Rassegna stampa 26 dicembre

 

Giustizia: nel Cdm del 9 gennaio il "pacchetto" delle riforme

di Maria Paola Milanesio

 

Il Mattino, 26 dicembre 2008

 

Il pacchetto giustizia approderà in Consiglio dei ministri il 9 gennaio. Attuazione del giusto processo, rapporti tra polizia giudiziaria e pubblica accusa, messa alla prova e sovraffollamento delle carceri sono i punti su cui sono incentrati i testi che il ministero della Giustizia sta limando. Di intercettazioni al momento non si parla, a meno che la maggioranza non riesca a raggiungere un’intesa su emendamenti da presentare al disegno di legge già all’esame della commissione giustizia di Montecitorio.

Nella serie di incontri avuti dal premier Silvio Berlusconi a Palazzo Grazioli (si sono alternati il Guardasigilli Angelino Alfano, il ministro Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri di An), si è affrontato il tema giustizia, tanto più dopo l’esplicito stop di La Russa, che ha smentito sia già pronta una riforma. Ma Niccolò Ghedini, parlamentare del Pdl e legale del premier, si mostra tranquillo: "Questo pacchetto contiene molte proposte dell’opposizione, un aspetto che certamente contribuirà ad agevolarne il percorso parlamentare".

Una circostanza, questa, che esclude anche qualsiasi ricorso alla decretazione d’urgenza. Ma è sulle intercettazioni che le distanze restano rilevanti, anche all’interno della maggioranza. L’ipotesi di bypassare gli ostacoli ricorrendo a due disegni di legge, riferiti rispettivamente alla parte investigativa e alla pubblicazione - così come suggerito dal presidente del Senato Renato Schifani - non sembra avere seguito.

Si apprezza il tentativo, ma i tecnici non considerano la strada percorribile. Dice ancora Ghedini: "L’ipotesi è interessante ma difficilmente attuabile, perché si rischia di vedere accantonata - anche per lungo tempo - la parte sostanziale del provvedimento, quella riferita alla raccolta delle intercettazioni". Sulla stretta nella fase della pubblicazione, infatti, sono d’accordo tutti, anche nell’opposizione. Tanto ancora ieri il centrista Michele Vietti invitava "la politica ad assumersi la responsabilità di intervenire subito".

E Lanfranco Tenaglia, Pd: "La maggioranza faccia una proposta definitiva e la valuteremo". Difficile, però, che il premier tenti sulle intercettazioni una azione di forza, sperando in un appoggio da parte dei democratici, sotto pressione per le inchieste che coinvolgono alcuni loro esponenti a livello locale. La sua proposta di limitarle ai reati puniti con pene oltre i 15 anni, infatti, non apre breccia in nessun partito.

E se Berlusconi insistesse sulla materia finirebbero per complicarsi i rapporti non solo con l’opposizione ma anche con gli alleati - An e Lega - consapevoli che una simile soluzione (risulterebbero infatti esclusi i reati dei colletti bianchi) non sarebbe gradita al loro elettorato. Da qui la scelta di una ulteriore pausa di riflessione, al fine di non ostacolare il cammino del pacchetto giustizia. Preludio a quelle riforme costituzionali che hanno il loro culmine, per Berlusconi, nella separazione delle carriere.

Giustizia: Di Pietro (Idv); vera emergenza è giustizia sociale

 

Adnkronos, 26 dicembre 2008

 

"Per il Paese la vera emergenza non è solo la giustizia in senso lato, ma la giustizia sociale". Lo afferma Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei Valori. "Il governo - aggiunge - si decida e, invece, di togliere ai poveri per dare ai ricchi, cerchi di togliere agli evasori fiscali, che sono aumentati, per sostenere, invece, il reddito di chi rimane senza lavoro e di chi non sbarca il lunario pur avendocelo, a partire dall’incremento del fondo per gli ammortizzatori sociali. Vedrà che su questa strada a collaborare, per una volta, troverà anche l’Italia dei Valori".

Giustizia: Rotondi; dialogo con opposizione non giustizialista

 

Apcom, 26 dicembre 2008

 

Le riforme, soprattutto quelle che riguardano la giustizia, vanno realizzate confrontandosi con l’opposizione. Lo dice il ministro per l’Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi. "È in atto - afferma in una nota - una manovra di criminalizzazione della sinistra da cui il Pdl si deve fermamente dissociare. E oggi più che mai è opportuno rimanere aperto il dialogo sulle riforme come la giustizia, che non deve essere vista come il tentativo di delegittimazione della magistratura. Ci deve essere, invece, la volontà a riformare nel concreto il sistema giudiziario e farlo possibilmente con l’opposizione non giustizialista e confrontandoci con le toghe non politicizzate".

 

Capezzone: il Pd dovrà scegliere, o dialogo o Di Pietro

 

Nel 2009 il Pd dovrà scegliere: o dialogo per le riforme o l’alleanza con Di Pietro. Lo afferma Daniele Capezzone, Pdl, portavoce di Forza Italia. "Esistono momenti politici - sostiene - in cui il ma anche veltroniano non è in alcun modo utilizzabile. Ora, infatti, nell’anno che si apre, il Pd sarà chiamato a una scelta chiara, senza ambiguità".

Spiega Capezzone: "Da una parte c’è il dialogo con la maggioranza per le riforme (dal federalismo alla giustizia, dall’economia ad altre possibili riforme istituzionali), dall’altra c’è il permanere dell’alleanza-sudditanza rispetto al signor Di Pietro.

 

Merlo (Pd): non accetteremo i diktat della maggioranza

 

Sulle riforme l’opposizione è pronta al confronto, ma non accetterà i diktat della maggioranza. Il Pd non dialoga se significa rinnegare se stesso. Lo precisa il vicepresidente della commissione di Vigilanza sulla Rai, Giorgio Merlo (Pd). "Il necessario confronto sulle riforme utili al nostro paese, a cominciare dalla giustizia e dal federalismo, non nasce - afferma in una nota - attraverso i diktat della maggioranza di destra, se davvero si vuol coinvolgere l’opposizione. Il Partito democratico non partecipa al dialogo sulle riforme rinnegando se stesso, la sua identità e la sua natura politica e programmatica. Se la destra pensa che l’opposizione sia una semplice variabile della maggioranza di governo le riforme - conclude Merlo - se le possono fare da soli".

 

Sgobio: nessun dialogo è possibile, governo reazionario

 

Sulle riforme nessun dialogo è possibile. Ne è convinto Pino Sgobio, responsabile delle politiche del Meridione del Pdci. "Solo un’ingenua e ambigua visione - dice - può consentire ad alcuni dell’attuale opposizione parlamentare di aprire un dialogo con questo governo, che, giorno dopo giorno, provvedimenti e decisioni alla mano, raffina il suo aspetto autoritario e reazionario". Sgobio si dice contrario alle "politiche di questo esecutivo che prende in giro gli italiani, dal sociale alla scuola".

Giustizia: scarcerato sindaco Pescara, Veltroni attacca i giudici

 

Apcom, 26 dicembre 2008

 

A distanza di soli dieci giorni dall’arresto il sindaco di Pescara Luciano D’Alfonso torna in libertà, il Gip Luca De Ninis revoca la custodia cautelare nei confronti dell’esponente del Pd spiegando che dopo le sue dimissioni da sindaco il carcere non è più necessario, precisando però che "il quadro accusatorio rimane confermato".

Una parziale correzione di rotta che il Pd accoglie con sollievo e che spinge il segretario del partito Walter Veltroni a pronunciare, per la prima volta da quando è iniziata la bufera giudiziaria che ha coinvolto diversi esponenti democratici, parole di dura critica nei confronti dei giudici. "Quello che è avvenuto a Pescara è gravissimo", dice Veltroni.

"Esprimo a D’Alfonso che torna pienamente libero la mia soddisfazione. Ma la vicenda ha dentro di sé gravi implicazioni che meritano una riflessione più compiuta che ci riserviamo di fare fin dalle prossime ore". Il segretario si limita a queste parole, ma è Massimo Brutti, commissario del Pd abruzzese da quando D’Alfonso è stato arrestato, a spingersi oltre: "Speravamo - premette - che si giungesse presto ad una revoca degli arresti domiciliari.

È tuttavia assolutamente sconcertante che il giudice per le indagini preliminari di Pescara abbia appena nove giorni fa firmato una ordinanza di arresti domiciliari nei confronti di Luciano D’Alfonso sulla base di accuse ed argomentazioni pesantissime, oggi ridimensionate con una nuova ordinanza".

Il Pd, insomma, rimprovera ai magistrati di aver disposto l’arresto con eccessiva precipitazione: "Questa drammatica altalena - dice ancora Brutti - si doveva evitare. Davvero l’esigenza di evitare l’inquinamento delle prove, dopo che l’inchiesta era già aperta da tempo, rendeva necessario un provvedimento come gli arresti domiciliari nei confronti del sindaco di Pescara? La libertà personale di Luciano D’Alfonso, anche se egli era indagato, meritava un maggiore rispetto. Sono convinto che sarebbe stata giusta una ponderazione maggiore nel decidere". In realtà, nell’ordinanza di scarcerazione il Gip De Ninis spiega che il rischio di inquinamento delle prove, che aveva motivato l’arresto, è venuto meno solo ora con le dimissioni di D’Alfonso dalla carica di sindaco, dimissioni avvenute dopo l’arresto.

Per il resto, De Ninis ribadisce che "in termini di gravità indiziaria il quadro accusatorio, già integralmente condiviso nel momento dell’adozione delle misure cautelari, rimane nel suo complesso confermato anche dall’esito degli interrogatori di garanzia e delle ulteriori attività di indagine versate dal Pm". Insomma, il Gip tiene a sottolineare che la decisione di oggi non contrasta con quella assunta appena dieci giorni fa.

D’Alfonso, appena scarcerato, ha spiegato di voler "capire meglio". Dice l’ex sindaco di Pescara: "Ora devo capire quello che è accaduto. Devo riflettere su quali sono i comportamenti più opportuni da intraprendere nei prossimi giorni". Al Pd, in generale, vogliono vederci più chiaro. Veltroni ha annunciato "riflessioni" pubbliche, che verranno non appena sarà più delineato il quadro degli avvenimenti e gli sviluppi che l’inchiesta potrà prendere. Né, assicurano al Nazareno, questa vicenda potrà cambiare l’atteggiamento del partito rispetto al tema della riforma della giustizia. Resta il fatto che Veltroni e gli altri dirigenti Pd vogliono capire come sia stato possibile arrestare e scarcerare dopo dieci giorni il sindaco di una città.

Giustizia: Ucpi; caso di Pescara è esempio malfunzionamento

 

Il Velino, 26 dicembre 2008

 

"Gravi esempi di malfunzionamento della giustizia", sarebbero, secondo l’Unione delle camere penali quelli relativi a Pescara e a Napoli. "Un gip, dopo avere arrestato dieci giorni fa un politico di Pescara, recependo completamente le tesi dell’accusa e ricalcando le parole durissime della richiesta di cattura del pm, oggi è costretto a scarcerarlo!

Inoltre, un pubblico ministero (Luigi De Magistris, ndr), noto per le sue inchieste in Campania e Basilicata è stato invece trasferito dal Csm a fare il giudice del tribunale del riesame dove, nel decidere sulla libertà dei cittadini, occorrono doti di equilibrio non comuni anche nell’ascoltare entrambe le parti e nel soppesare le tesi difensive".

Una situazione molto grave per i penalisti che chiedono al governo di andare avanti sulla riforma organica della giustizia. Per l’Ucpi è lecito chiedersi se "questi elementi siano fisiologici dell’amministrazione della giustizia, in sostanza normale dialettica giudiziaria". Ed è convinta, invece, che "si tratta di gravi esempi di malfunzionamento del sistema giustizia, indice di una scarsa cultura della giurisdizione.

La giurisdizione è l’attività di risoluzione delle controversie giudiziarie, ed in quanto tale è appannaggio dei giudici, non dei pm!. Eppure, come da tempo segnalato, la contiguità - prosegue la nota dei penalisti - tra giudici e pm fa si che i giudici si nutrano non di una cultura della giurisdizione bensì di una cultura dell’inquisizione".

Per questo, chiede al Csm "se sia questo il modo di garantire l’indipendenza del giudice: destinare a funzioni giudicanti un magistrato inquirente, ignorando di fatto che le due funzioni richiedono una formazione del tutto diversa".

Infine una domanda all’opposizione: "La riforma Mastella non doveva impedire il passaggio dal ruolo di pubblico ministero a quello di giudice?". Ed una al governo: "La riforma organica della giustizia, più volte promessa e finora mai realizzata, vedrà la luce col nuovo anno?".

L’Ucpi si augura che "nel 2009 l’Italia possa iniziare ad essere un Paese normale, in cui la terzietà del giudice è garantita dalla differenziazione delle carriere di chi accusa e di chi giudica. L’Italia deve dotarsi di quei meccanismi che permettono di sviluppare una vera cultura della giurisdizione: quella che Babbo Natale non ha mai portato sotto l’albero dei Tribunali italiani. E non quella estrapolata dagli slogan di Anm che confonde giurisdizione con inquisizione".

Giustizia: Osapp; usare per le carceri soldi sequestrati a mafia 

 

Apcom, 26 dicembre 2008

 

Nel carcere di San Vittore si muore di freddo e a Catania i detenuti e gli agenti passeranno il Natale in compagnia dei topi. È quanto denunciano dall’organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria (Osapp).

"Questo ministro della Giustizia, Angelino Alfano, più che un novello Babbo Natale, si sta trasformando sempre più nella Befana delle tipiche storielle post-natalizie, che invece dei doni porta solo carbone - scrive Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp -.

Siamo certi che non un solo centesimo dei denari sottratti alla mafia sarà utilizzato, per alimentare quello che invece è poi un serio progetto di costruzione e gestione degli istituti di pena, polizia penitenziaria compresa".

Il segretario fa riferimento alle parole del Ministro Roberto Maroni: "Lo Stato avrebbe solo nel 2009 recuperato la bellezza di 4 miliardi di euro: che in termini di spesa renderebbero il nostro sistema uno dei più moderni ed evoluti al mondo se solo il 10% fosse distratto per gli istituti di pena", si legge nella nota.

Giustizia: Alfano va all’Ipm di Palermo per gli auguri di Natale

 

Apcom, 26 dicembre 2008

 

Una stretta di mano come auguri di Natale, un panettone per ciascuno dei 40 ragazzi detenuti e per gli agenti della polizia penitenziaria e dopo un breve discorso, la visita della struttura. Il ministro Angelino Alfano, ha deciso così oggi, giorno di Natale, di far sentire ai minori detenuti la presenza dello Stato, uno "Stato che non dimentica chi ha sbagliato". Parlando ai ragazzi nella sala multifunzionale dell’Istituto di pena Malaspina di Palermo, Alfano ha detto: "Voi siete qui perché lo Stato ritiene che una parte di voi, ancora in attesa di giudizio, ha quasi certamente sbagliato, mentre l’altra metà è stata già condannata".

Lo Stato - ha continuato Alfano dopo che nella sala è suonato anche l’inno nazionale ascoltato in piedi da tutti - non vi ha dimenticati perché non dimentica le vittime di un reato ma neanche chi ha sbagliato. Oggi è una giornata di nascita, una giornata di riflessione per voi nella quale pensare cosa volete fare da grandi. Lo Stato - ha proseguito - ritiene che abbiate la possibilità di tornare sulla giusta strada e rieducarvi". Poi, prima di visitare il campetto di calcio, la piscina ed il teatro che gli stessi detenuti hanno realizzato al Malaspina, Alfano ha augurato a coloro che sono in attesa di giudizio "che riusciate a dimostrare la vostra innocenza".

Al Malaspina di Palermo sono ospitati per oro 40 ragazzi che trascorrono le giornate assistiti dagli educatori - il 65% entra analfabeta rivelano - e stanno in camerette con letti singoli o a castello, con porte blindate, ma rivestite di legno, e sbarre alle finestre.

 

Reati sessuali sono segno del nuovo tempo

 

L’aumento dei detenuti minorenni accusati di reati sessuali e di gruppo nell’Istituto penale per minorenni Malaspina di Palermo, per il ministro della giustizia, Angelino Alfano, "è il segno di un tempo nuovo. Lo Stato deve farsi carico di prevedere e punire queste eventualità e queste ipotesi".

Visitando il centro minorile di Palermo per fare gli auguri di buon Natale ai ragazzi detenuti, Alfano ha sottolineato come il fatto che ci siano qui dei ragazzi che abbiano commesso questi reati, da un lato è elemento di grande tristezza e sofferenza, per altro verso è la prova che lo Stato sa reprimere e sa colpire chi sbaglia".

Nel Malaspina di Palermo, sono ospitati oggi 40 ragazzi a fronte di una capienza di 25 posti. Da gennaio ad oggi il numero dei detenuti si è quasi raddoppiato passando da 20 a 40 e in molti casi i reati ipotizzati nei loro confronti sono di natura sessuale.

Lettere: i detenuti di Treviso lanciano un appello alle autorità

 

La Tribuna di Treviso, 26 dicembre 2008

 

Noi detenuti della Casa Circondariale di Treviso riteniamo utile chiedere ai rappresentanti istituzionali un momento di ascolto e di attenzione per le difficoltà che il carcere sta affrontando in questi ultimi tempi ed un aiuto concreto nell’affrontare una situazione aggravata dal persistente sovraffollamento.

Ci rendiamo conto che detto da noi tutto questo potrebbe apparire fuori luogo soprattutto se veniamo visti come coloro che devono solamente "pagare", ma siamo esseri umani e l’attuale realtà rischia di farcelo dimenticare: stare in carcere senza il minimo occorrente per vivere decentemente (per fare un esempio, i posti di lavoro sono talmente insufficienti rispetto alle richieste, manca la fornitura essenziale legata all’igiene personale e pubblica e gli ambienti comuni sono sempre più rovinati) alimenta rancori e non aiuta a pensare in maniera positiva.

Quello che chiediamo è quindi un aiuto ad aumentare le opportunità lavorative e venire incontro alle esigenze umana e legittime in un paese democratico, sempre più disattese per via delle carenze economiche della struttura penitenziaria. Ci piacerebbe aprire un dialogo con l’esterno (anche attraverso incontri con i rappresentanti politici e istituzionali) anche per offrire le cose positive che possono venire dalle nostre riflessioni, non solo per chiedere ma anche per far capire meglio i nodi problematici in quanto "il pianeta carcere" è una realtà figlia della società in cui è immerso.

 

Seguono 160 firme

Lettere: detenuti di Enna; celle fredde e affollate e… ci piove!

 

La Sicilia, 26 dicembre 2008

 

Acqua e celle fredde, niente da fare tutto il giorno e nemmeno un pallone con il quale giocare.

Descrivono così le loro giornate e detenuti del carcere di Enna che ci hanno inviato una lettera in redazione per "farvi sapere le nostre condizioni carcerarie".

"Innanzitutto - dicono - dal 2005 il Magistrato di Sorveglianza non dà più permessi. Già alcuni di noi hanno scontato quasi del tutto la condanna e non capiamo il motivo per cui, anche per chi ha un’ottima relazione, non si possa avere un permesso premio".

"Siamo in stanze fredde e affollate, dove ci piove dentro ma i termosifoni vengono accesi solo ogni tanto. Ancora, in questa struttura ci sono ancora i gabinetti alla turca e dentro le stanze c’è l’acqua fredda. Dove ci laviamo la faccia, ci dobbiamo lavare anche le pentole, perché c’è solo un lavandino dove fare tutto. In più, nella nostra sezione le docce si possono fare tre volte la settimana, sempre con l’acqua fredda".

"Parlando dell’attività sportiva - aggiungono i detenuti - non ce n’è per niente. C’è solo una palestra ma è più vecchia della stessa struttura carceraria: è tutta rotta. Cioè, in sostanza non abbiamo nulla per far trascorrere le nostre giornate. Abbiamo anche fatto richiesta per avere un pallone, ma non abbiamo avuto nessuna risposta".

"Parlando, invece, delle medicine - sostengono nella loro lettera - ci danno sempre lo stesso farmaco per qualsiasi malore. Ci dicono che hanno solo questo tipo di medicine. Conclusione, pure le medicine le dobbiamo pagare di tasca nostra". "Infine, per quanto riguarda i colloqui, abbiamo solo una sala per dieci detenuti e siccome siamo in sovraffollamento, ci tolgono pure le nostre ore di colloquio perché siamo strapieni". "Speriamo con questa lettera di sensibilizzare chi di competenza e ci auguriamo che qualcuno possa fare qualcosa per noi".

 

Lettera firmata

Puglia: Sappe; il problema affollamento va affrontato davvero

 

Il Velino, 26 dicembre 2008

 

"Nonostante il grave sovraffollamento di detenuti (oltre 3.600), le condizioni igienico sanitarie delle carceri pugliesi (la maggior parte da chiudere), la grave e cronica carenza del personale di Polizia penitenziaria (almeno 500 unità) che è costretto a lavorare in condizioni di lavoro estremamente penalizzanti, si stanno svolgendo regolarmente presso quasi tutti i penitenziari pugliesi, manifestazioni connesse con i riti del Natale (spettacoli, mostre) organizzati dall’amministrazione penitenziaria in collaborazione con le organizzazioni umanitarie per rendere meno triste la santa festività alla popolazione detenuta".

Lo dichiara in una nota il segretario regionale del Sappe, sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, Federico Pilagatti. "A parte il volontariato, ci dispiace constatare che l’attenzione della società civile a cominciare dalle istituzioni alle problematiche del carcere, in questo periodo si faccia più pressante, per poi affievolirsi passata la festa.

Il Sappe vuole ricordare che il problema delle carceri deve essere affrontato tutto l’anno con misure concrete che diano certezza della pena e nel contempo rispettino la Costituzione italiana, offrendo condizioni di detenzione dignitose, e non da paese del terzo mondo".

"Purtroppo in questa disattenzione - prosegue Pilagatti - chi paga maggiormente le conseguenze è proprio la Polizia penitenziaria che lavora 365 giorni all’anno (a Natale, Capodanno, Pasqua, Ferragosto) senza mai ricevere alcun attestato, nonostante le difficili condizioni in cui opera, per quanto riguardo i carichi di lavoro, gli ambienti, il pericolo derivante da tale complicata attività. Infatti agli occhi dell’opinione pubblica e dei mass-media, emerge soprattutto il roboante rumore delle sirene che raccontano di decine, centinaia di migliaia di arresti operati dalle Forze dell’ordine, e poi? più nulla.

Che fine fanno queste persone? Non interessa a nessuno se tra questi ci sono migliaia di innocenti a cui è stata strappata la dignità, oppure che altre decine di migliaia vivano in condizioni allucinanti? Quante storie di umana sofferenza si consumano dietro delle sbarre che tutti quanti vogliono dimenticare? Basta chiudere gli occhi e tapparsi il naso, tanto la discarica dell’umana condizione è inesauribile, ed inghiotte tutto e tutti senza un rumore.

Così la Polizia penitenziaria è costretta a sopperire a tutte queste mancanze con umiltà, professionalità, umanità, per assicurare, per quanto possibile, che nelle carceri non vengano meno il rispetto sia della legalità, dei diritti umani, della vita stessa. Per questo il Sappe spera e si augura vivamente che il Natale sia un momento di seria riflessione per quelli che vivono nella stanza dei bottoni, poiché il sistema penitenziario pugliese e nazionale sta per esplodere e le conseguenze saranno devastanti per tutti".

Roma: Nieri e Gonnella; rendere vivibile carcere di Regina Coeli

 

Adnkronos, 26 dicembre 2008

 

L’Assessore al bilancio della Regione Lazio, Luigi Nieri, e il Presidente dell’Associazione Antigone, Patrizio Gonnella, si sono recati in visita presso il carcere romano di Regina Coeli. I detenuti sono circa 950, il 50 per cento è composto da stranieri, e ogni mese entrano 300 detenuti. "In moltissime celle i detenuti vivono in letti a castello a tre piani - si legge nella nota stampa dell’assessore Nieri e del presidente dell’associazione Gonnella -.

Non potrebbe essere possibile per loro stare tutti seduti o in piedi contemporaneamente in cella. L’umidità e il freddo si sentono. Nel sesto reparto è in funzione il riscaldamento finanziato con risorse della Regione Lazio".

"Regina Coeli è un carcere freddo, umido e stipato fino all’inverosimile - dichiarano Luigi Nieri e Patrizio Gonnella - eppure riteniamo sia un errore chiuderlo. Meglio un carcere umido e scrostato ma centrale, piuttosto che un carcere dove operatori, detenuti e loro familiari siano sbattuti in una periferia anonima e irraggiungibile.

Dobbiamo tutti insieme, enti locali, regione e amministrazione della giustizia, cercare di rendere Regina Coeli carcere sempre più abitabile. Come Regione, grazie alla Legge n. 7 del 2007 abbiamo consentito molti lavori infrastrutturali che andranno a migliorare la qualità della vita interna. Ci aspettiamo che anche il Comune si interessi ai suoi cittadini detenuti".

Padova: da gennaio reparto ospedaliero riservato ai detenuti

 

Il Mattino di Padova, 26 dicembre 2008

 

Da gennaio 2009 i detenuti del Due Palazzi avranno un nuovo reparto ospedaliero idoneo e protetto. La realizzazione di un’ala ospedaliera, interna all’Azienda ospedaliera, in grado di ospitare i detenuti in precarie condizioni di salute, risolvendo così l’ormai annosa questione che si trascina dalla chiusura del vecchio reparto bunker, è stata approvata due settimane fa in Prefettura.

A definire l’operazione sono stati il Prefetto Michele Lepri Gallerano assieme ai direttori generali dell’Azienda ospedaliera Adriano Cestrone, dell’Usl 16 Fortunato Rao e i dirigenti dell’amministrazione penitenziaria, guidati dal comandante della polizia del Due Palazzi Fausto Mungioli e dalla direttrice del carcere Antonella Reale.

A spingere da mesi per risolvere il problema è stata la Funzione pubblica della Cisl: "Questo risultato è il frutto della nostra mobilitazione - osserva Bernardo Diana, responsabile della polizia penitenziaria della Cisl-Fp - per individuare locali idonei ad accogliere i detenuti in ospedale. Da tempo chiedevamo l’apertura di un tavolo di confronto tra le due amministrazioni. Sono ormai sette anni che il reparto bunker è chiuso a causa di gravi carenze di natura igienico-sanitaria. Il problema doveva essere risolto nel giro di pochi mesi, ma in realtà mancavano i fondi necessari alla ristrutturazione e non è mai stato chiarito quale ente dovesse farsi carico della spesa".

Per Franco Gargiulo, della segreteria della Cisl Funzione pubblica "un’area protetta garantisce un alto livello di sicurezza, a tutela di tutti quei malati in stato di arresto. Nello stesso tempo non si viola la privacy degli altri degenti, fin qui obbligati a condividere le stanze con detenuti e con scorte armate". Cosa, questa, che di certo non fa molto piacere".

Roma: detenuto americano teme estradizione, rischia 190 anni

 

Comunicato stampa, 26 dicembre 2008

 

Accusato di una truffa postale in Costarica da 25 milioni di dollari, un cittadino americano attualmente detenuto a Rebibbia e in attesa di estrazione rischia, in patria, una condanna a 190 anni di reclusione. La vicenda è stata denunciata dal Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti Angiolo Marroni.

Sonny Vleisides, 47enne di Las Vegas, è stato arrestato in Italia dall’Interpool, su mandato delle autorità americane, il 28 aprile 2007 ed è già stato 14 mesi nel carcere di Sollicciano (Firenze), prima di essere trasferito a Roma (a Rebibbia Nuovo Complesso, Reparto G 11) lo scorso settembre.

Il reato di cui è accusato è la frode postale. In sostanza, avrebbe organizzato raccolte di fondi attraverso cartoline postali con cui si invitavano i sottoscrittori a partecipare a lotterie finte. Negli Stati Uniti d’America esistono dei parametri per stabilire gli anni di carcere, dato che non esiste il cumulo. Uno di questi parametri è il fatto che la frode è superiore ai 20 milioni di dollari, l’altro è che si tratta di un reato federale.

L’uomo è in attesa di estrazione. Il decreto di espulsione, già emesso, è stato impugnato dall’avvocato dell’uomo davanti al Tar. Secondo il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni quella che sta vivendo questo cittadino americano "è una vicenda su cui dover sicuramente riflette e che rischia di concludersi con una pena spropositata rispetto al reato che ha commesso; basti pensare che in Italia, per il crack Parmalat, Calisto Tanzi è stato condannato a 10 anni di carcere.

Una condanna a 190 anni di reclusione vuol dire, praticamente, morire in carcere, senza possibilità di garantire la funzione di recupero sociale del reo statuita dall’articolo 27 della nostra Costituzione, ma evidentemente non prevista negli Stati Uniti. Per questi motivi spero che la magistratura amministrativa accolga il ricorso presentato e annulli il decreto di espulsione. Non credo sia questo il nuovo modello di giustizia che auspichiamo venga introdotto in Italia".

Venezia: Patriarca chiede ai politici più attenzione per carcere

 

La Nuova Venezia, 26 dicembre 2008

 

Esce un appello dal carcere di Santa Maria Maggiore e a farlo non è la direttrice, che spesso ha chiesto al ministero a alla città maggior interesse, o i detenuti, che in passato seppur pacificamente hanno protestato per ottenere condizioni più umane, ma è il patriarca a lanciarlo.

Durante la tradizionale visita natalizia del pastore di Venezia a Santa Maria Maggiore, Angelo Scola ha chiesto a chi può decidere di intervenire: "Voi detenuti - ha sottolineato - vivete una condizione davvero pesante, quella del sovraffollamento. I politici dovrebbero essere più attenti alla vostra situazione in modo che la pena riacquisti il suo valore medicinale, in modo che al centro vi sia il recupero di chi ha sbagliato".

Il sovraffollamento nella celle, infatti, è una pena in più che i detenuti scontano dopo quella della limitazione della libertà. A Santa Maria Maggiore, sulla carta, ci sono posti per poco più di 220 detenuti, ma oggi sono 300 e capitano periodi in cui questa cifra viene superata, a causa di trasferimento in vista dei processi. In cella di 25 metri quadrati si ritrovano in otto-nove e i letti sono tornati ormai ad essere a castello di tre piani, come prima dell’indulto.

Dopo la celebrazione della messa, sono intervenuti tre detenuti sul tema che loro stessi hanno scelto di trattare, quello della privazione degli affetti famigliari alla quale il carcere li costringe. L’italiano Thomas ha parlato della moglie e della piccola figlia, che sta crescendo senza di lui, poi si è commosso.

Quindi ha ripreso arrivando ad affermare che "l’anno e mezzo che ho trascorso in carcere fino ad ora mi ha fatto bene, mi ha fatto riflettere". "Chissà altrimenti dove sarei finito", ha concluso. Anche il nigeriano Samuel ha raccontato come la moglie sia preoccupata e quale fatica faccia per vivere e proteggere il figlio, che lui vede crescere senza poter far nulla. Infine, Massimo ha letto la lettera di Valentino, che era stato scarcerato qualche giorno fa senza che se lo aspettasse: "Quello che più mi ha fatto soffrire - ha scritto - è la privazione degli affetti, ma sono convinto che mia moglie quando uscirò mi vorrà ancora più bene".

Un altro detenuto, Andrea, ha offerto a nome di tutti i suoi compagni 560 euro raccolti nelle celle perché vadano alle missioni e ha voluto spiegare che ci sono detenuti che hanno dato fondo ai loro risparmi per partecipare con pochi euro e altri che hanno chiesto prestiti: "Sotto la scorza dura del detenuto - ha precisato - c’è un cuore che batte".

Don Antonio, il cappellano del carcere maschile, ha raccontato che da gennaio un prete della chiesa Ortodossa potrà entrare a Santa Maria Maggiore una volta al mese per celebrare i riti a cui sono legati soprattutto rumeni e moldavi, che sono ormai il 30 per cento della popolazione carceraria. Per i musulmani, invece, è la direzione che si è mossa in modo da riunirli nelle stesse celle, permettendo così che la preghiera del venerdì venga svolta collettivamente.

Durante la sua omelia il patriarca ha spiegato che il reato deriva dall’incapacità dell’uomo di accettare il limite esterno ed interno: "Da soli - ha aggiunto - non riusciamo a dare alla nostra azione carattere di giustizia, insomma l’uomo da solo non riesce a trovare la strada della liberazione e ha bisogno di Dio".

 

Natale della solidarietà, pienone di pubblico al concerto per i detenuti

 

Grande successo di pubblico sabato sera, per il Concerto di Natale della Solidarietà, tenutosi nelle Sale Apollinee del Teatro La Fenice. La sala principale, non è riuscita a contenere tutti i presenti, e per l’occasione è stata messa a disposizione una stanza adiacente. Giunto oramai alla sua quarta edizione, l’appuntamento natalizio, è stato organizzato come sempre dalla Cooperativa Il Cerchio e dall’Associazione Il Granello di Senape, che da oltre un decennio si occupano di reinserimento lavorativo e sociale di detenuti ed ex detenuti, con la nuova entrata della coop. Rio Terà dei Pensieri, a dimostrazione dell’unità d’intenti e del comune percorso che accumuna le tre realtà.

A dirigere l’Orchestra Symponia Veneziana, il maestro Mario Merigo, con l’accompagnamento di un quartetto d’archi, e la partecipazione di alcuni solisti: Ivan Malaspina al violino, Monica Finco al flauto, Sara Airoldi al violoncello, che hanno proposto musiche di Locatelli, Bach, Galuppi, Cajkovskij ed Elgar.

Presenti in sala, la direttrice delle case di reclusione veneziane Gabriella Straffi, Chiara Ghetti responsabile del Centro Servizi Sociali Adulti, l’assessora provinciale Rita Zanutel, e l’assessore comunale Stefano Simionato. Il ricavato della manifestazione, andrà a sostenere progetti o servizi per persone ristrette. L’evento è stato patrocinato da Regione del Veneto, Provincia e Comune di Venezia.

Varese: i detenuti-attori che raccontano il lavoro in carcere

 

Varese News, 26 dicembre 2008

 

Cuochi, giardinieri, muratori e altro. Sono solo alcune della attività lavorative che i detenuti del carcere di Busto Arsizio possono svolgere. A raccontarci le loro esperienze sono i detenuti stessi che a luglio 2008 sono diventati "attori" per un cortometraggio realizzato dal regista Mauro Colombo e Massimo Lazzaroni della Cooperativa Totem. Il video si intitola "Via per Cassano 102", ovvero l’indirizzo della casa circondariale, e la sua realizzazione è stata voluta e promossa dal Comune bustocco e dalla Casa Circondariale. La gestione è invece affidata alla cooperativa Il Sol.Co Varese e hanno collaborato Enaip e Vol.gi.ter.

Il cortometraggio è stato proiettato a settembre nel corso di una serata voluta dal’amministrazione di Busto e a novembre in occasione di un incontro al Cesvov di Varese. In quella serata si è parlato di "Carcere e società civile" nell’ambito della rassegna di cinema e documentazione sociale "Un posto nel mondo".

Le due iniziative pubbliche avevano lo scopo di sensibilizzare la cittadinanza ai problemi del carcere e di quanti vi si trovano, forzosamente (i detenuti), ma anche per lavoro (il personale), o volontariamente, come le non poche persone che aiutano nelle attività lavorative e di reinserimento sociale.

"In carcere ho la fortuna di lavorare". È questa la frase che apre il cortometraggio. A pronunciarla è Marco, cuoco del carcere: alla sue testimonianza ne seguono altre che danno un’idea - per quanto superficiale - di una "giornata tipo" raccontata da persone che in carcere vivono da anni e che nel lavoro hanno trovato "una mezza libertà", come racconta Roman.

Ecco allora che quando la cella si apre al mattino presto inizia la giornata di Marco: "io fuori ho sempre lavorato. Quando sono arrivato qui, i primi tempi non avevo niente da fare e la testa andava per i fatti suoi. Avevo toccato il fondo. Il lavoro invece ti permette non solo di essere impegnato, ma di guadagnare anche qualcosa per te e la tua famiglia".

E proprio la famiglia è il pensiero più bello, ma anche più doloroso per i detenuti. "Mio figlio è nato quando ero già qui dentro: non l’ho mai visto". "Non so come fai a resistere: i miei vengono a trovarmi spesso, le loro visite per me sono importantissime". Sono le "tipiche" chiacchiere di due detenuti mentre "passeggiano" avanti e indietro per il piccolo sportivo. Un piccolo viaggio quindi, di pochi minuti, in un mondo che chi "sta fuori" difficilmente riesce a immaginare.

Saluzzo: dopo lo spettacolo teatrale, un calendario dal carcere

 

La Stampa, 26 dicembre 2008

 

Un pezzetto del carcere di Saluzzo entrerà nelle case dei saluzzesi: venerdì 19 dicembre il presidente di Voci Erranti Mario Riu ha consegnato al sindaco Allemano e all’assessore ai servizi sociali Alida Anelli, le prime copie del calendario 2009 realizzato a partire dalle fotografie che il torinese Paolo Ciaberta ha scattato per raccontare la preparazione e l’allestimento dello spettacolo "Van Gogh - Il suicidato della società". La rappresentazione è stata portata in scena a inizio luglio dai detenuti-attori del laboratorio interno al carcere guidato da Grazia Isoardi con la regia di Koji Miyazaki.

Copertina arancione sgargiante come vivaci sono i colori delle tele del pittore olandese, fotografie "in movimento" in bianco e nero con qualche tocco di colore qua e la, impaginazione semplice ed essenziale: "Il calendario è nato da una richiesta dei detenuti-attori: volevano mandare qualcosa alle loro famiglie , agli amici". Riu ammette che non è stato facile trovare uno sponsor per finanziare il progetto: "Tramite Facebook ho lanciato un appello agli amministratori comunali saluzzesi che hanno raccolto l’invito".

Il Comune ha concesso il patrocinio ed un contributo di 2 mila euro; il calendario è stato stampato in 2 mila copie distribuite in parte ai detenuti del carcere Morandi e in parte a disposizione del Comune; chi fosse interessato a ritirarne una copia può rivolgersi alla segreteria del sindaco.

Sia l’assessore Anelli che il sindaco Allemano hanno sottolineato come, grazie ad esperienze quali il teatro in carcere, la casa di reclusione cittadina sia diventata negli ultimi anni un luogo "più aperto alla cultura di quanto non sia in certi momenti la città. Paradossalmente è più facile fare teatro in carcere che cambiare l’illuminazione natalizia". ha osservato Allemano. Dedicare un calendario a questa esperienza significa anche ribadire quanto il teatro in carcere sia "utile e necessario e non significhi soltanto far passare il tempo a qualcuno" ha aggiunto il presidente di Voci erranti Mario Riu.

Vicenza: il Vescovo; la dignità è un diritto anche per i detenuti

 

Giornale di Vicenza, 26 dicembre 2008

 

"Nessuno si senta solo con il suo dramma e i suoi problemi, perché Dio è vicino a ciascuno, si è fatto uomo per questo, per condividere le nostre pene e sofferenze e per indicarvi la via della salvezza". Queste - riporta un comunicato della Diocesi - le parole di incoraggiamento e di augurio che ieri mattina mons. Cesare Nosiglia ha pronunciato durante l’omelia nel carcere S. Pio X.

Il Natale in carcere è sicuramente del tutto particolare. Per questo il vescovo ha voluto far sentire tutta la sua vicinanza. "L’augurio che rivolgo per questo Natale è che le condizioni di vita, l’ambiente e le relazioni in questo carcere possano migliorare o comunque essere sempre meno disagevoli. E sarà possibile con l’apporto di un’azione comune di intenti tra direzione, corpo delle guardie carcerarie, cappellano, volontari e ogni altra opportuna presenza di sostegno".

Purtroppo le difficoltà che oggi assillano tanti istituti penitenziari sono note e vanno affrontate con l’impegno di tutte le componenti coinvolte nella gestione e nell’impostazione di vita dei detenuti. In maniera sempre più urgente si impone la necessità di ridare dignità all’ambiente vitale del detenuto, superando il sovraffollamento nelle celle. Altrettanto necessari sono l’avvio di progetti di utilizzo del tempo che risultino utili alla promozione umana e sociale dei detenuti, lo snellimento dei tempi dei processi, l’agevolazione del rapporto dei carcerati con le proprie famiglie.

Di fonte a tale situazione, è sempre più complessa e faticosa l’opera della polizia penitenziaria, impegnata in turni di lavoro stressanti, data anche la scarsità del personale e la difficoltà di far fronte alle esigenze di un numero crescente di detenuti provenienti da paesi, culture e religioni diverse.

Ma non va persa la speranza, sottolinea mons. Nosiglia, che "un rinnovamento è possibile se ci mettiamo insieme con impegno comune, ma anche se confidiamo nella forza e nell’amore di Dio che ci aiuta e ci sostiene nella ricerca delle vie più appropriate". Solo così "il carcere potrà essere per ogni detenuto un luogo di ricupero, per ricominciare, quando sarà, uno stile nuovo di inserimento nella società e di servizio verso gli altri. Per questo è necessario che ogni detenuto sia sempre trattato come una persona umana soggetta di diritti inalienabili, anche se in condizione di pena da scontare o di giudizio da avere".

Pesaro: in Comune c’è il video-presepe realizzato dai detenuti

 

Corriere Adriatico, 26 dicembre 2008

 

"Nei commenti dei piazzaioli, questa Maria piace". È brioso il sindaco Luca Ceriscioli, alla presentazione di "Presepe in Comune", che data la presenza in sala del piccolo Matteo, chiosa: "Fantastico, in conferenza stampa, il piccolo Gesù".

La video-installazione all’ingresso del Municipio, "Natività: presepe per immagini", è ispirata al film "Vangelo secondo Matteo" di Pasolini ed è opera degli attori della "Compagnia dello Spacco", detenuti e detenute della Casa Circondariale di Pesaro. La regia è del docente universitario Vito Minoia; riprese e montaggio di Celeste Taliani; musiche di David Monacchi e Corrado Fantoni.

Il filmato si chiude con "Vita dentro", fotografie di Umberto Dolcini. Il progetto ha il patrocinio della Presidenza del Consiglio Comunale e del Ministero di Giustizia Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Soddisfazione è stata espressa dalla direttrice. Questo è il terzo anno in cui il Comune coinvolge l’istituto nell’allestimento del presepe: prima con le ceramiche, poi con le statue in legno. Oggetti e mobili da loro realizzati sono venduti in via Castelfidardo al negozio "Il gatto e la volpe", gestito dall’"Osservatorio permanente sulle carceri". A metà gennaio, è prevista la consegna di attestati di ringraziamento ai carcerati per mano del presidente del Consiglio, Coraducci.

Bollate: incendio ai "colloqui", intossicate 3 agenti e 8 detenute

 

Ansa, 26 dicembre 2008

 

Poteva provocare una tragedia il principio di incendio che si è verificato la scorsa notte nella sezione femminile nel carcere di Bollate. Una tragedia evitata grazie all’intervento di 3 agenti di polizia penitenziaria, rimasti però intossicati insieme a 8 detenute per il fumo. Il principio di incendio sarebbe stato causato da una candela rimasta accesa su un tavolo dopo le visite dei familiari. Con il passare delle ore hanno preso fuoco una tovaglietta, una tenda e una seggiola di plastica.

Immigrazione: Natale nelle baracche, sgombero dopo le feste!

di Adriano Prosperi

 

La Repubblica, 26 dicembre 2008

 

Strano Natale. Una cronaca televisiva da Forte dei Marmi mostra un mercatino di Natale nel luogo più caro d’Italia. Un venditore dichiara soddisfatto: "Spendono, spendono". La televisione diffonde immagini da cartolina: paesaggi, consumi, uomini e donne - tutto di lusso. Spostiamoci di poco.

Siamo nei pressi dell’Arno, a poca distanza da Pisa. Altre immagini, altre parole. Si vedono - ma non in televisione - alcune baracche. Gli abitanti hanno scritto un appello, in italiano e in inglese. Ne riporto alcune frasi: "Siamo dei Rom rumeni, siamo circa 60 famiglie. Viviamo nella città di Pisa, nelle baracche in condizioni non buone, senza acqua e senza luce.

Noi non vogliamo vivere nelle baracche. Siamo costretti a vivere nelle baracche perché non ci è data la possibilità di prendere una casa: il Comune non ha interesse ad aiutarci a trovare una casa. Non possiamo mandare a scuola i bimbi perché non abbiamo le condizioni igienico-sanitarie. Alcuni bimbi vanno a scuola, ma spesso le scuole rifiutano di iscrivere i nostri figli. Facciamo lavori che gli italiani non vogliono fare, in condizioni peggiori.

Alcuni di noi lavorano con contratto regolare, altri al nero, altri sono in cerca. Alcune persone hanno fatto dei corsi di specializzazione, anche se vivono in queste condizioni. È difficile trovare lavoro perché molti datori di lavoro chiedono la residenza dell’anagrafe. Anche se viviamo a Pisa da tanti anni, anche se lavoriamo, anche se i nostri figli vanno a scuola, il Comune non ci dà la residenza dell’anagrafe perché viviamo nelle baracche. Noi siamo persone che vogliamo integrarci, siamo persone intelligenti, con cultura, con tradizioni.

Il Sindaco di Pisa ha firmato una ordinanza per sgomberare i campi, senza soluzione, in stagione di inverno. Noi non possiamo lasciare la città di Pisa, abbiamo lavoro, paghiamo i contributi, abbiamo anche alcuni figli malati. Ordinare uno sgombero in queste condizioni è inumano".

Mi dicono che lo sgombero sarà spostato a dopo Natale. Pietà? Forse è vero che, come ha scritto Machiavelli, gli uomini non sono mai del tutto buoni o del tutto cattivi. Forse si è temuto l’effetto sgradevole dello sgombero nel freddo intenso di questi giorni, mentre i cittadini bennati vanno alla messa. O forse anche i vigili incaricati della demolizione delle baracche e della deportazione dei rom in quel giorno hanno altro da fare.

Non chiedete da quale parte politica viene quell’ordinanza. La cosa non è importante, non più. La politica, sia quella delle lotte dei partiti, sia l’antica paziente arte del possibile è morta. Rimane solo la caccia al favore degli elettori. Che non la faranno mancare. Me ne offre la prova una lettera anonima (non del tutto, c’è una firma collettiva: "un gruppo di lettori del Tirreno") speditami un mese fa dove si legge fra l’altro: "In città ci sono troppi immigrati e zingari, tutta gente che non fa nulla ai quali si aggiungono una miriade di ambulanti di colore che danneggiano gravemente il turismo.

Di qui l’ordinanza più che giusta anti-borsoni" (sic: trattasi di un’ordinanza che vietava le grosse borse dei venditori ambulanti di colore). E continuava: "Case ai rom? Cose da pazzi! Gli zingari prima o poi dovranno essere rispediti nei loro paesi di provenienza. Di questo ne è convinto il novanta per cento della gente. Quella degli zingari, in particolare, è l’etnia più odiata dagli italiani".

Dai tempi dell’esplosione di violenza con l’aggressione fascista al campo di Ponticelli le cose sono dunque cambiate. Come, lo lasciamo giudicare ai lettori. Nel paese che ricorda ufficialmente le leggi razziali del 1938, nella regione che ha dedicato solenni e commosse cerimonie pubbliche e convegni di studio, a pochi passi da quel Parco di San Rossore dove quelle leggi vennero firmate, l’odio "etnico" è professato apertamente da anonimi lettori di un quotidiano di sinistra.

Forse è il caso di progettare su quell’argine dell’Arno, al posto delle baracche destinate alla ennesima demolizione (che molte altre ce ne sono già state) un monumento alla memoria di Arturo Bocchini, il capo della polizia che nel settembre del 1940 emanò i primi provvedimenti di internamento degli zingari italiani.

Lui li internava nei campi di concentramento, i suoi imitatori di oggi li buttano fuori dalle baracche, all’aperto, in questa stagione. Forse moriranno di freddo. L’importante è che lo facciano lontano dai nostri occhi. Questo accade in un paese dove nella distrazione generale si parla apertamente di regime presidenziale e si portano a termine gli ultimi dettagli di quel piano della P2 di cui giustamente Licio Gelli rivendica la lungimiranza e il successo. Buon Natale e felice anno nuovo.

Immigrazione: sbarchi a Lampedusa, sommossa nel Cie di Bari

 

Corriere della Sera, 26 dicembre 2008

 

Sono complessivamente oltre 650 i migranti approdati a Lampedusa nelle ultime ore, in tre sbarchi consecutivi. All’alba sono giunti sull’isola i 250 extracomunitari, tra cui una donna, che erano stati soccorsi ieri sera a 40 miglia dalla costa dal pattugliatore "Bettica" della Marina Militare. Altri 350 circa, su un barcone in avaria, sono stati trainati in porto da due motovedette della Guardia di Finanza. Le procedure di identificazione sono ancora in corso. Infine un gommone con 67 immigrati, tra cui 14 donne, è riuscito ad approdare direttamente a terra intorno alle 2 di notte. Tutti gli extracomunitari sono stati trasferiti nel centro di prima accoglienza, dove in questo momento si trovano quasi un migliaio di persone.

Sommossa a Bari - Nella notte si è intanto registrata una sommossa nel centro per immigrati clandestini Cie (Centro identificazione espulsione) di Bari-Palese nel quale sono ospitati 196 immigrati algerini: a seguito dei disordini sono stati arrestati 21 extracomunitari, sono rimasti lievemente feriti alcuni poliziotti e militari del Battaglione San Marco che presidiavano la struttura, mentre una decina di algerini è riuscita a fuggire.

Nei disordini sono state distrutte gran parte delle porte, dei letti, degli arredi: tutto ciò che era estraibile - dicono fonti investigative - è stato usato come arma per danneggiare ogni cosa. Gli immigrati, che già l’altra notte avevano dato vita ad una sommossa culminata con la fuga di alcuni algerini, sono esagitati perché stanno per essere rimpatriati in forza dell’accordo bilaterale tra Italia e Algeria.

Immigrazione: baracca va in fiamme, muoiono madre e figlio

 

Ansa, 26 dicembre 2008

 

Tragedia in una baracca nella pineta di Castelfusano a Ostia, sul litorale romano. Una donna di 32 anni e il suo bambino di tre sono stati trovati morti a causa di un incendio divampato poco prima delle 8.30 nella fatiscente struttura in legno allestita tra la fitta vegetazione. I vigili del fuoco, che hanno domato l’incendio con la sabbia, per raggiungere la baracca hanno dovuto abbandonare i propri mezzi sulla strada e proseguire a piedi.

La donna insieme al figlio era arrivata domenica scorsa dalla Romania per trascorrere le feste di Natale col marito, che si trova in Italia da diverso tempo e vive di lavoretti saltuari. L’uomo non era presente al momento del rogo perché questa mattina era uscito molto presto per andare a lavorare. L’incendio sarebbe divampato perché la donna voleva scaldare la baracca e per accendere il fuoco avrebbe utilizzato una bottiglia di alcol unita a materiale plastico.

"Questa è una tragedia terribile, che nasce purtroppo dalla piaga degli accampamenti abusivi dentro le aree urbane, una piaga su cui sono già stati fatti molti interventi ma su cui bisogna essere ancora più incisivi" ha detto il sindaco di Roma Gianni Alemanno davanti ai resti della baracca incendiata.

Alemanno ha spiegato che "la questura aveva predisposto un piano che partiva dal Tevere e dall’Aniene, dove sono stati fatti sgomberi di baracche, che poi arrivava sugli snodi del traffico, dove sono intervenuti. L’ultima tappa di questi sgomberi di baracche riguardava proprio le aree periferiche della pineta di Castelfusano. Oggi abbiamo di fronte la necessità di accelerare e legare questa opera di sgomberi degli insediamenti con quella di una nuova collocazione per i campi nomadi e i senza fissa dimora, perché - ha concluso - il problema è lo stesso".

Droghe: Berlusconi; sulla tossicodipendenza l’impegno è totale

 

Notiziario Aduc, 26 dicembre 2008

 

"Sulle questioni della tossicodipendenza c’è totale impegno del governo". Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, durante una telefonata di auguri per il Natale ai ragazzi di padre Matteo Tagliaferri, fondatore della comunità terapeutica per tossicodipendenti In Dialogo, con sede a Trivigliano, che oggi conta 13 centri in Ciociaria, alcuni a Roma e altri all’estero.

Il premier ha anche annunciato che presto sarà di nuovo in visita nella struttura di recupero. La telefonata di Berlusconi è stata ascoltata con entusiasmo dai circa 150 giovani che stanno cercando di uscire dalla tossicodipendenza e dalle devianze. L’intervento telefonico del premier è stato più volte interrotto dagli applausi: "Sono a disposizione della vostra comunità. Sto lavorando con il governo per affrontare e risolvere i problemi relativi alla vostra condizione e sono sicuro che raggiungeremo tutti gli obiettivi".

Durante la telefonata, Berlusconi ha anche elogiato il lavoro del commissario europeo ai Trasporti, Antonio Tajani, che oggi ha partecipato, col deputato Antonello Iannarilli e l’assessore regionale alle Pmi Francesco De Angelis, al tradizionale pranzo natalizio della comunità. Il responsabile della comunità, padre Tagliaferri, ha ringraziato il premier per la sua attenzione ai problemi della comunità e si è detto felice di ospitarlo quanto prima

Stati Uniti: paesi europei accoglieranno detenuti Guantanamo

di Vincenzo Nigro

 

La Repubblica, 26 dicembre 2008

 

Chi è disposto a prendersi i detenuti di Guantanamo per guadagnare punti con Barack Obama? La nuova amministrazione americana non è ancora in servizio, ma su molti dossier i ministri di George Bush sono già al lavoro per preparare il terreno al nuovo presidente. Il primo fra tutti è il Segretario alla Difesa Robert Gates, che rimarrà al suo posto col nuovo governo democratico. Guantanamo dipende dal Pentagono, e Gates ha chiesto ai suoi uomini di preparare un piano per chiudere la prigione aperta dopo l’invasione dell’Afghanistan.

Nel carcere i detenuti sono passati dai circa 800 del 2002 ai circa 250 di oggi: una cinquantina sarebbero addirittura innocenti per gli stessi accusatori americani, ma l’amministrazione non vuole restituirli ai loro paesi d’origine, in cui verrebbero quasi sicuramente messi a morte per accuse di terrorismo che non sono state prese in considerazione dagli Usa.

Da qualche giorno qualcuno ha iniziato a rispondere positivamente agli americani. Per esempio il ministro degli Esteri del Portogallo Luis Amado ha annunciato pubblicamente di essere pronto ad accogliere qualcuno dei terroristi detenuti nella base dell’isola di Cuba. Ieri il Washington Post ha scritto che "oltre al Portogallo anche altri paesi europei sono pronti ad ospitare i detenuti quando Obama chiuderà il carcere".

Il Post cita Karsten Voigt, il coordinatore dei rapporti Usa-Germania nel governo di Berlino, secondo cui "l’amministrazione di George Bush ha creato il problema Guantanamo, adesso Barack Obama tenta di risolverlo, e noi dobbiamo aiutarlo". Secondo la Frankfurter Allgemeine Zeitung il ministro degli Esteri, Frank-Walter Steinmeier avrebbe già impartito disposizioni per accogliere in Germania in particolare i 20 uiguri di origine cinese.

La settimana scorsa Amado ha inviato una lettera ai suoi colleghi ministri degli Esteri europei per dire che "è arrivato il momento per la Ue di fare un passo avanti: dovremmo mandare un chiaro segnale della nostra disponibilità ad aiutare il governo Usa al riguardo, soprattutto in riferimento al riassetto dei detenuti".

Per il momento il governo italiano è molto freddo: l’ambasciata a Washington non è stata coinvolta dal Dipartimento di stato, anche se l’ambasciatore Castellaneta ha immediatamente segnalato alla Farnesina che l’apertura del Portogallo avrebbe aperto un problema anche per Roma. "A noi nessuno ha chiesto nulla, e sappiamo già che il ministro Frattini ha mille perplessità su una vicenda del genere", dice un alto diplomatico che lavora col capo della Farnesina.

Al ministero citano il caso dei terroristi palestinesi ospitati in Italia per chiudere la crisi della Basilica della Natività tra Israele e i palestinesi: "Ne stiamo pagando ancora il peso economico e di attenzione dei nostri servizi di sicurezza, così come per anni abbiamo pagato il prezzo per aver ospitato in Italia il curdo Ocalan".

Frattini nelle discussioni con i suoi collaboratori ha fatto notare che in Italia mancano i tribunali speciali e la legislazione eccezionale che permetterebbe di mantenere in Italia dei presunti terroristi che non sono stati condannati da nessun tribunale riconosciuto da Roma. "Certo, prima o poi gli americani potrebbero chiedercelo", dice un ambasciatore, "ma davvero andarci a cercare una bomba terroristico-giudiziaria del genere è qualcosa che l’Italia non ha nessuna intenzione di fare, non vogliamo un caso Ocalan moltiplicato per dieci".

Iraq: sette agenti uccisi durante evasione di tre militanti islamici

 

Reuters, 26 dicembre 2008

 

Tre capi di un gruppo militante islamico legato ad al Qaeda, detenuti dalle autorità irachene a Ramadi nell’Iraq occidentale, sono fuggiti stanotte da un commissariato durante uno scontro in cui sono rimasti uccisi sette agenti. Lo ha riferito il capo della polizia della provincia di Anbar.

Negli scontri sono rimasti uccisi anche sette guerriglieri. Questa mattina la polizia ha imposto il coprifuoco e ha cominciato una serie di ispezioni in alcune case di Ramadi, ha detto il generale Tareq Yusuf. Yusuf ha spiegato che i prigionieri, che erano detenuti nel commissariato, sono riusciti a sopraffare un poliziotto che era entrato nella loro cella alle 2,00 di stanotte, uccidendolo e rubandogli l’arma. Altri sei agenti, tra cui un tenente colonnello e un capitano, sono stati uccisi negli scontri che sono seguiti, e sei sono rimasti feriti, ha detto il capo della polizia. Anche sette militanti che erano nel commissariato sono stati uccisi.

Tre capi del gruppo sunnita Stato Islamico in Iraq, legato ad al Qaeda, sono invece riusciti a fuggire, ha detto Yusuf. La provincia di Anbar, una zona in gran parte desertica che confina con Siria, Giordania e Arabia Saudita, è stata in passato il centro dell’insurrezione sunnita irachena. Ma alla fine del 2006 i gruppi sunniti hanno deciso di sostenere le truppe Usa contro i ribelli e i guerriglieri di al Qaeda.

Gli Usa hanno trasferito nel settembre scorso al governo iracheno la gestione della sicurezza nella provincia, ma i marine statunitensi sono ancora presenti in zona. Yusuf ha detto che la polizia sta andando casa per casa con le foto degli evasi, ed è certo che i militanti verranno catturati: "La gente di questa città ci aiuterà a riportarli davanti alla giustizia".

Usa: caso Parlanti; supplica a Berlusconi per riaprire processo

 

Apcom, 26 dicembre 2008

 

Una supplica al presidente del consiglio Silvio Berlusconi affinché intervenga in favore di Carlo Parlanti, l’esperto informatico detenuto negli Usa da oltre quattro anni e ritenuto da amici e non solo "una vittima dell’ingiustizia". L’iniziativa è stata presa dall’avvocato Giuseppe Lipera, già difensore di Bruno Contrada. Nel messaggio si legge: "Ci rivolgiamo a Lei quale capo del Governo Italiano, facendo seguito alla missiva già inviata al Ministro degli Esteri Franco Frattini rimasta, purtroppo, senza alcun riscontro, per formulare un ennesimo accorato appello in favore di Carlo Parlanti".

Oggetto della supplica è un uomo che è stato condannato con sentenza definitiva a nove anni di reclusione per i delitti di violenza sessuale e sequestro di persona, che, secondo l’accusa, egli avrebbe perpetrato ai danni della sua ex convivente. Su Parlanti, dopo la denuncia della presunta vittima, non è stata fatta nessuna indagine - si sottolinea - e alla fine lui è stato processato e condannato. "Le dichiarazioni che la signora ha reso prima e durante il processo sono state molteplici, contraddittorie, confuse ed incoerenti, eppure sono bastate al giudice americano per condannare, ingiustamente, il nostro assistito", puntualizza l’avvocato Lipera.

"Il processo condotto nei confronti di Parlanti può senza dubbio di sorta ritenersi un processo-farsa in cui sono state considerate "prove" degli elementi che in un qualsiasi Stato, che possa definirsi democratico, non avrebbero avuto alcun valore probatorio". Insomma "Carlo Parlanti è un innocente, ingiustamente condannato da un meccanismo giudiziario che ha calpestato il principio cardine di ogni sistema giuridico penale: nessun soggetto può essere condannato se non sulla base di prove certe ed inconfutabili".

Adesso però Parlanti ed i suoi familiari sono "sul lastrico e non sono più in grado di sostenere ulteriori spese". In ragione di ciò si chiede al presidente Berlusconi di "attivarsi attraverso i canali diplomatici, per vagliare la possibilità di riaprire il processo". Lipera aggiunge: "Qualora il Governo Italiano, in accoglimento della nostra richiesta, acconsentirà a mettere a disposizione gli opportuni mezzi economici, potremo raggiungere il nostro assistito nel penitenziario californiano ove è detenuto, allo scopo di approntare, in collaborazione con gli avvocati americani che si sono occupati del caso, un ricorso per la revisione del processo dinanzi agli organi di giustizia federali americani".

 

 

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