Rassegna stampa 24 luglio

 

Giustizia: dal Csm parere negativo su riforma processo penale

di Andrea Scarchilli

 

Aprile on-line, 24 luglio 2009

 

Il plenum del Consiglio superiore della magistratura conferma l’impianto fornito dalla Settima Commissione e dà un parere negativo sulle norme chiave del ddl di riforma del processo penale. Votano contro solo i membri "laici" di centrodestra, preoccupano l’accresciuto potere della polizia giudiziaria rispetto ai pm, l’estensione delle ricusazioni e la norma fatta su misura per il processo Mills. Il Pd chiede che si tenga conto del giudizio, ma la maggioranza attacca: "Giudizio fuori luogo". Il vicepresidente Mancino: "Il Csm non approva e non boccia, è un parere articolato"

Il Consiglio superiore della magistratura boccia il ddl Alfano e approva con qualche piccola modifica il parere della VII commissione che respingeva le norme chiave del provvedimento. A favore hanno votato tutti i "togati" (i consiglieri magistrati), i "laici" (i membri nominati dal Parlamento) del centrosinistra, il vicepresidente Nicola Mancino. Contrari i laici di centrodestra; astenuto il laico dell’ Udc Ugo Bergamo. Mancino ha comunque chiarito che non di "bocciatura" si tratta, in quanto "il Csm non approva e non boccia" ma può dare, come in questo caso, un "parere articolato". Tra gli aspetti del ddl messi sotto accusa da Palazzo dei Marescialli, il cuore del provvedimento: l’accentuata centralità della polizia giudiziaria rispetto ai pubblici ministeri.

In questo modo, sottolinea l’organo di autocontrollo della magistratura, "viene meno l’obbligatorietà dell’azione penale, ma anche la separazione dei poteri". "Con queste norme non sarebbero state possibili le indagini sulla strage di Bologna, sulla P2 e sui Nar", ha spiegato Betta Cesqui, di Magistratura democratica. In generale quelle "sui poteri forti", come ha fatto notare Fabio Roia (Unicost), secondo cui il ddl Alfano contiene quattro violazioni della Costituzione e due norme dettate "dall’attualità giudiziaria" che avranno effetti negativi sulla ragionevole durata dei processi. Un chiaro riferimento alla norma che impedisce di acquisire le sentenze irrevocabili per i reati meno gravi, fatta su misura - secondo l’opposizione parlamentare - per il processo Mills.

Preoccupa la maggioranza dei consiglieri anche la norma che ha esteso i casi di astensione e di ricusazione dei giudici ai giudizi espressi fuori dall’esercizio delle funzioni nei confronti delle parti del procedimento e tali da provocare fondato motivo di pregiudizio all’imparzialità del giudice. Una formula così generica - come ha sottolineato uno dei relatori, il togato di Md, Livio Pepino - che provocherà ricusazioni a catena.

Polemica nei confronti del governo l’opposizione: "Ci auguriamo che questa volta il governo tenga conto dei numerosi rilievi al ddl Alfano contenuti nel parere del Csm. Sarebbe l’unico modo per evitare pasticci legislativi e passi indietro durante l’iter parlamentare", ha detto Donatella Ferranti, capogruppo Pd in commissione giustizia alla Camera. "Dopo la bocciatura del Csm il governo ritiri immediatamente il ddl del ministro Alfano sulla riforma del processo penale", le fa eco Alessandro Pignatiello (Pdci), che aggiunge: "La giustizia ad personam e ad orologeria del governo è inaccettabile per la civiltà giuridica del nostro Paese".

Di parere opposto gli esponenti della maggioranza: "Il Csm continua ad ergersi a terza Camera dello Stato o a istituzione gemella della Corte Costituzionale. Nel contempo non si occupa del governo di una magistratura sempre più politicizzata e malfunzionante. Anziché criticare l’ottima riforma del ministro Alfano, il Csm farebbe bene ad occuparsi dei troppi giudici più attenti alla loro visibilità giornalistica che al funzionamento della giustizia", ha dichiarato Italo Bocchino, vicecapogruppo del Popolo della libertà alla Camera. "Ci auguriamo che non corrispondano al vero - ha detto Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo del Pdl al Senato - le anticipazioni delle agenzie di stampa secondo le quali, nell’approvare in sede di plenum il parere sul ddl di riforma del processo penale, il Csm si sarebbe limitato a sostituire l’affermazione di incostituzionalità con un giudizio di censurabilità con esplicito riguardo a determinati articoli della Costituzione. Della serie, se non è zuppa è pan bagnato".

Non arretra l’artefice del provvedimento, il ministro della Giustizia Angelino Alfano: "Non vi è nessuna bocciatura, si tratta solo di un parere. È il Parlamento che promuove o boccia i disegni di legge, noi riteniamo che attraverso il nostro progetto di riforma del processo penale assicureremo piena parità tra accusa e difesa. Renderemo più efficienti le difese in giudizio dei cittadini sottoposti a processo penale, faremo sì che i pm possano svolgere pienamente il loro lavoro e che l’accertamento della verità dibattimentale possa essere più efficace e certo".

La revisione del processo penale è uno dei tasselli della rivoluzione della giustizia messa in cantiere dal governo Berlusconi. Gli altri provvedimenti sono il ddl sulle intercettazioni (già approvato dalla Camera) e la riforma del Csm (progettata rivoluzionando il sistema di elezione per creare, dal principio, una separazione di fatto tra giudici e pm). Collegato e pericoloso per l’esecutivo pende il giudizio della Corte costituzionale del lodo Alfano, atteso per dopo la pausa estiva. Se i giudici della Consulta cancelleranno l’immunità per il premier, questi dovrebbe essere chiamato a giudizio nell’ambito del processo Mills per corruzione in atti giudiziari.

Giustizia: Alfano; pena rieducativa solo assicurando la dignità

 

Adnkronos, 24 luglio 2009

 

La funzione rieducativa della pena "non si può svolgere pienamente se non è assicurato, all’interno delle carceri, la piena dignità dell’uomo". È stato il ministro della Giustizia Angelino Alfano a sottolinearlo, inaugurando a Regina Coeli la quarta sezione dell’istituto penitenziario, un’ala del carcere ristrutturata dopo 5 anni di lavori che ospiterà circa 100 detenuti con problemi di tossicodipendenza. "Mi auguro - ha rilevato il Guardasigilli nel corso della cerimonia di inaugurazione alla quale ha preso parte anche il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Franco Ionta - che questo sia il primo di una serie di tagli di nastri che rendano più umana la vita dei detenuti e del personale all’interno delle carceri". "Abbiamo intrapreso la strada giusta che è quella - ha spiegato Alfano - dell’apertura di nuove sezioni, del completamento di padiglioni carcerari, della realizzazione di nuove carceri. Oggi ho ricevuto i complimenti anche dai detenuti che già vivono nella nuova sezione. Andremo avanti: domani - ha ricordato - si apre Cassino, nei prossimi giorni Noto, aggiungiamo nuovi posti detentivi e al contempo, come dimostra l’incontro di oggi con il ministro romeno, si prosegue nelle relazioni internazionali per tentare di far scontare in patria le pene ai detenuti stranieri".

Giustizia: Uil; più posti in cella non bastano, servono più agenti

 

Il Velino, 24 luglio 2009

 

Nella giornata odierna a Regina Coeli, alla presenza del ministro della Giustizia e del capo del Dap, sarà riaperta la IV sezione detentiva. Daniele Nicastrini, segretario regionale della Uil Pa Penitenziari, dichiara: "Pur nella condivisa necessità di reperire nuovi posti utili a deflazionare l’impressionante sovrappopolamento di Regina Coeli (stamane presenti 847 detenuti per una ricettività attuale di circa 650) non possiamo esimerci dal rilevare come a Regina Coeli si affermi anche una grave vacanza organica del contingente di polizia penitenziaria pari a circa 130 unità". Il segretario regionale informa come per la riattivazione della sezione il Dap abbia già previsto l’invio di 22 unità di polizia penitenziaria.

"Ad oggi delle 22 unità annunciate, e necessarie per garantire il servizio, ne sono arrivate appena la metà e tutte provenienti da altri istituti. Sarà un caso ma delle unità impiegate al Dap e in altri servizi amministrativi che sarebbero dovute arrivare a Regina Coeli nemmeno l’ombra. Per questo solleciteremo il capo del Dap a pretendere dalle varie articolazioni il rispetto delle sue direttive".

Sulla iniziativa odierna dice la sua anche Eugenio Sarno, segretario generale della Uil Pa Penitenziari. "La riattivazione della IV sezione rappresenta certamente un momento di respiro per l’intero istituto capitolino. Speriamo, però, che non si celebri ancora una volta il matrimonio con i soli fichi secchi. Già troppe volte alle dichiarate buone intenzioni del Ministro e del Capo del Dap ha fatto seguito il nulla.

Saremo attenti e vigili affinché la burocrazia dipartimentale, quella che per trent’anni ha determinato lo sfascio dell’Amministrazione, non vanifichi le direttive del presidente Ionta. La guerra agli imboscati, in questo periodo di magra e di criticità, è un dovere anche morale. Tra l’altro lo stesso Ministro Alfano, meritoriamente, ne ha riconosciuto le ragioni. Per questo sono certo che nelle prossime ore le unità di polizia penitenziaria in servizio in sedi amministrative giungeranno a Regina Coeli per offrire il proprio indispensabile contributo alla causa, come peraltro annunciato dallo stesso presidente Ionta".

Giustizia: Osapp; 3 domande per Ionta... si attendono risposte

 

Ristretti Orizzonti, 24 luglio 2009

 

Ci dicono che il Presidente Franco Ionta, Capo del Dap e Commissario Straordinario per l’edilizia penitenziaria sia un infaticabile lettore delle corrispondenze che pervengono sulla sua scrivania, anche da parte delle Organizzazioni Sindacali nazionali e che, direttamente e di suo pugno predisponga alcune delle risposte fornite nonché alcune delle disposizioni impartite dall’Amministrazione penitenziaria centrale. Non facciamo alcuna fatica a crederci e, in questo particolare momento di crescenti difficoltà e disagio, vorremmo rivolgergli alcune specifiche domande (che invieremo anche per via epistolare) delle quali pubblicheremmo le relative risposte. Gent.mo Presidente Ionta,

- è a conoscenza della dilagante situazione di malessere tra il personale di Polizia penitenziaria e a cosa ne attribuisce le cause principali?

- è a conoscenza e se del caso condivide le strategie attualmente adottate dai Provveditori Regionali per superare o almeno alleviare il problema del sovraffollamento ?

- verifica periodicamente lo stato di attuazione delle sue ormai numerose disposizioni?

La ringraziamo vivamente per la cortese e competente attenzione e Le saremmo grati se volesse fornirci gradito riscontro di cui daremmo immediata diffusione anche mediante pubblicazione, se a ciò autorizzati, sui siti internet disponibili alla scrivente Organizzazione Sindacale.

 

La Segreteria Generale Osapp

Giustizia: un "facilitatore" per i detenuti, contro la burocrazia

di Fiorentina Barbieri

 

Terra, 24 luglio 2009

 

I problemi di Gino erano dei soliti che arrivano al Difensore civico di Antigone: voleva il trasferimento per motivi di salute (varie patologie che aggravano la sua condizione di sieropositivo) e familiari (lui è di una città del Sud e tra un carcere e l’altro non vedeva la famiglia da anni).

Così ci scriveva. Per molti mesi, in modo insistente ma cortese, via via più competente. Anche il fratello ci scriveva ed entrambi ci davano minuziosamente conto dell’evolversi della situazione - era stata presentata anche un’interrogazione parlamentare sul caso di Gino - che però sembrava bloccata. Allora ci proponevano correzioni di tiro, precisazioni con l’avvocato, aggiornamenti. Spunti utili, comunque, perché Antigone poi ce la fece a tirarlo fuori: fu trasferito in un istituto nella città dei suoi e dopo un po’ ebbe gli arresti domiciliari. Il fratello ci avvertì subito e lui stesso, al primo permesso premio, ci chiamò per ringraziarci.

E subito iniziò a proporci altri casi. Era come ottemperare a quelle promesse che si fanno prima di lasciare un carcere, il rito di regalare le proprie cose, ma anche di assicurare un intervento efficace, appena fuori di lì. Come di chi diventa più forte, fuori da quel luogo, e allora può anche occuparsi degli altri, diffondendo via via più fiducia non proprio nella Legge, quanto nel Diritto, nei propri diritti, più sicuri da sostenere, una volta che se ne prendeva coscienza autonomamente.

Gino aveva raccolto un discreto elenco dei problemi dei detenuti che aveva via via incontrato e ad alcuni aveva lasciato l’indirizzo del Difensore civico di Antigone. In fondo a lui era servito.

Fin da quando ebbe ottenuto il trasferimento, prese a segnalarci altri casi - lo fa ancora! - ma molti ci scrivevano direttamente: problemi di salute, oppure come ottenere assistenza legale in gratuito patrocinio; come correggere procedure scorrette nel trasferimento in Italia da un altro paese, persino questioni di diritto civile (non di nostra competenza), o di diritto internazionale (ci proviamo). O la ricerca di un istituto più adatto ad un progetto di vita nuovo.

Come assistente sociale, Gino ha imparato anche che ci sono le barriere della burocrazia da affrontare e aiuta a cercare le strade per superarle: un facilitatore, come si dice adesso.

Giustizia: Sofri, l’Osapp, e la questione dei "fornelletti" in cella

 

Il Foglio, 24 luglio 2009

 

Gentile Leo Beneduci, segretario dell’Osapp, benché lei scriva preamboli che imbarazzerebbero un sacrestano barocco - "La risposta a Sofri... qualora volessimo darla, sarebbe...", io, che tengo in gran conto il suo lavoro, le rispondo senz’altro, qualora o no. Non sono "un attento commentatore", ma un detenuto, oggi a casa sua, in passato, per nove anni pieni (il doppio nei conteggi giudiziari, ma intendo nove anni di 365 giorni; due o tre bisestili) in una infima cella, quando parlo del fornello so di che cosa parlo.

Anche perché andai in galera nel 1970, promossi una lotta alle Nuove, in capo alla quale i fornelli furono per la prima volta introdotti - allora i detenuti usavano la "meta", sa che cos’è, e all’isolamento facevano bruciare senza fiamma della carta di giornale arrotolata dopo aver diviso in quattro uno zolfanello, nel tentativo di scaldarsi un po’. Certo che i fornellini sono usati a volte per aspirare il gas e stordirsi è magari morire, e qualche volta per lanciare le bombole contro supposti nemici, detenuti o agenti. Ma così si finirebbe per abolire qualunque suppellettile.

I fornellini servono a farsi il caffè: non c’è niente di più caro che farsi un caffè, in cella. Servono a cucinarsi qualcosa, sebbene sia difficilissimo far bollire un’acqua da pasta su un fornellino. Servono a riscaldarsi un pentolino d’acqua, la volta che si desideri farsi la barba non con l’acqua gelida. Servono perfino a illudersi di scaldarsi un po’, in certe celle invernali.

Lei auspica che i detenuti possano utilizzare strumenti più sicuri - "piastre elettriche, microonde, magari in locali allestiti per cucinare" - ma lei sa bene che questo non succede, ed è derisoriamente lontano dal succedere, e che succede più spesso che nelle celle manchi l’acqua, sia calda che fredda, e manchi l’aria per respirare. Per questo avevo facilmente commentato che se, a ridosso di una tragedia di cui si fosse imputato un fornellino, si fossero vietati i fornellini, ai detenuti non sarebbe rimasta nemmeno quella magrissima consolazione, di farsi un caffè. Di queste stecchite consolazioni si sopravvive in carcere, quando si sopravvive.

Sulle detenute madri, tossicodipendenti e in carcere per futili reati, in virtù di una norma e una modalità di attuarla che di umano hanno ben poco, non occorre che le dica che penso e sento esattamente come lei. Buon lavoro.

 

L’articolo di Adriano Sofri, Il Foglio, 15 luglio 2009

 

Una donna di 27 anni, madre di un bambino, detenuta per piccoli reati legati alla tossicodipendenza, è morta lunedì in cella a Sollicciano, Firenze. Dall’istituto si spiega che non si tratta di morte violenta o suicidio: si pensa a un malore. Al vaglio diverse ipotesi, compresa quella che la donna possa aver sniffato gas da un fornellino". Così il breve articolo della Repubblica fiorentina di ieri. Ancora l’articolo: "Talvolta i detenuti sniffano il gas dei fornellini da campeggio per stordirsi". Leggevo, e mi è venuto in mente l’Albatro: "Sovente, per trastullo, gli uomini d’equipaggio fan prigioniero un albatro".

Le detenute di Sollicciano, informa Franco Corleone, sono 103 e con loro sette bambini. La notizia è a suo modo completa di tutto: una giovane donna, madre di un bambino, futili reati, tossicodipendenza trattata a forza di galera, forse gas aspirato dalla bomboletta.

Ah no, per perfezionarla mancava la richiesta qualche sindacato di polizia penitenziaria, che venisse vietato l’uso dei fornelletti campeggio nelle celle. Non l’uso delle celle per le giovani madri tossicodipendenti da piccoli reati, ma l’uso dei fornelletti gas. Cioè la possibilità di farsi il caffè. Ecco: ora la notizia è perfetta.

 

La risposta dell’Osapp, www.osapp.it, 17 luglio 2009

 

La Risposta, qualora volessimo darla, sarebbe che Adriano Sofri parte dalla fine e non tiene conto dell’inizio. L’inizio, su cui stiamo scrivendo da più di un anno, è che i fornellini che l’Amministrazione vende e su cui qualcuno pure guadagna in carcere, sono pericolosi, tant’è che di regola per i luoghi pubblici e chiusi (ad es. gli alberghi) esistono espliciti divieti di legge.

Sono pericolosi perché scoppiano, e perché, a parte l’utilizzo delle bombolette come narcotico, sono a volte strumento per atti di violenza verso di se e verso gli altri, anche compresi i Poliziotti Penitenziari. Certo, oggi come oggi, in un carcere che complessivamente "scoppia" in ogni dove vai a preoccuparti del pericolo di un singolo fornellino?

È forse per questo che l’Amministrazione penitenziaria, come scritto di recente, non si preoccupa da tempo del pericolo ma solo del fatto che, per un oggetto venduto in carcere e che a volte crea danni considerevoli, i detenuti possono richiedere ed ottenere cospicui risarcimenti danni, tant’è che viene suggerito di far firmare al detenuto una "liberatoria" all’atto dell’acquisto dell’innocuo fornellino. La fine, invece, è che vorremmo che i detenuti potessero utilizzare qualcosa di più sicuro (piastre elettriche, microonde) magari in locali allestiti per cucinare, per farsi e farci meno male di quanto adesso accade.

Le detenute madri, tossicodipendenti, per futili reati che in carcere non dovrebbero starci? Verissimo, ma forse non c’entra molto con i fornellini di cui il Sindacato chiede l’abolizione, bensì con una norma e con un modo di attuarla che di umano hanno ben poco.

Giustizia: Colli (Pdl); a Bollate, per studiare castrazione chimica

 

Redattore Sociale - Dire, 24 luglio 2009

 

"Cari lettori del blog vi volevo informare sulla mia visita odierna al carcere di Bollate per parlare con i medici che seguono un corso di formazione sulla castrazione chimica. Ho già scritto circa una settimana fa che preferisco parlare più di dissuasione sessuale piuttosto che di castrazione. Questo termine infatti potrebbe rendere bene l’idea ma non è accurato: le moderne tecniche consentono di inibire l’impulso sessuale per 12 mesi attraverso una puntura. Non c’è nulla di definitivo o irreversibile".

Così la senatrice del Pdl Ombretta Colli sul suo blog, dove spiega che si recherà in "carcere per capire meglio un argomento che mi sembra delicato e complesso ma sul quale mi sono già fatta un’idea: i pedofili e gli stupratori seriali dovrebbero scegliere tra il carcere a vita o una pena ridotta accompagnata dall’obbligo alla dissuasione sessuale".

Ormai, aggiunge, "sono troppi i casi di condannati per abusi che continuano a commettere reati brutali e per mettere fine a tale pericolo esistono solo due soluzioni: ergastolo o dissuasione. La scelta dovrebbe toccare proprio al pedofilo. Mi prendo un breve periodo di documentazione e riflessione prima di presentare un progetto di legge".

Giustizia: negare liberazione Guagliardo è contro Costituzione

di Mario Dell’acqua

 

L’Altro, 24 luglio 2009

 

Questa storia non mi dà pace, non interessa quasi nessuno e non ci posso fare niente. Quando Vincenzo Guagliardo è sparito nella lotta armata, non me ne sono accorto. Ero distratto. Quando ne è uscito passando attraverso il carcere - ora sono una vita di 33 anni - ero ancora più distratto e le sue foto sul giornale dietro le sbarre smuovevano al massimo la mia curiosità, ma finiva lì. Poi vennero i suoi libri. Li ho letti e ne ho parlato su queste ospitali colonne.

Venne anche la dimessa lotta solitaria, sua e di sua moglie Nadia Ponti, per ottenere il diritto all’affettività in carcere, condotta con implacabile serenità, anche a costo di rinunciare ai benefici di una legislazione che premiava i detenuti a condizione che esprimessero atti di contrizione, esibizioni pubbliche di pentimento, richieste spettacolari di perdono. La giustizia italiana non concesse i benefici e neppure l’affettività, perché l’umanità del trattamento carcerario prescritta dalla Costituzione si accontenta di considerare i detenuti ancor meno di animali rinchiusi in uno zoo.

Vincenzo e Nadia continuarono a rivendicare la loro dignità di persone senza pretese e rifiutarono persino di tentare la via della spettacolarizzazione massmediatica del loro caso. Scelsero la via del silenzio che reputarono la forma di mediazione più consona alla tragedia della quale erano stati corresponsabili.

Perciò i giudici del Tribunale di Sorveglianza di Roma respinsero nel settembre scorso la prima istanza di liberazione condizionale: Guagliardo era colpevole della "scelta consapevole di non prendere contatti con i familiari delle vittime".

Ma un incontro era avvenuto nel 2005, come Sabina Rossa ha testimoniato in un libro uscito ben pri-ma che la figlia dell’operaio comunista ucciso a Genova nel 1979 diventasse parlamentare del Pd. Semplicemente avvenne senza chiamare Bruno Vespa (senza la benedizione televisiva del quale anche i fatti accaduti sono revocati), perché Vincenzo e Nadia non volevano che un così drammatico faccia a faccia apparisse "merce strumentale a interessi individuali, simulazione e perciò ulteriore offesa".

L’onorevole Rossa, anzi, si rivolse spontaneamente al magistrato di sorveglianza, riferì dell’avvenuto colloquio, chiese la liberazione dei due detenuti e presentò addirittura una proposta di legge che non subordinava la concessione della condizionale alla imponderabile verifica pubblica della sfera interiore del detenuto come prova dell’autenticità del ravvedimento. Ma i giudici non si sono accontentati e ad aprile hanno respinto per la seconda volta la richiesta di Guagliardo.

Non bastano più i contatti con le persone offese: ora si decide che essi assumono "valenza determinante" solo se "accompagnati dall’esternazione sincera e disinteressata". Poco importa se Sabina Rossa, la figlia della vittima, ha chiesto la liberazione del condannato all’ergastolo dopo 33 anni di carcere: la sua è una "manifestazione isolata non rappresentativa delle persone offese".

Anche noi anarchici siamo tenuti a rispettare la giustizia e le sentenze di uno Stato che non amiamo, ma nessuno ci toglierà dalla testa che "il tema del perdono - come scrive il giornale comunista Liberazione del 15 aprile scorso - o meglio la mediazione riparatrice o riconciliatrice, attiene alla sfera privata, non a quella dello Stato".

Lo Stato democratico, se non vuole diventare Stato etico, non dovrebbe spoliticizzare il pubblico e politicizzare il privato: piuttosto dovrebbe, come stabilisce la Costituzione, misurare se le pene inflitte - che non devono essere contrarie al senso di umanità - hanno raggiunto l’obiettivo della rieducazione del condannato al quale devono sempre tendere (art. 27).

La lotta di Nadia e Vincenzo continua con esemplare e magistrale serenità: essa non cancella l’inamovibile tormento, ma lo scioglie e lo distribuisce sotto forma di una domanda e di un’offerta di umanità che colpisce e turba anche i distratti come me, sempre impegnati in cose più importanti, che non so quanto siano effettivamente più importanti.

Lazio: interrogazione parlamentare su condizioni delle carceri

 

Ristretti Orizzonti, 24 luglio 2009

 

Farina Coscioni, Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Zamparutti e Mecacci. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:

il sindacato Uil Pa ha fatto una denunzia pubblica della grave situazione in cui versano i 14 penitenziari del Lazio;

secondo quanto riferito dalla Uil Pa la situazione di grave sovraffollamento dei penitenziari, con la relativa mancanza di spazi e la cronica carenza degli organici della polizia penitenziaria, costringe il personale "a turni gravosi ed è foriera di tensioni interne che potrebbero a breve sfociare in vere rivolte. Credo di poter dire che lo stesso mandato costituzionale affidato al Corpo di polizia penitenziaria sia a rischio. Come si fa, in queste condizioni, ad assicurare sicurezza? Non parliamo di reinserimento e rieducazione che ormai appartengono all’utopia e alla letteratura";anche gli ultimi provvedimenti adottati dal Dap sembrano aver contribuito ad alimentare polemiche e tensioni "A distanza di un mese dalla visita del presidente Ionta al Provveditorato di Roma nulla è mutato. Paradossalmente la situazione è peggiorata.

Il Dap ha emesso recentemente alcuni provvedimenti che sottraggono unità dal Femminile di Rebibbia per destinarle alle comode poltrone di Centri Amministrativi - denuncia la Uil Penitenziari del Lazio - ampliando le difficoltà. Al Dap è ben noto che le persone sono molte di più delle sedie disponibili, ma nulla si fa per riparare a questo spreco che è un’offesa alle difficoltà operative della periferia. Per far fronte all’emergenza occorrono almeno 200 unità, che si possono reperire proprio al Dap. D’altro canto l’amministrazione pretende che si ricorra allo straordinario ma non provvede al pagamento. Sono a rischio le ferie. Saltano i riposi settimanali. In questa situazione non possiamo non ribadire lo stato di agitazione e la sospensione di ogni confronto sindacale -:

se quanto riportato in premessa corrisponda al vero e quali iniziative, a fronte di una così grave situazione, si intendano promuovere, sollecitare e adottare.

Campania: provveditore; 1.000 posti-detenuto in più entro 2011

 

Redattore Sociale - Dire, 24 luglio 2009

 

L’annuncio del provveditore regionale Contestabile. Una situazione drammatica soprattutto in estate quando i 35-40 gradi che si registrano all’interno delle celle fanno esplodere la situazione.

Così Tommaso Contestabile provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria: "Poggioreale risente di una situazione nazionale e campana - ammette il provveditore - bisogna prendere atto che oggi sono circa 7.300 i detenuti ristretti nei diciassette istituti penitenziari della Campania a fronte di una ricettività pari a 5.400". Con un aumento di 1.000 ingressi al mese e una carenza di poliziotti penitenziari di almeno 400 unità. L’istituto, dunque, scoppia e non c’è verso di allargare la capienza visto che costruire nuovi padiglioni è impossibile.

"Unica alternativa - aggiunge Contestabile - è spostare i detenuti in altri penitenziari, entro il 2011 saranno costruiti nuovi padiglioni negli istituti di S. Maria Capua Vetere, Ariano Irpino, Avellino e Carinola, per un totale di 1.000 posti". Rimangono naturalmente i provvedimenti alternativi. "Il governo sta varando nuove possibilità di accesso alle misure alternative alla detenzione fra cui la semilibertà".

Campania: l'incontro sui problemi della Medicina penitenziaria

 

Ansa, 24 luglio 2009

 

"Affrontare con urgenza i nodi dell’offerta dei servizi sanitari nelle strutture penitenziarie campane è e deve essere un imperativo categorico. Tra quattro mesi, infatti, allo scadere della proroga dei contratti del personale sanitario che attualmente garantisce la continuità assistenziale nelle carceri della Campania, l’intero sistema potrebbe precipitare nel caos più totale".

Così il presidente della Commissione Trasparenza Giuseppe Sagliocco a margine di un incontro tenuto con l’assessore regionale alla Sanità Mario Santangelo per affrontare i problemi del sistema sanitario penitenziario le cui competenze sono state trasferite nell’aprile 2008 dal Dap, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria alle Asl.

"Al termine di questi mesi - ha spiegato Sagliocco - la Regione non potrà farsi trovare impreparata e dovrà per tempo aver provveduto intanto all’equiparazione dello status di questi lavoratori provenienti dal’amministrazione centrale a quello degli omologhi delle Asl campane. Ma dovrà anche aver provveduto per tempo a risolvere le diverse criticità che pongono a rischio il diritto alla salute dei detenuti e che penalizzano mortificandolo il personale tenuto ad occuparsene".

"Criticità emerse in questi mesi di audizioni tenute presso la Commissione con tutti gli attori in campo - ha aggiunto Sagliocco - a partire da quelle che vedono il personale in questione attendere anche sei mesi lo stipendio per il mancato o ritardato trasferimento delle risorse dalla Sanità penitenziaria alle Asl, per passare alla questione della carenza del personale o, più in generale, alla mancanza di un piano organico di ristrutturazione del servizio. Questioni sulle quali, devo prenderne atto, l’assessore Mario Santangelo ha mostrato grande sensibilità ed espresso la propria volontà ad impegnarsi con la massima sollecitudine in prima persona".

Umbria: 300 nuovi detenuti in arrivo, carcere Spoleto a rischio

 

www.tuttoggi.info, 24 luglio 2009

 

"I trecento nuovi detenuti, in arrivo presso il carcere di Spoleto, preannunciati al sottoscritto da autorevole fonte interna alla casa di pena, rappresentano il rischio concreto di un collasso della struttura detentiva, sia per il sovraffollamento, ma soprattutto per la difficile gestione da parte degli operatori che non avranno incremento d’organico e saranno sottoposti a turni di lavoro ancor più pesanti di quelli che già adesso svolgono". Esprime tutta la sua preoccupazione il capogruppo regionale An - Pdl, Franco Zaffini che a tale riguardo, dopo aver visitato i penitenziari di Capanne, Terni e Spoleto, incontrerà domani il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria, dott.sa Ilse Rusteni.

"I trecento detenuti comuni in arrivo a Spoleto sono l’evidente dimostrazione di una situazione d’emergenza diffusa nelle strutture di tutta la penisola, frutto del fallimento completo dell’indulto - afferma Zaffini - e con questa consapevolezza è necessario e urgente provvedere ad un adeguamento d’organico da parte di chi ha competenza per farlo.

In primo luogo, però, - prosegue- occorre che ognuno faccia la sua parte e che quindi la Regione, da un lato, mantenga gli impegni nei confronti del Ministero di Grazia e Giustizia, prendendo in carico la gestione sanitaria delle carceri, dal’altro si metta a disposizione dell’amministrazione penitenziaria, costituendo un tavolo di confronto per individuare percorsi utili ad agevolare al massimo le condizioni di lavoro degli operatori di polizia penitenziaria. Il silenzio dietro cui si è trincerato l’esecutivo umbro - incalza Zaffini - che resta a guardare, senza colpo ferire, davanti all’attuale stato di problematicità delle carceri, rivela uno sconcertante disinteressamento".

"In merito alle vicende di ieri - precisa, inoltre il consigliere- che hanno portato alla luce l’ipotesi di un sistema di corruzione all’interno del carcere di Spoleto per il rilascio di certificati medici alterati, esprimo profonda ammirazione per l’encomiabile lavoro investigativo della Polizia penitenziaria, che attraverso intercettazioni e indagini è riuscita a svelare un intreccio particolarmente pericoloso, visto che Spoleto ospita anche detenuti in regime di detenzione aggravata. Davanti ad un’emergenza come questa - chiosa - non vale il solito scaricabarile istituzionale, certamente l’amministrazione penitenziaria e il governo debbono fare la loro parte, così come la Regione dell’Umbria e gli enti locali interessati debbono fare la loro".

Gela (Ct): 50 anni di lavori per un nuovo carcere, ma è chiuso

 

www.hercole.it, 24 luglio 2009

 

Il presidente della Provincia di Caltanissetta Giuseppe Federico interviene sulla mancata apertura del nuovo carcere di Gela, inviando una lettera al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e al ministro della Giustizia Angelino Alfano. Ecco la lettera.

"Mi permetto di richiamare l’attenzione delle Signorie loro - ha scritto Federico - sui ritardi che ancora impediscono l’apertura del nuovo carcere giudiziario di Gela, struttura ormai da tempo completata e anche ufficialmente inaugurata nel novembre 2007, ma senza che sia ancora entrata in funzione. Non sto qui a ricordare le annose vicende che hanno caratterizzato la realizzazione di detta struttura (il cui progetto risale addirittura al 1959, approvato definitivamente nel 1978, con lavori iniziati nel 1982 e durati 25 anni tra alterne vicende): ne faccio solo accenno per rimarcare come grande ed estremamente datata sia, ormai, l’attesa del territorio gelese, e della provincia di Caltanissetta tutta, per poter finalmente disporre della nuova casa circondariale, il cui utilizzo consentirebbe peraltro di decongestionare le analoghe strutture del circondario, con tutti i vantaggi conseguenti.

Ricordo altresì - prosegue la lettera - che il signor ministro della Giustizia aveva, già nell’ottobre 2008, annunciato alla Camera che entro quell’anno, dopo gli ultimi ritocchi per l’adeguamento e il completamento dei sistemi di sicurezza (per una spesa di un milione e mezzo di euro) la nuova prigione avrebbe finalmente aperto celle e cancelli, consentendo una disponibilità di cento nuovi posti detentivi. Purtroppo non si sono avute più notizie in tal senso, per cui rivolgo adesso un sentito appello alle signorie loro affinché possa ritornare la dovuta attenzione su tale problematica, per la quale - ribadisco - continua ad esserci grande aspettativa sul territorio".

Oristano: boschi in fiamme, evacuato anche carcere Is Arenas

 

Adnkronos, 24 luglio 2009

 

A causa delle fiamme è stato evacuato il carcere di Is Arenas. I detenuti della colonia penale di Is Arenas, nel comune di Arbus (Medio Campidano), stanno rientrando negli edifici del carcere. Fugato dunque il pericolo di evacuazione che aveva fatto scattare il piano di evacuazione, dopo l’incendio che ha devastato oltre 300 ettari di bosco tra Scivu e Is Arenas, nella costa occidentale dell’isola.

Salerno: la Camera Penale, su situazione drammatica carcere

 

Città di Salerno, 24 luglio 2009

 

Fare il punto sulla drammatica situazione del carcere di Fuorni e, nello stesso tempo, annunciare una serie di iniziative per risolvere le gravi problematiche che assillano la casa circondariale cittadina. Saranno questi i temi di una conferenza stampa che si terrá questa mattina nell’Aula Parrilli del Palazzo di Giustizia ed organizzata dalla Camera Penale Salernitana, presieduta dall’avvocato Massimo Torre. Una iniziativa che si inserisce in una mobilitazione generale delle Camere penali italiane, sfociata, per esempio, a Venezia, in uno sciopero degli avvocati per protestare contro la situazione delle carceri venete sovraffollate ed insicure.

A Salerno non va del resto meglio: da due settimane un nutrito gruppo di detenuti della casa circondariale di Fuorni è in sciopero della fame. E per tre volte al giorno i reclusi manifestano il proprio disagio percuotendo le sbarre. Le celle sono sovraffollate. Le medicine scarseggiano. I prezzi dello shop interno sono ritenuti esagerati. I detenuti lo hanno denunciato in una lettera: "Il sovraffollamento, l’assistenza sanitaria limitata alla sola distribuzione dei farmaci, l’assistenza psicologica e gli incontri con gli educatori sporadici". E ancora: "Sappiamo di aver commesso reati e quindi dobbiamo pagare. Ma la struttura è fatiscente e i costi di alcuni prodotti sono troppo elevati".

Milano: un detenuto aggredisce medico e agente penitenziario

 

Ristretti Orizzonti, 24 luglio 2009

 

Avvenuta nella sezione ex penale, a farne le spese un medico del reparto e un Agente della Polizia Penitenziaria i quali sono stati aggrediti all’improvviso da un detenuto. Nessuna conseguenza preoccupante per gli operatori penitenziari. Il reparto ex penale attualmente conta circa 90 detenuti, la maggior parte dei quali sotto ai venticinque anni, appartenenti al circuito giovani adulti.

Si tratta di un episodio isolato che deve comunque fare riflettere sullo stato di equilibrio in cui versano le carceri... per questo San Vittore deve rimanere una priorità nella agenda del Capo del Dap, soprattutto per quanto riguarda gli organici mai rivisti e mai aumentati. Anche il ruolo degli Agenti nella sezione giovani adulti pare evanescente, non essendo stati mai adeguatamente preparati.

 

La Segreteria Generale Osapp

Cinema: il film "La prima linea"… va in anteprima, a Toronto

 

Ansa, 24 luglio 2009

 

"La prima linea", il film di Renato De Maria tratto dal libro "Miccia corta" di Sergio Segio, l’ex comandante Sirio di Prima Linea, condannato a 30 anni per l"omicidio del giudice Emilio Alessandrini, sarà in prima assoluta al Festival di Toronto (10-19 settembre). Il film, interpretato da Riccardo Scamarcio e Giovanna Mezzogiorno, sarà una Special Presentation e dunque non concorrerà ad alcun premio.

Il film, che arriverà in sala il 27 novembre, racconta l"assalto al carcere di Rovigo avvenuto nel 1982 ad opera di Segio per la liberazione di Susanna Ronconi (Mezzogiorno), la sua compagna, e altre tre detenute. Sandro Petraglia, Ivan Cotroneo e Fidel Signorile sono gli autori del copione "forte, responsabile, equilibrato", come loro stesso lo hanno definito nei mesi scorsi quando la strada per avere il finanziamento pubblico da parte del Ministero per i Beni Culturali dopo le proteste delle associazioni vittime del terrorismo si era fatta ardua.

"È un film molto delicato, molto difficile - ha detto Giovanna Mezzogiorno - però devo dire che la sceneggiatura è veramente ottima, molto corretta, assolutamente non a favore dei terroristi: non li esalta non li rende eroi".

Nell’assegnare, nello scorso dicembre il finanziamento pubblico di 1,7 milioni di euro (il budget totale del film è di circa 5 milioni), la produzione si è impegnata nella fase di promozione "a non utilizzare nessuno dei protagonisti reali della storia e a non dare tribune ad ex terroristi". A conferma dell’impegno preso dalla produzione, nessuno dei proventi del film andrà in favore dei reali protagonisti della vicenda.

Cinema: "Vacanze a Rebibbia", con la sceneggiatura di Califano

 

Il Tempo, 24 luglio 2009

 

Il cantante latin lover vuole fare cinema e ha già in mente il film. Sarà una pellicola comica e ricorderà la sua esperienza di vita dentro ad un carcere.

"La mia sceneggiatura funziona davvero. Ora ci vuole il produttore giusto". Franco Califano non ha dubbi e lancia un appello pubblico ai produttori italiani per finanziare la realizzazione del film comico tratto da una sua sceneggiatura.

 

Califano, come lei ha anticipato a "Il Tempo" qualche mese fa, il suo sogno nel cassetto è quello di girare un film comico. Il titolo è ancora "Compleanno a Rebibbia"?

"No. Nel frattempo ho cambiato titolo. Ero indeciso tra "Compleanno", "Natale" e "Vacanze a Rebibbia". Alla fine ho scelto l’ultimo, così sono libero di girare il film tutto l’anno".

 

A che punto è la lavorazione?

"Sto cercando il produttore giusto. Uno che non voglia mettere le mani sulla sceneggiatura stravolgendola".

 

Possibile non si sia fatto avanti ancora nessuno?

"Finora quelli che hanno letto la sceneggiatura mi hanno chiesto di cambiare alcuni passaggi e vogliono affidare il lavoro alla propria squadra di sceneggiatori. Io, però, mi sono opposto. La sceneggiatura va presa in blocco così com’è".

 

Ha qualche idea su chi potrebbe essere il produttore?

"Uno che ci crede fino in fondo. Anche perché gli stessi Vanzina abbraccerebbero il progetto a braccia aperte. Ma con il nome che hanno diventerebbe un film dei fratelli Vanzina e io non voglio. Mi farebbe piacere se Rai Cinema si interessasse al progetto: dentro c’è tutta la mia vita. È il primo vero film comico italiano dopo vent’anni di noia".

 

Non le piace la comicità in Italia?

"Da noi mancano le battute. L’ultimo grande comico è stato Massimo Troisi. Dopo di lui il vuoto. La mia sceneggiatura, invece, è piena di battute. Una dietro l’altra".

 

Tornando a "Vacanze a Rebibbia", quali potrebbero essere gli interpreti?

"Non ci ho ancora pensato seriamente perché è una decisione che vorrei prendere con il futuro produttore. Uno che vedrei molto bene è Ricky Memphis ma vorrei anche facce nuove".

 

Ci anticipi qualcosa sulla sceneggiatura. Qual è la trama del film?

"Ovviamente è ambientato in carcere. I protagonisti sono tratti da una malavita cialtrona. Gente che entra e esce da Rebibbia ma che è sempre convinta della propria innocenza. Anche dopo le condanne si auto convince di non aver compiuto nulla di sbagliato".

 

Quali sono i personaggi protagonisti della storia?

"Sono soprannominati Mago e Er Curva, due scippatori con la moto. Dopo gli scippi, però, vengono sistematicamente pizzicati dalla polizia perché cadono con la moto in curva. Da qui nascono una serie di gag e battute. Poi c’è la loro vita in cella: le cene in carcere e il rapporto con gli altri detenuti, Er Patata e Sventolone su tutti".

 

Non c’è nessuno riferimento politico?

"Beh in cella c’è anche l’esaltato politico, il sessantottino visto con gli occhi dell’ironia. Senza dimenticare le donne che sono fuori dal carcere e le loro famiglie".

 

Nella sceneggiatura ci sono anche tratti autobiografici?

"Assolutamente sì. Questa storia l’ho scritta una ventina d’anni fa e la cosa che mi ha sempre colpito è che si tratta di uno dei pochi film comici ambientati in carcere. Oggi le tragedie accadono più fuori che dentro".

 

Che intende dire?

"In carcere non ho mai avuto attacchi di panico o esaurimenti nervosi. Mi è capitato tutto fuori. Insomma in carcere almeno non ci si ammala".

 

Nel film che ruolo ha pensato per lei?

"In un primo momento dovevo essere uno dei due protagonisti ma ormai ho superato i limiti d’età. Vorrei essere una sorta di supervisore alla regia, così da controllare le fasi chiave della lavorazione".

 

Sul fronte musicale quali sono le novità?

"Sono pronte anche le musiche che ho scritto appositamente per questa pellicola. Nessun testo solo musica. È tutto pronto. Basta che mi diano il "la" e si parte".

Musica: Poggioreale; concerto di Gigi Finizio, per 200 detenuti

di Elena Scarici

 

Corriere del Mezzogiorno, 24 luglio 2009

 

Nel carcere di Poggioreale sono 2.374 i reclusi a fronte di una capienza di 1.400 unità. Una situazione drammatica soprattutto in estate quando i 35-40 gradi che si registrano all’interno delle celle fanno esplodere la situazione. E il problema non è certamente ignorato da chi amministra il settore. Così Tommaso Contestabile provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria, intervenuto ieri pomeriggio al concerto di Gigi Finizio organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio nella chiesa del penitenziario. "Poggioreale risente di una situazione nazionale e campana - ammette il provveditore - bisogna prendere atto che oggi sono circa 7.300 i detenuti ristretti nei diciassette istituti penitenziari della Campania a fronte di una ricettività pari a 5.400".

Con un aumento di 1.000 ingressi al mese e una carenza di poliziotti penitenziari di almeno 400 unità. Non a caso l’altro ieri c’è stata una manifestazione di protesta degli agenti di Polizia penitenziaria proprio davanti al carcere di Poggioreale.

L’istituto, dunque, scoppia e non c’è verso di allargare la capienza visto che costruire nuovi padiglioni è impossibile. "Unica alternativa - aggiunge Contestabile - è spostare i detenuti in altri penitenziari, entro il 2011 saranno costruiti nuovi padiglioni negli istituti di S. Maria Capua Vetere, Ariano Irpino, Avellino e Carinola, per un totale di 1000 posti". Ma si sa prevenire è meglio che curare. L’amministratore getta acqua sul fuoco: "Il governo sta varando nuove possibilità di accesso alle misure alternative alla detenzione fra cui la semilibertà".

E mentre le cifre continuano a salire c’è chi come la Comunità di Sant’Egidio regala a 200 ospiti del penitenziario più affollato del Sud un’ora di svago e di sollievo. Ed infatti è stata proprio una festa quella che si è vissuta ieri pomeriggio con le canzoni di Gigi Finizio. Per lui una vera ovazione, tifo da stadio, e cori con le sue canzoni ripassate a memoria: "Io senza di te", "Non ci sto", "Fammi riprovare" ma anche classici come "Tu si ‘na cosa grande".

"Torno con piacere enorme - ha detto Gigi commosso - ero stato qui anni fa, oggi voglio ricordare ai ragazzi che fuori c’è sempre qualcuno che aspetta il loro ritorno ed è per questo che non devono mollare". Perciò gli dedica "Voglio sapè" un brano sulla Napoli che fra i tanti problemi vuole comunque sperare. Durante il concerto coppa di gelato per tutti i detenuti.

Al termine della performance gli ospiti del penitenziario hanno regalato al cantante un Pulcinella realizzato nel loro laboratorio artigianale. È soddisfatto anche il direttore del carcere, Cosimo Giordano che ringrazia pubblicamente Finizio - "per aver donato ai detenuti un’ora di speranza, di manifestazioni come queste ce ne vorrebbero tante, anche se poi i problemi sono sempre gli stessi: il sovraffollamento e la mancanza di spazi".

Immigrazione: colf e badanti, sanatoria per metà delle famiglie

 

Italia Oggi, 24 luglio 2009

 

Il 47% delle famiglie si dichiara disposta a regolarizzare il personale "di casa", il 13% non intende farlo, il 33% esprime predisposizione a valutare la questione, mentre soltanto il 7% dichiara che il proprio collaboratore domestico è già regolarmente assunto. Sono i dati più interessanti emersi dal sondaggio lanciato da Manpower sull’intenzione a voler mettere in regola i propri collaboratori domestici, approfittando delle disposizioni contenute nella manovra d’estate. Sarebbe disposto a mettere in regola il suo collaboratore domestico ottenendo, a fronte di un aumento dei costi, una maggiore sicurezza e una professionalità adeguata al ruolo?

E questo il quesito lanciato da Manpower, al quale hanno risposto oltre 1.000 datori di lavoro domestico. Esaminando i dati su base territoriale, emergono caratteristiche e peculiarità geografiche ben delineate: il 70% dei soggetti votanti che si sono dichiarati disposti a mettere in regola i propri collaboratori risiede nel Nord Italia, con una forte concentrazione nelle regioni Lombardia ed Emilia Romagna, mentre il restante 30% è localizzato nel Centro e, in minoranza, nel Sud del Paese. Mentre la maggioranza degli utenti che hanno espresso intenzione opposta è risultata essere residente principalmente nel Sud della penisola.

"La regolarizzazione di colf e badanti introdotta dal decreto sulla sicurezza prevede che ogni famiglia potrà regolarizzare una colf e una badante, e i lavoratori regolarizzati avranno diritto allo stipendio con i relativi contributi previdenziali fissati dal contratto di categoria e dalle tabelle Inps - dichiara Stefano Scabbio, Presidente e Amministratore Delegato di Manpower.

L’esito del sondaggio sarà esaminato nel corso della puntata di Pit Stop Lavoro in onda oggi 24 luglio alle ore 20.00 sul canale 505 di Sky TV. La questione del lavoro domestico in Italia. le ipotesi e le soluzioni per contrastare il lavoro nero tutelando il lavoratore e garantendo sicurezza e professionalità al dal ore di lavoro, saranno i temi affrontali in studio da Stefano Scabbio, Liliana Ocmin, Segretario Confederale Cisl e Responsabile dipartimento Politiche migratorie, donne e giovani, Giovanni Sgritta, Sociologo e Direttore del dipartimento di Scienze Demografiche dell’Università La Sapienza di Roma, Luca Solari, Dipartimento di Studi del Lavoro e del Welfare dell’Università degli Studi di Milano, con gli approfondimenti di Pietro Ichino (giuslavorista e Parlamentare) e, in collegamento da Roma, Antonio Mastropasqua, Presidente Inps.

Immigrazione: Cisl; ma regolarizzare la badante costa troppo

 

Redattore Sociale - Dire, 24 luglio 2009

 

La Cisl di Milano: "Gli operatori dei nostri sportelli cominciano a raccogliere segnalazioni da parte di colf e badanti che vengono lasciate a casa perché i datori di lavoro non vogliono spendere i 500 euro per la regolarizzazione".

Regolarizzare la badante costa troppo? Allora non si fa. "In questi giorni, gli operatori dei nostri sportelli per l’immigrazione stanno cominciando a raccogliere segnalazioni da parte di colf e badanti che vengono lasciate a casa perché i datori di lavoro non vogliono spendere i 500 euro previsti dalle procedure per la regolarizzazione", dicono dal dipartimento politiche migratorie della Cisl di Milano. "Questo fenomeno dimostra ancora una volta -aggiungono- l’inadeguatezza delle norme che regolano la materia e, più in particolare, del pacchetto sicurezza, un provvedimento pasticciato e ideologico che sta provocando gravi problemi, ai quali si sta cercando di porre rimedio con l’ennesima sanatoria. La Cisl di Milano chiede che, come già fatto nel 2002, venga concesso un permesso di soggiorno per attesa occupazione ai lavoratori e alle lavoratrici che denunciano i datori di lavoro che non li vogliono regolarizzare".

"Questo fenomeno era già successo nel 2002 -dice Maurizio Bove, responsabile del dipartimento-. Allora, prima della sanatoria, tenevamo assemblee pubbliche per convincere i datori di lavoro a regolarizzare, ma poi molti lavoratori sono stati lasciati a casa. In questo caso abbiamo un duplice effetto: nel 2002 avevamo chiesto e ottenuto la possibilità che, in presenza di una vertenza del licenziato nei confronti del datore di lavoro, si potesse ottenere un permesso di soggiorno di sei mesi, ma la seconda grave conseguenza è che ovviamente quando viene a mancare il vero rapporto di lavoro si scatena il mercato delle dichiarazioni false e dei rapporti di lavoro falsi, con quanto ne consegue. Chiediamo quindi che queste persone siano tutelate: riteniamo che in questo momento tutti i rapporti di lavoro debbano emergere, non soltanto quelli che riguarda noi lavoratori domestici e l’assistenza agli anziani. Rimane la valutazione negativa nei confronti delle sanatorie, perché eventi straordinari o che mette una pezza all’incapacità di gestire con normalità il fenomeno migratorio".

"Siamo contrati a queste modalità che mettono nelle mani dei datori di lavoro la facoltà di regolarizzare i lavoratori, bisogna avere uno sguardo più ampio sul fenomeno - dice Piera Urso dell’Ufficio colf-Filcams della Cgil di Milano -. Purtroppo non tutti sono disponibili ad assumere anche per colpa della crisi: oltre ai 500 euro per la regolarizzazione, infatti, le famiglie dovranno poi pagare i contributi".

Immigrazione: a Milano, un corso per "badanti professioniste"

 

Redattore Sociale - Dire, 24 luglio 2009

 

Regole igienico-sanitarie, primo soccorso, sicurezza domestica e sul posto di lavoro e corretta alimentazione. Sono le "materie" impartite a 15 badanti durante il primo corso organizzato dal comune.

Regole igienico-sanitarie, primo soccorso, sicurezza domestica e sul posto di lavoro e corretta alimentazione. Sono le "materie" impartite a 15 badanti di Milano durante il primo "Corso per badanti professioniste" organizzato dal Comune dal 7 al 15 luglio e tenuto da medici e personale qualificato. "I badanti (tra cui 4 uomini, ndr) si sono sottoposti volontariamente ad accertamenti clinici e visite presso il Centro Diagnostico Italiano - sottolineano dal Comune -, per garantire a loro stesse e ai loro assistiti la certezza di un buono stato di salute e l’assenza di malattie a trasmissione aerea o ematica". I partecipanti, 9 filippini e 6 salvadoregni con età media di 34 anni, questa mattina a Palazzo Marino hanno ricevuto un attestato di frequenza e a settembre completeranno la loro formazione con un lezioni sulla somministrazione di medicinali. Da qui a fine anno, il Comune prevede di formare 100 persone.

"I badanti sono una risorsa importante - ha detto l’assessore alla Salute, Giampaolo Landi di Chiavenna - perché svolgono una funzione sociale delicata, a contatto con fasce deboli e critiche della città, quali anziani, ammalati e bambini, sostituendo spesso i parenti. Per tale ragione è importante che non abbiano una preparazione generica e vengano verificate le loro reali condizioni di salute. Questa è integrazione attiva e partecipata e Milano si pone come laboratorio di eccellenza e apripista anche su questo versante. È importante che i badanti siano regolari o regolarizzati, professionalmente idonei e in buone condizioni di salute per vivere a fianco dei nostri cittadini".

"Da lunedì sarà disponibile sul sito del Comune un link che spiega il corso con i moduli e le materie trattate con, con un numero di telefono a cui rivolgersi per iscriversi ai corsi da settembre a fine anno", dice Dounia Ettaib, presidente dell’Associazione donne arabe in Italia e coordinatrice del corso all’interno dell’assessorato alla Salute. Al termine delle lezioni, chi supererà il test di profitto finale riceverà un attestato di idoneità e di buona salute.

Immigrazione: il prefetto Morcone, indagato per abuso edilizio

 

Ansa, 24 luglio 2009

 

La Guardia di Finanza ha sequestrato tre piattaforme in cemento realizzate nella ex Base Loran, che doveva essere trasformata in Centro di Identificazione ed Espulsione per migranti a Lampedusa, su cui dovevano essere poggiati dei prefabbricati. Secondo l’accusa le opere edilizie sono state "eseguite illegittimamente in zona sottoposta a vincolo paesaggistico". Nell’ambito dell’inchiesta risulta indagato il prefetto Mario Morcone, in qualità di responsabile del dipartimento immigrazione del ministero dell’Interno.

Immigrazione: respinti verso la Libia... e condannati all’inferno

di Tommaso Cerno

 

L’Espresso, 24 luglio 2009

 

Respinti verso la Libia anche se erano rifugiati. E poi sottoposti a violenze. Il governo italiano sotto accusa.

Ci sono le prove. Foto e testimonianze che dimostrano come l’Italia il 30 giugno scorso abbia negato l’asilo a rifugiati eritrei, stremati dalla fame e dalla sete. Tutti respinti. Pur sapendo che si trattava di profughi con il diritto di entrare. E invece no. Gli 82 disperati, fra cui donne e bambini, sono stati rispediti in Libia, in aperta violazione della Convenzione di Ginevra: nessuna identificazione, maltrattamenti, confisca dei beni, consegnati poi alle autorità libiche. Soldi e documenti di cui non si sa più nulla. Ora sono tutti rinchiusi nelle carceri attorno a Tripoli, a pane e acqua, dove la polizia di Gheddafi picchia e tortura. E un’ombra inquietante si allunga sul governo Berlusconi, dopo l’ennesimo respingimento di un barcone al largo di Lampedusa.

Le organizzazioni internazionali, dall’Unhcr, l’Agenzia Onu per i rifugiati, al Cir, il Consiglio italiano per i rifugiati sotto il patrocinio dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite, hanno denunciato la linea dura del Viminale e mosso accuse per i diritti negati. Ma i ministri Ignazio La Russa e Andrea Ronchi hanno risposto con veemenza, stigmatizzandole come "avventate, false, demagogiche, offensive e ripugnanti". E pretendendo scuse.

Quegli addebiti trovano, invece, conferma. Sia nelle immagini scattate ai profughi sbarcati in Libia, sia nelle testimonianze dirette raccolte da "L’espresso" anche fra i prigionieri trasferiti nei centri di detenzione, da Tripoli a Bengasi. Dove stupri, sevizie e botte sono la quotidianità.

Sulla prassi non rispettata restano pochi dubbi: "Non risulta che le autorità italiane abbiano cercato di stabilire la nazionalità", ripete l’Unhcr. Come invece deve essere fatto, stando alle convenzioni internazionali sull’obbligo di non respingimento. E c’è di più. L’Italia non avrebbe avuto nemmeno bisogno di effettuare quei controlli. I nostri militari sapevano da prima dello sbarco chi c’era a bordo della carretta del mare. "Profughi in fuga dalla dittatura eritrea, con donne e bambini, alcuni dei quali sono morti durante il viaggio e qualcuno ha gettato in mare", riferisce la parente di uno di quei disperati. Bene, è stata proprio lei, cittadina eritrea in Italia da 20 anni, a contattare la Capitaneria di porto, quello stesso pomeriggio verso le 15.30, pochi minuti dopo avere ricevuto un Sos dal barcone. "Hanno rischiato di affondare e morire tutti.

L’ho detto subito ai militari", racconta. "Dopo la mia chiamata sono seguite 5 o 6 telefonate fra me e un capitano della Marina, molto gentile, al quale ho fornito tutti i dettagli. E ho specificato che a bordo c’erano dei rifugiati. Ho fornito addirittura il numero di cellulare del mio parente, per ogni verifica".

Esistono poi le fotografie, in mano al Cir, dello sbarco dei rifugiati in Libia. Sono le prime immagini che provano i respingimenti di profughi con diritto d’asilo da parte dell’Italia. Sono parecchie. Sfuocate. Ma volti e dettagli appaiono sufficientemente chiari. Una mostra un giovane ferito alla testa. Ha una vistosa benda bianca. È uno dei sei eritrei che hanno denunciato l’uso della forza da parte della nostra Marina e hanno avuto bisogno di cure mediche. Un’accusa pesante, "l’utilizzo di bastoni elettrici", conferma il Cir, durante il trasbordo sulla motovedetta. Eccolo ritratto. Certo anche il respingimento di donne e i bambini, assieme al gruppo. E ritratti in un’altra foto dopo l’arrivo in Libia.

Ai profughi sono stati confiscati soldi ed effetti personali: 600 dollari a uno, 400 a un altro e così via. L’elenco è lungo. Cellulari, agende telefoniche, carte d’identità. A un ragazzo è stata sottratta la tessera della Croce rossa. La numero 037871. E ancora le foto dei familiari. Via anche la Bibbia, a chi l’aveva con sé. Cancellati tutti i legami, quel rimasuglio di vita che resisteva.

La risposta del governo è che questi soldi e questi oggetti sono stati imbustati e consegnati ai libici. Ma nei centri di detenzione non ce n’è traccia. "Riteniamo il racconto di queste persone credibile", afferma Cristopher Hein, direttore del Cir. "E il loro non è nemmeno l’ultimo barcone rifiutato. Ce n’è stato un altro il 4 luglio e i centri sono sovraffollati". Dal 7 maggio, quando sono cominciati i respingimenti italiani, circa 350 eritrei sono stati rifiutati senza controlli. Eppure il governo non ha avviato verifiche su tutto questo, limitandosi a una "dettagliata informativa sul respingimento", spiegano alla Difesa. Nemmeno alle due lettere dell’Unhcr che chiedeva accertamenti, datate 2 e 7 luglio, è seguita risposta.

Gli eritrei respinti verso l’inferno, una volta sbarcati, fanno tutti la stessa fine. Incarcerati e smistati fra Tripoli, Bengasi, Misurata, Zuwarah e Zawia. I mudin sanno che l’Italia li rifiuta e cercano di guadagnarci due volte, all’andata e al ritorno, costringendoli a telefonare a parenti all’estero e farsi spedire altri soldi. È grazie a uno di quei satellitari concessi e poi usati per le estorsioni a distanza che ‘L’espressò ha potuto contattare i prigionieri. Raccontano che dentro il capannone arroventato dal sole sono rinchiusi in 800.

"Ci sono 30 bambini, alcuni molto piccoli. Ancora nessuno è morto, ma fra poco succederà. Ci sono 150 malati gravi, non riescono più a muoversi. E non ci sono medicine". Attorno violenza e malattie: "Abbiamo due bagni per tutti, senza l’acqua. Ci tirano il pane e c’è la rissa per mangiarne un po’, una volta al giorno. Ci danno acqua o the senza zucchero al mattino e a volte di notte".

In quelle condizioni la vita non vale niente. "Ci picchiano anche con i bastoni elettrici", denuncia. Torture, ustioni sui volti, sul corpo, sulle braccia. I segni dei mozziconi di sigaretta spenti sulla pelle umana. Disidratazione, feci dappertutto, puzzo di urina.

In quella prigione, come nelle altre, le donne incinte non sanno chi sia il padre dei loro figli. Stuprate da tre o quattro per volta. "C’è uno Stato intero che ci tortura", urlano disperati da Bengasi. Qualcuno ha tentato il suicidio. La morte è meglio di quell’orrore. Per loro Libia significa l’inferno, mentre l’Italia gli era stata prospettata come un paese libero e democratico. Ma non è più così: "Vi prego ascoltateci, moriremo tutti e uccideranno anche i bambini".

Il governo ripete che sono tutte accuse "inammissibili" e "ripugnanti". Eppure il diritto internazionale che vieta all’Italia di respingere i rifugiati, anche se non sono sbarcati, è regolarmente violato. È il prezzo degli accordi fra Gheddafi e Berlusconi: tutti indietro. Nell’inferno da cui cercano di fuggire.

Droghe: nel 2012 cocaina e pasticche per un milione di italiani

 

Corriere della Sera, 24 luglio 2009

 

La crisi rallenta il mercato della droga. Ma i consumatori continuano a crescere. E se la cocaina si conferma "una piaga sociale", il futuro sarà in realtà un ritorno: quello dell’eroina, il cui mercato è previsto in aumento del 40 per cento nei prossimi tre anni. Nel 2012 i consumatori delle droghe "da discoteca" arriveranno a circa un milione (700 mila snifferanno cocaina e 270 mila cercheranno lo sballo con l’ecstasy e gli anfetaminici). Il dato corrisponderà al 3% degli italiani tra i 15 e i 54 anni. Ma a preoccupare è l’abbassamento dei prezzi delle droghe, già ai minimi storici: per una dose di polvere bianca nel 2012 si spenderanno 13 euro. Solo 7 per una di eroina brown. Meno, molto meno, di una serata in pizzeria.

 

La cocaina

 

"Una strategia", dicono gli analisti, "per abbassare l’età dei consumatori e garantire così una "base allargata" di tossicodipendenti. Il mercato sta cambiando: dai narcos colombiani ai coltivatori di oppio afghani fino agli spacciatori di strada o a quelli della movida e del porta a porta. Le previsioni del rapporto PrevoJab (il laboratorio previsionale sulle dipendenze della Lombardia) lo scorso anno avevano messo in conto un aumento dei consumatori di cocaina in Italia del 20% entro il 2011. Una stima che oggi viene rivista al ribasso: cresceranno, sì, ma soltanto del 5 per cento. Secondo Riccardo Gatti, direttore di Prevo.lab, il rallentamento è dovuto perlopiù alla crisi e alla flessione dei consumi in generale.

 

L’eroina

 

Come le multinazionali anche i trafficanti hanno risentito della congiuntura economica, così i canali di distribuzione sono stati costretti a differenziarsi. Secondo le stime per il triennio 2009-2012 gli eroinomani saranno 160 mila (40% in più rispetto ad ora). A partire dalle metropoli: Milano, Roma, Torino, Napoli. Un "boom pilotato", secondo le forze dell’ordine: l’obiettivo è quello di garantire uno "zoccolo duro" con elevata dipendenza, superiore a quella della cocaina. Aumentare la diffusione dell’eroina nei giovani tra i 14 e i 16 anni, per gli spacciatori significa investire sul mercato dei prossimi 10 anni. "Oggi le organizzazioni, dalla ‘ndrangheta ai narcos, agiscono con mentalità imprenditoriale. Non c’è una borsa internazionale della droga, ma trafficanti tendono ad autoregolamentare il mercato. Ed è facile con i ragazzini che si fumano

l’eroina".

 

Le cyber drugs

 

Cosa voglia dire applicare i dettami della macroeconomia al mercato degli stupefacenti è presto chiarito: i prezzi "al consumo" di coca ed eroina sono in costante discesa. Secondo i dati della Direzione centrale servizi antidroga, per un grammo di polvere bianca oggi si pagano 74 euro, che nel 2012 scenderanno a 67. Una dose di coca (0,20 grammi) costerà 13 euro, mentre per l’eroina si scenderà a 7 euro. Costeranno di più solo gli spinelli: nel 2002 ci volevano 6 euro, nel 2012 saranno 11. La diffusione di hashish e marijuana si confermerà altissima: tra i 5 e i 6 milioni di italiani. E da qui al 2012 sulla piazza si affacceranno anche le "cyber drugs": i file Mp3 da sballo che conquisteranno la loro piccola fetta di mercato.

Belgio: tre detenuti evadono in elicottero da carcere di Bruges

 

Ansa, 24 luglio 2009

 

Tre detenuti sono evasi dal carcere di massima sicurezza di Bruges nel nord del Belgio utilizzando un elicottero. Secondo il procuratore, si tratterebbe di Mohammed Johry, Abdel Had Kahjary Mulloul e Ashraf Sekkaki. Quest’ultimo sarebbe un pericoloso omicida fuggito in precedenza anche dal carcere di Turnhout, e avrebbe una fedina penale tra le più ricche d’Europa.

Il pilota del velivolo che stazionava nel cortile del penitenziario sarebbe stato preso in ostaggio dai detenuti che l’avrebbero costretto a decollare. L’elicottero utilizzato per la fuga è stato ritrovato successivamente nei pressi di Gand vicino ad una stazione di servizio, ma senza il pilota a bordo. Un portavoce del ministero della giustizia belga ha riferito che alcuni testimoni avrebbero visto gli evasi fermare un’auto di passaggio per proseguire la fuga verso la costa. Il sito del quotidiano belga Cesoir rivela che alla guida ci sarebbe una donna, attualmente sotto sequestro da parte dei tre.

Stati Uniti: carcere Guantanamo sarà chiuso, prima di gennaio

 

Ansa, 24 luglio 2009

 

Il carcere di massima sicurezza di Guantanamo chiuderà il prossimo gennaio. Lo ha confermato il vicepresidente degli Stati Uniti, Joe Biden, aggiungendo che la destinazione di tutti i detenuti prigionieri nella base sarà decisa "molto prima di gennaio".

In un’intervista alla Bbc, Biden ha sottolineato che Washington è riuscita a mantenere l’impegno assunto dal presidente Obama subito dopo il suo insediamento a gennaio per la chiusura di Guantanamo. "Stiamo esaminando con attenzione la situazione dei detenuti, per valutare se alcuni possono essere rilasciati e quale paese può accoglierli o se possono ritornare nei loro paesi d’origine senza il rischio di essere sottoposti a maltrattamenti o torture", ha spiegato Biden.

Dal 22 gennaio, data in cui Obama ha firmato il decreto per la chiusura della base di Cuba, soltanto undici detenuti sono stati liberati e uno è stato trasferito negli Stati Uniti per essere processato. La maggior parte dei 229 prigionieri della "guerra al terrorismo" è detenuta nel carcere di massima sicurezza da oltre sette anni, senza aver subito alcun processo. Lunedì scorso, alcuni funzionari dell’amministrazione avevano spiegato che una task force sui prigionieri politici avrebbe bisogno di altri sei mesi per completare una relazione sugli sforzi per chiudere Guantanamo.

 

 

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