Rassegna stampa 27 giugno

 

Giustizia: "salva-premier"; il Pdl vuole la testa di Mancino

 

Aprile on-line, 27 giugno 2008

 

Il vicepresidente del Csm, che richiama l’organo di cui fa parte a una maggiore attenzione rispetto le interpretazioni rese pubbliche di atti ufficiali, viene invitato dal Presidente della Commissione giustizia al Senato Filippo Berselli a dimettersi, non riuscendo a garantire il principio di riservatezza.

Mentre il Presidente della Repubblica lancia "messaggi in bottiglia" sperando che qualcuno li raccolga, Berlusconi alza il tiro e il Pdl tira dritto a testa bassa, in ossequio alle volontà e le impellenti esigenze di carattere giudiziario del suo capo stretto nel prossimo mese dalla tenaglia costituita dalle inchieste di Milano (Mills) e Napoli (Saccà). E nel fuoco di fila aperto dalla maggioranza, stavolta il mirino è puntato contro Nicola Mancino, in qualità di vicepresidente del Csm, dunque di fatto la prima carica dell’organo di autogoverno dei magistrati, essendo quella di presidente assegnata dalla Costituzione al Presidente della Repubblica.

Il "casus belli" viene individuato dai berluscones nella fuga di notizie sui contenuti della bozza di parere, che il Csm deve discutere in merito alla norma cosiddetta "blocca processi", che secondo la bozza violerebbe l’articolo 111 della Costituzione, vale a dire il principio della ragionevole durata. Nella stessa bozza si parla anche di una "amnistia occulta", applicata "al di fuori della procedura prevista dall’articolo 79 della Costituzione", con riferimento alla possibilità per i presidenti di tribunali di sospendere i procedimenti vicini alla prescrizione, o che riguardino reati coperti dall’indulto.

La risposta a queste eventualità parte dal presidente della commissione Giustizia del Senato Filippo Berselli, che si spinge a chiedere le dimissioni di Mancino. "Sarebbe un atto dovuto - dice Berselli - di elementare sensibilità istituzionale, da non confondere con un atto eroico. La funzione di Mancino è di garantire almeno il principio elementare di riservatezza: indiscrezioni così irresponsabili mirano a mettere in grandissima difficoltà ed imbarazzo il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e sono di enorme gravità istituzionale e non possono passare sotto silenzio, all’italiana".

Un gioco verbale di sponda, oltre che scaltro, quello di Berselli, da una parte orientato a distinguersi, nel nome della trasparenza, da giochi giuridici "poco chiari"; dall’altra, trascinando ancor più la figura del Capo dello Stato nel cuore della vicenda (seppur già coinvolto di per sé visti i contenuti e le parti in causa), cercando di trasmettere l’immagine di chi cerca di tutelare la posizione del Presidente della Repubblica.

Berselli ha poi spiegato che non basta venirne a conoscenza attraverso i giornali del fatto che Nicola Mancino sia "infuriato" per le indiscrezioni trapelate a mezzo stampa: arrivati a questo punto, ne deve trarre le sue "conseguenze istituzionali", in quanto primo responsabile effettivo dell’attività del Csm. Poi aggiunge, tornando ancora su Napolitano: "Queste indiscrezioni non mettono in difficoltà la maggioranza, visto che il parere che viene dato per legge al ministro non è vincolante. Ma mettono in difficoltà il Quirinale, perché non viene garantito il principio di riservatezza del Csm. E se non viene garantito questo principio di riservatezza, che ci sta a fare Mancino?".

In realtà, lo stesso Mancino lo scorso mercoledì era intervenuto per richiamare il Consiglio ad una maggiore discrezione, dopo averne parlato proprio con il Capo dello Stato. E sulla questione è poi tornato nuovamente in queste ore, con l’annuncio di nuove regole contro indiscrezioni e fughe di notizie, in occasione dell’apertura dei lavori del plenum: "Il Csm - ha detto il vicepresidente -, parla solo attraverso i suoi atti ufficiali, non con personali interpretazioni. Torno a chiedere riservatezza. Non se ne può più di questa prassi di far dire ai nostri atti o ai nostri documenti non il loro contenuto ma l’interpretazione che qualcuno vuole loro dare". Un intervento piuttosto duro, dunque, supportato dall’incarico affidato al presidente della seconda commissione del Csm Giuseppe Maria Berruti di fissare un "decalogo delle regole", così da tutelare la riservatezza degli atti e del lavoro dell’organo di autogoverno della Magistratura. Dichiarazioni che hanno ulteriormente rafforzato i convincimenti di alcuni peones Pdl, su tutti Gasparri e Cicchitto.

Intanto la marcia dei sodali del Cavaliere continua, con l’ufficializzazione delle date del varo dello "Schifani-bis", che sarà all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri di venerdì 27 giugno, mentre lunedì 28 luglio approderà in aula alla Camera. Percorso piuttosto serrato, rispetto ai ritmi alquanto blandi solitamente sostenuti dall’iter parlamentare a ridosso della chiusura estiva delle Camere. Ma si sa, per il capo questo e altro.

Giustizia: Carabinieri; reati in calo, ma non viene percepito

 

Ansa, 27 giugno 2008

 

Nel 2007 in Italia vi è stata una diminuzione generalizzata dei reati, "ma le statistiche non consolano chi è rimasto vittima di un reato". Lo ha detto a Cagliari il comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, Gen. Gianfrancesco Siazzu, al termine di una cerimonia durante la quale ha consegnato 19 ricompense individuali e collettive a militari e Reparti che il 9 ottobre dell’anno scorso avevano sgominato, dopo due sparatorie e la liberazione di tre ostaggi, una banda specializzata negli assalti a uffici postali e banche.

"L’Arma è pronta ad assolvere le missioni e i compiti affidati dal Governo per contrastare la criminalità e per sostenere la fiducia dei cittadini - ha detto ancora il comandante generale - che continueranno a trovare nei Carabinieri un punto di riferimento per le proprie istanze di legalità". Siazzu ha reso poi omaggio alla memoria degli ultimi caduti in servizio, ricordando gli appuntati scelti Aniello Menna e Francesco Deias e il tenente Marco Pittoni. I militari premiati hanno ricevuto i riconoscimenti per lo straordinario impegno nell’attività investigativa e per il coraggio nell’affrontare banditi armati di fucili a pompa, pistole, bombe a mano e protetti da giubbotti antiproiettile.

Secondo Siazzu "la certezza della pena è un’esigenza primaria e decisioni, come l’indulto concesso due anni fa, fanno male a chi ha lavorato per arrestare i malviventi e ai cittadini ai quali arriva un’immagine distorta della legge". Siazzu ha detto che, nonostante non vi sia una vera emergenza, i cittadini hanno un’altra percezione delle cose. Per questo motivo, secondo il comandante generale dei Carabinieri le norme che saranno approvate col pacchetto sicurezza potranno aiutare a migliorare la situazione. Per quanto riguarda l’impiego dell’Esercito in compiti di vigilanza e ordine pubblico, il generale Siazzu ha sottolineato che così le forze di polizia potrebbero aumentare le risorse destinate alle attività di polizia giudiziaria. Tra le attività da contrastare segnalate da Siazzu i traffici di droga, incrementati soprattutto dalla criminalità organizzata calabrese, e i fenomeni di riciclaggio di denaro sporco.

Giustizia: Osapp; 55mila detenuti, da Alfano vogliamo fatti

 

Agi, 27 giugno 2008

 

I detenuti "hanno oramai sfondato il tetto dei 54 mila, con un totale presenze effettive di 54.576 unità", a fronte di una capienza tollerabile che, secondo il Dap, è di 63.522 unità. Lo rileva il sindacato di polizia penitenziaria Osapp, all’indomani della riunione che il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha voluto tenere con tutte le organizzazioni sindacali per affrontare le questioni del personale.

"Al ministro Alfano abbiamo più volte manifestato, anche ieri, quelli che sono i punti nodali sui quali deve fondarsi un’efficace opera di riforma delle carceri - spiega Beneduci - e apprezziamo che alcune indicazioni siano state capite, come apprezziamo il fatto che sia stato compreso, una volta per tutte, come ai problemi di contingenza non possano di certo offrirsi solo soluzioni di medio e lungo termine".

Il fatto che il Guardasigilli "si sia impegnato entro i prossimi 40 giorni ad attuare le prime misure, e speriamo a confrontarne con noi i risultati - si augura Beneduci - c’induce a valutare positivamente la strada che si è deciso di intraprendere". L’Osapp, infatti, auspica "una manovra che si distingui per un piano pluriennale degli interventi, dal punto di vista dell’edilizia, con il recupero di edifici già esistenti e oramai dimessi" e che "preveda una riforma radicale del Corpo di Polizia Penitenziaria con l’equiparazione completa alle altre forze di Polizia, ed un riconoscimento delle funzioni svolte all’interno delle sezioni".

Per i prossimi 40 giorni, sottolinea quindi Beneduci "attendiamo che da Via Arenula s’inizi ad operare per quei rimedi significativi e definitivi promessi dal ministro. Incominciando proprio dal fenomeno delle aggressioni, e dotando il personale dei mezzi e della giusta preparazione".

Giustizia: più sicurezza con un lavoro stabile dopo il carcere

 

Vita, 27 giugno 2008

 

Il carcere come occasione di recupero, non come punizione. Il Consorzio Rebus si occupa di fornire una seconda possibilità a chi ha sbagliato, grazie al lavoro. "L’indulto ha reso un po' più vivibile il carcere nel breve periodo, ma ben presto, per l’assoluta assenza di prospettive lavorative e di interventi strutturali, è stato tutto vanificato. È stata un’altra occasione persa". Il commento è di Nicola Boscoletto, presidente del Consorzio Rebus, che promuove l’integrazione lavorativa di persone svantaggiate e normodotate. Attualmente sostiene le attività che le cooperative consorziate svolgono all’interno del carcere di Padova, dove si occupa di fornire un’adeguata professionalità ai detenuti. Rebus lavora sul territorio grazie a un ufficio che provvede alla direzione tecnica delle attività e a un ufficio sociale che si occupa di selezione, formazione e inserimento lavorativo attraverso la programmazione e gestione di tutte le fasi.

Il lavoro è la risposta che Rebus offre al reinserimento nella società di chi "è finito dentro" per reati di microcriminalità. Una risposta strutturale, non una soluzione una tantum. "La strada da seguire è quella della "filiera della sicurezza", in base alla quale per chi delinque devono essere garantiti: rapidità e certezza del giudizio, certezza della pena, certezza del recupero" afferma Boscoletto. "Senza il recupero le prime due azioni sono vane, poiché chi esce dal carcere senza prospettive torna a delinquere e i dati sulla recidiva sono a dir poco allarmanti. Vanno perciò favoriti i percorsi di recupero e reinserimento sociale dei detenuti, attraverso l’incentivazione del lavoro che rimane la misura più efficace".

Per operare in questo settore il consorzio ha scelto di riunire solo cooperative sociali. "Le nostre sono cooperative sociali di tipo B. In attesa di conoscere le possibilità dell’impresa sociale, ancora piuttosto nebulose, questa è l’unica forma giuridica che rende possibili le nostre attività basate sul lavoro. Riteniamo che ogni azione svolta nel sociale si configuri con lo strumento giuridico più adeguato rispetto a ciò che si vuol fare. Invece c’è troppa confusione e molti fanno un po’ di tutto e questo nuoce innanzitutto al cosiddetto terzo settore", spiega Boscoletto. "A livello generale il problema è innanzitutto culturale, poiché alcune riforme degli ultimi anni, nazionali e regionali, hanno costituito indubbi passi avanti. Ma nell’esperienza di tutti i giorni verifichiamo che se da un lato c’è grande risalto per le dichiarazioni di principio, dall’altro l’applicazione concreta delle leggi è ancora confusa. La sussidiarietà è una formula affascinante e moderna ma rimane sulla carta".

Giustizia: Brunetta; fare carceri private nei villaggi-vacanze

 

Apcom, 27 giugno 2008

 

Carceri nei villaggi turistici dismessi affidandone la gestione a controllori privati. La proposta è del ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, nell’ambito del suo progetto di riforma della pubblica amministrazione che tra i suoi capisaldi prevede l’introduzione nel settore pubblico delle regole del privato.

"Penso che alcuni servizi pubblici possano essere anche forniti dai privati - dice Brunetta - per esempio le carceri: abbiamo tanti villaggi turistici dismessi, riconvertiamoli affidandoli a controllori privati". Per il ministro questo può accadere in "tutti i servizi, anche la scuola: mettiamo in concorrenza la pubblica e la privata, introduciamo regole di mercato. Oggi, chi manda un figlio alla scuola privata, paga due volte, con le tasse e con la retta. Domani, diamo sgravi fiscali a chi utilizza la scuola privata. Così sarà il mercato a decidere quale delle due deve chiudere".

Brunetta ribadisce quindi che "finora nel settore pubblico se volevi lavorare, facevi; se no, nessuno ti diceva nulla. Non c’era un padrone e non c’era un mercato. Io voglio darglieli consentendo al cittadino che subisce un disservizio di andare da un’associazione dei consumatori e avviare una class action. Che non si risolverà con una sanzione pecuniaria, come nel privato, ma con la rimozione del responsabile".

 

Osapp: bene proposta Brunetta su uso villaggi turistici

 

"Valutiamo efficacemente la proposta del Ministro Brunetta, comunque un’idea impopolare, ma giustificabile per la realtà che ci troviamo davanti". Così Leo Beneduci, segretario generale dell’organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria, l’Osapp, commenta l’idea lanciata da Brunetta, cioè la possibilità di riconvertire i villaggi turistici dismessi in carceri private.

"Stiamo attenti però agli annunci spot - avverte l’Osapp - non abbiamo mai adottato, in questi primi scorci di legislatura, un atteggiamento pregiudizialmente ostile contro questo Governo anche se abbiamo criticato una particolare attenzione verso alcuni aspetti del mondo giudiziario che stanno invadendo le cronache quotidiane ormai da troppo tempo. Questo fenomeno - continua Beneduci - rischia di lasciare al palo i problemi veri, e di far sì che anche le buone intenzioni del ministro Brunetta cadano nel vuoto".

Poi, un allarme: "Se confermato il decreto fiscale approvato con il voto di fiducia due giorni fa alla Camera produrrebbe l’effetto di tagliare 50 milioni di euro per le carceri, nel momento in cui qualcuno ci spiega che è utile un giro di vite per mettere in galera e mandare sotto processo più agevolmente i criminali".

Giustizia: la "pedofilia culturale" diventerà apologia di reato

 

Avvenire, 27 giugno 2008

 

Basta con la subdola propaganda delle lobby che cercano di trasformare l’orrore della pedofilia in manifestazione fisica di affetto verso i bambini. Una proposta di legge bipartisan - primo firmatario Pagano del Pdl - chiede l’introduzione del termine esplicito "pedofilia" nel codice penale in sostituzione dei generici abusi su minore. E, soprattutto, condanna come apologia di reato la propaganda pedofila.

Come quella del Boy Love Day la "giornata dell’orgoglio pedofilo" appena celebrata il 23 giugno. A ispirare il testo di legge è don Fortunato Di Noto, fondatore dell’Associazione Meter. Possibile una corsia preferenziale nel disegno di legge sulla sicurezza. E un plauso arriva da don Di Noto perché il decreto sicurezza affida le inchieste sulla pedofilia on-line alle Direzioni distrettuali antimafia. Un altro disegno di legge - di Mazzocchi e Saltamartini del Pdl - punta a punire anche i tele-adescatori pedofili, via chat o sms, prima che consumino la violenza. "Apologia di reato la pedofilia culturale".

Il testo di Alessandro Pagano, sottoscritto da un centinaio di parlamentari tra cui Paola Binetti (Pd), Carolina Lussana (Lega), Alessandra Mussolini (Pdl) e Luca Volonté (Udc), s’è giovato della consulenza della vicepresidente di Meter, avvocato Maria Sunna. Il primo articolo inserisce dunque nel codice penale il termine "pedofilia", finora non menzionata da nessun testo legislativo o codice. Il secondo inserisce tra i delitti contro l’ordine pubblico la "pedofilia culturale", in quanto apologia di reato. "Il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano - spiega Pagano - ci ha comunicato informalmente la disponibilità del governo di inserire nel ddl sicurezza la nostra pdl".

"Se viene approvato questo testo - commenta don Di Noto - sarebbe un risultato storico. È una battaglia culturale gigantesca, che porto avanti da anni. Quando all’inizio parlavo di lobby culturale pedofila mi prendevano per matto. Oggi che c’è la giornata dell’orgoglio pedofilo non più". La lobby internazionale può contare su 522 organizzazioni di propaganda di "diritti" di cui 12 italiane (quadruplicate in 10 anni), 23 associazioni di donne pedofile, 500 agenzie di assistenza giuridica, 3 radio, 5 siti di infidi cartoni animati, 5 portali, un’agenzia di stampa.

L’apologia di reato di pedofilia sarebbe punita con 3-5 anni di carcere e fino a 50 mila euro di multa. Pedofilia online alle procure antimafia. Meter apprezza anche l’articolo 2 del decreto sicurezza approvato al Senato, che affida alle Direzioni distrettuali antimafia la gestione dei processi di pedo-pornografia on-line: "Basta con le frammentazioni delle indagini, è un grande passo avanti", dice don Di Noto.

Di diverso avviso Telefono Arcobaleno, che parla di norma "salva-pedofili" perché le Dda "sono già intasatissime di reati". Stop all’adescamento via web e sms. Dei deputati del Pdl Antonio Mazzocchi e Barbara Saltamartini la proposta di legge che intende prevenire gli atti di pedofilia colpendo già l’adescamento di bambini via internet. All’estero lo chiamano grooming ed è il tentativo di indebolire la volontà del minore ottenendone attraverso la manipolazione il controllo per arrivare ad abusarne. Chiacchiere su una chat, scambi di foto via mms, promesse, regali, poi l’appuntamento: "Cambiano gli strumenti - spiega Saltamartini - ma il fine è sempre la conquista della fiducia per indurre la vittima a ritenere lo scambio sessuale con l’adulto una cosa normale". "Oggi - dice Mazzocchi - il 60% delle denunce vengono archiviate".

Genova: Sappe; un altro agente aggredito, 70 casi in 6 mesi

 

La Repubblica, 27 giugno 2008

 

quando ha girato la chiave, tre detenuti che dovevano recarsi in cortile per l’ora d’aria, gli hanno sbattuto in faccia la porta blindata facendolo cadere a terra quasi privo di sensi. L’agente è riuscito comunque a far scattare l’allarme e a evitare il peggio. L’ennesima aggressione a Marassi, rilancia il problema della sicurezza in carcere. Circa 70 agenti di polizia penitenziaria sono stati aggrediti da detenuti, in tutta Italia, dall’inizio dell’anno.

"Un’emergenza", denuncia il Sappe: "Un fatto grave avvenuto a poche ore di distanza da altre vicende simili a Lecce, Matera, Alessandria e al carcere femminile di Roma Rebibbia". Per questo "bisogna introdurre urgentemente dei correttivi per garantire l’incolumità fisica dei nostri poliziotti", dice il segretario generale Donato Capece, tanto più considerato "che tutti i funzionari del Corpo, attuali comandanti di reparto, non hanno ricevuto, loro malgrado, nessuna istruzione e addestramento sulle modalità operative da impiegare in caso di disordini interni"; e che "migliaia di agenti di Polizia Penitenziaria, assunti negli ultimi anni, non sono stati addestrati per difendersi o comunque reagire in caso di aggressione".

Procedere alla riorganizzazione dei Nuclei Operativi Regionali, per avere la possibilità di inviare, in caso di urgenza, "personale preparato ed addestrato anche all’uso della forza"; dotare gli agenti in servizio nelle sezioni detentive di apparati antiaggres-sione elettronici: questi alcuni dei rimedi chiesti dal sindacato. Negli ultimi mesi nel carcere di Marassi si è verificata una mega rissa tra detenuti. Un rumeno è stato aggredito e ridotto in fin di vita. Senza contare il tentativo di far entrare nelle celle i cellulari.

Salerno: il "Rotary Club" dona 300 libri ai detenuti di Fuorni

 

Salerno news, 27 giugno 2008

 

Una serata tra i detenuti per capire cosa significa vivere dietro le sbarre, faccia a faccia con chi, per qualche o per troppi istanti di folle impulsività, si è trovato a cambiare rotta e ad essere così costretto a rinunciare alla libertà, per una quotidianità scandita dalla noia e dalla disperazione di un futuro difficile.

Il Rotary Club di Salerno, presieduto da Giuseppe Blasi, alla presenza di Tommaso Contestabile, Provveditore Istituti Penitenziari Regione Campania, ha donato oltre trecento volumi agli ospiti della Casa Circondariale di Fuorni, affinché, grazie alla lettura, possano ricercare momenti di riflessione ed anche autocritica.

"Credo sia la prima volta - ha sottolineato il direttore Alfredo Stendardo - che un Club come il Rotary visiti la nostra struttura. L’iniziativa, di grande sensibilità, ha un valore molto profondo per queste persone, poiché hanno la possibilità di impegnare il proprio tempo e magari confrontarsi insieme sui romanzi letti. Sarebbe un modo per condividere un percorso costruttivo ed intenso".

Dopo la consegna dei volumi, è seguito un ricco buffet. In questa occasione, la delegazione rotariana si è intrattenuta con i detenuti, scoprendo così realtà a volte neanche troppo lontane dalle proprie. C’è chi ha ritrovato un compagno di classe, chi un proprio compaesano, chi il padre di un proprio alunno. Per una sera quei nomi hanno avuto anche un volto, si sono riappropriati della dignità di essere considerati parte di una società civile, scrollandosi di dosso solo l’essere un titolo di giornale o l’oggetto di un articolo di cronaca nera.

In occasione di questa visita, dopo il saluti dei rotariani Giuseppe Blasi ed Enrico Coscione, il direttore Stendardo ha rimarcato l’attenzione sul problema del sovraffollamento in questi istituti di pena che, tra l’altro, "non sono più idonei alle attuali esigenze, visto che, la maggior parte di essi, o sono strutture del Trecento o sono edifici costruiti nell’Ottocento. A questo - prosegue - si deve aggiungere che, nel nostro, come in altre case circondariali, assistiamo ad un sovraffollamento eccessivo. Per venti ore al giorno i detenuti sono costretti a stare in una piccola stanza in otto, nove di loro. Manifestazioni come questa del Rotary, almeno in parte, servono a dare un filo di speranza a questi detenuti, molti dei quali giovanissimi".

Milano: con "Trasparenze" ecco i poeti "galeotti" di Bollate

 

Dire, 27 giugno 2008

 

La poesia come parola di solidarietà. Soprattutto quando a scriverla sono i detenuti. È questo il senso della antologia che la casa editrice Lietocolle ha promosso, con la sponsorizzazione della Provincia di Milano, a Palazzo Isimbardi. Trasparenze (questo il nome della plaquette) è stata infatti realizzata con il contributo dei partecipanti al Laboratorio di Poesia coordinato da Maddalena Capalbi nel carcere di Bollate. Una parte dei proventi derivati dalla vendita del volume sarà devoluta a progetti a favore dei detenuti. L’antologia è stata fortemente voluta dall’editore Michelangelo Camelliti, da sempre sensibile e attento alle minoranze poetiche, anche quando per scovarle è necessario addentrarsi nei bassifondi della società, nella parte più reietta dell’essere umano, fatta di privazioni e assenze, di voci solcate da sofferenze e sogni. Esistenze in ombra che volano nel verso che consola.

La proposta nasce dall’esperienza del Laboratorio di scrittura creativa avviato nel carcere di Opera circa dieci anni fa e curato da Silvana Ceruti al quale LietoColle ha partecipato con la presenza di diversi autori del catalogo, nonché con la pubblicazione del volume antologico "Confesso che amo - parole d’amore dal carcere" (2006) realizzata con i contributo poetici dei partecipanti al Laboratorio e con la pubblicazione di sillogi personali dei partecipanti: Gregory Facchini- "La rabbia di Nessuno" (LietoColle, 2007); Luciano Bresciani- "Sulle rive" (LietoColle, 2007); Luca Denti - "Amore interrotto- poesie per tanti" (LietoColle, 2008).

Lecce: appalti irregolari a coop detenuti, il sindaco a giudizio

 

Asca, 27 giugno 2008

 

Il Gup di Lecce Annalisa De Benedictis ha disposto il rinvio a giudizio del sindaco di Lecce, Paolo Perrone, e della senatrice Adriana Poli Bortone, entrambi del Pdl, e di altre otto persone (ex amministratori e funzionari comunali) con l’accusa di abuso di ufficio. Gli indagati sono coinvolti in un filone dell’inchiesta su presunti intrecci tra mafia e politica a Lecce. I fatti risalgono al 2002, quando l’attuale senatrice del Pdl era sindaco di Lecce e Perrone era il suo vice. I loro nomi figurano nelle indagini su presunti affidamenti di favore - tramite trattativa privata - di incarichi per servizi pubblici. Riguardavano in particolare la riqualificazione del verde delle marine leccesi, della fascia costiera e la guardiania alle pagodine della fiera di Natale. I lavori furono affidati a una cooperativa di ex detenuti ritenuta vicina ad ambienti della Sacra Corona Unita.

Torino: i ragazzi dell’Ipm "Ferrante Aporti" si raccontano

 

Dire, 27 giugno 2008

 

Opere in mostra al Ferrante Aporti; l’iniziativa è promossa dall’Associazione d’Ascolto La Brezza. L’esposizione è visitabile fino al 30 giugno.

La nave ricorre spesso: tanti ragazzi sono arrivati qui con barche e barconi, dal Marocco, dal Senegal. Altri quadri raffigurano animali feroci, paesaggi esotici, maschere. Da parte della sezione femminile molti autoritratti: visi di giovani donne con i fiori fra i capelli, mamme con in braccio bambini: le detenute sono soprattutto rom, giovani donne già madri. Sono le opere della mostra organizzata dall’Associazione d"Ascolto La Brezza "Occhi aperti sul Ferrante", un’ esposizione che si tiene in un luogo particolare, un luogo di pena, il Ferrante Aporti, l’istituto penale minorile di Torino.

Per entrare si superano controlli, serrature, cancelli, ma poi ci si trova davanti a fotografie e ritratti, con tanto colore, soprattutto l’azzurro: opere dei ragazzi rinchiusi nel carcere. Molte immagini riprendono i murales delle sezioni, scatti di posti autentici, dove i ragazzi vanno a fumare; in altre ci sono anche loro, ma niente volti: in una foto tre ragazzi si abbracciano come compagni di gioco, ma di spalle. Ed è l’unica dove compaiono. Ci sono quadri con case di paesi lontani, scritte in arabo, disegni astratti (un modo per esprimersi senza troppo esporsi). C’è spesso il mare, i paesi d’origine, le bandiere di nazioni lontane. Chris, Piero, Elvis, Gao: scritte in cinese, pappagallini esotici, una barca da cui spunta un fiore.

L’atmosfera al Ferrante Aporti è diversa a seconda dei giorni, racconta Loredana una volontaria che fa servizio civile all’interno del carcere. I ragazzi non sono lasciati mai in ozio, seguono tantissime attività. Sportive, creative: sono costantemente impegnati. L’intento rieducativo è fondamentale: specialmente in questi mesi che la scuola è finita, i laboratori organizzati all’interno dell’istituto sono diversissimi (e la mostra ne è la dimostrazione).

C’è la lavorazione del cuoio, per cui imparano a confezionare cinture, fermagli per capelli; la ceramica, i mosaici, la scuola per parrucchiere. Tutte attività per cui alla fine viene rilasciato un attestato (senza specificare dove lo si è conseguito) spendibile fuori, per un lavoro futuro. Tutte le ragazze vogliono seguire la scuola per parrucchiere, così si fanno acconciature fra loro, si truccano, si fanno belle. Esiste anche un mini bazar all’interno dell’istituto, grazie ad un progetto dell’associazione di volontariato Aporti Aperte, dove gli oggetti prodotti e realizzati dai ragazzi sono esposti e messi in vendita.

È una stanza luminosa e calda, tutta gialla, con vasi, specchi, cornici, prodotti in cuoio. "Bisogna vedere la cura che mettono i ragazzi quando lavorano qui - racconta ancora Loredana - la concentrazione, per esempio, quando lavorano ai mosaici". Ragazzi che magari hanno commesso crimini gravi, ma che qui cercano una strada diversa. "Occhi aperti sul Ferrante" è visitabile fino al 30 giugno presso l’Istituto Penale minorile "Ferrante Aporti" di via Berruti e Ferrero 3 a Torino. ingresso libero: dal lunedì al sabato dalle 15.30 alle 18.30; la domenica dalle 9.30 alle 18.30

Immigrazione: proteggere bambini rom, non criminalizzarli

 

Dire, 27 giugno 2008

 

"In merito alla risposta del ministro Maroni che afferma di voler "andare avanti" con la schedatura dei bambini nei campi rom, e chiede se chi protesta sia d’accordo sul fatto che i piccoli rom vivano in mezzo ai topi, l’Unicef ribadisce che considera inaccettabili le condizioni di vita attuali di molti dei bambini rom in Italia". Così Vincenzo Spadafora, presidente Unicef Italia, in merito alla proposta del ministro dell’Interno di voler raccogliere le impronte digitali anche ai bambini nomadi. "Come il ministro Maroni credo sappia bene - prosegue Spadafora -, da tempo siamo impegnati, in Italia e in altri paesi europei, a fianco di progetti concreti di aiuto e sostegno sia ai bambini rom sia ai bambini di altre comunità vulnerabili". Ma, conclude il presidente Unicef, "ribadiamo con forza che non si può, per proteggere i bambini, violare i loro diritti fondamentali. Non dobbiamo criminalizzare le vittime. Dobbiamo invece, come lo stesso ministro ha sottolineato, colpire chi abusa e sfrutta i bambini".

Immigrazione: don Ciotti; "no" alla condanna di un popolo

 

Dire, 27 giugno 2008

 

"L’identificazione attraverso le impronte digitali di un bambino non è di per sé uno strumento negativo. Anzi, può essere utile al bambino stesso per la sua tutela quando viene venduto, prestato, sfruttato. Questo però vale per tutti i bambini, italiani o zingari che siano. Quello che è inammissibile è sospettare e condannare a priori un popolo". Così Don Luigi Ciotti, presidente del Gruppo Abele in merito alla proposta del ministro Roberto Maroni di prendere le impronte digitali anche ai bambini nomadi.

"Non si può pensare - aggiunge Don Ciotti - di attribuire a 170.000 zingari una patente di delinquenza di gruppo e di conseguenza uno status giuridico speciale. È questo che spaventa. È questo che va contro i bambini zingari". Le forze dell’ordine, prosegue, "possono quindi disporre di questo strumento di indagine in sede civile e penale, quando ci sono delle indagini in corso, dei sospetti di sopruso e altro, ma questo deve valere per tutti".

Oggi più che mai, aggiunge il presidente del Gruppo Abele, "alla luce della complessità delle singole situazioni e per cercare di sbagliare di meno, è necessario unire le forze, le competenze e i saperi intervenendo con tempestività e determinazione per fermare chi sfrutta e usa le persone e nel contempo tutelare e aiutare le vittime. In tal senso bisognerebbe applicare di più e meglio le leggi esistenti, a cominciare dall’articolo 18 del Testo Unico sull’immigrazione e alla legge 228 sulla tratta e a tutte le leggi esistenti di tutela dei minori". E conclude Don Ciotti: "Non cerchiamo quindi soluzioni-scorciatoia, ma affrontiamo e gestiamo insieme le situazioni richiamando ciascuno alle proprie responsabilità, siano esse individuali che istituzionali".

Immigrazione: Costa (Pdl); deroga ballerine, non a badanti?

 

Dire, 27 giugno 2008

 

Deroghe alle quote d’ingresso per gli stranieri? Valgono per le intrattenitrici dei night club che arrivano dall’estero ma non per le badanti. È il paradosso della legge italiana sottolineato dal senatore del Pdl, Giorgio Costa, che per questo ha presentato un disegno di legge per regolarizzare le badanti che non rientrano nelle quote annuali concedendo un permesso di soggiorno temporaneo di 2-3 anni. Il ddl, già assegnato alla commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, ma non ancora calendarizzato, consta di un solo articolo e prevede permessi di soggiorno speciali vengano dati "alle persone preposte in ambito familiare alle cure e all’assistenza di minori, di anziani e di disabili".

Nella premessa che accompagna l’articolato, il senatore del Pdl sottolinea infatti che attualmente il testo unico sull’immigrazione stabilisce che si possono rilasciare visti di ingresso e di permessi di soggiorno per lavoro subordinato, al di fuori delle quote, per alcune categorie specifiche di lavoratori stranieri. Tra queste, gli alti dirigenti di filiali di società estere, professori universitari e ricercatori, giornalisti, sportivi, interpreti e anche per ballerini, artisti e musicisti da impiegare presso locali di intrattenimento.

In sostanza, spiega Costa, oggi "alle intrattenitrici di un night club è concesso l’ingresso in Italia e lo svolgimento di attività lavorativa per un periodo di due anni senza passare per il meccanismo delle quote annualmente programmate, mentre tale possibilità non viene concessa alle badanti".

L’utilità della sua proposta, conclude il senatore di maggioranza, deriva dal fatto che "oggi esiste un elevato bisogno di badanti all’interno delle famiglie italiane" e tale necessità"se non si regolarizza la loro presenza "rischia di portare al lavoro nero, che attinge inevitabilmente dalle sacche di immigrazione irregolare incrementando così il traffico internazionale".

Droghe: sistema di cura delle dipendenze è in profonda crisi

 

Dire, 27 giugno 2008

 

A Roma l’incontro tra operatori e istituzioni di Cnca e FederSerd. Si riapre il Tavolo di alta integrazione delle comunità e dei Sert. Serpelloni (Dipartimento antidroga): "Tavoli settoriali, diagnosi precoce e sistemi di valutazione efficaci".

"Occorre individuare un luogo culturale e politico per un confronto serio tra istituzioni e operatori sulle tematiche delle droghe e delle dipendenze, in vista della nuova conferenza nazionale": è la richiesta prioritaria espressa oggi da Lucio Babolin, presidente del Cnca, in apertura dell’incontro "Droghe tra consumi e dipendenze", convocato dal coordinamento delle comunità insieme alla Fedrserd (Federazione italiana degli operatori dei dipartimenti e dei servizi delle dipendenze) in occasione della Giornata mondiale contro l’abuso e il traffico illecito di sostanze stupefacenti.

La seconda richiesta riguarda "l’individuazione di una sede tecnica i cui parlare dell’assetto dei servizi. Oggi - ha detto Babolin - si rimette in moto il Tavolo di alta integrazione", nato nel 2002 come momento di riflessione del sistema degli accreditati nel settore delle dipendenze in Italia. "Il sottosegretario Giovanardi ha invitato me e altri rappresentanti degli operatori a un confronto in Consiglio dei ministri: si aprono gli spazi per un dialogo, nei limiti di due paletti a cui il governo non intende rinunciare: illiceità del consumo e l’uscita dalla dipendenza come finalità del trattamento".

Tra le criticità individuate dagli operatori, oltre all’aumento e alla diversificazione dei consumi, vi è la mancata applicazione, in circa la metà delle regioni italiane, delle Intese Stato-Regioni del 1999, relative sia agli aspetti organizzativi sia agli accreditamenti delle strutture. "Bisogna iniziare innanzitutto ad applicare le leggi che ci sono - ha detto Alfio Lucchini, presidente di Federserd. La relazione appena presentata al parlamento evidenzia un trend preoccupante, anche se, secondo quanto afferma il sottosegretario Giovanardi, non drammatico: emerge chiaramente una complessità che richiede un intervento ampio e diversificano, livelli organizzativi forti e momenti di investimento. Nonostante le eccellenze presenti nel nostro paese, i servizi pubblici sono in una fase di stallo totale. L’Italia spende, rispetto a molti paesi europei, circa la metà delle risorse per la riorganizzazione della risposta a queste problematiche. Chiediamo che il modello del Tavolo di alta integrazione diventi per il governo e per le regioni un modello di riferimento stabile sia per la lettura della realtà che per la proposizione di nuove strategie".

All’appello di Cnca e Ferderserd ha risposto stamattina Enrico Rossi, coordinatore degli assessori regionali alla Sanità, che si è impegnato a "riportare queste riflessioni in una apposita commissione congiunta degli assessori alla sanità e alle politiche sociali, che si potrebbe convocare peri l prossimo settembre".

Sull’inadeguatezza delle risorse economiche si è soffermato Riccardo De Facci, responsabile nazionale del Cnca per le dipendenze: "le rette regionali per la residenzialità terapeutica o pedagogiche variano dai 146 euro del Trentino ai 38 del Lazio e ai 37 della Campania: rette che, per di più, sono pagate generalmente dopo quattro anni. Stiamo facendo le banche degli assessorati regionali alla sanità".

La mattinata si è conclusa con le riflessioni di Giovanni Serpelloni, nuovo direttore del Dipartimento nazionale antidroga. "Gli interlocutori e i decisori fondamentali sono le regioni - ha precisato - che detengono i soldi e la possibilità di riorganizzare i servizi: è dunque innanzitutto a loro che occorre rivolgersi. Il dipartimento nazionale - ha annunciato - si impegnerà a creare tavoli settoriali, per assicurare un confronto chiaro ed efficace". Per quanto riguarda i Lea, "questi - ha precisato - sono livelli obbligatori per le ragioni, ma solo a condizione della sostenibilità finanziaria. Dobbiamo abbandonare l’approccio assistenzialistico - ha aggiunto . E riflettere sui tempi di latenza, cioè metterci nell’ottica della diagnosi precoce. Infine - ha concluso - dobbiamo attivare un sistema di valutazione dei servizi che ci renda credibili".

Droghe: Giovanardi; no alle misure di "riduzione del danno"

 

Asca, 27 giugno 2008

 

Le cosiddette "stanze del buco", e tutte quelle misure che in passato hanno puntato sulla cosiddetta "riduzione del danno" sono attività "che l’azione del presente Governo non prevederà". Lo ha chiarito il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Carlo Giovanardi presentando la Relazione annuale al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in Italia.

"Entro la fine dell’anno, al massimo nei primi mesi del 2009 - ha annunciato Giovanardi - contiamo di convocare la V Conferenza nazionale sulla droga alla quale inviteremo a partecipare tutti gli operatori e rispetto alla quale ci auguriamo non ci siano defezioni ideologiche come è successo nell’ultima edizione". La legge Fini-Giovanardi, che secondo il suo co-estensore ha avuto il merito di distinguere chiaramente tra lo spacciatore "delinquente, di un crimine odioso che va punito penalmente", e il consumatore, "una vittima che ha bisogno di aiuto, al quale possono essere applicate soltanto sanzioni amministrative", ha tenuto - ha rivendicato Giovanardi -.

Non ha provocato quegli effetti catastrofici pure paventati dall’opposizione, circa la possibilità di finire in carcere irrimediabilmente a motivo della detenzione della sostanza stupefacente destinata al proprio uso personale. Sul totale degli ingressi in carcere, infatti, nel 2005 il 29% era causato da violazioni del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, cifra che si è attestata al 28% nel 2006 e al 30% nel 2007. In totale, secondo la Relazione, nel 2007 si sono verificati 35.238 denunce e 26.985 ingressi nelle strutture penitenziarie per crimini legati alla droga.

Droghe: Fict; governo mostri più attenzione per le comunità

 

Dire, 27 giugno 2008

 

La Fict lancia un appello. Denunciato in particolare il rischio del collasso economico di 19 comunità terapeutiche calabresi. Confermata la situazione pesante in tema di risorse e investimenti sociali.

"Il governo mostri più attenzione per le comunità". Il presidente della Fict, Mimmo Battaglia, ha lanciato oggi un appello nella giornata internazionale contro l’abuso e il traffico illecito di droga, affinché le autorità pubbliche sostengano il difficile lavoro di chi sta in prima fila. Battaglia ha denunciato in particolare il rischio del collasso economico di 19 comunità terapeutiche calabresi a causa della "disattenzione e inadempienza" dell’Assessorato alla Sanità della Calabria. Nel convegno organizzato oggi dalla Fict, "Educare, prevenire, prendersi cura: confronto per una strategia condivisa", anche altri rappresentanti delle comunità terapeutiche e del privato sociale hanno confermato la situazione molto pesante che oggi si vive a proposito di risorse finanziarie e investimenti sociali nel settore.

Don Battaglia - all’inizio del suo intervento - ha voluto ricordare don Lorenzo Milani. "Era il 26 giugno del 1967, quarantuno anni fa. A Firenze moriva Lorenzo Milani, profeta sempre attuale. È impossibile per me, sebbene allora avessi appena quattro anni, non incominciare questo intervento senza ricordarlo". Il presidente della Fict ha spiegato che il ricordo di don Milani non è legato solo a una questione affettiva. È vero infatti che il contesto attuale, soprattutto nell’ambito dell’educazione, è completamente diverso da quello degli anni sessanta. C’è sicuramente una profonda differenza tra quei tempi e i nostri. "Se negli anni ‘60 - ha detto don Battaglia - si scriveva che Dio è morto, cercando futuro e speranza nelle rivoluzioni scientifiche e sociali, oggi la messianicità scientista e storica è in frantumi, il benessere e il progresso si allontanano sempre più l’uno dall’altro. Oggi il futuro, privo di ogni speranza, deve fare ancora i conti con fame, guerra, ingiustizia, malattie, catastrofi naturali e droghe. Il futuro è il tempo della paura".

Certo non solo il contesto è cambiato, ha spiegato poi Battaglia, ma anche i giovani. I giovani di oggi sono molti diversi da quelli di Barbiana. E la "differenza tra i ragazzi di don Milani e i giovani di oggi è forse tutta racchiusa nella crisi del futuro, nella paura, di cui la mancanza di lavoro è uno dei nodi principali. Una mancanza che fa sì che l’adolescenza si prolunghi fino a raggiungere la tarda età di 35 anni. Svaniti ormai i riti di passaggio delle società arcaiche, non sappiamo dove apprendere la responsabilità, l’adultità". Per questo è fondamentale combattere la droga. "La fuga nella droga - ha detto il presidente della Federazione delle comunità terapeutiche - è sempre più favorita da un mercato globale, trasformato in un discount dello sostanze. Tutte le offerte sono possibili, sono già in atto, tutti i pacchetti promozionali, le strategie più ingegnose di marketing e non illudiamoci che sia solo un problema generazionale".

Il presidente Fict ha voluto anche ribadire che sarebbe necessario superare finalmente la contrapposizione tra droghe leggere e droghe pesanti. "Deve finire - ha detto Battaglia - l’epoca della differenziazione tra sostanze leggere e pesanti, ormai un evidente falso storico, utile solamente a sterili contrapposizioni ideologiche su legalizzazione e depenalizzazione". "Lasciamoci alle spalle queste vecchie categorie - è l’invito della Fict - le droghe pesanti sono sempre più leggere per venire incontro a nuove fasce di pubblico e le droghe leggere sempre più pesanti per fare da ponte commerciale verso altre sostanze. Il confine è crollato, sfumato, impercettibile". In questo quadro l’educazione e la prevenzione soprattutto nei confronti dei più giovani diventano sempre più centrali. Ed è per questo che è necessario sostenere - è la richiesta della Fict al nuovo governo - le esperienze educative e di lotta alla droga.

Droghe: Onu; rispettare diritti dei detenuti tossicodipendenti

 

Ansa, 27 giugno 2008

 

Un ammonimento agli Stati membri a "rispettare pienamente i diritti dei detenuti tossicodipendenti o autori di crimini connessi alla droga, in particolar modo il diritto alla vita e a un processo equo" e un appello affinché "venga garantito eguale accesso ai servizi sanitari e sociali a quanti stiano lottando contro la dipendenza dalla droga": sono i passaggi salienti del messaggio del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, in occasione della Giornata internazionale contro l’abuso e il traffico illecito di sostanze stupefacenti.

"Se ancora oggi la droga continua a distruggere vite, causa criminalità e minaccia lo sviluppo sostenibile - dice Ban Ki-Moon - è però vero che esiste una maggiore consapevolezza su come affrontare l’abuso e il traffico di droga". Il segretario cita l’accresciuto livello di assistenza allo sviluppo che sta offrendo ai contadini alternative sostenibili alla coltivazione di droga, una maggiore attenzione alla prevenzione e alle terapie e un "consenso sempre maggiore, all’interno delle comunità e tra gli Stati, sul fatto che la lotta alla droga è una responsabilità comune".

Usa: un programma informatico studia i condannati a morte

 

Associated Press, 27 giugno 2008

 

Sembra un’impresa folle, ma alcuni ricercatori hanno pensato bene di prendere il tema della pena di morte e contestualizzarlo nel mondo informatico, producendo un software in grado di affrontare un problema, la cui formulazione è elementare: quali tra i detenuti nel braccio della morte deve essere giustiziato?

L’ambito di ricerca è stato quello americano e il risultato finale è stato un programma in grado di pronosticare con un’accuratezza del 90% i profili più "inclini" all’esecuzione capitale. La precisione del programma, dopo alcuni primi tentativi falliti, è a detta dei media americani "agghiacciante". Lo si capisce meglio dopo aver letto una breve panoramica delle verifiche e dei risultati ottenuti.

Il sistema fa uso di una rete neurale, Artificial Neural Network (Ann), in grado di dedurre in che modo una moltitudine di fattori possono interagire e influenzarsi l’uno con l’altro. L’Ann ha eseguito una fase di training con 1000 profili di detenuti nel braccio della morte tra il 1973 e il 2000. La metà di essi furono giustiziati, mentre l’altra metà sopravvisse alla pena capitale.

Ogni profilo è composto da 18 fattori, che includono informazioni come sesso, età, razza, stato coniugale, istruzione, ecc. Solo successivamente al sistema sono stati dati in input altri 300 profili da valutare e per i quali predire le probabilità di vita e di morte. Dopo l’elaborazione, il software ha generato delle previsioni con una percentuale di successo superiore al 90%.

La forza di questi risultati sta nell’individuare relazioni non banali tra i vari fattori, come ad esempio l’aver rilevato che sulle esecuzioni incide in modo maggiore il livello di istruzione piuttosto che l’atrocità del reato commesso, oppure che la razza incide sulla decisione di pena di morte, ma non sull’effettiva esecuzione.

Questa notizia ha chiaramente dato modo ad ognuno di immaginare quale sia poi l’applicazione pratica di questo strumento. Alcuni, ad esempio, si sentono preoccupati dal fatto che potrebbe essere utilizzato un software per sostituire la decisione dell’uomo, mentre altri trovano nei risultati la chiara conferma che le esecuzioni vengono eseguite non in base al reato commesso, ma in funzione di quanta abilità ha il detenuto per difendere se stesso.

Usa: Corte suprema; no a pena morte per violenza su minori

 

Dire, 27 giugno 2008

 

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha abolito la pena di morte contro gli stupratori dei bambini e delle bambine sotto i 13 anni, che vige in cinque dei cinquanta Stati americani, la Louisiana, il Montana, l’Oklahoma, la Carolina del Sud e il Texas, negli ultimi quattro soltanto nel caso che lo stupratore sia recidivo. Lo ha fatto di stretta misura, cinque voti a quattro, su ricorso di Pat Kennedy, di 43 anni, condannato a morte nel 2003 nella Lousiana per lo stupro della figliastra di 8 anni, commesso nel 1998. È stato decisivo il voto di Anthony Kennedy, uno dei cinque giudici conservatori della Corte, che talvolta si schiera con i quattro giudici liberal, come accadde il mese scorso, quando ci fu la sentenza che autorizzò i ricorsi dei detenuti di Guantanamo a Cuba. Per il movimento abolizionista della pena di morte, che ha già ottenuto la sospensione delle esecuzioni in alcuni Stati, la sentenza della Corte Suprema è stata una vittoria cruciale.

 

 

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