Rassegna stampa 18 marzo

 

Giustizia: ddl-sicurezza; la rivolta di cento parlamentari Pdl

di Marzia Bonacci

 

Aprile online, 18 marzo 2008

 

Cento parlamentari del centrodestra, capitanati dalla Mussolini, scrivono al premier affinché non ponga la fiducia sul ddl in arrivo alla Camera. Contiene infatti norme "inaccettabili" che necessitano di "indispensabili correzioni". Il riferimento è all’obbligo per medici e insegnanti, in quanto pubblici ufficiali, di denunciare gli stranieri irregolari, essendo introdotto il reato di clandestinità

Forse il buon senso, insieme a quello della giustizia, non sono completamente morti tra gli onorevoli rappresentanti del centrodestra. Oppure il confine rischia di essere a tal punto varcato, con l’eventualità di portare l’intero paese nel deserto del diritto, che perfino tra le file della maggioranza il dissenso trova spazio, cresce e si fa pubblico. In cento, oggi, hanno preso carta e penna per scrivere al presidente Berlusconi chiedendo che sul pacchetto sicurezza, prossimo al vaglio della Camera dopo il via libera del Senato, non venga posta la fiducia. Blindare il provvedimento, infatti, li costringerebbe, spalle al muro, a votare (o piuttosto non votare) norme che sollevano dubbi e non convincono.

Il riferimento è all’emendamento Bricolo che abolisce l’articolo 35 del Testo unico sull’immigrazione, consentendo al personale medico sanitario di denunciare lo straniero clandestino che si rivolge ad esso per farsi curare. Più che una possibilità, un obbligo, visto che il pacchetto sicurezza introduce anche il reato di immigrazione clandestina, cosicché i medici del Sistema sanitario nazionale, in quanto pubblici ufficiali incaricati di pubblico servizio, saranno costretti a denunciare all’autorità giudiziaria lo straniero presente irregolarmente in Italia. E insieme ai referenti sanitari, anche gli insegnanti, come sottolinea nella missiva il "gruppo dei cento".

Norme "inaccettabili", "una vera e propria trappola per i bambini" da attirare con l’obbligo dell’istruzione o della cura "per colpirli proprio con la mano del medico e dell’educatore", un "regresso spaventoso in fatto di civiltà" con donne e piccoli esclusi, nei fatti, dall’assistenza medica e dalla formazione. Le parole e gli aggettivi scelti da Alessandra Mussolini (che patrocina l’iniziativa), Souad Sbai, Mario Landolfi, Fiamma Nirenstein e altri ancora (con esclusione ovviamente della Lega), sono dunque nette, decise, inequivocabili.

Per questo al premier avanzano una richiesta che gli appare irrinunciabile: "Ti chiediamo di non porre la fiducia" in modo di arrivare "ad indispensabili correzioni". E lo chiedono sicuri di "poter contare sull’appoggio del presidente della Camera Fini", che infatti nei giorni scorsi ha stigmatizzato la norma dalla candida poltrona di Porta a Porta.

L’obbligo di denuncia, nel momento in cui è introdotto il reato di clandestinità, avvertono poi i deputati dissidenti, "potrà riguardare anche gli insegnanti e chiunque eserciti incarichi pubblici". Non denunciare lo straniero clandestino, per medici e educatori, significherebbe violare gli articoli 361 e 362 del codice penale, cioè macchiarsi del "reato di omessa denuncia da parte del pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio".

Le cattedre della scuola trasformate in tribunali estemporanei per la delazione dei più indifesi, i pronto soccorso in uffici giudiziari per la denuncia dei sofferenti; sterilizzato lo stato di diritto e la nostra Costituzione, con formazione e salute trasformati da diritti in privilegi, assegnati e riconosciuti in base alla provenienza geografica, al colore della pelle. Tradurre in pratica il mito dell’Italia agli italiani, senza troppe sofisticherie, che i leghisti stanno perseguendo sotto l’imminenza elettorale.

È troppo anche per il centrodestra, che aggiunge questo odierno NO a quello che da settimane stanno scandendo le associazioni, i sindacati delle categorie coinvolte, gli operatori sanitari ieri scesi in piazza in tutta Italia per ricordare "non siamo spie, ma medici", le forze politiche, le stessi istituzione (Regione Puglia, Lazio, Marche e Liguria si sono già mosse per contrastare la possibile legge).

Motivazioni deontologiche e giuridiche, ma anche pratiche, sono le armi per tentare di arginare le conseguenze di un provvedimento pericoloso e dannoso. Gli stranieri non si recheranno nei presidi sanitari per farsi curare mettendo a rischio la salute pubblica, aumenteranno i costi per lo Stato (più si arriva tardi al Ssn, più l’esborso per la cura è elevato per via del complicarsi della malattia), il personale medico costretto a lavorare senza serenità, come Antigone sospeso tra la scelta se stare con la legge o la morale, con il ddl o con Ippocrate, con la Lega o il diritto costituzionale e internazionale.

E se non bastasse questo a preoccupare e sconfortare, il disegno di legge introduce anche un articolo (il 45, comma 1, lettera f) che impedisce ai genitori irregolari di riconoscere i propri figli naturali. Il ddl impone l’obbligo di esibire il permesso di soggiorno in sede di richiesta di provvedimenti riguardanti gli atti di stato civile, tra i quali rientrano anche quelli di nascita. L’Associazione studi giuridici sull’immigrazione ha lanciato un appello on line per contrastare questa norma, in vista della discussione in Commissione affari costituzionali della Camera. Hanno aderito Unicef e Save the children, Cgil e gruppo Abele, tutti preoccupati che futuri bambini invisibili possano finire senza controllo nella rete dello sfruttamento, del mercato degli organi, della tratta di esseri umani, esposti ad ogni tipo di abuso e di violenza, mentre potrebbero aumentare le situazioni di apolidia in mancanza di documenti che attestino il rapporto di filiazione.

Un divieto che "non c’è" secondo il sottosegretario all’Interno Mantovano, secondo cui la norma "impedisce solo di ottenere il rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni e altri provvedimenti". Poi, però ammette, che "l’equivoco sorge dalla eliminazione del riferimento agli atti dello stato civile". Niente paura, tranquillizza, "l’esame alla Camera permetterà di chiarire" e se fosse necessario "di rendere ancora più incontrovertibile" la norma "esplicitando una possibilità, la dichiarazione di nascita, che a nessuno è mai venuto in mente di precludere".

Ma anche l’emendamento Bricolo - leghisti dicunt - non doveva solo dare facoltà ai medici di denunciare il clandestino non obbligando nessuno? Già doveva e per altro sarebbe stato comunque grave.

Giustizia: volontariato e Cgil; no a norma su bimbi invisibili

di Vladimiro Polchi

 

La Repubblica, 18 marzo 2008

 

Una norma del ddl minaccia di lasciare senza identità migliaia di figli di immigrati. Alla sottoscrizione online, promossa dall’Asgi, hanno già aderito oltre 200 organizzazioni.

Bambini invisibili alla legge. Neonati sottratti a ogni controllo di legalità e sconosciuti all’anagrafe: apolidi di fatto. Il mondo delle associazioni, cattolici in testa, lancia l’allarme: una norma del governo minaccia di lasciare migliaia di figli di immigrati senza identità. All’appello on-line, promosso dall’Associazione studi giuridici sull’immigrazione hanno già aderito oltre 200 organizzazioni: dal Gruppo Abele all’Unicef, dalla Cgil a Save the Children. Al centro delle polemiche resta il ddl sicurezza, approvato in Senato e ora al vaglio della Camera.

Dopo la manifestazione organizzata ieri a Roma contro la norma che obbliga di fatto i medici a denunciare gli immigrati irregolari che ricorrono alle loro cure, è ora la volta dei figli di immigrati. L’allarme, lanciato dai giuristi dell’Asgi, riguarda l’articolo 45 (comma 1, lettera f) del disegno di legge: se venisse approvato, i neonati con genitori privi del permesso di soggiorno non potrebbero essere registrati all’anagrafe. Per l’Asgi è "una palese violazione dei principi costituzionali e della dichiarazione Onu dei diritti dei bambini".

Per questo, in vista della discussione in commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera, l’Asgi ha promosso un appello contro la nuova norma che, se approvata, "introdurrebbe l’obbligo per il cittadino straniero di esibire il permesso di soggiorno in sede di richiesta di provvedimenti riguardanti gli atti di stato civile, tra i quali sono inclusi anche gli atti di nascita. L’ufficiale dello stato civile non potrà dunque ricevere la dichiarazione di nascita né di riconoscimento del figlio naturale da parte di genitori stranieri privi di permesso di soggiorno".

Le associazioni firmatarie sottolineano "il rischio che si crei un bacino di bambini invisibili, che potrebbero divenire più facilmente vittime di abusi, di sfruttamento e della tratta di esseri umani, così come potrebbero aumentare le situazioni di apolidia in mancanza di documenti che attestino il rapporto di filiazione".

"Nel disegno di legge sulla sicurezza non c’è alcun divieto di iscrizione all’anagrafe per i figli dei clandestini - replica il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano - in base alla norma contestata per lo straniero in posizione irregolare l’assenza di permesso di soggiorno inibisce solo di ottenere il rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni e altri provvedimenti di suo interesse. Nessun articolo e nessun comma, invece, gli inibisce di dichiarare la nascita di un figlio".

Poi però ammette che "l’equivoco sorge dalla eliminazione, effettuata dalla nuova norma, del riferimento agli atti dello stato civile. L’esame alla Camera permetterà di chiarire la questione oltre ogni dubbio e, se fosse necessario, di renderla ancora più incontrovertibile, esplicitando una possibilità, la dichiarazione di nascita, che a nessuno è mai venuto in mente di precludere". "Altro che equivoco - ribatte l’avvocato Marco Paggi dell’Asgi - il problema è nel testo della legge: la norma va riscritta. Per questo la nostra iniziativa va avanti e l’appello ai deputati si rende ancora più necessario".

Giustizia: Mussolini; ddl disumano, bambini diventano invisibili

 

Ansa, 18 marzo 2008

 

Un provvedimento "disumano". Alessandra Mussolini, a capo dei 100 deputati del Pdl che chiedono a Silvio Berlusconi di non porre la fiducia sul ddl sicurezza, interpellata dall’agenzia Agr, si è espressa così sulle norme riguardanti la denuncia degli immigrati irregolari da parte dei medici. "La denuncia dei clandestini - ha detto la Mussolini - di fatto sarà un obbligo per i medici e per tutti gli incaricati di pubblico servizio. I bambini non si faranno più curare, non andranno a scuola, diventeranno invisibili; le donne clandestine moriranno di parto. Se questa è civiltà".

Giustizia: Cota (Lega) lettera Mussolini strumentalizzazione

 

Ansa, 18 marzo 2008

 

Quella lettera è figlia di manovre interne "in vista del congresso del Pdl". Così il presidente dei deputati della Lega Nord Roberto Cota ha bollato la lettera indirizzata al premier Berlusconi da un centinaio di deputati della maggioranza, prima firmataria Alessandra Mussolini, per chiedere di non porre la fiducia sul ddl sicurezza.

"Stupisce la lettera di Alessandra Mussolini e trovo molto opportuna la precisazione del capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto il quale ha detto che non rappresenta la posizione del Gruppo - ha detto Cota - il governo non ha mai pensato di mettere la fiducia su questo provvedimento. La lettera evidentemente è figlia di manovre interne in vista del congresso del Pdl, ma non va bene strumentalizzare un argomento così importante e delicato come la sicurezza".

Giustizia: Lega; castrazione chimica evita carcere stupratori

di Fiorenza Sarzanini

 

Corriere della Sera, 18 marzo 2008

 

Castrazione chimica agli stupratori. Chi accetta potrà evitare il carcere. Emendamento leghista al decreto sulle ronde. Il Pd: barbarie, intervenga Fini. Il trattamento farmacologico potrà essere reversibile. Sarà il giudice a stabilire tempi e modalità.

I condannati per violenza sessuale che vogliono accedere agli arresti domiciliari e permessi devono sottoporsi a castrazione chimica. L’emendamento presentato dalla Lega al decreto legge sugli stupri scatena la polemica con l’opposizione. Il Pd si appella al presidente della Camera Gianfranco Fini affinché "dichiari inammissibili proposte barbare, altrimenti - dice la capogruppo in commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti - non mi stupirei che la maggioranza proponga la legge del taglione". Il provvedimento approvato dal governo - che contiene anche le ronde dei cittadini e pene più severe per chi commette il reato di stalking - dovrà essere convertito in legge.

Ieri sono state depositate le proposte di modifica e il Carroccio ha voluto provare a percorrere la strada più dura. Carolina Lussana, vicepresidente della commissione e relatrice del testo replica duramente al centrosinistra: "Si vede che alla guida del Pd non c’è più Walter Veltroni, altrimenti l’onorevole Ferranti non avrebbe potuto definire barbarie la castrazione chimica, visto che il suo ex leader in campagna elettorale si era dimostrato possibilista, così come del resto lo stesso presidente Fini a cui la Ferranti si appella". La parlamentare leghista chiarisce che "il trattamento è su base volontaria e ovviamente potrà essere reversibile. Se l’interessato si presterà a questo tipo di trattamento farmacologico di blocco androgenico totale potrà ottenere benefici carcerari".

Gli emendamenti in realtà sono due. Secondo il primo "il condannato sarà inserito in un programma di recupero psicoterapeutico realizzato dalle Asl con una durata non inferiore ai due anni quando abbia scontato la pena o questa è altrimenti estinta, previa valutazione da parte del giudice della pericolosità sociale e della personalità del reo, nonché dei suoi rapporti con la vittima del reato". Ma il giudice potrà anche decidere che la castrazione chimica venga eseguita per tutto il periodo della condanna. Il secondo contiene la possibilità di effettuare il trattamento "durante la detenzione e in alternativa al regime detentivo. I condannati potranno chiedere la somministrazione di farmaci previa valutazione da parte del giudice della pericolosità sociale e della personalità del reo, nonché dei suoi rapporti con la vittima del reato, oppure ottenere la sospensione condizionale della pena o misure alternative al carcere". In ogni caso - dice la Lega - "il giudice potrà far rientrare in cella il condannato qualora si renda conto che questi ha interrotto il trattamento".

Giustizia: Pd; la castrazione chimica è barbaro giustizialismo

 

Asca, 18 marzo 2008

 

"O si tratta provocazioni, che dimostrerebbero l’irrispettoso uso del Parlamento da parte della maggioranza, oppure dobbiamo preoccuparci seriamente perché si vuole tornare ad un barbaro giustizialismo che fa leva sull’emotività popolare, ma che non risolve le problematiche". Così la capogruppo del Pd in commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti commenta le proposte di Lega e An per la castrazione chimica degli stupratori e per l’obbligo di affissione di manifesti wanted nelle città.

"Se sulla giustizia - prosegue - continuiamo in questa direzione non mi stupirei che a breve dalla maggioranza venga proposto un ritorno alla legge del taglione. Nel merito della castrazione chimica - precisa - sono molto meravigliata perché quella norma, già presente nella proposta di legge della Lega sulla violenza sessuale, era stata ampiamente discussa e criticata in commissione tanto da non essere stata riproposta nel testo unificato neanche dalla relatrice Lussana. Si tratta comunque di una proposta sbagliata, con effetti non sicuri e durevoli dal punto di vista scientifico, che non può in ogni caso essere introdotta attraverso un emendamento ad un decreto legge in quanto incide sulla libertà personali e sul diritto alla salute. Inoltre si tratta di una norma che non garantisce le donne perché non prevede nessun tipo di osservazione specialistica e programmi di effettivo recupero della personalità dei condannati per violenza sessuale. Insomma - conclude - si tratta di emendamenti barbari che auspichiamo che il presidente Fini dichiari inammissibili".

Giustizia: Osservatore Romano; irragionevole idea inefficace

di Maria Antonietta Calabro

 

Corriere della Sera, 18 marzo 2008

 

Premette che quelle espresse sono sue "opinioni personali", ma al direttore dell’Osservatore romano, Giovanni Maria Vian, raggiunto al telefono a Yaoundé dov’è al seguito del Papa, l’idea della Lega di prevedere la castrazione chimica per gli stupratori non piace proprio. Pensa non abbia "alcun senso" e "scarsa o nessuna efficacia", "con tutto il rispetto per le proposte avanzate da membri del Parlamento italiano".

 

Castrazione chimica per gli stupratori, perché no?

"È una proposta abnorme, che va contro il fatto, oggi larghissimamente riconosciuto, che la pena deve avere uno scopo rieducativo, anche da un punto di vista laico e secolare".

 

Abnorme, perché?

"Perché si viene a compromettere l’integrità del corpo umano in modo probabilmente irreversibile".

 

La Lega a Milano ha aperto dei gazebo per raccogliere le firme della gente a sostegno di questa richiesta...

"In effetti mi sembra una proposta fatta per raccogliere consensi, visto che c’è allarme nell’opinione pubblica. Ma sappiamo anche che non è inasprendo le pene che si ottengono effetti deterrenti".

 

La proposta prevede che la castrazione sia richiesta dal condannato per stupro come un mezzo per ottenere uno sconto di pena. Se è volontaria, non va bene lo stesso?

"Il rispetto dell’integrità del corpo è una conquista che è stata raggiunta molte decine di secoli dopo il codice di Hammurabi. Ci si è arrivati solo nel Settecento e furono proprio due grandi lombardi, Cesare Beccaria (Dei delitti e delle pene) e dopo di lui Alessandro Manzoni (Storia della colonna infame) a battersi per questo. Non torniamo indietro. Ma voglio anche aggiungere una domanda: siamo sicuri che funzioni e che sia la via migliore per la prevenzione di questi crimini efferati?"

 

Cosa intende?

"È noto che la stragrande maggioranza delle violenze avviene in ambito familiare nei confronti di mogli, fidanzate, ex fidanzate, conviventi. Questo vuol dire che esse hanno a che fare con le dinamiche interne ai rapporti di coppia. Gli stupri di strada sono un numero inferiore, anche se comprensibilmente, creano un grande allarme sociale".

 

Cosa dice a riguardo il diritto canonico?

"Lo scopo ultimo della pena è per così dire "medicinale". L’ultimo canone del nuovo codice, contraddistinto dal numero 1752, sintetizza questo concetto con "la pena è sempre finalizzata alla rieducazione".

 

In questo caso si è constata una convergenza tra Lega ed esponenti di An...

"Dubito che questa sia l’opinione di tutti gli esponenti di An. Non credo che ad esempio il presidente Fini la pensi a questo modo. Con tutto il rispetto per le proposte di parlamentari della Repubblica italiana, penso che sia irragionevole e probabilmente inefficace".

Giustizia: Alemanno; urgente una riforma della polizia locale

 

Agi, 18 marzo 2008

 

"La riforma della polizia locale è particolarmente urgente perché altrimenti si rischia di innescare un pericoloso corto circuito, in cui si danno più poteri ai sindaci ma non si devolvono le risorse economiche e gli strumenti pratici. Io ho vinto la campagna elettorale sulla sicurezza e c’è una grande attesa dei cittadini: il primo strumento per garantirlo è la polizia locale". Così il sindaco di Roma Gianni Alemanno è intervenuto questa mattina, nella sala della Protomoteca del Campidoglio, al convegno nazionale della Uil sul ruolo e riforma della polizia locale.

Il sindaco ha proposto la costituzione di una cabina di regia tra istituzioni nazionali, Anci e sindacati, "una santa alleanza - ha precisato Alemanno - per far sì che la riforma ci sia al più presto, perché la polizia locale non sia più una polizia di serie B ma abbia compiti fortemente radicati nel controllo del territorio e sia un valido strumento per garantire la sicurezza e la legalità".

L’efficacia di queste funzioni, secondo il sindaco, passa anche attraverso una precisa disciplina dell’armamento: "occorre in questo senso un approccio omogeneo da parte di tutti i comuni per evitare di vedersi affibbiata l’etichetta di sindaci-sceriffi. La polizia locale è il più diretto strumento per dare risposte concrete sul territorio. Il legame tra quest’ultimo e la sicurezza si accresce sempre di più e la polizia locale è la prima linea da questo punto di vista".

Giustizia: Polizia; taglio fondi; sì a "braccialetti" per i detenuti

 

Il Tempo, 18 marzo 2008

 

Sperano nell’uso del braccialetto elettronico i sindacati di polizia. A Roma la situazione di uomini e mezzi a disposizione è difficile.

In pianta organica mancano circa 1.500 unità. Alla Squadra Mobile il 70% dei computer è del personale, non ci sono i ricambi delle stampanti, si sono tagliati i fondi per il noleggio delle apparecchiature per le investigazioni informatiche. La diavoleria hi-tech alleggerirebbe il lavoro delle pattuglie dei commissariati, le quali impegnano buona parte del loro servizio per controllare che non siano evasi i detenuti agli arresti domiciliari. Il braccialetto elettronico doveva essere l’argomento all’ordine del giorno dell’incontro di mercoledì scorso tra il ministro dell’Interno Roberto Maroni e il questore della Capitale Giuseppe Caruso.

Poi lo stupro alla Caffarella ha spostato l’attenzione. Ora però la Consap, il sindacato autonomo maggiormente rappresentativo della categoria, rimette la questione al centro della discussione. Partendo dai numeri nazionali riepilogati dal segretario del sindacato Giorgio Innocenzi tutti col segno meno: "-16 milioni per il lavoro straordinario, -16,1 milioni circa per l’ordine pubblico, -2 milioni per le trasferte, -13 milioni per le spese telefoniche, -3,5 per il noleggio di impianti e apparati utili alle investigazioni, -5,5 per l’informatica, -6,2 per l’armamento, -4,2 per la rete di trasmissione dati".

Poi Innocenzi punta sui tanti soldi spesi non al meglio: "Al momento oltre 85 milioni sono stati spesi dal Viminale per la ristrutturazione dell’edificio denominato Compendio Castro Pretorio, ex sede del Reparto mobile di Roma, dove sono stati trasferiti diversi uffici amministrativi del ministero ma i risultati sono del tutto disastrosi".

Secondo la Consap l’edificio di Castro Pretorio nonostante i lavori di ristrutturazione è fatiscente: "I bagni nuovi sono senza presa elettrica, ascensori fuori servizio, infiltrazioni d’acqua e pavimenti in legno già saltati dopo l’alluvione di quest’inverno". Fa eco il presidente del Comitato per la legalità, Michele Baldi: "La sicurezza ha rappresentato il tema con cui si è vinta l’ultima campagna elettorale, noi denunciamo che il denaro è comunque stato speso in modo vergognoso".

La situazione romana è in zona rossa. "Per il Commissariato Casilino Nuovo - sostiene il segretario provinciale Consap, Giulio Incoronato - nell’ultimo anno la pianta organica ha perso il 20% del personale, il controllo sulle centinaia di chilometri del comprensorio viene garantito da una sola autoradio, un posto fisso che assorbe un altro 10% del personale e un mezzo per la Giudiziaria, tenendo conto del carico di vigilati soprattutto nel quartiere di Tor Bella Monaca". Aggiunge il segretario provinciale Francesco Paolo Russo: "Nella maggior parte dei reparti si lavora con auto al limite e le nuove arrivano col contagocce.

A Centocelle c’è lo stabile che fino a qualche anno fa ospitava il commissariato di zona. Oggi a tenerlo in vita ci pensano quattro agenti, suddivisi in due turni. Nel commissariato Aurelio il personale effettivo è composto da 74 persone (previste 110), a Salario Parioli da 73 (personale previsto 130) a Ostia da 110 (personale previsto 145).

L’area dei Castelli Romani è presidiata da commissariati con organici ridotti all’osso, il commissariato di Genzano nel tempo è stato svuotato sino ad avere un organico di 32 unità, leggendo i dati Istat ci si accorge che il rapporto tra agenti e residenti è di 1 ogni 2.000 persone, contro la media europea che è di 1 a 500".

Giustizia: Sarno (Uil-Pa); nuove carceri, investire su personale

 

Il Velino, 18 marzo 2008

 

"Con i recenti, ultimi, episodi di Lanciano, Modena e Turi il numero delle unità di polizia penitenziaria che, negli ultimi dodici mesi, ha riportato ferite, contusioni o traumi a seguito di aggressioni da parte di detenuti supera l’incredibile numero di seicentocinquanta, di cui oltre ottanta che hanno riportato prognosi di oltre venti giorni. Purtroppo sulla vicenda cala un silenzio tanto assordante quanto inconcepibile".

Lo ha reso noto il segretario generale della Uil Pa penitenziari, Eugenio Sarno, nel commentare le ultime aggressioni a danno dei poliziotti penitenziari in servizio nelle carceri italiane. "Se volessi drammatizzare - ha aggiunto - potrei dire che ormai siamo allo stato d’assedio. È davvero incredibile quanto accade negli istituti penitenziari. Sia ben chiaro che ciò significa che ad essere sotto scacco è lo Stato e l’istituzione penitenziaria. Purtroppo anche taluni atteggiamenti come quelli assunti dal comandante di Lanciano che ha invitato un agente ferito (braccio rotto e ginocchio lussato) a recarsi in ospedale con l’auto privata e non con l’autoambulanza perché dava troppo nell’occhio, non aiutano il personale a recuperare serenità e ritrovare le condizioni di serenità".

"È probabile - ha sottolineato il segretario generale della Uil Pa penitenziari Sarno - che si sia preso cognizione della reale portata del problema con ritardo, benché avessimo per tempo lanciato l’allarme. È chiaro che l’approssimarsi della stagione estiva e il grave sovrappopolamento ampliano le nostre preoccupazioni sulla capacità-possibilità di gestire l’ordinario. Per lo straordinario, ed è quello che ci attende, il sistema non è in grado di reggerne l’urto. Va da se che il capo del Dap e il ministro Alfano debbono accelerare sul piano carceri, che da solo, però, non basta. In prospettiva futura la costruzione di nuove carceri potrebbe deflazionare le difficoltà, sempreché i tempi non siano biblici".

"Occorre - ha spiegato - investire in sicurezza anche attraverso l’implementazione degli organici. Voglio credere che la proposta di ridurre a sei mesi l’iter formativo per gli allievi agenti venga presa in considerazione, ciò consentirebbe di avere entro giugno circa 250 unità immediatamente disponibili. Ma l’attuale situazione impone di coniugare alle attività trattamentali, quanto mai necessarie, anche il rigore nel perseguire atti di violenza.

Troppa tolleranza potrebbe indurre nell’effetto emulazione. Questo, sì, rappresenterebbe una ulteriore sconfitta per un sistema penitenziario che non brilla certo per efficienza e modernità. La questione penitenziaria è una questione sociale e tutti debbono concorrere a risolverla. Se del caso prenda in mano il bandolo della matassa lo stesso presidente Berlusconi".

Lettere: carceri incostituzionali? il ministro scopre l’acqua calda

 

Ristretti Orizzonti, 18 marzo 2008

 

I più importanti quotidiani nazionali riportano le dichiarazioni del Ministro Alfano sul sovraffollamento degli Istituti di pena italiani e sulle condizioni disumane in cui vivono i detenuti, più volte denunciate dalla nostra e da altre Associazioni. Il recente esposto inviato da "Il Carcere Possibile Onlus" alle Asl competenti sugli Istituti di Poggioreale Secondigliano e Pozzuoli è in attesa di risposta, ma le parole del Ministro indicano chiaramente quale potrà essere l’esito di un’ispezione. Poggioreale, nell’articolo pubblicato dal "Corriere della Sera", è definito "Il carcere più affollato d’Europa" (dati Antigone).

"La maggior parte delle carceri - afferma il Ministro è stata costruita in secoli lontani. Il risultato è che talvolta siamo fuori dal principio costituzionale dell’umanità... per questo dobbiamo costruire nuove carceri" (Corriere della Sera - 16.03.09 - pag. 20). Il Ministro ammette il problema, ma indica soluzioni inattuabili in tempi brevi, per evidenti ragioni di tempo (per la costruzione di nuove carceri occorrono anni) e per assoluta mancanza di risorse finanziarie. Carenza di risorse che non consente l’apertura di carceri già completate come ad esempio quello di Reggio Calabria, finito nel 2005 e mai andato in funzione, come già evidenziato, in altre occasioni, dalla nostra Associazione.

Un dossier pubblicato su "La Repubblica" , a firma di Paolo Berizzi, dedica ampio spazio alle prigioni fantasma. ".La mappa delle prigioni fantasma va da Pinerolo a Reggio Calabria, da Castelnuovo Daunia a San Valentino in Abruzzo; migliaia di celle lasciate marcire, impolverate. Addirittura occupate da senzatetto e sfrattati. Come a Monopoli, nel cuore della Puglia, maglia nera dell’abbandono dell’edilizia carceraria. Il tutto mentre le carceri italiane scoppiano."

Nonostante tutto, le parole, finalmente esplicite, del Ministro sono importanti, e si traducono in questa espressione: Il trattamento riservato ai detenuti in Italia viola la costituzione. Partendo da questo dato, riferito dal Ministro della Giustizia, non vi è più alcuna necessità di continuare a perdere tempo con convegni, riflessioni e studi, sulle condizioni di vita dei detenuti, ma bisogna agire in tempi brevi. Questo è quello che un paese civile e democratico deve fare. Nessuno potrà più dire che non è vero, che in carcere in fondo non si sta male. Il Parlamento ha il dovere d’intervenire subito con strumenti idonei, come ad esempio l’introduzione di sanzioni alternative alla detenzione, facendo comprendere all’opinione pubblica che il tasso di recidiva di chi è sottoposto a tale trattamento è bassissimo e non vi è alcun pericolo per la sicurezza sociale.

È necessario aumentare il numero degli educatori, oggi presenti, in alcuni Istituti, con un rapporto di 1 educatore per 900 detenuti (es. S. Maria Capua Vetere). Fare giusta e corretta informazione ed avviare anche la costruzione di nuovi carceri. La nostra Associazione, unitamente all’Acen ed alla Facoltà d’Ingegneria dell’Università Federico II, già nel 2007, ha bandito un concorso per la progettazione di un "carcere possibile", e sono stati presentati progetti per strutture ecosostenibili.

Il Ministro ha, dunque, "scoperto l’acqua calda", direbbero gli addetti ai lavori, ma è già qualcosa avere chiaro il problema e sopratutto averlo pubblicamente denunciato. Ora Sig. Ministro pensi seriamente ai rimedi, quelli veri e realizzabili.

 

Il Carcere Possibile Onlus

Il Presidente, Avv. Riccardo Polidoro

Lettere: gli Psicologi Penitenziari... hanno funzioni sanitarie?

 

Ristretti Orizzonti, 18 marzo 2008

 

Il Dpcm 2008, che sanciva il passaggio della funzione sanitaria penitenziaria alle Asl ha escluso gli psicologi che lavorano nei carceri dal 1978, poiché al Ministero di Giustizia hanno ritenuto che i professionisti non svolgessero attività sanitaria.

L’articolo 80 della L.356/75 ha infatti introdotto la funzione di esperto psicologo per l’osservazione e trattamento, che il Ministero non ritiene funzione sanitaria. Non si capisce cosa sia l’osservazione, se non una serie di colloqui clinici finalizzati ad una diagnosi e cosa sia trattamento, se non una possibilità d’interventi tesi a modificare le disfunzionalità comportamentali che hanno impedito un corretto reinserimento.

In realtà quest’aspetto dell’osservazione e trattamento è marginale rispetto alle richieste che vengono dalle direzioni degli istituti detentivi , che consistono in ordini di servizio in cui si segnalano tentativi di suicidio,(il tasso dei suicidi in carcere è 21 volte superiore a quello della popolazione italiana),autolesionismo,forti disagi emotivi, che devono essere supportati.

Gli Ordini professionali degli psicologi si sono espressi dichiarando che quest’è attività sanitaria, ed il Ministero di Giustizia non la riconosce, pur richiedendola. In realtà c’è, da parte del dicastero, un riconoscimento indiretto delle prestazioni sanitarie, perché le fatture richieste dal Ministero sono esenti dall’Iva.

Cosa ancora più paradossale è che, se non fossero riconosciute tali attività, i detenuti avrebbero trattamenti diversi. Da una parte i tossicodipendenti ,che venendo trattati da psicologi Asl, hanno diritto a sostegno psicologico e psicoterapia, mentre tutti gli altri detenuti, non possono accedere a nessun servizio del genere.

Pertanto io chiedo al Ministro che risponda a tali quesiti. Gli psicologi penitenziari hanno funzioni sanitarie? Se sì, gli psicologi devono essere inclusi nel Dpcm del 2008 e transitare alle Asl. Se no, non si può richiedere agli psicologi prestazioni sanitarie e quindi i detenuti avranno trattamenti diversificati: i tossicodipendenti potranno usufruire di colloqui di sostegno e psicoterapia e tutti gli altri no. Tutto ciò è costituzionale?

 

Dottoressa Carla Fineschi

Psicologa penitenziaria

Lombardia: centinaia di detenuti potrebbero lavorare... fuori

 

Corriere della Sera, 18 marzo 2008

 

"È indispensabile favorire il lavoro dei detenuti, approvando tutte quelle misure che possano spingere le imprese a investire nel mondo carcerario". Lo ha detto il presidente della Regione, Roberto Formigoni, intervenuto alla presentazione della mostra permanente sulla rieducazione dei detenuti nelle carceri, allestita al palazzo di Giustizia a Milano dal 18 al 28 marzo. "Oggi la funzione di rieducazione prevista dalla Costituzione è spesso disattesa - ha detto Formigoni - ma non siamo in una notte scura, ci sono uomini che vivono con grande umanità il loro lavoro nelle carceri".

Sulla stessa linea il direttore dell’amministrazione penitenziaria regionale, Luigi Pagano, che sottolinea come centinaia di detenuti delle carceri lombarde potrebbero essere impiegati in attività lavorative: "In Lombardia ci sono 8.300 detenuti - ha detto Pagano - circa metà dei quali definitivi e il resto in attesa di processo".

Il direttore ha poi riferito che non c’è abbastanza personale per far funzionare il nuovo settore del carcere di Bergamo e gli uomini a disposizione sono stati quindi inviati nel nuovo penitenziario di Bollate (Milano). "A Bergamo abbiamo ricavato 100 nuovi posti nell’area dell’ex aula bunker - ha spiegato Pagano - ma vista la carenza di personale abbiamo dirottato le risorse sul nuovo carcere di Bollate, che ha 400 posti e si presta meglio ad essere aperto". Secondo Pagano, la scarsità di personale dipende anche dal fatto che "nessuno vuole venire a lavorare al Nord".

Il presidente Formigoni ha anche risposto, durante il suo discorso, al presidente della Corte d’Appello Giuseppe Grechi, che nel suo intervento aveva invitato il mondo politico a far sì che il progetto della cittadella della giustizia di Milano sia realizzato a breve. "Voglio rispondere alla sollecitazione di Grechi - ha detto Formigoni - e rassicurare sul fatto che il progetto sulla cittadella sta andando avanti".

La mostra a Palazzo di Giustizia mette a tema anche il ruolo della detenzione nel nostro Paese, a partire dalla Costituzione che concepisce la detenzione come un percorso di redenzione. "Oggi questa funzione rieducativa - ha aggiunto Formigoni - è spesso disattesa ma non siamo in una notte oscura senza speranza di vedere la luce. Ci sono, infatti, uomini, magistrati di sorveglianza, guardie ed educatori che vivono con grande umanità e rispetto per le persone il loro lavoro nelle carceri". A queste si aggiungono coloro che danno vita ad attività produttive e che offrono lavoro ai detenuti.

"Il lavoro - ha detto ancora Formigoni - rimane oggi la misura più efficace di rieducazione e reinserimento sociale dei detenuti". Per sostenere e favorire queste esperienze, Regione Lombardia, in collaborazione con Unioncamere, Confindustria Lombardia e Confcooperative, ha avviato il progetto "Responsabilità sociale d’impresa nell’accesso al lavoro delle persone in educazione penale", che prevede 68mila euro di finanziamenti, 35mila dei quali messi a disposizione dalla Regione Lombardia. La mostra sarà aperta al pubblico, al Palazzo di Giustizia di Milano, da mercoledì 18 a sabato 28 marzo.

Emilia Romagna: via libera assistenza sanitaria penitenziaria

 

Asca, 18 marzo 2008

 

La commissione "Politiche per la salute e politiche sociali" dell’Emilia-Romagna, presieduta dal vicepresidente Renato Delchiappo, ha dato parere positivo (astenuta Fi-Pdl) alla delibera di Giunta che prevede l’Organizzazione dell’assistenza sanitaria penitenziaria.

Con questo provvedimento, le Aziende Usl diventeranno di fatto titolari delle funzioni di gestione di tutte le attività sanitarie rivolte alla popolazione carceraria. I tre dipartimenti territoriali coinvolti (Salute Mentale e Dipendenze Patologiche, Cure Primarie e Sanità pubblica) saranno coordinati da un "Medico referente per la salute nell’Istituto Penitenziario" o dal "Medico referente per la salute di Giustizia Minorile" individuato dalla Direzione dell’Ausl.

Si prevede, tra l’altro, una programmazione a "livello locale" (allocazione delle risorse e verifica delle attività svolte all’interno delle carceri) e una a "livello regionale" (la programmazione si avvarrà del supporto di un "comitato esecutivo"). Prevista, inoltre, l’istituzione dell’Osservatorio Regionale permanente sulla salute della popolazione carceraria (formato da rappresentanti della regione e dell’amministrazione Penitenziaria e della Giustizia Minorile), ai fini del monitoraggio congiunto tra sistema sanitario regionale e Amministrazione Penitenziaria.

Transiterà alle competenze del Sistema Sanitario regionale la gestione sanitaria dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Reggio Emilia. La Regione dovrà poi operare nell’ottica del superamento di questa struttura in tempi definiti, attivandosi per favorire una presa in carico dei pazienti da parte dei "Dipartimenti di Salute mentale e dipendenze patologiche" delle Ausl. Anche il Centro Clinico di Parma, che manterrà una sua funzione specifica per i ricoveri, appropriati da un punto di vista clinico, di detenuti sottoposti a particolari misure di sicurezza (Alta Sorveglianza, 41 bis), passa al Sistema Sanitario regionale.

Bergamo: soldi e uomini per il carcere, "dirottati" su Bollate

 

www.bergamonews.it, 18 marzo 2008

 

Il direttore delle carceri lombarde Luigi Pagano ha spiegato perché non entra in funzione la nuova ala del carcere di Bergamo: "Non c’è abbastanza personale per far funzionare il nuovo settore a Bergamo e gli uomini a disposizione sono stati quindi inviati nel nuovo penitenziario di Bollate (Milano)".

Il direttore delle carceri lombarde Luigi Pagano ha spiegato perché non entra in funzione la nuova ala del carcere di Bergamo: "Non c’è abbastanza personale per far funzionare il nuovo settore a Bergamo e gli uomini a disposizione sono stati quindi inviati nel nuovo penitenziario di Bollate (Milano)".

A Bergamo, ha proseguito "abbiamo ricavato 100 nuovi posti nell’area dell’ex aula bunker - ha spiegato Pagano - ma vista la carenza di personale abbiamo dirottato le risorse sul nuovo carcere di Bollate, che ha 400 posti e si presta meglio ad essere aperto".

Secondo Pagano, la scarsità di personale dipende anche dal fatto che "nessuno vuole venire a lavorare al Nord". E in tanto annuncia che centinaia di detenuti delle carceri lombarde potrebbero essere impiegati in attività lavorative: "In Lombardia ci sono 8.300 detenuti - ha detto Pagano - circa metà dei quali definitivi e il resto in attesa di processo. Siamo sicuri che tutti i condannati siano persone che devono restare dentro? Centinaia di loro potrebbero essere impiegati in attività lavorative".

Nisida: all’Ipm l’arte presepiale e la coltivazione di asparagi

di Alessandra Giordano

 

www.napoli.com, 18 marzo 2008

 

L’arte presepiale e la coltivazione degli asparagi: due progetti per rinascere, recuperare i ragazzi detenuti a Nisida. Con passione e determinatezza Gianluca Guida, il direttore dell’istituto di pena minorile ha raccontato ciò che è stato fatto in quest’ultimo anno di lavoro grazie al contributo di una memorabile serata organizzata dall’Inner Wheel Napoli Ovest al Politeama. Aiutato da spot, filmati e dvd, Guida ha "fatto entrare" i tanti intervenuti all’interclub tra i Rotary Napoli Ovest e Sud Ovest, presieduti rispettivamente da Mario Mariano e Ugo Oliviero, all’interno del penitenziario, nelle stanze dei ragazzi, nei luoghi di ritrovo, di gioco e di lavoro.

"Abbiamo ragazzi che provengono da tutti i quartieri a rischio della città e non solo", ha detto il direttore. "Da Secondigliano ai Quartieri Spagnoli, da Miano a Ponticelli-Barra e ora anche da Castellammare: hanno commesso omicidi, rapine in forma grave, e spaccio".

Ultimamente, è stata varata una direttiva europea che parla di "mediazione penale", ciò che è importante non è sanzionare, punire, ma ricostituire la frattura che si è venuta a formare tra chi ha commesso il reato e la vittima che lo ha subito. Questo avviene organizzando alcuni incontri tra le due realtà grazie ad un’associazione di cui fanno parte i familiari delle vittime.

"I ragazzi non hanno minimamente la coscienza di ciò che hanno fatto - ha sottolineato Guida - e, sanno che se mettono in gioco i loro sentimenti diventano fragili". Nell’ambito appunto di questo ragionamento, il 18 marzo, saranno accolti da Don Ciotti e mostreranno un aquilone fatto con 740 mattonelle sulle quali sono scritti altrettanti nomi di vittime della mafia.

"I ragazzi hanno mostrato molto interesse per questo lavoro, vogliono sapere tutte le storie - ha continuato il direttore - hanno cominciato a mettere in discussione la loro appartenenza a quel sistema, si è aperta una breccia". Gli stessi ragazzi hanno indicato una strada per il loro recupero: la trasformazione della loro vita è legata ad una donna, all’amore, alla creazione della famiglia e magari la nascita di un figlio.

Si diventa genitori a 16-17 anni, ma i padri così giovani non hanno gli strumenti culturali per stare accanto ad un bambino che cresce e viene dunque affidato ad altri. Un tempo questi altri erano le altre famiglie e il vicolo un posto sicuro, controllato dalle donne. Uno spazio protetto che non c’è più, il vicolo, oggi, ha un’altra funzione: i bambini crescono affidati ad un sistema che offre "il sistema" come un’unica alternativa, come funzione assistenziale.

Le istituzioni sono inadeguate e non proteggono, non ci sono associazioni, non c’è accoglienza e allora succede che si commette il reato e non ci si rende conto di cosa significhi il dolore, la sofferenza e il danno che da quell’atto deriva.

Il lavoro del penitenziario consiste, dunque, nello scuotere questi ragazzi e provocare in loro qualche sentimento, ricostituire loro un’identità positiva: un ritmo regolare di vita, dei pasti, riprendere la scolarizzazione che non è esistita fino a quel momento. I ragazzi detenuti non hanno percezione di spazio e tempo, sono analfabeti, non hanno la prospettiva del futuro.

"Il nostro compito - ha ribadito il direttore Guida - è quello di far crescere questi ragazzi, farli diventare uomini, dar loro uno scopo, un lavoro, inserirli di nuovo in quella società, anch’essa vittima".

Quindi, lavori di gruppo e formazione professionale, laboratori tradizionali o il recupero del terreno che l’isola offre: non solo la coltivazione degli asparagi già nota all’epoca di Plinio il Vecchio, ma è ora al vaglio del Ministero la creazione di un parco letterario, un percorso paesaggistico fatto di poesia e letteratura nei siti in cui queste sono nate.

Treviso: baby detenuti imparano a educare cani abbandonati

 

Il Mattino di Padova, 18 marzo 2008

 

Sessanta ore per educare i cani randagi a vivere in comunità e insegnare agli "educatori" pazienza e autocontrollo. Sono le linee portanti di un progetto incrociato fra l’Istituto penale per i minorenni di Treviso, il canile sanitario dell’azienda Usl n. 9, la Protezione animali, la Lega antivivisezione, la Uisp e un centro cinofilo privato. Un progetto per stimolare nei giovani le migliori potenzialità educative che una simile convivenza può esprimere. Da un lato, spiegano i promotori, si tratta di addestrare i cani alle regole base della convivenza da osservare nelle famiglie adottanti.

Dall’altro, per i ragazzi, affinare qualità come la pazienza, l’accettazione delle frustrazioni e l’autocontrollo, ma anche lavorare in gruppo, acquisire capacità organizzative e sperimentare valori quali il rispetto, la lealtà e l’accettazione dei propri limiti. Inoltre potrebbe aprirsi la possibilità, per i ragazzi detenuti, una volta espiata la pena, di approfondire le tecniche di addestramento in vista di un eventuale lavoro. Il progetto, chiamato "Altro che bastardi", vede impegnati un istruttore cinofilo e una operatrice Uisp che guidano 4 ragazzi del Minorile nell’educazione di 4 cani.

Vercelli: assolti 4 agenti accusati di pestaggio su un detenuto

di Enrico De Maria

 

La Stampa, 18 marzo 2008

 

Due assoluzioni dirette e due "non luogo a procedere", per difetto di querela, dopo che il reato era stato derubricato da lesioni aggravate a lesioni colpose. Questa la sentenza del giudice monocratico Bargero al processo degli agenti di polizia penitenziaria accusati di un pestaggio in carcere ai danni del vercellese Loris Virgilio, oggi trentenne.

Questa sentenza di primo grado mette fine a otto anni di polemiche sull’unico episodio di presunto pestaggio che sia mai stato denunciato ai danni di un detenuto a Billiemme. Gli agenti di polizia penitenziaria Luigi Falcone, 31 anni, Luigi Lupi, 43 anni, Antonio D’Andretta, 31 anni e Antonio Maria Caboni, 51 anni, escono così prosciolti da un’accusa molto grave e il vice segretario regionale del Sappe (il loro sindacato di categoria), Mario Corvino, può gioire ricordando di aver sempre invitato a pazientare in attesa del processo. Osserva: "L’accusa era infamante, nel carcere di Billiemme non ci sono mai stati pestaggi. Qualcuno, all’epoca, ci aveva marciato, erano state presentate interrogazioni parlamentari. Io avrei messo la mano sul fuoco per ì colleghi, e ho avuto ragione".

I fatti. L’11 novembre del 2001, un’operazione antidroga della procura novarese porta in carcere 21 persone. Quattro di loro, tra cui Virgilio, vengono richiuse, in isolamento, nel carcere di Billiemme. Durante la notte, Loris Virgilio, incensurato, si agita, chiede psicofarmaci e di essere portato in infermeria. Il giorno dopo, con gli altri tre, viene interrogato dal gip, ma non parla di percosse. Si confida solo due giorni dopo, con il suo avvocato, Mario Cornetti: "Hanno aperto le due porte della cella, mi hanno trascinato in corridoio e colpito a pugni e calci. Erano in tanti".

L’avvocato chiede un accertamento medico che conferma lesioni al volto e la frattura dello scafoide, l’ossicino di uno polso. La magistratura apre un’inchiesta, affidata al sostituto procurato Maria Eleonora Pugliese, che punta sui quattro agenti che poi verranno rinviati a giudizio e processati: due erano nel reparto, gli altri possedevano le chiavi per arrivare a quelle con cui era stata aperta la cella. Nel frattempo, l’accusa contro Virgilio e gli altri tre giovani viene archiviata: non avevano spacciato droga. Va avanti invece l’inchiesta per il presunto pestaggio. Gli avvocati difensori, Roberto Scheda e Roberto Rossi, sentono gli agenti che negano tutto: "Quel giovane era molto agitato, si è fatto male da solo".

Gli avvocati difensori inoltre sottolineano che Virgilio faceva sia pugilato che tai-boxe, e l’infortunio allo scafoide, rilevano, è caratteristico di quelle discipline sportive. Nonostante il giovane decida di non presentare querela, l’indagine della procura va avanti d’ufficio. E si arriva al processo dell’altro giorno. D’Andretta e Caboni vengono assolti, mentre il proscioglimento di Lupi e Falcone dipende dalla derubricazione del reato e dalla mancata querela. Soddisfatta la responsabile degli agenti, Alessandra Costantini: "Sono qui da poco meno di un anno, e mi sembra che l’intero corpo di polizia penitenziaria di Billiemme cerchi di improntare al dialogo i rapporti con i detenuti, considerandoli innanzitutto persone. Mi pareva strano che ci fosse stato un pestaggio".

La pensa nello stesso modo il direttore del carcere Antonino Raineri: "Ero certo che l’accusa sarebbe caduta". Tuttavia si dice soddisfatto anche l’avvocato di Virgilio, Cornetti: "Per due degli agenti l’assoluzione è intervenuta solo perché il mio cliente non ha querelato, non perché non l’avevano toccato nemmeno con un dito, come sostenevano. Aspetto le motivazioni e poi chiederò il risarcimento danni a loro e all’amministrazione".

Reggio Calabria: "Le Iene" al carcere di Laureana di Borrello

 

Ristretti Orizzonti, 18 marzo 2008

 

Le Iene, la popolare trasmissione di Italia 1, ha fatto visita al carcere di Laureana di Borrello. È stato realizzato un servizio che andrà in onda la sera di venerdì 20 marzo. L'Istituto a Custodia Attenuta Luigi Daga di Laurena è stato aperto dal Ministero della Giustizia per sperimentare un progetto innovativo di recupero e di reinserimento sociale di giovani condannati. L’esperimento mira a sottrarre i giovani dal condizionamento della criminalità organizzata ed offrire loro delle alternative di vita.

L’iniziativa sta riscuotendo apprezzamenti in campo nazionale ed anche internazionale, come testimoniano le numerose visite che si sono avute alla struttura da parte anche di delegazioni straniere. L’Equipe inviata dalle Iene si è fermata per due giorni interi riprendendo le attività svolte nei laboratori, nelle aule scolastiche, nell’azienda floro-vivaistica e sono stati intervistati i detenuti e gli operatori protagonisti dell’esperienza.

Milano: un’equipe aiuta vittime di maltrattamenti e violenze

di Sandro De Riccardis

 

La Repubblica, 18 marzo 2008

 

Le vittime di maltrattamenti, stalking, violenza sessuale. Ma anche chi quelle vittime le ha create, i sex offender, cioè coloro colpevoli di stupri, pedofilia, maltrattamenti.

Sono state quasi duemila le persone aiutate dal Cipm, il Centro Italiano per la promozione della mediazione. Di queste, 635 sono le vittime di violenze che si sono rivolte al "Servizio di sostegno psicotraumatologico per le vittime di reato", sostenuto dal Comune e gestito dall’équipe guidata dal criminologo Paolo Giulini, presidente del Cipm: 70 sono vittime di maltrattamento; 67 di lesioni, minacce e ingiurie in ambito condominiale; 65 in ambito familiare; 48 di danneggiamenti; 25 di truffa; 18 di violenza privata; 25 di stalking.

"Il nostro impegno - ha spiegato ieri Giulini nel presentare i dati - è proporre sul territorio un servizio di fiducia per diminuire il numero grandissimo di donne che non denunciano le violenze". All’équipe di 30 professionisti di via di Calboli 1, si sono rivolte per la maggior parte donne, il 63% degli utenti. Un ruolo innovativo è svolto dal centro nella cura degli autori di reati sessuali.

Una sperimentazione partita nel 2006 nel carcere di Bollate dove, grazie al finanziamento di Regione e Provincia, sono stati creati gruppi terapeutici per i detenuti. Un percorso basato su terapie di gruppo per risalire alle cause dell’aggressività e su corsi per imparare a controllare impulsi e emozioni. Un’esperienza vissuta da stupratori, pedofili e molestatori, nel tentativo di evitare la recidiva: su 190 sex offender, solo due sono tornati a delinquere. Un approccio condiviso dal Comune.

"È necessario puntare subito su un recupero efficace degli autori delle violenze - ha affermato il vicesindaco Riccardo De Corato -. La castrazione chimica non arriverebbe prima di una sentenza definitiva". Contrario alla castrazione, Giulini.

"Se non c’è l’adesione dell’interessato - spiega il criminologo - non riduce l’aggressività". Per conoscere sedi e servizi del centro, tutti gratuiti, è possibile contattare il numero verde 800-667733, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 18.

Immigrazione: Melting Pot; non approvate il ddl su sicurezza!

 

www.unimondo.org, 18 marzo 2008

 

Da qualsiasi parte lo si guardi, il "pacchetto sicurezza" (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica) approdato alle commissioni riunite della Camera, non può non provocare indignazione. L’ultima tra le tante norme approfondite ed analizzate è quella che riguarda l’impossibilità di compiere qualsiasi atto di stato civile senza la preventiva esibizione del permesso di soggiorno.

Questo il nuovo testo dell’art 6 del T.U. se le modifiche venissero approvate: "Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo e per quelli inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35, i documenti inerenti al soggiorno di cui all’articolo 5, comma 8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati". Si toglie quindi l’eccezione per gli atti di stato civile non compresi nelle categorie menzionate.

Contrarre matrimonio, riconoscere un figlio, certificare la morte, curare la malattia: il governo delle migrazioni comincia ad agire, o meglio, intensifica la sua azione sui corpi, sul bios, sulla salute e la malattia, sulla vita e sulla morte, sulle nascite e sulle unioni.

Invisibili non è mai stato inesistenti. Il massimo dell’invisibilità sociale ha potuto in questi anni convivere con la necessità di tenere buone gambe, braccia e menti per il lavoro nei cantieri o nell’assistenza familiare, ma non solo. Essere invisibili in termini di diritti si è combinato con il massimo di visibilità quando il "clandestino", l’"irregolare" è stato buono per costruire intorno alla sua figura le politiche della sicurezza, della paura, dell’allarme e dell’emergenza.

Ma sarebbe sbagliato pensare al pacchetto sicurezza come uno stigma che riguardi solo ed esclusivamente loro, gli altri, i migranti, i "clandestini". I suoi contenuti ci parlano della crisi, della politica, della vita, del nostro futuro. Lo fanno senza escludere nessuno.

E se dentro allo scenario della crisi il razzismo trova facile strada per diffondersi tra le maglie della società travolta e modificata da questo nuovo paradigma globale, una speranza diversa ci viene regalata dall’indignazione a cui, in queste settimane, i medici e tutte le associazioni che operano nel campo della sanità hanno saputo dar voce. È possibile oggi guardare alla società che viviamo con gli occhi di chi pensa che il destino, di noi tutti, non possa essere unilateralmente ed incontrovertibilmente scritto da chi legifera. Si può, si deve immaginare la possibilità di praticare una strada diversa.

In primo luogo la presa di parola dei medici ci ha parlato dell’indisponibilità di molti ad essere coinvolti nella macchina di controllo sulla vita - "Siamo medici non spie" ci dicono - così come gli operatori sociali riuniti in assemblea a Venezia si sono interrogati su cosa significhi oggi lavorare nel welfare, in questo tempo in cui la macchina del controllo travolge tutto e sembra chiedere a chiunque di partecipare alla costruzione di una grande gabbia.

Assemblee hanno luogo in ogni città, nelle province e nelle metropoli, l’ultima mercoledì 11 marzo a Padova, in cui Medici Senza Frontiere, Emergency, Caritas, il Progetto Melting Pot Europa, invitati dall’Associazione Razzismo Stop, si sono incontrati davanti ad una platea di un centinaio di persone, quasi tutti medici, infermieri, specializzandi e studenti di medicina, per discutere dei risvolti della legge ma anche e soprattutto del futuro, di come affrontare insieme lo scenario che va configurandosi. Ma ancora, quello che sta accadendo intorno all’emendamento che sopprime il divieto di segnalazione rileva come ad essere in gioco non sia semplicemente la salute degli invisibili ma più in generale la salute pubblica, la sicurezza di tutti.

Una cosa su tutte crediamo vada affermata: non sarà possibile immaginare ed accettare che questo nuovo assetto normativo possa essere affrontato semplicemente nella speranza che le strutture ed i progetti, già da molti anni preoccupati di fornire cure ai migranti irregolari, possano far fronte alla situazione. Lo scenario che si profila è quello di una regressione, un imbarbarimento, un passo indietro dell’intera società, un tentativo di riportare al medioevo e quindi di governare da medioevo, il nostro mondo, i rapporti sociali, le tensioni e le contraddizioni.

Non ci stiamo. Per questo, fin da subito, appoggiando ogni iniziativa perché l’emendamento non venga approvato, ed anche ogni attività, progetto, che tenti di andare oltre, di praticare obiezione, disobbedienza, di garantire vera sicurezza, pensiamo sia doveroso insieme costruire un terreno reale di mobilitazione. Il Ministro Maroni ha annunciato che probabilmente, in sede di discussione alla Camera, alla cancellazione dell’art 35 del T.U. potrebbe essere aggiunto un richiamo alle regioni a regolare in specifico la materia. Questa è una grande possibilità di mobilitazione.

Una campagna in ogni regione perché il comando esercitato attraverso il timore, la minaccia, non riescano a produrre ancor più insicurezza. Insieme è possibile rifiutare il ritorno al medioevo e parlare del nostro futuro.

Brasile: Battisti; slitta ancora la decisione sulla estradizione

 

Ansa, 18 marzo 2008

 

Il Supremo tribunale federale (Stf) del Brasile ha ancora una volta rinviato l’esame del caso di Cesare Battisti. Lo riferiscono all’Ansa fonti del Tribunale. Il relatore del caso, Cezar Peluso, dovrebbe inviare oggi i documenti sul caso in Italia, e il nostro Paese avrà a sua volta cinque giorni di tempo per un parere sulla nuova richiesta di liberazione dell’ex terrorista avanzata dai legali dello stesso Battisti, dal marzo del 2007 detenuto in un carcere vicino Brasilia.

Lo scorso venerdì, i difensori hanno infatti chiesto il suo rilascio, sostenendo che i crimini per i quali Battisti è stato condannato in Italia sono prescritti dal 13 dicembre 2008, vent’anni dopo la prima decisione della giustizia italiana, termine che secondo la giustizia brasiliana danno appunto luogo alla caduta in prescrizione della condanna.

Una volta che il parere dell’Italia sarà ricevuto da Peluso, questi girerà la richiesta alla procura generale del Brasile, che - ricordano le fonti - non ha a sua volta "alcun termine massimo" di tempo per pronunciarsi.

 

 

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