Rassegna stampa 16 dicembre

 

Giustizia: Vetroni a Fini; 60 giorni per commissione riforme

di Liana Milella

 

La Repubblica, 16 dicembre 2008

 

Un giro d’orizzonte tra le forze politiche per capire fino a che punto è praticabile la proposta di Veltroni sulla giustizia, una commissione che in 60 giorni esplori la possibilità di un’intesa bipartisan. A compiere il sondaggio sarà il presidente della Camera Gianfranco Fini che, a differenza di Berlusconi, crede nell’idea di riformare in modo condiviso la macchina giudiziaria. Lo ha detto una settimana fa e quando gli è stato fatto notare che il Cavaliere aveva respinto anche la sola idea di sedersi al tavolo con il Pd, l’ex presidente di An ha risposto: "Io non cambio idea, soprattutto in 48 ore".

Ieri, a margine della cerimonia a Montecitorio per consegnare un premio a Ingrid Betancourt, Fini è rimasto per mezz’ora a colloquio con Walter Veltroni. Un incontro non previsto nell’agenda dei due leader. Quello del Pd, che aveva visto la Betancourt a Parigi di recente, era andato alla Camera per salutarla e poi si è avvicinato a Fini. I due si sono allontanati chiacchierando. All’uscita Veltroni ha confermato: "Sarebbe saggio accettare la mia proposta invece di riproporre lo scontro".

Una commissione di politici e tecnici che "superi il sistema freddo delle audizioni, in cui chi si occupa di giustizia possa partecipare con le proprie idee, poi Parlamento e governo decidono". Non è la Bicamerale del ‘98, il cui clima vorrebbe far rivivere il presidente del Senato Renato Schifani ("Torniamoci per arrivare a riforme condivise"), ma un modo per aprire un canale tra i due poli.

Ma la proposta, su cui Fini, pur disponibile al giro d’orizzonte, non si pronuncia in anticipo, divide il Pdl. Che si spacca tra chi segue il dettato di Berlusconi ("Non tratto coi comunisti") e chi la valuta positivamente. Si divide la componente aennina: ecco Andrea Ronchi, ministro perle Politiche comunitarie, "favorevole a tutte le opportunità di confronto".

Di contro, Ignazio La Russa, collega della Difesa e reggente di An, vede in un’ipotetica commissione un vulnus al Parlamento ("Sarebbe offensivo per i presidenti delle commissioni Giustizia di Camera e Senato che si vedrebbero sottrarre la potestà di esaminare e cambiare le proposte per l’aula in tema di giustizia").

La Russa minimizza l’incontro tra Fini e Veltroni ("Il presidente della Camera ha il diritto e il dovere di ricevere chi glielo chiede, ma alla fine la dichiarazione era unilaterale"). La Russa sta coi berluscones, con il Guardasigilli Ange-lino Alfano ("Chiedere una commissione qualche volta è un modo per dire no") e con Fabrizio Cicchitto ("Sarebbe uno stravolgimento della normalità istituzionale").

Fa un semi-retromarcia Niccolò Ghedini, il consigliere giuridico del premier. Se domenica definiva la commissione un "segnale importante", ieri il confronto si restringeva alle sole riforme costituzionali. Sul resto, il ddl sul processo penale che il governo annuncia da mesi, per l’avvocato del Cavaliere è possibile solo un esame "preliminare" tra Guardasigilli e opposizione. Toccherà poi ad Alfano, a gennaio, presentare un testo base, "su cui raccogliere i contributi dell’opposizione" per "chiudere a febbraio". Tempi lunghi perché Ghedini pensa pure a un comitato ristretto della commissione Giustizia "che ascolti magistrati e avvocati".

Alfano parte con il confronto già oggi. Vede la Lega, che gli porterà un contributo alla riforma (carriere, Csm, netta distinzione pm-polizia, giudici onorari elettivi). Domani tocca al Pd, con una battuta al ministro ombra della Giustizia Lanfranco Tenaglia ("Meglio quando ti sarai ripreso dalla botta in Abruzzo"), e all’Udc.

Il leader Udc Pier Ferdinando Casini si augura che il Pd "collabori", visto che "il pianeta giustizia non è più credibile ed è in atto una guerra tra bande che va assolutamente fermata". È da capire se la riforma del codice di procedura e le riforme costituzionali possano sanare contrasti intestini tra due procure.

Giustizia: pdl su intercettazioni e segreto tra clienti e avvocati

di Mauro W. Giannini

 

www.osservatoriosullalegalita.org, 16 dicembre 2008

 

È stato presentato la scorsa settimana in modo bipartisan un progetto di legge finalizzato a "Modifiche all’articolo 103 del codice di procedura penale e introduzione dell’articolo 35-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, in materia di garanzie di libertà del difensore". Scopo del pdl è garantire che non possano essere intercettate le conversazioni fra il detenuto e il suo difensore, avvocato o procuratore che sia.

I firmatari appartengono a tutti gli schieramenti politici e sono Rita Bernardini (Radicali-Pd), Bruno Cesario, Mario Cavallaro, Francesco Tempestini, Pietro Tidei, Massimo Vannucci (Pd), Lucio Barani, Roberto Cassinelli, Enrico Costa, Sabrina De Camillis, Giancarlo Lehner, Enzo Raisi, Giorgio Stracquadiano, Salvatore Torrisi (Pdl), Matteo Brigandì (Lega), Elio Vittorio Belcastro, Francesco Nucara (Misto). Al senato la proposta è stata invece presentata dal Presidente della Commissione Giustizia, sen. Filippo Berselli (Pdl).

La presentazione del progetto di legge è stata preceduta dalla denuncia, da parte della radicale Rita Bernardini, della posizione manifestata dal segretario nazionale dell’Anm, Cascini, durante l’audizione del 10 dicembre dell’associazione magistrati sul pdl governativo sulle intercettazioni. Secondo Bernardini, "Per il segretario dell’Anm, Giuseppe Cascini, audito oggi in commissione Giustizia, non è evitabile che si intercettino le telefonate fra avvocati e assistiti" e "Nessuna modifica deve essere approvata secondo Cascini per rendere cogente l’art. 103 del c.c.p. che viene costantemente violato nonostante che al V comma disponga che ‘non è consentita l’intercettazione relativa a conversazioni o comunicazioni dei difensori, consulenti tecnici e loro ausiliari, né a quelle fra i medesimi e le persone da loro assistiti".

La violazione del segreto cliente-difensore era stata denunciata dall’Unione Camere Penali, il cui vicepresidente, Renato Borzone, ha così commentato la vicenda: "viene da chiedersi: è questa la cultura della giurisdizione dei pubblici ministeri cui si riferisce Anm per opporsi alle riforme della giustizia? È questa logica da stato etico che muove alcuni settori della magistratura italiana? E quando si definiscono numerose garanzie del processo come "vuoti formalismi" da parte di Anm, ci si riferisce alla necessità di confermare questa cultura del fine che giustifica i mezzi, indifferenti persino al più sacro principio delle democrazie, la impossibilità di ascoltare i colloqui tra avvocati e loro assistiti?".

L’Ucpi si appella quindi alla politica per l’approvazione della proposta di riforma dell’art 103 cpp depositata in parlamento da senatori e deputati di tutti gli schieramenti politici, "modifica legislativa - conclude Borzone - che impedirebbe questa illiberale violazione appartenente alla prassi quotidiana della giustizia italiana".

Giustizia: Napoli; lavori solo sulla carta, si addensa la bufera

di Mariano Maugeri

 

Il Sole 24 Ore, 16 dicembre 2008

 

Voci di un’ondata imminente di arresti sulla vicenda del Global Service affidato all’imprenditore Romeo. La sindaca Iervolino non si schioda. Non è servito a nulla il lunghissimo consiglio comunale di ieri: finalmente tutti presenti e finalmente tutti compenetrati nel ruolo.

Il suicidio di Giorgio Nugnes, che in quell’aula era di casa da 15 anni, e la fuga, di questo si tratta, dell’ex assessore alla Pianificazione strategica, Enrico Cardillo, obbliga a un profilo istituzionale alto e a comportamenti politici conseguenti. L’opposizione di centro-destra (21 consiglieri su 60), priva di un leader riconosciuto, non possiede i numeri per presentare una mozione di sfiduciaci 2/5 del consiglio). Di defezioni della maggioranza non si parla. L’opposizione è troppo fragile per mobilitare le coscienze dei consiglieri del Pd, attorcigliati attorno agli interessi dei partiti. La Iervolino, bontà sua, si presenta in aula con un documento di 18 pagine intitolato "Verifica attuazione dei programmi".

Il succo politico è disarmante: le riforme attese da decenni sono tutte "in dirittura d’arrivo", mentre per le opere che si procrastinano da altrettanti anni - strutture sportive, servizi di inclusione sociale, scolarizzazione dei bimbi rom, provvedimenti per contrastare la dispersione scolastica eccetera - si dovrà aspettare "almeno sei mesi". Slitta tutto, come sempre. Qualche lampo di verità è arrivato dagli stessi consiglieri di maggioranza. Uno di loro, Francesco Nicodemo, ha riportato in aula lo sgomento ricavato da un incontro pubblico con un gruppo di ginnasiali del liceo classico Genovesi, uno tra i più blasonati della città: "Perché voi politici, che siete camorristi, non ci risparmiate i sermoni sulla lotta alla criminalità?".

Uno spaccato del clima che si respira in città. Ma i vertici politici sembrano incapaci di ricavarne insegnamenti utili. Compresi quelli di piccola e ba-nale legalità quotidiana. La bouvette antistante la sala del consiglio è una delle poche zone franche del divieto di fumo rispettato in tutta Italia. Tutti fumano tranquilli, mentre i presenti, tra i quali i vigili urbani, il vicesindaco Tino Santangelo, il direttore generale del Comune, Luigi Massa, e persino l’assessore alla Legalità ed ex ministro alla Giustizia del Governo Prodi, Luigi Scotti, sembrano indifferenti. Noi avviciniamo l’assessore Scotti e gli chiediamo se tutto questo è normale e legale. Lui risponde di no. E aggiunge: "Ormai anche il concetto di legalità è accompagnato dall’aggettivo sostenibile".

Quisquilie alla luce del terremoto che si avvicina. Le voci di un’ondata imminente di arresti sulla vicenda del global service cucito su misura di Alfredo Romeo si intensificano ogni ora che passa. I destinatari sarebbero quattro o cinque esponenti di rango del Palazzo e dell’imprenditoria. La famosa delibera del marzo 2006, ultima seduta del consiglio prima delle elezioni, parla chiaro. È proprio il sindaco che si sbilancia a favore del global service inserito surrettiziamente da Nugnes nella discussione, benché non previsto nell’ordine del giorno. Dice la Iervolino: "Qualcuno ha minacciato il voto per appello nominale. Benissimo, abbiamo tutto da guadagnare, così sapremo chi veramente vuole che le strade di Napoli siano mantenute e chi non lo vuole".

Parole alle quali vanno aggiunte quelle della Prefettura sul ruolo di Giorgio Nugnes a Pianura. Dodici milioni di appalti per opere pubbliche dirottati nel quartiere satellite interamente abusivo finivano sistematicamente nella mani di imprese che non rispettavano la sicurezza degli operai e neppure i contratti di lavoro. A ogni controllo, i carabinieri dovevano fare i conti con Nugnes o un suo emissario che si precipitavano sul luogo delle ispezioni: "È brava gente, lasciatela lavorare". Pure questo, un altro capitolo della legalità (in)sostenibile.

Giustizia: Osapp; per Natale i detenuti oltre "quota" 59.000

 

Apcom, 16 dicembre 2008

 

Il segretario generale dell’Osapp, organizzazione sindacale autonoma della polizia penitenziaria, Leo Beneduci, rilancia l’allarme sulla situazione in cui versano le carceri, per la gestione dei detenuti in regime di 41-bis, e per il sovraffollamento dei detenuti che dopo Natale supererà di gran lunga le 59 mila unità. "Probabilmente - spiega Beneduci - le paludi del dibattito politico bloccheranno, di fatto, l’attività che tanto faticosamente siamo costretti a svolgere ogni giorno, e renderanno più ardua la gestione dei soggetti mafiosi".

"Gli istituti - continua Beneduci - sono in uno stato pietoso, anche quelli di recente costruzione, e paradossalmente c’è rischio di sovraffollamento anche nelle sezioni di massima sicurezza dove i detenuti devono rimanere isolati, e dove gli istituti fanno fatica ad organizzarsi".

"Intanto il Capo del Dipartimento Ionta è alle prese con l’albero di Natale, e il ministro Alfano si diletta a scrivere i bigliettini di auguri, ma rimane che il panettone andrà giù amaro per 44 mila famiglie italiane quest’anno, ma non per le loro: in 6 mesi hanno dato prova di essere praticamente inaffidabili - taglia corto il segretario generale - hanno fatto gaffe su gaffe, hanno promesso interventi ogni mese,hanno preso schiaffi dai loro stessi alleati e continuano ancora a promettere che le carceri ci saranno". "La riprova - conclude l’Osapp - è che non c’è sia mai stato un serio piano d’investimento, e soprattutto non ci sia volontà mostrata di rivalutare la categoria che difendiamo, anche per l’ennesimo pacchetto di riforme promesse e rinviate".

Giustizia: Melchiorre Contena; 30 anni in cella, da innocente

di Elvira Serra

 

Corriere della Sera, 16 dicembre 2008

 

"Sono venuti a prendermi a casa: il 25 maggio 1977. Mi hanno lasciato guidare la mia macchina, una Simca 1000 verde. Un’auto dei carabinieri stava davanti, una dietro. Ho pensato: è un errore. Invece sono entrato in carcere a Terni, poi a Orvieto e a San Gimignano. Il processo è cominciato il 2 dicembre 1978 e si è concluso il 2 marzo dell’anno dopo con l’assoluzione per insufficienza di prove. Sono uscito". Ancora non sapeva, Melchiorre Contena, che avrebbe scontato 30 anni. È un signore sardo di 69 anni mite e malinconico.

Nel soggiorno di casa ad Acquapendente, nel Viterbese, parla lentamente, appoggiato a un bastone: un anno e mezzo fa un ictus gli ha bloccato l’area destra del corpo. Dice: "Ero innocente, prima o poi se ne sarebbero accorti".

Se ne sono accorti adesso, a fine pena per il sequestro e l’omicidio di Marzio Ostini, l’imprenditore milanese prelevato da tre banditi dalla villa di San Casciano Bagni il 31 gennaio 1977 e mai più restituito ai familiari. La Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila, che si è occupata della revisione del processo, ha assolto Contena da ogni accusa "per non aver commesso il fatto".

"Ormai non è più importante, niente potrà restituirmi il tempo passato in cella", spiega. Da Terni a Orvieto, da San Gimignano all’Asinara, da Sulmona a Pitigliano e ritorno. "Devo a Nicolò Amato l’aver potuto passare gli ultimi anni a Viterbo, vicino a casa: in visita a Sulmona chiese a molti di noi come potesse aiutarci. Gli scrissi chiedendo il riavvicinamento e lo ottenni".

Una credenza e un tavolo, navi di legno sulla dispensa e quadri di spugna costruiti nei mesi infiniti di detenzione. Seduta accanto a lui c’è Miracolosa Goddi, la moglie, determinatissima e forte, cuore di Orune, che è pura Barbagia, tempra e coraggio fatti in casa in Sardegna. Interviene ogni volta che il marito incespica e conclude per lui le frasi che ormai conosce a memoria. Melchiorre riprende: "Vendicarmi? L’ho pensato. Ma è stato un attimo. Con chi, poi? Con quello che mi aveva accusato del falso? Con i carabinieri di Montefiascone che gli avevano fatto firmare la deposizione senza un difensore? Ho subito abbandonato il pensiero, non sarebbe servito a niente ".

Contena resta libero dal ‘79 all’83. Anche la Corte d’Assise d’Appello di Firenze conferma l’assoluzione. Interviene la Cassazione. Nel 1983 la Corte d’Assise d’Appello di Bologna ribalta la sentenza e lo condanna sulla base delle accuse di Andrea Curreli, servo pastore con una sfilza di precedenti penali per falso e calunnia, che sarà poi assassinato.

"No, non sono stato felice per la sua morte. Con lui svanivano le possibilità di dimostrare la mia innocenza", racconta Contena. Fuori, c’era Miracolosa: a occuparsi dei tre figli Lina, Michele e Giovanna; degli avvocati; del mutuo della casa e del podere nelle campagne senesi. Dentro, giornate interminabili. "La domenica andavo a messa, ma ormai non pregavo più. Piangevo, da solo. Non socializzavo con gli altri, cosa avevamo in comune? Allora mi facevo spedire il legno per costruire i modellini, quante navi ho costruito... Una caravella l’hanno messa davvero in mare a Genova per l’anniversario della morte di Cristoforo Colombo".

Lo spostano spesso, negli istituti di pena di mezza Italia. "L’Asinara è stato il più duro, perché era difficile per i miei figli venirmi a trovare. Durante quell’anno non li ho mai visti, mia moglie veniva da sola, ogni due mesi". A Pitigliano gli concedono la semilibertà: "Di giorno andavo al podere e la sera rientravo". A Viterbo la libertà vigilata con la firma. "Quasi la normalità, ma sempre l’onta sul mio nome. Al matrimonio di mia figlia non ero un uomo libero". Cinque anni di detenzione saltano per buona condotta. Contena esce dal carcere nel 2005, per fine pena. "Ma è soltanto ora che mi sento risarcito moralmente. Questo sarà il primo Natale che festeggio in famiglia senza l’infamia sulle mie spalle. Che cosa desidero? Rimettermi, poter di nuovo camminare come prima, recuperare l’uso del braccio. I viaggi? Magari un giorno riuscirò ad andare a Parigi con mia moglie: l’ho anche costruita, la Torre Eiffel".

Non ci sarebbe stata nessuna revisione del processo se l’avvocato Pasquale Bartolo del foro di Roma non avesse preso a cuore la storia di Melchiorre e Miracolosa. Ora il legale ammette: "La sentenza di condanna è stata viziata da un pregiudizio regionale: Contena era sardo e i sequestri li facevano i sardi. Sono già stato contattato da due persone coinvolte nello stesso processo che ne chiedono la revisione. Quanto al mio assistito, abbiamo due anni di tempo per l’istanza di risarcimento danni. Adesso era più importante ristabilire il suo onore".

Giustizia: garanti dei detenuti, domani esperienze a confronto

 

Il Resto del Carlino, 16 dicembre 2008

 

"Il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale" è il tema dell’incontro organizzato e coordinato da Federica Berti, da alcuni mesi Garante per il Comune e la Provincia di Ferrara, in programma domani a partire dalle 9 nella sala dell’Arengo della residenza comunale. L’iniziativa avrà in particolare lo scopo di chiarire le attività inerenti la figura del garante, ancora poco conosciute a livello locale. Attraverso un vero e proprio confronto di esperienze offrirà inoltre approfondimenti a chi, enti, istituzioni, associazioni o singole persone, possa avere punti di contatto con le attività legate alla nuova funzione.

All’incontro interverranno il presidente del Consiglio Comunale di Ferrara Romeo Savini, l’assessore alla Sanità Politiche socio-sanitarie e per l’integrazione Maria Giovanna Cuccuru, il Difensore Civico della Regione Emilia Romagna Daniele Lugli, i Garanti dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Bologna Bruno Desi e della Provincia di Milano Giorgio Bertazzini, il Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze Franco Corleone e l’assessore alla Formazione professionale Politiche e servizi per il lavoro della Provincia di Ferrara Paola Ricci. Per qualsiasi ulteriore informazione sull’incontro: tel. 0532.419709 oppure 419704, garantedetenuti@comune.fe.it.

Lettere: Starnini (Simspe); a proposito dei medici penitenziari

 

Lettera alla Redazione, 16 dicembre 2008

 

Spett. le redazione, scrivo in merito a quanto riportato dalla collega Ilaria Bologna sui "medici carcerari". Inizio proprio dalla definizione che La stessa si attribuisce che rileva quanto poco abbia compreso della propria professione in quell’anno di lavoro alle Molinette. Nessun medico che abbia, anche per poco, avuto a cuore la propria "mission" in un istituto penitenziario si definirebbe così.

Mi ricorda il primo giorno di lavoro nel lontano 1984 quando ad un anziano collega che mi diceva che nel carcere non era possibile fare il medico, risposi che la medicina è là dove esiste un medico. Quel collega e anche la dott.ssa Bologna se ne sono andati. Tanti altri, compreso il sottoscritto sono rimasti. La violenza, i soprusi, sono presenti nelle nostre carceri? Aspettavamo tutti la dott.ssa che ce ne desse conferma. Quello che non ci dice, dal suo Aventino, oltre ad attribuire etichette come possiamo e dobbiamo continuare a contrastare gli abusi.

Personalmente, e come me molti altri colleghi, non hanno dimenticato di essere pubblici ufficiali e di avere l’obbligo del referto in presenza di lesioni ricollegabili a ipotesi di reato. Il medico che fa il suo dovere non deve temere ritorsioni o licenziamenti a meno che non pensi, in un delirio di persecuzione, che tutto il personale dei penitenziari, Giudici, Direttore, Educatori, Polizia Penitenziaria, sia corrotto o perverso.

Esistono buoni agenti e cattivi agenti, buoni medici e cattivi medici. Tanti sono i poveri cristi finiti in galera dopo un "percorso formativo" iniziato magari con soprusi in famiglia. Ma c’è anche il manipolatore, il provocatore, l’aggressivo, il camorrista, il mafioso. Per favore non generalizziamo.

Conosco personalmente il Direttore sanitario dell’Opg di Montelupo Fiorentino, valido psichiatra che si è sempre battuto per i diritti dei detenuti. Non conosco ugualmente quanto abbia scritto e fatto la collega Ilaria Bologna per le persone detenute che per contratto, ma ancor prima per deontologia ed etica, era stata chiamata ad assistere.

 

Giulio Starnini, Direttore U.O. Medicina Protetta - Malattie Infettive

Ospedale Belcolle di Viterbo

Past-President Simspe

Firenze: Opg; Enti locali chiedono tavolo di confronto col Dap

di Alberto Andreotti

 

La Nazione, 16 dicembre 2008

 

È durato oltre due ore il sopralluogo all’Ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo da parte dell’Asl 11 e del Comune. La delegazione era guidata dal direttore generale dell’Asl Eugenio Porfido, dal direttore sanitario Enrico Roccato, dal responsabile sanitario della struttura Franco Scarpa, dal sindaco di Montelupo Rossana Mori, dall’assessore ai servizi sociali Giacomo Tizzanini, dal consigliere regionale Vittorio Bugli.

"La situazione che abbiamo trovato è quella che conoscevamo - dice il direttore Eugenio Porfido - Quello che voglio qui ribadire è che il sovraffollamento rende difficile l’intervento sanitario. Quindi c’è da ripensare tutta la logistica della struttura, all’interno della quale, secondo le indicazioni del decreto della Presidenza del consiglio, acquistano maggiore importanza proprio le funzioni sanitarie, le terapie ed il reinserimento dei pazienti - detenuti".

Il tutto all’interno di una struttura storica sulla quale non è né semplice né economico intervenire. Il sindaco Rossana Mori da tempo chiede che l’Opg sia trasferito e che l’Ambrogiana sia restituita alla città: "Questo sarà un processo ancora più lungo. Intanto dobbiamo lavorare sull’esistente senza sprecare forze e risorse, per questo da anni manteniamo viva l’attenzione sull’Opg. Il ridimensionamento degli utenti appare indispensabile se si vuole dare attuazione al decreto ed alla volontà della Regione e dell’Asl".

"Una speranza - aggiunge Giacomo Tizzanini - viene dal progetto di regionalizzazione degli Opg: ogni regione, nel tempo, dovrà averne uno, quindi solo la Toscana, in futuro, sfrutterà questa struttura. Non conosciamo i numeri, ma è verosimile pensare ad una riduzione netta degli utenti. Il sottosegretari alla Sanità Fazio non più tardi di giovedì ci ha confermato la volontà di procedere in questa direzione". "Abbiamo in mano uno strumento legislativo forte - conclude Porfido - condiviso dalla Regione e da tutti noi. procediamo in un’unica direzione".

Intanto torna sulle vicende dell’Opg la senatrice del Partito Radicale - Pd Donatella Poretti, che ha rivolto una nuova interrogazione, analoga a quella all’indomani della denuncia del Garante dei diritti dei detenuti Corleone: "Mi auguro - afferma Poretti - che dal caso di Montelupo si abbia la forza per intervenire sulla questione degli Opg, che nonostante il nome rassicurante di ospedali, sono in realtà carceri, dipendono dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, hanno agenti regole come gli istituti penitenziari, in contraddizione con la salute delle persone internate che, proprio perché ritenute incapaci di intendere, sono fuoriuscite dal sistema giudiziario e dopo esser state ritenute non imputabili, con una perizia che ne attestasse anche la pericolosità sociale, sono state internate". La senatrice allega un telegramma da lei ricevuto e inviato dall’Opg di Montelupo: "Caldaia scoppiata, mancano acqua calda e riscaldamento da 9 giorni; no cambio lenzuola da 17 giorni; chiedi stufette Protezione civile; guasti continui, chiedi inagibilità al Provveditorato; stiamo congelando".

Perugia: detenuto morì al centro clinico, carcere sotto accusa

di Erika Pontini

 

La Nazione, 16 dicembre 2008

 

Un detenuto morto per le complicazioni post-operatorie di una emorroidectomia; un altro salvato in extremis dopo il ricovero all’ospedale Santa Maria della Misericordia: la pagina nera del centro clinico dell’ex carcere di piazza Partigiani è tutta in un dossier con cui il pm Dario Razzi chiede il rinvio a giudizio di sette persone. Si tratta del chirurgo che operò in regime di convenzione, il direttore sanitario della struttura e i medici in servizio al reparto. Altre imputazioni - connesse ad avviso del magistrato con il troncone principale d’inchiesta - sono addebitate all’ex direttore del carcere. L’appuntamento è per domani con il gup, Nicla Restivo che dovrà dire se sussistono gli elementi per disporre un approfondimento dibattimentale della vicenda.

Ma per capire cosa accadde occorre tornare al 2005. Al primo intervento incriminato, per arrivare al sequestro probatorio dell’intera struttura medica carceraria e all’invio degli avvisi di garanzia.

La vittima è Walid Jendoubi. È tunisino, ha 31 anni, viene sottoposto ad un banale intervento di emorroidi. Due giorni dopo muore di emorragia senza che i medici dell’allora Silvestrini possano fare nulla. "L’intervento chirurgico praticato era indicato e la tecnica impiegata corretta - scrivono i consulenti del pm, Tristaino e Gabrielli - però la non perfetta apposizione dei punti metallici di sutura nel corso dell’intervento determinò il lento sanguinamento mortale...".

Concausa del decesso la "mancanza di una qualsiasi assistenza post-operatoria". Per questo il magistrato accusa di omicidio colposo il chirurgo, Paolo Giannettakis ma anche il direttore sanitario Riccardo Pegiati e i medici Sergio Mari, Nino Sanzari e Maria Teresa Granata tutti in servizio nell’arco dei due giorni prima della morte. I medici del centro (avvocati Cinzia Corbelli e Paolo Momaroni) si sono difesi sostenendo di aver vigilato sul paziente: Sanzari spiegando che Jendoubi aveva trascorso una notte tranquilla, Granata di aver avuto sotto controllo il paziente per appena due ore.

Secondo il Pm c’è un altro profilo di responsabilità per Giannettakis (assistito dall’avvocato Gianni Levati) e Pegiati (avvocato Nerio Zuccaccia): "...quel centro clinico non aveva i requisiti per essere aperto e tantomeno per ospitare interventi chirurgici" e quindi avrebbero dovuto rifiutarsi di operare. Dicono gli altri consulenti tecnici della procura, Vetrugno e Civello che avevano compiuto un sopralluogo nel centro clinico (di lì il sequestro): "preso atto della inadeguatezza perlomeno strutturale della sala operatoria, se l’intervento chirurgico non fosse stato eseguito quel giorno e in quella struttura le conseguenze letali sarebbero state verosimilmente evitate".

E questo è un altro capitolo. Il pm sostiene che in seguito ad un precedente intervento del febbraio 2006, quando un detenuto fu sottoposto a colecistectomia e salvato in extremis, la direzione avrebbero dovuto prendere provvedimenti. Di lì la contestazione di abuso d’ufficio allo stesso Pegiati e alla direttrice, Dina Di Mario che propose al Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria la revoca della convenzione con Giannettakis. Di Mario, in particolare deve rispondere solo di non aver preventivamente comunicato al chirurgo l’avvio del procedimento amministrativo.

Difesa dall’avvocato Nicola Di Mario la direttrice ha prodotto la lettera del 14 marzo 2006, consegnata a Giannettakis, nella quale proponeva la revoca della convenzione. Circostanza provata - secondo la memoria difensiva - dalla richiesta di rilascio copie per accedere al procedimento amministrativo effettuata il giorno successivo dallo stesso chirurgo con dicitura "...nota della Direzione...". Ma c’è di più. Dopo i fattacci del Centro Di Mario - su sollecitazione del Dap - fece richiesta a Pegiati di segnalare quale Ufficio pubblico era competente per verificare "le condizioni igienico-sanitari, nonché lo stato dei locali, secondo i requisiti previsti dalle normative vigenti, del reparto operatorio".

Il direttore sanitario le rispose segnalando di aver già interessato il dottor Giorgio Miscetti, responsabile della Unità operativa complessa prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro. Tanto è che Miscetti eseguì un sopralluogo stabilendo che "tenuto conto del limitato regime di attività chirurgica del centro clinico, la struttura presenta i requisiti essenziali per lo svolgimento delle attività previste". Per il pm è falso ideologico commesso da Miscetti - assistito dagli avvocati Gianmarco Gorietti e Maria Mezzasoma - in concorso con Pegiati e Di Mario. Perché quella certificazione è "falsa" e i direttori avrebbero dovuto contattare il responsabile dell’unità operativa complessa igiene e sanità pubblica.

Di Mario ha spiegato che l’unico competente in materia, anche per quanto riguarda la "distribuzione per aree operative" stabilita dal Dap, era proprio Pegiati al quale si rivolse. Mentre per il pm si accordarono per favorire la ripresa dell’attività al centro clinico - all’epoca sospesa in via amministrativa - e addebitare così solo a Giannettakis la responsabilità per la morte del detenuto. L’ultima spina nel fianco di Pegiati è l’accusa di aver disposto lo smaltimento dei farmaci scaduti rinvenuti all’interno del Centro e sigillati per ordine del Dipartimento che stava effettuando una verifica amministrativa.

Porto Azzurro: un polo culturale nella "cittadella carceraria"

di Luigi Cignoni

 

Il Tirreno, 16 dicembre 2008

 

Un polo culturale all’interno della cittadella carceraria di Porto Azzurro. Tutto dentro i sotterranei dell’ex fortezza spagnola di Portolongone. Comune di Porto Azzurro e direzione del carcere di San Giacomo sono in perfetta sintonia: unanimi nell’individuare un soggetto privato per il recupero di parte del forte di San Giacomo. Archiviata la richiesta che era stata formalizzata alla Fondazione del Monte dei Paschi di Siena con cui si richiedeva la partecipazione a finanziare (costo di oltre cento mila euro), ora, si guarda avanti.

Un progetto che si archivia, quello legato alla Fondazione Monte dei Paschi di Siena con cui si richiedeva la partecipazione a finanziare (costo di oltre centomila euro) un progetto per il ripristino della cinta muraria del seicentesco forte spagnolo e poi respinta dal più importante istituto di credito che da anni opera all’Elba, ente pubblico e provveditorato regionale, Comune e amministrazione carceraria serrano le file. Ben chiaro l’obiettivo la realizzazione di un polo culturale all’interna della cittadella carceraria. Una sala espositiva permanente, un museo del mare, e poi la possibilità di poter effettuare proiezioni cinematografiche. Il tutto recuperando ambienti architettonici abbandonati ma di indubbio valore e valenza storica.

"Rimane fisso l’intento di realizzare - dice Carlo Mazzerbo, direttore della casa di reclusione di Porto Azzurro - nei sotterranei del forte un sito dedicato a accogliere mostre; lì si è pensato, insieme con gli amministratori di Porto Azzurro, a concretizzare il museo del Polluce, la nave che colò a picco, la notte del 17 giugno 1841, a poche miglia a largo di punta Calamita e che trasportava, per l’epoca, un eccezionale tesoro costituito da monete, oggetti preziosi, monili d’oro e quant’altro". Non solo, quindi, una sede stabile del "Tesoro del Polluce", ma le segrete del Forte potrebbero presto diventare anche un luogo in cui organizzare delle mostre pittoriche, conferenze o ancora presentazione di libri.

Tutto questo in pieno rispetto dell’intesa che è stata siglata tra Palazzo municipale e Amministrazione penitenziaria nel documento programmatico, della primavera scorso. "Non solo creare un polo culturale nel nostro paese - riconosce lo stesso sindaco di Porto Azzurro, Maurizio papi - ma anche offrire l’occasione per promuovere, favorire e sviluppare i processi d’integrazione sociale di detenuti che è il motivo per cui la Direzione regionale delle carceri ci ha autorizzato nell’intervenire in ambienti che si trovano all’interno del penitenziario di San Giacomo". E intanto ieri c’è stato un incontro tra il direttore Mazzerbo e il vicesindaco di Porto Azzurro, Angelo Banfi.

"Abbiamo parlato di obiettivi a breve - medio termine - dice Angelo Banfi - Stiamo lavorando per buttar giù un programma di massima che riguarda una serie di eventi di carattere culturale che potranno essere realizzati sui bastioni o sui contrafforti spagnoli nella prossima stagione estiva". Quindi mostre di artisti contemporanei e anche esposizioni di lavori di pittori locali, ma anche una serie di dibattiti con registi cinematografici, scenografi, sceneggiatori, "Perché no - aggiunge ancora il vicesindaco di Porto Azzurro - si potrebbe pensare a una serie di proiezioni cinematografiche a tema".

Sono passi che depongono a favore di una tesi neppure tanto nascosta che è quella di "rendere fruibile" un bene architettonico (quali sono le mura perimetrali e i bastioni del forte) al pubblico. "È chiaro - sottolinea Maurizio Papi - che con il dare la stura a iniziative del genere si cerca di dimostrare la validità del piano che abbiamo elaborato insieme con il direttore del carcere, ma anche allo stesso tempo di attirare l’interesse del privato che si riconosca in sintonia con i nostri obiettivi e che ha voglia e interesse a investire nel progetto".

Il forte non sarebbe più lasciato a se stesso e in lento ma irreversibile declino architettonico, ma si trasformerebbe in risorsa per il comune, ma anche per l’Elba. Evento culturale di sicuro richiamo, ma anche offerta di lavoro. "Noi - conclude Mazzerbo - pensiamo a creare occasioni di lavoro per il recupero sociale ai detenuti. E questo progetto risponde al caso nostro".

Sulmona: sindacati di polizia chiedono incontro urgente a Prap

 

Il Tempo, 16 dicembre 2008

 

Un sit in natalizio per risolvere la questione del personale all’interno del carcere di Sulmona. Questo l’annuncio che Cgil, Cisl, Uil, Sappe e Osapp di Polizia Penitenziaria rivolgono in una lettera al provveditore regionale Abruzzo-Molise, Salvatore Acerra, mentre all’interno della Casa di Reclusione è ancora in atto lo stato di agitazione proclamato già dal 4 dicembre scorso.

"I gravi problemi che affliggono i lavoratori del penitenziario sulmonese - hanno precisato i sindacati - hanno bisogno di interventi concreti e risolutivi e non di provvedimenti ad effetto che non apportano alcun miglioramento strutturale. Sono anni che assistiamo ad una girandola di promesse: incremento di personale, razionalizzazione dei circuiti detentivi, potenziamento dell’arca trattamentale, tutte promesse non mantenute, anzi abbiamo assistito ad un sostanziale peggioramento delle condizione di lavoro, basti pensare alla partenza del personale del gruppo operativo mobile e al conseguente aggravio di lavoro per il personale del quadro permanente". Le segreterie sindacali chiedono a gran voce la convocazione di un incontro urgente in mancanza del quale manifesteranno il 22 dicembre.

Milano: albero di Natale di carta igienica davanti a San Vittore

 

Redattore Sociale - Dire, 16 dicembre 2008

 

L’iniziativa promossa dal Garante dei detenuti della provincia di Milano per denunciare le gravi carenze delle strutture carcerarie: "Una situazione destinata a peggiorare, 133 milioni in meno per il Dap nella finanziaria 2009".

Un albero di Natale realizzato con di carta igienica da allestire davanti a San Vittore per denunciare le gravi carenze delle strutture carcerarie. Innanzitutto problemi di spazio: 58mila detenuti per 37mila effettivi posti regolamentari; inoltre solo il 16,5% delle 28.800 celle italiane rispettano i parametri di legge. "Sono dati che si stanno consolidando e sono destinati a peggiorare - commenta Giorgio Bertazzini, garante dei detenuti della Provincia di Milano -. La Finanziaria 2009 ha previsto 133 milioni di euro al Dipartimento amministrazione penitenziaria".

Simbolo delle drammatiche condizioni in cui si vive nelle carceri italiane è la carta igienica, la cui carenza era stata denunciata proprio da Bertazzini nelle scorse settimane. "Non esiste dignità se mancano i beni che soddisfano le necessità più basilari -commenta il Garante- se i materassi non vengono sostituiti e se anche il cibo inizia a scarseggiare". Appuntamento martedì 23 dicembre alle ore 11 davanti al carcere di San Vittore (Piazza Filangeri, 2). Al termine della manifestazione l’albero verrà smontato e i pacchi di carta igienica consegnati ai detenuti.

Milano: il calcio solidale a San Vittore, con l’Inter delle donne

 

Redattore Sociale - Dire, 16 dicembre 2008

 

Organizzato nel carcere milanese un quadrangolare con tre squadre di detenuti e l’Inter femminile. Per le nerazzurre, trascinate da Regina Baresi, un pareggio, una vittoria e una sconfitta.

Nonostante la pioggia battente il previsto torneo di calcetto si è disputato lo stesso, stamane a San Vittore. C’era un’ospite speciale, niente meno che l’Inter. Ma quella femminile, che milita in serie C con buone chance di promozione. A confrontarsi con le ragazze guidate da una scatenata Regina Baresi, la figlia di Elena e Beppe (era presente anche la mamma), ben tre formazioni.

Contro le nerazzurre ha giocato una squadra di detenuti comuni, battuta nettamente per 4-0. Dalla sfida contro i detenuti del reparto "La Nave" impegnati nell’opera di affrancamento dalle droghe, invece, è venuto fuori un pareggio per 2-2. Infine le fanciulle hanno trovato un ostacolo durissimo nei detenuti che frequentano la scuola media Cavalieri, nel tentativo di raggiungere un titolo di studio utile al reinserimento nella società: un match accanito perso dalle interiste sia pure di misura per 2-1.

Organizzato dall’ex arbitro Cosimo Bolognino e dalla dottoressa Rossana Giove e con la divertita partecipazione della direttrice di San Vittore, la dottoressa Gloria Manzelli e del dottor Luigi Davide Clerici, responsabile del Servizio sociale Asl Milano, il quadrangolare ha riservato oltre ai gol pure i classici imprevisti di queste giornate ludiche.

Per problemi di lavoro il portiere dell’Inter non ce l’ha fatta a raggiungere le compagne e così in porta è finita Simona Tosini, che di solito gioca davanti. Se l’è cavata prendendo solo quattro reti. Un ricco buffet ha chiuso la preziosa esperienza fatta dalle ragazze nerazzurre.

Pescara: tangenti per gestione dei cimiteri; sindaco agli arresti

 

La Repubblica, 16 dicembre 2008

 

Il sindaco di Pescara Luciano D’Alfonso, che è anche segretario regionale del Pd, è stato arrestato questa sera dalla polizia giudiziaria su ordine della procura della repubblica di Pescara con l’accusa di concussione. D’Alfonso è agli arresti domiciliari. Assieme all’esponente del Pd sono state arrestate altre due persone: l’imprenditore dei servizi cimiteriali di Pescara, l’imprenditore Massimo De Cesaris, e l’ex braccio destro del sindaco Guido Dezio, dirigente dell’ufficio appalti e patrimonio del Comune, già arrestato a maggio per concussione e tentata concussione. Anche loro sono ai domiciliari. L’inchiesta riguarda la gestione dei cimiteri, affidata da qualche tempo dall’amministrazione ad alcuni privati. Le accuse sono di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e alla concussione, truffa, falso e peculato.

I pm di Pescara avrebbero accertato movimenti di denaro tra De Cesaris e Dezio. Da fonti della Procura si apprende che nel corso di una perquisizione in casa di Dezio sarebbero stati trovati elenchi di passaggio di denaro dalla ditta di De Cesaris. Sarebbero stati poi riscontrati effettivamente movimenti di denaro, con tanto di prove. Secondo l’accusa, Dezio avrebbe chiesto denaro alle imprese verso le quali aveva potere di proroga dei contratti d’appalto.

Nel colloquio della scorsa settimana con il pm Varone D’Alfonso si sarebbe difeso dicendo di non sapere nulla di questi movimenti, e avrebbe anche confermato al giudice le sue dimissioni - da sindaco e da segretario regionale del Pd - ma l’atto non è stato sufficiente a impedire al Gip De Ninis di emettere il provvedimento restrittivo.

D’Alfonso - sempre secondo fonti della Procura - avrebbe annunciato ufficialmente le dimissioni solo domattina. Voci sul suo imminente arresto si erano rincorse per tutta la giornata, ma erano state smentite e lo stesso sindaco aveva emesso una nota in cui affermava che era al lavoro in Comune, poi era apparso anche in televisione e aveva commentato i risultati delle elezioni regionali. Si era assunto la responsabilità del risultato negativo del Pd e aveva messo a disposizione il mandato da segretario regionale. In serata aveva presieduto una giunta. Quindi era uscito dal Comune e dopo le 22.30 gli agenti della squadra mobile guidati da Nicola Zupo, gli hanno notificato a casa l’ordine di custodia cautelare ai domiciliari, firmato dal Gip De Ninis su richiesta del Pm Gennaro Varone.

Al sindaco di Pescara era già stato notificato più di un avviso di garanzia nell’ambito di diversi filoni di indagini. Il 5 gennaio scorso era stato interrogato in Procura per quattro ore e il verbale era stato secretato. All’epoca era stato il costruttore Aldo Primavera a denunciare presunti abusi e favoritismi nei confronti dei "soliti" imprenditori.

Aveva detto di aver pagato per anni tutti "ma qui non si sblocca nulla" fornendo alla squadra mobile anche una "prova" contro l’attuale amministrazione: un "fondaco" ad uso gratuito la cui piena disponibilità era all’ex segretario particolare del sindaco, Dezio. Il primo cittadino, ma anche i suoi familiari, erano stati sottoposti ad accertamenti bancari e patrimoniali. D’Alfonso, nell’ambito di un’altra inchiesta, è anche accusato di abuso patrimoniale proprio per l’assunzione in Comune di Guido Dezio a un livello superiore. Dezio, a sua volta, deve rispondere di abuso e falso ideologico perché avrebbe attestato il falso nel presentare i requisiti per partecipare al concorso.

Immigrazione: più di 10mila le espulsioni eseguite in 12 mesi

di Giacomo Susca

 

Il Giornale, 16 dicembre 2008

 

Mourad Trabeisi è il nome da prima pagina, ma gli altri 6.635 immigrati irregolari espulsi negli ultimi tre mesi fanno più che mai notizia. Il provvedimento di estradizione in Tunisia, firmato nei giorni scorsi dal ministro degli Interni Maroni e indirizzato all’ex imam della moschea di via Massarotti a Cremona - condannato con sentenza passata in giudicato per terrorismo internazionale di matrice islamica - è il segnale della nuova marcia sull’immigrazione illegale.

Parlano i numeri del Dipartimento di Pubblica sicurezza, che tira le somme di sbarchi clandestini e rimpatri coatti. Infatti superano abbondantemente quota 10mila gli stranieri finora allontanati dal territorio italiano, oltre la metà solo dal 1° settembre al 10 dicembre. Per chi ama statistiche e confronti, una cifra pari al 235 per cento in più rispetto agli immigrati passati per i Cpt nell’intero 2007.

A questi vanno aggiunti i 1.816 clandestini sorpresi in flagranza dalla polizia di frontiera marittima negli ultimi tre mesi mentre cercavano di introdursi in Italia dal fondo di un barcone, gettati nella stiva di un cargo merci, nei porti di Venezia, Ancona, Bari, Brindisi e provenienti dalla Grecia, dove sono stati rispediti. 578, invece, i voli charter fatti decollare verso l’altra sponda del Mediterraneo nello stesso periodo, 391 dalle coste siciliane e 187 dalla Sardegna. Duro colpo assestato alla criminalità organizzata, considerate le 438 persone arrestate perché implicate nel traffico e nello sfruttamento di esseri umani.

Riassumendo, quasi 12mila soggetti "effettivamente" espulsi dal suolo nazionale nel 2008 (mese di agosto escluso). Ecco perché la Lega gongola: "Da settembre 90 espulsioni al giorno. Finalmente si fa sul serio", ripetono dati alla mano. Gli accordi bilaterali con i Paesi di partenza stanno dando i primi frutti. Meno di cinque mesi fa il capo della Polizia, Antonio Manganelli, riferiva alla Camera: "Lo scorso anno su 33.897 clandestini fermati che avrebbero dovuto essere avviati ai Centri di permanenza temporanea, hanno trovato posto nelle strutture solo 6.366 persone: gli altri 27mila sono stati destinatari di un foglio di via, non accolto nella stragrande maggioranza dei casi".

In altre parole, un "perdono sul campo" con tanto di timbro della Repubblica. Va detto, poi, che nemmeno nei casi in cui si riesca a trovare l’opportuna sistemazione all’interno dei Cpt, le espulsioni vanno sempre a buon fine. Tutt’altro. Un dossier dal Centro milanese di via Corelli, ad esempio, rivela che su 1.100 "ospiti" transitati (al costo per lo Stato di circa 230 a notte, ndr) da gennaio a settembre di quest’anno, soltanto in 540 hanno davvero lasciato il nostro Paese. II resto delle procedure si perde tra ricorsi, burocrazia e scadenza dei termini.

Maroni intanto mette in allerta i suoi uffici, mobilita la macchina amministrativa, quasi triplica quanto fatto durante il precedente esecutivo. Modificata la denominazione dei Cpt in Cie (Centri di identificazione e espulsione) ed esaminata l’ipotesi di prolungarne i tempi di permanenza degli immigrati, il titolare del Viminale mette sul piatto 233 milioni euro per dieci nuove strutture da 4.640 posti aggiuntivi (oggi sono disponibili 1.160). Ma, avverte lo stesso Maroni, "sul dove e il come voglio decisioni condivise".

A proposito di quelli che partono con biglietto di sola andata, adesso tocca anche ai rom. C’è la stima del sottosegretario agli Esteri, Margherita Boniver: "Almeno 60mila i nomadi che hanno abbandonato l’Italia da quest’autunno, cioè da quando sono stati ultimati censimenti e controlli negli insediamenti di Milano, Roma e Napoli. È quasi bastato l’effetto-annuncio. Gente non in regola, subito scappata via". Dove? In Spagna, soprattutto.

Droghe: proposta di legge; regole più severe su alcol al volante

 

Corriere della Sera, 16 dicembre 2008

 

Non si potrà (quasi) più bere alcol se si vorrà guidare un’auto: sarà infatti sufficiente un tasso alcolico dello 0,2% (ora è 0,5%, espresso in grammi di alcol ogni 100 ml di sangue) per vedersi ritirare la patente. È quanto prevede una proposta di legge all’esame della Camera e che dovrebbe essere varata entro la fine di gennaio. Lo ha detto il presidente della commissione Trasporti della Camera, Mario Valducci dopo i recenti incidenti mortali che hanno visto coinvolti guidatori con tasso alcolico superiore al consentito. "Siamo lavorando su una proposta di legge", ha spiegato Valducci, che si aggancia a un lavoro già svolto. È una proposta assolutamente bipartisan che introduce il principio della tolleranza zero nei confronti dell’uso di alcol. Chi guida non beve e chi beve non guida: si tratta di un ulteriore giro di vite anche rispetto agli attuali limiti consentiti. Si valuterà se applicare o meno queste nuove norme alla fascia più giovane d’età o se invece estendere un divieto generalizzato".

Incidenti stradali: 50% positivi alcol - Il 50% dei conducenti coinvolti in incidenti stradali risulta positivo all’etilometro o al test per le droghe. Lo rivela un’indagine condotta su 74 conducenti arrivati dopo un incidente al trauma center dell’ospedale Niguarda di Milano tra marzo e settembre 2008. Lo studio, frutto della collaborazione tra il Dipartimento di emergenza e accettazione (Dea) dell’ospedale e la polizia locale di Milano, è stato presentato durante un convegno. "In sette casi su dieci si tratta di uomini", spiega Osvaldo Chiara, direttore del trauma team di Niguarda, "con un’età media di 39 anni. Il 20% risulta positivo all’alcol, il 20% a droghe (soprattutto cocaina) e il 15% sia all’alcol che alla droga".

Pirateria - "Ogni anno se ne registrano circa 500 casi sulle strade italiane, 50 circa solo in quelle lombarde", spiega Domenico Musicco, legale dell’Associazione italiana familiari e vittime della strada. "Solo nei primi sei mesi del 2008 si è registrata un’impennata dei casi pari al 74% rispetto allo stesso periodo del 2007". Due le misure che dovrebbero essere adottate secondo gli esperti: innanzitutto una maggiore educazione per chi si mette alla guida, ma soprattutto più controlli su strada. "In Italia si eseguono ogni anno un milione di alcol test, contro i dieci milioni della Francia", conclude Musicco. "L’automobilista italiano ha una possibilità ogni 74 anni di essere fermato per un controllo".

Droghe: una legge che ci trasporta nel paradiso degli astemi!

di Michele Ainis

 

La Stampa, 16 dicembre 2008

 

La Commissione Trasporti della Camera sta per trasportarci nel paradiso degli astemi. Il tasso alcolico consentito per chi impugna un volante già ora è troppo basso: 0,5 per cento, due bicchieri di vino. Dall’anno prossimo la tolleranza scende ulteriormente a 0,2 per cento. Significa che se pasteggi ad acqua minerale, ma poi chiudi la cena con un goccio d’amaro, come minimo ti viene sequestrata la patente. Sicché approfittane, è l’ultimo Natale. Dopo sarà sempre Quaresima.

No, la commissione Trasporti vuole trasportarci nell’inferno dei reietti. Perché dopotutto è questa la stazione d’arrivo dell’ultima idea bipartisan (a proposito, ma destra e sinistra non erano come cane e gatto? Si vede che quando c’è da mettere al muro gli italiani scatta un’assonanza d’amorosi sensi). E il mezzo di locomozione è sempre lo stesso da decenni: la Gazzetta Ufficiale. Le cronache registrano un caso di pedofilia? La politica triplica le pene per i pedofili. A Napoli la monnezza lievita come panna montata? Altra legge, altro castigo. Gli incidenti stradali del week-end? Un tratto di penna del legislatore e verranno cancellati. Tanto varrebbe aggiungere nella prossima Gazzetta Ufficiale che d’ora in poi gli uomini possono volare, così magari ci svegliamo con un paio d’ali piumate sulle spalle.

Di fronte a questa peste legificatrice non serve impiccarsi sui dettagli. Come le statistiche falsate da soglie alcoliche prossime allo zero, che puntano l’indice contro l’ubriachezza quando l’incidente deriva da ben altre cause. O come la trovata bislacca (e a sua volta bipartisan, come sbagliarsi?) che vorrebbe incrudelire le sanzioni per i trentenni, lasciando indenni gli ottantenni. Ma il guaio, o per meglio dire la tragedia, è che un’idea così suona insieme arbitraria e velleitaria. È arbitraria, perché l’amaro dopocena è un rito un po’ per tutti gli italiani, e perché se tutti sono colpevoli allora nessuno è colpevole davvero. Anzi: sarà colpevole chi incrocia un poliziotto senza compassione, chi ha la faccia antipatica, chi si fa prendere dai nervi gonfiando il palloncino.

La repressione di massa trasforma giocoforza il potere dell’autorità in capriccio. Ed è velleitaria perché maschera l’inefficienza dei controlli sotto la falsa efficienza delle norme. In Italia s’esegue ogni anno un milione di alcol-test, contro i 10 milioni in Francia. Sempre in Italia, se vai sotto processo te la cavi quasi sempre con una prescrizione (a Napoli, nel 2007, un reato estinto ogni 13 minuti). La vera emergenza è l’incertezza della pena, ha detto ieri il capo della Polizia. Appunto.

Germania: a Berlino 30% in carcere per viaggi senza biglietto

 

Quotidiano Nazionale, 16 dicembre 2008

 

Il quotidiano della capitale Tagesspiegel rivela che un terzo della popolazione carceraria della prigione di Ploetzensee è costituito da persone che hanno viaggiato senza biglietto sui mezzi di trasporto urbani.

L’inflessibilità teutonica nel perseguire con il carcere anche i reati più banali non risparmia nemmeno chi viaggia a sbafo sui mezzi pubblici. Il quotidiano della capitale Tagesspiegel rivela oggi che un terzo della popolazione carceraria della prigione di Ploetzensee è costituito da persone che hanno viaggiato senza biglietto sui mezzi di trasporto urbani e che si sono poi rifiutati di pagare le multe loro comminate. Il direttore dell’istituto di pena, Udo Plessow, ha spiegato che "almeno 155 dei nostri 480 detenuti sono stati condannati per aver viaggiato senza biglietto, fatto che costituisce un reato".

Il manager aggiunge che in realtà il numero di persone imprigionate per aver viaggiato a sbafo è ancora più elevato, poiché molti detenuti sono stati condannati anche per altri reati più gravi. A venire incontro ai giudici che comminano le pene detentive c’è anche il fatto che nelle quattro prigioni berlinesi non esiste sovrappopolamento carcerario, elemento che oggi fa titolare ironicamente all’altro quotidiano della capitale, Berliner Zeitung, che "In galera c’è sempre una camera libera". In effetti la direzione degli istituti di pena berlinesi ha confermato che a dicembre nelle locali prigioni c’è solo il 2 per cento di detenuti in eccesso.

Nel carcere di Tegel sono imprigionate attualmente 1558 persone, con un eccesso di presenze pari all’1 per cento, mentre la quota registrata del febbraio 2007 era del 12 per cento. Nel frattempo si sta costruendo Grossbeeren, quasi alle porte della capitale, una nuova prigione destinata ad accogliere 650 detenuti, che sarà pronta con un costo di 118,5 milioni di euro nel 2012. Nella legislazione tedesca non è prevista la norma degli arresti domiciliari e tutte le pene comminate vengono scontate di regola per due terzi della loro durata, a condizione che il detenuto abbia dato prova di buona condotta.

Anche le amnistie e gli indulti sono un fatto sconosciuto, mentre l’unica concessione fatta ai detenuti è la liberazione anticipata prima di Natale, se la scadenza della pena cade tra il 24 dicembre ed il 6 gennaio.

Stati Uniti: Radicali; asilo ai detenuti liberati da Guantanamo

 

Il Velino, 16 dicembre 2008

 

In seguito alla notizia, riportata da diversi organi di stampa, della disponibilità - espressa dal ministro degli Esteri Amado - del governo portoghese a concedere il diritto di asilo ad alcuni detenuti che provengono dal centro da Guantanamo, i senatori radicali eletti nelle liste Pd Marco Perduca e Donatella Poretti hanno presentato un’interrogazione parlamentare per chiedere al ministro degli Esteri se l’Italia abbia ricevuto tale invito e se abbia intenzione di seguire la sollecitazione portoghese, impegnandosi a garantire diritto d’asilo, o protezione umanitaria, ad alcuni dei casi maggiormente critici tra i quali quelli di alcuni Uiguri, detenuti di Guantanamo.

I membri della minoranza uigura rischiano di subire persecuzioni dal governo di Pechino nell’ipotesi del rimpatrio in terra cinese. I senatori radicali domandano inoltre al ministro Frattini se l’Italia non ritenga di dover investire il Consiglio europeo e la commissione del problema, di modo da rendere la soluzione del problema Guantanamo una soluzione "europea".

Di seguito il testo della interrogazione scritta a firma Perduca-Poretti: "Al ministro degli Esteri, Premesso che nel programma del presidente eletto Barack Obama è esplicitata l’intenzione di voler chiudere il centro di detenzione di Guantanamo sull’isola di Cuba. Tenendo presente che negli anni scorsi si sia già presentata la necessità di trovare una adeguata collocazione per alcuni dei circa 250 detenuti che si trovano presso quella struttura.

Secondo diversi organi di stampa scritta e radio televisiva in occasione del 60esimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani sarebbe emersa, per voce del ministro degli esteri Amado, la disponibilità del governo portoghese di concedere il diritto di asilo ad alcuni detenuti che provengono dal centro da Guantanamo. Considerando che il consulente legale del Segretario di Stato statunitense, Jonh Bellinger, ha dichiarato che si tratta della prima apertura da parte di un paese europeo di dialogo nella ricerca di una soluzione alla questione dei detenuti di Guantanamo salutandola come un segnale molto positivo".

"Notando come il governo del Portogallo abbia già invitato gli altri paesi, membri dell’Unione europea, a seguire tale linea di accoglienza per aiutare il governo statunitense ad accelerare la chiusura della struttura in questione. Conoscendo da mesi la situazioni di alcuni dei detenuti e in particolare quella relative al destino di una ventina di Uiguri, un’etnia perseguitata dal governo di Pechino, ai quali nessun paese, Cina a parte, vuole dare ospitalità.

Essendo chiaro che se essi dovessero essere rimpatriati in Cina verrebbero di nuovo accusati di attività terroristiche poiché di un gruppo etnico che per anni è stato al centro di campagne di fabbricazioni e manipolazione di informazione per imputare loro una serie di atti di violenza a sostegno dell’ indipendenza della Regione nord-occidentale cinese dello Xinjiang.

Ricordando come da anni gli Uiguri abbiano fatto pubblica dichiarazione di pratica nonviolenta tanto che la leader in esilio di tale minoranza, Rebya Kadeer, è iscritta al Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito dal 2005 si chiede se il ministro degli Esteri se l’Italia sia stata raggiunta dall’invito portoghese e se abbia intenzione di seguire la sollecitazione fatta dallo stesso, garantendo diritto d’asilo, o protezione umanitaria ad alcuni degli casi maggiormente critici tra i quali alcuni degli Uiguri, detenuti di Guantanamo e che, se rimpatriati in Cina, rischiano di subire persecuzioni dal governo di provenienza. Se l’Italia non ritenga di dover investire il consiglio europeo e la commissione del problema di modo da rendere la soluzione del problema Guantanamo una soluzione "europea".

Iraq: da gruppo diritti civili 200 denunce a Rumsfeld per torture

 

Apcom, 16 dicembre 2008

 

Un gruppo che si batte per la difesa dei diritti civili in Iraq ha depositato oltre duecento denunce per torture in tribunali della Virginia, del Michigan e del Maryland, contro l’ex segretario della Difesa americano Donald Rumsfeld e società di sicurezza statunitensi. Secondo Ali Qeisi, il responsabile della "Società delle vittime dell’occupazione americana in Iraq", che ha sede ad Amman, in Giordania, finora circa trenta denunce sono state accettate dalle corti.

"Le torture erano sistematiche - ha detto Qeisi all’agenzia France Press - i responsabili dovrebbero essere puniti e le vittime risarcite". Qeisi dice di essere stato torturato da militari americani nei sei mesi che ha passato in prigionia, ma non scende nei dettagli.

Rumsfeld è nel mirino di un rapporto del Senato americano in relazione allo scandalo degli abusi del carcere di Abu Ghraib, l’ex laboratorio delle torture di Saddam Hussein diventato il teatro di torture americane ai sospetti di terrorismo catturati durante la guerra in Iraq. Denunce contro Rumsfeld sono state presentate lo scorso anno anche da gruppi di iracheni in Francia, Stati Uniti e Germania.

La commissione Forze Armate del Senato, presieduta dal democratico Carl Levin e della quale fa parte McCain, accusa numerosi alti dirigenti del governo americano e in particolare Rumsfeld, di gravi responsabilità personali per gli abusi sui detenuti. Il rapporto contraddice tra l’altro la linea di difesa ufficiale, dicendo che gli abusi fisici e mentali commessi nelle carceri americane non erano episodi isolati commessi da poche mele marce, ma il risultato di una precisa strategia messa a punto dagli uomini di Rumsfeld, al Pentagono, e per la quale l’ex ministro della Giustizia Alberto Gonzales aveva trovato una giustificazione giuridica.

Sempre la settimana scorsa cinque guardie private della società di sicurezza Blackwater sono state incriminate per l’omicidio di 14 civili iracheni disarmati in una sparatoria del settembre del 2007. Una sesta guardia privata si è dichiarata colpevole di omicidio preterintenzionale, patteggiando, in cambio di una riduzione della pena.

 

 

Segnala questa pagina ad un amico

Per invio materiali e informazioni sul notiziario
Ufficio Stampa - Centro Studi di Ristretti Orizzonti
Via Citolo da Perugia n° 35 - 35138 - Padova
Tel. e fax 049.8712059 - Cell: 349.0788637
E-mail: redazione@ristretti.it
 

 

 

 

 

Precedente Home Su Successiva