Rassegna stampa 29 marzo

 

Giustizia: Mantovano (Pdl); benefici minano certezza pena

 

Adnkronos, 29 marzo 2008

 

"È la possibilità di sommare i benefici previsti dall’ordinamento a rendere la sanzione penale qualcosa di virtuale anche rispetto a reati molto gravi", minando il principio della certezza della pena. Lo ha sottolineato Alfredo Mantovano (Pdl), intervenendo allo "Speciale Elezioni 2008" dell’Adnkronos. "La legge Cirielli - ha rilevato Mantovano - è stata criticata pesantemente nella parte che riguardava i termini di prescrizione, ma non è stata adeguatamente valorizzata per la parte nella quale si limitano i benefici dell’ordinamento penitenziario per coloro che li strumentalizzano per tornare a commettere reati".

Riguardo ad una Commissione parlamentare d’inchiesta sul G8, Mantovano ha detto che avrebbe "il solo scopo di criminalizzare le forze di polizia nel loro insieme, di ostacolare il lavoro dell’autorità giudiziaria e di individuare, non sette mesi ma sette anni dopo, delle responsabilità politiche da utilizzare in questi giorni di campagna elettorale".

Giustizia: Osapp; rischioso declassificare detenuti del 41-bis

 

Agi, 29 marzo 2008

 

Esiste un "concreto rischio" all’interno delle strutture carcerarie: "un rischio legato all’elevato numero di detenuti ad Alta Sicurezza, perché già 41-bis declassificati, ovvero affiliati ad associazioni criminali oramai non solo a livello nazionale, a cui l’Amministrazione, invece di lanciare inutili allarmismi, dovrebbe prestare attenzione e rimedio". Lo sottolinea l’Organizzazione Sindacale Autonoma di Polizia Penitenziaria (Osapp), secondo la quale "è avvilente che la politica si esprima attraverso e soltanto con slogan elettorali: ora sul tema dell’Alitalia, ora sulla questione dell’Antimafia, come ha fatto oggi Veltroni parlando a Reggio Calabria".

Da tempo, ricorda Leo Beneduci, segretario dell’Osapp, "abbiamo denunciato la totale mancanza, nei programmi degli schieramenti politici, di proposte concrete per la grave situazione carceraria che ci apprestiamo a vivere a ridosso del periodo estivo" e "crediamo alla politica del fare, e dell’ascolto, ma sembra che i leader politici siano intenti ad inseguire altre chimere, quando non solo assistiamo alla rovina delle strutture detentive per il problema della capienza, ma soprattutto quando nessuno focalizza l’attenzione, nemmeno il Capo del Dap, sulle vere emergenze da affrontare nelle sezioni: i disagi del personale di polizia penitenziaria, le carenze igienico-sanitarie, la sicurezza e la gestione dei detenuti più pericolosi". E "ancor peggio - conclude Beneduci - notiamo come, soprattutto per quest’ultimo punto, in tema di coordinamento delle attività che le forze di polizia devono porre in essere nel contrasto alla criminalità organizzata, ci si muova sempre in termini di spot di propaganda".

Giustizia: G8; ex capo polizia De Gennaro verso il processo

 

Secolo XIX, 29 marzo 2008

 

I pubblici ministeri che indagano sui fatti del G8 di Genova hanno chiesto il rinvio a giudizio dell’ex capo della polizia, Gianni De Gennaro, per aver istigato l’ex questore di Genova, Francesco Colucci, a rendere falsa testimonianza durante il processo per la sanguinosa irruzione nella scuola Diaz; identica richiesta (ma con l’accusa di falsa testimonianza) per lo stesso Colucci e per Spartaco Mortola, all’epoca capo della Digos.

La notizia, anticipata da indiscrezioni di stampa, è stata confermata all’agenzia di stampa Ansa dal procuratore aggiunto del tribunale di Genova, Mario Morisani; secondo le indiscrezioni, il procuratore capo di Genova, Francesco Lalla, non avrebbe firmato il provvedimento in disaccordo con i suoi Pm. Morisani, nel confermare il deposito della richiesta di rinvio a giudizio per De Gennaro, ha sottolineato che non è necessaria la firma del capo della Procura. Dopo i casi del processo al professor Henriquet e degli arresti domiciliari per Giovanni Novi, comunque, questo è il terzo caso di un provvedimento preso dai suoi vice e non controfirmato da Lalla.

De Gennaro era stato raggiunto dall’avviso di fine indagini a fine novembre scorso; il 18 gennaio scorso, l’ex capo della polizia - ora commissario straordinario per l’emergenza rifiuti in Campania - aveva depositato in Procura una memoria difensiva in cui aveva ribadito di non aver mai indotto Francesco Colucci a rendere falsa testimonianza.

 

Il primo commento di De Gennaro

 

"Sono assolutamente tranquillo, perché consapevole di non essere mai venuto meno ai miei doveri": commenta così, il prefetto Gianni De Gennaro, la notizia della richiesta di rinviarlo a giudizio per i fatti della Diaz avanzata dai Pm di Genova. Da Napoli - dove ha appena ultimato un incontro con il comitato dei cittadini di Santa Maria La Fossa, una delle travagliate discariche dell’emergenza rifiuti, e impegnato a controllare i piani di invio in Germania della spazzatura - di questa accusa di induzione alla falsa testimonianza che gli è rivolta dice: "È una vicenda di cui mi occuperò con i miei legali al momento opportuno. Ora sono impegnato ad assolvere un delicato compito che il Governo mi ha affidato".

 

Lalla sulla "spaccatura" in tribunale: "Una menata"

 

"Non so se ridere, mi riesce difficile mantenere un atteggiamento serio su certe cose. Posso dire solo una cosa: io non dovevo firmare niente, non mi hanno chiesto di firmare niente e non ho chiesto io di firmare niente. Di questa cosa non sapevo niente perché avevo delegato il procuratore aggiunto, Mario Morisani. Gli avevo detto di occuparsi di tutto. Punto". Con queste parole, il procuratore capo di Genova, Francesco Lalla, smentisce che l’ufficio giudiziario si sia spaccato sulla richiesta di rinvio a giudizio dell’ex capo della polizia: "Non mi sono volutamente occupato della vicenda perché ho delegato il mio vice, che è coassegnatario del procedimento e che doveva seguire quella fase. Significa che ho proprio delegato al procuratore vicario tutte le valutazioni che ha fatto a nome dell’ufficio. Non mi posso occupare di tutto e quindi questa inchiesta non è stata seguita da me". Lalla ha concluso con un pizzico di ironia: "La cosa più interessante sarebbe conoscere la fonte di questa notizia, non si capisce come certe cose emergano in questo modo. Ma il mondo oggi è così: "Il procuratore Lalla non firma". In altre parole, per Lalla, la spaccatura nella procura di Genova è tutta "una menata".

 

Al G8 violenze indegne

 

"A nome dello Stato chiedo scusa per quello che è successo nella caserma di Bolzaneto nei giorni del G8. Condotte gravissime, inaccettabili per un Paese civile". Scuse come ammissione di colpa. E chi parla non è persona qualunque. È Matilde Pugliaro, legale dell’Avvocatura dello Stato di Genova. Al processo per le violenze che si consumarono nella caserma di Bolzaneto ("i comportamenti disumani, raffigurabili in torture", come sostengono i due pm Patrizia Petruzziello e Vittorio Ranieri Miniati ) Pugliaro è responsabile civile in rappresentanza di tre ministeri: Interni, Difesa e Giustizia. Il che significa che se i 45 imputati verranno condannati e il Tribunale accoglierà le richieste di provvisionale presentate dalle parti offese (oltre 200 persone che chiedono tra i 20 e i 30 mila euro a testa per i maltrattamenti subiti), ai suoi assistiti potrà essere richiesto di contribuire al pagamento dei danni.

Dovrebbe stare dalla parte degli imputati, Matilde Pugliaro, ma anche se l’arringa è in questo senso (e non potrebbe essere altrimenti) le sue parole non nascondono l’imbarazzo. E tutto questo, ma soprattutto le scuse suonano come il preludio a un nuovo coro di richieste, peraltro già entrate nella campagna elettorale, di una commissione parlamentare di inchiesta che faccia luce su quanto realmente accadde a Genova nei giorni del G8 del luglio 2001. E c’è anche da domandarsi, a fronte di queste scuse, come reagirà Roberto Castelli, ministro della Giustizia ai tempi del vertice dei Grandi, che solo la settimana scorsa aveva dichiarato che "a Bolzaneto non ci fu nessuna violazione dei diritti umani". Gioiscono intanto i pochi avvocati (di parte civile) presenti nell’udienza pomeridiana. "Finalmente qualcuno che chiede scusa - commenta per tutti Riccardo Passeggi - sono molto soddisfatto, ma è sempre da vedere chi pagherà il dentista alle persone offese".

Nell’ultima giornata di udienza dedicata agli interventi delle parti civili, dunque, l’Avvocato dello Stato apre il suo intervento elogiando il lavoro dei due pm e la "memoria esemplare" che hanno presentato a conclusione della loro requisitoria per cercare di sintetizzare il loro lavoro (un dvd dal titolo "I giorni di Bolzaneto Genova - Luglio 2001") e riconosce che in quei giorni nella caserma si consumarono "condotte gravissime" da parte proprio di quelle forze dell’ordine che avrebbero dovuto garantire la correttezza dei comportamenti nei confronti dei manifestanti arrestati. Non usa mai la parola tortura tanto cara ai pm, ma insiste sui "comportamenti inaccettabili". E così chiede scusa, l’Avvocato dello Stato, e precisa che avrebbe voluto costituirsi parte civile, ma che quella è una decisione che può prendere solo la Presidenza del Consiglio. Ma questo non è successo. Allora lei si scusa "a nome dello Stato" e sottolinea che ci furono comportamenti "indegni di uno Paese civile" anche se - specifica - le "richieste di pena nei confronti di alcuni funzionari sono state un po’ troppo severe".

Cerca di barcamenarsi in nome del suo ruolo, l’avvocato Pugliaro, e così afferma "che hanno fatto bene i pm a distinguere tra le condotte dolose e i comportamenti colposi frutto della negligenza di chi ha organizzato male l’evento". E tenta - citando una sentenza - di difendere la posizione dei tre ministeri, prendendo le distanze dagli imputati, per cercare di evitare il riconoscimento della "responsabilità solidale" per il risarcimento dei danni: "Se dovesse essere provato il dolo - afferma - deve essere esclusa la responsabilità dei ministeri in quanto, se un ufficiale agisce nel suo interesse, si rompe il rapporto organico che esiste tra la struttura e i suoi membri". Una tesi, secondo il pm Ranieri Miniati, "difficile da sostenere", ma sarà il Tribunale a decidere così come dovrà pronunciarsi sulle eccezioni prettamente tecniche presentate dall’altro Avvocato dello Stato, Giuseppe Novaresi, che ha sostenuto che alcune richieste delle parti civili non sono state ben motivate in quanto non sarebbero state chiarite le conseguenze sulle parti offese dei comportamenti delle forze dell’ordine.

Lunedì dunque inizieranno a parlare i difensori degli imputati, toccherà alla difesa di Alessandro Perugini (all’epoca vice dirigente della Digos alla Questura di Genova), ma l’udienza di ieri ha fatto registrare un altro aspetto di un certo rilievo. L’avvocato di parte civile Riccardo Passaggi ha "contestato" infatti la richiesta di assoluzione presentata dai pm nei confronti dell’ufficiale di polizia penitenziaria Giuseppe Fornasier. Petruzziello e Miniati l’avevano motivata sostenendo che Fornasier non era presente quando i suoi colleghi addetti alla matricola maltrattarono i detenuti in arrivo dalla scuola Diaz dopo l’irruzione della polizia. Lo stesso Fornasier aveva dichiarato di non esser stato presente la sera del venerdì in quanto a cena in un ristorante della zona e aveva pure presentato la ricevuta. Poi era andato a dormire. In un altro passaggio però - come ha sottolineato il legale - Fornasier ammette di aver visto i detenuti maltrattati.

Benevento: detenuto denuncia; è una piccola Guantanamo

 

Agi, 29 marzo 2008

 

In una sezione speciale del carcere di Benevento sarebbero detenuti solo islamici che verrebbero picchiati e insultati, in una sorta di "piccola Guantanamo". A denunciarlo è l’avvocato milanese Giuseppe Pelazza che rende nota una missiva dell’algerino Yamine Bourama.

"A gennaio del 2008 - è scritto nella lettera - è stata aperta una nuova sezione Eiv (elevato indice di vigilanza) a Benevento composta di soli prigionieri islamici, una decina in tutto, 5 algerini, 2 iracheni, un egiziano, un tunisino e un anziano palestinese di 82 anni, da 17 anni detenuto per il sequestro della nave Achille Lauro".

"Bourama - spiega Pelazza - ha già chiesto un incontro con il capo della procura di Catanzaro dove è stato trasferito di recente per formalizzare il tutto in un esposto penale". Il nordafricano, che nel titolo della sua missiva definisce la sezione del carcere campano "una piccola Guantanamo in Italia", racconta di essere stato picchiato più volte e di aver subito diverse vessazioni, prima di finire con una punizione di 15 giorni di isolamento.

"Al momento del trasferimento un ispettore mi minacciava un’ultima volta dicendomi di non parlare di quanto era successo", continua il detenuto. "La struttura della sezione è già di per sé significativa, bocche di lupo alle finestre oltre alle reti, reti sopra il passaggio, è un regime di detenzione intimidatorio e teso a imporre una disciplina militaresca", aggiunge Bourama, che precisa di essere stato colpito in diverse occasioni con pugni in faccia, "anche in infermeria davanti al medico e all’ispettore dove ero stato portato per le cure". L’avvocato Pelazza ricorda che "l’Italia è già stata condannata dalla giustizia europea a causa di queste sezioni ad alto indice di vigilanza".

Ferrara: carcere dell’Arginone, il sovraffollamento fa paura

 

Il Resto del Carlino, 29 marzo 2008

 

È un giudizio "molto più che positivo", quello espresso dalla Uil penitenziari sul carcere Arginone, che "insieme a Parma - afferma il segretario generale del sindacato, Eugenio Sarno - rappresenta l’immagine positiva dell’Amministrazione penitenziaria in Emilia Romagna". Questo, aggiunge però il leader della Uil penitenziari, al termine della visita effettuata nel carcere ferrarese, "non significa che non abbiamo riscontrato criticità: nel corso della prossima settimana inoltrerò una dettagliata relazione al provveditore regionale e al capo del dipartimento. Con pochi, urgenti, interventi la casa circondariale di Ferrara potrebbe essere ascritta alle eccellenze del panorama penitenziario nazionale".

Tra le urgenze individuate dalla delegazione della Uil nel nostro penitenziario, emergono sovraffollamento, sicurezza e personale: "È incredibile come una struttura che ospita anche una sezione per collaboratori presenti un grave vulnus nel varco di accesso - osserva Sarno - è contro le più elementari norme di sicurezza non prevedere un filtro adeguato per i familiari che accedono per i colloqui (identificazione e ispezione avvengono solo all’interno del penitenziario e non all’ingresso)".

Inoltre, secondo il sindacato, "è necessario intervenire sul parco macchine destinato al servizio traduzioni (nel 2007 il nucleo Traduzioni ne ha effettuate 1.159 per un totale di 1.707 detenuti impiegando ben 4.305 unità di polizia penitenziaria). Quattro furgoni (di cui solo due blindati e con circa 300 mila km), tre Fiat Punto (con oltre 270 mila km), una Libra e una Alfa 146 non sono sufficienti. Forse qualche alto dirigente, a Bologna o a Roma, potrebbe mettere a disposizione qualche auto blu".

A preoccupare poi c’è il dato del sovraffollamento: "In termini assoluti le cifre non sarebbero allarmanti. Oggi le presenze detentive assommano a 373 , a fronte di una capienza di 220. Il problema - spiega Sarno - è che Ferrara è stata concepita con tutte stanze singole. Allocare due detenuti in poco più di 15 metri quadrati è un problema logistico e di civiltà. Se consideriamo che le sezioni hanno solo due docce il quadro è chiaro". Infine, la Uil chiede "interventi immediati" per contrastare la carenza degli organici del personale che "è di circa il 25%, 177 unità presenti a fronte delle 232 previste".

Un dato, secondo Sarno, "insostenibile, ancor più se riferito a piante organiche mai condivise e che non tengono conto della specificità della struttura. Basti pensare che le sezioni sono lunghe circa 100 metri, ospitano mediamente 60 detenuti ma solo un agente è preposto al servizio di sorveglianza".

Verona: settimana di incontri per capire la realtà del carcere

 

L’Arena di Verona, 29 marzo 2008

 

La realtà del carcere, con la sua vita, le sue pene, i sensi di colpa e le speranze. Un mondo a parte, tanto vicino a noi eppure così poco conosciuto, nonostante le molte attività, anche rivolte all’esterno, che vi si svolgono. Per sensibilizzare la comunità a questo tema, il circolo culturale "Convegno dei dieci" di Costermano in collaborazione con la parrocchia, le associazioni di volontariato del paese e l’associazione "La Fraternità" di Verona, organizza la "Settimana di sensibilizzazione sul tema del carcere", che si terrà da oggi al 6 aprile al teatro parrocchiale in piazza monsignor De Massari.

"Il filo conduttore della fitta rete di appuntamenti programmati è la cultura", annuncia Maurizio Sometti, presidente del "Convegno dei dieci". "Abbiamo infatti predisposto mostre, conferenze con testimonianze, presentazioni di libri e incontri con personaggi noti che hanno vissuto e operano in questa realtà sociale, ritenendo che soltanto la conoscenza possa aiutarci a percepire cosa sia veramente la vita in una casa circondariale, come quella di Montorio", continua Sometti a cui l’idea di affrontare il tema è venuta grazie ad un libro.

"Desideravo approfondire l’argomento e mi ci sono appassionato leggendo "Libertà dietro le sbarre" di Candido Cannavò, che consiglio a tutti", ricorda. "Siamo in contatto con fra Beppe Prioli che in questo momento opera a Verona nella parrocchia di San Bernardino nell’ambito dell’associazione La Fraternità da lui fondata nel 1968 e così, ragionando con il nostro parroco don Giorgio Scala, si è pensato di avvicinare anche la nostra società al tema".

Si comincia oggi: alle 15.30 fra Beppe presenterà volumi suoi e di Arrigo Cavallina, che porterà la sua esperienza di vita vissuta in ambito carcerario. L’incontro sarà animato da Flora Massari, che leggerà brevi testi stimolando la discussione e il dibattito. Subito dopo, verso le 17.30, sarà inaugurata la mostra di pittura "Tra mura Les", quadri dipinti da persone detenute nella casa circondariale di Montorio.

L’esposizione, che è già stata presentata l’anno scorso a Verona alla Gran Guardia e l’anno precedente all’Arsenale, resterà aperta nel teatro parrocchiale fino al 6 aprile, dalle 15 alle 18. Alle 18.30 sarà celebrata la messa, animata dal gruppo scout di Costermano e intervallata da testimonianze di fra Beppe. Alle 20 cena di fraternità aperta a tutti.

Il 2 aprile alle 20.30 racconti di esperienze dal carcere ed interventi di volontari delle due associazioni "Don Tonino Bello" e "La fraternità". Domenica 6 aprile saranno presenti alcuni detenuti in permesso, in arrivo da Verona e da Padova. Alle 10.15 seguirà la messa, celebrata da don Giorgio Scala e da don Sergio Pighi e animata dalla corale polifonica di Costermano. Alle 12 pranzo comunitario a cui, ancora una volta, l’intera comunità è invitata

Bologna: vendeva la droga sequestrata, poliziotto condannato

 

Notiziario Aduc, 29 marzo 2008

 

È stato condannato con rito abbreviato a una pena di quasi quattro anni F.M., l’agente della squadra Mobile di Bologna accusato di aver sottratto un chilo e 476 grammi di cocaina che doveva custodire in Questura come prova del reato. Era accusato di detenzione di droga ai fini di spaccio, peculato e detenzione illegale di munizionamento.

A condurre l’inchiesta che aveva portato all’arresto era stato il Pm Lorenzo Gestri, che ieri in aula ha chiesto una condanna a quattro anni e quattro mesi. La difesa, Avv. Gabriele Bordoni, aveva chiesto l’assoluzione per tutti i reati tranne che per la detenzione illegale di munizioni. Il legale si è detto soddisfatto poiché la corte (presidente Arnaldo Rubichi) ha riconosciuto la detenzione di droga a fini di spaccio (art.73 del Dpr 309/90) ma ritenendo sussistente solo il comma 5°, (quello che individua i fatti di lieve entità). Il poliziotto aveva ammesso di aver preso la droga dall’ufficio reperti, asserendo però di averla usata per consumo personale.

Ma visto che l’ammanco maggiore, di 1,2 kg, risaliva al marzo 2006 era sembrato poco credibile un consumo personale di così tanta cocaina nel giro di qualche mese. Da qui l’accusa di detenzione a fini di spaccio. "I giudici oggi hanno riconosciuto che, se c’era, si trattava di cessione marginale e non significativa", ha spiegato il legale.

L’accusa di peculato invece si era configurata visto che si tratta di un reato che viene compiuto dal pubblico ufficiale che si appropria di denaro o beni che ha nella propria disponibilità per il suo incarico.

In questo caso il poliziotto doveva custodire la droga sequestrata. La vicenda era venuta alla luce all’inizio del 2007, quando, in seguito ad alcuni malesseri di carattere nervoso, l’agente era stato ricoverato in un ospedale cittadino. Gli accertamenti sanitari, avevano stabilito che i suoi problemi di salute erano dovuti all’assunzione di stupefacenti, in particolare cocaina. La Questura aveva deciso accertamenti medici ulteriori, e informato della vicenda oltre alla Procura, che aveva avviato l’inchiesta, anche il ministero dell’Interno. L’agente non è più in polizia.

Droghe: Ferrero; repressione traffico e riduzione del danno

 

Notiziario Aduc, 29 marzo 2008

 

"Continuano le morti per eroina, una tragica serie di scomparse che testimoniano come le politiche proibizioniste non solo non abbiano ridotto la circolazione delle sostanze ma abbiano invece portato a una recrudescenza delle vittime". Lo dice il ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, in relazione alla morte di un giovane per eroina, a Roma.

"Dovrebbe essere una ragione sufficiente perché chi ha voluto una legge assurda e pericolosa come la Fini - Giovanardi che manda in galera i ragazzini per uno spinello ma continua a lasciare circolare fiumi di eroina, rifletta su quanto ha provocato. È chiaro che solo la repressione del narcotraffico e le politiche informative e di riduzione del danno nei confronti dei consumatori possono tentare di modificare questa drammatica situazione".

Argentina: continua il dibattito sulla depenalizzazione...

 

Notiziario Aduc, 29 marzo 2008

 

Continua il dibattito sulla depenalizzazione del possesso di droghe. Maria Graciela Garcia, sottosegretaria per l’Assistenza alle tossicodipendenze di Buenos Aires, e Marta Gomez, titolare di Madres en lucha contra el paco ("Madri in lotta contro il paco") hanno chiesto d’ampliare i programmi d’assistenza sociosanitaria ai tossicodipendenti, come requisito preliminare per un’eventuale depenalizzazione del possesso di stupefacenti per uso personale.

Le dichiarazioni delle due referenti avvengono nel bel mezzo di una lotta sotterranea nel Governo, tra favorevoli e contrari al progetto per "alleggerire" la cosiddetta "legge delle droghe", e del dibattito all’interno della Corte Suprema che potrebbe andare nella stessa direzione. Il ministro della Giustizia, Anibal Fernandez, propone la depenalizzazione, che finora è stata accolta dal suggestivo silenzio del responsabile politico di questa tematica, il titolare della Segreteria di Lotta alla Tossicodipendenza e al Narcotraffico (Sedronar), Josè Ramon Granero.

In un colloquio con l’agenzia Dyn, le signore Garcia e Gomez non bocciano la modifica proposta da Fernandez, ma concordano - ciascuna con le proprie argomentazioni - sul fatto che sia "necessario" applicare misure preventive prima di una modifica che potrebbe causare "seri rischi" per i gruppi sociali più vulnerabili, in particolare per i bambini e gli adolescenti più poveri.

"La depenalizzazione del possesso per consumo personale è un dibattito che si deve fare, ma con molta cautela giacché, di fatto, la legislazione attuale contempla già la possibilità che la persona non sia punita se accetta un percorso terapeutico di riabilitazione", ha spiegato la signora Garcia che, tra l’altro, vorrebbe si considerasse che viviamo in una società violenta, dove molte persone che delinquono hanno contatto con le droghe, anche se non tutti quelli che si drogano delinquono. "Non si deve discutere partendo da posizioni preconcette per il sì o per il no, ma bisogna analizzare il tema con pacatezza".

Marta Gomez, dirigente di una Ong che affronta la problematica del paco (pasta base della cocaina), chiede al Governo nazionale e alla Corte di "essere molto prudenti" di fronte all’autorizzazione del possesso di droghe per uso personale. Le sembra soprattutto importante che lo Stato si occupi della salute, degli aspetti sociali e lavorativi dei tossicodipendenti, senza di che, la depenalizzazione rischia d’essere più nociva che altro.

 

 

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