Rassegna stampa 23 settembre

 

Giustizia: "governance drug", la paura diventa rassicurante

di Franco Marcomini

 

Il Manifesto, 23 settembre 2008

 

Vi è un paese in cui si sperimenta su larga scala, l’universo della popolazione, la modificazione dello stato di coscienza attraverso fini tecniche di suggestione ipnotica e di induzione sensoriale, tramite immagini e parole reiterate in modo costante ed ossessionante: il rap delle cifre truccate, il tormentone delle verità ribaltate con precisa scansione temporale. Un gruppo di neuro-scienziati, coadiuvati da garzoni di bottega, travestiti da scienziati ed addetti agli aspetti logistici necessari al laboratorio/scena, si è posto al governo del paese:

Dell’economia si occupa la neuro-ecomics virtuale che approfondisce gli aspetti ludici e gratificanti degli interessi sugli interessi: guadagni tu e sono contento io, potenza dell’illusione scientifica.

Dell’istruzione si narra che si è approntato un programma di neuro-learning a maestro variabile, si dimezza, si raddoppia, si triplica, si toglie. ma soprattutto si sperimenta la fashion way all’apprendimento con divisa consona alla condotta, sobrietà nello stile a garanzia del profitto

Agli interni rifulge la strategia tesa a reificare i contenuti inconsci, interni appunto, proiettando nella diversità la propria insignificanza che persiste attraverso l’espulsione dei minacciosi diversi, complicato, ma efficace

A governare l’esercito ci pensa un ministro esperto in sperimentazione sui processi mnesici, ha sottoposto la popolazione alla straordinaria esperienza della storia alla rovescia: rivedere le vicende storiche attraverso il ribaltamento dei ruoli, sembra aiuti non solo la memoria, ma anche la percezione emotiva nei confronti degli eventi, i carnefici diventano vittime e gli imbecilli, per ingenuità ed in buona fede naturalmente, fulgidi strateghi.

Ma il meglio del programma di governo si esprime nella disseminazione di cifre da capogiro che vanno da 0 a 250.000, a scansione variabile, a seconda del giorno e del target per rappresentare sempre la stessa realtà. Le strade insanguinate sono subito sgombre da pericoli, la droga imperversa senza consumatori, gli spacciatori riempiono le carceri svuotandole, la droga è sconfitta dalla fermezza inerme, l’alcol è vietato e giustamente promosso, i genitori possono stare tranquilli vivendo terrorizzati, un nuovo clima fiducioso si instaura nelle famiglie basato sul sospetto, il braccialetto incatena liberando, ci si arricchisce impoverendo.

È fantastico, una droga del genere nessun psico-nauta o adolescente in cerca di esperienze e sensazioni forti avevano mai neppure immaginato, è una droga che ti prende, il suo trip è esilarante, la tua coscienza percepisce uno stato di levità che ti fa fluttuare nel realismo onirico nel quale incontri la voce suadente del primo ministro ebbro di successo e di virile sex appeal, per discrezione il lume della ragione è spento, si consigliano occhiali da sole quando qualcuno oserà riaccenderlo, l’impatto potrebbe essere sconvolgente. Se qualcuno fosse interessato o si fosse semplicemente seccato, per usare un eufemismo, propongo la realizzazione di un programma riabilitativo a vita che ci riporti al gioioso grigiore del realismo, dopo la sbornia della governance drug.

Appello in bottiglia da naufraghi nel paese la cui individuazione, comprensiva di descrizione dell’attuale governo, permetterà di vincere un piacevole soggiorno in un villaggio turistico in cui dalla mattina alla sera ci si diverte a smettere di sognare.

Giustizia: cresce "voglia di ordine", Italia come una caserma?

di Michele Ainis

 

La Stampa, 23 settembre 2008

 

L’Italia come una caserma? Lo fa temere una litania di fatti, che stanno rovesciando molte nostre abitudini sociali. Te n’accorgi alla partita di pallone, con i divieti di trasferta decretati dal ministro Maroni, e con la tolleranza zero negli stadi. Nelle relazioni con domestici e badanti, da quando sempre Maroni espelle gli immigrati a brutto muso, smantella i campi nomadi, confisca gli appartamenti in affitto ai clandestini.

A scuola, dopo il ritorno del 7 in condotta stabilito dal ministro Gelmini. Al mercatino, perché il ministro Scajola ha dichiarato guerra a chi acquista griffe contraffatte. Camminando nei quartieri periferici, dove il ministro La Russa ha inviato ronde di soldati. In fila allo sportello, dal giorno in cui il ministro Brunetta ha cominciato a licenziare gli impiegati troppo lavativi. Nei rapporti di lavoro, come mostra la mano dura del ministro Sacconi con i sindacati di Alitalia. Perfino nei costumi sessuali, giacché il ministro Carfagna ha deciso d’arrestare su due piedi lucciole e clienti.

Questo atteggiamento muscolare, quest’indirizzo delle maniere forti si propaga per cerchi concentrici, come l’onda sollevata da un sasso sulla cresta del lago. Ha origine in un atto del governo, viene poi subito emulato da tutti gli altri apparati dello Stato. Dalla polizia stradale, che ha iniziato a prendere sul serio le norme contro l’alcolismo. Dalla magistratura, che senza l’altolà di Alfano avrebbe processato la Guzzanti per aver spedito all’inferno il Santo Padre. Da 8 mila sindaci travestiti da sceriffi, che in nome del decoro urbano proibiscono l’accattonaggio (Assisi), il tramezzino in pubblico (Firenze), le massaggiatrici in spiaggia (Forte dei Marmi), la sosta in panchina per più di due persone (Novara), le effusioni in auto (Eboli), le bevande in vetro nelle ore serali (Genova). Ma il giro di vite risponde a una domanda ormai corale da parte di chiunque sia investito di qualche responsabilità sulla nostra vita collettiva: è un ritornello, un tic. L’ultima proposta viene dal presidente della Lega calcio Matarrese, che reclama celle negli stadi, anche perché le patrie galere hanno esaurito i posti a sedere.

Fosse successo appena l’anno scorso, non si sarebbero contati gli scioperi, i sit-in, i presidi antifascisti. Invece tutti zitti, contenti e applaudenti. Il vento dell’autoritarismo gonfia le vele del governo, trasforma la sua navigazione in gara solitaria, senza scogli, senza avversari: l’ultima rilevazione di Euromedia gli assegna un gradimento record del 67,1%. C’è in questo l’unanime condanna del lassismo, che fin qui ci sommergeva.

C’è in secondo luogo il lascito del biennio Prodi, una reazione di rigetto contro la chiacchiera elevata ad arte di governo, contro lo stallo, la non decisione. C’è in terzo luogo il tarlo dell’insicurezza, che rode le nostre esistenze individuali. Insicurezza anzitutto economica, con l’impoverimento della classe media e con l’affamamento dei ceti popolari; ma l’incertezza sul futuro si traduce in un bisogno d’ordine, scarica pulsioni intolleranti, imputa al maghrebino che raccoglie pomodori tutta la colpa se il lavoro è poco. E c’è in quarto luogo l’espulsione dalle assemblee parlamentari delle due sole tradizioni politiche schiettamente antiautoritarie, quella liberale e quella della sinistra libertaria e anarchica. A fare opposizione dura e pura resta Di Pietro, però il suo movimento non ha mai osteggiato l’uso del manganello sulla testa degli indisciplinati.

Questi elementi non bastano tuttavia a spiegare il nuovo clima che ha attecchito sui nostri territori. Perché tale fenomeno s’accompagna a una mutazione antropologica, e perché è stato l’uomo nuovo a generare il nuovo clima, non il contrario. Riecheggia a questo riguardo la lezione d’uno psicologo nazista, Jaensch, poi rilanciata da Fromm e Adorno: ogni governo autoritario ha bisogno di una "personalità autoritaria", ossia d’un popolo zelante verso i superiori, sprezzante nei confronti dei più deboli. Non è forse questa la chiave di lettura del razzismo che soffia come un mantice sulla società italiana?

E non sgorga da qui la doccia di gesso che ha spento le vampate d’odio sulla Casta? Improvvisamente la nostra società si è risvegliata docile, addomesticata. Alla cultura del conflitto, il sale dei sistemi liberali, abbiamo sostituito tutt’a un tratto il culto del potere, delle gerarchie, dell’ordine. E il centro-destra si è limitato a intercettare questo sentimento, a dargli sfogo, sia pure riesumando fossili come le case chiuse o la verga del maestro. L’obbedienza non è più una virtù, diceva nel 1965 don Milani. Infatti: quarant’anni dopo, si è tramutata in vizio.

Giustizia: Gasparri; più galera e meno delinquenti per strada

 

Ansa, 23 settembre 2008

 

"Più galera, meno delinquenti per strada. Questa è la sola morale che possiamo trarre dopo l’agguato di Castelvolturno. I criminali devono restare in carcere ed anzi proprio per questo bisogna accelerare il piano per la costruzione di nuovi istituti". Lo dice Maurizio Gasparri, presidente dei senatori del Pdl, augurandosi che "si possa approvare al Senato quanto prima la proposta di legge che modifica in senso restrittivo la norma sulle misure alternative alla detenzione. La criminalità va repressa con durezza".

Giustizia: Pd; i detenuti domiciliari, un favore alla criminalità

 

La Repubblica, 23 settembre 2008

 

Un retroscena fa più rumore della cattura di un presunto killer: quell’uomo che avrebbe ucciso sei persone era agli arresti domiciliari. Così lo choc supera in fretta il plauso per la cattura. Anzi: il presunto assassino Cesarano era stato arrestato ad aprile per gravi accuse di droga, scarcerato poco dopo dal Riesame, poi mandato agli arresti domiciliari per altre e nuove ipotesi di reato. Un corto circuito tra giustizia e sicurezza, caso eclatante di garantismo fuori corso, o di giustizia a maglie larghe.

Tanto da spingere il ministro dell’Interno Roberto Maroni ad annunciare presto "una riflessione su queste misure giudiziarie: soprattutto se applicate a personaggi pericolosi, appartenenti alla criminalità organizzata".

La storia di Alfonso Cesarano, il presunto terrorista del commando dei casalesi di Castel Volturno, infiammalo scontro politico e spinge ai toni accesi, a brusche richieste di chiarimento rivolte al governo. "È terribile venire a sapere che quell’indagato avesse beneficiato degli arresti in casa", commenta il leader del Pd, Walter Veltroni. "Possibile che un affiliato ai clan più crudeli e sanguinari possa godere di un regime detentivo così leggero?", aggiunge il capo dell’opposizione.

Va giù duro anche Anna Finocchiaro, la presidente del gruppo del Pd al Senato. "Un fatto gravissimo. Chiederò al ministro Maroni di spiegare in Senato come sia potuta accadere una cosa del genere". Stessi toni usati da Marco Minniti, ministro dell’Interno del governo ombra, il quale si domanda "per quali reati e per quali ragioni sono stati concessi gli arresti domiciliari, e come sia stato possibile che un detenuto che doveva essere tenuto costantemente sotto controllo, in particolare in quella realtà, abbia potuto partecipare alla strage di giovedì sera. Il governo risponda". Parole gravi anche dal governatore Bassolino, che ieri proprio a Castel Volturno ha riunito la Consulta regionale degli extracomunitari.

"Assistiamo a un fatto inaudito - osserva il presidente della Regione - è una notizia che fa impressione. E questo ci dice come ci sono tante scelte da rafforzare per ottenere la sicurezza di tutti i cittadini, degli italiani come degli immigrati".

Replica Francesco Casoli, vicepresidente dei senatori del Pdl: "La collega Finocchiaro, sempre pronta alla strumentalizzazione politica - rintuzza Casoli - dovrebbe sapere che esiste un principio di separazione dei poteri. Il tribunale del Riesame, non certo il governo, ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per il pregiudicato".

E tuttavia, a leggere in profondità la saga di sangue di questo commando stragista in azione da sei mesi, quella di Cesarano non è affatto un episodio isolato. Basta ripercorrere la storia di Alessandro Cirillo: due volte arrestato negli ultimi due anni e due volte scarcerato, e sottoposto alla sola misura della sorveglianza speciale. E poi il bluff della giustizia con Giuseppe Setola, oggi ritenuto ai vertici della strategia del terrore a Castel Volturno e dintorni.

 

Scarcerato perché quasi cieco così fuggì il killer dei Casalesi

 

Un occhio sembrava quasi spento. Le perizie descrivevano una salute così malconcia da spingere la Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere a ritenere "incompatibile" il regime carcerario con la sopravvivenza di quel detenuto arrestato per omicidio: e a spedirlo agli arresti domiciliari nei pressi del "Centro di Ipovisione" di Pavia.

Peccato che quell’indagato sia Giuseppe Setola, una mira da superkiller del terrore. Oggi l’uomo che passava per un mezzo cieco, che i casalesi battezzarono col soprannome criminale di puttana, è ritenuto dal pool antimafia - con il suo esecutore-ombra, Alessandro Cirillo - il regista della campagna di sangue dei nuovi casalesi.

Uno di cui persino l’ex socio di efferati delitti, il pentito Luigi Diana, aveva detto a verbale: "Setola? Un violento, uno squilibrato". C’è uno scandalo a parte nella mattanza che comincia il 2 maggio scorso con l’omicidio del padre del pentito Bidognetti e arriva fino alla strage degli africani di giovedì: è la scarcerazione-choc di Setola.

Su questa vicenda è aperto un capitolo specifico dell’inchiesta di Napoli. Indaga il pool coordinato dal magistrato Franco Roberti. Su quali valutazioni furono concessi a Setola gli arresti in via San Marcello a Pavia, un chilometro dal centro clinico?

Quali consulenze si attivarono? Il 4 aprile 2008 Setola smette di essere un degente e diventa latitante; il 2 maggio cade crivellato di colpi, a Castel Volturno, il padre del collaboratore Domenico Bidognetti. E la scia di sangue non si ferma più. Si uccidono prima quelli che hanno parlato, compresi gli imprenditori antiracket. Qualcuno ricorda che nel 1999, intercettato dopo un blitz, fu Setola a sentenziare: "Qualche bastardo di merda ha fatto qualche cantata".

 

Minniti: Maroni finge di non capire

 

"Il ministro Maroni non ha capito o finge di non capire. La riflessione che Veltroni richiedeva riguardava esplicitamente sia la magistratura, sia il Governo, sia il Parlamento, con l’obiettivo dichiarato che episodi sconcertanti come quello di Castel Volturno non avessero più a ripetersi". Lo afferma in una nota Marco Minniti, ministro degli Interni del governo ombra del Pd. "In ogni caso - dice - al ministro Maroni non sfugge che un detenuto agli arresti domiciliari, soprattutto in una realtà così difficile ed esposta come Castel Volturno, deve essere sottoposto a controlli e misure di sicurezza. Se un detenuto agli arresti domiciliari esce alle dieci di sera da casa, partecipa ad una strage terroristica e poi ritorna agli arresti domiciliari senza che nessuno se ne accorga è evidente che qualcosa non ha funzionato. Chiederlo al ministro dell’Interno, responsabile della sicurezza nazionale, è - conclude l’esponente del Pd - un preciso dovere dell’opposizione così come è un preciso dover del ministro rispondere all’interrogativo".

Giustizia: contrasto alla camorra, governo manda 500 soldati

 

La Stampa, 23 settembre 2008

 

Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera all’invio di 500 militari nelle zone di emergenza della criminalità organizzata. Lo ha annunciato il ministro dell’Interno Roberto Maroni, durante una conferenza stampa al termine della riunione a palazzo Chigi. Il governo è pronto a inviare 500 militari nelle zone di emergenza della criminalità organizzata per "assicurare il controllo del territorio". Ha annunciato il ministro.

"Domani alle 10.30 al Senato farò un’informativa su quanto avvenuto a Castel Volturno. Un fatto molto grave a cui abbiamo risposto subito inviando 400 persone delle forze dell’ordine e arrestando una persona coinvolta nella strage". Così il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, in conferenza stampa a palazzo Chigi dopo il Cdm. Poi Maroni ha aggiunto: "Ho apprezzato che la magistratura abbia fatto pesare l’aggravante di terrorismo a questa persona arrestata". Poi Maroni ha criticato Veltroni che "ci ha accusato di avergli dato gli arresti domiciliari. Noi non diamo gli arresti domiciliari, lo fa la magistratura. Io ritengo che chi è accusato di mafia non debba avere gli arresti domiciliari". Maroni ha poi annunciato la costruzione di dieci nuovi centri di identificazione ed un giro di vite sui ricongiungimenti. "In Italia - ha detto il ministro - i clandestini sono aumentati del 60%".

 

Vizzini: "Positivo l’impiego dell’esercito in Campania"

 

"L’intervento dell’esercito non deve dare l’immagine di scenari di guerra - ha osservato Vizzini - anche se in realtà proprio di una guerra si tratta, quella condotta da parte della criminalità organizzata. Ma utilizzare l’esercito per presidiare obiettivi sensibili è una iniziativa assolutamente positiva. Ricordo l’esperienza fatta a suo tempo con la missione Vespri siciliani ed il contributo determinante che questa diede alla polizia specializzata, che grazie alla collaborazione dei militari poté condurre in modo più incisivo e massiccio il proprio lavoro sul territorio.

Detto questo è indispensabile agire a tenaglia, colpendo senza tregua per nessuno. Serve quindi un inasprimento delle pene ed il carcere duro per questi criminali, nel senso tracciato dall’inasprimento del 41 bis che io stesso ho chiesto e sostenuto e nel senso delle iniziative promosse dal ministro dell’Interno nell’organizzazione carceraria. È poi importante non abbassare la guardia e la tensione per la cattura dei latitanti e in tal senso fondamentale è l’azione contro i patrimoni della criminalità organizzata. Quei patrimoni servono per garantire la struttura, mantenendo le famiglie dei detenuti, pagando la manovalanza criminale e trovarne sempre di fresca, offrendo possibilità a giovani che non trovano purtroppo risposte adeguate dallo Stato. In questo senso un passo importante è stato già fatto con l’approvazione delle nuove norme che colpiscono proprio le casseforti, i tesori dei criminali e delle loro famiglie".

Giustizia: Maroni; Romania si riprenda i suoi detenuti in Italia

 

Ansa, 23 settembre 2008

 

La Romania deve riprendersi i romeni detenuti nelle carceri italiane. Lo afferma il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, in un’anticipazione tratta dal libro di Bruno Vespa "Un’Italia diversa". Maroni sarà a Bucarest il prossimo 30 settembre insieme al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, anche per dare attuazione a un accordo bilaterale sottoscritto dal ministro Castelli nel 2003 e mai applicato. "L’accordo - spiega il ministro - prevede che la Romania debba riprendersi i detenuti romeni anche senza il loro consenso. La direttiva europea che impone il consenso viene infatti superata da accordi bilaterali che nel nostro caso esistono, anche se sono stati ignorati".

"Per definire una volta per tutte il problema - aggiunge Maroni - è in corso una forte iniziativa comune di Berlusconi e Sarkozy per estendere a tutti i 27 paesi dell’Unione l’obbligo di riprendersi i detenuti delle rispettive cittadinanze".

Giustizia: Gonnella; rimpatrio di detenuti stranieri non risolve

 

Apcom, 23 settembre 2008

 

"Rimpatrio dei detenuti stranieri? "Non si risolve il problema". Patrizio Gonnella, presidente dell’Associazione Antigone per i diritti dei detenuti, ai microfoni di Econews commenta la misura proposta dal ministro Alfano sul trasferimento dei detenuti stranieri in patria. "Mi chiedo - dice - perché non sia stato già fatto, visto che la Bossi-Fini lo prevede. Ovviamente, perché sono difficili gli accordi con i paesi d’origine".

"Esiste dunque una difficoltà tecnica. Oltre però a questa difficoltà, ho due obiezioni, una di tipo giuridico e l’altra di tipo culturale. Quella giuridica è questa - spiega - non vedo perché un italiano e uno straniero condannati alla stessa pena per lo stesso reato debbano scontare due pene diverse. Quella culturale, invece, è che vedo tanta demagogia e un rischio di deriva razzista, come se tutto fosse colpa degli immigrati. Si legittimano sentimenti di rabbia e di odio che la politica dovrebbe controllare e non alimentare".

"Mi auguro - prosegue Gonnella - che non ci sia l’intenzione di rispedire i detenuti nei paesi d’origine, se sono a rischio di tortura o di pena di morte, o di persecuzione per motivi politici. Per il sovraffollamento delle carceri - conclude - il trasferimento in patria sarebbe una misura tampone: entrano mille detenuti al mese, se ne facciamo uscire tremila è un problema risolto per tre mesi. Spero invece che ci sia la voglia di mettere mano alle leggi che producono carcerazione senza produrre sicurezza, dunque alla legge sull’immigrazione, ossia che si declandestinizzi la vita delle persone, e alla legge sulle droghe, ossia che si decriminalizzi la vita dei tossicodipendenti. Avremo meno detenuti e avremo una società più pacificata. Ricordo che più welfare significa meno prigione e meno reati".

Giustizia: stranieri a Poggioreale chiusi nelle "sezioni-ghetto"

di Achille Della Ragione

 

www.napoli.com, 23 settembre 2008

 

Se gli istituti di pena italiani sono superaffollati ciò è dovuto alla massiccia presenza di stranieri, che costituiscono circa un terzo della popolazione carceraria. Oggi si è ritornati, dopo appena due anni di respiro, alla situazione precedente all’approvazione dell’indulto con 61.000 presenze a fronte di una capienza di 43.000 posti.

A Poggioreale gli stranieri sono stipati in padiglioni e celle dedicate a loro, divise tenendo conto delle diverse lingue e nazionalità. I gruppi più importanti sono otto, i più numerosi rumeni ed albanesi, di conseguenza è difficile poter dialogare con un immigrato od uno zingaro, se non in rare occasioni. Nel mio percorso ne ho incontrato una decina e tutti mi hanno descritto condizioni allucinanti di convivenza ben più degradate di quelle dei loro paesi di provenienza, da noi ritenuti terzo mondo, dimenticando che noi viviamo, senza rendercene conto, una situazione da quarto mondo e non solo in via Stadera.

Tre di questi forestieri li ho conosciuti nelle vesti di lavoranti nel padiglione ospedaliero San Paolo. Tra questi un argentino che scontava una lunga pena e nel portare le cibarie faceva il bello ed il cattivo tempo, ma bastava offrirgli una sigaretta per avere le pietanze migliori; un polacco, un giovane molto bello dagli occhi azzurri e profondi, anche lui vivandiere, con fratelli e sorelle sparpagliati in mezza Europa, da anni senza vederne alcuno, condannato per rapina ed apparentemente un bravo ragazzo. Per qualche sigaretta ti lavava la stanza e disinfettava il bagno; sarebbe potuto divenire un ottimo cameriere, ma la lunga permanenza a Poggioreale lo aveva reso inutilmente cattivo e quando per scherzo gli proposi, se una, una volta libero, volesse venire a servizio nella mia villa o presso la casa di qualche mio amico, mi rispose che non poteva, perché appena fuori, per vendicarsi, voleva uccidere tutti gli Italiani.

Alì, il marocchino, che pregherà Allah per la mia liberazione, faceva il piantone, una figura tra l’inserviente ed il paramedico alla buona: il suo compito era quello di aiutare i detenuti malati più gravi nelle pulizie personali e di spingere le carrozzine degli invalidi, infatti nel padiglione San Paolo molti detenuti sopravvivono sulla sedia a rotelle. A volte faceva straordinari pagati sotto banco a sigarette, la valuta corrente, lavando a terra nelle celle o portando di nascosto del ghiaccio ai pochi privilegiati proprietari di una borsa termica.

Altri due forestieri ho avuto modo di incontrarli nella camera d’attesa per parlare con gli avvocati o i magistrati, un vezzoso locale di pochi metri quadrati, sudicio da fare vergogna con negli angoli gli esiti remoti e solidificati di impellenti bisogni corporali liquidi emessi in tempi lontani; in grado(pura illusione) di contenere per ore decine di persone, mentre la porta con le sbarre veniva sbattuta senza pietà ad ogni entrata ed uscita di una persona dalla stanza, da far tremare le stanche mura, ed una seconda di legno, del tutto inutile se non a togliere il respiro agli sventurati lì rinchiusi e ad aumentare a dismisura caldo ed umidità dell’aria, sbattuta con pari violenza e malcelata rabbia.

Il primo, un peruviano dagli occhi a mandorla, fu in mia presenza artefice di un episodio esilarante. L’agente di custodia chiamò un nome apparentemente cinese, tipo Sing Tia Ping e scrutando tra i volti patibolari degli astanti chiaramente di ascendenza spagnola o saracena, stabilì che fosse lui l’interessato e lo condusse dal giudice, il quale cominciò l’interrogatorio e solo dopo un quarto d’ora si accorse dello scambio di persona e fece ritornare il malcapitato in cella, dove fu costretto a sorbirsi i rimbrotti di chi aveva commesso il madornale errore.

In un’altra occasione nello stesso luogo fatale ebbi modo di parlare con uno slavo che mi confessò di essere imputato per rapina a mano armata per il solo fatto di essersi trovato nei pressi dell’accaduto. Mi raccontò tutto eccitato di essere stato sottoposto all’identificazione su foto segnaletica senza essere riconosciuto, ma nel confronto all’americana, uno dei presenti alla rapina lo aveva indicato agli agenti, mentre, a suo dire, gli altri due avevano indicato persone diverse. Era naturalmente difeso da un legale d’ufficio, che si era dimenticato persino di presentare istanza al Riesame.

Gli ultimi stranieri saranno i cinque cingalesi, vittime di uno scambio di persona che mi accompagneranno mestamente al momento delle mie dimissioni… avvenute come vedremo dopo la mezzanotte e mentre io avevo una casa ed una famiglia pronti ad accogliermi, loro discutevano sul luogo dove avrebbero trascorso la notte ,naturalmente all’addiaccio.

Alcuni politici propongono sbrigativamente, per diminuire la pressione nelle carceri di inviare gli stranieri condannati a scontare la pena nei paesi di origine. Mi sembra una idea balzana non degna di uno Stato desideroso di onorare la sua sovranità, ma altre soluzioni vanno cercate con impegno per il sovraffollamento cronico non permette alcun piano di vivibilità ed a pagare sono sempre e soltanto i detenuti.

Poggioreale oltre ad essere tra i più degradati penitenziari europei è da tempo crocevia di razze e culture diverse; tra le sue impietose mura si ascoltano e si alternano calorosi idiomi e dialetti diversi, europei ed orientali, un flebile e caricaturale ricordo di una Napoli per secoli indiscussa capitale delle arti e della convivenza, declassata da tempo a malinconica capitale della spazzatura materiale ed umana.

Giustizia: lo slogan è uno "sfruttare, criminalizzare, espellere"

 

Melting Pot, 23 settembre 2008

 

I volontari al Cie di Via Mattei a Bologna, per insegnare l’italiano in convenzione con l’Università. Il processo di umanizzazione dei Centri di Identificazione ed Espulsione, già Centri di Permanenza Temporanea, è stato completato a Bologna. Con l’aiuto delle associazioni e dei volontari.

Dietro alle sbarre, con un decreto di espulsione in tasca, è ora possibile per i migranti detenuti nel carcere di Via Mattei imparare l’italiano, eseguire attività laboratoriali di bricolage, intraprendere vertenze per il recupero crediti sul lavoro, rivolgersi ad un’associazione di tutela dei diritti delle donne e avvalersi dei mediatori culturali. Il tutto in una stanza con banchi cementati al pavimento, in un’aula chiusa a chiave e sotto il controllo delle telecamere. A poche decine di metri ci sono le ronde dei militari con il mitra che impediscono evasioni e rivolte.

Gli interventi sono coordinati dal Progetto Sociale della Misericordia in collaborazione con Cgil (che fornisce anche gli insegnanti volontari per i corsi di italiano in tirocinio con l’Università di Bologna), con alcuni avvocati che gestiscono lo Sportello legale e con l’associazione SOS Donna, nell’ambito di un Protocollo con il Garante delle libertà per i detenuti. Per un migrante avere la fortuna di incontrare simili opportunità di emancipazione e di integrazione promossi con spirito di cooperazione e di solidarietà proprio in un CIE potrebbe sembrare per certi versi una beffa, o perlomeno un paradosso, dal momento che proprio nei CIE si suggella il suo status di persona indesiderata, di corpo da espellere ad ogni costo, anche spendendo parecchi soldi pubblici.

I referenti del progetto sociale dichiarano di agire nell’ottica della "riduzione del danno", ossia per cercare di alleviare le sofferenze, lo sconforto e la desolazione della reclusione in un luogo costruito come un carcere di massima sicurezza, presidiato giorno e notte dai militari dell’esercito. Dichiarano anche che le nuove attività "sono anche un deterrente per comportamenti auto ed etero aggressivi".

Nella presentazione sulla stampa locale (Il Domani di Bologna del 23/9/2008) colpisce l’atteggiamento buonista che anima l’intervento, ma certo non può non trasparire soprattutto l’ipocrisia di un simile progetto, che omette di affrontare il nodo centrale della detenzione amministrativa, ossia perché sia possibile recludere come criminali che debbano scontare una condanna persone che sono invece vittime delle leggi comunitarie e nazionali, che le escludono dalla categoria dei migranti regolari, nonostante in Italia lavorino duramente nei cantieri, nelle botteghe degli artigiani, nei capannoni industriali.

Come è possibile conciliare l’ingiustizia agita sulle vite di queste donne e uomini dal sistema di esclusione e di marginalizzazione rappresentata dal centro di detenzione per migranti con il conforto e il servizio offerto da operatori umanitari e volontari? In realtà è proprio questo lo scopo dei progetti di umanizzazione dei Centri di detenzione o di "riduzione del danno": lenire il rimorso, placare le coscienze, confondere la crudeltà di un sistema che sfrutta, criminalizza, espelle. L’Italia non vuole i clandestini, ma se ci sono li mette al lavoro e li sfrutta, approva leggi perché restino clandestini e poi li insulta, li criminalizza, inventa reati per aumentarne la colpa e spogliarli di ogni residuo di dignità e costruisce carceri speciali in cui eseguire l’estrema punizione, ossia l’espulsione. Poi chiama i volontari per insegnar loro l’italiano prima di dargli un calcio nel sedere.

Dopo dieci anni di maledetta presenza dei CPT nei nostri territori, ridurre il danno dei centri di detenzione per migranti significa normalizzare il confinamento e giustificare il diritto parallelo per gli immigrati. Accettare l’intervento umanitario significa rinunciare a reclamare il diritto ufficiale.

 

Redazione Melting Pot Bologna

Pianosa: "stanza dell’affettività", esperimento unico in Italia

 

Il Tirreno, 23 settembre 2008

 

"Reintegrare i detenuti nella società è fondamentale. È per questo che portiamo avanti diversi progetti interessanti". Carlo Mazzerbo è direttore del carcere di Porto Azzurro, dal quale dipende anche Pianosa.

Ed entrambe le strutture sono all’avanguardia per la rieducazione dei detenuti. A dimostrarlo l’annunciato progetto per gli "spazi dell’affettività" a Pianosa - spazi dove i detenuti in regime di semi-libertà possono vivere con le famiglie - e quello per i corsi da arbitro nella struttura dell’Elba. In tutti e due casi si tratta di piani e progetti che, nel loro genere, farebbero da apripista in Italia.

A far discutere sarà soprattutto il progetto - ancora in fase embrionale - per fare di Pianosa un luogo dell’affettività carceraria, valorizzando così i progetti per l’isola dove adesso i detenuti lavorano in regime di semilibertà. "Sarebbe interessante - spiega il direttore della casa circondariale - che i detenuti non solo lavorassero per mantenere l’isola pulita, per sviluppare il vigneto con la cooperativa San Giorgio o portare avanti il ristorante.

Per loro sarebbe fondamentale poter vivere con mogli e figli per periodi più o meno lunghi seguiti da pedagoghi ed educatori. In questo modo il loro reinserimento sarebbe più efficace". Ma il direttore specifica che le questioni da valutare, prima che il progetto possa diventare reale, sono ancora molte.

Tra l’altro il direttore del Dap toscano Maria pia Giuffrida ha parlato anche della possibilità di portare donne detenute a Pianosa. Qualunque sia la portata del progetto Mazzerbo nega comunque che al momento esistano progetti per riaprire il carcere di Pianosa come una struttura per ospitare rom o immigrati illegali o addirittura i sottoposti al 41bis.

Inizierà invece ufficialmente sabato prossimo presso l’istituto carcerario di Forte San Giacomo il corso per arbitri di calcio indirizzato ai detenuti. L’iniziativa è stata proposta dall’Università delle Tre Età e realizzata grazie alla sensibilità della direzione della Casa di Reclusione. "Abbiamo fatto una specie di sondaggio fra la popolazione carceraria - ha detto la responsabile dell’Uni 3, Lucia Casini - per sapere quali sono gli interessi delle persone che si rivolgono alla nostra istituzione.

È uscito fuori che piacciono i corsi di musica e quelli per diventare arbitri di calcio". È stato allora sufficiente mettere in moto la sezione arbitri della Toscana, la Figc di Piombino, insieme ai rispettivi organi provinciali del Coni per vedere i primi risultati dell’iniziativa. "L’esperienza che si tenta all’interno del reclusorio elbano - dice il presidente provinciale del Coni, Gino Calderini - è la prima che si verifica nel nostro paese.

È chiaro che le istituzioni pubbliche, ma soprattutto quelle dello sport, seguono con estremo interesse l’esperimento che si conduce a Porto Azzurro, nell’ottica di vederlo successivamente esteso alle altre carceri italiane". "Lo sport sta cambiando volto - aggiunge il presidente provinciale - più del 60% per cento degli Italiani lo praticano, questo significa che è diventato l’emblema e l’occasione migliore per i nostri connazionali per mantenersi in forma. Ma non solo.

Lo sport non è solo questo: ci sono anche i valori che vogliamo sempre più propagandare e diffondere, come quelli della partecipazione, della coesione sociale e il reinserimento nella società. Sono questi i temi che difendiamo e perseguiamo accogliendo la proposta dell’Uni.3 di attivare corsi all’interno del carcere di Porto Azzurro".

L’Uni 3 è dagli anni Novanta che opera all’interno della Cittadella carceraria ed è promotrice di corsi di carattere culturale, sociale e ora anche sportivo. Il 27 settembre sarà il primo giorno in cui si terranno le lezioni per arbitri; saranno 8 in tutto e termineranno a novembre.

Cagliari: malato terminale "compatibile" con regime carcerario

 

Agi, 23 settembre 2008

 

"Il centro clinico di Buoncammino, contrariamente a quanto sostengono i medici della struttura, può accogliere adeguatamente un detenuto, ammalato in fase terminale, al quale non sono praticabili cure. L’ordinanza dei giudici della sezione penale feriale della corte d’appello di Cagliari è di quelle che fanno riflettere e lasciano perplessi".

Lo sostiene il consigliere socialista Maria Grazia Caligaris (PS), componente della Commissione Diritti Civili, dopo aver letto le motivazioni con cui è stata rigettata l’istanza dell’avv. Fernando Vignes per il ricovero, in un’adeguata struttura sanitaria esterna, di Antonino Loddo, affetto dalla malattia di Charcot-Marie Tooth che ha raggiunto "uno stadio avanzato, irreversibile". "È possibile che gli aspetti relativi alla "pericolosità sociale" di un cittadino ancora in attesa di sentenza definitiva, siano - sottolinea Caligaris - elemento esclusivo nella valutazione di una vicenda umana che travalica il tipo di reato, per quanto grave possa essere?

Non siamo di fronte ad una richiesta di scarcerazione facile con il presunto reo che possa reiterare i reati di traffico, detenzione e spaccio di ingenti quantità di sostanze stupefacenti che gli vengono addebitati. È possibile che non si tenga conto che il detenuto in fase terminale è padre di un bimbo in lotta per sopravvivere dopo il trapianto di midollo e che la vicinanza dei familiari in una struttura sanitaria può essere più assidua ed efficace che non le visite in carcere con i disagi che comportano".

Milano: giovedì delibera per i detenuti al lavoro in Expo 2015

 

Redattore Sociale - Dire, 23 settembre 2008

 

La possibilità di un loro impiego in vista della manifestazione verrà sancita in via ufficiale il 25 settembre. Le mansioni: montaggio e smontaggio delle strutture, barista, custode dei padiglioni.

I detenuti delle carceri milanesi saranno presto al lavoro per la preparazione dell’Expo 2015. La possibilità di un loro impiego in vista della manifestazione verrà sancita in via ufficiale dopodomani, 25 settembre, nella riunione della sottocommissione carceri di Palazzo Marino.

"Verrà creato un Tavolo Permanente al quale siederanno i rappresentanti della Amministrazione Penitenziaria e i rappresentanti del comune, a partire dall’assessorato alle Politiche sociali", spiega il consigliere Alberto Garocchio, presidente della sottocommissione.

"I detenuti potranno svolgere mansioni diverse: da quella di barista a quella di custode dei padiglioni, fino ai servizi di montaggio e smontaggio delle strutture". Lo studio sui possibili impieghi di chi sta in carcere in vista dell’Expo, aggiunge il consigliere, è iniziato un anno fa.

Pisa: dall’inizio del mese già 3 gli agenti aggrediti da detenuti

 

Il Tirreno, 23 settembre 2008

 

Tre aggressioni nel solo mese di settembre, appena a metà. Tre agenti picchiati da detenuti durante la normale attività di controllo del carcere. La denuncia, anche questa volta, parte dal sindacato, che ha preso carta e penna ed ha scritto, pure in questo caso come nell’episodio del sesso al polo didattico, al ministro della giustizia, Angelo Alfano, e al Dap, dipartimento amministrazione penitenziaria.

Di nuovo a scendere in campo è la segreteria generale della Ciisa, la Confederazione Italiana Indipendente Sindacati Autonomi, con l’ispettore Romeo Chierchia. In una nota sindacale si parla di agenti presi a calci e pugni dai detenuti quando non vogliono accontentare le loro richieste. L’aggressione più feroce sarebbe avvenuta quando un gruppetto di agenti stava trasferendo un nuovo arrivato in una cella dove c’era un solo recluso: questi non voleva saperne di ricevere il nuovo arrivato e si sarebbe barricato dentro prendendosela poi con gli agenti, una volta che erano riusciti ad entrare, e ferendone uno.

I tre agenti feriti in tre distinti episodi sarebbero stati medicati al centro clinico del carcere e qualcuno sarebbe ancora in convalescenza. I referti stilati parlerebbero di lesioni che vanno dai sette ai quindici giorni, ma il sindacato protesta per la gravità dei fatti e al termine di un’approfondita disamina della situazione, fa una serie di precise richieste.

"In primo luogo - spiega Chierchia - chiediamo la dotazione di strumenti di difesa quali spray antiaggressione e dissuasori elettrici; poi la reintroduzione del compianto oltraggio ed offesa a pubblico ufficiale, con successive pene detentive certe e con il rito monocratico per direttissima, come avviene per il reato ancora resistente della resistenza a pubblico ufficiale: infine l’applicazione del regime di sorveglianza speciale, in base all’articolo 14 dell’ordinamento penitenziario, d’ufficio, nel momento in cui il soggetto detenuto risultasse recidivo". "Per molti di noi - aggiunge Chierchia - stare in carcere è come stare in trincea. Quando si fanno medicare per le botte prese, leggi nei loro occhi la paura di chi sa che domani dovrà tornare in prima linea. L’ultima grave aggressione è avvenuta qualche giorno fa a Lecce, ma a Pisa è la prassi. Solo a settembre, di agenti aggrediti ce ne sono stati tre".

Massa: nella "Asd Galeotta" agenti e detenuti giocano insieme

 

Il Tirreno, 23 settembre 2008

 

C’è il detenuto che (probabilmente) giocherà libero; il secondino nel ruolo di terzino. Il capitano è un vero capitano, porta le stellette dell’Arma dei carabinieri; e ci sono pure due stranieri. È la Asd Galeotta, squadra mista di carcerati, agenti di polizia penitenziaria, carabinieri e guardie di finanza nata ieri nella casa circondariale cittadina.

Un esperimento ad alto contenuto sociale, ma anche una squadra vera. Iscritta al campionato di terza categoria dilettanti. La formazione è pronta: nella rosa sei detenuti - Gaetano Arena, Antonino Zafonte, Rodolfo Maisto, Kamal Omine, Adel Samlali, Gaetano Martucci - che saranno l’ossatura della squadra. E che giocheranno in "permesso premio", una mezza giornata di libertà (controllata) per le gare casalinghe, che si giocheranno sul campo della Tirrenia a Ronchi, e per le trasferte.

Il debutto, il 4 ottobre (sabato 27, prima di campionato, la Galeotta sarà di riposo), i colori sociali già scelti. Maglie a strisce, inevitabilmente, bianche e celesti. Ieri, intanto, la Galeotta ha fatto ieri pomeriggio la sua prima uscita assoluta in un quadrangolare di beneficenza con una selezione di amministratori e politici locali, una formazione di guardie carcerarie e la Nazionale italiana Religiosi.

In panchina, per i detenuti, un mister illustre: Renzo Ulivieri, uno che sul concetto di calcio come percorso di riscatto si impegna da tempo. "Sarebbe banale - ha detto - vedere in questo progetto un segnale di speranza per i reclusi. In realtà qui c’è un arricchimento reciproco". I detenuti hanno battuto i religiosi per 2-1 e hanno perso in finale, 3-1 con le guardie carcerarie. Ma non è certo il risultato che conta.

"Il calcio che abbatte le lastre di cemento che dividono il detenuto dalla libertà". Così è stata presentata l’iniziativa della Galeotta, iniziativa sostenuta dal prefetto di Massa Carrara Carlo Striccoli e dal direttore del carcere Salvatore Iodice. "Abbiamo dato vita a questa esperienza assieme all’imprenditore Lorenzo Porzano e al sovrintendente Francesco Cocco - ha detto Iodice - anche per rispondere alle esigenze di sicurezza richieste dai cittadini.

Vogliamo un carcere aperto e attivo. Ringrazio il prefetto per la grande sensibilità e le forze dell’ordine, eccezionali nell’aderire al progetto". Entusiasta Antonio Ciervo, capitano dei carabinieri (comanda la compagnia di Pontremoli) e giocatore della Galeotta: "È un piacere partecipare a questo progetto; questa squadra è come una piccola città multirazziale.

Fra noi non ci sono gerarchie, ci chiamiamo per nome e ci rispettiamo. Ci sono le basi per il recupero di questi ragazzi e anche per fare un bel campionato". "Sono lieto di questo progetto - ha ribadito il prefetto Striccoli - prima di tutto per la sua valenza sociale. D’altronde uno dei principi della Costituzione prevede che la pena debba tendere alla rieducazione. Non si può condannare per sempre chi ha sbagliato".

Napoli: S. Egidio; il pacchetto sicurezza è guerra contro poveri

 

Redattore Sociale - Dire, 23 settembre 2008

 

Contestate in particolare le multe previste per chi "bivacca" in piazze e stazioni. "Accattoni e senza fissa dimora vengono trattati come delinquenti, mentre non si fa nulla per la scolarizzazione dei bambini rom".

Dopo le associazioni e le cooperative sociali di Napoli, anche la Comunità di S. Egidio si mobilita contro il pacchetto sicurezza proposto dal comune. Sotto accusa, in particolare, alcune misure tra cui quella di prevedere multe per chi "bivacca", in maniera perdurante, nell’immediata prossimità di edifici pubblici, monumenti, stazioni, piazze.

"A Napoli - accusano i responsabili di S. Egidio Antonio Mattone ed Enzo Somma - è in atto un processo di criminalizzazione della povertà: accattoni e senza fissa dimora vengono trattati come delinquenti, mentre per la scolarizzazione dei bambini rom e per il sostentamento dei più poveri non si fa nulla".

"Invece di rispondere alla vera domanda di sicurezza - dichiarano Mattone e Somma -, che a Napoli è una questione realmente seria, sembra paradossale che si finisca per attaccare le fasce più deboli". "Nella quasi totale assenza di iniziative pubbliche in favore di chi vive per strada, sanzioni contro i senza fissa dimora e multe per l’accattonaggio - sottolineano - hanno più il sapore di una guerra contro i più poveri che contro la povertà".

"Il degrado - aggiungono Mattone e Somma - non sono le persone ma ciò che le fa vivere al di sotto della soglia di povertà. Occorre almeno fornire contestualmente alternative vivibili a chi, come i rom, è costretto a vivere di elemosine o di espedienti". "Per i minori zingari - continuano i responsabili di S. Egidio - la prima alternativa è la scuola, ma la scolarizzazione dei bambini rom non è adeguatamente sostenuta dalle autorità competenti".

Anzi, denunciano i due membri della Comunità di Napoli, "i bambini dei campi di Ponticelli, sgombrati con violenza a maggio scorso, andavano a scuola, ma oggi sono dispersi in periferia, respinti proprio verso l’accattonaggio".

"Invece di criminalizzare la povertà - evidenziano Mattone e Somma - l’amministrazione di Napoli avrebbe oggi l’occasione di contribuire a creare un clima più etico e più umano, rendendo meno dura la vita di chi vive senza casa e di elemosina, in una città che rischia di perdere la sua identità". "Occorre dare risposte di buon senso alla marginalità - concludono Mattone e Somma - per ricostruire le basi della solidarietà sociale che oggi sembra in crisi". Intanto, attesa per domani la seduta sul pacchetto sicurezza da adottare nella città.

Libri: "L’innocenza della verità", di Giuseppe Ferraro (Filema)

di Davide Cerullo

 

Liberazione, 23 settembre 2008

 

Dopo La filosofia spiegata ai bambini, è in libreria un nuovo lavoro di Giuseppe Ferraro, L’innocenza della verità per le edizioni Filema, resoconto dei corsi di filosofia che il docente dell’Università di Napoli ha tenuto ai detenuti delle carceri di massima sicurezza di Bellizzi Irpino e di Carinola, nelle province di Avellino e Caserta. Si tratta di un libro dall’alto valore umanistico secondo cui gli irrecuperabili non esistono se non come invenzione della nostra cattiva volontà.

Nell’incipit, Ferraro racconta i motivi che lo hanno portato ad entrare tra gli ultimi individui della nostra miope società. "Mi sono spinto verso questi miei fratelli perché hanno i volti della mia terra, gli stessi che incontro per le vie della mia città. Sono venuto qui, da questa parte del mondo, dietro il mondo, quella dove siamo tutti uguali, normali di una normalità fuori dal comune".

Leggendo il libro di Ferraro, appare chiaro come, seguendo i suoi corsi di filosofia, i detenuti abbiano soprattutto avviato un percorso di autostima, grazie all’ascolto e ad un’accettazione priva di giudizio nei loro confronti. L’esperienza di Ferraro è un atto di speranza, una speranza che guida verso i valori della conoscenza anche da un luogo terribile come può essere il carcere: "La filosofia è un’educazione sentimentale. Ogni educazione porta ai sentimenti, li solleva, li contorce anche, li libera e li trattiene, in un’esigenza di libertà". Attraverso questo libro, le lunghe distanze tra il lettore ed il mondo carcerario si accorciano, ricordando che fino a quando un detenuto vivrà prigioniero di diritti mancati, il nostro essere liberi risulterà uno scandalo.

Quello di Ferraro è un libro necessario, racconto di un’esperienza che cerca di riscattare coloro che hanno smesso di sperare, per i quali Ferraro scrive che "la restituzione è l’arte della relazione educativa e della giustizia, del rimettere in ordine la vita, del risarcirla".

Per l’autore, il carcere dovrebbe essere un luogo di trasformazione e di cambiamento e, a tale scopo, rivendica che il trattamento carcerario si basi su delle relazioni educative. Fare ciò, oltre che necessario, è possibile, mentre la cosa più difficile resta quella di giungere ad un’alleanza tra le varie istituzioni che con il carcere sono connesse. Dal libro emerge che la legalità è fatta di legami istituzionali restitutivi, ma la relazione educativa non si può limitare all’istruzione, deve diventare qualcosa che stia tra l’informazione e la formazione: "Il legame che ne viene è di un apprendere bene che faccia anche bene e sia bene". Il libro di Ferraro ci incita a fare la nostra parte affinché le cose non siano le stesse di sempre all’interno delle carceri, perché la nostra felicita è scandalosa quando non si lascia disturbare dal grido, lontano ma lacerante, del fratello che soffre, vittima di un’ingiusta giustizia.

Immigrazione: Maroni; via i comunitari senza reddito minimo

 

Apcom, 23 settembre 2008

 

Il ministro dell’Interno Roberto Maroni intende attuare anche nei confronti dei rom rumeni la disposizione per cui deve essere allontanato dal nostro Paese chi non può dimostrare un reddito pari all’importo della pensione sociale di 5.061 euro, che sale a 10.123 per due o tre familiari e a 15.185 per quattro o più familiari. La disposizione sarà attuata a conclusione del censimento prevista per metà ottobre. "I rom - dice il ministro nel libro di Bruno Vespa ‘Un’Italia diversà - sono di tre categorie.

Gli italiani saranno ospitati in piccoli campi attrezzati con ogni servizio del tipo di quello di Voghera, perfettamente integrato nella città. Un rom farà le funzioni di amministratore di condominio e provvederà a pagare i servizi al comune. Gli extracomunitari potranno restare soltanto se provvisti del permesso di soggiorno e i comunitari - quasi tutti rumeni - se avranno un reddito minimo adeguato, l’iscrizione al servizio sanitario nazionale e l’alloggio di una casa o una baracca che corrisponda ai servizi igienici essenziali. L’Unione europea garantisce ai propri cittadini libertà di circolazione, ma non di residenza. Senza i requisiti essenziali, i rom comunitari saranno allontanati".

Maroni sarà a Bucarest il 30 settembre insieme con il ministro della Giustizia Alfano anche per dare attuazione a un accordo bilaterale sottoscritto dal ministro Castelli nel 2003 e mai applicato. "L’accordo - spiega Maroni a Vespa - prevede che la Romania debba riprendersi i detenuti rumeni anche senza il loro consenso. La direttiva europea che impone il consenso viene infatti superata da accordi bilaterali che nel nostro caso esistono anche se sono stati ignorati. Per definire una volta per tutte il problema, è in corso una forte iniziativa comune di Berlusconi e Sarkozy per estendere a tutti i 27 paesi dell’Unione l’obbligo di riprendersi i detenuti delle rispettive cittadinanze".

Il censimento in corso a Roma, ha detto Maroni a Vespa, sta rivelando che alcuni piccoli campi abusivi rom fotografati dall’aereo prima dell’estate non esistono più. "Gli occupanti - secondo il ministro - sono in parte scesi verso Napoli, in parte si sono spostati in Francia e soprattutto in Spagna".

Droghe: Giovanardi; troppi ostruzionismi, agisca la Consulta

 

Redattore Sociale - Dire, 23 settembre 2008

 

Le norme che il Parlamento approva per contrastare il tragico fenomeno degli incidenti stradali "rischiano di essere vanificate dall’atteggiamento ostruzionistico di organizzazioni sindacali che ritengono che i loro interessi economici vengano prima di tutto".

Lo afferma Carlo Giovanardi, senatore del Pdl e sottosegretario con delega alla famiglia, alla droga e al servizio civile. "A suo tempo - spiega Giovanardi - la Fipe-Confcommercio tentò di bloccare fino all’ultimo momento l’approvazione della legge sul divieto di fumo nei locali pubblici, prevedendo la rovina di bar e ristoranti.

Oggi, la stessa organizzazione contesta l’esposizione delle tabelle alcolemiche nei locali dove si svolgono attività di intrattenimento. Nel frattempo, il Silb (locali di intrattenimento) contesta la legge che vieta la somministrazione di alcolici in questi locali dopo le due di notte, denunciandone la incostituzionalità, e purtroppo troppi giudici sospendono i provvedimenti di chiusura dei locali che violano la norma in vigore".

Per Giovanardi "è opportuno, a questo punto, che la Corte Costituzionale si pronunci per chiarire al Parlamento e al Paese se nel nostro ordinamento il profitto economico viene prima della tutela della vita e della sicurezza dei cittadini".

Droghe: a Milano su 265 alcol-test positivo il 40% dei fermati

 

Redattore Sociale - Dire, 23 settembre 2008

 

"Anche in agosto sono proseguiti i controlli della Polizia municipale sui guidatori milanesi: 265 gli alcoltest effettuati nell’arco di ogni settimana e con intensificazione nei weekend. Di questi, 111 sono risultati positivi, ovvero circa il 40%". Lo comunica il vicesindaco e assessore alla Sicurezza di Milano Riccardo De Corato, esponente di An.

"A Milano - sottolinea De Corato - la guida sotto l’effetto dell’alcol continua a essere una pratica pericolosamente reiterata che stiamo cercando di contrastare attraverso controlli costanti. Basti pensare che in tutto il 2008, ne sono stati eseguiti oltre 3.200 e, di questi, 852 sono risultati positivi. Per una media di uno ogni quattro fermati".

Da segnalare, continua De Corato, "il sequestro penale, ai fini della confisca, di circa una cinquantina di veicoli da parte della Polizia Municipale. Veicoli che, a seguito di accertamenti risultati positivi agli alcol-test per tassi alcolemici superiori a 1,5 grammi per litro, sono stati sequestrati ai guidatori come previsto dal decreto sicurezza. Un severo deterrente per chi è abituato ad alzare il gomito".

L’esponente di An ricorda che "sono proseguiti anche i controlli antidroga, battaglia anche questa, per riportare la sicurezza sulle strade, con lo scopo di contrastare e prevenire gravi incidenti. È dal 2005 che i vigili di Milano eseguono per le strade questi accertamenti, con una media di circa 150 test annui. Pesanti i numeri del 2008. Dall’inizio dell’anno ad oggi sono risultati positivi, su 140 controlli, 46 guidatori fermati dalle pattuglie".

Iraq: liberi 1.500 detenuti, 13.000 scarcerazioni da inizio anno

 

Ansa, 23 settembre 2008

 

L’esercito americano ha annunciato oggi di aver liberato circa la metà dei 3.000 detenuti in Iraq che prevede di scarcerare in occasione del ramadan, il mese di digiuno musulmano. In un comunicato il comando Usa precisa di aver rilasciato dall’inizio di settembre 1.449 prigionieri, dei quali 282 solo questa settimana, e aggiunge che il processo di liberazione sarà accelerato entro la fine del mese. La coalizione internazionale sotto il comando americano in Iraq detiene attualmente 18 mila prigionieri in tutto, contro i 26 mila nel novembre 2007.

Dall’inizio di quest’anno sono stati liberati più di 13.200 detenuti. Le prigioni di cui dispongono gli americani in Iraq sono due: il campo Cropper, nei pressi dell’aeroporto di Baghdad, e il campo Bucca, nei pressi di Bassora, nel sud del Paese.

Birmania: amnistiati 9.000 detenuti e c'è attesa per altri 2.000

 

Ansa, 23 settembre 2008

 

Via libera alla scarcerazione di 9.000 detenuti birmani per buona condotta: lo ha annunciato la giunta militare sul periodico di stato Myanma Ahlin. Come segno di "amore e buona volontà, il governo - scrive il quotidiano, - vuole trasformare questi pregiudicati in cittadini capaci di contribuire alla costruzione di una nuova nazione, per poter partecipare alle elezioni libere che si celebreranno nel 2010".

Ed è stato rilasciato anche il prigioniero politico da più tempo in carcere in Birmania, l’anziano giornalista Win Tin, dietro le sbarre da 19 anni. Tin Win, 79 anni, condannato a 20 anni nel 1989 con l’accusa di aver dato rifugio a una ragazza ricercata per un presunto aborto clandestino e per propaganda antigovernativa, appena uscito dal carcere ha dichiarato di voler continuare a lottare per la democrazia.

Nessuna notizia, invece, sulla possibile liberazione di altri dei 2.000 prigionieri politici, detenuti in più di quaranta anni di dittatura militare: tra questi c’è il Premio Nobel, Aung San Suu Kyi, la pasionaria che ha trascorso la maggior parte degli ultimi 19 anni agli arresti domiciliari. Le elezioni del 2010 rappresentano una delle tappe verso la democrazia voluta dalla giunta militare che, nei mesi scorsi, ha approvato una nuova Costituzione.

L’annuncio dell’amnistia è stato diffuso pochi giorni prima dell’anniversario delle manifestazioni dei monaci buddisti, del settembre dello scorso anno, quando, secondo i dati delle Nazioni Unite, morirono trentuno persone e oltre 700 furono arrestate.

Germania: carcere diventa hotel, 50 € a notte per cella "vera"

 

Ansa, 23 settembre 2008

 

Un hotel da non consigliare a chi è facilmente impressionabile: si chiama Alcatraz ed è stato ricavato in un ex penitenziario di Kaiserslautern, in Germania, risalente al 1867. Aperto da quasi un anno e mezzo, l’albergo ha mantenuto molte delle caratteristiche del carcere: sbarre alle finestre e anche in alcuni ambienti interni come il bar e la reception, sanitari in camera senza nemmeno un separé e persino gli spioncini nelle porte attraverso i quali venivano passati i pasti. Ma non è tutto.

I clienti che lo desiderano possono trascorrere una notte in pieno stile prigione: l’hotel fornisce un pigiama a strisce con il nome ricamato e la colazione del carcerato, che consiste in una tazza di caffè nero, pane di segale e un vasetto di marmellata. I proprietari della struttura, e coloro che hanno avuto l’idea dell’hotel in stile prigione, sono due avvocati tedeschi. Cinquantasette le stanze a disposizione all’Alcatraz: una notte costa intorno ai 50 euro.

 

 

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