Rassegna stampa 5 novembre

 

Giustizia: sulla riforma gli slogan del governo e il nulla di fatto

di Oreste Dominioni

 

Il Sole 24 Ore, 5 novembre 2008

 

Di fronte a un sistema in disfacimento la politica resta inerte, mentre è sempre più urgente un intervento complessivo e organico.

Che ne è del piano per una riforma organica della giustizia? A cavallo dell’estate si è vissuta una fase quasi bruciante, condotta da più parti all’insegna di uno scontro che forse è servito soltanto per misurare le distanze, con assai scarsi propositi costruttivi. Ora sembra aleggiare il rischio di una nuova stasi, mentre la politica continua a coltivare interventi settoriali.

Per fare solo qualche esempio: sul problema della sicurezza vengono prospettati interventi legislativi non inquadrati in una visione generale e quindi senza tener conto delle ricadute sul processo penale e sui suoi ultimi margini di tenuta; pure la modifica della disciplina delle intercettazioni telefoniche pare ispirata a visuali limitate (la necessità di impedire illegittime pubblicazioni), senza farsi carico di come questo indispensabile intervento legislativo debba inserirsi nel più ampio panorama dei mezzi investigativi e della formazione della prova, nel dovuto rispetto e contemperamento di tutte le esigenze in campo.

Non c’è dubbio che la delineazione dei contenuti di una riforma così importante richieda tempi e riflessioni di grande momento. Ma è proprio questo che deve suggerire un impegno molto sostenuto.

I primi approcci di dibattito hanno fatto ancora emergere posizioni politiche e culturali spesso contrastanti o addirittura inconciliabili, rigidità legate a un passato che va superato, incomprensioni marcate dei problemi e delle soluzioni su cui ci si deve orientare.

In una situazione tanto impervia, la via da seguire è che il governo non metta di fronte la politica e la cultura a ipotesi di riforma già definite in ogni loro aspetto e invece sottoponga alla discussione più ampia possibile il proprio progetto, dotato sì della precisione necessaria a consentire in modo costruttivo tutte le valutazioni, ma anche aperto a ulteriori proposte. Non gioverebbe al buon esito della riforma la logica del fatto compiuto.

Un impegno altrettanto positivo deve essere assunto dall’opposizione, mettendosi nella condizione di non praticare la politica del "no", per contribuire alla costruzione di un nuovo sistema della giustizia. Uguale compito spetta ai protagonisti del mondo giustizia e alle loro formazioni associative.

Dal canto suo, l’Unione delle Camere Penali Italiane ha presentato sin dalla primavera scorsa una prima elaborazione di un progetto complessivo, che va dell’ordinamento giudiziario alla riforma dei codici, ai problemi gravi dell’efficienza giudiziaria; e assieme a Eurispes ha condotto, a livello nazionale, una ricerca statistica che in modo rigoroso e fuori da predicazioni pseudo-ideologiche ha individuato le reali cause dell’abnorme durata dei dibattimenti penali. Questo crediamo sia un buon metodo per sincerarsi di come stanno le cose e quindi per apprestare i giusti rimedi.

La risposta reale alla crisi della giustizia italiana non può essere consegnata a bassi profili. Il binomio "qualità" e "efficienza" della giurisdizione è concretamente inscindibile. Lo slogan programmatico della magistratura associata - "Riformiamo il processo, ma non il giudice" - elude i problemi. L’ordinamento giudiziario, come quello forense, richiede una profonda innovazione.

Ciò vale anche per il Codice di procedura penale del 1988: dove non si tratta però di editare un nuovo codice, ma di intervenire su quello vigente con una ristrutturazione sistematica di suoi specifici settori e dandosi l’obiettivo di valorizzarne l’impianto dialettico di processo di parti; è qui che occorre trovare rinnovati modi per amministrare la giustizia coniugandone la qualità e l’efficienza.

Dall’ammodernamento delle notificazioni, alla razionalizzazione dei riti alternativi, al recupero della genuina formazione della prova nel dibattimento, a un nuovo sistema delle impugnazioni, sono tutti temi da affrontare con grande consapevolezza tecnica e politica.

La posta in gioco è molto elevata. Dai contrasti occorre uscire, anziché retrocedere alle inconciliabilità. È necessaria però un’energica iniziativa anzitutto del governo che apra un dibattito concreto.

Giustizia: Anm; proposte per sistema più rapido ed efficiente

 

Corriere della Sera, 5 novembre 2008

 

Nella sua rubrica (Corriere, 30 ottobre), Sergio Romano ha giustamente criticato la stravagante idea del ministro Brunetta di controllare il lavoro dei magistrati mediante la installazione di "tornelli" all’ingresso dei palazzi di giustizia.

Allo stesso tempo, però, Romano ha invitato la magistratura ad assumersi "la responsabilità di lavorare a una grande riforma della giustizia che non fosse basata principalmente sulla difesa degli interessi corporativi". Dispiace che a un osservatore attento come Romano siano sfuggite le tante iniziative di proposta che da anni l’Associazione Nazionale Magistrati sottopone all’attenzione della politica per rendere più rapido ed efficiente il sistema giudiziario.

Basterebbe, infatti, consultare il sito Internet dell’Anm dove sono pubblicate alcune schede che l’Associazione ha consegnato al ministro della Giustizia e al Parlamento e nelle quali sono indicate le iniziative di riforma dirette ad assicurare efficacia e funzionalità ai processi penali e civili e che noi riteniamo assolutamente necessarie e urgenti.

Abbiamo chiesto una revisione delle circoscrizioni giudiziarie con la soppressione degli uffici giudiziari minori; una riforma del processo civile con la unificazione dei tanti riti (circa 16) in atto esistenti e con l’introduzione del processo telematico; una ampia depenalizzazione dei reati minori; l’allargamento dell’area delle pene alternative alla detenzione in carcere; una riforma del processo penale con la eliminazione degli inutili formalismi che, di fatto, oggi impediscono di arrivare a una sentenza in tempi ragionevoli; abbiamo chiesto l’istituzione di un ufficio del processo, diretto a razionalizzare le risorse e a riqualificare il personale amministrativo; abbiamo indicato anche interventi per razionalizzare le spese di giustizia e per recuperare risorse. Si tratta di proposte serie, concrete e organiche; e che mirano ad affrontare, in maniera pragmatica, i reali problemi del funzionamento della giustizia. E sono proposte tutt’altro che corporative.

Questo è il terreno sul quale vogliamo essere parte attiva di un processo di rinnovamento e di riforma. Purtroppo le nostre proposte sono rimaste lettera morta e la politica e l’informazione continuano ad occuparsi e a discutere esclusivamente dell’assetto della magistratura. Su questo punto bisogna essere chiari. La magistratura difende l’attuale assetto costituzionale di autonomia e di indipendenza non come privilegio di una corporazione, ma come presidio della legalità e dell’uguaglianza nell’interesse dei cittadini.

 

Luca Palamara, presidente Anm

Giuseppe Cascini, segretario generale Anm

Gioacchino Natoli, vicepresidente Anm

Giustizia: sanzioni severe per chi sporca la città e i mezzi pubblici

di Alessandra Ricciardi

 

Italia Oggi, 5 novembre 2008

 

Fumare può costare caro. Soprattutto poi se si ha la cattiva abitudine di gettare a terra la cicca. In questo caso, infatti, se si viene beccati dalle forze dell’ordine, si pagheranno non meno di 500 euro di ammenda. Peggio ancora se si getta la sigaretta, o un carta di caramella, dalla macchina: la sanzione può salire fino a mille euro.

Oltre all’emergenza rifiuti, ovvero i grandi rifiuti sui quali il governo è sceso in campo a Napoli con il sottosegretario Guido Bertolaso, ci sono tanti piccoli gesti di vita quotidiana che contribuiscono a rendere sporche e brutte le città. Tra questi rientrano anche le scritte e disegni che spesso decorano i mezzi pubblici di trasporto. E così anche i cosiddetti graffitari saranno puniti.

Tutte pene, queste, fortemente volute dal premier, Silvio Berlusconi, e che non sono però più previste da un decreto legge, quello che il ministro della giustizia Angelino Alfano aveva intanto già messo a punto per l’ultimo consiglio dei ministri, ma da una serie di emendamenti governativi al disegno di legge 773. È il ddl che completa il pacchetto sicurezza del ministro dell’interno, Roberto Maroni, dentro vi sono norme che vanno dai permessi per gli immigrati ai centri di prima accoglienza all’accattonaggio. Un provvedimento ricco e variegato che sarà ulteriormente modificato in queste ore al senato.

Oggi, infatti, le commissioni Affari Costituzionali e Giustizia esamineranno la messe di emendamenti presentati sia dalla maggioranza che dall’opposizione. L’intenzione è di andare avanti abbastanza spediti, "e di chiudere nel giro di 24 ore per presentare il testo già la prossima settimana in aula", spiega Filippo Berselli, presidente della Giustizia e relatore del provvedimento insieme a Carlo Vizzini, presidente della Affari Costituzionali. Un tour de force che dovrà servire anche a risolvere un po’ di problemi sorti all’interno della maggioranza.

Come la revisione del reato di clandestinità, che, secondo la accuse dei senatori dell’Italia dei valori, rischia di far scoppiare le carceri italiane. "In politica c’è un detto: mai dire mai. Valuteremo la cosa, vedremo quali richieste arriveranno dall’opposizione e quale sarà la disponibilità del governo perché la questione lo riguarda strettamente, essendo un reato introdotto dal governo", commenta Berselli.

Che esista la possibilità che il reato in questione possa essere modificato emerge anche dalle parole del senatore Pd Felice Casson: "Mi sembra ci siano movimenti all’interno della maggioranza, ma non si capisce bene che cosa intendano fare". Da parte sua l’opposizione ha presentato una ottantina di emendamenti, fra cui la richiesta di soppressione della norma sulla detenzione fino a 18 mesi nei centri di accoglienza.

Nel pacchetto di emendamenti governativi, figura l’inasprimento delle multe (fino a 30 mila euro) per chi deturpa o imbratta mezzi pubblici, con la possibilità che il giudice possa concedere la sospensione condizionale della pena qualora chi ha commesso gli atti vandalici si adoperi per rimuoverli. Sanzioni amministrative invece per chi getta rifiuti minuti per strada, peggio ancora se da un veicolo in movimento.

Fattispecie, queste ultime due, per le quali fino ad oggi il potere sanzionatone) era dei comuni. Nel mirino del governo è finito anche l’articolo 11 del ddl, che semplificava il procedimento di confisca dei beni di provenienza illecita, autorizzando l’applicazione della prevenzione anche nei confronti della persona che non può giustificare la legittima provenienza dei beni: va soppresso.

È a firma di Vizzini e Berselli l’emendamento sull’attività di Money Transfer: gli agenti in attività finanziaria, che prestano servizi di pagamento nella forma dell’incasso e trasferimento di fondi, "acquisiscono e conservano per dieci anni copia del titolo di soggiorno" se hanno operato in Italia per conto di un cittadino extracomunitario.

La maggioranza deve intanto chiudere la emendamenti della Lega Nord. Come quella, primi firmatari Federico Bricolo e Rosy Mauro, rispettivamente capogruppo Lega e vicepresidente di Palazzo Madama, sull’indizione di un referendum popolare comunale per autorizzare la costruzione di nuovi campi nomadi o di luoghi di culto, come le moschee.

Qualche appoggio da parte del Pd potrebbe arrivare su un’altra proposta della Lega che porta da 24 ore a 7 giorni (ulteriormente prorogabile a 14) il periodo di conservazione da parte degli enti locali dei nastri della videosorveglianza. A firma Pdl, invece, un emendamento per vendere anche in Italia gli spray al peperoncino a scopo di difesa personale.

Giustizia: (Idv); carceri a rischio, con nuove leggi sulla sicurezza

 

Agi, 5 novembre 2008

 

Carceri a rischio scoppio con il reato di clandestinità che il Governo ha introdotto nel ddl sicurezza ora all’esame del Senato. La denuncia arriva da Luigi Li Gotti, senatore Idv: "Il governo sostiene che la norma abbia una deterrenza tale da far entrare nelle carceri il 10 per cento in meno di persone, ma se anche fosse così significherebbe che sui 52 mila extracomunitari che, in media, illegalmente entrano nel nostro territorio ve ne rimarrebbero più di 49 mila che finirebbero di sicuro in prigione, perché la norma prevede l’arresto obbligatorio e il processo per direttissima. Così al di là dei contenuti complessivi della previsione, che noi assolutamente non condividiamo, c’è da chiedersi ma dove li mettiamo?".

Oggi l’Italia dei Valori ha chiesto che nelle Commissioni riunite Affari Costituzionali e Giustizia, che stanno esaminando il ddl, venisse ascoltato il capo del Dap, Franco Ionta, per illustrare la ricaduta della norma sul sistema penitenziario, "ma il presidente Berselli ha risposto che, dovendo il provvedimento passare all’esame dell’aula la prossima settimana, non ci sono i tempi per farlo".

Giustizia: Mantovano; denunciare il racket diventa obbligatorio

di Silvia Miller

 

Roma, 5 novembre 2008

 

"Per la seconda volta lo Stato si è costituito parte civile in un processo di racket ed estorsione. Dieci giorni fa il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, era presente a Palermo all’udienza preliminare del processo "Addio pizzo".

Ieri è venuto a Napoli, dove in una blindatissima aula bunker di Poggioreale ha avuto inizio il processo al clan Casalesi contro 60 presunti estorsori arrestati il 17 aprile scorso nell’operazione "Domizia". "Lo Stato è al fianco di chi denuncia i propri estorsori - ha detto Mantovano - la costituzione di parte civile è un fatto concreto. Il ministero dell’Interno, attraverso il fondo gestito dal commissario antiracket, subisce un danno diretto dalle vicende estorsive perché risarcisce le vittime. Denunciare è un atto di coraggio, ma anche di buon senso". Accanto al sottosegretario alla giustizia c’era anche il prefetto di Palermo, Giosuè Marino, commissario antiracket, che ha commentato l’aumento positivo delle denunce in Campania. "Chi denuncia - ha dichiarato Marino - non ha solo il sostegno economico delle istituzioni, ma durante il percorso è tutelato sul piano della sicurezza personale dalle forze dell’ordine".

Iniziata intorno alle 10, l’udienza preliminare si è conclusa dopo qualche ora. Il rinvio tecnico, previsto per il 10 novembre, si è reso necessario per consentire la riunione con un altro troncone di processo ai casalesi. La costituzione di parte civile dello Stato, tramite il commissario anti-racket Giosuè Marino, dovrà pertanto essere riproposta il 10 novembre.

Il processo scaturisce da un’indagine dei pm della Dda, Marco Del Gaudio e Francesco Curcio, coordinati dal capo Franco Roberti, che il 17 aprile scorso portò all’emissione di 64 ordini di custodia cautelare per vertici e manovalanza del clan dei Casalesi, compreso il latitante Giuseppe Setola. Prima di entrare nell’aula bunker, il sottosegretario Mantovano ha annunciato alcune novità legislative del disegno di legge sul pacchetto di sicurezza in discussione al Senato per rendere più efficace la lotta alla criminalità organizzata.

"Vogliamo rendere obbligatoria la denuncia di richieste estorsive da parte degli imprenditori che ricevono appalti di opere pubbliche - ha spiegato Mantovano - in base alle nuove norme chi non denuncia sarà colpito dall’interdizione per tre anni. In caso di scioglimento di enti territoriali, invece, non saranno colpiti solo gli amministratori ma anche i tecnici". La seconda novità legislativa riguarda la gestione dei beni sequestrati ai camorristi.

"Stiamo intervenendo - prosegue il sottosegretario - per rendere i fondi delle vittime della mafia immediatamente disponibili. Ad esempio, se un camorrista muore i suoi beni non dovranno essere ereditati dai suoi familiari". Quanto alla presenza dei militari, Mantovano ha rinviato la sua valutazione a quando sarà fatto un bilancio della presenza dei soldati nel Casertano: "Sulla permanenza o meno dei soldati non è possibile ancora fare una valutazione. Ma credo che sia ingeneroso e riduttivo limitare la dialettica solo ai militari. L’impegno delle istituzioni in questo territorio non si limita solo all’invio delle forze armate, ma si è concretizzato nell’apertura di un reparto della Squadra Mobile e nell’arrivo di 600 unità di polizia".

Giustizia: intercettazioni; sarà più difficile usarle nel processo

di Dino Martirano

 

Corriere della Sera, 5 novembre 2008

 

Il Guardasigilli Angelino Alfano e il consigliere giuridico, Niccolò Ghedini, sono arrivati a Palazzo Grazioli all’ora di pranzo ma poi Silvio Berlusconi, accompagnato dal sottosegretario Gianni Letta, li ha incontrati separatamente spiegando loro che sulla giustizia il governo non può rischiare il bis della scuola: dunque, si proceda con decisione - dal "lodo Carnevale" alle intercettazioni, alla separazione pm-polizia giudiziaria - senza però passi falsi in Parlamento e nella comunicazione.

Primo argomento trattato: un emendamento al ddl del governo sulle intercettazioni, ormai arenato alla Camera, che attualmente prevede l’utilizzabilità nei processi anche delle conversazioni riguardanti i reati contro la pubblica amministrazione. Secondo: dove trovare i fondi per pagare le società che vantano forse 300 milioni di crediti con il ministero per l’affitto dei macchinari usati per le intercettazioni.

Terzo: quanto spingere già dalle prossime settimane in Consiglio dei ministri il ddl sull’accelerazione del processo penale che porta in sé, come un cavallo di Troia, l’autonomia della polizia giudiziaria dal pm e, quindi, l’inizio della sterilizzazione del magistrato che conduce le indagini Gli incontri di Palazzo Grazioli rappresenterebbero un cambio di tattica. Con l’ingorgo in Parlamento - alla Camera attendono le intercettazioni e la riforma del fallimentare mentre al Senato sono in discussione il ddl sicurezza di Maroni e il "collegato" con la riforma civile - l’orientamento è di procedere senza strappi.

Ed è lo stesso Ghedini a dire che "l’emendamento sulle intercettazioni va concordato con gli alleati e, se possibile, con parte dell’opposizione". Ghedini vorrebbe mettere in un angolo le intercettazioni tradizionali (utilizzabili come prova) e puntare sulle cosiddette "intercettazioni investigative": "Quelle chieste dal pm al giudice, o al procuratore, ed eseguite dalla polizia che poi non porrà trascriverle e, anzi, dovrà distruggerle...".

Ma su questo An e Lega frenano. "Le intercettazioni devono essere fatte anche per i reati contro la pubblica amministrazione", precisa il presidente della commissione Giustizia della Camera Giulia Bongiorno: "E poi, perché non dovrei poter utilizzare un’intercettazione, seppure investigativa, se emerge un reato di corruzione o di concussione?". Vale la pena, allora, ascoltare Marcello Dell’Utri: "Una legge la si fa quando anche all’interno della maggioranza ci sono degli accordi".

Oggi, il governo porta a casa la conversione dei decreto sulle sedi disagiate dei magistrati che ha agganciato in corso d’opera il lodo Carnevale (possono concorrere per i posti direttivi anche i 75enni rientrati in magistratura dopo essere stati assolti definitivamente in un processo) comunque bocciato dal Csm, dall’Anni e dal Pd.

Sulle riforme costituzionali, invece, ci hanno pensato Emma Bonino e Rita Bernardini a sollecitare Alfano che ieri ha ricevuto i radicali: "Sarebbe pericoloso continuare a rimandare quei cambiamenti di fondo su separazione delle camere, obbligatorietà dell’azione penale, riforma del Csm", si è sentito dire il ministro dalle due parlamentari dell’opposizione.

Giustizia: Ferranti (Pd); il Governo ritiri il "Lodo Carnevale"

 

Comunicato stampa, 5 novembre 2008

 

"La bocciatura da parte del Csm del "lodo Carnevale" deve portare la maggioranza ed il Governo ad un ripensamento e al ritiro di una norma del tutto irragionevole, inefficiente, che appare cucita su misura ad una persona e che per questo risulta contraria ai principi di generalità ed astrattezza che devono caratterizzare le leggi".

Lo chiede la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti, che aggiunge: "le motivazioni del Csm dovrebbero indurre il Governo a ripristinare il testo originario del decreto sulle sedi disagiate prima che venisse stravolto dall’emendamento presentato dalla maggioranza in Aula al Senato. Sarebbe un atto di coerenza considerato che lo stesso governo, attraverso il sottosegretario Caliendo, aveva espresso parere contrario in commissione proprio su quell’emendamento".

"Il contenuto del cosiddetto "lodo Carnevale" per le sue ricadute negative sull’efficienza del sistema giustizia - conclude Ferranti - cambia completamente il nostro giudizio sul decreto in discussione dal momento che lo rende oscuro e contradditorio e fa cadere nel nulla qualche buona intuizione che pure quel decreto originariamente conteneva per migliorare il funzionamento della giustizia".

Giustizia: ok indulto anche per gli italiani condannati all’estero

 

Comunicato stampa, 5 novembre 2008

 

Importante sentenza della Cassazione: l’indulto può essere applicato anche ai cittadini italiani condannati all’estero, che scontano la pena nelle carceri italiane.

Angiolo Marroni (Coordinatore nazionale Garanti detenuti): "Riconosciuta la fondatezza di una battaglia che avevamo iniziato un anno fa. Ora basta discriminare chi, pur avendone diritto, non ha usufruito dell’indulto".

Importanti novità per quei detenuti italiani che, condannati all’estero, stanno scontando la pena in Italia in applicazione della Convenzione di Strasburgo del 1983 per i quali, fino a questo ora, non era prevista l’applicazione dell’Indulto.

Con sentenza n. 36522 del 10 luglio scorso, depositata il 23 settembre, le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione hanno, infatti, sancito che l’indulto va riconosciuto anche ai cittadini italiani condannati all’estero e trasferiti in Italia per scontare la pena.

A sollevare il problema, nel 2007, era stato il Garante dei Detenuti del Lazio Angiolo Marroni (Coordinatore nazionale della Conferenza dei garanti dei detenuti) che, riprendendo un appello dei detenuti del carcere di Rebibbia, aveva scritto al Ministro della Giustizia chiedendo "un’iniziativa legislativa che consentisse di applicare l’indulto anche a questi detenuti".

I detenuti denunciavano una discordanza nell’applicazione dell’indulto per gli italiani condannati all’estero che scontano la pena in Italia. L’articolo 12 della Convenzione di Strasburgo dava luogo a dubbi interpretativi sull’applicabilità dell’Indulto. La norma afferma, infatti, che "ciascuna parte può accordare la grazia, l’amnistia o la commutazione della condanna conformemente alla propria Costituzione o ad altre leggi".

Secondo una interpretazione, poiché l’articolo non parla di indulto questo non sarebbe applicabile ai detenuti rientrati in Italia a scontare la pena. Il mancato riferimento sarebbe dovuto al fatto che non tutti gli ordinamenti riconoscono tale Istituto. Tesi, sostenuta dal Ministero della Giustizia in una nota del 2006 relativa alla vicenda di Silvia Baraldini.

"Abbiamo vinto una battaglia iniziata un anno fa - ha detto Marroni - quando, inutilmente, chiedemmo al Ministro una iniziativa legislativa per consentire di applicare l’indulto anche a questi detenuti. La nostra vittoria rischia di essere inutile dal momento che, probabilmente, quanti hanno fatto istanza rigettata dai tribunali non potranno giovarsi di questa pronuncia. Spero abbia ragione chi invece afferma che il mutamento di giurisprudenza potrebbe far riaprire casi già conclusi perché solo così potremmo evitare di discriminare quanti, pur avendone diritto, non hanno usufruito dell’indulto".

Giustizia: a Bruxelles per presentare i ricorsi contro l’ergastolo

 

Comunicato stampa, 5 novembre 2008

 

Ebbene, il 4 novembre é arrivato, e la delegazione "Liberarsi" ha presentato i ricorsi a Bruxelles e sebbene per motivi che esulano dalle nostre aspettative e competenze sia saltata la conferenza stampa, abbiamo avuto modo di parlare con un discreto numero di euro-parlamentari e di portare a casa diversi risultati.

Il più significativo è legato all’iniziativa partita da Giusto Catania di richiedere proprio al Parlamento Europeo una ricerca sull’ergastolo in Europa - che dovrà anche essere supportata da un nostro apporto di dati in merito -. Tale indagine è il primo passo verso la presentazione da parte del parlamento Europeo di una mozione riguardante la situazione italiana. Non sarà cosa breve ma per il tipo di intervento che chiediamo questa è la prassi!

Siamo veramente solo all’inizio ed é necessario essere contenti anche di quel poco e sopratutto fare un’altra cosa che ci ha suggerito Catania, ovvero: raccogliere informazioni su casi specifici in cui siano stati violati diritti fondamentali. Ci vuole coraggio, ci vuole costanza, ci vuole determinazione, ma a noi tutte queste doti non mancano, giusto?

Finito l’incontro con Giusto Catania, visto che eravamo in loco e lui stesso lo ha suggerito, abbiamo fatto in modo che si notasse la nostra presenza facendo cortesemente "irruzione" negli uffici di molti europarlamentari dove non avevamo affatto appuntamento, per parlare del "Mai Dire Mai" con il maggior numero possibile di persone - confesso che ci siamo anche persi per i corridoi del parlamento europeo che sono veramente un labirinto enorme -.

Ovunque, siamo stati ricevuti con cortesia e siamo stati ascoltati attentamente e il materiale che abbiamo lasciato è subito passato di mano in mano. Direi che l’esperienza è stata positiva anche se solo il tempo potrà dirci esattamente che tipo di ricaduta avrà questa iniziativa. Inoltre abbiamo consegnato la lettera di Carmelo Musumeci e altri due ergastolani a Barrot - responsabile commissione sicurezza, giustizia e libertà - in francese - con nota di Catania sull’importanza del documento. Anche questo é da considerarsi un risultato non da poco per un’associazione che é nata da poco e per il comitato femminile di sostegno agli ergastolani in lotta che la affianca!

 

Clare Holme

Christian De Vito

Giustizia: il ministro Rotondi vittima del "ladro della Camera"

di Maria Grazia Bruzzone

 

La Stampa, 5 novembre 2008

 

Una valigetta 24 ore e un impermeabile scuro. Lasciati su un divanetto del Transatlantico da un ministro arrivato all’ultimo minuto, non sono stati più ritrovati. Rubati, nel cuore di Montecitorio, mentre il ministro era in aula e poi si allontanava per un’oretta dal palazzo.

È successo giovedì scorso. "Ho aspettato pensando a un errore o a uno scambio, ma oggi ho denunciato la cosa. Non erano oggetti di pregio, anzi, ma in tasca avevo le chiavi delle mie varie case, me le porto sempre dietro, e nella borsa c’erano dei documenti, sia pure non importanti". Gianfranco Rotondi, il derubato, non è nuovo a esperienze del genere. Già mesi addietro gli fu sottratta la 24 ore in treno e più volte ignoti sono entrati nel suo appartamento romano. Adesso l’esponente della Dc è anche ministro, e da qualche tempo è bersaglio di intimidazioni e minacce più o meno larvate.

E sarà pure un caso particolare, quello di Rotondi, ma colpisce che non sia affatto isolato nel palazzo. Un mese e mezzo fa è stato il centrista Compagnon a denunciare pubblicamente, in aula, il furto del computer portatile nel suo ufficio, nella sede del gruppo Udc. Durante l’estate in quell’edificio erano in corso lavori di ristrutturazione, si disse a giustificazione.

Ma la verità è che a Montecitorio i furti non sono rari come si potrebbe immaginare. E la perdita del cappotto di cachemire, che qualche anno fa tanto dispiacque al portavoce di Berlusconi, Paolo Bonaiuti, non era affatto un’eccezione. Anzi, a sentire l’Ispettorato di Sicurezza, gli "episodi criminosi" nel palazzo che vengono riferiti in procura sono una ventina al mese.

Non tutti taccheggi, certo (i furtarelli spesso neppure vengono denunciati): ma anche ingiurie e minacce via mail, molestie, clonazioni di carte di credito, danneggiamenti e sottrazioni di quadri o arredi vari. Il fatto è, spiegano, che tra Montecitorio e i vari palazzi, alla Camera lavorano 1.800 persone, esclusi i 630 deputati. E vi bazzicano in 3.500 tra impiegati, funzionari, commessi, collaboratori vari, lobbisti, invitati e operai e impiegati di ditte esterne moltiplicate negli ultimi anni.

Per non parlare degli smarrimenti, segnalati in un’apposita bacheca, anche se spesso gli oggetti ritrovati non vengono neppure reclamati dai deputati distratti. Va detto che gli onorevoli godono comunque di un’assicurazione privilegiata. In caso di danneggiamento o sottrazione, previa denuncia, viene loro rimborsato il valore dell’orologio, del cappotto o del braccialetto perduti. Tolta una franchigia di 600 euro.

Enna: suicida un detenuto 27enne era condannato all’ergastolo

 

Adnkronos, 5 novembre 2008

 

Rosario Trubia aveva 27 anni. Si trovava in carcere a Enna a scontare un ergastolo per duplice omicidio. Lo hanno rinvenuto impiccato, questa mattina, nel bagno della cella che divideva con altri due detenuti. Per gli inquirenti potrebbe trattarsi di suicidio. Ma la magistratura vuole vederci chiaro e sta interrogando i suoi compagni di cella, gli agenti della polizia penitenziaria in servizio al momento dei fatti e i parenti per sapere se nei giorni scorsi c’erano stati elementi che potessero far presagire una decisione così improvvisa e dall’esito così drammatico.

Rosario Trubia, era ritenuto affiliato alla famiglia Rinzivillo di Cosa Nostra, che a Gela risulta divisa in due. L’altra frangia è quella degli Emmanuello, vicini al boss Giuseppe ("Piddu") Madonia. Le due fazioni diedero vita, alla fine degli anni ’90, ad una faida con morti e feriti.

Rosario Trubia fu considerato, a torto o a ragione, uno dei più spietati baby killer di quel periodo. Arrestato dai carabinieri, nel 2001, nell’ambito dell’operazione "Reset", ha subito due condanne all’ergastolo: una per l’omicidio di Aurelio Trubia, l’altra per il delitto di Andrea Cavaleri, entrambi gli agguati furono eseguiti nel luglio del 1999, quando sul fronte opposto caddero Emanuele Trubia e Salvatore Sultano, trucidati in un agguato all’interno di una sala da barba. Il suicida non era un pentito e non risulta parente di pentiti ma solo omonimo del collaboratore di giustizia Rosario Trubia, di 44 anni, detto Nino D’Angelo per il suo caschetto di capelli biondi come li portava da giovane il famoso cantante napoletano.

Torino: ex detenuto cieco chiede aiuto, o di tornare in carcere

 

www.cronacaqui.it, 5 novembre 2008

 

Indultato il 7 settembre 2007, Walter Sansò, venerdì, è tornato alle Vallette. Ha tirato fuori due coperte di lana da un borsone e si è sdraiato davanti all’ingresso del carcere. Chiede una casa e un lavoro. "Che per la Costituzione sono diritti, ma per un indultato come me costituiscono un obbligo". E lancia una provocazione. "Se non fosse possibile, allora mi facciano tornare dentro. Basta che un agente si affacci e mi dica "Sansò, è finita l’aria". E io entro senza problemi".

Il mondo al di qua delle sbarre, del resto, lui che ha trascorso in cella parecchi dei suoi 45 anni, dice di non riconoscerlo più. Quando l’hanno arrestato la prima volta era diventato maggiorenne da un mese. Era l’ottobre dell’81, e fu accusato di detenzione di esplosivi. Il "curriculum", con il passare degli anni, si è arricchito. Una rissa, un accoltellamento, una sparatoria, una diserzione dal servizio militare. "Le carceri le ho viste tutte - ammette - isole comprese".

Nell’agosto dell’89 si sposa con la donna che gli darà tre figlie. Ma i festeggiamenti durano poco. "Ero ricercato da quelli della Sacra Corona Unita, volevano "fumarmi" (uccidermi ndr)". Ho resistito un po’, poi sono tornato al paese, nel basso Salento, dove se vado adesso mi uccidono". Il 2 gennaio 1990 succede qualcosa di terribile. "Ho incontrato C., uno della Sacra. Era sulla sua nuova auto, io sulla mia. Terza, quarta. Gli sono entrato dentro ai 140 all’ora, poi sono sceso e gli ho sparato in faccia". Omicidio. Walter, in attesa di essere giudicato, si acceca credendo di poter evitare la galera, ma viene condannato a 17 anni. Tre dei quali gli vengono "scontati" il 7 settembre 2007.

"Quell’indulto - sostiene - è stato sbagliato, e prima che lo approvassero l’ho scritto al presidente della Repubblica e al Papa". Scaraventato in un mondo che non riconosce più, venerdì si è sdraiato sul confine tra detenzione e libertà. Ha adagiato accanto alle coperte una foto di padre Pio e un rosario e ha appoggiato la testa sul borsone. Un sacco nero pieno di quei libri che hanno accompagnato un percorso di riabilitazione interiore che - ammette lui stesso - "non è ancora completo".

Chiede casa, lavoro e "rispetto". "Perché non voglio tornare dentro, e non voglio morire. Voglio vivere. Ma se non si può fare altro, meglio il carcere. Almeno, per tre anni, avrò vitto e alloggio".

Bolzano: la direttrice; carcere senza medici, la notte ed i festivi

 

Alto Adige, 5 novembre 2008

 

Situazione ai limiti della sopportabilità nel carcere di Via Dante. Nonostante le ripetute richieste della direttrice Anna Rita Nuzzaci - che ha invitato l’Asl a garantire il servizio medico 24 ore su 24 per assicurare assistenza ai detenuti sieropositivi o tossicodipendenti ma anche per farsi trovare pronti in caso di tentativi di suicidio o atti di autolesionismo - la situazione non è cambiata.

La copertura medica è garantita per 14 ore nei giorni feriali e per 9 nei festivi ed il problema è acuto soprattutto la notte. "L’assistenza sanitaria - sottolinea la direttrice - è passata all’Asl dal primo gennaio 2008. La presenza fissa di almeno un medico sarebbe di grande aiuto. Le altre questioni ancora aperte sono la carenza d’organico e il nuovo carcere".

A sollevare una lunga serie di problemi sono stati gli agenti di polizia penitenziaria, stanchi di tante promesse sia dallo Stato - per la mancanza di alloggi di servizio, le annose carenze d’organico, le decine di ore di straordinario e il fatto di dover prestare servizio in una struttura fatiscente - che dalla Provincia (inadeguata assistenza sanitaria ai detenuti e conseguente scarsa tutela degli agenti). La direttrice, a Bolzano dal 2001, non nega l’evidenza ed è pronta al confronto. "Riconosco che lavorare in un carcere sottodimensionato e sovraffollato e con un’assistenza sanitaria inadeguata possa essere pesante. L’aria che respirano i detenuti la respiriamo anche noi".

 

Quanti sono i detenuti?

"Questa mattina (ieri per chi legge ndr) sono 132, il 75% dei quali stranieri. Molti sono in carcere per reati legati alla droga. La capienza è di 93 detenuti, mentre la soglia tollerabile è di 115. Prima dell’indulto del 2006 avevamo raggiunto quota 177".

 

Dal primo gennaio l’assistenza sanitaria è passata in capo all’Asl: per quale ragione non è stata garantita una presenza di almeno un medico 24 ore su 24?

"L’abbiamo richiesta in più occasioni, ma per ora ci viene garantita solo 14 ore nei giorni feriali e 9 nei festivi. Non abbiamo malati gravi e in questo momento non ci sono detenuti affetti da Aids. Ma ci sono sieropositivi, tossicodipendenti, diabetici e ipertesi".

 

Gli agenti di polizia penitenziaria si lamentano per i turni massacranti. Gli straordinari sono la regola?

"L’orario di lavoro è di 6 ore, ma i turni di norma sono di 8 ore. Facciamo il possibile con l’organico a disposizione. La finanziaria, del resto, blocca nuovi concorsi, qui come nel resto d’Italia".

 

La metà degli agenti è meridionale e soffre per la mancanza di alloggi di servizio. Ci sono soluzioni all’orizzonte?

"Per ora sappiamo che il nuovo carcere sarà realizzato in zona Agruzzo. Lo ha ribadito anche il ministro Alfano. E con l’occasione saranno previsti anche alloggi di servizio. Certo, stare lontani dalla famiglia non fa piacere a nessuno e per essere trasferiti, se lo si richiede, passano anni". L’attuale carcere è fatiscente, ci sono tubi che perdono acqua. È difficile lavorare in queste condizioni? "Non è facile, ma ci adoperiamo per farlo al meglio. Anche grazie all’ottimo apporto dell’ispettrice Debora Borsoi".

 

Gli agenti lamentano uno scarso dialogo con la direzione. Le risulta?

"No, affatto. Nell’ultimo anno abbiamo fatto 8 riunioni con il personale e 3 sindacali. Un ulteriore incontro è fissato per novembre. La mia porta, in ogni caso, è sempre aperta: mi piacciono anche i colloqui informali".

 

Una delle poche note liete è la presenza in organico della pattinatrice Carolina Kostner?

"Siamo fieri che ci rappresenti. Per i suoi risultati ha già ottenuto tre scatti di stipendio ed è diventata agente scelto".

Oristano: nuovo carcere; spesi 20 mln, stop lavori senza i fondi

 

La Nuova Sardegna, 5 novembre 2008

 

La notizia viene mantenuta riservata, ma è ormai certo che i recenti tagli previsti della Finanziaria del governo Belusconi condizioneranno in maniera pesante l’ultimazione del nuovo carcere. In totale, nelle casse del ministero delle infrastrutture mancheranno oltre 70milioni di euro. Ci vuol poco per capire che la costruzione della struttura, già avviata alla periferia di Massama, rischia di rimanere una delle nuove incompiute della città.

Era già una chimera terminare l’opera entro il 2009, ma ora con il governo che della sicurezza ha fatto il suo grido di battaglia e che ha deciso ulteriori tagli, se ne riparlerà solo tra qualche anno. Il primo finanziamento di circa 20 milioni di euro avrebbe consentito solo l’ultimazione del primo lotto, mentre l’intervento complessivo avrebbe superato quota 50 milioni.

Non c’è dubbio che ora il cantiere di Massama si dovrà fermare per mancanza di risorse. La notizia circola già da diverse settimane ma ci si è ben guardati da farla circolare ufficialmente per ovvie ragioni di opportunità politica. Per la città sarebbe l’ennesimo schiaffo da parte del "governo amico" di centrodestra. Non solo, salterebbero tutti i piani che le amministrazioni comunale e provinciale avevano già ipotizzato per riconvertire l’attuale carcere di piazza Manno.

Si allontana così anche la possibilità di restituire agli oristanesi quella che fu la reggia giudicale degli Arborea. Le carceri resteranno ancora per molto tempo in piazza Manno. Anche perché in Comune sulla questione della casa circondariale hanno sempre fatto i conti senza l’oste. Si è detto infatti che le carceri sarebbero state trasferite nella nuova struttura, una volta ultimata, ma non è stata mai approfondita la questione legata alla dismissione dell’attuale penitenziario.

Dal ministero di Grazia e Giustizia, almeno per ora, fanno sapere che non esiste ad oggi alcun atto ufficiale che prevede la dismissione della struttura carceraria di piazza Manno. Se ne parlerà in futuro, forse. Ma è chiaro che i tempi sono destinati a dilatarsi, con la conferma dei drastici tagli decisi dal governo Berlusconi nella manovra Finanziaria del 2009. Complessivamente l’amministrazione penitenziaria avrà una sforbiciata superiore ai 100 milioni che si ripercuoteranno nei capitoli di spesa per l’edilizia, e di conseguenza per gli istituti penitenziari. Salterà certamente il progetto legato all’emergenza affollamento.

"Non conosciamo ufficialmente i dati della Finanziaria - ha dichiarato il direttore della Casa Circondariale, il dottor Pier Luigi Farci -, così come il progetto riguardante il nuovo carcere che viene gestito dal ministero delle Infrastrutture. Se ci saranno tagli si ripercuoteranno certamente sull’intero sistema.

Ad Oristano in questo momento abbiamo circa centoventi detenuti, quindi leggermente oltre il limite, ma bel al di sotto della media delle altre carceri isolane, dove ci sono seri problemi anche di personale. Da noi la percentuale è nella norma". Le nuove carceri, semmai verranno ultimate, dovrebbero ospitare una popolazione di circa quattrocento detenuti e risolvere ogni problema di sovraffollamento.

Pordenone: Comune si fa carico degli ex detenuti in difficoltà

 

Messaggero Veneto, 5 novembre 2008

 

L’amministrazione comunale si farà carico delle persone uscite dal carcere e che hanno difficoltà a reinserirsi nella società e nel mondo del lavoro. Tutto ciò attraverso il recepimento del regolamento regionale che assegna proprio ai Comuni tali funzioni. L’adozione delle norme regolamentari è stata effettuata dalla giunta Bolzonello su proposta dell’assessore alle Politiche sociali, Gianni Zanolin.

"Prima di tale regolamento - sottolinea - ci occupavamo solo di minori che erano stati sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria. Ora ci vengono affidate funzioni più ampie, che coinvolgono per l’appunto gli adulti, nell’ambito delle attività che vengono svolte pure a livello di ambito socio-sanitario". Si tratta di una domanda di servizi in crescita da parte di persone che escono dal carcere e non hanno nessun punto di riferimento sia in termini di alloggio, sia di reinserimento lavorativo.

Compito delle amministrazioni locali è quello di mettere a disposizione strutture temporanee, dalla casa alle attività di formazione, per poter agevolare il rientro nella società, un compito non certo facile. Da questo punto di vista sono numerosi i progetti che sono stati posti in essere in questi anni "anche se i mezzi messi a disposizione - commenta Zanolin - non sono mai sufficienti, come avviene anche per altre tipologie di disagio, per venire incontro a tutte le richieste".

I problemi maggiori si sono manifestati dopo l’applicazione dell’indulto, quando anche in città molti detenuti sono usciti dalle carceri senza peraltro avere la possibilità di ottenere risposta sul territorio alle loro prime necessità. Alle strutture sociali possono rivolgersi non solo coloro che escono dal carcere di Pordenone, ma pure i detenuti pordenonesi che hanno scontato la pena in altre carceri italiane.

Roma: il 13 sit-in del Comitato "Nuovi Educatori Penitenziari"

 

Comunicato stampa, 5 novembre 2008

 

Il Comitato "I Nuovi Educatori Penitenziari", ha organizzato un sit-in che si svolgerà la mattina del 13 novembre in piazza Montecitorio (dalle 9 alle 14) e il pomeriggio della medesima giornata nelle adiacenze del senato della Repubblica in Corsia Agonale (dalle 15 alle 21). Obiettivo del sit-in è segnalare all’opinione pubblica la peculiarità della situazione dei vincitori e idonei del concorso per 397 educatori penitenziari bandito nel 2003 - e conclusosi soltanto nel mese di giugno del corrente anno - i quali a tutt’oggi non hanno certezze relativamente ai tempi di assunzione.

Riteniamo detta situazione particolarmente grave anche in virtù dell’ annosa carenza di educatori all’interno dei nostri Istituti Penitenziari. Un problema, dunque, che non riguarda esclusivamente vincitori e idonei del concorso in oggetto, ma l’intera collettività, poiché un sistema carcerario che non è in condizione di realizzare la sua finalità rieducativa, è un sistema che produce più insicurezza sociale.

Milano: in vigore da oggi le Ordinanze sulla sicurezza urbana

 

Redattore Sociale - Dire, 5 novembre 2008

 

L’infrazione di una di queste ordinanza comporta una multa di 500 euro, che scende a 450 euro se viene pagata entro 5 giorni. La Moratti: "Sono ordinanze che tutelano la cittadinanza da comportamenti pericolosi".

Sono in vigore le ordinanze per la sicurezza varate oggi dalla giunta comunale di Milano, guidata da Letizia Moratti. Sei i provvedimenti adottati: due contro l’acquisto e il consumo di stupefacenti, le altre riguardano il divieto di consumo e detenzione di alcolici per le vie cittadine "se provocano situazioni di pericolo o di degrado", l’accattonaggio molesto, la prostituzione in strada e, infine, sono previste sanzioni contro i writers.

L’infrazione di una di queste ordinanza comporta una multa di 500 euro, che scende a 450 euro se viene pagata entro 5 giorni. "Sono ordinanze per la tutela della cittadinanza da comportamenti pericolosi - afferma Letizia Moratti -, che danneggiano persone e collettività". La Giunta ha previsto anche 3milioni di euro per progetti di recupero e di sensibilizzazione nelle scuole.

Droga. È vietato sia acquistare che consumare in luogo pubblico qualsiasi tipo di stupefacente, "anche solo per uso personale". Mentre per lo spaccio esistono già pesanti conseguenze penali, gli acquirenti ora rischiano di prendersi una multa. Non esistono solo sanzioni, però. La giunta prevede il sostegno anche a percorsi di recupero.

Prostituzione. Nell’ordinanza si legge che "è fatto divieto di esercitare in luoghi pubblici attività di meretricio". Il provvedimento quindi prevede la multa sia per il cliente che per la prostituta.

Accattonaggio molesto. Verrà multato chi chiedendo l’elemosina insulta o compie atti di intimidazione contro le persone. Inoltre, è vietato coinvolgere nell’accattonaggio anziani, minori e disabili o fingersi disabili.

Immigrazione: su reato clandestinità possibile marcia indietro 

 

Apcom, 5 novembre 2008

 

Approderà la prossima settimana nell’Aula del Senato il ddl Sicurezza, ora all’esame congiunto delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia. Sul provvedimento c’è stata infatti una improvvisa accelerazione in vista degli emendamenti che saranno votati oggi. Non è esclusa una marcia indietro del governo sul reato di clandestinità, anche in seguito ai rilievi dell’Ue: "Vedremo...", osserva il presidente della commissione Giustizia Filippo Berselli a proposito di alcune voci circa una riformulazione o cancellazione della norma. "In politica c’è un detto: ‘Mai dire maì. Vedremo - aggiunge - quali saranno le proposte dell’opposizione e quali saranno le disponibilità del Governo, visto che si tratta di un ddl governativo".

Sulla questione del reato di clandestinità siamo ancora in bilico", ammette il capogruppo del Pd in seconda commissione, Felice Casson, spiegando di non aver ricevuto in merito risposte dalla maggioranza né dal Governo. Gli emendamenti presentati dal Pd, tra cui quello che chiede la soppressione del reato di clandestinità, sono oltre 80. Si chiede poi la soppressione della norma che prevede la detenzione fino a 18 mesi nei centri di accoglienza o, in subordine, un’applicazione più rigorosa e conforme alla direttive europee. Ancora, la possibilità di prevedere l’espulsione come pena sostitutiva alla detenzione anche in mancanza di sentenza definitiva qualora l’imputato sia d’accordo.

Immigrazione: Prc; revoca permesso a Msf scelta inaccettabile

 

Redattore Sociale - Dire, 5 novembre 2008

 

"Apprendo l’assurda e ridicola, se non fosse agghiacciante, notizia che a un’organizzazione umanitaria come Medicines sans frontiers verrà negato, da parte del ministero dell’interno, la possibilità di lavorare e operare nel Cpt di Lampedusa".

È quanto afferma, in una nota, il segretario del Prc, Paolo Ferrero, sottolineando che "si tratta di una decisione gravissima e inaccettabile". Secondo Ferrero "con ogni evidenza, il governo Berlusconi e il ministero dell’Interno vogliono rendere i Cpt dei luoghi extra-territoriali, indifferenti alle leggi, al diritto, alle convenzioni e alle organizzazioni umanitarie, e cioè farne dei luoghi extra legem, soggetti ad ogni arbitrio e a ogni diritto".

Organizzazioni umanitarie credibili e serie, "oltre che internazionalmente riconosciute, come Msf - per Ferrero - devono poter invece essere presenti, poter entrare nei Cpt e verificare lo stato e il diritto alla salute, il rispetto pieno dei diritti, sanitari e umani, degli extracomunitari che vi sono lì tenuti". Ogni altra decisione "che impedisca di far ciò - conclude il segretario del Prc - si configura come un vero e proprio attentato alle più elementari convenzioni internazionali, ai diritti dell’uomo e alla Costituzione. Ci batteremo con ogni mezzo affinché ciò non avvenga. Il governo, piuttosto, ritiri immediatamente una decisione così sciagurata".

Droghe: Padova; convegno nuove strategie contro dipendenze

 

Redattore Sociale - Dire, 5 novembre 2008

 

Si terrà domani e il 7 novembre un convegno organizzato da Ulss, università e assessorato alle Politiche sociali. Turchi, docente di psicologia: "Sert e comunità vanno bene ma non bastano".

Un laboratorio per nuovi approcci in materia di dipendenze: questa è Padova, città che per prima sta sperimentando un nuovo modo sinergico di concepire il trattamento e la presa in carico della dipendenza. Se ne parlerà domani e il 7 novembre nella Città del Santo, nell’ambito del convegno dall’esaustivo titolo "Padova laboratorio aperto per la gestione delle dipendenze nell’ambito delle politiche sociali". L’iniziativa, promossa dall’Università e dall’Ulss 16 in collaborazione con l’assessorato alle Politiche sociali del comune, vuole mettere a confronto i massimi esperti del settore, consentendo loro di scambiarsi punti di vista diversi, mettendo in evidenza buone pratiche, ragionando su come operare per garantire la massima efficacia degli interventi.

E a Padova più che in ogni altra parte d’Italia si stanno muovendo i passi giusti per sperimentare strategie alternative. Ne è convinto Gian Piero Turchi, presidente del comitato organizzatore e docente di Psicologia dell’università patavina: "Questa città è veramente un laboratorio, molto più che altre realtà, nelle quali si usano ancora strumenti consueti come ad esempio i Ser.T. o le comunità - afferma infatti Turchi -. Sono strumenti, questi, che vanno bene ma che non bastano: bisogna infatti cercare un’altra via, una strada che metta in rete quelle attuali per crearne una inedita". Si tratta dunque di avviare o, come nel caso di Padova, di portare avanti un lavoro di interazione tra i soggetti che a diverso titolo operano nel settore.

Lo sottolinea anche il direttore del Dipartimento per le dipendenze dell’Ulss 16, Andrea Vendramin, primo sostenitore di una sinergia paritaria tra pubblico e privato sociale. L’esperto per avvalorare la tesi porta ad esempio il fatto che "nella nostra città da quindici anni esistono due agenzie, una per le tossicodipendenze e una per l’alcoldipendenza, che riuniscono tutti gli attori del privato sociale cittadino". I due esperti si approcciano alla questione "dipendenze" da due punti di vista diversi - Turchi è psicoterapeuta, Vendramin tossicologo -, ma ciò non impedisce loro di concordare sulla necessità di costruire un diverso approccio, più complesso e flessibile, "in grado di non fermarsi solo all’aspetto sanitario - come spiega Turchi -, ma di promuovere anche la salute in senso più ampio, di allargare lo sguardo, insomma, oltre al particolare". In altri termini, dice Vendramin, "ci deve essere l’interesse verso la ricaduta sociale della dipendenza". E per arrivare a questo bisogna porsi degli obiettivi, primo tra tutti quello di far diventare centrale l’aspetto della valutazione d’efficacia degli interventi posti in essere. Il convegno si svolgerà al centro culturale San Gaetano in via Altinate a partire dalle 9. Per informazioni: tel. 348.7065292, 339.6026060, mail segreteria.salute@gmail.com.

Onu: delegazione detenzioni arbitrarie, in Italia incontra il Csm

 

Ansa, 5 novembre 2008

 

Delegazione delle Nazioni Unite in Italia per raccogliere informazioni sul fenomeno delle detenzioni arbitrarie. Il gruppo di lavoro, in questi giorni in visita nel nostro paese, è stato oggi ricevuto dal Consiglio Superiore della Magistratura, dove ha incontrato anche il vicepresidente Nicola Mancino. "La delegazione - riferisce una nota del Csm - ha acquisito informazioni sul sistema ordinamentale italiano, e in particolare sul trattamento e la condizione dei detenuti".

Macedonia: Consiglio d'Europa; condizioni carceri inaccettabili

 

Ansa, 5 novembre 2008

 

"Inaccettabili": così il Comitato per la prevenzione della tortura (Cpt), organismo del Consiglio d’Europa che monitora la situazione nei luoghi di detenzione negli Stati membri, definisce, nel rapporto pubblicato oggi, le condizioni di vita dei detenuti in Macedonia. Nel rapporto si sottolinea come "le condizioni dei detenuti siano peggiorate in questi ultimi due anni". E si evidenzia che la situazione igienica è disastrosa, le strutture sono insicure e i detenuti, anche minori e bambini, passano le giornate in celle umide, soffocanti e sovraffollate, senza poter svolgere alcuna attività. Non mancano poi le denunce di maltrattamenti.

Secondo il Cpt, le autorità macedoni si sono sinora mostrate "indifferenti": non hanno dato seguito alle raccomandazioni del Comitato e spesso hanno fornito informazioni "non corrispondenti alla realtà". Il Cpt chiede a Skopje di intervenire con urgenza per sanare la situazione attuale, elaborando al contempo un piano d’azione per accelerare le necessarie riforme nel settore carcerario.

 

 

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