Rassegna stampa 20 maggio

 

Giustizia: espulsione per comunitari pericolosi o senza reddito

di Antonio De Florio

 

Il Messaggero, 20 maggio 2008

 

Espulsione per i comunitari "pericolosi" o senza reddito. Le norme in tre decreti d’attuazione delle direttive internazionali: in vigore entro un mese col parere delle commissioni parlamentari.

Buona parte del pacchetto sicurezza che prende spunto dalle Direttive europee sarà approvato con decreti legislativi e riguarderà sia gli extracomunitari che i comunitari. In base all’articolo 76 della Costituzione avranno un passaggio in commissione parlamentare ed entreranno in vigore entro un mese. Ecco i provvedimenti che "Il Messaggero" è in grado di anticipare.

L’asilo. La prima stretta riguarda gli extracomunitari che presentano domanda di asilo: non potranno più circolare liberamente in attesa della risposta, ma dovranno risiedere presso centri che non sono i Cpt ma che hanno tuttavia particolari vincoli; il mancato rispetto comporterà la bocciatura della domanda.

Ricongiungimenti familiari. La seconda stretta si riferisce ai ricongiungimenti familiari: si torna ai limiti previsti dalla Bossi-Fini, escludendo zii e nipoti. È previsto il test del Dna quando l’autorità consolare o diplomatica ha dubbi sull’effettiva sussistenza della parentela.

Comunitari. Passiamo alle norme previste per i comunitari: viene stabilito il tempo certo entro il quale dichiarare la presenza sul territorio italiano. Trascorsi i tre mesi previsti dalla direttiva Ue n. 38, entro dieci giorni andrà fatta. L’omessa dichiarazione associata all’assenza di reddito lecito costituisce "motivo imperativo" di sicurezza per l’allontanamento. Il comunitario viene rimandato al paese di provenienza con accompagnamento alla frontiera.

Colf e badanti. Per quanto riguarda le colf e le badanti che si sono autodenunciate per essere assunte con il decreto flussi si interverrà in un secondo momento perché l’obiettivo prioritario del governo è quello di combattere la criminalità legata alla clandestinità.

Espulsioni. Arriviamo al criterio della pericolosità, più esteso, in materia di espulsioni. Sarà riferito a chi commette un reato che legittima l’arresto in flagranza. Non è necessaria una condanna definitiva per l’applicazione del provvedimento, ma un’informativa di polizia che qualifichi i reati in quei termini. L’espulsione compete ai Prefetti, in base al decreto Amato ora in vigore.

Sindaci. Sarà ospitata da uno o più disegni di legge la normativa che riguarda i sindaci e i loro poteri in materia di sicurezza e sostanzialmente riproporrà i provvedimenti presentati dal precedente ministro dell’Interno Giuliano Amato e concordati con i sindaci delle grandi città italiane e con l’Anci. Il successore, Roberto Maroni, quel lavoro l’ha definito "eccellente". I sindaci potranno emettere ordinanze interdittive come quelle varate a Firenze e Bologna contro lavavetri e accattoni. Provvedimenti che tuttavia dovranno essere concordati con l’autorità di pubblica sicurezza.

Certezza della pena. Sulla certezza della pena sono previste, con lo stesso strumento legislativo, modifiche alla legge Gozzini con una "rivalutazione della recidiva" per escludere i benefici che riguardano tanto le scarcerazioni anticipate quanto l’affidamento ai servizi sociali e i permessi premio.

Reato di immigrazione clandestina. Arriviamo al punto più discusso del pacchetto: l’istituzione del reato di immigrazione clandestina. La soluzione è che diventerà un’aggravante la condizione di clandestinità per lo straniero che commette un reato, comportando l’aumento di un terzo della pena. Questa aggravante non sarà soggetta al giudizio di bilanciamento con le attenuanti.

Le misure elaborate dai tecnici dei ministri Roberto Maroni e Angelino Alfano e del sottosegretario Alfredo Mantovano, che ha la delega sulla pubblica sicurezza, indubbiamente comporteranno un aumento delle espulsioni degli stranieri e gli attuali 12 Cpt diventeranno 21, riaprendo quelli che erano stati chiusi e costruendone nuovi.

Le bozze dei provvedimenti sono state esaminate ieri pomeriggio a palazzo Chigi dagli esperti dei ministeri dell’Interno, di Giustizia, Esteri, Difesa e Politiche comunitarie. Nel decreto legge potrebbe trovare spazio l’aggravante che sostituisce il reato di immigrazione clandestina. Così come la norma che punisce coloro che affittano in nero le case ai clandestini.

"Ci sarà una norma - annuncia il ministro Maroni a "Porta a porta" che sanziona in modo pesante chi affitta l’appartamento in nero a clandestini: le case saranno confiscate e consegnate ai sindaci, che potranno destinarle ad uso sociale. Mi rendo conto che è una misura pesante, ma non si possono chiedere misure drastiche al governo e poi nel privato approfittare dell’illegalità". Su questo punto c’è ancora una margine d’incertezza. I tecnici del Viminale e del ministero della Giustizia trovano difficilmente praticabile questa sanzione e consigliano la reclusione (fino a tre anni) e una sostanziosa multa (10.000 curo).

Il reato di immigrazione clandestina resta, però, nei desideri del responsabile del Viminale. Cita durante la trasmissione televisiva l’esempio di "paesi civilissimi come Francia e Germania", dove il reato c’è e "consente il giudizio immediato e l’espulsione dopo la sentenza di condanna". Sulla sicurezza dice Maroni "non vogliamo fare la faccia feroce ad uso delle telecamere, ma seguiremo un’altra strada, quella avviata dall’ex ministro Amato con i patti per la sicurezza: Amato ha fatto un ottimo lavoro".

"Io - spiega - ho chiesto la collaborazione al mondo delle autonomie locali e all’opposizione: domani incontrerò il ministro dell’Interno ombra, Marco Minniti, Perché voglio discutere con lui alcune delle misure che andranno al Consiglio dei Ministri, alcune delle quali sono quelle che loro stessi avevano studiato e poi non approvato per problemi interni alla loro maggioranza".

Giustizia: Maroni; "pacchetto sicurezza" in vigore entro luglio

 

Il Sole 24 Ore, 20 maggio 2008

 

Anche le misure del pacchetto sicurezza che verranno inserite in un disegno di legge saranno comunque approvate entro la fine di luglio perché il Governo intende chiedere una corsia preferenziale in Parlamento. Lo assicura il Ministro dell’Interno, Roberto Maroni, durante la registrazione di "Porta a porta".

Maroni spiega che il pacchetto sicurezza che verrà portato al Cdm di mercoledì si compone di "una trentina di temi: secondo me hanno tutti i requisiti di necessità e urgenza" che consentirebbero di varare tutto per decreto. Ma "sarà Berlusconi a decidere le misure che non sono così urgenti e che entreranno nel disegno di legge".

In ogni caso, si tratta di poche settimane in più, perché "chiederemo in Parlamento una corsia preferenziale: l’obiettivo del Governo - dice Maroni - è di avere l’ok al Dl e al Ddl entro la fine di luglio per dare risposta all’ansia di sicurezza che ha preso ormai i cittadini. Sono misure anche forti, ma stabiliscono per tutti un principio di legalità". Maroni ribadisce poi di non avere dubbi circa la necessità di introdurre il reato di immigrazione clandestina: "C’è in Francia e in Germania, e consente un giudizio immediato e l’espulsione con provvedimento del magistrato. È una garanzia di un giusto processo per chi viene in Italia".

Giustizia: Veltroni; "no" al reato di immigrazione clandestina

 

Il Sole 24 Ore, 20 maggio 2008

 

No a introdurre il reato di immigrazione clandestina, no "alle tentazioni di giustizia fai da te" e a chi "ammicca o sottovaluta" fenomeni "gravissimi" che si sono manifestati negli ultimi giorni come gli attacchi ai campi rom o "soluzioni sbagliate" come le ronde di cittadini contro la criminalità. Sì a rilanciare le misure del "pacchetto Amato", varate dal precedente governo. Lo afferma Walter Veltroni, che prende posizione sulle misure per la sicurezza che stanno per essere varate dal governo di centrodestra. "Le questioni della sicurezza sono fondamentali per tutti i cittadini - afferma Veltroni - per questo vanno affrontate con misure utili e non propagandistiche". "Per questo - sottolinea - il Pd dice di no all’idea di introdurre il reato di immigrazione clandestina: sarebbe una misura inutile e persino dannosa, capace di intasare le carceri e di spingere anche chi viene nel nostro Paese per lavorare tra le braccia della criminalità organizzata".

Secondo il segretario del Pd, "il problema dell’immigrazione va affrontato invece con un forte rapporto con l’Europa: le politiche della sicurezza e quelle dell’immigrazione devono essere raccordate e i controlli devono avere una dimensione continentale. Bisogna fare una battaglia seria contro la clandestinità e per questo è necessario integrare e riconoscere chi nel nostro Paese lavora e ha una casa (come le centinaia di migliaia di badanti che sono necessarie alle famiglie, o i tanti lavoratori dell’edilizia che non sono stati sinora regolarizzati per responsabilità di una legge sui flussi che non funziona)".

"I tanti cittadini stranieri che lavorano regolarmente nel nostro Paese sono una risorsa e non un pericolo - afferma Veltroni - lo dimostra anche il fatto che tra gli immigrati regolari la percentuale di chi commette reati è del tutto analoga a quella dei cittadini italiani".Veltroni ribadisce l’impegno del Pd a rispondere alla domanda di sicurezza dei cittadini, "specie di quelli più deboli", ma respinge con un "no fortissimo" le "tentazioni di giustizia fai da te che in questi giorni si sono affacciate".

"La sicurezza - sottolinea - è un monopolio dello Stato, quindi non è ammissibile nessun ammiccamento o anche semplicemente sottovalutazione davanti a fenomeni gravissimi come gli attacchi ai campi rom o a soluzioni sbagliate come quelle delle ronde. Il Pd, dunque, "è favorevole a riprendere, integrandole coerentemente, le proposte del pacchetto Amato, cioè una idea fondata sull’equilibrio tra sicurezza e diritti".

Giustizia: La Russa; sì ad aggravante specifica di clandestinità

 

Affari Italiani, 20 maggio 2008

 

Nazionale è stata la prima a proporre il reato di clandestinità quando venne varata la legge Bossi-Fini. In quell’occasione trovammo grosse difficoltà e fummo gli unici a tentare di introdurlo. Poi non passò, ma la legge fu comunque considerata buona anche da noi.

Restiamo favorevoli all’introduzione del reato di immigrazione clandestina", afferma il ministro della Difesa Ignazio La Russa. "Si è discusso non sul principio in sé ma su quale sia il modo migliore per giungere all’espulsione di chi è entrato in Italia in maniera clandestina ed è qui clandestinamente. Sono state prospettate anche altre soluzioni che prevedono percorsi amministrativi e sono tutt’ora allo studio".

"In linea di principio - afferma il reggente di An - siamo favorevoli all’introduzione del reato di clandestinità. Ma quello che ci interessa non è comunque scrivere che è reato essere clandestini, soprattutto se ciò dovesse comportare una maggiore difficoltà dell’espulsione attraverso i passaggi giudiziari. Il reato è utile soltanto se si riesce a determinare l’espulsione immediata con un giudizio per direttissima, senza prolungare la detenzione di un solo giorno in più del normale. Se uno deve essere espulso in quanto clandestino, che in più abbia anche questa condanna serve come deterrente ma non tanto ai fini di una più rapida espulsione. Serve appunto come deterrente per far capire che chi entra è passibile di una pena piuttosto che per accelerare l’espulsione. In sostanza interrompe un tam tam che la sinistra ha creato, dicendo: venite tutti in Italia che tanto qui potete stare tranquilli anche se siete clandestini".

Ma La Russa apre anche a un’altra ipotesi. "La soluzione alternativa è quella di considerare la presenza clandestina in Italia anziché un reato un’aggravante specifica per chi commette reati, con l’impossibilità di equiparare questa aggravante a eventuali attenuanti. È una soluzione sulla quale si può comunque discutere, pur essendo noi favorevoli al reato assoluto di clandestinità. Se ci fosse solo l’aggravante specifica ne potremmo discutere.

Si tratta di un’ipotesi che da avvocato non considero minore dell’altra. Comunque già oggi è previsto il reato per chi ritorna in Italia dopo essere stato espulso. Adesso, se prevalesse questa seconda ipotesi, l’aggravante riguarderebbe chi non è mai stato espulso ma è clandestino e commette qualsiasi reato.

Quindi la badante clandestina non è imputabile dal punto di vista giudiziario se non commette alcun reato: viene espulsa fin quando non troviamo una soluzione diversa. Ma se ruba anche solo una mela ha in più l’aggravante di essere clandestina. Questa soluzione mi convince abbastanza, anche se ha un effetto minore come deterrenza".

Quanto alle critiche dei ministri spagnoli e al dibattito all’Europarlamento sulla questione dei rom, La Russa afferma: "Si tratta di posizioni non da trascurare ma singole, che non rispecchiano l’opinione dei popoli europei. Sono atteggiamenti pseudo-culturali o prevenuti verso l’Italia, come è il caso della sinistra spagnola, che pecca di ideologismo. Tutto ciò lascia il tempo che trova. È giusto reagire in sede diplomatica ma non mi allarmerei oltre misura".

"Una parte del pacchetto sicurezza sarà per decreto e una parte come disegno di legge", annuncia il ministro della Difesa. Che poi spiega: "Sto cercando da parte mia di capire se vi è consenso sull’ipotesi di introdurre con questo disegno di legge la possibilità di mettere a disposizione anche gli uomini delle Forze Armate con il compito di controllare il territorio. Ovviamente con una linea di comando molto precisa che faccia capo al prefetto e non ai vertici militari, ma con pari dignità delle forze dell’ordine, che operino insieme a loro".

Giustizia: Smi; tutelare professionalità di medici penitenziari

 

Comunicato Stampa, 20 maggio 2008

 

Il Sindacato dei Medici Italiani (S.M.I.) sta monitorando il passaggio di competenze sulla sanità penitenziaria dal ministero di Giustizia al Servizio Sanitario Nazionale (e alle Regioni) e in questi mesi sta riscontrando tra i camici bianchi di questo settore una forte preoccupazione, innanzitutto perché in questa area gli accordi di lavoro non rispondono ad una cornice unica nazionale.

In Toscana decine di medici penitenziari hanno sollecitato lo Smi a costruire una iniziativa seria di confronto con le Regioni, affinché si diano risposte concrete a questo disagio. Appello che è stato raccolto dal segretario regionale Raffaele Gaudio, che ha immediatamente coinvolto la segreteria nazionale e chiesto un impegno fattivo(la vicenda è stata seguita da Cosimo Trovato, da Gianfranco Rivellini e da Antonio Pagano). Lo Smi, è bene ricordarlo, già in passato ha preso posizione chiaramente su questa materia (leggi) affermando che nel passaggio al Ssn si devono tutelare tutte le professionalità che vi operano.

Per Cosimo Trovato, responsabile nazionale Smi della Specialistica ambulatoriale Interna (Sai), bisogna guardare al prossimo rinnovo del contratto della dirigenza e delle convenzioni del territorio per sciogliere i nodi irrisolti: "È importante garantire una più capillare e completa organizzazione dei servizi sanitari nel complesso mondo carcerario e assicurare ai detenuti una vera continuità dell’assistenza. Per questa ragione è positivo il passaggio di competenze dal ministero di Giustizia al SSN (e alle Regioni), ma allo stesso tempo si devono dare risposte adeguate ai medici di questo settore che sono portatori di grandi professionalità. Occorre intervenire il prima possibile per togliere questi medici dal limbo legale e contrattuale in cui si trovano".

Sulla stessa linea Gianfranco Rivellini, responsabile nazionale Smi della dirigenza medica: "Per meglio valorizzare le competenze e la particolare esperienza che questi professionisti hanno maturato in un ambiente decisamente peculiare, che rende prezioso e difficilmente sostituibile il loro lavoro, bisogna evitare che le Regioni producano una vera giungla normativa e legale, senza tutele, e dare una cornice omogenea e nazionale a questi accordi di lavoro. I medici penitenziari devono rientrare nella grande partita dei rinnovi contrattuali della dirigenza e delle convenzioni del territorio (specialistica ambulatoriale) e della medicina generale".

Giustizia: Ministero non paga gli stenografi, processi a rischio

 

La Stampa, 20 maggio 2008

 

Processi a rischio da domani, a cominciare da Milano. Le società che s’occupano delle trascrizioni delle udienze interromperanno il servizio perché il ministero non paga più, da gennaio. I cancellieri dovrebbero trascrivere a mano i verbali d’udienza, impiegando il doppio del tempo. E la situazione rischia di ripetersi in molte altre sedi giudiziarie, tanto che i penalisti hanno chiesto l’intervento del ministro Alfano. Nell’hinterland milanese il servizio è sospeso da alcuni giorni, a Milano sono già state rinviate udienze in tribunale e un processo in Assise.

Restano garantiti solo i servizi di convalida d’arresto, gip e direttissima. I responsabili delle due cooperative (350 dipendenti di cui 80 a Milano) spiegano che la mancata corresponsione delle spettanze causa difficoltà con le banche, giunte a chiedere fidejus-sioni personali. Il credito da novembre 2007 a gennaio 2008 ammonta a 700 mila euro, le banche ormai hanno inserito il ministero della Giustizia nella lista dei cattivi pagatori. I manager sottolineano che non hanno mai avuto problemi di questo tipo in 15 anni di servizio.

 

Comunicato stampa del Ministero della Giustizia

 

La sospensione del servizio di verbalizzazione e trascrizione attuata in alcune sedi e minacciata a partire dal 21 maggio 2008 dal Consorzio Astrea nelle altre sedi è del tutto ingiustificata e non trova origine in un mancato adempimento da parte del Ministero. Va ribadito che i soldi destinati alla trascrizione degli atti dei dibattimenti penali sono previsti dalla legge finanziaria e che i relativi pagamenti - in conformità a quanto previsto nel contratto e nel capitolato - sono già stati tutti effettuati fino al 31 dicembre 2007.

Per i pagamenti dell’anno in corso, va precisato che, innanzitutto, è già stato assunto in data 3 aprile l’impegno di spesa per la prima tranche 2008 ed è stato chiesto al R.T.I contraente di far pervenire l’attestazione del regolare pagamento degli stipendi e dei contributi ai dipendenti, onere al quale alcune delle società del Consorzio non hanno ancora ottemperato. Tale richiesta deriva da normativa di legge e dalla comunicazione che almeno in una città la locale Procura della Repubblica sta procedendo penalmente contro i responsabili di una delle società del consorzio tra l’altro per irregolarità dei rapporti lavorativi.

Il ministero della Giustizia ha dato agli uffici giudiziari le indicazioni da seguire in caso di sospensione del servizio e qualora la situazione si estenda prenderà tutte le iniziative del caso per consentire la verbalizzazione con fonoregistrazione, stenotipia o altri strumenti meccanici degli atti dei processi penali.

Milano: pochi detenuti parlano italiano, il call-center trasloca

 

Il Giornale, 20 maggio 2008

 

A San Vittore il telefono non squillerà più. Il grande call-center che dall’interno del carcere milanese forniva informazioni ai milanesi sull’elenco degli abbonati al telefono tra pochi giorni chiuderà e traslocherà nel carcere di Bollate.

Il motivo è semplice, e illustra meglio di tanti ragionamenti come sta mutando pelle la vecchia "casanza" (così la chiamavano i malavitosi di lungo corso) di piazza Finanzieri: manca la manodopera. In una prigione arrivata ad ospitare il 75 per cento di stranieri, è diventato impossibile trovare detenuti che parlino italiano in modo sufficiente a rispondere al telefono. Inoltre il frenetico turnover dei detenuti rende impossibile addestrare il personale. Dunque il 1240 si sposta a Bollate, il più recente dei carceri milanesi, dove vengono trasferiti ormai da mesi i detenuti definitivi.

San Vittore, giorno dopo giorno, torna alla sua destinazione originale: "casa circondariale", ovvero carcere di prima entrata, prigione dove sbarcano i detenuti in attesa di giudizio. Anche in passato era un ruolo duro, ingrato, perché accogliere un uomo al primo impatto con la galera non è facile. Lo è ancora di più oggi, quando la mutazione della popolazione carceraria rende tutto più complicato. Creare un dialogo con il balordo da strada era difficile.

Crearlo con uno dei quaranta signor nessuno che da ogni angolo del mondo entrano ogni giorno all’ufficio matricola di piazza Filangieri è a volte quasi impossibile, nonostante tutti gli sforzi. "Ormai - spiega Gloria Manzelli, la direttrice - il trattamento dei detenuti, il loro percorso di recupero e di reinserimento, qui non avviene più".

Problemi di lingua, di cultura, di estrazione, che si cerca di arginare in qualche modo con i corsi di lingua e di alfabetizzazione. Ma il vero problema sono i numeri. Ormai San Vittore versa in uno stato di sovraffollamento cronico. E se davvero dal governo dovesse arrivare la tanto invocata stretta repressiva delle politiche criminali, la prima ondata investirebbe proprio San Vittore.

Arresti più facili, pene più certe, aggravanti più rigide avrebbero come primo effetto quello di aumentare il numero dei detenuti in attesa di giudizio. L’ufficio matricola di San Vittore potrebbe trovarsi ad affrontare numeri di "nuovi giunti" (come da gergo carcerario) impossibili da smaltire. Già oggi, per trovare una branda a tutti si fanno ogni sera i salti mortali. Se fosse una pensione, San Vittore avrebbe esposto da tempo il cartello "tutto esaurito".

Ormai la capienza di San Vittore è ridotta in modo stabile a 874 detenuti, e non c’è alcuna prospettiva a breve che venga aumentata. Il Quarto raggio è stato chiuso d’autorità a causa delle condizioni igieniche e ambientali intollerabili. Il Secondo raggio a un certo punto è invece, semplicemente, crollato su se stesso. Per nessuno dei due settori inagibili è previsto, a tutt’oggi, l’inizio di alcun lavoro di ristrutturazione o recupero: anche perché il progetto di creare un nuovo carcere all’interno della nuova cittadella giudiziaria a Rogoredo blocca, inevitabilmente, gli stanziamenti straordinari per la manutenzione della vecchia struttura.

Negli 874 posti, a ieri erano pigiati più di 1.300 detenuti. Si tratta di un risultato raggiunto col semplice sistema di raddoppiare la capienza delle celle: dove ci sono due posti se ne mettono quattro, dove ce ne sarebbero tre se ne piazzano sei. Meno male che finora ha fatto fresco, perché quando arriverà il caldo le conseguenze sanitarie di questo pigia pigia potrebbero farsi pesanti. E se dovesse davvero scatenarsi una ondata di arresti? A San Vittore, per adesso, preferiscono non pensarci.

Monza: molti detenuti dormono per terra, si rischia la rivolta

 

Ansa, 20 maggio 2008

 

Il carcere di Monza sta scoppiando e la buona volontà di istituzioni e associazioni non può nulla contro la mancanza di posti letto e l’inevitabile degrado all’interno delle mura della casa circondariale; a farne le spese sono i detenuti e i poliziotti.

Costruito per ospitare circa 500 detenuti, nell’istituto di via Sanquirico a Monza oggi di reclusi ce ne sono quasi 800, 780 per la precisione. E nelle celle, attrezzate per ospitare due persone, gli ospiti sono tre. "Dormivo per terra, sul materasso con gli scarafaggi a farmi compagnia - ha raccontato A.C., ex detenuto - la mia famiglia ha pagato per farmi portare la spesa, dopo una settimana non l’avevo ancora ricevuta. Se non ci fosse stato un bravo compagno di cella avrei fatto lo sciopero della fame". Le alte percentuali di stranieri all’interno del carcere, che spesso non possono godere delle premure dei familiari, hanno reso necessaria la raccolta di fondi volontari, per garantire almeno dieci euro al mese per ogni detenuto.

"Il nostro appello è che in Brianza venga edificata una nuova casa circondariale - ha commentato l’assessore alle Politiche Sociali Stefano Carugo - I cittadini chiedono più sicurezza e non è possibile garantirla in queste condizioni. Richiamato da una lettera dei detenuti, il prossimo 24 maggio il cardinale Tettamanzi verrà in visita al carcere, e insieme tenteremo di capire in che modo fare qualcosa di concreto. Il caro vita e gli affitti eccessivi inoltre, spingono la polizia penitenziaria a chiedere il trasferimento.

"Ad avere problemi sono anche i poliziotti - ha precisato Carugo - il loro stipendio, paragonato al grande impegno e disponibilità che mettono sul lavoro, non è però in grado di garantire una discreta qualità della vita. Monza è cara, gli affitti salgono e i poliziotti tendono a farsi trasferire. A questo proposito abbiamo istituito una carta convenzionata con svariati esercizi commerciali, da alimentari in su, e nel progetto di Housing Sociale che stiamo elaborando insieme all’assessore Mangone, la polizia penitenziaria sarà una delle categorie privilegiate". Ex Presidente della Commissione Carceri del Comune di Milano, Carugo conosce bene la realtà dei detenuti e l’esistenza di un codice interno.

"Sappiamo bene che ogni carcere, come qualsiasi comunità, ha una sua autoregolamentazione interna - ha riferito - ma non sono a conoscenza di episodi di rilevanti violenze a Monza. Ciò che va enfatizzato è invece il lavoro delle decine di associazioni che portano lavoro in carcere, che ribadisco deve essere considerato un momento di riabilitazione. La realtà della casa circondariale tra detenuti, dipendenti, associazioni e parenti che si danno da fare per migliorarla, conta quasi 4mila persone".

San Gimignano: sul carcere un’interrogazione in Parlamento

 

In Toscana, 20 maggio 2008

 

Un’interrogazione al Ministro della Giustizia, Angelino Alfano, per sapere quali provvedimenti intenda intraprendere il governo per risolvere i gravi problemi che interessano il carcere di Ranza, a San Gimignano. È quella presentata, nei giorni scorsi, da Franco Ceccuzzi, deputato del Partito Democratico al Guardasigilli per portare all’attenzione del nuovo esecutivo la questione delle precarie condizioni in cui versa, ormai da anni, il carcere della cittadina valdelsana. La situazione di Ranza era stata oggetto di attenzione anche in un incontro di campagna elettorale, tenuto a San Gimignano, al quale avevano preso parte il senatore del Pd, Achille Serra; Franco Ceccuzzi, Marco Lisi ed i rappresentanti della polizia penitenziaria operanti nell’istituto.

"La presentazione dell’interrogazione è un impegno preso in campagna elettorale e viene da una storia annosa di problemi irrisolti - afferma Ceccuzzi - ed intende sollecitare il nuovo governo a porre attenzione a questa struttura carceraria che soltanto l’effetto benefico dell’indulto, che si va dissolvendo, ha alleggerito di una pressione resa sempre più insostenibile dal rapporto insufficiente tra polizia penitenziaria e detenuti.

Già da tempo, il sindaco di San Gimignano, Marco Lisi e gli operatori della Casa di Reclusione ci segnalano problematiche legate a carenze infrastrutturali che rendono inaccettabili le condizioni di vita all’interno del carcere. Tra le maggiori criticità emergono: la mancanza di personale, le cattive condizioni igienico sanitarie, la carenza cronica di acqua e il problema logistico del trasporto locale che non permette un servizio efficiente per i lavoratori e i familiari dei detenuti".

Bari: Progetto Dentro&Fuori, seminari itineranti nelle scuole

 

www.barilive.it, 20 maggio 2008

 

Nell’ambito delle attività del progetto "Dentro&Fuori" - realizzato dall’Agenzia per la lotta non repressiva alla criminalità organizzata del Comune di Bari in collaborazione con l’Ufficio Esecuzione penale esterna, l’Ufficio scolastico provinciale e l’Associazione Nazionale Magistrati e finanziato con fondi Por 2000-2006 Misura 6.5 azione A - da oggi fino a sabato prossimo, 24 maggio, si svolgeranno una serie di seminari itineranti presso le scuole coinvolte.

I seminari costituiscono un momento di confronto fra i ragazzi delle classi-pilota e tutti gli studenti dell’istituto di appartenenza. Quanti hanno avuto la possibilità di visitare i luoghi della giustizia e di interloquire in modo diretto con personalità del mondo istituzionale, operatori della giustizia, detenuti, ex detenuti o condannati in misura alternativa e familiari di vittime di mafia, daranno vita ad un momento di verifica dell’esperienza fatta, condividendo con il resto dell’istituto il valore e le finalità del progetto "Dentro&Fuori" e presentando il prodotto elaborato. Durante i lavori del seminario studenti e operatori scolastici potranno confrontare l’esperienza fatta con persone che, per il loro ruolo istituzionale o professionale, sono impegnati quotidianamente nella lotta alla illegalità.

Firenze: i Padri Mercedari, 100 anni al servizio dei carcerati

 

In Toscana, 20 maggio 2008

 

Con la celebrazione di una Messa, il 31 maggio alle 18 presso l’Oasi di Firenze in zona Due Strade, i padri Mercedari chiuderanno le celebrazione del centenario della costituzione della Provincia Romana.

I padri Mercedari arrivarono a Firenze all’inizio degli anni Cinquanta per fondare una comunità per ex detenuti: l’O.A.S.I., scritta con i puntini a significare Opera Assistenza Scarcerati Italiani. Adesso il significato è diverso: "Oasi" è metafora di un luogo di refrigerio, di riposo che si offre a persone che hanno vissuto l’esperienza del carcere o di altri forti disagi per proporre loro un percorso di scoperta delle proprie risorse, un cammino di riscatto umano.

In questi anni di presenza nel capoluogo toscano, si è formata attorno alla comunità una rete di strutture e di servizi adatta all’accoglienza e al reinserimento sociale. Per ognuna delle esigenze esiste una "casa": il "Centro Mercede" per la pronta accoglienza (uno dei due presenti a Firenze) e l’ospitalità dei minori in stato d’abbandono; la "Comunità dimensione familiare Don Zeno" (in un’altra zona di Firenze, a Badia a Ripoli) per i minori provenienti dall’area penale; la "Casa Martino" con appartamento autogestito. Ma in caso di necessità, i religiosi sono pronti anche ad affittare appartamenti a loro nome da destinare ai giovani ospiti dell’"Oasi" il cui centro nevralgico si trova in Via Accursio.

I padri Mercedari, per la precisione l’Ordine di Santa Maria della Mercede è stato fondato in Spagna nel 1218 da San Pietro Nolasco (1180-1258) per liberare gli schiavi cristiani fatti prigionieri dai mori. Da allora l’attenzione alle nuove forme di schiavitù ha spinto l’Ordine ad occuparsi in particolare delle carceri e degli ex carcerati creando centri di accoglienza e parrocchie in tante città del mondo. Da qui l’estensione ad interessarsi anche di altre forme di disagio.

In Italia i padri Mercedari sono presenti dal 1907 e si apprestano per questo a celebrare il centenario. Attualmente sono una sessantina, divisi in 13 comunità, dal Veneto alla Sicilia (Alghero, Brindisi, Cagliari, Caltanissetta, Carpignano, Firenze, Frascati, Napoli, Nemi, Orvieto, Padova, Palermo e Roma). La caratteristica è che in ogni città svolgono una pastorale del carcere e della parrocchia.

Immigrazione: tra il "martello" Italia e "l’incudine" Europa

di Emiliano Sbaraglia

 

Aprile on-line, 20 maggio 2008

 

Mentre a Strasburgo si apre il dibattito su quanto sta accadendo nel nostro paese, sul reato d’immigrazione proposto dalla maggioranza il Pd si smarca ("Rimanere nelle regolamentazioni continentali") e l’Udc non accetta il pacchetto per intero, che nel primo consiglio dei ministri a Napoli di mercoledì dovrebbe essere ufficializzato. Italia dei Valori si pronuncia a favore della linea dura.

L’emergenza-rom e i provvedimenti che saranno proposti e discussi nel primo Consiglio dei ministri arrivano ad impegnare anche le istituzioni europee. L’assemblea plenaria del Parlamento di Strasburgo ha infatti approvato con 106 voti a favore, 100 contrari e due astenuti una richiesta del gruppo Pse per un dibattito da tenere sulla situazione dei Rom in Italia e nell’Ue. Una richiesta presentata dal capogruppo Pse, Martin Schulz, e sostenuta dalla collega Monica Frassoni, capogruppo dei Verdi, che invece non è stata appoggiata invece dal Ppe: il capogruppo del partito Joseph Daul, avrebbe infatti preferito tenere un dibattito precedente nella commissione "Libertà pubbliche" dello stesso Europarlamento.

Intanto la confusione continua a regnare grande sotto il cielo nazionale, dopo la proposta di "reato di clandestinità", bozza firmata da Niccolò Ghedini. Malgrado la sostanziale concordanza bipartisan sul tema tra Pdl e Pd, e malgrado l’ex ministro Amato abbia rivelato di aver pensato e in qualche caso utilizzato anch’egli strumenti e metodi tanto di moda oggi, senza poterlo rendere noto per paura di ripercussioni negli equilibri del precedente governo, per fortuna qualche distinguo comincia ad arrivare.

Per Veltroni "il Partito Democratico dice di no all’idea di introdurre il reato di immigrazione clandestina: sarebbe una misura inutile e persino dannosa, capace di intasare le carceri e di spingere anche chi viene nel nostro Paese per lavorare tra le braccia della criminalità organizzata. Il problema dell’immigrazione -aggiunge- va affrontato invece con un forte rapporto con l’Europa: le politiche della sicurezza e quelle dell’immigrazione devono essere raccordate e i controlli devono avere una dimensione continentale. Bisogna fare una battaglia seria contro la clandestinità, e per questo è necessario integrare e riconoscere chi nel nostro Paese lavora e ha una casa, come le centinaia di migliaia di badanti che sono necessarie alle famiglie, o i tanti lavoratori dell’edilizia che non sono stati sinora regolarizzati per responsabilità di una legge sui flussi che non funziona".

Ecco un primo punto sul quale riflettere: sembrano infatti esistere clandestini di serie A e di serie B, dove al primo gruppo appartengono coloro senza i quali l’etica, la morale e l’economia nostrane sarebbero costrette a fare i conti con il compiuto scollamento tra i valori effimeri della contemporaneità, e quelli sui quali la società italiana si è costruita in questi decenni, su tutti la solidarietà e il "sostegno garantito" all’interno della propria famiglia. Tranne l’irriducibile Borghezio, che prova a insinuare che "le badanti tolgono il lavoro alle donne padane", tutti gli altri in silenzio confermano la realtà quotidiana dei fatti che tutti conoscono per esperienza più o meno diretta.

Analizzando poi dai vergognosi dati delle "morti bianche" di questo 2008, si osserva che oltre il 60% sono vittime non italiane, quasi sempre di origine rumena, spesso clandestini, naturalmente sottopagati in nero. Clandestini che servono. Gli stessi che, ubriachi e violenti, durante il fine settimana si trasformano nel nemico da deportare. In quanti sanno che, tra gli immigrati regolarizzati, la percentuale di chi commette reati è del tutto analoga a quella dei cittadini italiani?

Naturalmente tutto questo non vuol dire rimpiangere una politica d’accoglienza degli anni che furono, portata avanti senza alcun tipo di prospettiva per una concreta integrazione. Tutt’altro. Nel campo dell’attuale opposizione lo rendono evidente, oltre le dichiarazioni veltroniane che ribadiscono che il Partito democratico "è favorevole a riprendere, integrandole coerentemente, le proposte del pacchetto Amato, cioè una idea fondata sull’equilibrio tra sicurezza e diritti", le posizioni espresse dall’Udc di Pierferdinando Casini, pronto a votare sì in Parlamento al pacchetto sicurezza "a determinate condizioni".

La prima è il "no" al reato di immigrazione clandestina: "Auspico che solo parzialmente il pacchetto assuma la forma del decreto legge - spiega Casini - e che la maggior parte sia contenuto in un ddl che dia spazio al confronto parlamentare. Riteniamo comunque sbagliato introdurre il reato di clandestinità, che avrebbe la natura di slogan propagandistico che intaserebbe sia il sistema giudiziario, sia carcerario".

Sul fronte dell’Italia dei valori, in vista del pacchetto sicurezza che il ministro Maroni sta preparando per il prossimo Consiglio dei ministri di Napoli, il partito di Di Pietro denuncia la necessità di affrontare in maniera energica e decisa la preoccupante questione dell’immigrazione clandestina, sostenendo apertamente i provvedimenti che verranno ritenuti più validi. Antonio Borghesi, vice presidente dei deputati dell’Idv, specifica: "Oltre al reato di immigrazione clandestina, riteniamo di fondamentale importanza introdurre ulteriori tre elementi: il processo per direttissima, l’espulsione immediata con l’accompagnamento coatto dell’espulso presso i luoghi di origine, e l’obbligo di espiazione della pena nelle carceri del proprio paese". Punti di vista non semplici da concordare.

Intanto Vittoria Mohacsi, eurodeputato rom di origine ungherese ospite del Partito Radicale, accompagnata dal segretario Rita Bernardini ha visitato alcuni campi rom tra Roma e Napoli. Secondo l’europarlamentare la politica dell’Italia "non riconosce agli immigrati i diritti fondamentali: l’istruzione, la casa, l’assistenza sociale e sanitaria. Al campo Casilino 900 - dice - mi hanno raccontato che ogni 3 o 4 giorni verso mezzanotte arrivano pattuglie di poliziotti in divisa e armati. Non chiedono nulla, semplicemente picchiano. Ogni volta portano via circa 20 persone che scompaiono per 48 ore. Li tengono in celle dove vengono picchiati. Poi li rilasciano. Mi è stato assicurato che chi viene portato via non ha precedenti e non è ricercato".

Naturalmente c’è chi può credere o no a tali testimonianze, che se vere, getterebbero una luce oscura anche sull’operato delle forze dell’ordine, messe sotto pressione da una tensione permanente difficile da sopportare. Ad ogni modo, in un paese teoricamente civile deve pagare (e per intero) chi viene riconosciuto colpevole di un reato punibile dalle leggi in vigore in quel paese; di qualunque reato si tratti, e di qualsiasi nazionalità sia il colpevole di tale reato. Considerazioni ovvie, se non banali: ma oggi, in Italia, tremendamente importanti da rammentare.

Immigrazione: Roma; il Casilino peggio dei campi palestinesi

di Cecilia Gentile

 

La Repubblica, 20 maggio 2008

 

A sorpresa, ieri mattina, il sindaco Gianni Alemanno ha fatto un sopralluogo al campo rom Casilino 900, all’incrocio travia Casilina e via Palmiro Togliatti. Quello che ha visto lo ha completamente spiazzato. "Situazioni del genere non le ho trovate nemmeno nei campi profughi palestinesi o in Nepal - ha detto - e stiamo parlando di un campo autorizzato".

Nel campo vivono 650 persone provenienti da Montenegro, Kosovo, Macedonia e Bosnia. Non hanno luce né acqua. La sera accendono i gruppi elettrogeni. C’è un’unica fontanella, dove tutti gli abitanti vanno a fare rifornimento. I servizi igienici sono i gabbioni dei bagni chimici. Le baracche sono fatte di pezzi di compensato e di bandoni di alluminio.

I bambini, che pure vanno a scuola, sono tutti sporchi, perché giocano nel fango e nelle pozzanghere di un campo senza strade asfaltate. Per vivere i rom organizzano mercatini in cui vendono gli oggetti ripescati sistematicamente dai cassonetti. C’è anche chi ruba.

"Venendo qui dal Casilino 900, sembra di vivere in un’altra città", ha dichiarato Alemanno al Circolo Canottieri Anione, dove si è recato per consegnare un premio ai giornalisti sportivi. E ancora: "Serve un grande impegno affinché Roma non diventi una città divisa in due, in modo così profondo. Bisogna lavorare per arrivare ad un livello medio di vivibilità in tutta la città".

Parole che hanno rassicurato la comunità rom del campo, preoccupata dal piano sicurezza annunciato dalla giunta e dai roghi dei giorni scorsi al campo zingari di Napoli. "Alemanno è stato molto gentile, l’unico sindaco a venire a trovarci nel campo in tanti anni - racconta Najo Adzovic, portavoce del Casilino 900. Ci ha tranquillizzati sul nostro futuro, ha detto di non avere paura perché troverà una soluzione. Era stato descritto come l’uomo nero, ma non è vero. Siamo contenti che si sia aperto uno spiraglio di dialogo diretto con lui".

Nello stesso tempo, nel programma della giunta Alemanno c’è anche lo smantellamento di 85 campi abusivi, che verranno progressivamente trasformati in giardini. "I campi rom che verranno sgomberati saranno recuperati, valorizzati e riconsegnati ai cittadini con giochi, giardini e, laddove è possibile con alberi", spiega il neo assessore all’Ambiente, Fabio De Lillo. I rom del Casilino 900, insieme all’associazione Stalker, proporranno al sindaco un progetto per il campo: "Costruzioni decenti per gli abitanti del campo - spiega Adzovic - un servizio di sicurezza interna, laboratori di sartoria, piani di raccolta differenziata in cui potranno trovare un’occupazione i ragazzi rom".

Il portavoce Adzovich informa che anche il console della Repubblica del Montenegro in Italia, Ksenija Popovic, si è recata ieri in visita al campo. "Il console ha ribadito il principio che i diritti fondamentali vanno garantiti a tutti quindi anche a chi vive in un campo rom - riferisce Adzovic.

Ci ha anche detto che l’ambasciata prenderà ogni provvedimento per proteggere la comunità montenegrina del Casilino 900". Ad iniziare la serie dei sopralluoghi al Casilino 900 è stata l’eurodeputata di origini rom eletta in Ungheria Viktoria Mohacs, che su incarico del partito liberale europeo sta effettuando una verifica dello stato dei campi in Italia. "Una situazione terribile", ha commentato Mohacs dopo la visita dello scorso sabato pomeriggio. "Tenuti così questi campi sono pericolosi per tutti: per i rom, per la città, peri il paese".

Droghe: dare soldi a prostituta tossicodipendente è "spaccio"

 

Asca, 20 maggio 2008

 

Gli uomini che danno soldi - in cambio di prestazioni sessuali - alle tossicodipendenti, sapendo che con quel denaro compreranno la droga, rischiano una condanna pesante equivalente a quella per spaccio di stupefacenti.

Lo sottolinea la Cassazione, avvertendo che la colpa sarà ancora più grave se si fanno dare - dalle stesse ragazze - tutte le dosi che comprano, al fine di "graduarne la distribuzione in funzione delle pretese sessuali". In particolare la Suprema Corte ha confermato la condanna a due anni di reclusione e quattro mila euro di multa nei confronti di Angelo P., un settantenne che a Cugliate Fabiasco - nell’hinterland milanese - dava soldi a due ragazze, Carmela e Stefania, affinché comprassero eroina. Lui stesso teneva in casa le dosi, e le dava alle giovani quando aveva voglia di rapporti sessuali. Senza successo ha sostenuto che il suo comportamento non era equiparabile a quello di uno spacciatore. I supremi giudici - sentenza 20023 - gli hanno risposto che quel che ha fatto "è proprio ciò che la legge intende reprimere con maggiore severità", ossia lo "spregevole approfittamento della condizione fisica e psicologica di particolare vulnerabilità di una persona tossicodipendente".

Droghe: incidenti stradali, fino a 10 anni di pena per ubriachi

 

Il Sole 24 Ore, 20 maggio 2008

 

C’è anche l’inasprimento delle sanzioni per chi guida ubriaco o drogato nel Decreto legge Maroni che domani sarà all’attenzione del Consiglio dei Ministri. Anzitutto cresce la pena massima, da cinque a sei anni di arresto, per l’omicidio colposo in senso generale.

Ma è per chi uccide alla guida in stato di ebbrezza alcolica o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti che il provvedimento prevede una vera svolta: la reclusione da tre a dieci anni significa infatti carcere effettivo, con l’innalzamento della sanzione minima a tre anni, appunto, cioè al di sopra della soglia per la sospensione condizionale della pena. Viene innalzata da tre a sei mesi la pena dell’arresto qualora sia stato accertato per il guidatore un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,8 e non superiore a 1,5 grammi per litro. Da tre mesi a un anno (oggi è sei mesi) se il tasso alcolemico accertato è superiore a 1,5 grammi per litro. Torna a scattare il reato anche per chi si rifiuta di sottoporsi al test alcolimetrico.

Usa: rissa in carcere Oklahoma, 2 i detenuti morti e 13 i feriti

 

Associated Press, 20 maggio 2008

 

È finita in tragedia la rissa scoppiata nell’Oklahoma State Reformatory, prigione di Granite, in Oklahoma. Durante lo scontro hanno perso la vita almeno due detenuti e altre 13 persone sono rimaste ferite. Kevin Rowland, responsabile dell’ufficio del medico legale della città, ha confermato che ci sono state due vittime, ma non ha fornito ulteriori dettagli. I morti potrebbero essere tre, ha dichiarato Betsy Randolph, agente dell’Oklahoma Highway Patrol, secondo cui durante la rissa sarebbero state ferite con armi da taglio 15 persone. La situazione sarebbe tornata alla normalità già nel pomeriggio.

 

 

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