Rassegna stampa 7 novembre

 

Giustizia: il "41-bis" ha allungato i tempi e diventa più severo

di Giovanni Negri

 

Il Sole 24 Ore, 7 novembre 2008

 

Sarà più lungo e aspro il regime carcerario disciplinato dal "41-bis". In un emendamento al disegno di legge sulla sicurezza,che sarà discusso al Senato la prossima settimana dopo il via libera di mercoledì in commissione Giustizia, è stata raggiunta un’intesa bipartisan che ha come obiettivo una maggiore severità di trattamento per i detenuti soggetti al regime del "carcere duro" (ad agosto erano 582).

Angelino Alfano plaude all’intesa con l’opposizione: "Il testo presentato dal Governo, così come riformulato in commissione, offre una risposta concreta alla necessità di impedire la comunicazione tra i boss dal carcere e dà un riscontro reale al problema delle revoche, che si è reso più evidente negli ultimi tempi".

Preoccupato invece il presidente delle Camere Penali, Oreste Dominioni: "l’inasprimento del 41 bis non garantisce una maggior livello di sicurezza nelle carceri, né impedisce i rapporti tra detenuti e gli appartenenti ai diversi sodalizi criminosi; esso però viola i più elementari diritti della persona, tra cui quello di difendersi secondo le ordinarie regole processuali".

Nel merito l’emendamento prevede chela durata, del regime del 41 bis sia raddoppiata e portata a quattro anni dagli attuali due. Inoltre, oltre all’inversione dell’onere della prova, viene prevista la competenza esclusiva in materia di ricorso sulla proroga (che costituisce una decisione del ministero della Giustizia) del solo tribunale di sorveglianza di Roma e prevede forme più restrittive che riguardano la detenzione.

I detenuti sottoposti al 41 bis, saranno infatti ristetti all’interno di un istituto " a loro esclusivamente dedicato, i controlli dei colloqui con familiari saranno sottoposti a registrazioni video mentre le conversazioni telefoniche saranno ammesse soltanto per cloro che non effettueranno colloqui personali. Inoltre, i colloqui con i difensori verranno ridotti a un massimo di tre alla settimana. La permanenza all’aperto dei detenuti non potrà superare le due ore.

L’emendamento approvato ha introdotto anche una fattispecie autonoma di reato che punisce con la reclusione da uno a 4 anni chiunque consenta a un detenuto, sottoposto al 41 bis, di comunicare con gli altri. È inserita un’aggravante nell’ipotesi in cui il fatto venga commesso da un pubblico ufficiale, da un incaricato di pubblico servizio o da un soggetto che esercita la professione forense.

Giustizia: 41-bis più severo; Alfano è soddisfatto, i penalisti no

di Mauro Giannini

 

www.osservatoriosullalegalita.org, 7 novembre 2008

 

Ieri mattina la Commissione Giustizia del Senato ha approvato con voto bipartisan un emendamento al ddl 733 che modifica il 41 bis intervenendo sulla durata del carcere duro, accentuando l’onere della prova a carico del detenuto, introducendo una competenza esclusiva del Tribunale di Sorveglianza di Roma e comportando in definitiva l’inasprimento del carcere duro per i boss mafiosi.

In una nota il ministro della Giustizia, Angelino Alfano ha espresso soddisfazione. A suo giudizio "Il testo presentato dal Governo, così come riformulato in Commissione, offre una risposta concreta alla necessità di impedire la comunicazione tra i boss dal carcere e dà un riscontro reale al problema delle revoche, che si è reso più evidente negli ultimi tempi. L’approvazione del testo del Governo si pone come ulteriore prova di un’azione di conflitto e contrasto alla mafia, che ha trovato nel già approvato decreto sicurezza e sta trovando nel disegno di legge oggi all’esame del Senato, la sede per un immediato ingresso nell’ordinamento di norme che, per qualità e quantità, hanno pochi precedenti negli anni recenti".

"La bontà di questo testo - ha aggiunto il guardasigilli - ha favorito la convergenza di maggioranza e opposizione su una soluzione pienamente condivisa, che contribuisce all’affermazione della supremazia dello Stato sulle logiche di violenza, proprie di quelle organizzazioni criminali che perseguono condotte delittuose anche all’interno delle strutture carcerarie. Il provvedimento, tra l’altro - conclude il ministro – introduce l’esclusiva competenza in materia del tribunale di sorveglianza di Roma, a garanzia dell’uniformità di applicazione, per evitare la possibilità di contrasti giurisprudenziali".

Ma la decisione raccoglie le critiche dell’Unione camere penali italiane che in una nota hanno espresso la "più ferma contrarietà al regime di detenzione speciale, inutilmente affittivo e palesemente contrastante con i principi Costituzionali e con la normativa internazionale". Infatti, secondo i penalisti, il provvedimento limita "ancor più i diritti fondamentali della persona". Il presidente Ucpi, Oreste Dominioni, ha dichiarato che "l’inasprimento del 41 bis non garantisce un maggior livello di sicurezza nelle carceri, né impedisce i rapporti tra i detenuti e gli appartenenti ai diversi sodalizi criminosi; esso però viola i più elementari diritti della persona, e fra di essi il diritto di difendersi secondo le ordinarie regole processuali".

L’organismo dei penalisti ha precisato che, in occasione dell’incontro con il Gruppo di Lavoro sulle Detenzioni Arbitrarie dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, ha illustrato la propria posizione di assoluta contrarietà al regime speciale di cui al 41 bis, ribadendo che il diritto dello Stato a difendersi dalla criminalità non può passare attraverso provvedimenti criminogeni, inutili al fine che si propongono e finalizzati esclusivamente alla "produzione di pentiti" come quelli oggi inseriti nel disegno di legge sulla sicurezza dei cittadini.

Giustizia: Pd; il governo non ha come priorità la lotta alla mafia

 

www.agenziami.it, 7 novembre 2008

 

Per il senatore democratico Giuseppe Lumia, da sempre impegnato nella lotta alla criminalità organizzata, una mafia in grado di fare sistema nel sociale, di agire nell’economia, di intrecciare rapporti con politica e istituzioni va affrontata da un’antimafia in grado di promuovere diritti, colpire sull’antiracket e confisca dei beni, con una accurata selezione delle classi dirigenti politiche. Manca oggi, secondo Giuseppe Lumia, una visione d’insieme del fenomeno.

Il senatore Giuseppe Lumia farà parte in questa legislatura della commissione bicamerale Antimafia che martedì nominerà il Presidente. Esponente politico siciliano, da sempre impegnato nella lotta alle organizzazioni del crimine organizzato, considera che la lotta alla mafia "non una priorità di questo governo; non lo è stato in campagna elettorale e non lo è nel cammino delle attività parlamentari".

In Italia, spiega il senatore democratico, "Siamo diventati bravi a colpire dopo che le mafie hanno colpito, ad intervenite dopo che le mafie hanno imposto la loro strategia; ma la mafia è un sistema, avente la capacità di saper integrare la funzione il controllo sociale e culturale con l’inquinamento dell’economia e finanza, con il controllo e la collusione con la politica e istituzioni. Una dinamica atta a fare sistema". Per Lumia "un’antimafia moderna deve fare altrettanto sistema, colpire su tutti i versanti. È prioritario elaborare un’antimafia dei diritti del sociale per la promozione dei diritti di cittadinanza, l’antiracket, contro l’usura per la confisca dei beni. Un’antimafia che sa selezionare le candidature, che sia in grado di scegliere i dirigenti dei partiti." Per Lumia all’antimafia oggi "manca questa visione d’insieme".

Approvato oggi dalla Commissione Giustizia e Affari Costituzionali del Senato un emendamento atto a inasprire il regime di carcere duro previsto dal 41 bis. L’emendamento, che tra i primi firmatari vede l’intesa di Carlo Vizzini, Filippo Berselli, Felice Casson e Beppe Lumia, è frutto dell’intesa di maggioranza e opposizione. La nuova norma inasprisce ulteriormente l’isolamento dei boss nell’intento di ridimensionare l’agibilità di esercizio del potere sul territorio. I colloqui con le famiglie saranno sempre registrati, i colloqui telefonici mensili potranno essere fatti soltanto per coloro che non avranno colloqui personali. Anche gli incontri con gli avvocati difensori verranno ridotti ad un massimo di tre alla settimana. L’ora d’aria dei detenuti sarà sì consentita ma non potrà superare le due ore. L’emendamento sarà la prossima settimana all’esame dell’Aula.

Emendamento che preoccupa L’Unione Camere Penali Italiane, che esprime in una nota diramata: "La più ferma contrarietà al regime di detenzione speciale, inutilmente affittivo e palesemente contrastante con i principi Costituzionali e con la normativa internazionale". "L’inasprimento del 41 bis non garantisce un maggior livello di sicurezza nelle carceri, né impedisce i rapporti tra i detenuti e gli appartenenti ai diversi sodalizi criminosi; esso però viola i più elementari diritti della persona, e fra di essi il diritto di difendersi secondo le ordinarie regole processuali".

Giustizia: magistrati trasferiti e niente sostituti, mafiosi escono

di Dario Del Porto

 

La Repubblica, 7 novembre 2008

 

I primi quindici giudici sono già andati via, altri dieci li seguiranno a stretto giro. Quelli che dovrebbero sostituirli tardano ad arrivare. E dunque il rischio scarcerazione per molti esponenti del clan camorristico dei Casalesi si fa concreto al punto da spingere l’Associazione Nazionale Magistrati a lanciare l’allarme.

"I trasferimenti di giudici dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere ad altre sedi stanno creando molti problemi in processi di camorra anche di estremo rilievo: il pericolo di scarcerazioni per decorrenza termini è concreto", ha detto il presidente della giunta di Napoli dell’Anm, Tullio Morello, nel corso dell’assemblea che si è svolta ieri a Palazzo di Giustizia alla presenza della giunta nazionale al completo del "sindacato delle toghe" guidata dal presidente Luca Palamara e dal segretario Giuseppe Cascini.

Nei prossimi giorni, un dossier su questa e sulle altre emergenze del distretto sarà inviato al ministro della Giustizia e al Csm. Commenta Palamara: "Sono queste le vere emergenze che dovrebbero essere prese in considerazione. Il servizio giustizia perde acqua da ogni parte. Ho sentito i colleghi napoletani raccontare anche di ascensori che non funzionano, aule che mancano. È di questo che bisogna discutere". Il giudice Raffaello Magi, che presta servizio proprio a Santa Maria Capua Vetere, rimarca: "Sono andati via o stanno per farlo 25 magistrati, i nuovi arrivi sono solo 14. Intanto il carico di lavoro aumenta notevolmente. E anche la Procura di Santa Maria presenta vuoti di organico".

Il pm Antonio Ardituro, che fa parte proprio del pool impegnato nelle indagini sul clan dei Casalesi, aggiunge: "Negli ultimi tempi si è registrato un turnover negli uffici che sta determinando forte sofferenza. A me è capitato, tra settembre e ottobre, di vedermi rinviati almeno dieci processi a carico di organizzazioni camorristiche pericolose, come i Casalesi e il clan Belforte. E non sono casi isolati. Basti pensare che per carenza di personale amministrativo la Corte d’Appello non è ancora riuscita a fissare il secondo troncone del processo Spartacus per una serie di problemi nelle notifiche". Chi ha già lasciato Napoli e la Campania per un incarico in Cassazione è l’ex pm anticamorra Raffaele Cantone, più volte finito nel mirino del clan dei Casalesi. Ieri il magistrato ha raccontato di aver discusso con l’autore di "Gomorra", Roberto Saviano, della sua intenzione di lasciare l’Italia: "Penso che faccia bene a lasciare l’Italia per un periodo, a riprendersi la sua vita di trentenne e la possibilità di tornare a scrivere".

Giustizia: la Lega propone "registro" per schedare i clochard

di Liana Milella

 

La Repubblica, 7 novembre 2008

 

Il democratico Casson, quando governo e maggioranza danno il via libera all’emendamento leghista (firmato Bricolo, Mauro, Bodega, Mazzatorta, Vallardi), lo ribattezza subito "il registro dei clochard" annunciando "un’opposizione durissima della sinistra contro un’inaccettabile schedatura degli homeless".

Proprio così. L’aggiunta del Carroccio al ddl sulla sicurezza, approvato mercoledì notte in commissione Giustizia e Affari costituzionali e previsto in aula al Senato martedì 11, non lascia adito a dubbi. Recita il testo: "È istituito al ministero dell’Interno un apposito registro delle persone che non hanno fissa dimora".

Toccherà al Viminale, "entro 180 giorni", stabilire come dovrà funzionare. Sarà il ministro Maroni, erede di Bossi alla guida della Lega, a decidere modalità e tempi del nuovo "censimento". L’eco delle polemiche, in Italia e in Europa, per quello sui rom non si è ancora spento, ed ecco che il partito del Senatur ci riprova, coronando con il registro dei clochard una serie di proposte capestro contro gli immigrati e sulla sicurezza urbana.

Doveva essere la legge che puniva con una pena da sei mesi a 4 anni chi entrava illegalmente in Italia. E che inaspriva il carcere contro i mafiosi (il 41bis). Questo pugno duro resta, pure con un testo bipartisan Pdl-Pd, che esaltano il Guardasigilli Alfano ("Tappa straordinaria del governo") e il presidente della commissione Affari costituzionali Carlo Vizzini ("Si ripristina il primato dello Stato"). Ma sul delitto di clandestinità Maroni fa marcia indietro per le pressioni della Ue e della Chiesa. Rimane il reato "d’ingresso e soggiorno illegale", ma punito con un ammenda da 5 a 10mila euro.

Colpirà tutti, chi arriva alle frontiere e chi sta già nel nostro Paese. Il dipietrista Li Gotti ironizza sui clandestini "che dovranno arrivare col bancomat" e su una "norma grottesca, di fatto inapplicabile". E già vede "la catastrofe nei tribunali".

Ma contro gli immigrati c’è ben altro. Il permesso a punti, con l’imprinting leghista, ma la delega al governo a fissare come si azzera se delinqui; la tassa di 200 euro per ottenerlo e l’obbligo di sottoscrivere un imprescindibile "accordo di integrazione". Poi il test linguistico per cui non si varcano i confini se non si conosce l’italiano ("perfino se sei uno studente" chiosa Casson). Dura la stretta su matrimoni e ricongiungimenti (niente bigamie) e soprattutto sulle espulsioni. Il governo impone la regola che, se l’allontanamento è inattuabile, comunque il clandestino, per ordine del questore, dovrà andarsene dall’Italia "entro 5 giorni". In compenso, su proposta del Pd, passa un duro inasprimento contro chi traffica in essere umani punito fino a 15 anni e a un’ammenda di 15mila euro per ogni persona trasportata.

In un ddl che dà poteri ai sindaci e ai prefetti sulla sicurezza urbana il governo infila multe salatissime (da 500 a mille euro) per chi a piedi o in auto getta rifiuti in strada. La Lega spunta anche un altro suo leitmotiv, legalizzando le famose ronde padane. Gli enti locali "potranno avvalersi della collaborazione di associazioni di cittadini per cooperare al presidio del territorio". Adesso ci manca solo che possano usare pure le armi.

Giustizia: Caritas; il problema poveri non si risolve con le liste

di Vladimiro Polchi

 

La Repubblica, 7 novembre 2008

 

Il registro dei senzatetto? "Un passo indietro nella cultura giuridica del nostro Paese". Il permesso di soggiorno a punti? "Un percorso a ostacoli, contrario a ogni prospettiva d’integrazione". La Caritas lancia l’ennesimo allarme contro le politiche securitarie, targate Lega Nord: "Si avvia così un controllo sociale di polizia, pericoloso e regressivo", denuncia Francesco Marsico, vicedirettore dell’ente assistenziale della Cei.

 

Un registro delle persone senza fissa dimora non può essere d’aiuto per gli stessi senzatetto?

"Se così fosse, perché hanno deciso di istituirlo presso il ministero dell’Interno? Ricordo che, in base alla riforma del titolo V della Costituzione, la competenza in materia di politiche sociali spetta alla Regioni. Dunque, se non diamo al provvedimento una lettura repressiva, non sappiamo proprio come spiegarcelo. Non solo. Siamo senz’altro di fronte a un ritorno al passato".

 

Ci spieghi meglio.

"L’elenco dei poveri a fini di polizia e di controllo sociale è un retaggio di un’epoca lontana. Tornare a una legislazione del ‘500 o ‘600 è un grave passo indietro nella cultura giuridica del nostro Paese. Il problema dei senza dimora non si risolve con le liste".

 

Può essere un inizio, però.

"Se così fosse, davvero non lo capisco. Per la Caritas, la questione dei senzatetto è sociale e da affrontare in una duplice direzione: a monte, intercettando queste storia drammatiche prima che degenerino; a valle, lavorando su percorsi di uscita dalla povertà. Ebbene, il registro non si muove in nessuna di queste direzioni: non è una prevenzione del problema, né un percorso sociale di recupero".

 

Insomma, è davvero convinto che il vagabondaggio non abbia nessuna relazione con le politiche per la sicurezza?

"Una cosa è certa: il rapporto tra criminalità e poveri senza fissa dimora è ancora tutto da dimostrare".

 

Le Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia del Senato hanno dato anche via libera al permesso di soggiorno a punti. Cosa ne pensa la Caritas?

"È l’ennesimo provvedimento emblematico di un’idea d’integrazione, che non ha nulla a che fare con l’accoglienza e l’inclusione".

 

Perché?

"Perché con questa tessera a punti si immette il lavoratore immigrato all’interno di un percorso a ostacoli, che impedisce un’integrazione vera e serena".

Giustizia: Alfano; piano edilizia carceraria studiato con Matteoli

 

Asca, 7 novembre 2008

 

"Ho incontrato il ministro Matteoli ieri e nella scorsa settimana per avviare un piano di edilizia carceraria molto importante; ci faremo carico di illustrarne i contenuti nelle prossime settimane". Lo ha detto il ministro della giustizia Angiolino Alfano a margine di un convegno a Trieste. Ai giornalisti che gli chiedevano come va affrontata la situazione di difficoltà nelle carceri del Friuli Venezia Giulia e in particolare a Pordenone il ministro ha risposto che "la questione é grave in molte parti d’Italia".

Infatti - ha spiegato Alfano - "stanno in carcere più persone in attesa di giudizio che definitive. E vi è un’incidenza straordinariamente importante di detenuti stranieri, intorno al 38%". Ma in tante carceri - ha proseguito il ministro - "questa percentuale è ancora più incidente sul dato complessivo. Ecco perché - ha concluso Alfano - "siamo al lavoro per stipulare accordi internazionali per far scontare la pena ai detenuti stranieri nei loro paesi di provenienza, a patto che non ritornino in Italia".

Giustizia: la Rassegna penitenziaria e criminologica è on-line

 

Comunicato stampa, 7 novembre 2008

 

La storica rivista dell’Amministrazione Penitenziaria "Rassegna Penitenziaria e criminologica" dal 23 ottobre 2008 è consultabile anche in Internet all’indirizzo web www.rassegnapenitenziaria.it, oltre che nel tradizionale formato cartaceo.

Il sito, curato dalla sezione Documentazione dell’Ufficio Studi del Dap, si presenta con una veste grafica moderna che riprende i colori tradizionali della rivista, grigio e rosso, e rappresenta un formidabile archivio. Nella versione web della Rassegna, infatti, sono consultabili tutti i documenti pubblicati sulla rivista dal 1979 - anno della fondazione - ad oggi. La ricerca può essere attivata sul Nome dell’Autore, il Titolo del documento, oppure attraverso la modalità logica dei tags (parole chiave) attribuiti a ciascun documento. Sono inoltre integralmente disponibili i volumi e le pubblicazioni curate dall’Ufficio Studi negli ultimi dieci anni.

L’ufficio Studi del Dap esprime la convinzione che il sito possa costituire un fondamentale contributo alla diffusione e alla condivisione dei saperi prodotti dall’Amministrazione penitenziaria, nel corso di un costante e proficuo confronto con il mondo accademico e della scienza giuridica. L’auspicio è che il sito raccolga un positivo riscontro, sia in qualità strumento di informazione e aggiornamento, sia per gli interessi della ricerca "storica" sui temi criminologici e segnatamente penitenziari.

Lettere: ma la giustizia non è uguale per tutti, di Maria Ciuffi

 

Ristretti Orizzonti, 7 novembre 2008

 

Dalla morte di mio figlio Marcello, avvenuta nel carcere di Livorno, sono trascorsi 5 anni e 3 mesi. Da quella maledetta sera ne ho sentite tante di versioni, ma quella più sconcertante è che sia stato il compagno di cella ad uccidere mio figlio!

Dopo la prima archiviazione del caso da parte del dott. Pennisi è difficile credere ancora nella giustizia. Perché ho capito che non è uguale per tutti, e la dimostrazione è chiara, come mai dopo cinque anni salta fuori il compagno di cella e non subito? Chi copre per rischiare una condanna a 20 anni? Oppure cosa gli è stato promesso? Di fatto le guardie carcerarie stanno ancora al loro posto, il medico legale dott. Bassi Luciani (autore della prima perizia che portò all’archiviazione) pure, e mio figlio è morto e nessuno me lo riporterà. Se questa è la legge italiana, mi vergogno di essere nata in Italia.

E non parlo solo per me, ma anche per tutte le persone che muoiono nelle carceri, come Aldo Bianzino morto nel carcere di Capanne (Pg), stesso sistema, come Marcello, alla fine l’archiviazione. Ogni volta che apro un giornale che parla di Marcello leggo: "la madre non si è mai arresa".

Ma ora sono arrivata ad un punto che non ce la faccio più, per un anno ho sostenuto le spese del mio avvocato da sola, poi nel 2004 ho conosciuto dei giovani dei centri sociali che devo ringraziare per avermi aiutata a pagare le spese per la nuova perizie e per le ulteriori spese legali, senza quei giovani non so se ce l’avrei fatta.

Oggi mi trovo ad avere lo sfratto non perché non pago l’affitto, ma non ho potuto pagare le spese condominiali, così il comune ha anticipato i soldi che adesso rivuole indietro. Ci tengo a precisare che non ho mai chiesto alcun tipo di aiuto né al comune di Pisa, né ad alcun altro ente pubblico, ora però non so proprio come fare. So solo che io a Pisa non ho nessuno e che mio figlio è a Livorno, piazzare una tenda davanti al cimitero per me è la stessa cosa, almeno sarò più vicino a Marcellino. Sempre che non mi scaccino pure da lì. Chi volesse aiutare Maria Ciuffi può versare un contributo sul c/c postale n. 66865767 ABI 07601 CAB 14000.

 

Maria Ciuffi, madre di Marcello Lonzi

Lettere: l'Icatt di Empoli per i trans, mi viene solo da piangere

 

Ristretti Orizzonti, 7 novembre 2008

 

Mi verrebbe da dire… ci risiamo, ma forse in questo momento è più corretto intonare alcune parole della canzone di Vasco Rossi, mi viene solo da piangere è più forte di me. Più volte sono intervenuta sulle pagine del vostro giornale, per situazioni personali che valeva la pena raccontare. Oggi torno alla vostra attenzione ed a quella dei lettori per quello che ormai è successo nella casa circondariale femminile a custodia attenuata di Empoli: una trasformazione.

Non sarà più un progetto per "attenuare" la detenzione femminile, per andare incontro a quelle esigenze delle donne detenute che sono anche madri di bambini ancora costretti a vivere in regime detentivo, nonostante ci sia una legge non applicata. Non ci saranno più donne tossiche, non tossiche, straniere, rom, trafficanti. Niente di tutto questo. Si passerà dal rosa all’azzurro.

Sì perché il carcere di Empoli diventerà specifico per soli detenuti transgender e quindi non parliamo più di progetto al femminile, diciamolo, perché fino a prova contraria purtroppo per loro il trans, in quanto trans, non è ancora donna e per loro, proprio per questo verranno potenziati gli agenti maschili. Per quattro detenute si è polemizzato fino alla stregua che erano troppi, uno spreco di soldi e basta; mentre per 13 trans che arriveranno da Sollicciano, verranno raddoppiati e quindi è tutto nella norma. Lo dice il Ministro della Giustizia, lo dice la nuova provveditora.

Tutti lo dicono ma non dicono del perché non si è voluto mantenere una struttura specifica per sole donne, perché se il problema è stato il bacino di utenza, si poteva fare qualcosa per mandarci, senza scelta, comunque le donne detenute di Firenze, Pisa, Livorno, dove alle tre del pomeriggio sei chiusa in cella e fino al giorno dopo non esci per la tua ora d’aria o per recarti al lavoro, sempre che ti tocchi! Mi dispiace ma non per i nuovi ospiti, ma per le bugie che sono state dette e ridette e per quelle non dette.

E quelle quattro donne che ancora sono lì ad aspettare, a non sperare più, che spero che possano uscire da Empoli e che non vengano ritrasferite nel carcere di provenienza, da dove usciranno sicuramente peggio. E a tutti coloro che sostengono la giusta causa delle custodie attenuate compresi alcuni ministri dell’attuale Governo, dico di non dimenticare mai che cosa recita la nostra Costituzione e che si lavori sul reinserimento e l’integrazione della persona, credendo nel cambiamento della stessa.

 

Patrizia Tellini

 

Un intero carcere solo per transessuali (La Nazione, 7 novembre 2008)

 

Il carcere femminile, a corto ormai di detenute (sono 4 in una struttura che può ospitarne 25 e in casi estremi una trentina), cambierà ruolo: vi saranno portati detenuti transessuali - poco più di venti - ora smistati nelle altre carceri toscane (la maggior parte si trovano a Sollicciano, a Firenze). Con triplo vantaggio: la casa di reclusione empolese non sarà più sottoutilizzata, i nuovi "ospiti" avranno una condizione più vivibile, il carcere fiorentino soffrirà di minore affollamento.

Presto, dunque, vita nuova per la Casa Circondariale di Pozzale, che fino a ora era destinata alle donne alle prese con la giustizia per problemi connessi alla tossicodipendenza. "A inizio 2009 cominceranno le operazioni per il cambio di utilizzo", ha spiegato la dottoressa Maria Pia Giuffrida, provveditore toscano dell’amministrazione penitenziaria.

E ha aggiunto che la Casa Circondariale empolese ha funzionato benissimo fino al varo dell’indulto, dopo di che il numero di detenute è diventato sempre più limitato e sta tendendo a zero: "Da qui l’idea di formare una sezione che raccolga transessuali da tutta la Toscana". Nei giorni scorsi la dottoressa Giuffrida ha già incontrato i sindacati e si è cominciato a parlare del piano di riorganizzazione: "Roma ha già dato le indicazioni, si è in attesa delle disposizioni ufficiali. Tutto sarà concordato con la Regione".

La custodia attenuata femminile di Empoli (Pozzale è alla periferia Sud della città) è nata sull’onda dell’esperienza positiva della casa circondariale maschile Mario Gozzini di Firenze. Nel marzo ‘97 iniziò la sperimentazione di un circuito di detenzione "che trattasse in maniera specializzata il fenomeno, allora emergente, dei detenuti tossicodipendenti; l’istituto al femminile del Pozzale, a Empoli, è il primo in Italia e in Europa", la testimonianza che si legge in Ragazze Fuori, vera e propria finestra sul mondo delle detenute.

Le quali hanno anche scritto, in una delle loro note: "Siamo donne detenute con problematiche e storie, nel recente passato, di tossicodipendenza e alcol dipendenza e che in virtù di questo si trovano inserite nel circuito penale. Scegliamo di provare a cambiare". Secondo l’amministrazione penitenziaria il modello si è rivelato vincente, ma quel tipo di detenute è sempre meno frequente e il Pozzale rischia di andare al di sotto delle possibilità di utilizzo.

Nel giugno scorso è scoppiata la bufera: Nicola Nascosti, presidente provinciale di An e consigliere comunale a Empoli, in una conferenza rivelò che a fronte di ormai pochissime detenute sarebbero 28 gli addetti nel carcere, tra cui 22 agenti di polizia penitenziaria. Nascosti presentò anche interrogazioni. In quella sede già si accennava alle ipotesi di nuova destinazione della casa circondariale del Pozzale. Nascosti aveva informato il ministero della Giustizia della situazione chiedendo di rivedere l’utilizzo del carcere. Ora siamo in dirittura d’arrivo.

Lettere: storia di un "presunto non colpevole" a Regina Coeli

di Emile

 

www.radiocarcere.com, 7 novembre 2008

 

Regina Coeli, braccio 1, cella 20. Una delle sei brande è occupata da Giulio Rossi (il nome è di fantasia la storia è vera). È stato catturato sull’ autostrada. L’ordine lo ha dato il giudice delle indagini preliminari di Roma. L’accusa: bancarotta fraudolenta. Il motivo: pericolo dell’inquinamento delle prove e il pericolo di reiterazione. Una decisione poco comprensibile. Il reato è d’indubbia gravità. L’ammanco supera i venti milioni di euro. Giusto processarlo, probabilmente giusto condannarlo e di conseguenza giusto anche punirlo. Non altrettanto giusto tenerlo in carcere prima del processo. Presunto non colpevole sino alla sentenza definitiva: così lo vuole la Costituzione.

La cattura spettacolare, il trasferimento al comando dei carabinieri, foto segnaletiche e impronte digitali, a seguire il trasferimento a via della Lungara. Una struttura antica, splendida, nel centro di Roma per tutto idonea fuorché ad ospitare un carcere. Il sovraffollamento la confina al di fuori delle norme igienico-sanitarie. Una struttura che ospita i detenuti in attesa di giudizio. I colpevoli, i detenuti che scontano una pena definitiva sono allocati nell’altro penitenziario romano, Rebibbia, di età molto più giovane, che paradossalmente assicura altro rispetto della persona.

Oltrepassati i mitici tre gradini, quelli che la tradizione vuole battezzino un romano, il presunto non colpevole ripete l’umiliante rito: impronte digitali e foto segnaletiche. Un rito antico come il carcere, che ha conservato negli anni la sua sacralità. Scanner e altri strumenti tecnologici non hanno intaccato una centenaria tradizione. Un rito che permette di identificare il nuovo entrato: dita nere che puzzano di acetone.

La cella transiti, la prima assegnazione. Uno stanzone abbandonato a stesso caratterizzato dal forte odore di urina e feci, che sono ornamenti fissi.

La mattinata successiva si apre incontrando la psicologa. Una persona disposta ad ascoltare. Lo sfogo, il pianto, la confessione di non reggere una simile situazione, determinano l’acuta diagnosi: pericolo di suicidio. L’effetto: la "cella liscia". Un loculo vuoto, con una branda, dove il presunto non colpevole viene immesso completamente nudo. Struttura sicuramente educativa: insegna che all’interno delle mura di un carcere è consigliabile non auto commiserarsi e soprattutto non disperarsi.

Superato il pericolo suicidio si torna ai transiti. Luogo dove non ci si annoia. Il programma prevede la notte con il morto. Uno di coinquilini viene colto da arresto cardiocircolatorio nella sua branda (questa la versione ufficiale) e lì rimane con i suoi compagni per circa quattro ore. Nuovo cambio di cella. Lo stanzone viene infatti sequestrato dall’autorità giudiziaria. Sempre braccio transiti. L’indomani si lascia l’orrendo reparto e si approda alla normalità carceraria. Una cella con altri sei detenuti. Una stanza di circa nove metri quadri con annessi servizi e doccia dalla quale esce solo acqua fredda.

Una cella eufemisticamente definita normale idonea ad ospitare due persone, che invece ne sopporta sei: il miracolo dei letti a castello. Una cella normale che s’inserisce in uno dei tanti bracci che caratterizzano l’antico carcere romano. Il braccio 1 che ospita una centinaio di detenuti di cui solo quattro sono italiani. Una cella normale che il presunto non colpevole dopo i transiti apprezza ed ha addirittura paura di abbandonare.

Toscana: tavolo regionale per esaminare situazione di carceri

 

In Toscana, 7 novembre 2008

 

È stato convocato il prossimo 25 novembre un tavolo regionale per esaminare attentamente la situazione degli istituti penitenziari toscani. Dopo la proposta avanzata dall’assessore alle politiche sociali Gianni Salvadori stamani è arrivata la risposta positiva dal Provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria Maria Pia Giuffrida alla definizione di un percorso condiviso per le carceri toscane.

Ieri il Provveditore regionale aveva annunciato una soluzione in tempi brevi per il carcere femminile di Pozzale destinandolo all’accoglienza dei detenuti transessuali di Sollicciano. "Dopo la decisione annunciata dal Provveditore - ha spiegato Salvadori - mi è sembrato corretto sottolineare l’opportunità di discuterne con tutti gli attori coinvolti, soprattutto con il territorio. Ho ricevuto proprio oggi dal Provveditore una lettera che accoglie la mia proposta.

Abbiamo contattato gli enti locali e abbiamo convocato un incontro per il 25 novembre. Saranno esaminate le situazioni di tutte le strutture penitenziarie toscane, non soltanto quella di Empoli. Puntiamo a definire un protocollo d’intesa entro il mese di dicembre nel quale venga ribadito l’obiettivo della Regione che è quello di creare strutture avanzate all’interno delle quali il detenuto abbia l’effettiva possibilità di trovare un percorso di reinserimento sociale".

Sardegna: Pd; da gennaio assistenza sanitaria detenuti in crisi

 

Asca, 7 novembre 2008

 

"Dall’1 gennaio 2009 i detenuti nelle carceri sarde potrebbero non avere più garantita l’assistenza sanitaria". Il consigliere regionale del Pd Alessandro Frau, presidente della commissione Diritti Civili e Politiche Comunitarie, sollecita un intervento della Giunta con un’interrogazione a risposta scritta indirizzata al presidente Renato Soru e all’assessore Nerina Dirindin.

L’esponente politico annuncia che chiederà al presidente della Regione e all’assessore alla Sanità "quali strumenti intendano attuare per scongiurare questa eventualità" e "se non ritengano opportuno convocare la Commissione paritetica per le norme di Attuazione o se, in subordine, non si valuti pure la possibilità di un provvedimento di Giunta, così da fronteggiare l’emergenza".

Friuli: e con il "Progetto Pilota" la creatività arriva in carcere

 

Messaggero Veneto, 7 novembre 2008

 

Entra nel vivo l’annuale piano di attività socio-culturali rivolte alla popolazione detenuta delle Case Circondariali del territorio friulano nell’ambito del Progetto Pilota in tema disadattamento, devianza e criminalità con l’avvio di due laboratori. Prosegue per il secondo anno il laboratorio di scrittura creativa curato da Alberto Garlini nell’istituto penitenziario di Pordenone e il laboratorio curato dall’attrice Rita Maffei impegnata a girare il suo secondo cortometraggio nel carcere di Udine, mentre entrerà nella Casa Circondariale per il teatro terzo anno consecutivo il musicista Massimo Bonano. Sviluppato e curato da oltre vent’anni dal Css Teatro stabile di innovazione del Fvg di Udine in stretta collaborazione con i direttori delle Case Circondariali di Pordenone, Tolmezzo e Udine e dell’Ufficio di esecuzione penale esterna di Udine e costantemente sostenuto dalla Regione, il Progetto Pilota si pone l’obiettivo di offrire ai detenuti momenti di reale coinvolgimento e socializzazione che possano dare un contributo sostanziale nella rieducazione, promuovendo la crescita culturale dei soggetti.

Nella Casa Circondariale di Pordenone, laboratorio di scrittura creativa affidato al poeta e scrittore Alberto Garlini. Nato a Parma nel 1969, Garlini abita da molti anni in Friuli ed è docente di scrittura creativa all’Università del Molise. Collabora alle pagine culturali del Giornale e del Messaggero Veneto. Ha pubblicato la raccolta di poesie Le cose che dico adesso (Nuova Dimensione 2001) e i romanzi Una timida santità (Sironi Editore 2002), Fùtbol Bailado (Sironi 2004), Tutto il mondo ha voglia di ballare (Mondadori 2007). Il laboratorio nell’arco di 7 incontri, il 6-7-10-11-18-20 e 21 novembre dalle ore 13.00 alle ore 15.00, metterà in luce alcune accessibili tecniche narrative, attraverso esercizi pratici mirati a sviluppare le capacità di scrittura e composizione, in particolare quelle legate al racconto dell’esperienza personale.

Palermo: sale-colloqui infestate da pulci, intervento del Garante

 

Comunicato stampa, 7 novembre 2008

 

La presenza di pulci riscontrata nel parlatorio del carcere dell’Ucciardone di Palermo ha comportato la sospensione dei colloqui tra i detenuti e i loro familiari, in attesa della disinfestazione. Un provvedimento che non è piaciuto ai reclusi ed è sfociato in una rumorosa protesta nel primo pomeriggio. I detenuti hanno battuto pentole e altri oggetti metallici contro le grate delle finestre delle celle.

Il Sen. Salvo Fleres, Garante per la tutela dei diritti dei detenuti della Sicilia, a seguito delle notizie riguardanti la Casa Circondariale Ucciardone ha rilasciato la seguente dichiarazione: "L’invasione di pulci all’Ucciardone è l’ulteriore segnale di mal funzionamento della struttura. L’immobile è inadeguato, la pulizia è scadente, il personale è insufficiente ed ancora non sono stati posti in essere gli interventi, ormai improcrastinabili, per chiudere definitivamente il carcere.

Ho già interpellato la direzione per conoscere quali iniziative stanno ponendo in essere, ma qualsiasi intervento è soltanto un modo per risolvere un’emergenza. La dignità dei detenuti e del personale, ha proseguito il Sen. Fleres, non può essere considerata un’emergenza da risolvere, mi auguro che quest’ulteriore segnale venga colto dal Ministro della Giustizia e che lo stesso si determini conseguentemente. Comunque, oggi stesso, per avere contezza di quanto sta avvenendo, ho delegato il Direttore del mio ufficio, Avv. Lino Buscemi, di recarsi all’Ucciardone per una verifica con la direzione e con i detenuti, preliminare alle ulteriori iniziative che mi riservo di assumere nelle sedi competenti".

Monza: Baio (Pd); un’interrogazione per chiedere investimenti

 

Ansa, 7 novembre 2008

 

Dopo i problemi di sovraffollamento della Casa Circondariale brianzola e delle precarie condizioni igienico-sanitarie certificate dall’Asl 3 e dai magistrati di sorveglianza, la senatrice del Pd Emanuela Baio, con i colleghi Luigi Vimercati, Fiorenza Bassoli, Daniela Mazzuconi, ha presentato un’interrogazione urgente in cui si chiedono investimenti per uscire dall’emergenza, alla luce del previsto aumento della popolazione carceraria atteso nei prossimi mesi.

Secondo il "Rapporto sulle condizioni socio-economiche delle forze di polizia" la situazione del comparto penitenziario è tra le più critiche del settore sicurezza: gli agenti sono 41.000, di cui 3.500 donne, operano in 205 carceri per adulti dislocati su tutto il territorio nazionale, a fronte di 56.768 detenuti, di cui 2.548 donne, nonostante la capienza regolamentare sia di 43.085 posti.

"A parole il Governo fa della difesa uno dei suoi cavalli di battaglia, nei fatti però taglia milioni di euro senza preoccuparsi della situazione in cui versano migliaia di lavoratori - attacca Baio - servono meno retorica e più fatti".

Il carcere di Monza è in grado di accogliere 400 detenuti, mentre la presenza reale al 28 ottobre 2008 era di 800 persone; gli agenti penitenziari in servizio sono 420, di cui effettivi 380, in quanto 40 risultano distaccati in altre sedi, contro i 460 previsti dall’organico ministeriale; metà della struttura carceraria necessita del rifacimento dei tetti a causa delle infiltrazioni d’acqua piovana.

Teramo: tre detenuti fuori dal carcere per raccolta delle olive

 

Il Centro, 7 novembre 2008

 

"Olio per la solidarietà", questo il nome del progetto di agricoltura sociale che ha preso il via negli uliveti della Fondazione Ricciconti, in contrada Vomano, presso la fattoria Rurabilandia. È un progetto che coinvolge i ragazzi diversamente abili che frequentano la struttura diurna dell’ente e detenuti della Casa Circondariale di Teramo.

"Lo scopo è quello di integrare i soggetti più deboli quali i ragazzi diversamente abili ed i detenuti", spiga il presidente della Fondazione, Roberto Prosperi, "la raccolta delle olive è un momento di integrazione reale che segna un percorso di inserimento sociale per i disabili e di recupero per i detenuti". L’iniziativa si svolge in collaborazione con l’istituto penitenziario Castrogno, l’associazione Fontanelle 2000 e la cooperativa L’Aquilone.

Il gruppo di raccolta è composto da tre detenuti, quattro operatori della Fondazione Ricciconti, tre ragazzi diversamente abili, un operatore della cooperativa L’Aquilone e due soci dell’associazione Fontanelle 2000. La raccolta richiederà un periodo di tre giorni ed è partita da ieri. Il programma è il seguente: alle 8 i detenuti vengono prelevati dal carcere di Castrogno, alle 9 è previsto l’arrivo in fattoria e l’inizio della raccolta, alle 12 pausa pranzo, alle 13 ripresa dell’attività di raccolta, alle 16 i detenuti fanno ritorno nella Casa Circondariale. I risultati dell’iniziativa saranno comunicati domenica 16 novembre alle 11 presso Rurabilandia - La fattoria dei bambini, seguirà una degustazione dell’olio prodotto.

Catania: a Giarre c'è l’unica "custodia attenuata" della Sicilia

 

La Sicilia, 7 novembre 2008

 

La Casa Circondariale di Catania ha una sezione staccata a Giarre (l’unica Casa Circondariale "a custodia attenuata" in Sicilia) in cui sono ospitati detenuti con problemi di tossicodipendenza o alcolismo. Proprio questa struttura è stata visitata dagli assessori provinciali Giuseppe Pagano (Politiche sociali) e Francesco Ciancitto (Politiche del lavoro) e dai consiglieri Salvo Patanè e Raffaele Strano, accolti dal direttore dell’Istituto, Aldo Tiralongo.

Nella struttura, per facilitare il recupero dei detenuti, si punta sulla formazione lavorativa. A questo scopo sono stati realizzati una serra, per la coltivazione di piante e fiori, ed un laboratorio per la produzione della ceramica. "La Provincia regionale di Catania ha a cuore il recupero sociale dei detenuti e, proprio per questo motivo, sarà realizzato un Protocollo di intesa con la direzione penitenziaria. Da oggi parte una collaborazione che è soltanto il primo passo di un cammino che può facilitare il percorso di rieducazione dei detenuti, anche con il contributo dell’Amministrazione Castiglione". Così ha affermato l’assessore Pagano, a conclusione della visita.

Trento: l'On Santini; un ispettore del Ministero per le carceri

 

Comunicato stampa, 7 novembre 2008

 

La vicenda delle carceri di Trento e del loro abbattimento proposto dalla Giunta provinciale è finita sul tavolo del Ministro per i Beni Culturali Sandro Bondi, competente per materia. A portare il dossier a Roma è stato il sottosegretario per le infrastrutture sen. Mario Mantovani, invitato a Trento dal sen. Giacomo Santini per un incontro con il Fai, il comitato per la salvaguardia delle carceri. Dopo un incontro con la dottoressa Giovanna Degli Avancini Rasi Caldogno, presidente del Fai, il sottosegretario ha convenuto sull’opportunità di conservare la pregevole struttura architettonica di stile austroungarico, anche dopo la realizzazione della nuova Casa Circondariale, in costruzione a Spini di Gardolo, a nord della città.

I locali delle attuali carceri, opportunamente ristrutturali ed adattati, potranno essere messi a disposizione del contiguo tribunale che da tempo lamenta carenza di uffici ed altre strutture. Per le opportune valutazioni tecniche il Ministro Bondi invierà un ispettore nei prossimi giorni.

 

Senatore Giacomo Santini

Napoli: la Fondazione "Premio Napoli" entra a Secondigliano

 

Comunicato stampa, 7 novembre 2008

 

Per il sesto anno consecutivo la Fondazione Premio Napoli ed il Centro Penitenziario di Napoli Secondigliano hanno dato vita all’organizzazione di comitati di lettura composti da detenuti, personale di Polizia Penitenziaria, educatori e dirigenti. Venerdì 7 novembre presso il Centro Penitenziario di Secondigliano gli autori finalisti del Premio Napoli incontreranno, in particolare, i detenuti che fanno parte dei due comitati di lettura, "Abate Faria" e "Volta Pagina".

La manifestazione, che rappresenta oramai una tradizione nell’ambito delle attività trattamentali intraprese dalla Direzione dell’Istituto giunge a coronamento di un percorso di grande spessore culturale e formativo compiuto dai detenuti. I detenuti coinvolti nell’iniziativa sono prevalentemente studenti della sezione staccata dell’I.T.C. "E. Caruso" e della scuola media "C. Levi"; essi con l’aiuto di alcuni insegnanti hanno organizzato un laboratorio culturale in cui hanno avuto la opportunità di discutere, di analizzare e di elaborare le domande sui testi in concorso che intendono porre agli autori finalisti.

Gli autori ospiti saranno: Alfonso Berardinelli (Quodlibet - Casi critici), Diego De Silva (Non avevo capito niente), Gerges Didi-Huberman (Ex voto), Gabriele Frasca (Prime - Poesie scelte 1977 – 2007), Serge Latouche (Breve trattato sulla decrescita serena).

 

La Direzione del C.P. di Napoli Secondigliano

Immigrazione: ddl sicurezza, senza più carcere per irregolari

 

Redattore Sociale - Dire, 7 novembre 2008

 

Cambia il reato di clandestinità. Le commissioni Affari Costituzionali e Giustizia del Senato hanno licenziato ieri notte, dopo una seduta no-stop di cinque ore terminata all’una, il ddl sulla sicurezza approvando un emendamento del governo che modifica l’articolo 9, quello che, nella formulazione originaria del testo, prevedeva il carcere da sei mesi a quattro anni per gli stranieri che entrano illegalmente in Italia.

Nella nuova formulazione approvata dalle commissioni si prevede ora che l’immigrato irregolare sarà punito con una sanzione pecuniaria da 5 mila a 10 mila euro. Il reato si estinguerà con il pagamento della contravvenzione. In caso di non pagamento lo straniero irregolare sarà sottoposto a un processo davanti al giudice di pace che ne decreterà l’espulsione. Il ddl è già stato calendarizzato per l’aula martedì 11 nel pomeriggio.

Immigrazione: il decreto flussi apre a 170 mila nuovi ingressi

di Marco Ludovico

 

Il Sole 24 Ore, 7 novembre 2008

 

Nel 2008 circa 100mila colf e badanti immigrate potranno mettersi in regola. Ma i loro datori di lavoro, se sono stranieri, dovranno dimostrare il possesso della carta di soggiorno, e non del solo permesso di soggiorno. Le graduatorie, però, rimangono quelle del click day dell’anno scorso, che saranno fatte scorrere.

Ieri la riunione tecnica a palazzo Chigi tra i tecnici della presidenza del Consiglio e dei ministeri dell’Interno e del Lavoro si è chiusa con un’intesa di massima per la definizione del decreto flussi 2008. In pochi giorni sarà pronto il testo del provvedimento, che porterà la firma del presidente del Consiglio.

La novità più grossa, attesa da tempo ma anche sollecitata dalla maggior parte delle forze politiche, è l’aumento della quota destinata alle badanti e alle assistenti familiari. L’anno scorso per questa categoria di lavoratori erano state previste 65mila posizioni. L’accordo raggiunto ieri potrebbe portare fino a circa 100mila unità inserite per il 2008.

Il decreto prevede in totale 180mila immigrati - tanto che, si parla di "testo-fotocopia del 2007" - da far rientrare nei flussi: quindi, aumentate colf e badanti, per le altre categorie di lavoratori è scontato che la quota disponibile dovrà ridursi. Nel decreto dell’anno scorso erano previsti 47mila "privilegiati", cioè provenienti da Paesi con cui ci sono trattati di riammissione, come Marocco, Egitto e Filippine; per il settore edile 14.200 unità; mille ingressi per posti di dirigente o di personale altamente qualificato, 500 per conducenti di autotrasporto, 200 per la pesca marittima 3 mila permessi per gli altri settori produttivi.

Le domande dei lavoratori con imprenditori stranieri saranno, dunque, vagliate con maggiore severità, oltre alla previsione di un requisito più restrittivo, la carta di soggiorno. Si tratta di un "paletto", com’è stato definito dai tecnici, per impedire pratiche di elusione della legge ai limiti dell’illegalità, come ha avuto modo di riscontrare il Viminale, infarti, molti datori di lavoro stranieri - cinesi e marocchini, in particolare - sono sedicenti datori di lavoro che hanno in realtà trovato solo una scorciatoia per aiutare un amico o fare un ricongiungimento familiare sotto mentite spoglie.

È probabile, insomma, che il vaglio di queste domande sarà fatto con particolare attenzione da parte del ministero dell’Interno. Poiché, però, si tratta di istanze già registrate, il Viminale dovrà fare i conti anche con le innovazioni introdotte quest’anno. In pratica, va risolto il problema di come accertare se il datore di lavoro abbia i nuovi requisiti. Così come va capito se, delle domande giacenti che vanno ora fatte scorrere in graduatoria per riempire le nuove quote, tutti i presenti sono ancora interessati o, invece, hanno imboccato altri destini. Si tratta di un lavoro di scrematura per evitare di concedere permessi di soggiorno a chi non è più interessato o non ha più i titoli per chiederlo, per esempio. Il paletto della carta di soggiorno, poi, costituisce un altro elemento di rischio di fronte all’eventualità di possibili ricorsi, come quelli che il Viminale sta già affrontando ora.

Immigrazione: Rom, l’identità negata; intervista a Eva Rizzin

di Manuela Giuliano

 

www.rassegna.it, 7 novembre 2008

 

Rom uguale nomade, sporco, ladro di bambini. Questi sono solo alcuni degli stereotipi che pesano come un macigno sulle spalle di un popolo presente in Italia dal 1400 che non è riconosciuto come minoranza linguistica, che vive ghettizzato nei "campi" istituiti da leggi regionali negli anni ottanta e nasconde la propria appartenenza etnica sul luogo di lavoro per paura di perderlo. Pregiudizi e leggende che rendono l’integrazione un percorso ogni giorno più difficile soprattutto se si adottano politiche senza avere nessun rappresentante rom e sinti come interlocutore.

Una delle tante leggende nere, vecchia cinque secoli, l’ha sfatata di recente l’Università di Verona con una ricerca su quanti siano stati i bambini rapiti dai Rom negli ultimi vent’anni. Risultato: nessuno. Su ventinove casi esaminati c’è stata una sola condanna per tentato sequestro mai portata a termine.

Ma sono tante altre le cose che non si sanno o che non si vogliono sapere. "Pochi sono a conoscenza che il 70 per cento dei rom che vivono in Italia sono cittadini italiani e pochissimi conoscono veramente le caratteristiche dei rom e sinti. Fin quando non ci sarà confronto con i diretti interessati, il pregiudizio non si combatterà mai. La partecipazione dei rom alla vita economico sociale e istituzionale nel nostro paese è da sempre duramente ostacolata. Va messa in atto una politica che affronti globalmente e strategicamente l’intero problema. Scuola, casa e lavoro sono tre criticità connesse tra di loro e non possono essere risolte singolarmente".

A parlare è Eva Rizzin, trent’anni, italiana appartenente alla minoranza sinti. Dopo aver conseguito il dottorato di ricerca in geopolitica e geostrategia a Trieste, la Rizzin oggi è attiva nella lotta per i diritti di sinti e rom in qualità di cofondatrice di OsservAzione, Centro di ricerca-azione contro la discriminazione di rom e sinti, e membro del Comitato Rom e Sinti Insieme.

"Sono tra di noi, ci lavorano accanto eppure riconosciamo in loro solo il nomade o il ladro di bambini. I rom sono costretti a rinnegare la propria identità sui luoghi di lavoro, anche quando ricoprono posizioni importanti: molti sono poliziotti, elettricisti, insegnanti. Come dei perseguitati, preferiscono non dichiarare la propria appartenenza etnica. A livello nazionale la legge 482/99 sui diritti delle minoranze linguistiche presenti nel territorio italiano ha volutamente escluso il ròmanes per il fatto di non essere legato a un territorio determinato".

"Una legge che disattende la carta europea delle lingue regionali minoritarie che prevede norme anche per le lingue sprovviste di territorio: una grande discriminazione istituzionale". Le politiche di assistenza messe in piedi fino ad oggi non hanno fatto altro che oscurare l’identità di un popolo ghettizzato nei cosiddetti "campi". Il Cerd (Comitato Onu per l’eliminazione delle discriminazioni razziali) ha criticato duramente il trattamento dei rom e dei sinti in Italia e in particolare il nostro governo, che non li ha riconosciuti come minoranza. "Nel nostro paese - conclude Rizzin - hanno varato specifiche leggi regionali per tutelare la caratteristica nomade dei Rom creando questi campi che sono diventati veri e propri ghetti. Il 95 per cento dei rom che vivono lì sono cittadini italiani ed è contro ogni tutela dei diritti umani la schedatura e la rilevazione delle impronte".

Immigrazione: nel Veneto proposto un "Patto di accoglienza"

 

Italia Oggi, 7 novembre 2008

 

Un patto di accoglienza per favorire l’integrazione nel Veneto dei cittadini stranieri regolari. La regione guidata da Giancarlo Galan ha presentato l’iniziativa a Padova, ad amministratori locali, operatori e rappresentanti delle associazioni degli immigrati. In pratica, con il patto di accoglienza e integrazione, pensato, tra gli altri, dall’assessore alle politiche per i flussi migratori, Oscar De Bona, la comunità veneta ospitante accoglie l’immigrato chiedendogli però di sottoscrivere un doppio impegno ben preciso: integrarsi e rispettare i principi e i valori cardine della società.

De Bona ha annunciato che entro la fine dell’anno il patto sarà sottoposto all’approvazione della giunta regionale per poter essere poi applicato, dando così attuazione alla programmazione triennale in materia di immigrazione, approvata dal Consiglio regionale. Alla presentazione hanno partecipato Moustapha Ndiaye, vicepresidente della Consulta regionale per l’immigrazione, Franco Pittau della Caritas italiana, Sergio Rosato, direttore di Veneto Lavoro e Marco Armoni, di Italia Lavoro. È stato Pittau a mettere in evidenza che "si tratta della prima sperimentazione del genere in Italia", augurandosi "che possa trovare diffusione anche nelle altre regioni con l’obiettivo di una società armonica composta da italiani e immigrati".

"La regione", ha spiegato De Bona, "ha affidato a Veneto Lavoro e a un gruppo di esperti la definizione e le modalità di applicazione di questo strumento, coinvolgendo un tavolo tecnico con i vari attori sociali, pubblici e privati. Il tavolo di lavoro ha nel corso dei mesi discusso lungamente sia sulle basi teoriche e sui principi del patto, sia sulle procedure amministrative relative all’implementazione di un modello, arrivando al testo presentato". Nella fase di prima applicazione la sperimentazione del patto coinvolgerà solo gli stranieri che saranno selezionati in base all’articolo 23 del Testo Unico sull’immigrazione.

Per chi lo firma, sono previsti benefici supplementari che consistono in corsi di educazione civica e di lingua italiana con rilascio di certificazione, oltre a incontri specificamente dedicati all’integrazione dei nuovi arrivati. Già da qualche anno, infatti, il Veneto sta attuando, in raccordo con le autorità dei paesi di origine e di transito dell’immigrazione, una serie di azioni di sistema per far incontrare domanda e offerta di lavoro accompagnate dalla formazione nei paesi di provenienza e dal sostegno all’inserimento sociale qui da noi. L’anno scorso, per esempio, i programmi ex art, 23, attivati in concorso con la Direzione nazionale immigrazione, hanno coinvolto oltre 400 lavoratori di divèrse provenienze, con modalità che superano il sistema delle quote.

Proprio per dare un segno diverso all’inserimento di questi lavoratori sarà applicato il Patto di accoglienza e integrazione. "È un progetto" ha detto ancora De Bona, "che conferma il ruolo di primo piano che il Veneto ha nelle politiche per l’accoglienza, cercando di anticipare il futuro non subendo ma governando il fenomeno". Al termine della presentazione sono state firmate anche le convenzioni con le conferenze dei sindaci del Veneto per attuare il programma regionale di integrazione sociale e scolastica degli immigrati non comunitari, in collaborazione con Italia Lavoro.

La dinamica dell’immigrazione in Veneto è in forte crescita. In base ai dati ufficiali, infatti, a fine 2006 gli stranieri iscritti all’anagrafe nel Veneto hanno superato quota 350 mila, con un aumento di circa 30 mila immigrati rispetto all’anno precedente. E le presenze straniere attuali sono circa 400 mila, avvicinandosi al 10 per cento della popolazione regionale. La Regione opera attraverso una pianificazione triennale degli interventi che si articola poi in programmi annuali.

Gli interventi riguardano: la gestione e l’accoglienza dei flussi migratori per motivi di lavoro; la formazione; l’integrazione sociale e scolastica della popolazione immigrata e in particolare dei minori, in coordinamento con le Conferenze dei sindaci presenti in ogni Ulss del Veneto e con le autorità scolastiche.

 

 

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