Rassegna stampa 17 maggio

 

Giustizia: "pacchetto sicurezza" senza il reato di clandestinità

di Liana Milella e Alberto Custodero

 

La Repubblica, 17 maggio 2008

 

Dopo lo stop di Napolitano finisce in archivio il reato di immigrazione clandestina. In compenso, nel codice penale, figurerà una speciale aggravante, e la perentoria esclusione di qualsiasi possibile circostanza attenuante, per il reato commesso da chi soggiorna abusivamente in Italia. Un esempio: se il clandestino commette un furto, una rapina, una violenza sessuale, scatterà una maggiorazione di pena frutto del suo stesso stato di clandestinità. Ovviamente, per chi non si macchia di delitti, la norma è del tutto ininfluente. Badanti, colf, lavoratori in nero potranno stare tranquilli. In compenso, se nella manovra anticrimine scompare il nuovo reato, la stretta contro i migranti extracomunitari e comunitari è durissima.

Visti, ricongiungimenti, cittadinanza, Cpt, requisiti di permanenza, sequestro e confisca delle case affittate in nero: su tutto questo il decreto legge che il ministro degli Interni Roberto Maroni ha messo ormai a punto è destinato a inasprire fortemente la politica dell’accoglienza del nostro Paese. Di pari passo, gli inasprimenti delle pene per i reati di grave allarme sociale, le limitazioni fino alla negazione dei benefici carcerari della Gozzini, lo stop alla concessione condizionale della pena del ministro della Giustizia Angelino Alfano disegnano un intervento legislativo molto pesante pure nei confronti dei crimini commessi da italiani.

Maroni e Alfano s’incontrano a palazzo Chigi assieme al sottosegretario Gianni Letta. I richiami di Napolitano sono ben presenti per tutti. Reato d’immigrazione a parte, il capo dello Stato ritiene che anche nell’uso dell’esercito si debbano rispettare attribuzioni e competenze ed evitare sconfinamenti. Il ministro della Difesa La Russa ha proposto i pattuglioni di quartiere composti da vigili urbani, poliziotti, carabinieri, finanziari e militari. Ma al presidente l’idea non dev’essere piaciuta granché.

Maroni non rinuncia al suo obiettivo che, alla cerimonia per la festa della polizia, sintetizza in una frase: "Non si tratta di cavalcare la paura, ma di liberare i cittadini dalla paura". Il ministro leghista cita Napolitano ex titolare dell’Interno ("È possibile un rasserenamento nella vita del Paese"), vuole "gestire con ordine e rigore le migrazioni interne ed esterne alla Ue" e "intervenire con fermezza per evitare che si ripetano episodi di ingiustificabile violenza come quelli di Napoli".

Fermezza e rigore si traducono in sei capitoli pesantissimi. Per gli extracomunitari ecco il visto per soggiorni sotto i tre mesi, il test del Dna per i ricongiungimenti familiari possibili solo per i parenti stretti, la limitazione territoriale per chi attende l’asilo. Chi non obbedisce all’ordine di espulsione sarà equiparato a un latitante e chi affitta in nero un immobile a un immigrato se lo vedrà confiscare. In caso di matrimoni misti la concessione della cittadinanza non sarà più automatica, nei Cpt si potrà restare fino a 18 mesi.

Altrettanto dure le regole per i migranti comunitari: dovranno dimostrare da quanto tempo sono arrivati in Italia, avere un reddito sufficiente e se commetteranno un reato saranno espulsi "per motivi imperativi di pubblica sicurezza". Tutto questo per decreto legge. Come le maggiori pene per chi guida ubriaco o drogato che si vedrà revocata la patente e confiscata l’auto. Se ucciderà qualcuno non potrà fruire di alcun beneficio.

Il governo Berlusconi punta al consenso, almeno parziale, dell’opposizione. Ed ecco riproposte le misure che l’ex ministro Amato aveva previsto per dare più poteri ai sindaci, a cominciare dalle ordinanze sull’ordine e la sicurezza. I vigili potranno usare la banca dati della polizia. Nasce un nuovo reato per punire i graffitari condannati a riparare il danno per fruire della sospensione della pena. Al sequestro delle merci contraffatte seguirà l’immediata distruzione.

Infine le misure antimafia su cui punta molto il Guardasigilli Alfano che anni fa, andando in tv, gridò "la mafia mi fa schifo". Lui cercherà di bloccare subito il patteggiamento in appello per i mafiosi, affidare alla Superprocura la possibilità di disporre le misure di prevenzione, un progetto che, ha ricordato ieri durante la riunione, "era caro al giudice Falcone". E ancora: confiscare i beni mafiosi senza che sia necessario provare la pericolosità del proprietario e indipendentemente dalla sua esistenza in vita. Un nuovo reato lo caldeggia anche Maroni, l’associazione a delinquere per chi traffica in vite umane. Servirà per "fare la guerra" agli scafisti.

Giustizia: la Caritas a Maroni; rischio di deriva incontrollata

 

Redattore Sociale, 17 maggio 2008

 

La Caritas Italiana incontra ieri pomeriggio il ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Lo fa dall’alto della sua esperienza in fatto di accoglienza di immigrati e rifugiati, di difesa della giustizia sociale, nonché sulla base dell’esperienza maturata nella lotta alle varie sacche di emarginazione presenti nella società. Ciò consente anche un monitoraggio ampio e puntuale circa le criticità emergenti dalle oltre 220 diocesi, che promuovono sul territorio migliaia di servizi a favore dei più bisognosi. In particolare, sul tema dell’immigrazione, il collegamento fra le Caritas diocesane trova un suo naturale luogo di confronto nel Coordinamento nazionale, all’interno del quale sono emerse alcune linee di indirizzo che sono state espresse appunto allo stesso Maroni.

Partendo da alcuni punti fermi. Per la Caritas Italiana, ad esempio, appare prioritaria l’esigenza di non inasprire ulteriormente il clima intorno al problema sicurezza, "altrimenti il rischio è quello di una deriva incontrollata, soprattutto verso alcune nazionalità. A questo proposito l’immagine restituita dai media circa la realtà dei romeni e dei rom in Italia è pesantemente fuorviante in quanto lega alle attività criminali di una minoranza, il destino della stragrande maggioranza dei cittadini romeni che vivono e lavorano nel nostro paese in un clima di reciproca fiducia".

 

Bene metodo concertativo, ma attenti al linguaggio

 

Il direttore della Caritas Italiana ha incontrato il ministro dell’Interno. "Analizzare il fenomeno migratorio nelle sue espressioni più radicate aiuta a governare situazioni difficili"

Condivisione di un approccio concertativo alla questione sicurezza, necessità di adeguare il linguaggio, raffrontandolo con le scelte graduali che si vanno assumendo. Queste le due questioni che don Vittorio Nozza, direttore della Caritas Italiana, ha sottoposto all’attenzione del ministro dell’Interno Roberto Maroni, con cui si è incontrato nel pomeriggio. Nozza ha ribadito le posizioni della Caritas sulle questioni di merito del cosiddetto "pacchetto sicurezza" e individuato due aspetti da rimarcare nel faccia a faccia con il ministro. "L’orientamento - afferma don Nozza - è quello di assumere in termini di comune condivisione un approccio delle questioni collocandole in un orizzonte più ampio. Bisogna analizzare il fenomeno migratorio nelle sue espressioni più radicate, per andare a governare situazioni oggi difficili".

"Abbiamo sottolineato che questo modo di agire, quello dell’ascolto, se perpetuato nel tempo, non può che essere da noi sottolineato e condiviso. Inoltre occorre favorire la concertazione, che è il modo di essere presenti anche in contesti territoriali periferici, andando a fondo del problema. I risultati non si ottengono da soli o con gli spot".

Infine, le parole. "Una delle questioni che abbiamo sottolineato - conclude don Nozza - è che il linguaggio deve andare di pari passo con le scelte che si vanno assumendo. Certo linguaggio, che si sia in campagna elettorale o no, non porta bene e non aiuta nessuno. C’è un modo migliore e più attento di sensibilizzare la società su questi temi".

Giustizia: Bindi; attenzione ad alimentare le reazioni violente

 

Dire, 17 maggio 2008

 

"Sulla sicurezza il governo si sta muovendo con una spettacolarizzazione che anziché risolvere i problemi rischia di alimentare verso i rom e più in generale verso gli immigrati stranieri reazioni violente e inaccettabili di giustizia fai da te". Lo afferma Rosy Bindi, deputata del Pd, secondo cui "se i proclami portano voti in campagna elettorale non servono però a governare il fenomeno complesso e globale dell’immigrazione".

Per l’ex ministro della Famiglia, "occorrono risposte buone e serie, come chiede anche il Presidente della Repubblica. Dobbiamo rendere più sicure e vivibili le nostre città e i nostri quartieri, contrastando la criminalità e l’illegalità senza cavalcare la paura, il razzismo e la xenofobia. La sicurezza- continua- per essere efficace e duratura deve puntare all’integrazione con politiche sociali, dalla scuola ai servizi essenziali ai ricongiungimenti familiari, capaci di rafforzare la cultura dei diritti e dei doveri. Si deve colpire chi non rispetta la legge - conclude Bindi - ma non si può condannare un popolo".

Giustizia: Radicali; emergenza carceri, abbandono e illegalità

 

Agi, 17 maggio 2008

 

Ci risiamo, ritorna l’emergenza carceri ossia sovraffollamento, stato di abbandono, illegalità, come conseguenza dello sfascio della giustizia. È l’allarme lanciato dai Radicali che per lunedì prossimo hanno organizzato un convegno ad hoc per discutere la delicata materia o meglio "tutto quello che non si è fatto e che invece si deve fare urgentemente", si legge in una nota nella quale si critica la minaccia del "pacchetto sicurezza" e si sollecita una risposta che "rispetti i diritti umani".

Al convegno di lunedì che sarà aperto da una relazione di Rita Bernardini, segretaria nazionale del Partito Radicali, ci saranno politici, tra i quali Paola Balducci, ex-deputata Verde; Grazia Mascia e Elettra Deiana ex-deputate Prc; Luigi Manconi, ex-sottosegretario alla Giustizia; Gaetano Pecorella, deputato del Pdl; Giuseppe Pisanu senatore del Pd; Cesare Salvi di Sd, giuristi ed esperti come Gian Domenico Caiazza, Presidente Camera Penale Roma, Alfonso Celotto, docente di Diritto costituzionale, Franco Corleone, Garante dei diritti dei detenuti, Mario Patrono docente di Diritto Pubblico; Luigi Ferrajoli, docente di Filosofia del diritto; Patrizio Gonnella di Antigone.

Giustizia: Osapp; nelle carceri rischio di uno scontro razziale

 

Ansa, 17 maggio 2008

 

"Il rischio che il carcere si trasformi in luogo di scontro razziale è veramente alto, dove i livelli di tolleranza toccano il limite per la confusione a cui sono tenuti i reclusi". Lo dice Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria) dopo i blitz avvenuti in tutta Italia e che hanno portato, nel giro di pochi giorni, all’arresto di 400 persone. "Chiediamo al Ministro della Giustizia quali soluzioni intende adottare per fare sì che il rischio della rivalsa non passi dalle strade alle celle", scrive.

"Come agenti di Polizia Penitenziaria, i più direttamente coinvolti - conclude Beneduci - sappiamo quello che accade quando si alza il livello di tensione, e ciò che può comportare, sul piano emotivo, accostare l’emergenza alla sola responsabilità di una determinata categoria sociale".

Bologna: lettera detenuti "sex offenders", per chiedere aiuto

 

Dire, 17 maggio 2008

 

"Chiediamo di essere aiutati, per cambiare, per rispettare ed essere rispettati". È l’appello che arriva da decine di detenuti della Sezione C del carcere della Dozza di Bologna, quella dove sono rinchiusi gli autori dei reati sessuali.

Gli ex stupratori chiedono aiuto per non ricadere nell’errore, chiedono "l’istituzione di percorsi d’ordine psicologico-psichiatrico" che abbiano l’obiettivo, "per chi spontaneamente aderisce, di una serie e profonda revisione del proprio ruolo, prendendo coscienza degli atti di ognuno, che comunque già da se stesso ammette la propria devianza".

Secondo la Garante delle persone private della libertà personale del Comune di Bologna, Desi Bruno, che quelle lettere le ha ricevute in prima persona, si tratta di "una richiesta a cui non ci si può sottrarre". Da qui il suo appello a che "questo tema venga finalmente affrontato anche a Bologna e in tutta la Regione".

Per Bruno la richiesta d’aiuto dei detenuti per reati sessuali va ascoltata "a salvaguardia della dignità della persona" ma anche nell’"interesse collettivo a quella sicurezza che è data dalla reale prevenzione della recidiva". Bisogna cioè pensare, prosegue Bruno, "al futuro di questi uomini che un giorno usciranno dal carcere, e che per loro stessa ammissione potrebbero essere nelle condizioni di prima, se non peggio".

I cosiddetti "sex offenders", ricorda Bruno, vivono "isolati non solo dall’esterno ma anche all’interno dell’istituto penitenziario". Vivono in sezioni protette, dettate dalla "sub-cultura del ghetto, che mortifica la persona e non lascia speranza al recupero". Le lettere dei detenuti, fa sapere Bruno nella relazione sull’attività del Garante, sono già state trasmesse alle autorità competenti. Esempi di progetti positivi, conclude Bruno, si hanno a Bollate, in Piemonte e in Toscana.

Sulmona: il Sindaco; utilizzare i detenuti per pulizia di strade

 

www.cronacadabruzzo.org, 17 maggio 2008

 

Dalle parole ai fatti. Questo l’esempio che sta dando il nuovo sindaco, Fabio Federico che ha messo nero su bianco il progetto del coinvolgimento dei detenuti nella pulizia delle strade cittadine inviando una lettera al direttore della Casa di Reclusione, Sergio Romice. L’idea era nei pensieri di Federico già da diverso tempo ed ora arriva l’ufficialità grazie al fatto che il primo cittadino grazie al suo ruolo potrà avvalersi di una corsia preferenziale di attenzione.

Nel dettaglio l’idea prevede due fasi: la prima sottoforma di progetto pilota consiste nel coinvolgimento volontario dei detenuti del carcere di via Lamaccio, precisamente di quelli che godono già dei benefici dell’articolo 21, cioè della formula dei permessi premio; la seconda fase invece prevede l’impiego a tutti gli effetti dei detenuti in attività di spezzamento e raccolta rifiuti, grazie alla Legge Smuraglia che prevede l’abbattimento di costi per enti pubblici che assumono carcerati.

"Insieme al direttore Sergio Romice - ha spiegato Federico - stiamo pensando, nel rispetto delle norme vigenti, di coinvolgere i detenuti del carcere in un’iniziativa che prevede oltre ad un’utilità ambientale anche e soprattutto una valenza sociale per il percorso di reinserimento dei detenuti che si renderanno utili alla città. Inoltre la cosa consentirà di rinsaldare i rapporti con una delle più grandi "aziende" della città, intorno alla quale gravitano più di mille persone". Una collaborazione doppia, dunque, tra Casa circondariale di Sulmona, di cui Federico è da anni direttore sanitario, e Comune, che dovrà comunque avere prima l’autorizzazione del Ministero della Giustizia, con la sigla di un protocollo d’intesa tra tutti i soggetti interessati.

Tempi, quindi, non brevissimi ed un iter burocratico da fare prima di partire concretamente. I problemi di organico del servizio nettezza urbana, però, potrebbero essere definitivamente risolti con questa soluzione, anche se non è da escludere che i lavoratori che se ne sono occupati finora, cioè i dipendenti della Pineto Coop, non vedano di buon occhio la cosa, avendo loro da anni lamentato condizioni di lavoro non propriamente idonee e turni non sempre regolari, che certo l’impiego dei detenuti non andrebbero a risolvere .Bisogna aggiungere che i lavoratori Pineto coop sono molto preoccupati anche perché il loro contratto scadrà il prossimo 30 maggio. Un impegno importante che metterà alla prova sin da subito il futuro assessore personale, che secondo indiscrezioni, dovrebbe essere o Lorenzo Fusco di FI o Mauro Tirabassi di AN.

Benevento: triangolare di calcio tra detenuti e amministratori

 

Il Quaderno, 17 maggio 2008

 

Si chiude il progetto "Zona Cesarini", tenutosi presso la Casa Circondariale di Benevento e organizzato dall’Unione Sportiva Acli Sannita in collaborazione con l’Ente Provincia e il Comune Assessorato allo sport e alle politiche sociali di Benevento, Comitato Provinciale Coni e la locale sezione Aia, con il patrocinio della sede nazionale dell’U.S. Acli. Previsto domani, sabato 17 maggio, il saggio finale di Social Dance rivolto alle detenute, tenuto dalla maestra di ballo Tiziana Zollo. Lunedì 19, invece, è in programma il triangolare di calcio "Un Goal per la Vita", giunto alla quinta edizione. Vi prenderanno parte una rappresentativa di detenuti, una del Coni Provinciale e una di amministratori comunali del capoluogo. Le partite saranno dirette dai detenuti che hanno superato il corso per arbitri, coadiuvati dagli arbitri della locale sezione Aia del presidente Vincenzo Caldora che con Daniele Mazzulla hanno tenuto il corso.

La squadra dei detenuti della casa circondariale di Benevento è stata allenata per circa quattro mesi dall’allenatore federale Leonildo Bocchino: durante tutto il periodo ha preteso disciplina e rispetto delle regole "calcistiche e no". La rappresentativa del Coni selezionata da Pasquale Viscusi, è composta da una selezione di fiduciari provinciali è sarà guidata dal presidente Mario Collarile, mentre i rappresentanti degli amministratori locali, selezionati dal consigliere provinciale Giuseppe Lamparelli e dall’assessore comunale allo sport Luigi Ionico, sarà composta da: Fausto Pepe, Costanzo Di Pietro, Danilo De Luca, Giuseppe Zollo, Stanislao Lucarelli, Umberto Panunzio, Luigi Trusio, Luigi Boccalone, Gennaro Santamaria, Luigi Scarinzi, Antonio Capuano, Achille Timossi, Mario Pasquariello, Raffaele Del Vecchio, Antonio Caruso, Pasquale Fiore, Angelo Stanziale, Antonio Orafo, Giovanni D’Aronzo, Giovanni Quarantiello e sarà rinforzata dal deputato Costantino Boffa della nazionale parlamentare. Al termine del torneo, oltre alla premiazione degli atleti e delle formazioni partecipanti, saranno consegnate ai detenuti, ritenuti idonei al corso per arbitri, le divise e il materiale occorrente per arbitrare una partita di calcio.

Alla manifestazione sarà presente una delegazione dell’assessorato allo sport della provincia di Salerno interessata al progetto "Zona Cesarini". Interverranno anche: il presidente della Provincia Aniello Cimitile, il presidente nazionale U.S. Acli Alfredo Cucciniello, il presidente regionale Antonio Meola, Giulio Iacoviello in rappresentanza della Figc, Sergio Tanga e Filiberto Parente delle Acli Sannite. Come ha voluto sottolineare il coordinatore del progetto, Alessandro Simeone, "l’obiettivo è stato quello di trasmettere i valori di lealtà, rispetto degli altri e delle regole che sono propri dello sport in generale e, nello specifico, del gioco del calcio".

L’operato delle Acli all’interno della Casa Circondariale si è ormai consolidato nel corso degli anni, soprattutto per quanto riguarda l’organizzazione di attività ludiche che permettono al detenuto di "evadere" mentalmente da quella posizione statica a cui è costretto, proiettandolo all’interno di un discorso organizzativo basato sul rispetto delle regole e delle persone che lo circondano attraverso la conoscenza dei principi strutturali dello sport.

Bollate: i francobolli e il carcere... nasce un Circolo filatelico

di Francesco De Carlo

 

www.philweb.it, 17 maggio 2008

 

Che il carcere vada inteso non solo come luogo dove scontare una pena ma anche come strumento per la rieducazione e il reinserimento civile del recluso, rientra a pieno titolo tra le politiche dell’amministrazione penitenziaria italiana. Proprio come nel caso di Bollate, alle porte di Milano, dove ha realizzato una struttura moderna in cui ai detenuti viene applicata una "custodia attenuata" basata sulla compartecipazione attiva alla vita carceraria e sull’accesso a progetti rieducativi anche di carattere culturale. Tra questi rientra senz’altro la filatelia, tant’è che la II Casa di Reclusione di Bollate ha consentito la nascita di un Circolo Filatelico "intramurario". Ecco come poter donare francobolli e materiale in eccedenza.

Che la filatelia non sia soltanto un banale passatempo (come dicono alcuni detrattori) ma, soprattutto, un hobby multidisciplinare in grado anche di stimolare la crescita culturale di chi la pratica, è risaputo.

Com’è altrettanto vero che raccogliere francobolli, collezionarli in modo sistematico e studiarne caratteristiche tecniche ed estetiche, può rappresentare un modo "intelligente, educativo e divertente" per trascorrere il proprio tempo. Non solo quello libero, fatto cioè degli "avanzi" temporali di una giornata di lavoro, ma anche di quello infinitamente più lungo a disposizione di chi, per un motivo o per l’altro, si ritrova detenuto.

A comprendere pienamente i risvolti socio-educativi della filatelia ci ha pensato il personale educatore della II Casa di Reclusione di Bollate, alle porte di Milano, partendo dalla proposta di alcuni dei suoi "ospiti" di costituire un Circolo Filatelico.

Inaugurata nel dicembre del 2000, la casa circondariale di Bollate, infatti, è un istituto a "custodia attenuata" in cui per ogni tipologia di detenuti l’amministrazione propone una diversa risposta punitiva, "bilanciando l’aspetto punitivo e quello rieducativo della pena", nell’ambito di un progetto più vasto di recupero dell’identità del recluso il quale, insieme agli educatori, può partecipare attivamente all’organizzazione della vita carceraria attraverso apposite Commissioni interne, proprio come quella dedicata alla Cultura entro cui è nata l’idea del club filatelico.

Nonostante l’evento sia da considerarsi più che straordinario, l’Amministrazione carceraria lo ha voluto sostenere pienamente e non già per realizzare "importanti e costose raccolte", ma solo per "perseguire quei fini che costituiscono l’essenza del collezionismo puro, ovvero lo studio del materiale e il piacere della ricerca".

Ed allora il primo club filatelico a nascere "dietro le sbarre" ha rivolto un invito a tutti i collezionisti ed operatori commerciali affinché inviino con generosità francobolli e materiale filatelico in eccedenza (in modo particolare: francobolli italiani ed internazionali, anche tematici, album e cataloghi) con cui poter avviare l’esperienza filatelica (le donazioni possono essere inoltrare all’indirizzo riportato sotto).

Gli obiettivi di reinserimento sociale sono, quindi, evidenti e vanno sostenuti (a noi stessi fa piacere diffondere questa notizia). Rinforzati peraltro dalla mission che gli stessi detenuti hanno voluto dare all’iniziativa: raccogliere francobolli per poter realizzare una collezione organica, con lo sguardo però sempre rivolto allo studio e alle tematiche e non già al loro valore venale. E in prospettiva c’è la possibilità di organizzare una mostra filatelica nelle sale del carcere di Bollate. Il desiderio dei detenuti? Renderla accessibile anche al pubblico.

Per le donazioni di materiale filatelico e francobolli, indirizzare i plichi a: Circolo filatelico "intramurario" della C.R. di Bollate. D.ssa Catia Bianchi. Via Belgioioso, 120. 20157 Bollate - MI.

Libri: "Toghe rotte"… nella giustizia raccontata da chi la fa

 

Il Sole 24 Ore, 17 maggio 2008

 

"Toghe rotte". La giustizia raccontata da chi la fa

Di Bruno Tinti. Edizioni: Chiarelettere. pag. 181, 12 euro

 

Corto (Maltese) e il rivoluzionario Dancalo stanno lassù, sul minareto, assediati dai soldati dervisci armati fino ai denti. Corto, con il sigaro in bocca, si chiede se valga la pena morire per niente; il suo bizzarro compagno, un omino esile che imbraccia un vecchio fucile, replica: "Non per niente, Corto, la rivoluzione può cominciare anche su un minareto".

Bruno Tinti, Procuratore Aggiunto presso la Procura di Torino, conclude così il suo viaggio nella giustizia raccontata da chi la fa. Un estremo atto d’amore, insensato, illogico, contro ogni evidenza. Perché nelle 180 pagine precedenti proposte da toghe rotte, un vero e proprio itinerario degli orrori, sono ben poche quelle che invitano all’ottimismo. Per usare il fantasioso linguaggio dell’autore, sono molti più i De Manigoldis e i De Farabuttis dei De Onestis e De Integris che affollano le aule dei tribunali.

Tinti racconta una giustizia che non funziona, perché così la si vuole, una macchina per tritare acqua, secondo l’efficace espressione di Gherardo Colombo. Emerge il quadro di un Paese che non ha troppi detenuti, ma troppi delinquenti impuniti; non troppe scarcerazioni, ma troppi cavilli salva ladri; con garanzie pensate su misura per indagati possibilmente ricchi. In galera entrano e ritornano (spesso) solo coloro che vivono nella marginalità, lontano dal potere.

Il nostro Caronte ci guida nei gironi della giustizia decodificando, passo dopo passo, i termini giuridici. Il viaggio inizia con la prescrizione, un grande buco nero nel quale precipita la stragrande maggioranza dei processi. Pochi arrivano alla fine: qualche caso di omicidio, rapine, sequestri di persona. Di falsi in bilancio, frodi fiscali, truffe ai danni dello stato, infortunistica, nemmeno l’ombra.

Il giudice che tale voglia essere è come un combattente con le armi spuntate, lassù sul balconcino del minareto, assediato da procedure folli. Volete un esempio? Gli abusi edilizi. Sapete a chi viene data in custodia per legge una costruzione abusiva con tanto di sigilli? All’imputato, che può evitare la condanna anche per la mancata consegna della fotocopia di una notifica il cui originale è nelle mani del suo avvocato. Una cervellotica procedura perfettamente "legale", che comporta altissimi costi e assoluta impunità.

All’insegna del "depenalizzare" è anche il capitolo dedicato ai reati societari, materie specifiche di Bruno Tinti nel suo quotidiano lavoro. Le innovazioni portate dal legislatore nel 2002 hanno di fatto cancellato tali reati. I tempi di prescrizione (da quattro a sei anni), la possibilità di perseguire solo se il socio danneggiato di società non quotate in borsa presenta querela, le alte soglie pecuniarie di punibilità, fanno sì che il falso in bilancio sia un reato praticamente estinto. E le pene? Da cinque giorni a un anno e sei mesi per chi cagiona danno (che nessuno scopre mai perché nessuno fa querela); da sei mesi a tre anni o da uno a quattro anni nel caso di società quotate in borsa.

"Pensate - fa notare Tinti - che per la falsificazione dei tagliandi di parcheggio si va da uno a cinque anni; per il furto al supermercato con lo strappo della placca antitaccheggio da uno a sei anni; per la strisciata sulla macchina, il reato dei fidanzati abbandonati, la pena va da sei mesi a tre anni". Nessuna indulgenza anche nei confronti dell’apparato giudiziario prigioniero di logiche di appartenenza e di corrente che hanno minato alla base autonomia e indipendenza della magistratura, al di là di singoli ed eccellenti esempi.

Liste chiuse, come nel sistema elettorale politico, che conducono ad una spartizione e riproducono gli stessi effetti, tanto deprecati della società che si deve giudicare". Le carriere più importanti e di maggiore successo sono sempre quelle degli iscritti alle correnti e più una corrente è forte più garantisce i propri aderenti sotto il profilo carrieristico e nel caso di eventuali incidenti di percorso".

"La legge è uguale per tutti" così era scritto sui cartelli affissi nelle corti penali. Poi l’ex ministro Castelli ordinò un’altra scritta: "La giustizia è amministrata nel nome del popolo". Quale popolo? Si chiede Tinti. Anche Ponzio Pilato chiese al popolo che cosa doveva fare di Gesù, che pure riteneva innocente. Sappiamo tutti come andò a finire.

Il merito dell’autore è anche nella capacità divulgativa, nell’eccellente traduzione del linguaggio giuridico. Con un tocco che la dice lunga sulle passioni extra giudiziarie di Bruno Tinti. Le storie esemplari, sceneggiate ad uso e consumo dei lettori, paiono più disegnate che scritte, un vivido bianco e nero con nomi (Temistocle Crollalanza, Aristide Fracanzani, Ernesto Fatigoni, De Neutris, De Premurosi, Pavidoni, De Radiantis) che hanno solide radici nell’universo del fumetto tanto amato dall’autore. Che a noi, non conoscendolo di persona, piace immaginare con il disincanto dell’eroe di Hugo Pratt e con la capigliatura afro e la faccia fiera del suo compagno d’avventura.

Immigrazione: Consulta; no a permesso per chi è condannato

 

Il Sole 24 Ore, 17 maggio 2008

 

Non va rinnovato il permesso di soggiorno allo straniero colpevole di un reato, indipendentemente dalla gravità e dal giudizio sulla pericolosità e anche quando la condanna è arrivata dopo patteggiamento.

Lo precisa la Corte Costituzionale con la sentenza n° 148, depositata ieri e scritta da Francesco Amirante. La Consulta ha così salvato questa parte della disciplina, introdotta nel 2002 ora oggetto di un dubbio di legittimità costituzionale da parte del Tar della Lombardia.

La Corte ha premesso da una parte che, per quanto riguarda l’ingresso e la circolazione nel territorio nazionale, la situazione dello straniero non è uguale a quella del cittadino; dall’altra però che il legislatore incontra i limiti imposti dalla disciplina internazionale e dal fatto che lo straniero è riconosciuto titolare di tutti i diritti che riguardano la persona previsti dalla nostra Costituzione.

Quanto alla questione sollevata dal Tar lombardo, la sentenza sottolinea di non considerare irragionevole condizionare l’ingresso o la permanenza dello straniero sul territorio alla mancata commissione di reati. Inoltre, il rifiuto del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno, chiarisce la Corte, non costituisce una sanzione penale e, per questo, la legge può stabilirlo per fatti che, sotto il profilo penale, hanno una diversa gravità. In questo modo, la misura viene considerata la più idonea alla sicurezza e tranquillità. Come pure non può essere censurata la scelta della legge di non dare peso all’esistenza delle condizioni che renderebbero possibile la sospensione della pena, questa infatti risponde a criteri diversi da quelli che fondano il giudizio di indesiderabilità dello straniero nel territorio italiano. La considerazione poi di qualsiasi condanna per un reato che riguarda gli stupefacenti non va ritenuta irragionevole, visto che si tratta di ipotesi di delitto che testimoniano spesso l’esistenza di contatti con organizzazioni criminali che alimentano il mercato della droga. (Vedi sentenza Corte Cost. 148/2008 - in pdf)

Immigrazione: così il governo intende respingere i clandestini

di Renzo Rosati

 

Panorama, 17 maggio 2008

 

"Finché non vedo il testo scritto e approvato non ci credo. C’è una tendenza a frenare, non da parte nostra e del ministro Roberto Maroni, ma delle solite lobby: magistratura, burocrazia, anche settori del mondo cattolico…".

Niccolò Ghedini, oltre a essere l’avvocato personale di Silvio Berlusconi, è il primo ideatore del pacchetto sicurezza che è servito da base al pool di ministri (Interno, Giustizia, Difesa, Esteri, oltre al premier) per un maxidecreto e alcuni disegni di legge.

Il tutto da approvare a Napoli mercoledì 21 maggio, nel primo consiglio con pieni poteri del nuovo governo. Così come promesso solennemente da Silvio Berlusconi, che proprio sulla sicurezza, oltre che sull’economia e le tasse, ha vinto le elezioni. Ghedini a quel piano lavora per conto del Cavaliere da un anno: da quando l’allora capo dell’opposizione, con i famosi sondaggi alla mano, capì che l’emergenza clandestini e la criminalità stavano mandando a picco Romano Prodi, prigioniero dell’estrema sinistra e del politically correct.

Ora che siamo alla stretta, Ghedini oscilla, però tra prudenza e scetticismo: "Eppure non c’è tempo da perdere. Gli immigrati irregolari sono raddoppiati nel 2007, grazie al lassismo di Prodi. Le stime ufficiali parlano di 700 mila, ma secondo me siamo oltre". Per questo il fiore all’occhiello del pacchetto dovrebbe essere l’istituzione del reato di immigrazione clandestina, oggi non previsto nel Codice penale, da punire con una pena da 6 mesi a 4 anni, processo per direttissima ed espulsione. Si tratta però del punto più controverso e difficile, tanto più per decreto.

Perché? "Tra i clandestini ci sono centinaia di migliaia di immigrati per bene che non hanno potuto mettersi in regola per le pastoie della burocrazia. Badanti, domestici, lavoratori" afferma Marzio Barbagli, docente di sociologia a Bologna, da anni studioso dell’immigrazione e autore, nel dicembre 2007, del più completo rapporto sugli stranieri in Italia, realizzato per il Viminale. "Che facciamo con questi, li sbattiamo tutti in galera?".

Le carceri sembrano un altro ostacolo insormontabile: nonostante l’indulto i detenuti sono tornati a quota 52 mila, la massima parte stranieri, su una capienza di 43 mila. Occorrerebbero non meno di 20 altri istituti di pena. Non solo. L’istituzione di un nuovo reato prevede una modifica al Codice penale e a quello di procedura penale (che fissa pene e modalità del processo), difficilmente attuabili attraverso un decreto. A parte le osservazioni di Barbagli, gli ostacoli sono due. La magistratura, ai suoi vari livelli, è contraria: dall’Anm, l’Associazione magistrati, al Csm fino alla Corte costituzionale.

"Abbiamo in corso trattative" confida un dirigente del ministero della Giustizia. "Ciò che i giudici temono realmente è di essere costretti a occuparsi a tappeto di criminalità comune, lasciando perdere inchieste più gratificanti. Di più: c’è chi vede nell’istituzione del nuovo reato, con caratteristiche di emergenza e corsia preferenziale, il primo passo per l’indicazione da parte del governo ai magistrati delle priorità criminali, se non di una sezione giudicante apposita".

Un muro contro il quale ha già sbattuto Giuliano Amato, ministro dell’Interno di Prodi. Che ammette: "Certo, le carceri scoppiano. Ma più per i detenuti in attesa di giudizio che per quelli che scontano la pena". Non solo, l’ostruzionismo dei magistrati e della giustizia amministrativa mette a rischio altre due misure chiave del pacchetto: un reddito minimo (5 mila euro) e un’abitazione che non sia un camper o una baracca per gli stranieri, anche comunitari, che soggiornino in Italia; e l’espulsione per via amministrativa, con la firma del prefetto, per i clandestini, per i sospetti di pericolosità sociale, per i delinquenti provati. Punti sui quali concorda anche uno studioso come Barbagli: "Su 100 mila provvedimenti di espulsione" dice "se ne attuano a fatica 25 mila, magari solo perché una gran parte di stranieri si rifiuta di farsi identificare".

Ma la Corte costituzionale ha riconosciuto agli immigrati espulsi con motivi giustificati il diritto a opporsi di fronte al giudice, e addirittura a rientrare in Italia per farsi assistere da un avvocato e presentare ricorso. E questo nonostante un parere diverso del Consiglio di Stato. Quanto al reddito minimo, il Tar della Lombardia ha appena bocciato un’ordinanza simile del sindaco leghista di Cittadella. A opporsi era stata la Cgil; il Tar ha giudicato "abnorme lo strumento dell’ordinanza" e "sospetto di intenti discriminatori".

Risultato: il decreto rischia di ridursi ad alcune misure tampone, come la creazione di altri dieci nuovi centri di permanenza temporanea (oggi sono 11), portandoli a uno per regione e prolungando il soggiorno da 60 giorni a 18 mesi. Misure che già esistono in Svezia e Germania, che dovrebbero consentire di completare i procedimenti di espulsione senza che un clandestino appena sbarcato, o un delinquente colto in flagranza di reato, venga rimesso in libertà condizionale da un giudice eccessivamente garantista.

Certo, i Cpt la sinistra li voleva chiudere. Ma oggi a offrire una sponda al governo non sono solo sindaci di centrodestra come Gianni Alemanno e Letizia Moratti (che ha ottenuto ciò che pareva impossibile sotto Prodi, la nomina del Prefetto come commissario straordinario per i rom); a reclamare il giro di vite sono amministratori del Pd come il presidente della Provincia di Milano, Filippo Penati, il sindaco di Bologna, Sergio Cofferati, e quello di Torino, Sergio Chiamparino.

Indipendentemente dal colore, i sindaci sanno che alle prossime amministrative saranno giudicati su sicurezza, criminalità e degrado; per non fare la fine di Francesco Rutelli a Roma sono ora disposti a trasformarsi in sceriffi, a condizione che lo Stato paghi i costi, individuati in 750 milioni l’anno. Ma che cosa significa fare gli sceriffi? Individuare baracche e camper abusivi, promuovere azioni di polizia e magistratura, far sgombrare i campi o trasferirli lontano dalle abitazioni, e anche cominciare a combattere vandalismi e rimuovere graffiti finora considerati da taluni simboli di creatività. Inoltre dovranno illuminare le strade a rischio e tenere d’occhio il giro degli affitti in nero ai clandestini, un filone lucroso per molti italiani.

Nel decreto troveranno quasi sicuramente posto il giro di vite sui ricongiungimenti familiari per gli immigrati, che la legge Bossi-Fini limitava ai parenti di primo grado e che il governo Prodi aveva esteso fino a cugini, cognati e congiunti. Si inizierà a sperimentare la banca dati del dna per evitare ricongiungimenti fasulli: una misura attuata due anni fa in Francia da Nicolas Sarkozy, allora ministro dell’Interno, e che fu tra le cause della rivolta dei sans-papiers nelle periferie di Parigi e Lione. Infine c’è il capitolo spinosissimo degli ingressi dai paesi, Romania e Bulgaria in testa, appena entrati nell’Unione Europea. Nessuno dei due aderisce ancora al trattato di Schengen sulla libera circolazione delle persone, ma qualche malintenzionato può entrare attraverso la Francia o l’Austria. L’Italia vuol chiedere una ridefinizione del trattato stesso, concepito quando l’Ue era costituita dal nucleo storico di 12 paesi senza problemi di criminalità clandestina.

Un’operazione delicata (la Romania sta da tempo protestando contro l’Italia) che Berlusconi affiderà alle capacità di mediazione del ministro degli Esteri, Franco Frattini. Ma che soprattutto il premier vuole gestire anche personalmente, grazie al rapporto diretto con Sarkozy e con il primo ministro spagnolo José Rodriguez Zapatero. La Francia assumerà a giugno la guida dell’Ue, e Sarkò è alle prese con gli stessi problemi di sicurezza. Anche per questo l’Italia ha scambiato con la Francia le deleghe del proprio commissario cedendo a Jacques Barrot la Giustizia.

Quanto a Zapatero (il cui vicepremier Maria Teresa Fernandez de la Vega venerdì ha criticato duramente la nuova politica italiana sull’immigrazione: "Il governo spagnolo rifiuta la violenza, il razzismo e la xenofobia, e pertanto non può approvare quanto sta succedendo in Italia"), il suo governo, a lungo icona della sinistra, riesce a espellere il 90 per cento dei clandestini, oltre controllare le coste attraverso satelliti e forze armate. Grazie anche ai fondi, in gran parte europei, che garantisce al Marocco. Sarà alla fine proprio quest’ultima la strada da seguire con Romania e Bulgaria? "Penso di sì, ne ho parlato con Berlusconi" dice Ghedini. Il premier, in qualche modo, conferma: "È importante capovolgere l’immagine che diamo all’esterno. Basta con il Paese colabrodo, l’ideale per potenziali delinquenti. Dobbiamo tornare a essere, e anche ad apparire, uno Stato nel quale chi viola la legge viene punito". Speriamo.

Immigrazione: reato di clandestinità? ma è solo propaganda

 

Redattore Sociale, 17 maggio 2008

 

Un milione di clandestini rischierebbero il carcere, ma penitenziari e Cpt hanno poco più di 100 mila posti letto. È la denuncia delle associazioni, che con le comunità dei migranti annunciano una mobilitazione.

Occorre creare una rete di opposizione e solidarietà sul tema dell’immigrazione riguardo alle scelte del governo italiano, ma anche nei confronti della direttiva europea in materia di immigrati e rimpatri. È questo l’appello lanciato questa mattina dalla sede dell’Ufficio per l’Italia del Parlamento Europeo da Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone. L’associazione, insieme ad esponenti del mondo politico, dell’associazionismo e delle comunità immigrate ha voluto fare il punto sulla possibilità di un’azione politica e culturale in risposta al pacchetto sicurezza del Governo e alla futura direttiva europea.

Gli eventi di questi giorni riguardo rom e immigrati irregolari non potevano non essere all’ordine del giorno per cui è stata espressa una generale preoccupazione. Responsabilità e mancate opportunità di cambiamento, secondo Pietro Gonnella, sono da additare anche all’esecutivo di centro sinistra, ma quel che sta accadendo è molto più grave. "C’è stato un cattivo governo dell’immigrazione anche nei due anni precedenti. Quello di cui ci dobbiamo preoccupare oggi, però, è la tracimazione verso un razzismo istituzionale, verso un pensiero unico per cui la questione immigrazione è diventata la questione sicurezza, anche se non ci sono nessi automatici tra la questione immigrazione e la criminalità".

Gonnella si scaglia con forza anche contro la proposta di far riconoscere come reato l’immigrazione clandestina. Secondo il presidente di Antigone si tratterebbe di propaganda. "Oggi - continua Patrizio Gonnella - ci sono circa 120 mila persone accertati dalle forze dell’ordine come clandestini. Se teniamo conto che con il decreto flussi sono emersi dalla clandestinità spontaneamente, facendo un atto di richiesta di inclusione sociale, più o meno 600 mila persone e che solamente per una quota minima di esse ci sarà la regolarizzazione, vuol dire che avremo almeno 600 mila immigrati clandestini in Italia. Posso immaginare che almeno altrettanti non si siano dichiarati, quindi possiamo ragionare su almeno un milione di clandestini in Italia. È ovviamente propaganda pensare di introdurre il reato di immigrazione clandestina. Servono un milione di posti letto. I Cpt contengono solo 2 mila posti con capienza annua di 19 mila posti col turn-over".

La situazione non cambia se vengono presi in considerazione i penitenziari italiani, già sovraffollati. "Le galere italiane - continua Patrizio Gonnella - in un anno, con il ricambio, possono contenere 80 o 90 mila persone. Sono numeri impossibili. Abbiamo già un sovraffollamento con 53 mila persone a fronte di 43 mila posti letto. Il misto di norme contro la migrazione e norme contro la criminalità farà esplodere il sistema carcerario italiano e se ciò accadesse non dovremmo sorprenderci se ritorneremo a vedere le persone sui tetti nelle galere come accadeva negli anni 80".

Stessa preoccupazione la esprime Angelo Caputo, di Magistratura Democratica, secondo cui prima di un passo del genere andrebbe attentamente esaminata una precedente esperienza del nostro tempo. "Credo sia anche importante segnalare le formidabili assonanze tra queste tendenze e quelle che abbiamo visto all’opera in questi anni negli Stati uniti dove hanno prodotto il più grande processo di carcerizzazione nella storia contemporanea.

Un processo che ha portato il paese americano ad un numero di detenuti pari a 724 su ogni 100 mila abitanti. Questo significa letteralmente avere un carcere in ogni quartiere. Guardare a questo modello, vedere dove ha condotto e i risultati che ha prodotto credo che potrà essere utile".

Immigrazione: dalla Spagna critiche l’Italia, poi Frattini ricuce

di Vincenzo Nigro

 

La Repubblica, 17 maggio 2008

 

Fino a ieri ai vertici Europa-America Latina litigavano tra di loro i latino-americani. Ieri la prima volta si è rischiato lo scontro frontale tra europei. Italia e Spagna hanno polemizzato duramente sull’immigrazione: con la vicepremier spagnola che ha accusato il governo Berlusconi di una politica "xenofoba e razzista" e il ministro degli Esteri Franco Frattini che ha chiesto a Madrid di smentirla. vicepremier. Zapatero ha chiuso il caso, dicendo che "la vice presidente De La Vega non ha voluto nella maniera più assoluta lanciare nessun attacco contro il governo italiano, dalla Spagna c’è assoluto e totale rispetto per le decisioni sovrane prese dagli altri governi".

Dopo il caso-Romania un altro episodio che conferma la tensione e i sospetti che circolano in Europa per le immagini che arrivano dall’Italia. Ma anche un caso che il governo Berlusconi, e in particolare la Farnesina, hanno voluto raffreddare immediatamente, con Franco Frattini che ripete il suo "mantra": "Combatteremo l’immigrazione illegale, ma tutto avverrà rispettando le regole e le leggi europee".

Il primo colpo di cannone arriva da Madrid, dove la vice- presidente Maria Teresa de la Vega ha appena terminato la riunione settimanale del governo. Zapatero è fuori Madrid, qui a Lima per il vertice Ue-Am Lat, per cui tocca alla De La Vega tenere la conferenza stampa finale. La prima domanda è proprio sull’Italia: "Come giudica le misure italiane contro l’immigrazione clandestina?" La ministra: "Il governo spagnolo respinge la violenza, il razzismo e la xenofobia, e pertanto non può condividere ciò che sta succedendo in Italia. La Spagna lavora a una politica dell’immigrazione legale e ordinata, che permetta il riconoscimento di diritti e doveri".

È un attacco in piena regola al governo Berlusconi, da un governo schierato su un fronte politico opposto a quello del centrodestra, ma comunque legato all’Italia dal vincolo di appartenenza alla Ue. Franco Frattini e il suo staff sono appena entrati nella sala del vertice che già i siti Internet rilanciano le critiche spagnole: lo staff degli Esteri chiama al telefono l’ambasciatore italiano a Madrid, Pasquale Terracciano, per capire di prima mano come stiano le cose. Sui fili del telefono la conferma arriva subito: l’attacco c’è stato, è forte e non possono esserci equivoci.

Bisogna solo capire se è la posizione di tutto il governo spagnolo. Frattini incrocia nel salone della conferenza il suo collega spagnolo Miguel Angel Moratinos, lo ferma, gli chiede spiegazioni e - a sorpresa - immediatamente il ministro spagnolo gli parla di malinteso, di caso "che è già chiuso". "Va bene, se è davvero così siamo contenti: ma allora dovete dirlo in pubblico, dovete dire che non c’è una critica del governo spagnolo a quello italiano", risponde Frattini. Tra le due delegazioni c’è freddezza, qualcuno per un attimo alza i toni, ma poi parte il negoziato. Frattini chiede un incontro con Zapatero, anche lui a Lima per il vertice, e nel frattempo a Madrid il vice-ministro degli Esteri spagnolo Diego Lopez Garrido parla con l’ambasciatore italiano.

Da Madrid prima arriva la precisazione di Garrido, "le parole della vice-premier non si riferivano al governo Berlusconi", poi la dichiarazione del portavoce della Moncloa, "nessun attacco al governo italiano" e infine le parole di Zapatero. Frattini può presentarsi ai giornalisti, per difendere il governo e spiegare che "stiamo lavorando per ripristinare uno stato di diffusa illegalità, ma ci muoviamo e ci muoveremo all’interno delle regole europee. Come ha fatto il governo Zapatero che in questi due anni è stato estremamente più severo del governo Prodi: hanno espulso decine di migliaia di persone provenienti dall’Africa verso le Canarie".

Sul tema immigrazione Frattini però è costretto a fare un’altra precisazione: da Bruxelles un portavoce della Commissione aveva risposto a una domanda sulla possibile modifica al trattato di Schengen chiesta dall’Italia, proprio da Frattini. La risposta era stata "non c’è nessuna idea di modificare Schengen". Frattini precisa, spiega che "non si parla di porre sul tavolo la revisione del Trattato di Schengen ma di fare un "tagliando", una verifica al modo in cui viene applicato, non altro". Tutto, diplomaticamente, ritorna a posto, ma nell’aria rimangono la parole della vice-premier spagnola: "Italia razzista". E per quelle non ci sono scuse.

Immigrazione: Ferrero: la Bossi-Fini? genera clandestinità…

 

Dire, 17 maggio 2008

 

"La Bossi-Fini produce clandestinità così come la mia auto produce gas di scarico". L’ex ministro per la Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero (Prc), è intervenuto questa mattina ad Omnibus su LA7 in merito a immigrazione e sicurezza. "Le misure proposte dall’attuale governo sono demagogiche e razziste - ha detto Ferrero - e non fanno altro che accrescere la paura". "Con il centrodestra ha vinto la semplificazione, ha spiegato, aggiungendo: le loro proposte sono certo più rapide e più forti, ma solo nel tempo ne verificheremo l’efficacia. Tra due anni capiremo che è tutto fumo e niente arrosto".

E ancora: "la Bossi-Fini produce clandestini: nessun datore di lavoro convoca da un altro Paese un lavoratore che neppure conosce. Questi clandestini - ha continuato Ferrero - servono oggi a mandare avanti quella buona fetta di lavoro in nero che oggi esiste in Italia. Introdurre il reato di immigrazione clandestina, poi, significherebbe spendere risorse per costruire nuove carceri". "Ciò che serve - ha concluso Ferrero - sono programmi di inserimento. Dove è stata attuata, la politica di integrazione ha funzionato".

Immigrazione: Bonino; vero pericolo sono le mafie, non i rom

 

Dire, 17 maggio 2008

 

"Bene ha fatto il ministro Maroni a pronunciare ferme ed inequivocabili parole di condanna degli attacchi contro i campi nomadi a Napoli. Come pure sono utili e sagge indicazioni quelle del Presidente della Repubblica".

Ne è convinta Emma Bonino, secondo cui "si sbaglia obiettivo se, attraverso manipolazioni politico-mediatiche, si arriva al punto di far credere ai cittadini che i loro problemi di insicurezza non derivino soprattutto dal crimine organizzato, a cominciare da quello di matrice mafiosa e camorristica, ma dalla presenza dei Rom".

Secondo la vicepresidente del Senato "i monitoraggi fai-da-te sottoforma di ronde, che possono facilmente trasformarsi in spedizioni punitive, non possono e non devono essere tollerati né tantomeno giustificati in un paese che si reputa la culla dello stato di diritto". Altrettanto poco convincente "l’idea di militarizzare le nostre piazze e le nostre strade". Quindi, conclude l’esponente radicale del Pd, "facciamo quindi uso intelligente del codice penale, delle leggi nazionali in vigore, degli accordi a livello europeo. Perseguendo allo stesso tempo una efficace e positiva politica d’integrazione degli immigrati che via via vengono regolarizzati, rafforzando anche gli accordi con i paesi di origine e di transito".

Europa: tra i giovani aumenta il consumo di droghe e alcool

 

Dire, 17 maggio 2008

 

I ragazzi europei più dediti che in passato all’uso di alcol e sostanze stupefacenti, nonché ad una promiscuità sessuale che li rende più vulnerabili verso alcune malattie sessualmente trasmissibili. Sulla rivista Biomed Public Health c’è uno studio, realizzato dal Centre for Public Health presso la Liverpool John Moorès University per cercare di capire proprio l’associazione tra sesso e droga con particolare attenzione al ruolo giocato dall’uso di queste sostanze. Una delle priorità emergenti nei paesi europei nell’ambito della salute è, infatti, rappresentato dall’uso sempre più frequente di alcool e di sostanze stupefacenti da parte dei giovani, che appare correlato ad una vera e propria epidemia delle malattie a trasmissione sessuale.

L’indagine è stata svolta in 9 città europee, su 1.341 giovani di età compresa tra 16 e 35 anni, ai quali i ricercatori hanno proposto un questionario da compilare da soli, relativo ai loro dati demografici e sociali, oltre che alle loro abitudini riguardo la vita sessuale e l’uso di droghe. Dai risultati emerge che sostanze differenti vengono usate per scopi differenti: l’alcol, ad esempio viene spesso usato per facilitare gli incontri a scopo sessuale, la cocaina serve a prolungare i rapporti sessuali, ma anche ad accrescere il piacere, l’ecstasy viene usato dai maschi per prolungare il sesso. L’associazione tra sesso ed utilizzo di sostanze stupefacenti inizia pericolosamente prima dei 16 anni e l’uso di alcol, cannabis, cocaina e ecstasy appare collegata a un inizio precoce dei rapporti sessuali, in special modo tra le ragazze. D’altra parte, l’abitudine alle sostanze stupefacenti appare nettamente in relazione con la presenza di molteplici partner.

In conclusione, i ricercatori lanciano un allarme su un comportamento che espone milioni di giovani all’uso di sostanze pericolose, che alterano la loro capacità decisionale, aumentano il rischio di contrarre malattie e deteriorano la vita sessuale.

Australia: individuata zona del cervello che reagisce all'eroina

 

Notiziario Aduc, 17 maggio 2008

 

Alcuni ricercatori di Melbourne ritengono di aver individuato la zona del cervello direttamente implicate nella dipendenza da eroina. All’Howard Florey, la colpa di quella sensazione di "sballo", provocata dall’eroina, va tutta al ricettore A2A. "In Australia i consumatori di eroina sono 50 mila, "spiega il prof. Andrew Larence, responsabile di questa ricerca, "Esistono validi trattamenti medici e psicologici, ma dobbiamo comunque capire in quale modo, biologicamente parlando, l’eroina colpisce il cervello".

Secondo il professor Lawrence, i farmaci in quanto tali non rappresentano una sufficiente trattamento. Per uscire dalla droga servirà sempre una combinazione di farmaci e psicoterapia. Vi sono già molte aziende che stanno lavorando a farmaci in grado di bloccare l’azione di questo ricettore. Lo studio, che verrà presto pubblicato dalla rivista "Neuropsychopharmacology" nasce da una collaborazione tra i ricercatori dell’Howard Florey Institute, del Victorian College of Pharmacy e della University of Melbourne.

 

 

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