Rassegna stampa 29 luglio

 

Giustizia: 55mila detenuti, le carceri italiane vicine al collasso

di Alessandro Galimberti

 

Il Sole 24 Ore, 29 luglio 2008

 

Il sistema carcerario italiano rischia di superare tutti i limiti di ricettività consentita già nei prossimi mesi. La crescita della popolazione dietro le sbarre - definizione molto, eterogenea, ma che alla fine è fatti di numeri omogenei - mostra infatti una curva ascendente sempre più acuta, che continua ad accelerare dopo la tregua coincisa con l’indulto di due anni fa.

L’inasprimento delle pene e le nuove tipologie di reato inserite negli ultimi provvedimenti del Governo potrebbero anche accelerare i tempi. Al 27 luglio (ieri) i detenuti a vario titolo nelle Case Circondariali, nelle Case di Reclusione e negli istituti per le misure di sicurezza erano vicinissimi a sfondare quota 55mila (54.945), cioè quasi il 30% in più del primo livello di capienza delle 205 strutture penitenziarie attive in Italia: la ricettività regolamentare del sistema carcerario italiano non arriva neppure a 43mila posti (42.950), oltre il 90% dei quali riservati alla popolazione maschile, e solo 2.359 alle donne. Il limite massimo, invece, definito di "tollerabilità" dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (quindi un livello di affollamento non derogabile) è fissato a 63.360.

In teoria, a oggi restano disponibili poco più di 8mila posti in cella, un margine che il trend di crescita riduce a pochi mesi di agibilità. Quando nell’estate del 2006 il Governo Prodi adottò l’indulto, con un sostegno parlamentare ampio e trasversale, nelle prigioni del paese si contavano 61.264 detenuti, cifra molto vicina al collasso del sistema.

Il 31 agosto successivo, terminata la prima fase dello svuotamento da indulto, i carcerati erano scesi a 38.847; dal 30 settembre 2006, punto più basso dell’affollamento (38.326 detenuti a vario titolo) è però ripresa la crescita, dapprima lentamente (sotto le 4omila unità fino a febbraio 2007) poi via via più veloce (44mila a giugno 2007), quindi esponenziale, superando i 48.500 al 31 dicembre scorso, e oggi ormai prossima alle 55mila unità.

L’ultimo taglio disponibile sulla popolazione carceraria (dicembre 2007) dice che meno di 19mila ospiti, sul totale di 48.693 presenze, sono reclusi per effetto di una sentenza giurisdizionale; la massima parte è invece rappresentata dagli imputati di un procedimento non ancora terminato, quindi detenuti in forza di un provvedimento di custodia cautelare: si tratta di oltre 28mila persone. Quanto alla radiografia degli stranieri, destinati ad aumentare dopo l’entrata in vigore definitiva del decreto sicurezza, il 41% della popolazione è rappresentata da europei (per metà di provenienza comunitaria, il 12% albanesi, il 5,5% ex jugoslavi), mentre quasi il 50% è africano (per tre quinti originari di Marocco e Tunisia), solo il 4,8% è di provenienza asiatica e il 5,9% nord e sud americana.

Giustizia: in nome della sicurezza sono nati i "super sindaci"

di Dario Aquaro e Alessandro Galimberti

 

Il Sole 24 Ore, 29 luglio 2008

 

"Ordine pubblico, presidio del territorio, allargamento dei poteri attribuiti ai sindaci. Ma anche contrasto all’immigrazione ed estensione dello stato di emergenza sul territorio nazionale (il provvedimento è stato pubblicato sulla "Gazzetta Ufficiale" 175 di ieri).

Il pacchetto sicurezza, del quale il Decreto Legge 92 costituisce la colonna portante, inizia a dispiegare gli effetti. Il pacchetto sicurezza, (la legge 125, pubblicata venerdì scorso sulla "Gazzetta Ufficiale"), contiene le misure di partecipazione dell’esercito alla sicurezza delle città e attribuisce poteri straordinari ai sindaci in materia di ordine pubblico ed immigrazione. Su quest’ultimo punto, però, restano alcuni aspetti da chiarire.

Il testo dispone che il sindaco possa adottare provvedimenti anche urgenti "al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana". Due concetti da definire, questi, con un decreto del ministro dell’Interno, come si legge al comma 4-bis dell’articolo 6. Prima di potersi muovere in questo senso, i sindaci dovrebbero quindi aspettare le istruzioni del ministero, che disciplineranno l’ambito di applicazione delle disposizioni riguardanti l’incolumità pubblica. Ma non è ben chiaro se il decreto debba avere una natura regolamentare; né se il potere di ordinanza sia esercitabile dai sindaci immediatamente o in conseguenza dell’effettiva emanazione del decreto ministeriale. Così, nell’attesa, non tutti i sindaci si comportano allo stesso modo.

Per Riccardo De Corato, vicesindaco di Milano e assessore alla sicurezza, "con il decreto sicurezza si è fatto un grande passo avanti, anche se c’è ancora molta strada per equiparare i nostri sindaci a Rudolph Giuliani. Per prima cosa però è indispensabile fornire libero e totale accesso alla banca dati del Viminale da parte delle polizie locali: altrimenti si rischia di vanificare gli sforzi di prevenzione sul territorio".

"Comunque fino a oggi continua De Corato - ci si doveva arrampicare sugli specchi per far passare ordinanze contro la prostituzione in strada, accattoni, lavavetri. Ora il sindaco "fa" e poi "informa" la Prefettura, non deve più "chiedere".

Quanto all’esercito, secondo De Corato è opportuno utilizzarlo per il presidio di postazioni fisse (consolati, Cpt eccetera) "così da liberare polizia e carabinieri da reimpiegare sul territorio, non in auto ma a piedi: la gente ha bisogno di vedere le divise".

Flavio Zanonato, primo cittadino di Padova, apprezza il nuovo provvedimento sulla sicurezza, che "riprende il decreto Amato, affiancando qualche strumento in più". Ma attende il decreto ministeriale, che per il momento circola in forma di bozza, e una migliore definizione delle attribuzioni. "L’attuazione del decreto specificherà le misure - spiega Zanonato - e allora valuteremo anche sulla base delle situazioni concrete".

Chi già predispone misure per la "sicurezza urbana" è il sindaco di Verona, Flavio Tosi. "Domani (oggi per chi legge, ndr) firmeremo probabilmente un’ordinanza contro l’accattonaggio e studieremo sanzioni contro la prostituzione ". "Per’quanto riguarda l’esercito - prosegue Tosi - abbiamo già chiesto la disponibilità di uomini e definiremo le aree di intervento assieme al prefetto". Gian Paolo Gobbo, sindaco di Treviso, una delle città firmatarie della carta di Parma sulla sicurezza, accoglie con favore il provvedimento varato dal Governo e spiega che, su questo tema, la città è già da tempo attiva.

"A Treviso fin dal 1994 abbiamo, per così dire, una situazione di prima linea. Delibere, sulla sicurezza o sull’ordine cittadino, come quelle che si sono fatte a Bologna o a Firenze, noi le abbiamo portate avanti negli anni scorsi. Detto questo siamo contenti per le possibilità di coordinamento e di maggiore collaborazione, fra Stato ed enti locali, che ci sono offerte".

Sulla partecipazione dell’esercito alle attività di sicurezza - preferibilmente Carabinieri impegnati in compiti militari o volontari specificamente addestrati il primo cittadino trevigiano precisa che la sua non è fra le dieci città individuate dal ministero come aree prioritarie.Ma aggiunge: "L’esercito è chiaramente un deterrente. Da questo punto di vista, ho proposto al ministro dell’Interno di usare i militari già di stanza nelle nostre caserme. Avremmo così la possibilità di realizzare pattuglie notturne miste: maggiori possibilità di controllo senza richiedere ulteriore personale".

Per diversi interventi dell’ente locale non è più necessaria l’autorizzazione da parte del Prefetto Più forza e autonomia alle periferie Al sindaco poteri straordinari a Al sindaco sono attribuiti maggiori poteri in materia di ordine pubblico e di sicurezza, oltre alla possibilità di stabilire, in particolari situazioni di emergenza, gli orari degli esercizi commerciali e dei pubblici esercizi. Il primo cittadino potrà adottare con atti motivati,previa comunicazione al prefetto, provvedimenti straordinari in caso di grave pericolo per l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana.

La precisa determinazione di questi due concetti - e quindi la delimitazione del potere di intervento dei sindaco - è però subordinata a un decreto ministeriale. Il testo tuttavia non precisa se questo atto ha natura regolamentare né stabilisce un termine per la sua emanazione.

Immigrazione clandestina: il sindaco deve segnalare all’autorità giudiziaria o di pubblica sicurezza la condizione irregolare dello straniero o del cittadino appartenente a uno Stato dell’Unione europea, per l’eventuale adozione di provvedimenti di espulsione o di allontanamento dal territorio italiano. Chi affitta a irregolari per trarne ingiusto profitto, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni, più la confisca dell’alloggio. Dai sei mesi ai tre anni rischiano anche i datori di lavoro, con la multa di cinquemila euro per ogni lavoratore irregolare impiegato. Per chi agevola la permanenza illegale dello straniero la pena è aggravata da un terzo alla metà se il fatto è commesso in concorso da due o più individui, o riguarda la permanenza di cinque o più persone.

L’utilizzo delle Forze armate e l’impiego di militari è consentito per eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità. È preferibile, in particolare, l’utilizzo di Carabinieri impegnati in compiti militari o comunque di volontari specificatamente addestrati. I militari impiegati operano conte funzioni di agenti di pubblica sicurezza.

Se sono necessari atti di polizia giudiziaria, devono, accompagnare le persone da identificare presso gli uffici della Polizia di Stato o dell’Arma dei Carabinieri. I ministri dell’Interno e della Difesa adottano un piano (la cui firma è prevista oggi) per l’utilizzo di questo personale da parte dei Prefetti. Il piano riguarda un contingente massimo di 3mila unità, con una durata massima di sei mesi, rinnovabile una sola volta.

Giustizia: dal 4 agosto i militari presidieranno le grandi città

 

Il Sole 24 Ore, 29 luglio 2008

 

Dal 4 agosto tremila militari presidieranno le città italiane alle prese con i maggiori problemi di sicurezza. L’annuncio è stato dato a Brescia dal ministro dell’Interno, Roberto Maroni, il quale ha siglato con il sindaco Adriano Paroli e con il prefetto Francesco Paolo Tronca il Patto sulla Sicurezza.

"Domani - ha annunciato Maroni, che in mattinata a Milano aveva incontrato il capo della Polizia, il questore e il Prefetto proprio per studiare il dislocamento dei militari nel capoluogo lombardo - riunirò il comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza, quindi mi incontrerò con il ministro La Russa per firmare il decreto che destina 3 mila militari nelle città".

I soldati non avranno compiti di polizia giudiziaria ma presidieranno gli obiettivi sensibili e le istituzioni in modo da consentire il recupero di poliziotti e carabinieri da destinare alle pattuglie che operano in strada. I tremila militari avranno compiti di pubblica sicurezza, per cui potranno arrestare solo le persone sorprese in flagranza di reato.

Inoltre - secondo ciò che ha spiegato il ministro della Difesa, Ignazio La Russa - saranno accompagnati nel pattugliamento da poliziotti o da carabinieri. "In questo modo - ha sottolineato dicendosi soddisfatto per la "sintonia" trovata con Maroni - ogni problema viene superato".

Ed è stato lo stesso ministro della Difesa a spiegare come e dove verranno utilizzati i soldati: un terzo sarà impiegato per vigilare gli obiettivi sensibili (ambasciate, consolati e varie istituzioni), un altro terzo per la sorveglianza dei centri di permanenza temporanea e i restanti mille a pattugliare le città. Si parte con Milano, Roma, Napoli, Padova e Verona e successivamente si arriverà a una decina di città. La parte del leone la faranno Milano - "ce ne sarà un numero più alto di quanto preventivato" ha assicurato il titolare della Difesa, Roma e Napoli: in ciascuna città dovrebbero infatti andare tra i 200 e i 300 militari. Che si muoveranno rigorosamente a piedi.

"C’è nel decreto, lo confermo e lo preciso - ha detto La Russa - i militari saranno insieme ai giovani in divisa delle forze dell’ordine e pattuglieranno a piedi. Ho insistito molto su questo, così c’è maggiore visibilità".

Lo stanziamento finanziario per il 2008 è di 31,2 milioni di euro, altrettanto per il 2009. La firma del decreto è un tassello in più, ha spiegato Maroni, "per garantire la sicurezza ai cittadini che devono sentirsi padroni a casa propria".

Il ministro ha anche replicato alle accuse mosse dall’ opposizione sia per quanto riguarda le impronte digitali prese ai rom, sia per quanto riguarda la dichiarata emergenza immigrazione: "sono solo polemiche per cercare di ridurre l’efficacia dell’azione del governo. Noi però non ci fermeremo".

Proprio da Brescia, una delle città italiane con il maggior numero di immigrati (150 mila solo i regolari, 70 mila domande di regolarizzazione presentate per i flussi), Maroni ha anche annunciato che non ci saranno più sanatorie generalizzate. "Non faremo più sanatorie generalizzate - ha spiegato il ministro -. Condividiamo in pieno la posizione della presidenza francese per il semestre europeo che non prevede più alcuna sanatoria. Semmai siamo disponibili a discutere caso per caso". Il patto sulla sicurezza per Brescia è stato possibile grazie alla "Carta di Parma" ed è il primo firmato da Maroni da quando è ministro.

"È una eredità del precedente governo - ha spiegato -. Quei patti li abbiamo giudicati positivamente, ma abbiamo fatto alcune modifiche in senso federalista". Innanzitutto altri comuni della provincia potranno aderire al patto, inoltre l’organizzazione degli interventi è demandata tutta ai responsabili del territorio: "in questo senso - ha precisato Maroni - siamo federalisti. È ovvio infatti che solo chi sta sul territorio sa cosa e come intervenire".

Giustizia: disagio minorile; "onestamente non ce la faccio più"

 

Dire, 29 luglio 2008

 

Si intitola "Onestamente non ce la faccio più" il documentario presentato, nei giorni scorsi, al festival Internazionale del cinema per i ragazzi di Giffoni e realizzato da dieci ragazzi, tutti in età compresa tra i 17 e 21 anni, provenienti da Palermo, Lecce, Eboli e Napoli. Il video fa parte del progetto "Giovani, legalità, …Iammoline" promosso dal dipartimento Giustizia minorile - Direzione generale per gli interventi di giustizia minorile e finanziato dal Pon "Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno".

"Il titolo del documentario - dice Francesco Di Giovanni, presidente dell’associazione Inventare Insieme e coordinatore del Cnca Sicilia - è nato per caso a tavola, parlando con uno di questi giovani, Pietro Paolo, un ragazzo di Napoli che per sfamare la famiglia è stato costretto a lavorare lasciando gli studi prematuramente.

Il documentario è un prodotto di media educational che vuole contribuire all’integrazione sociale di questi giovani, rendendoli protagonisti e dando loro una visibilità che in vita loro non hanno mai avuto. Speriamo anche di attivare con questo documentario anche una fondazione che favorisca per questi ragazzi dei percorsi educativi attraverso l’uso dei media".

Il montaggio si è sviluppato nella cornice del tema del Giffoni Film Festival di quest’anno, "miti e maestri". Il regista del video-documentario è Luca Apolito; il costo del prodotto finale è stato di 19 mila euro. Per la realizzazione è stata coinvolta un’equipe di 20 persone. Fra le testimonianze forti c’è la storia raccontata dal giovane albanese Olsjan sul suo sbarco in Italia quando aveva appena 11 anni. La sua storia è quella di chi prima tenta di vivere due anni da clandestino, dormendo sui ponti fino a che per sfamarsi inizia a spacciare stupefacenti; poco dopo viene arrestato e finisce tre anni in comunità. Adesso Olsjan sta per concludere la scuola per stilista e desidera come tutti gli altri giovani un lavoro onesto. I ragazzi hanno integrato le loro testimonianze con diverse interviste realizzate ad attori, cantanti e registi.

Tra i personaggi intervistati figurano: Marco Tullio Giordana, Tonino Pinto, Valeria Marini, Samuele Bersani, Alessandro Siani, Nicolò Fabi, Gianluca Grignani, Adriano Giannini, Pupo.

Il documentario, realizzato in coproduzione dall’associazione "Inventare Insieme (onlus) di Palermo e dall’Ente autonomo "Festival Internazionale del cinema per i ragazzi di Giffoni Valle Piana" è stato presentato presso la "Cittadella del Cinema per ragazzi" - sala Truffaut, alla presenza di Serenella Pesarin, direttore generale per gli interventi di giustizia minorile, Claudio Gubitosi, direttore del Giffoni festival e dell’attore Alessandro Siani.

La proiezione, avvenuta in prima nazionale, martedì scorso è stata presentata davanti una giuria di 400 giovani Ygen di tutta Europa. Il prodotto realizzato si inserisce nell’ambito del progetto "Isis" - Information Society per l’Inclusione Sociale", conclusosi due anni fa e attraverso il quale è stata attivata una rete tra 29 centri di aggregazione giovanile del sud d’Italia che ha lanciato il portale www.iammoline.it

Il documentario sarà presentato ufficialmente anche a Palermo ad ottobre nell’ambito del progetto, coordinato dal Cnca Sicilia, "Resti in gioco" che ha per tema il disagio giovanile delle aree metropolitane. Inoltre parteciperà al concorso per la selezione dei documentari sociali "L’Anello Debole" organizzato dalla Comunità di Capodarco di Fermo.

Giustizia: Di Pietro e i poliziotti, in autunno insieme in piazza

 

Dire, 29 luglio 2008

 

Sei l’unico che fa opposizione", "ci sentiamo abbandonati". Così i rappresentanti dei sindacati di Polizia e dei Cocer di Guardia di finanza e forze armate, che stanno manifestando davanti a Palazzo Madama, accolgono l’arrivo del presidente dell’Italia dei valori, Antonio Di Pietro, venuto a portare la propria solidarietà e quella del suo partito.

Tra strette di mani e saluti all’ex Pm, i poliziotti rappresentanti di una ventina di sigle sindacali, lanciano l’idea di "fare una manifestazione nazionale, perché così non si può più andare avanti". Un sindacalista racconta a Di Pietro che "ieri un collega è dovuto salire sulla volante con la febbre, perché anche quei 200 euro in più sono fondamentali per arrivare a fine mese".

Di Pietro, di fronte a questi racconti, scuote la testa, e dice sì alla manifestazione: "Bisogna organizzare la mobilitazione e portare in autunno 100.000 mila persone in piazza, ma senza sigle o bandiere di partito. Dobbiamo risvegliare la coscienza dei cittadini". "Noi da soli- replica un sindacalista- ne portiamo 50.000".

Di Pietro riflette e chiede ai rappresentanti delle forze dell’ordine un incontro "per la settimana prossima, al gruppo o al partito, in modo da definire le caratteristiche della manifestazione e fissare una data". Che per Di Pietro dovrebbe "essere un martedì o mercoledì pomeriggio", in modo che i parlamentari siano al lavoro e sentano la pressione della piazza.

Si discute anche se fare un corteo o darsi solo un appuntamento in piazza, quello che è certo, aggiunge un poliziotto "è che dobbiamo inventarci qualcosa" e sottolinea che se "noi manifestiamo i cittadini si accorgeranno che, ad esempio, nelle periferie la loro sicurezza è a rischio". Poi si fanno i nomi anche di Piazza Navona o Piazza Santi Apostoli.

Alcuni poliziotti chiedono se si può ancora modificare questa manovra. Sicuramente ora no, spiega Felice Belisario, capogruppo dell’Idv al Senato: "Anche se apporteranno qualche modifica, giovedì metteranno la fiducia e poi venerdì tornerà alla Camera per una rapida approvazione". E su questo Di Pietro ironizza: "Certo devono fare subito, subito per poi andarsene in ferie", ma spiega anche che la finanziaria dovrà essere approvata entro la fine dell’anno. E allora tra pressione della piazza e lavoro in Parlamento chissà che non si riesca a cambiare qualcosa della manovra economica.

Lecce: detenuto incendia la cella, due agenti rimangono feriti

 

Ansa, 29 luglio 2008

 

Un detenuto incendia la sua cella e due agenti rimangono feriti: ancora un incidente all’interno della Casa Circondariale Borgo San Nicola di Lecce, al centro in questi giorni di nervosismi e di proteste da parte dei detenuti per la carenza di acqua e per il sovraffollamento.

Protagonista un uomo di Mesagne, responsabile dell’ultima aggressione in ordine di tempo solo pochi giorni fa ad una guardia carceraria. Il detenuto si trovava nella sua cella nel reparto infermeria, quando ha preso a dare fuoco ad alcune suppellettili.

Il locale è stato subito invaso dal fumo e due agenti si sono introdotti all’interno, rimanendo feriti per salvarlo. Si tratta dell’ennesimo episodio increscioso all’interno di una struttura che ospita il doppio dei detenuti, con 10 aggressioni in quattro mesi ad oltre 20 agenti, e un organico di personale al di sotto dei limiti di sicurezza.

Immigrazione: il Consiglio d’Europa boccia le misure italiane

 

Il Sole 24 Ore, 29 luglio 2008

 

"Le misure attuate in Italia non tengono conto dei diritti umani e dei principi umanitari: potrebbero fomentare altri episodi xenofobi". Questo il giudizio espresso da Thomas Hammarberg, commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, in occasione della diffusione del suo rapporto sulla visita compiuta in Italia il 19 e 20 giugno scorsi per discutere della nuova politica italiana in materia di immigrazione e della situazione dei nomadi.

Preoccupazione per il pacchetto sicurezza. Hammarberg guarda anche con "forte preoccupazione" ai provvedimenti che nel pacchetto sicurezza sembrano essere mirati in particolar modo ai Rom e per la volontà espressa dal Governo di estendere a tutto il territorio italiano lo stato di emergenza già in vigore in tre regioni.

Nel rapporto, composto da una ventina di pagine, Hammamberg osserva che "il ripetuto ricorso a misure legislative d’emergenza" per affrontare i problemi legati all’immigrazione sembra indicare "una incapacità di affrontare un fenomeno non nuovo" che dovrebbe quindi essere gestito attraverso leggi ordinarie e altre misure.

Hammarberg sottolinea come "la decisione di rendere la presenza illegale in Italia una aggravante nel caso in cui la persona commetta un reato, potrebbe sollevare serie questioni di proporzionalità e di discriminazione". Anche le espulsioni di cittadini Ue condotte sulla base di motivazioni di pubblica sicurezza potrebbero sollevare, secondo il commissario, "seri dubbi di compatibilità con la Convenzione dei diritti umani", su cui si basano le sentenze della Corte di Strasburgo.

Campo nomadi Casilino 900. "Inaccettabili": così il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Thomas Hammarberg, ha definito le condizioni del campo nomadi Casilino 900, a Roma, visitato lo scorso giugno. Hammerberg ricorda che in Italia esistono esempi positivi - come Pescara - di come le autorità locali abbiano affrontato il problema abitativo dei Rom.

Ma ci sono anche casi come quello di Mestre, dove in seguito alle proteste delle locali forze politiche si è sospesa la costruzione di un campo attrezzato. Il campo Casilino 900, a Roma, si ricorda nel rapporto, esiste da 40 anni ed è stato definito come "semi-regolare". Hammarberg nota però con rammarico che la situazione abitativa "è inaccettabile" e che "è rimasta sostanzialmente invariata negli ultimi tre anni".

Immigrazione: Anm; Frattini non può sparare nel mucchio

 

Quotidiano Nazionale, 29 luglio 2008

 

Il ministro Frattini accusa alcuni giudici di essere "compiacenti con gli scafisti" e Luca Palamara, presidente dell’Anm (ex pm a Roma), replica, parlando di tentativi di delegittimazione della magistratura. L’intervista concessa al nostro giornale dal ministro degli Esteri ha riacceso il dibattito sul difficile rapporto tra politica e magistrati. Da parte sua, l’Anm promette iniziative e ricorda che il 25 ottobre è stata proclamata una giornata nazionale per la giustizia.

 

Presidente Palamara, ritiene possibile che ci siano magistrati che "coprono" i mercanti di uomini?

"Siamo stupiti dalle affermazioni del ministro Frattini che mettono in evidenza un problema di metodo: delegittimare un’istituzione. I magistrati, è evidente, sono consapevoli che il loro compito è quello di applicare le leggi e non disapplicarle".

 

Il ministro parla di alcuni casi...

"Allora sarebbe giusto sapere a chi si riferisce, a quali episodi in particolare. In alternativa, si tratta di un’accusa generalizzata e del tutto infondata a una delle istituzioni dello Stato. Anche su quanto previsto dalla legge Bossi-Fini, i magistrati sono impegnati quotidianamente nel difficile compito di dare attuazione alle norme. Basta fare un giro nei tribunali italiani per rendersene conto. Soprattutto, occorrerebbe andare a vedere come si lavora negli uffici del Meridione dov’è maggiormente avvertito il problema degli sbarchi dei clandestini. E c’è un particolare non irrilevante che sfugge al ministro Frattini...".

 

Ovvero?

"Di qui a poco gli uffici giudiziari non saranno più in grado di funzionare, si rischia la paralisi, soprattutto al Sud, per quella norma che impedisce ai magistrati di prima nomina di assumere le funzioni di pubblico ministero o di giudice monocratico. A breve, il problema non sarà il giudizio dato agli scafisti: mancheranno i magistrati per giudicarli".

 

Il ministro parla di alcune correzioni da apportare al sistema…

"Noi non ci sottoporremo a controlli. Già adesso, ogni quattro anni i magistrati sono soggetti alle valutazioni di professionalità necessarie ai fini della carriera. Siamo in attesa di capire che cosa si intende fare, ma riba-disco : per noi contano i valori costituzionali e la permanenza di magistrati liberi, autonomi e indipendenti".

 

Prossime mosse?

"Restiamo in attesa che il governo si preoccupi della funzionalità del processo. L’approvazione del lodo Alfano dimostra che, quando c’è la volontà, i tempi sono rapidi".

 

Avete dato indicazioni precise?

"Nei primi incontri con il ministro della Giustizia abbiamo suggerito delle priorità. Purtroppo abbiamo dovuto constatare una divaricazione tra le premesse iniziali e il percorso intrapreso. Sono stati approvati il lodo Alfano, la blocca processi. Valuteremo. Resta il fatto che il governo si deve preoccupare che esistano i fondi per la giustizia che, invece, la Finanziaria ha tagliato".

Immigrazione: Aizo; schedatura Rom è un’iniziativa razzista

 

www.perlapace.it, 29 luglio 2008

 

In questi 13 anni di collaborazione e vicinanza con sinti e rom ho più volte preparato il "momento della memoria", il ricordo dell’olocausto che ha sconvolto per atrocità l’intero mondo. Ho scritto un articolo che ripercorreva gli eventi storici di un triste passato e che oggi ricalcano invece le scelte di un governo che non riconosce nel reato un atto personale, ma lo addebita a tutta una particolare popolazione creando situazioni devastanti di razzismo: sia dal punto morale, ricordo che la nostra ambasciata in Spagna è stata oggetto di proteste per la scelta di prendere le impronte digitali ai rom e ai minori rom; sia dal punto di vista concreto, il campo nomadi di Napoli è stato oggetto infatti di lanci molotov. Riprendo qui una parte di quell’articolo.

"Agli occhi di chi governa, il nomadismo è un elemento di disordine, che sfugge al pieno controllo esercitato sugli altri cittadini, ed è contro questo "disordine" (Zigeunerunwesen) che si indirizzano le misure di polizia, ieri come oggi. Si è molto discusso se la persecuzione degli Zingari sotto il regime nazista fosse motivata dalla prevenzione e repressione della criminalità oppure da motivi razziali.

La prima tesi, sostenuta anche a lungo dal governo della Repubblica Federale Tedesca per negare ogni loro risarcimento, trova il suo fondamento nella definizione di "asociali" attribuita agli Zingari ancor prima dell’avvento di Hitler. Dal 1899 al 1933 vengono emesse 150 ordinanze contro gli Zingari. Nel 1899 viene istituita a Monaco una Zigeunerpolizeistelle, un ufficio di polizia con compiti specifici di controllo su Sinti e Roma, che nel 1926 estese la sua competenza su tutto il territorio germanico. Contemporaneamente la legge Zigeuner - und Arbeitscheuengesetzt (legge sugli Zingari e i renitenti al lavoro) impediva l’accesso di gruppi Zingari nomadi nel territorio bavarese, mentre quelli presenti venivano di fatto obbligati alla sedentarizzazione.

Nel 1926 il Reich affermava che la legge costituiva "un significativo progresso nella prevenzione della criminalità". Anche nel Baden era in vigore un’ordinanza per la lotta contro il disordine zingaro (Bekampfung des Zigeunerunwesens im Beden) allo scopo di sedentarizzarli. Nel 1934 fu ordinato un controllo di tutti gli Zingari presenti nel Land. In tre giorni vennero schedate 1019 persone con un rilevamento delle impronte digitali anche dei bambini al di sopra dei sei anni. I dati vennero raccolti dall’ufficio della polizia criminale di Karlsruhe. Iniziarono nel 1936 le prime deportazioni di Zingari nel "campo di lavoro" di Dachau, destinato inizialmente agli "asociali", categoria che comprendeva gli Zingari, i detenuti politici, gli omosessuali e i Testimoni di Geova. Nel 1935 arriva il peggio con le leggi razziali di Norimberga, Nurnberger Rassengesetze, emanate per gli ebrei, ma che in breve tempo vennero estese anche agli Zingari."

Pare evidente ritenere la schedatura come un’iniziativa razzista. Il problema razzista di un tempo sembra essere stato dimenticato, ma tutto ciò che viene fatto in questo momento in Italia nei confronti dei rom ricorda le persecuzioni naziste. Vogliamo sul serio fare un tuffo nel passato e adottare nuovamente scelte politiche folli?

Credo che il voto degli italiani di maggio non sia da interpretarsi in modo razzista: il voto a destra è sicuramente la richiesta di maggiore controllo e sicurezza, di una politica più onesta e non in combutta con i grandi poteri economici. Gli italiani sono da sempre un popolo che cerca di aiutare le tante etnie presenti nel nostro paese, da sempre un paese che respira il senso della solidarietà a pieno ed anche a livello internazionale, che lotta dal 1861 con poco successo contro la mafia, che ha superato gli anni di piombo ed il terrorismo, che ha vissuto una ripresa economica tutta nei conti economici di alcune classi sociali.

Il voto a destra non chiede un giro di vite nei confronti dei rom, chiede maggiore serietà ad una classe politica investita da procedimenti giudiziari, chiede che gli investimenti nelle casse del mezzogiorno non continuino ad essere una farsa, chiede che insieme agli stipendi dei vari politici a vario livello aumentino anche quelli dei lavoratori di ogni ordine e grado, chiede che paghi personalmente chi commette un reato, chiede che un ambiente come la sanità, uno dei lavori più nobili, torni ad avere deontologia e valori.

È inutile schedare in modo preventivo tutta la popolazione italiana, mentre sarebbe una manovra di stile razzista farlo solo con la popolazione rom. La vera prevenzione alla criminalità passa attraverso le iniziative di integrazione e di informazioni corrette, creando e dando gli strumenti a tutti i cittadini di godere di uguali diritti e di avere uguali doveri. Forse il pacchetto sicurezza dovrebbe in realtà essere una ricerca di valori andati perduti, poiché è senza quelli che siamo in pericolo.

 

Gian Luca Magagni

(Associazione italiana Zingari Oggi - Aizo)

Droghe: "vinceremo!" parola di Giovanardi, zar netturbino

di Stefano Anastasia

 

Fuoriluogo, 29 luglio 2008

 

"Una battaglia che si può vincere", scrive in epifrasi alla Relazione sulle tossicodipendenze per il 2007 il Sottosegretario Giovanardi. E poi, trascinato dall’euforia del presidente netturbino, "la droga è come la spazzatura: va rimossa. È giusto non inquinare l’ambiente fuori, ma soprattutto, non inquinare le persone dentro". Meglio, decisamente meglio, l’inno alla vita di Madre Teresa di Calcutta, riprodotto in calce all’introduzione del delegato alla war on drugs.

Ricca la Relazione annuale sulle tossicodipendenze predisposta dall’Istituto del Cnr su incarico dell’ex Ministro Ferrero: circa trecento pagine al netto della documentazione allegata in un apposito cd. Finanche eccessivamente ricca di informazioni; povera però di indicazioni politiche. Se l’invenzione della Relazione al Parlamento voleva essere quella di offrire l’occasione per un confronto di merito sugli indirizzi politici in materia di droghe, come ricordato ancora lo scorso anno da Franco Corleone, va detto che, così come è congegnata, non risponde alle necessità. Pesa, certo, anche lo scollamento tra analisi scientifica e indirizzi politici, sì che Giovanardi possa ringraziare i ricercatori per il lavoro svolto sulla base delle indicazioni del suo predecessore, come se fosse possibile una neutralità dell’indagine scientifica agli indirizzi politici del (e dunque alla selezione dei temi proposti dal) committente.

Ma torniamo a Giovanardi e al suo tocco politico introduttivo. Innanzitutto, va detto, "la battaglia si può vincere" perché il nostro è finalmente tornato nella stanza dei bottoni. Di fronte a una diffusione dei consumi registrata dalla Relazione come relativamente stabile, e a risposte istituzionali sostanzialmente immutate, il Sottosegretario che tre mesi fa avrebbe annunciato l’Apocalissi, oggi tranquillizza: "il fenomeno delle tossicodipendenze in Italia è grave, ma non assume i contorni allarmistici e le dimensioni numericamente drammatiche di cui si sente parlare ogni giorno". Positivo, ovviamente, il giudizio sulla revisione del testo unico da lui firmata con l’attuale Presidente della Camera: "a due anni dalla sua approvazione... ha viceversa dispiegato pienamente i suoi effetti positivi". Quali non è dato di sapere, a parte il fatto che le carceri non si siano ulteriormente riempite di tossicodipendenti, come avevamo temuto. Ma per ottenere questo risultato - in realtà merito della intelligenza pratica degli operatori - bastava non approvare quella legge.

Di fronte a noi, la minaccia di una nuova Conferenza nazionale sulle droghe, nella quale valutare anche la possibilità di ritocchi al testo unico, per vietare le smart drugs - per esempio, ma tenendo ferme le tavole della legge della nostra pietosa war on drugs: illiceità del consumo; distinzione del trattamento sanzionatorio del consumatore e dello spacciatore, finalizzazione dei trattamenti al pieno recupero della persona. Che poi l’illiceità delle droghe si fermi (per fortuna) sulla soglia delle droghe che la legge non definisce tali è problema che non sfiora il Sottosegretario; che poi qualche consumatore per farsi spacci, ovvero che qualcun altro venga preso per spacciatore pur non essendolo, nemmeno; quale sia poi il "pieno recupero della persona", e se possa passare attraverso quella giaculatoria di sanzioni penali e amministrative previste dalla legge, di tutto ciò non dubita il Sottosegretario.

Un nuovo inverno ci attende, sperando che dal territorio e dal contesto internazionale possano venire prassi e sperimentazioni che incrinino la gabbia d’acciaio in cui ci vogliono rinchiusi i guerrieri della droga.

Droghe: sentenza sui rasta, pregasi leggere prima di criticare

di Francesco Maisto

 

Fuoriluogo, 29 luglio 2008

 

E chiamiamola pure impropriamente sentenza "Rasta", ma non possiamo attribuirle una funzione innovativa o alternativa o ancora, addirittura "creativa" che una semplice lettura della motivazione eccellente e piana non consente.

Nella giustizia penale, almeno fino ad ora, il testo delle Leggi si interpreta in relazione al caso concreto, senza applicazioni robotiche e senza generalizzazioni. La 6ª Sezione Penale della Corte di Cassazione (sentenza "Rasta") non ha assolto o condannato il megaspinello o l’adepto rasta, ma ha annullato una sentenza di condanna della Corte d’Appello di Perugia basata solo sul superamento del limite quantitativo tabellare detenibile, rinviando, per la decisione del caso concreto, alla Corte d’Appello di Firenze.

Il caso concreto appunto, e quindi attenzione ai particolari: condanna a un anno e quattro mesi di carcere e multa per illecita detenzione a fini di spaccio, nel dicembre 2004 di tale G.G., cittadino di Terni, adulto, trovato dai carabinieri con poco meno di un etto di marijuana mentre dormiva - di sonno naturale - nella propria autovettura, regolarmente parcheggiata su una piazzola di sosta, consegna immediata e spontanea ai carabinieri di una busta con la marijuana, non preconfezionata in dosi, ma sfusa, precisazione immediata di G.G. del possesso per uso esclusivamente personale, dichiarazione di appartenenza alla religione Rasta.

Perché una condanna, in questo caso, non è giusta? Dice la Cassazione: "Non sembra che i giudici abbiano operato una logica ricostruzione del fatto in relazione al comportamento dell’imputato... È semplicistico il richiamo al dato ponderale della sostanza, trascurando di valutare le circostanze di tempo, luogo e modalità comportamentali dell’imputato...". Insomma: non si può condannare solo per aver superato la quantità massima detenibile (Qmd)! Questa infatti, rappresenta solo uno dei tanti criteri per capire se la detenzione abbia uno scopo di uso personale, ma il giudice deve valutare anche nel caso concreto, "in particolare" (come dice la Legge): le modalità di presentazione della sostanza o il peso lordo complessivo o il confezionamento frazionato o altre circostanze dell’azione. E dunque, non basta l’accertamento che si sia verificato un solo parametro perché la detenzione della sostanza divenga penalmente rilevante. Nell’ambito di questi criteri deciderà la Corte d’Appello di Firenze tenendo conto anche che G.G. teneva tutto in un sacchetto (modalità di confezionamento) ed è seguace dei Rasta (la condotta come circostanza dell’azione). Del resto, le sentenze della Corte di Cassazione sono tutte uguali sul principio di diritto: bisogna tener conto dei vari criteri indicati dalla Legge.

Non si vede dove siano lo strabismo giuridico, il pericolo di conversioni per la Chiesa Cattolica, lo stravolgimento della normativa sulla cessione (secondo il Dipartimento antidroga), la destabilizzazione di pilastri di laicità (secondo il Sottosegretario alla Salute). Basta leggerle le sentenze! Il resto è tutto colore e polemica strumentale.

Droghe: Torino; dopo morti, bisogna riqualificare parco Stura

 

Notiziario Aduc, 29 luglio 2008

 

Dopo le 1.200 dosi di droga sequestrate venerdì notte, i carabinieri di Torino ne hanno trovato altre 300 nascoste in una buca all’interno del Parco Stura. L’operazione è avvenuta, questa mattina, quasi in contemporanea con il sopralluogo del sottosegretario all’Interno Michelino Davico nella zona del Tossic Park. Il nuovo sequestro è il risultato del giro di vite da parte delle forze dell’ordine, dopo le quattro morti degli ultimi giorni, provocate da una sospetta partita di droga tagliata male.

"Non mi va che una piccola area, come quella del Parco Stura, diventi il simbolo di Torino e del Piemonte". Sono le parole con cui il sottosegretario all’Interno ha concluso il vertice sull’emergenza droga che negli ultimi giorni ha colpito il capoluogo piemontese. "Dobbiamo fermare questa piaga", ha aggiunto, annunciando che è allo studio una delega al prefetto, Paolo Padoin, per accelerare la riqualificazione del Parco.

L’obiettivo è di far tornare il Tossic Park, come viene oggi chiamato il Parco Stura per la costante presenza di tossicodipendenti e pusher, "un parco come quello di tante altre città d’Europa - ha sottolineato - dove le donne e i bambini non hanno paura di passeggiare".

Il Comune di Torino ha già pronto il progetto di riqualificazione della zona, 60 mila metri quadrati nella parte nord di Torino, "si tratta solo - ha detto Davico - di accelerare l’iter burocratico, in modo da far iniziare i lavori già a settembre". Nessun potere straordinario, dunque, ma una delega amministrativa al prefetto che riduca i normali tempi per gli appalti. Nei prossimi giorni potrebbe essere già pronta.

La somministrazione controllata di sostanze stupefacenti in ambito sanitario è un argomento sul quale "anche l’attuale governo dovrà riflettere". È quanto ha affermato il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, al termine del vertice che si è tenuto oggi nel capoluogo piemontese con il sottosegretario all’Interno Michelino Davico sull’emergenza droga.

"Si potrebbe riprendere il discorso - ha detto Chiamparino - qui c’era stato un ampio dibattito sulle stanze del buco che aveva avuto interpretazioni diverse. La prima, che non aveva convinto, era quella di luoghi dove andare ad iniettarsi sostanze, l’altra interpretazione, che avevamo sottoposto all’allora governo e che il ministro Turco aveva fatta propria, era quella di fare una sperimentazione controllata in ambito sanitario di somministrazione di sostanze alla fascia cronica dei tossicodipendenti. È un tema sul quale bisognerà che anche questo governo rifletta".

"Il dibattito sulle cosiddette stanze del buco si è già svolto lo scorso anno. Evitiamo di riproporre, quindi, dibattiti senza senso che fanno solo perdere tempo". Così il segretario cittadino del Carroccio torinese Mario Carossa commenta le dichiarazioni del sindaco Chiamparino sulla necessità di ripensare al discorso della somministrazione controllata. "Piuttosto, - aggiunge Carossa - come abbiamo detto con il sottosegretario all’Interno Michelino Davico, avrebbe più senso iniziare a progettare con delle associazioni del settore, che quotidianamente si occupano delle tossicodipendenze, un progetto più funzionale. La Lega Nord - dice ancora - ritiene che il problema della droga non si possa risolvere portando le persone a drogarsi o a morire in luoghi differenti, magari al chiuso. Devono essere effettuati degli interventi più profondi che, a nostro avviso, non sono stati ancora pensati".

"Lo diciamo dal 2006: al Tossic Park ci vogliono le ruspe. Fa bene il Governo con il Sottosegretario Davico a seguire questa linea". È quanto afferma il parlamentare di An Agostino Ghiglia, che aggiunge: "tutti i tentativi sperimentati dal Sindaco Chiamparino (che l’anno scorso ha tentato di risolvere il problema con le piadine della festa DS) sono costati tantissimo e non sono serviti a nulla.

L’amministrazione utilizza l’annosa questione della riqualificazione dell’area per finanziare associazioni dell’ultimo minuto. Esattamente un anno fa il Comune dava incarico per circa 10 mila euro per uno studio di fattibilità finalizzato alla realizzazione di un campo da golf, su cui Chiamparino ha già smesso di fantasticare". "Ci chiediamo - conclude Ghiglia - che fine ha fatto quello studio... non possiamo confidare nei sogni del Sindaco. Vogliamo concretezza e un’azione di forza contro l’illegalità".

Dichiarazione di Domenico Massano, giunta di segreteria Associazione radicale Adelaide Aglietta, e Giulio Manfredi, giunta di segreteria di Radicali Italiani: esprimiamo tutta la nostra preoccupazione per le dichiarazioni del sottosegretario all’interno Davico che, nonostante quattro persone siano morte di overdose in questi giorni a Parco Stura, sembra preoccuparsi unicamente di riqualificare la zona, invocando subito l’intervento delle ruspe. Riteniamo, però, che siano altrettanto preoccupanti le immediate rassicurazioni da parte del sindaco Chiamparino in tal direzione: Se avessi poteri speciali avrei mosso da tempo le nostre ruspe".

È preoccupante dover constatare come, anche di fronte al ripetersi di queste tragedie, il Sindaco non riesca ad attivarsi per promuovere una strategia di intervento capace di andare oltre i limiti evidenti del "reprimere e riqualificare" .

Occorrono politiche integrate capaci di governare la difficile situazione che si è creata a Parco Stura, occorrono alternative concrete e concertate, declinabili in interventi capaci di mediare tra le esigenze dei residenti e i bisogni dei cittadini tossicodipendenti che, vogliamo ribadirlo con forza, non sono una categoria astratta, ma sono persone reali, concrete, persone che ci sono qui ed ora, che non possono essere nascoste sotto un campo da golf, o trattate alla stregua di rifiuti "tossici", confusi con il contesto in cui consumano quotidianamente il loro dramma.

Da tempo sosteniamo che l’implementazione dei servizi di riduzione del danno, l’attivazione di almeno una narco-sala e la concertazione degli interventi con i vari attori presenti sul territorio sono presupposti necessari per affrontare responsabilmente "l’emergenza droga" a Parco Stura.

Sindaco Chiamparino le tanto auspicate ruspe non sono una risposta al problema, nella migliore delle ipotesi serviranno a spostarlo, marginalizzando ancor di più le persone tossicodipendenti ed aumentando esponenzialmente i rischi per la loro salute e vita.

Signor Sindaco oltre al sottosegretario all’interno Davico ascolti anche l’assessore regionale alla sanità Eleonora Artesio che le ricorda che situazioni come quella di Parco Stura non si risolvono con iniziative estemporanee ma con il coordinamento e l’integrazione tra i diversi interventi.

Signor Sindaco, dopo aver bocciato le narco-sale e mentre aspetta le ruspe, istituisca urgentemente un presidio fisso a Parco Stura per la distribuzione di narcan, di materiale sterile e per un primo intervento in caso di overdose (come proposto da Leopoldo Grosso del Gruppo Abele). Tale servizio rappresenterebbe una iniziativa immediatamente attivabile ed in continuità con gli interventi di riduzione del danno sul territorio. La città non deve piangere altre morti che, forse, si sarebbero potute evitare.

Gran Bretagna: nelle carceri vietati i videogiochi per adulti

 

Asca, 29 luglio 2008

 

Da sempre passatempo di migliaia di carcerati, l’accesso a console video ludiche e videogiochi d’ora in poi sarà meno scontato nelle carceri britanniche, dove sta entrando in vigore un nuovo regolamento. Se nel Missouri i videogame in carcere sono stati messi al bando, i dirigenti degli istituti di pena britannici seguiranno invece la via australiana censurando solo un certo tipo di videogiochi.

In particolare l’uso dei videogiochi sarà limitato ai soli detenuti che abbiano ottenuto questo genere di privilegi con la buona condotta e la responsabilizzazione. Non saranno invece permessi videogiochi che abbiano un rating 18+, ovvero che siano destinati ad un pubblico adulto, una classificazione perlopiù assegnata in presenza di contenuti violenti.

Le ragioni del giro di vite sono da ricercarsi sia nel desiderio di mantenere un più forte controllo sulla popolazione carceraria sia nel costo che i videogiochi hanno assunto. In particolare l’anno scorso, non senza un certo imbarazzo, il Governo di Sua Maestà diede conto di una spesa di 10mila sterline per l’acquisto di Playstation e Xbox destinate alle prigioni, una spesa modesta ma un tipo di "investimento" che l’opinione pubblica, a partire dai giornali conservatori, non sembra proprio aver apprezzato.

Le nuove linee guida (Prison Service Instruction Number 32/2008) insistono peraltro proprio sul fatto che l’acquisto di console e titoli video ludici non possa più avvenire a spese del contribuente. Questo significa che qualsiasi acquisto sarà a carico dei detenuti e delle loro famiglie. Tutte queste novità, inoltre, saranno operative entro la fine di settembre 2008.

 

 

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