipato il presidente del Rotary Muggia Gianfranco Cergol, l’ad della Harpo SpA Franco Stock, Mattia Cergol dell’Italspurghi e alcuni ospiti della struttura. Le carceri sono un’isola invisibile, una realtà SU cui non si riflette, una città proibita nella città, abitata da persone di cui si preferisce ignorare l’esistenza.

Il sistema penitenziario non sempre riesce a mettere in atto al suo interno uno standard di condizioni in sintonia con i principi di giustizia sociale, e allora ecco che il contenitore-carcere ricopre solo il ruolo di condanna-punizione. Un’ottica che non tiene conto dell’esigenza invece sempre più sentita di veicolo di riconciliazione e riavvicinamento tra individuo e società.

"Il nostro club condivide la scelta di equità sociale e integrazione seguita dall’istituto - ha detto il presidente del Rotary Muggia - e riteniamo che contribuire al miglioramento delle sue condizioni di vita sia una giusta scelta di carattere etico". E intanto, ha anticipato Sbriglia, si avvicina la data dell’inaugurazione del primo forno e pasticceria all’interno di una casa di pena, dove dal 23 marzo alle prese con baguette e pasticcini ci saranno una decina di "ospiti momentanei".

Sulmona: per il personale; ciclo di 10 incontri, con gli psicologi

 

Ansa, 22 febbraio 2010

 

Incontri personale-psicologi nel carcere di Sulmona - famoso per una lunga serie di suicidi tra cui, anni fa, quello della sua direttrice - per affrontare "in maniera più efficiente e meno conflittuale il rapporto con i detenuti e l’ambiente del carcere". È l’iniziativa del direttore, Sergio Romice, e della psicologa, Assunta Giansante, per agenti di polizia penitenziaria e personale del comparto ministeri. Il corso, composto da 10 incontri con professionisti nel campo della psicologia e non solo, "è un primo passo verso la rideterminazione del fenomeno del burn-out che tanto affligge gli operatori del settore e che può produrre non poche disfunzioni di natura psicologica tra chi, come la polizia penitenziaria, è costretta ad operare in ambienti poco propensi alla salvaguardia dell’io".

"È anche un primo passo - afferma il segretario provinciale e vice regionale Uil Mauro Nardella - verso un radicale cambiamento che si spera porti l’operatore penitenziario a vivere in una condizione lavorativa migliore, in una struttura caratterizzata dal sovraffollamento e dalla carenza di organico".

 

Ciampa (Cgil): i corsi sono un palliativo

 

Gino Ciampa, delegato provinciale della Cgil penitenziari, giudica un semplice "placebo" i corsi di sostegno psicologico, partiti nei giorni scorsi, all’interno della casa di reclusione di via Lamaccio. “L’iniziativa, seppur lodevole nelle intenzioni, – spiega Ciampa - ci lascia perplessi, dal momento che si tratta di un placebo, che rischia di ridurre tutti i problemi del carcere ad un mero rapporto di interazione fra gli operatori e detenuti. Perplessità esistono anche in riferimento alla metodologia usata per l’individuazione dei partecipanti. Gli incontri, infatti, - continua Ciampa - non sono rivolti a tutti gli operatori penitenziari, ma solo ad una sparuta minoranza, peraltro scelta con criteri discutibili”. Secondo il sindacato, i reali problemi restano la carenza di personale, il numero elevato di circuiti penitenziari, l’elevata presenza di detenuti con patologia psichiatriche, le disfunzioni dell’area sanitaria. “Per tutti questi problemi - conclude Ciampa - torniamo a chiedere risposte concrete, urgenti e risolutive”.

Modena: 550 detenuti in 220 posti, mentre mancano 70 agenti

 

Dire, 22 febbraio 2010

 

Al carcere Sant’Anna di Modena sono stati assegnati 31 dei 41 agenti di Polizia penitenziaria promessi. Dal maggio 2009 a oggi sono stati trasferiti 235 detenuti, ma è al contempo aumentato notevolmente il numero di arresti e arrivi da altri istituti. La quantità di detenuti rimane molto elevata e ben al di sopra del limite di capienza previsto per igiene, vivibilità e rapporto tra agenti e detenuti. A descrivere la situazione del penitenziario modenese è Francesca Maletti, assessore alle Politiche sociali del Comune di Modena, oggi in Consiglio comunale rispondendo all’interrogazione dei consiglieri Pd Francesco Rocco e Paolo Trande.

Presentando l’interrogazione Rocco ha definito "insostenibile" la situazione delle carceri modenesi, che in ottobre 2009, data di presentazione dell’interrogazione, contava 550 persone, in uno spazio capace di contenerne solo 220, e 149 agenti invece di 226. "In più occasioni tutti i sindacati di Polizia penitenziaria hanno denunciato questa situazione di forte disagio e pericolosità", aggiunge Rocco.

L’assessore ha specificato che "ad ottobre sono state mandate 10 unità, nel 2010 altri 14 neo-agenti di Polizia penitenziaria e ulteriori sette unità provenienti dal piano ordinario di mobilità". Maletti ha inoltre aggiunto che "sia la Prefettura che la direzione della Casa circondariale ci hanno comunicano che non conoscono le cause della differenza di 10 agenti tra quelli attesi e quelli attribuiti". Rocco si è detto infine "scandalizzato" per i numeri riportati dall’assessore: "La minoranza in questo Consiglio comunale è accanita, caparbia e severa, ma non lo è altrettanto con i propri parlamentari affinché spingano i loro ministri a rispettare quanto promesso".

Palermo: l’Asl impedisce ai volontari di dare vestiti ai detenuti

 

Lettera alla Redazione 22 febbraio 2010

 

Lino Buscemi, Segretario generale della Conferenza italiana dei Garanti regionali dei diritti dei detenuti, ha dichiarato: "Per fare arrivare vestiario e biancheria intima ai bisognosi detenuti extracomunitari delle carceri palermitane di "Pagliarelli" e "Ucciardone", l’Ufficio del Garante per la Sicilia ha chiesto alla Missione "Speranza e carità" di Biagio Conte, se era possibile far pervenire, prelevandolo dai propri magazzini, quanto necessario per alleviare disagi e sofferenze. La risposta è stata disarmante ed allo stesso tempo incredibile.

La Missione, per come ha riferito Don Pietro Vitrano, non può intervenire perché la Asl competente, a quanto pare per motivi di igiene e sicurezza, ha emesso una diffida che impedisce, agli operatori di carità, di immagazzinare, pulire e distribuire vestiario proveniente da donazioni effettuate dai palermitani.

In una Città martoriata dal bisogno e dalla povertà ci voleva pure che legassero le mani a quell’angelo dei poveri che è Biagio Conte. Ho informato dell’accaduto il Garante, Sen. Salvo Fleres, il quale presenterà immediatamente una interrogazione parlamentare a riguardo sia per conoscere la realtà dei fatti che per sollecitare urgenti interventi amministrativi atti a riattivare quello che ormai, a Palermo, è diventato un insostituibile servizio (gratuito) di solidarietà umana e di grande attenzione verso gli ultimi.

In attesa che si risolva il problema mi auguro che le autorità penitenziarie, con i propri fondi, non facciano mancare l’indispensabile a tutela della dignità umana delle persone private della libertà personale".

Vibo Valentia: detenuto extracomunitario evade dall’ospedale

 

Agi, 22 febbraio 2010

 

Un extracomunitario di cui non si conoscono le generalità, detenuto presso il carcere di Vibo Valentia, è evaso allontanandosi dall’ospedale dove era stato accompagnato dagli agenti della polizia di Stato per una accertamento. L’uomo è riuscito a lanciarsi da una finestra. L’evasione è avvenuta nel primo pomeriggio di oggi.

Secondo i primi accertamenti, l’extracomunitario, dopo essere stato sottoposto ad accertamenti, avrebbe chiesto d’andare al bagno, ma quando gli agenti hanno bussato, non ha più risposto. Era appunto fuggito attraverso una finestra. Da quel momento viene assiduamente ricercato, ma al momento senza nessun esito.

Roma: convegno di "Italia lavoro" su reinserimento lavorativo

 

Ansa, 22 febbraio 2010

 

Si terrà martedì 23 febbraio a Palazzo Rospigliosi il convegno "Accompagnare dalla pena al lavoro. Integrazione delle politiche di inclusione a livello locale, nazionale, comunitario. Nel corso dell’incontro saranno presentati i risultati del progetto "Lavoro nell’inclusione sociale dei detenuti", sperimentazione promossa dai Ministeri del Lavoro e della Giustizia e realizzato da Italia Lavoro che ha realizzato interventi per il reinserimento lavorativo di chi esce dal carcere attraverso lo strumento del tirocinio professionalizzante (2108 quelli avviati, 1529 quelli terminati, 330 assunzioni).."Accompagnare dalla pena al lavoro. Integrazione delle politiche di inclusione a livello locale, nazionale, comunitario" Roma, 23 febbraio, 9.30 - Palazzo Rospigliosi (Via XXIV Maggio, 43)

Obiettivo del convegno, documentare - dati alla mano - che è possibile realizzare interventi di reinserimento socio-lavorativo per chi esce dal carcere, con il risultato finale - oltre che di aumentare la coesione sociale - di alleggerire il sovraffollamento delle carceri con notevole riduzione dei costi della politica carceraria (si calcola un costo unitario giornaliero di 157 euro) e contribuire alla diminuzione della recidiva e quindi, indirettamente, alla sicurezza delle comunità locali riducendo i costi della politica della sicurezza stessa.

Interverranno all’incontro (programma completo in allegato) - Michel Laine, della Direzione Generale Occupazione, affari sociali e pari opportunità - Commissione Europea - Pasquale Viespoli, Sottosegretario Ministero del lavoro e delle politiche sociali - Natale Forlani, presidente Italia Lavoro. Nel pomeriggio, la tavola rotonda presieduta dal giornalista Stefano Mensurati (Rai), metterà a confronto rappresentanti dell’amministrazione penitenziaria (Uepe, Ufficio per l’esecuzione penale esterna), del mondo della solidarietà (Federsolidarietà, Conferenza nazionale Volontariato Giustizia), delle istituzioni (Ministero del Lavoro, Conferenza delle Regioni, Provincia La Spezia).

Salerno: domani dibattito pubblico, sui detenuti morti in cella

 

La Città di Salerno, 22 febbraio 2010

 

Presentato ieri mattina presso il C.s.a Asilo Politico il dibattito pubblico che si terrà domani pomeriggio alle 18.30 al centro sociale di Pastena dal titolo "Contro le morti strane e preannunciate nelle istituzioni totali (carceri e manicomi)". Partendo dalla morte anomala di Franco Mastrogiovanni e del salernitano Marco Toriello, alle quali si aggiungono quella di Stefano Cucchi e della detenuta politica Diana Blefari saranno in quattro a dare vita al dibattito che vedrà la presenza di Vincenzo Serra, del Comitato verità e giustizia per Franco Mastrogiovanni, di Margareth Cittadino, segretario provinciale Cgil Sanità, dell’avvocato penalista Valentina Restaino e di Davide D’Acunto della Rete Studenti di Salerno.

All’incontro parteciperanno anche i familiari di alcuni detenuti salernitani. "I detenuti morti nel 2009 sono stati 173 e le cause di tali decessi sono da ricercarsi principalmente nei maltrattamenti subiti e nella mancanza di assistenza sanitaria - affermano gli organizzatori del dibattito - Tutto ciò ci pone dei seri dubbi rispetto alla tenuta democratica nel nostro Paese. I familiari dei detenuti, i comitati e le associazioni impegnati per la difesa dei diritti civili e costituzionali nelle carceri italiane reclamano verità e giustizia sulle morti che avvengono quotidianamente nelle prigioni e nei reparti psichiatrici italiani". Durante il dibattito verrà anche rilanciato il progetto "Laboratorio Campania".

Mantova: teatro in carcere, al via quarta edizione del progetto

 

Asca, 22 febbraio 2010

 

Il progetto Teatro in Carcere, organizzato da Arci Mantova in collaborazione con For.Ma - Azienda Speciale della Provincia di Mantova - e sostenuto da Comune e Provincia di Mantova e da Fondazione Cariverona, giunge quest’anno alla sua quarta edizione. Nato nel 2002 da un’idea dell’attuale sindaco di Mantova Fiorenza Brioni, il progetto vuole essere uno strumento per veicolare cultura e sperimentare nuove forme di socialità in una realtà, quella del carcere, per definizione "ai margini".

Ne hanno parlato mercoledì 17 febbraio nella casa Circondariale di via Poma il sindaco Brioni, l’assessore provinciale alle Politiche Sociali Fausto Banzi, il direttore della Casa Circondariale Enrico Baraniello, il consigliere della Fondazione Cariverona Maurizio Lotti, il Presidente Provinciale Arci Mattia Palazzi, il direttore di For.Ma Gabriele Martignoni e la responsabile del Settore Teatro Arci Enrica Provasi.

Dopo le tre precedenti edizioni che hanno coinvolto circa sessanta detenuti e dieci allievi esterni, la quarta edizione consiste in un corso di formazione per illuminotecnici e fonici di palco riservato ad un gruppo di detenuti. Al termine del percorso formativo si terrà una rassegna di spettacoli nei quali gli allievi detenuti, grazie alle competenze raggiunte, presteranno l’assistenza tecnica luci e audio necessaria alle compagnie teatrali professioniste ospiti. La rassegna è prevista in marzo.

Parallelamente, giovedì 18 febbraio alle 14.30 si terrà un concerto del gruppo Sine Frontera per i detenuti della Casa Circondariale. Il 3 marzo alle 14.30 si esibirà il Teatro dei Limoni (Foggia) che presenterà lo spettacolo teatrale "Hamburger", mentre il 6 marzo alle 14.30 sarà di scena il Teatro del Sangro (Chieti) che presenterà la commedia "Arturo lo Chef". Info e prenotazioni obbligatorie al 3389223254.

Bologna: con "Dentro e fuori", in mostra i dipinti dei detenuti

 

Redattore Sociale, 22 febbraio 2010

 

Inaugura domani "Dentro e fuori", che espone i quadri dei detenuti della Dozza e le fotografie delle persone con disagio ospiti della Cooperativa Dai Crocicchi. Nuovo appello da "Pane e alfabeto": servono borse per dare dignità a chi esce dal carcere.

I dipinti dei detenuti escono dal carcere. Inaugura domani martedì 23 febbraio la mostra itinerante di pittura e fotografia "Dentro e fuori", dedicata alla vita in carcere e più in generale al mondo del disagio adulto. I dipinti, realizzati dai detenuti della Dozza nel corso dei laboratori artistici organizzati in carcere dal Centro Poggeschi, saranno accompagnati dalle fotografie scattate dai soci e dagli ospiti della Cooperativa sociale Dei Crocicchi, che si occupa di housing sociale e di sostegno di adulti in difficoltà. La mostra inaugura alle 16.30 al Centro Poggeschi (via Guerrazzi 14), per poi spostarsi fino al 24 aprile in altri luoghi della città. "Le opere saranno anche in vendita - spiega Luca Pistolesi del Centro Poggeschi: non hanno un unico soggetto ma sono frutto della sensibilità individuale degli autori: nascono da persone che vivono un disagio sociale e personale profondo.

"Il laboratorio d’arte all’interno del carcere è una realtà che portiamo avanti da una decina di anni - aggiunge Paola Piazzi, presidente di Poggeschi per il carcere -. Quest’anno per la prima volta l’esperienza si è allargata alla sezione femminile del carcere". L’idea di mostrare alla cittadinanza le opere dei detenuti è nata in seguito a una mostra organizzata all’interno della Dozza. "Ora abbiamo pensato di mostrarle alla cittadinanza - aggiunge la Piazzi -: sono espressione del disagio sociale adulto, dentro e fuori dal carcere". Lo stesso tema viene affrontato anche nelle fotografie che arricchiscono la mostra.

"Non avevamo intenzione di produrre delle opere d’arte - aggiunge Silvia Salucci della Cooperativa Dai Crocicchi -: le foto sono state fatte con una macchina fotografica usa e getta per permettere agli ospiti della cooperativa di esprimersi senza bisogno di corsi". La mostra "Dentro e fuori" rimmarrà al Centro Poggeschi fino al 26 febbraio (è aperta dalle 10 alle 19, ingresso gratuito). Le prossime tappe saranno dal 20 al 27 marzo alla biblioteca Lame (via Marco Polo 21/13), dal 3 all’11 aprile alla galleria dell’Arengo (Zola Predosa), e infine dal 17 al 24 aprile alla Casa di Khaoula (via di Corticella 104).

Sempre sul versante carcere, arriva un nuovo appello da "Pane e alfabeto", l’iniziativa lanciata a inizio 2010 da Roberto Morgantini del centro stranieri Cgil per raccogliere libri e generi di prima necessità per i detenuti della Dozza. Ora gli organizzatori chiedono alla cittadinanza di donare borse sportive. Il motivo, ancora una volta, è salvaguardare la dignità della persona. "Durante la raccolta - spiega Morgantini - siamo venuti a conoscenza di un’altra situazione di estremo disagio che i detenuti si trovano a vivere: al momento del rilascio, i vestiti e gli effetti personali vengono riconsegnati in grossi sacchi della spazzatura. Così, se i detenuti non hanno nessuno che li venga a prendere, sono costretti a portarsi dietro queste buste sull’autobus per tornare in città, subendo di fatto un’ulteriore umiliazione. Facciamo quindi un appello ai cittadini affinché donino delle sacche sportive per i carcerati, così da porre fine a questa situazione". I cittadini e le associazioni possono rivolgersi al centro lavoratori stranieri della Cgil, in via del Porto 16/c (tutti i giorni ore 9-13 e 16-18, chiuso il giovedì mattina, aperto il sabato mattina).

Stati Uniti: pena di morte; sentenze in calo… ma più esecuzioni

di Marco Cinque

 

Il Manifesto, 22 febbraio 2010

 

Da quando Barack Obama è presidente sembra che la pena di morte negli Usa non sia più un grave problema. Ma il silenzio presidenziale sull’argomento è ben spiegato dalle parole di Fernando Eros Caro, amerindiano detenuto nel braccio della morte di San Quentin, in California: "È difficile dire quali siano le opinioni del presidente Obama. Da parte sua non c’è stato alcun accenno alla pena di morte, figuriamoci se ha parlato di abolirla. Se desidera essere rieletto, si terrà a debita distanza dall’argomento. Ogni sua dichiarazione verrebbe gonfiata a dismisura e usata contro di lui".

Eppure i mattatoi legalizzati statunitensi, in barba all’ottavo emendamento della Costituzione, continuano a macinare sia le vite di colpevoli acclamati che casi controversi di possibili innocenti, anche se i dati sulle sentenze capitali sono in drastica flessione: nel 2009 infatti si è raggiunto il minimo di 106 sentenze capitali in un anno, a partire dalle oltre 300 che si avevano a metà degli anni Novanta. La diminuzione si è evidenziata particolarmente in Texas, che ha toccato il minimo di 9 condanne a morte (un quinto di quelle inflitte annualmente 15 anni fa). Tra le varie cause, il costante declino delle condanne potrebbe attribuirsi sia ai costi sempre più alti dei processi capitali, sia all’impegno delle organizzazioni abolizioniste, specialmente quando battono il tasto del rischio di giustiziare innocenti.

Nonostante ciò, il numero delle esecuzioni avvenute nel 2009 è invece in controtendenza: 52 contro le 37 del 2008 (e le 42 del 2007, le 53 del 2006, le 60 del 2005). I dati forniti dal Comitato Paul Rougeau rivelano inoltre che nei casi capitali persiste una palese discriminazione razziale. Ad esempio in Texas, delle 24 esecuzioni eseguite nel 2009, 14 riguardavano neri, 7 ispanici e 3 bianchi. Una percentuale che si mantiene costante è quella che conferma la tendenza forcaiola degli stati del Sud, con circa il 90% delle esecuzioni complessive, tra cui il Texas resta campione incontrastato, attestandosi intorno al 50%.

Dal 23 febbraio di quest’anno, data in cui in Georgia è prevista l’esecuzione di Melbert Ray Ford Jr., fino al giorno di ferragosto, quando l’Ohio cercherà di spedire in ferie perpetue Kevin Keith, sono previste 25 esecuzioni (una per settimana), tra cui quella di Henry Watkins Skinner, detto "Hank". Si tratta di un personaggio molto attivo nel campo dei diritti civili e umani dei detenuti e, quindi, molto scomodo soprattutto in un paese forcaiolo come il Texas. Famoso tra gli abolizionisti per il suo periodico Hell Hole News ("Notizie dal buco d’inferno"), Hank ha avanzato già dal 2001 la richiesta di essere sottoposto al test del Dna, che com’è noto ha un costo insostenibile per un condannato a morte.

I dati che comunque evidenziano un declino costante delle condanne capitali negli Usa e la diminuzione degli stati che prevedono la pena di morte indubbiamente fanno ben sperare; ma la storia recente consiglia prudenza, visto che già nel 1972, dopo una sentenza della Corte Suprema, la pena di morte fu sospesa con una moratoria su tutto il territorio statunitense, ma reintrodotta nel 1976, nel volgere di appena quattro anni.

Stati Uniti: pena di morte; un'intervista con Mumia Abu-Jamal

di Patricia Lombroso

 

Il Manifesto, 22 febbraio 2010

 

"Sono già trascorsi 15 anni dall’ultima intervista... Eppure mi sembra ieri. Mi saluti Silvia Baraldini. Io sono ancora qui, nel braccio della morte. Sempre a un passo dall’iniezione letale". Comincia così, quasi fosse una normale conversazione in un contesto surreale, l’intervista esclusiva del manifesto con Mumia Abu-Jamal. Appena quattro minuti al telefono dalla cella del braccio della morte del supercarcere in Pennsylvania. Sono passati pochi giorni dalla ferale notizia che la Corte suprema della Pennsylvania ha stracciato la vittoria ottenuta da Mumia nel 2008, che sanciva l’appello per un nuovo processo (vedi in questa pagina). Mumia è quindi sempre più vicino alla sua esecuzione. Ma la battaglia continua: lo stesso Mumia, con il suo legale Robert R. Bryan, ha redatto una petizione lanciata in rete a livello mondiale, che parte dal caso ormai simbolico di Mumia per chiedere l’abolizione della pena di morte negli Stati uniti. Sottoscritta già da premi Nobel e figure internazionali, tradotta in 10 lingue, sarà presentata dal suo legale a Ginevra nell’ambito del Forum mondiale sui diritti umani, dal 23 al 25 febbraio. La petizione sarà inoltrata al parlamento europeo il 2 marzo, infine testo e firme saranno presentate al presidente Usa Barack Obama.

 

Mumia, quale messaggio vuole indirizzane in Italia riguardo il suo caso e alla pena di morte in America.

L’Italia ritengo si distingua tra i paesi più avanzati per la battaglia del movimento internazionale in favore a l’abolizione della pena di morte in America. Decisamente più civilizzati dei cugini americani. Ricevo ogni giorno lettere dall’Europa, dalla Francia, sopratutto dalla Germania, poco negli ultimi anni dagli italiani. Ma so che c’è un movimento molto esteso e un grande impegno fra coloro che si battono per l’abolizione della pena di morte.

 

Vuole ricordarci le condizioni del regime di detenzione nel braccio della morte, dove è rinchiuso da trent’anni?

Per cinque giorni della settimana vivo 22 ore su 24 rinchiuso in questa cella, un cubicolo piccolissimo. Ogni giorno mi è permesso di usufruire di due "ore d’aria", che passo in una gabbia sorvegliata costantemente. È permesso accedere alle docce soltanto tre volte a settimana: il lunedì, il mercoledì, il venerdì.

 

Questo per cinque giorni su 7. E gli altri due?

Negli restanti due giorni della settimana, se non è annunciata una visita, è consentito trascorrere del tempo nella biblioteca del carcere, che è un’altra gabbia. Insomma, trascorro gli altri due giorni della settimana senza mai uscire da questa cella e vivo quasi sempre in isolamento totale. Da solo per 22 ore su 24 della giornata.

 

Malgrado la brutalità di questo regime carcerario, in questi trent’anni continua a scrivere, studiare e partecipare alla vita degli altri e dei detenuti nel braccio della morte. Come riesce a non impazzire?

Ritengo di essere riuscito a restare relativamente sano. Insisto sul "relativamente" dato il contesto che imprigiona il mio corpo. La mia mente è sempre, costantemente occupata. Ci sono tante cose che vorrei fare. Per poter scrivere è necessario soprattutto pensare. Ciò comporta ore di studio, di alacre lettura e di elaborazione mentale. Ora ho iniziato anche a studiare la musica e questo richiede molto tempo.

 

Nella sua attività di giornalista e scrittore subisce pressioni, divieti da parte del sistema penitenziario?

Certo. Quotidianamente, soprattutto le guardie della nuova generazione, fanno di tutto per impormi il muro del silenzio. Ma grazie a una causa legale conclusa con una vittoria, alcuni diritti che spettano ai detenuti nel braccio della morte sono stati riconosciuti. Ciononostante, l’isolamento totale nella cella scandisce la mia vita. Pensi che, a causa delle nevicate, questa è la prima volta da due settimane che sono uscito dalla cella per le due ore nella gabbia dell’"aria": dopo due settimane ho avuto modo di vedere la luce naturale e respirare l’aria.

 

Quanti sono i detenuti nel braccio della morte del supercarcere in Pennsylvania ?

In tutto, nelle due unita del braccio della morte, sono 130 i detenuti in attesa di esecuzione.

 

Qual è lo stato d’animo di chi vive costantemente nell’ombra della morte?

Molti sono da anni in attesa dell’esecuzione. Alcuni sono anche persone acculturate. Ma non tutti riescono a farcela. Nell’ultimo anno tre detenuti si sono tolti la vita. Non hanno resistito.

 

Molti detenuti condannati al braccio della morte sono risultati poi innocenti, ma non si salvano dall’esecuzione: politica e ignavia di alcuni legali porta questo atroce risultato. È cosi?

Questo non vale per tutti coloro che vengono condannati alla pena di morte, ma certo è un fattore determinante per la maggioranza dei casi, perché i legali assegnati di solito dal tribunale per la difesa del condannato a morte sono prescelti fra coloro che non hanno esperienza né competenza specifica delle attenuanti che potrebbero salvare il detenuto dalla pena capitale.

 

Prima di lasciarci, cosa ritiene possa essere utile per il suo caso e per tutti coloro che sono condannati a morte nelle carceri degli Stati uniti?

Sarebbe molto importante se il manifesto diventasse un veicolo pubblico per la diffusione della petizione Mumia e l’abolizione della pena di morte, in questa battaglia mondiale a favore dell’abolizione delle esecuzioni in America.

 

 

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