Rassegna stampa 26 dicembre

 

Giustizia: "pena inumana" e mille detenuti denunciano l’Italia

 

Ansa, 26 dicembre 2009

 

"L’Italia sta violando i diritti umani nelle carceri senza porsi il problema del rimedio". Lo denuncia Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, che annuncia come già mille detenuti, da agosto ad oggi, abbiano chiesto il sostegno dell’associazione nella procedura di ricorso alla Corte europea dei diritti umani contro le condizioni di vita che sono costretti a subire negli istituti di pena italiani.

"Mille richieste di indennizzo, dunque, contro lo Stato italiano - spiega Gonnella - per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani, quello che vieta le torture e le pene inumane o degradanti". E aggiunge Gonnella "i primi ricorsi sono stati già formalmente depositati".

"La situazione delle carceri è fuori dalla legalità interna - dice ancora il presidente di Antigone - conche della legalità internazionale. Non sono rispettate le leggi nazionali; la quasi totalità delle celle non è a norma rispetto al Regolamento del 2000 approvato dall’allora Presidente della Repubblica Ciampi. Non sono rispettate le norme internazionali. Sono palesemente violati gli standard europei sui metri quadri a disposizione per ogni detenuto. E per questo a luglio l’Italia è stata condannata a risarcire un detenuto bosniaco di mille euro perché per mesi ha vissuto in meno di 3 metri quadri. Ipotesi configurata dai giudici europei come tortura".

Proprio in occasione del Natale "Antigone" ha visitato numerose strutture penitenziarie riscontrando situazioni gravi anche negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (Opg).

A Napoli, nell’Ospedale psichiatrico giudiziario, sono 127 gli internati che trascorrono gran parte della loro giornata chiusi all’interno di celle spoglie. È utilizzato il letto di contenzione. "Tra i casi più gravi - racconta Gonnella - quello di un ragazzo immigrato di appena 21 anni, che si trovava seminudo (con solo uno slip e un pullover) in una cella liscia priva di ogni cosa, letto incluso e con il blindato chiuso. La cella era sporca di escrementi. Dal registro ci risulta sia stato legato al letto di coercizione per almeno tre giorni di seguito, appena giunto in Opg, e poi portato in una cella liscia". Nella Casa circondariale di Piacenza ci sono 398 detenuti per una capienza regolamentare di 200 posti (tasso di sovraffollamento del 199%). A Bari i detenuti sono 612, per una capienza regolamentare di 295 posti (tasso di sovraffollamento del 207%). Alla Dozza di Bologna i detenuti sonno 1.177 detenuti in una struttura nata per contenerne 483. "Scandaloso - commenta Gonnella - il numero di 4 educatori, mentre dovrebbero essere almeno 21". Il tasso di sovraffollamento è del 243%.

Nell’Opg di Reggio Emilia gli internati sono 295 per una capienza regolamentare di 120 posti (sovraffollamento del 245%). Nella Casa di reclusione di Alessandria San Michele i detenuti sono 384 per una capienza regolamentare di 173 posti (tasso di sovraffollamento del 221%). "Ci auguriamo - conclude Gonnella - che il Governo non risponda a questo gravissimo vulnus allo stato di diritto raccontando per l’ennesima volta le frottole del piano carceri".

Giustizia: suicidio nel Cie... anche questo è "morire di carcere"

 

Comunicato stampa, 26 dicembre 2009

 

Un transessuale brasiliano di 34 anni, Carlos S., che si trovava da alcuni giorni nel "Centro di Identificazione ed Espulsione" di via Corelli a Milano, si è impiccato con un lenzuolo annodato alle sbarre della cella in cui si trovava, nel giorno di Natale. Era stato fermato assieme ad altri "viados" durante un’operazione di polizia domenica 20 dicembre ed era stato portato al Centro di via Corelli in quanto sprovvisto dei documenti necessari per la sua permanenza in Italia.

Carlos non era formalmente un "detenuto", non era nemmeno sotto la responsabilità del Ministero della Giustizia (bensì di quello dell’Interno), quindi la sua morte non verrà catalogata nelle statistiche "ufficiali" dei detenuti suicidi, eppure, con ogni evidenza, si è ucciso mentre era "ristretto", privato della libertà personale.

Nei Centri di Identificazione ed Espulsione (ex CPT), come pure nelle "Camere di sicurezza" delle Questure e delle Caserme le persone non sono "detenute", quindi paradossalmente possono risultare meno tutelate rispetto a chi entra nel circuito penitenziario (regolato da un apparato normativo che prevede anche una serie di "strumenti di garanzia" per i detenuti).

Il nostro Osservatorio ritiene quindi opportuna la creazione di un apposita "Sezione" per il monitoraggio delle morti che avvengono in situazioni di privazione o limitazione della libertà personale al di fuori del sistema penitenziario.

Il suicidio di Carlos è il secondo che avviene in un CIE dall’inizio dell’anno, oltre a un decesso per "causa da accertare" nel CIE di Roma. Nel 2008 nei CIE si sono registrati due morti per malattia, mentre nel 2007 altri 3 suicidi (di cui 2, nel CIE di Modena, a distanza di un solo giorno l’uno dall’altro).

 

Osservatorio permanente sulle morti in carcere

Giustizia: Card. Tettamanzi; in cella è offesa la dignità umana

 

Ansa, 26 dicembre 2009

 

Con i detenuti per Natale il cardinale confessa di essere rimasto sconvolto dopo aver constatato le condizioni di vita nel carcere.

Dopo aver visitato San Vittore dove Dionigi Tettamanzi ha celebrato la Messa di Natale, parlando con i giornalisti l’arcivescovo di Milano ha ripetuto di essere rimasto "sconvolto" per quel che ha visto. "Penso che tutti - ha proseguito rispondendo alle domande dei cronisti - e non solo il sistema generale delle carceri, ma anche le persone che in qualche modo devono sentire il carcere non come un corpo estraneo alla vita sociale, devono fare qualcosa in più perché queste condizioni siano davvero migliorate".

Il cardinale, inoltre, ha evidenziato come gli stessi carcerati "sentono viva la realtà di una giustizia autentica perché la sentono sulla propria pelle, non la rifiutano, perché chi è consapevole di un errore, di uno sbaglio, di un’offesa fatta alla società, sa che la pena è dovuta e che è proporzionata con la gravità di quanto commesso". Tettamanzi ha poi aggiunto di ritenere che nonostante ciò i carcerati desiderino "essere trattati in questo cammino faticosissimo della loro vita nel rispetto della dignità umana".

Rivolgendosi ai detenuti che erano assiepati dietro le sbarre, il cardinale - riferendosi anche allo striscione con scritto "Abbiamo sete di una giustizia autentica" appeso a un muro della cosiddetta rotonda dove l’arcivescovo ha celebrato la Messa - ha sottolineato che "la cosa più bella è che voi volete essere uomini di giustizia. So che è paradossale ma è possibile coltivarla anche qui in carcere".

Commentando poi il fatto che il 60% dei detenuti a San Vittore è composto da immigrati, l’arcivescovo ha affermato che "qui ci sono immigrati e non, e da questo punto di vista vuol dire che l’umanità è un’umanità che spesso viene meno alle sue esigenze autentiche e, comunque, quando viene meno, è chiamata al di là di qualsiasi diversità di cultura, etnia e religione a fare questo percorso di ritrovamento della propria autentica umanità e, quindi, della propria libertà".

Un percorso che porta a "un rientro nella vita sociale dove il perimetro deve essere ospitale per tutti - ha sottolineato l’arcivescovo - perché la più grande etnia che fonda e spiega tutte le altre etnie particolari è quella umana". E a questo proposito il cardinale ha voluto ripetere che il messaggio del Natale è questo: "Dio ama non soltanto alcuni, non soltanto tanti, ma tutti. Questo vuol dire che non c’è nessuno che rimane fuori da questo impeto d’amore".

Giustizia: crack Parmalat; Francesca Tanzi tornata in carcere

 

Ansa, 26 dicembre 2009

 

È tornata in carcere Francesca Tanzi, figlia di Calisto ed ex componente del cda di Parmatour, la società turistica del gruppo di Collecchio. La donna, che ha una figlia di due anni, si è presentata al carcere di Modena dopo che nelle ore precedenti il Tribunale di Sorveglianza di Bologna le aveva revocato l’affidamento ai servizi sociali.

La decisione, a quanto si è appreso, è legata al ritrovamento, nei giorni scorsi, delle opere d’arte che l’ex re del latte aveva nascosto nella casa parmigiana della figlia.

La Procura di Parma, che ha avviato una nuova indagine dopo un servizio di Report, vuole stabilire con quali soldi Calisto Tanzi abbia acquistato la pinacoteca che è stata appena scoperta e che, si ipotizza, nell’imminenza del crac rovinoso per tanti risparmiatori nascose con la collaborazione del genero Stefano Strini e della figlia Francesca. I quadri - ha detto nei giorni scorsi il procuratore Gerardo Laguardia - sono stati acquistati in massima parte con i soldi della Parmalat.

Francesca, 41 anni, secondogenita e, a quanto si scrisse, figlia prediletta di Calisto, fu arrestata il 17 febbraio del 2004 assieme al fratello Stefano (tra l’altro presidente del Parma calcio allora di proprietà della Parmalat) con le accuse di associazione per delinquere, bancarotta e false comunicazioni sociali. Venne scarcerata l’8 marzo dal Tribunale della Libertà che negò le esigenze cautelari ma ritenne valido il quadro accusatorio. Nel 2007 patteggiò tre anni e cinque mesi e dopo un breve periodo di detenzione ottenne l’affidamento ai servizi sociali. Questo si sarebbe concluso tra pochi mesi ma è stato revocato in anticipo.

Toscana: l’Osservatorio dell’Assoc. "Antigone" visita le carceri

 

Comunicato stampa, 26 dicembre 2009

 

L’associazione Antigone, nella sua attività di osservazione delle carceri italiane, il 23 e il 24 Dicembre ha visitato i due più grandi istituti della regione, le Case Circondariali di Sollicciano e di Prato, e la Casa Circondariale di Pistoia.

Nelle carceri toscane si sono ormai superate le 4.300 presenze, a fronte una capienza regolamentare di 3.029 unità, e di una capienza tollerabile di 4.489. L’indice di affollamento rispetto alla capienza regolamentare è dunque del 143%, ma la realtà nelle strutture visitate è decisamente peggiore della media della regione.

Carcere di Firenze "Sollicciano". L’anno che si chiude è stato un anno tragico per questa struttura, basti pensare che nel 2009 si sono tolti la vita, solo in questo carcere, ben 5 detenuti, il che fa del carcere fiorentino l’istituto dove nell’anno che si chiude si è verificato il numero più alto di suicidi in Italia.

Si tratta di uno degli istituti più sovraffollati della regione. Le presenze hanno quasi raggiunto quota mille, oltre il doppio della capienza regolamentare dell’istituto, e le condizioni di vivibilità sono inaccettabili. Anche i bisogni più essenziali non sono garantiti, e sia al reparto maschile che a quello femminile i detenuti denunciano da tempo le carenti condizioni igieniche, la qualità scandente del vitto ed i costi eccessivi del sopravitto, l’assistenza sanitaria inadeguata, l’insufficienza dell’acqua calda per le docce e il malfunzionamento del riscaldamento.

La capienza regolamentare è di 447 posti. Il 23 dicembre i detenuti presenti erano 957: 855 al maschile e 102 al femminile (di cui 4 bambini). Un tasso di affollamento dunque del 214%.

Le celle piccole sono di 12 mq: dovrebbero essere singole, invece ci si sta in 3; nelle grandi, di 24 mq, ci stanno in 6 persone. È previsto che la sezione di alta sorveglianza venga dimessa, trasformando così Sollicciano in un carcere circondariale puro, e rendendo dunque possibile, a struttura e personale invariati, la presenza di ancora più detenuti.

Carcere di Prato "la Dogaia". La condizioni di vivibilità della struttura sono drammatiche, e, caso raro e significativo, alle proteste messe in atto in questi mesi dai detenuti, si sono aggiunte quelle organizzate dalla polizia penitenziaria, che il 20 Ottobre ha organizzato un sit-in di protesta davanti all’istituto per denunciare le inaccettabili condizioni di vita dei detenuti, e le altrettanto inaccettabili condizioni di lavoro del personale di polizia penitenziaria.

Il secondo istituto per dimensioni in regione ha una capienza regolamentare di 419 posti, mentre i detenuti presenti sono ormai 642, con un affollamento dunque del 153%, e trai detenuti gli stranieri sono 369. Nel 2009 si è registrato un suicidio. I detenuti che non fanno attività, come in moltissime altre carceri italiane, passano in cella anche 20 ore al giorno.

Carcere di Pistoia. È il più sovraffollato istituto in regione, con una presenza che ha superato il 230% della capienza regolamentare prevista, che è di 65. Il 24 dicembre i presenti erano 149, e solo 52 erano definitivi. Le pesantissime condizioni di sovraffollamento hanno conseguenze drammatiche, basti pensare che nelle celle di 8 mq scarsi, sono detenute 3 persone (c’è un letto a castello a tre posti); nei camerocini da 18 mq sono detenute 6 persone, e nei celloni da 24 mq ci si sta in 9. È dunque ampiamente violata la soglia dei 3 mq per detenuto, soglia al di sotto della quale, per la Corte Europea dei Diritti Umani, si configura automaticamente il reato di tortura.

La situazione in Toscana è ormai insostenibile, e in tutte le carceri metropolitane ormai il sovraffollamento ha raggiunto livelli record. Ci vogliono misure urgenti, e mentre il governo tace, la gente continua a vivere, e a morire, in condizioni che lo stesso ministro della giustizia ha definito di generalizzata illegalità. Ci auguriamo che il Parlamento, quando l’11 e il 12 gennaio dedicherà due giorni al tema del carcere, lo faccia con un occhio ai dati e con l’altro ai diritti fondamentali delle persone.

Agli amministratori Toscani ricordiamo che nelle sovraffollate carceri della regione un terzo dei detenuti è tossicodipendente. A chi serve tenere tutti queste persone in carcere? Tutti sanno che le misure alternative, soprattutto per i tossicodipendenti, hanno costi, e garantiscono tassi di recidiva, decisamente inferiori rispetto al carcere. Eppure ad oggi, i tossicodipendenti in misura alternativa in Toscana sono meno di 200. È ormai necessario attivarsi per invertire questa tendenza, e garantire ai tossicodipendenti autori di reato l’accesso a quei percorsi terapeutici che fanno tra l’altro parte del diritto alla salute della persona detenuta.

 

Antigone Toscana Onlus

Sardegna: l’appello in Consiglio, per la territorialità della pena

 

La Nuova Sardegna, 26 dicembre 2009

 

Territorialità della pena, qual è la situazione? Nel consiglio regionale convocato lunedì scorso, il consigliere di minoranza Nicolino Camboni ha presentato all’ordine del giorno una proposta ai colleghi amministratori per sollecitare l’applicazione della legge 354 del 1975 sulla esecuzione delle misure limitative della libertà, in particolare per il rispetto della territorialità della pena, di cui all’art 14, 18, 42 e altri.

Peraltro nel febbraio del 2006 fu sottoscritto un protocollo d’intesa tra la Regione ed il ministero della Giustizia, giusto per riaffermare il principio sancito dalla legge a garanzia dei diritti dei detenuti. In esso è contenuto l’impegno a destinare o favorire il rientro in istituti della Sardegna dei detenuti di origine, tenendo conto del luogo di residenza del nucleo familiare. Come appare evidente, tale opportunità deve essere riconosciuta particolarmente a coloro che patiscono le oggettive difficoltà derivanti dall’insularità, come i sardi, che si trovano a dover subire un maggior disagio di carattere logistico e psicologico, oltre che economico, che rende oltremodo complicate le previste visite mensili da parte dei familiari, delle persone care e degli avvocati difensori.

Facendo propria la proposta di Camboni, il consiglio comunale, preso atto della sussistenza di situazioni riguardanti cittadini sardi sottoposti a misure di detenzione, in cui vengono violati palesemente i predetti diritti inalienabili della persona, sollecita il presidente, la giunta e il consiglio regionale a riaffermare con forza il principio della territorialità della pena. Nonostante simili sollecitazioni si susseguano anche in altri comuni è difficile conoscere la situazione nel territorio.

Milano: nel Cie si impicca transessuale, Associazioni protestano

 

Ansa, 26 dicembre 2009

 

Ieri, 25 dicembre, intorno alle 15 una persona transessuale di nazionalità brasiliana, entrata domenica scorsa nel Centro di Identificazione ed Espulsione di via Corelli a Milano, si è impiccata usando un lenzuolo. L’allarme, dato da un detenuto intorno alle 15,30, non è però servito a rianimarla in tempo, dopo l’arrivo dei soccorsi. "Quella di ieri è l’ennesima vittima delle politiche dettate dalla Lega Nord e del pacchetto sicurezza," affermano Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, co-presidenti dell’organizzazione per i diritti umani EveryOne, "una legge crudele che ha introdotto in Italia il reato di clandestinità, ponendo i migranti senza permesso di soggiorno nella condizione di rischiare ogni giorno l’arresto, la detenzione nei Cie fino a sei mesi, trattamenti inumani e infine la deportazione".

"Quando accadono tragedie come questa," prosegue EveryOne, "diventa necessario riflettere sulla realtà dei Cie, che sono vere e proprie carceri dove ogni diritto viene violato, tanto che lo stesso premier Silvio Berlusconi - nel corso di una recente conferenza stampa a L’Aquila con il commissario europeo Jacques Barrot - li ha definiti "simili a campi di concentramento". Ricordiamo che l’Italia è il primo Paese europeo per discriminazioni, morti e violenze transfobiche: un terribile primato che rende le persone transessuali e transgender cittadini vulnerabili ed esclusi," continuano i rappresentanti del Gruppo EveryOne, "su cui stampa, autorità e istituzioni riversano pregiudizi e trattamenti lesivi della dignità di esseri umani. E se questo non bastasse a sollevare lo sdegno delle persone civili, ricordiamo che l’Italia ha anche il primato dei suicidi, delle violenze e degli stupri nelle prigioni".

Il Gruppo EveryOne, che da febbraio 2009 porta avanti, assieme ai Radicali e alla rete antirazzista, un monitoraggio sui CIE di tutta Italia, ha rilevato che suicidi (tentati o riusciti), specie tra immigrati transessuali e transgender, sono in costante aumento e che ciò che si sta consumando nei Centri di Identificazione ed Espulsione altro non è che un dramma umanitario. "Le condizioni igienico-sanitarie dei centri" spiegano gli attivisti, "sono terribilmente precarie, con mancanza spesso di acqua corrente e servizi igienici agibili; per non parlare delle violenze e delle umiliazioni, più volte documentate anche dal nostro Gruppo, che si consumano tra le loro mura: intimidazioni, pestaggi, spedizioni punitive, atrocità. Abbiamo sollecitato" concludono Malini, Pegoraro e Picciau, "gli uffici a Ginevra dell’Alto Commissario ONU per i Diritti Umani e dell’Alto Commissario ONU per i Rifugiati, con cui EveryOne collabora a stretto contatto, affinché la discussione sulle gravi violazioni dei diritti fondamentali perpetrate dal sistema carcerario e dalle politiche anti-immigrazione del nostro Paese venga portata all’attenzione della Corte Internazionale di Giustizia, principale organo giudiziale delle Nazioni Unite".

 

Protestano i Centri Sociali

 

Sei giovani dei centri sociali di Milano, insieme ad un settantenne, si sono radunati poco dopo la mezzanotte scorsa davanti al centro di identificazione ed espulsione di via Corelli, nel capoluogo lombardo. I manifestanti, arrivati senza striscioni e megafoni, hanno organizzato un’estemporanea protesta per portare la loro solidarietà agli immigrati trattenuti nel centro, dove ieri pomeriggio un viado brasiliano, Carlos S., 34 anni, si è impiccato con un lenzuolo ad una finestra della sua stanza.

Il transessuale, privo di permesso di soggiorno e in attesa di espulsione, era arrivato al centro di via Corelli domenica sera, dopo un controllo anti-immigrazione clandestina effettuato dalla polizia nella zona di piazzale Lagosta, dove l’uomo si prostituiva. Intorno alle 15,30 Carlos S. era stato trovato morto da un connazionale che era entrato in camera. Dopo aver appreso la notizia del suicidio dell’extracomunitario, i giovani dei centri sociali cittadini si sono dati appuntamento in via Corelli per manifestare gridando slogan contro la polizia. Sul posto sono arrivati gli uomini della Digos della Questura di Milano che hanno identificato i manifestanti: alcuni, come il settantenne milanese vicino all’area anarchica, erano già noti agli uffici, mentre tre dei sei giovani erano sconosciuti agli investigatori. Al momento nei confronti del gruppetto dei centri sociali non sarebbe stato preso alcun provvedimento.

Lanciano (Ch): detenuto incendia materasso, tragedia sfiorata

 

Ansa, 26 dicembre 2009

 

I sindacati della polizia penitenziaria del supercarcere di Lanciano hanno denunciato questa sera un incidente nella struttura penitenziaria, definita "tragedia sfiorata", avvenuto ieri sera. Un detenuto ha dato fuoco ad un materasso ignifugo rischiando di morire soffocato insieme agli altri detenuti della sezione. Difatti il tipo di materasso più che bruciare crea un denso fumo nero che in pochi minuti ha reso impraticabile l’intera area detentiva. Il personale in servizio è accorso immediatamente per domare l’incendio ed evacuare i detenuti. Le organizzazioni sindacali puntualizzano che a seguito della carenza di personale, da anni denunciato, in quella sezione non era presente in servizio alcun agente, con sorveglianza affidata, per prassi consolidata, ad un’altro agente in servizio lontano da quella sezione.

Durante i soccorsi abbiamo notato un estintore scarico. Quattro agenti sono stati ricoverati nel reparto osservazione dell’ospedale di Lanciano per intossicazione acuta, quindi sono stati dimessi in tarda sera.

Teramo: Pannella (Radicali); mancanza di iniziative strutturali

 

Agi, 26 dicembre 2009

 

"Mi sono fatto una idea abbastanza chiara della situazione di questo carcere: i dati gravi che abbiamo verificato sono soprattutto dati di assoluta mancanza di iniziativa di carattere strutturale. Credo sia una situazione da codice penale".

"Per esempio - spiega, in una nota, il leader Radicale - non manca certo lo spazio, eppure le visite si fanno in un localetto indegno, mentre attorno c’è uno spazio enorme. Manca il servizio sanitario e il personale che esiste può fare miracoli, ma se non c’è la struttura, non può fare molto. C’è solo la scuola elementare. Credo sia una situazione da codice penale".

"Abbiamo tutti scoperto che il "negro" morto qualche giorno fa - ha sottolineato Pannella - è morto di tumore al cervello. Qualcuno l’ha visitato? Aveva dei segni? Sappiamo che vomitava da tempo, che barcollava all’improvviso. Il sospetto è che in fondo, se crepava un testimone, non sarebbe stato molto grave".

Lo ha detto Marco Pannella ai microfoni di Radio Radicale dopo una lunga visita ispettiva nel carcere di Teramo il giorno di Natale, assieme a Rita Bernardini, all’avvocato Alessandro Gerardi, e a due militanti radicali teramani, Orazio Papili e Renato Ciminà.

Dal carcere di Teramo, ha ricordato la Bernardini, era venuta fuori una storia di pestaggi nei confronti dei detenuti e "il comandante delle guardie è stato sospeso dal suo incarico".

Nel carcere, ha continuato la deputata Radicale, c’erano 411 detenuti, "a fronte di una capienza regolamentare di 230. Il personale è in sotto organico. Abbiamo scoperto che c’è un detenuto che avrebbe dovuto uscire nel mese di ottobre, e che si trova ancora qui, perché l’educatore non ha fatto per tempo la relazione al magistrato di sorveglianza".

"Il personale - ha rilevato Pannella - è eroico e sempre più insufficiente con strutture sempre più difficili. Chiederemo al ministero di fare una inchiesta per sapere come funzionano le cose a livello di direzione".

Brasile: legale di Battisti "scommette" su Lula; concederà asilo

 

Apcom, 26 dicembre 2009

 

Luiz Inacio Lula da Silva concederà asilo politico a Cesare Battisti in base al trattato di estradizione tra Italia e Brasile. Ne è convinto l’avvocato dell’ex terrorista e pluriomicida dei Pac (Proletari armati per il comunismo), secondo il quale il presidente brasiliano si esprimerà, dopo la pubblicazione della sentenza del Supremo tribunale federale (Stf), nel primo semestre del 2010 sulla consegna rivendicata dal governo italiano. Per gli avvocati dell’ex terrorista dei Pac (Proletari armati per il comunismo), il trattato di estradizione sostiene la decisione finale del presidente Lula di mantenerlo in Brasile. Condannato all’ergastolo per l’omicidio di quattro persone negli anni Settanta, Battisti è detenuto in Brasile dove attende la conclusione del relativo processo di estradizione.

"La decisione del presidente è vincolata alla costituzione e agli accordi internazionali. Il Trattato di estradizione offre vari fondamenti per la non consegna di Battisti", ha dichiarato, all’Agencia Brasil, l’avvocato Luis Robert Barroso, responsabile del team difensivo di Battisti. Il legale non ha voluto citare i casi in cui il trattato prevede il rifiuto dell’estradizione, ma ha minimizzato sulle possibilità di una riserva del governo brasiliano, che aveva in precedenza riconosciuto a Battisti lo status di rifugiato politico nella decisione presa dal ministro della Giustizia, Tarso Genro.

Per il legale, la rettifica dell’esito della sentenza da parte del Supremo tribunale federale altera di poco o nulla le possibilità di Lula di non consegnare Battisti al governo dell’Italia. Il Supremo tribunale federale autorizzò l’estradizione dell’ex attivista politica, evidenziando che la parola finale spettava al presidente Lula. Comunque, nella recente analisi della questione d’ordine sollevata dal governo italiano, la Corte Suprema ha rettificato la valutazione del processo di estradizione per sostenere a chiare lettere che la decisione del presidente non ha carattere "discrezionale", ossia può essere contestata in base ai termini del trattato stesso.

Quest’ultimo fu redatto dai governi di Roma e Brasilia nel 1989, ma entrò in vigore quattro anni dopo successivamente alla sua ratifica. Sostanzialmente, in base all’articolo 3 del Trattato di estradizione, quest’ultima può essere negata se sussistano fondati motivi per supporre che la persona per la quale si rivendica il provvedimento "possa essere sottoposta ad azioni di persecuzione e discriminazione per motivi di razza, religione, sesso, nazionalità, lingua, opinione politica, condizione sociale o personale".

Cambogia: un cittadino britannico, è condannato per pedofilia

 

Ansa, 26 dicembre 2009

 

Un cittadino britannico di 51 anni, Gareth Ashley Corbett, è stato condannato ad un anno di carcere per aver abusato sessualmente di una bambina cambogiana di 12 anni. Lo hanno annunciato fonti giudiziarie secondo le quali l’uomo era stato arrestato nel luglio scorso nella località costiera do Sihanoukville, dopo che la denuncia della ragazzina. Un altro straniero, un americano di 44 anni, è stato ugualmente accusato di aver avuto rapporti con la bambina e dovrà essere processato, anche se la data del dibattimento non è ancora stata fissata.

Da anni la Cambogia si sforza di correggere la sua fama di "paradiso dei pedofili", arrestando o espellendo decine di stranieri accusati di pratiche pedofile.

 

 

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