Rassegna stampa 15 dicembre

 

Giustizia: Bossi è "mediatore"; sulla riforma spiragli di dialogo 

 

La Stampa, 15 dicembre 2008

 

Bossi invita alla calma, il Pdl specifica che "il dialogo non può trasformarsi in un rallentamento" e il Pd apre al governo proponendo un "tavolo di sessanta giorni". In una situazione di tensione, che rischia di avere i lavori parlamentari come prima vittima, si inizia ad intravedere uno spiraglio. Il leader del Carroccio, dalle pagine di Repubblica ha spiegato che "bisogna sedersi tutti quanti attorno a un tavolo, altrimenti non si va avanti.

Tutti, le forze di governo e quelle dell’opposizione" accodandosi al capo dello Stato. "Napolitano ha ragione - ha spiegato Bossi - della sua saggezza non ho mai dubitato". In giornata, il Senatur ha parzialmente corretto il tiro: "Mica mi metto io a trattare, quando mai! Io ho solo rivolto un invito alla ragionevolezza, alla calma. Chi tratta è Berlusconi" - ha detto. Il problema per Bossi è tutto nella questione della approvazione del federalismo, il suo timore, più volte ribadito in queste settimane, è che l’opposizione freni il cammino della riforma che vede a portata di mano.

"Al Senato - spiega - l’opposizione ha una forza enorme e se vuole blocca il cammino della riforma per mesi. Io allora ho sollecitato Berlusconi a trovare la via a non farsi prendere dai nervi". Il leader del Carroccio fa sobbalzare i dirigenti del Pd. "Il fatto che l’onorevole Bossi sia la parte più ragionevole della maggioranza crea qualche motivo di preoccupazione sulla parte rimanente" dice D’Alema, e Veltroni: "Bossi - ha proseguito Veltroni - dà atto del ruolo del presidente della Repubblica e parla di dialogo. Berlusconi invece dice solo cose da campagna elettorale perché non è capace di governare e sa fare solo quella".

E, mentre il governo cerca di scongiurare "l’ingorgo di Natale" - i riflettori sono puntati in particolare sulla Camera, dove sono all’esame dell’Aula quattro diversi decreti legge, tutti in scadenza durante le feste - dai democratici arriva comunque l’invito a trattare sulla riforma della giustizia. "Siamo disponibili a creare un tavolo che discutere della riforma della giustizia a favore dei cittadini e delle imprese. Un tavolo che non deve durare sei mesi ma 60 giorni, con la partecipazione di magistrati e avvocati".

"C’è un servizio giustizia che non funziona - spiega Bersani - e bisogna affrontarlo come se non funzionasse quello della sanità; bisogna farlo funzionare per i cittadini e per le imprese. Questo è l’oggetto della riforma che ci interessa". Se la proposta della maggioranza "dovesse essere la resa dei conti tra politica e giustizia - aggiunge - a noi non interessa, non siamo disposti a fare un accordo su questo". Tra l’altro, fa notare Bersani, "non abbiamo ancora visto la bozza Alfano" quindi "se ci sono le condizioni per fare l’accordo lo faremo volentieri, se c’è disaccordo lo diremo con grande forza".

La riforma della giustizia, chiosa infine Alemanno, "non può non essere che bipartisan o condivisa, e oggi le condizioni ci sarebbero. L’importante è che ci siano le disponibilità, soprattutto da parte dell’opposizione, e per quanto riguarda il metodo, anche della maggioranza".

Giustizia: Alfano; sulla riforma valuteremo le proposte del Pd

di Maria Antonietta Calabro

 

Corriere della Sera, 15 dicembre 2008

 

Ministro Alfano, Veltroni e D’Alema dicono che qualcosa non torna se Bossi è il più moderato. Il Pdl è stato messo all’angolo dalla Lega?

"Macché! Berlusconi, nonostante attacchi che non hanno uguali nei confronti dei leader degli altri Paesi, proprio nei giorni del successo europeo del pacchetto-clima, ha dato la più ampia autonomia ai gruppi del Pdl per trovare soluzioni condivise a livello parlamentare.

Comprendo bene le cautele di Bossi che ha già dovuto patire su una buona legge l’esito negativo di un referendum, il cui risultato è stato frutto della disinformazione della sinistra. Anche se, in seguito, alcuni cambiamenti previsti in quella legge hanno fatto addirittura parte del programma elettorale del centrosinistra! Noi perciò comprendiamo e condividiamo le preoccupazioni di Bossi. Ma vuole il mio pronostico?".

 

Quale?

"Che le riforme le faremo entrambe: quella della giustizia e quella federalista. Nei giorni scorsi, ho sentito quotidianamente i capigruppo leghisti. Ci vedremo presto per approfondire alcune loro proposte. In ogni caso, c’è una grande sintonia sulle questioni di fondo anche di rango costituzionale, e non vedo vicende collaterali capaci di intralciare il cammino sulla giustizia".

 

Anche il pm eletto dal popolo?

"La Lega sta lavorando ad ipotesi di attuazione dell’articolo 102 della Costituzione, comma terzo, che prevede la partecipazione diretta del popolo nell’amministrazione della giustizia".

 

È così urgente la riforma?

"Forse mai come adesso si è registrato un così ampio livello di consenso sociale e scientifico: non si contano più gli insigni giuristi che si sono pronunciati a favore di un robusto intervento di riforma. È di tutta evidenza anche l’urgenza di un intervento di questo genere: ciò è stato riconosciuto anche da Presidenti emeriti della Consulta non certo tacciabili di essere vicini al centrodestra".

 

Si riferisce a Gustavo Zagrebelsky?

"Sì a Zagrebelsky, ma è l’ultimo di una lunga serie".

 

E con il responsabile della giustizia del Pd, Tenaglia, vi siete sentiti?

"Ci vedremo domani o dopodomani. Posso solo dire che se Tenaglia darà suggerimenti, noi li valuteremo sulla base dei contenuti e della loro bontà, non li giudicheremo per chi li ha proposti, cioè il Pd. Non useremo nei confronti dell’opposizione quello che noi abbiamo patito spesso: che le nostre proposte venivano respinte proprio perché, appunto, erano le nostre".

 

Come valuta la proposta di Veltroni di una commissione che lavori sessanta giorni?

"A volte, quello di chiedere che venga costituita una commissione di tecnici è un modo di dire no. Credo che costituire commissioni sia il modo più vecchio di affrontare i problemi e al tempo stesso il modo più collaudato per non risolverli. Bisogna avere un approccio più moderno. Del resto conosco perfettamente tutte le richieste dei magistrati, dell’avvocatura, dei notai, dei commercialisti. Sono andato ai loro congressi ovunque: a Roma, Parma, Bologna, Firenze. Sono per il dialogo, ma non per il bla, bla, bla: alla fine bisogna decidere".

 

Intanto non presenterete la riforma al Cdm questa settimana...

"Mi dice lei che differenza fa se la presentiamo venerdì oppure appena dopo le vacanze di Natale, visto che nel frattempo il Parlamento è chiuso?".

 

Cosa risponde, visto che Napolitano ha detto che la Costituzione nei suoi principi fondamentali non si tocca?

"Il presidente della Repubblica parla con cognizione di causa della Costituzione i cui principi fondamentali sono quelli contenuti dall’articolo 1 all’articolo 12. Poi c’è la prima parte che riguarda i Diritti e doveri dei cittadini, fino all’articolo 54. Infine la seconda parte che riguarda l’ordinamento della Repubblica. Ebbene la giustizia e il Csm sono contenuti nella seconda parte e se non sbaglio sono stati oggetto dieci anni fa del lavoro di modifica della Costituzione della Commissione Bicamerale".

 

Veltroni a quei tempi era vicepremier…

"È lo stesso Veltroni di oggi o è solo un omonimo? Perché furono loro a volere tentare di modificare la Costituzione anche con riferimento specifico alla giustizia. Oppure mi vogliono dire che il malato-giustizia nel frattempo è guarito da solo?".

Giustizia: Tenaglia (Pd); sulla riforma disponibili al confronto

 

Corriere della Sera, 15 dicembre 2008

 

"Siamo disposti a confrontarci su Csm e meccanismi di nomina in modo da evitare il fenomeno correntizio". Lo annuncia Gianfranco Tenaglia, responsabile giustizia del partito di Veltroni "Il Pd proporrà - sostiene - con legge ordinaria senza modifiche alla Costituzione, sul solo punto dell’equilibrio tra poteri, di riformare la legge elettorale del Consiglio, di aumentare il numero dei componenti, di prevedere una sezione disciplinare autonoma, di regolare l’emanazione dei pareri al Parlamento e la discussione delle pratiche a tutela e di prevedere la partecipazione degli avvocati alla valutazione dei magistrati".

Dopo le "aperture" di Bossi, Tenaglia non si lascia sfuggire che "fa un certo effetto leggere gli apprezzamenti del leader della Lega alla logica del dialogo o i riconoscimenti così espliciti al ruolo e ai comportamenti del capo dello Stato". E aggiunge: "Certo siamo in un Paese ben strano se l’uomo più responsabile del centrodestra diventa il leader del Carroccio. Non voglio essere ironico, è evidente che altri in quello schieramento, a cominciare dal premier, stanno giocando la carta della divisione, della rottura".

Per Tenaglia, Bossi e la Lega sono stati istruiti dalla esperienza negativa della precedente riforma costituzionale in senso federalista e poiché "guardano alla questione del federalismo come al centro politico di questa legislatura", "hanno capito che la strada imboccata della contrapposizione e delle riforme a colpi di maggioranza non porta da nessuna parte". In questo senso,secondo il magistrato eletto nei democratici, "il tema della giustizia e quello del federalismo si tengono insieme".

Non vede tutto nero, però, Tenaglia. Alla domanda se il Guardasigilli saprà garantire il dialogo con l’opposizione, risponde che "dopo i proclami berlusconiani dal ministro sono arrivate parole diverse: la data della presentazione del pacchetto fissata baldanzosamente a prima di Natale dal premier è slittata e si comincia a guardare ad un confronto reale. Spero che queste aperture non restino sulla carta, e - aggiunge - che la spinta che arriva anche dalla Lega faccia breccia".

Giustizia: Tremonti e i custodi di "tesoretto" multe e sequestri

di Stefano Sansonetti

 

Italia Oggi, 15 dicembre 2008

 

Il tesoretto della giustizia, come alcuni lo hanno già ribattezzato, sta lentamente prendendo corpo. E nel frattempo è pronta la squadra che sarà chiamata nelle prossime settimane a gestire tutta quella massa di risorse alimentata da pene pecuniarie, spese processuali e beni sequestrati o confiscati alla criminalità.

Si tratta del fondo unico giustizia, lanciato dal ministro dell’economia, Giulio Tremonti, nell’ambito della manovra estiva, e affidato alla gestione di Equitalia Giustizia. Quest’ultima, come si può dedurre dal nome, è interamente controllata da Equitalia, la holding di riscossione dei tributi che fa capo all’Agenzia delle entrate. Poco dopo l’estate scorsa, Tremonti e il guardasigilli, Angelino Alfano, avevano provato il colpaccio: portare alla presidenza di Equitalia Giustizia il pm di Milano, Francesco Greco.

Il quale, con il precedente governo, si era già trovato a guidare una commissione di studio per l’utilizzo di tutte le risorse della giustizia, con lo scopo di adoperarle come forma di autofinanziamento del settore. Greco, a quanto pare, ha declinato l’invito. Al suo posto, alla presidenza della società, è stato nominato Marco Di Capua, funzionario del Fisco su cui Tremonti punta molto.

Non per niente, oltre alla presidenza di Equitalia giustizia, Di Capua vanta molti altri incarichi: è direttore vicario dell’Agenzia delle entrate, direttore centrale amministrazione e componente del comitato di gestione della stessa Agenzia, consigliere di amministrazione della Sose, la società che per il Fisco gestisce gli studi di settore.

Insieme a lui, ultima nomina in ordine di tempo all’interno della società che gestirà il fondo unico giustizia, c’è Umberto Cimmino, un prefetto che vanta già una breve parentesi come commissario straordinario all’emergenza rifiuti in Campania, quando ministro dell’interno era ancora Giuliano Amato. Del cda di Equitalia Giustizia fa parte anche Paolo Crescimbeni, fresco presidente dell’Inpdap a cui è approdato dopo essere stato in Umbria coordinatore regionale di Alleanza nazionale. Ad avere la responsabilità gestionale della società, in qualità di amministratore delegato, figura Giuseppe Rojo, che fino a qualche mese fa ricopriva lo stesso incarico per Sistemia, una società che offre servizi integrati per la riscossione dei tributi e che ha tra i suoi clienti diverse società della galassia Equitalia (peraltro, dagli archivi delle camere di commercio, risulta che Rojo ha ancora in dote il 15% del capitale di Sistemia).

A chiudere l’organigramma di Equitalia Giustizia c’è il vicepresidente, Luigi Magistro, altro uomo forte del Fisco della nuova stagione tremontiana, che già ricopre la carica di direttore centrale accertamento e di componente del comitato di gestione delle Entrate. La squadra che avrà in mano le redini del tesoretto della giustizia, quindi, è pronta. Lo scorso 23 ottobre un decreto del ministro dell’economia, di concerto con quello della giustizia, ha indicato i rapporti finanziari che devono essere trasmessi al fondo.

Si tratta dei conti correnti bancari, dei depositi a risparmio e dei conti di deposito titoli attualmente intestati all’autorità giudiziaria. Naturalmente sono le banche, Poste Italiane e gli altri operatori finanziari, in quanto depositari di queste risorse, a doverle far affluire al fondo. Il 18 novembre scorso, poi, il ministero della giustizia ha diramato agli uffici giudiziari una nota con le disposizioni per l’invio dei dati a Equitalia Giustizia. Il tutto attraverso il sistema Entratel utilizzato dall’Agenzia delle Entrate.

Per completare il percorso, però, bisognerà attendere un decreto del presidente del consiglio dei ministri. Secondo quanto stabilito dal di 143/2008, infatti, è questo il provvedimento che procederà alla ripartizione del fondo unico giustizia: un terzo al ministero dell’interno per la tutela della sicurezza pubblica, un terzo al dicastero di Via Arenula per potenziare gli uffici giudiziari e un terzo alle entrate del bilancio dello stato.

Giustizia: Ristretti Orizzonti; in novembre 11 "morti di carcere"

 

Ansa, 15 dicembre 2008

 

Secondo un monitoraggio del quotidiano on-line Ristretti Orizzonti di Padova sono state 11 le morti nelle carceri italiane nel mese di novembre 2008. Di queste, 7 "per cause da accertare", 3 per suicidio e una per malattia. Il detenuto giù giovane morto in novembre - riferisce il quotidiano on-line - aveva 20 anni, il più anziano 45; l’età’ media era di 32 anni. Sei di loro erano italiani (tra cui una donna) e cinque stranieri.

Il notiziario Ristretti News è redatto dall’associazione Granello di Senape, che lavora all’interno del carcere Due Palazzi e opera in collaborazione con la Conferenza Regionale Volontariato e Giustizia, sostenuta dalla Regione Veneto, dal Csv e dal Coge. Dall’inizio dell’anno le "morti di carcere", afferma il giornale on-line - sarebbero state almeno 114, di cui almeno 44 per suicidio.

Giustizia: i bambini rom in carcere, un problema da risolvere

di Valerio Fioravanti

 

L’Opinione, 15 dicembre 2008

 

L’Unità dedica due pagine ad un problema piccolo solo in apparenza: nelle carceri italiane, assieme alle loro madri, sono reclusi anche 70 bambini sotto i 3 anni. È una specie di appuntamento di Natale: ogni anno per qualche giorno a cavallo delle festività si torna a parlarne, e poi tutto viene rinviato all’anno successivo. Ogni anno qualcuno presenta un paio di leggi per risolvere il problema, ma in realtà una soluzione vera e propria non c’è.

La legge attuale prevede che una madre, se ci sono ragionevoli probabilità che non torni a delinquere, può essere scarcerata per prendersi cura dell’infante. Questo purtroppo non può applicarsi alle extracomunitarie, che non sono in regola con i permessi e quindi non possono affittare una casa né lavorare, e questo soprattutto non vale per le zingare, che hanno tutte le intenzioni di tornare a rubare al più presto.

Una legge che istituisse una scarcerazione automatica per chiunque abbia un figlio si trasformerebbe in una specie di amnistia preventiva e continuativa, e quindi è chiaro A Natale tornano le brevi di cronaca che ci informano su dove hanno abolito il presepe, dove i cartoncini di auguri si sono fatti generici, dove hanno silenziato le campane di mezzanotte, o hanno tolto il bambinello o l’abete con le palline. Insomma il sopravanzare del "religiosamente corretto". Tutto sommato l’unica cosa che si salva del Natale è il consumismo. Solo regali e acquisti, su questo sono tutti d’accordo, e non protesta nessuno.

L’unica consolazione è che almeno in questo campo della scemenza umana l’Italia non è l’unica ad eccellere, e anche paesi apparentemente insospettabili come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti percorrono questa via. Ma abolire le pause di riflessioni, qualsiasi esse siano, e innestare solo consumismo a tutto spiano non sembra una strategia vincente a lungo termine.

Giustizia: Simspe; in carcere le epatiti sono il rischio maggiore

 

Abc Epatite News, 15 dicembre 2008

 

Solo il 30% dei circa 62.000 detenuti nelle carceri italiane viene sottoposto a test sierologici per le infezioni virali trasmissibili. La parola al prof. Babudieri.

Con il Prof. Sergio Babudieri, Docente Associato di Malattie Infettive, Università di Sassari, Vice Presidente Simspe Onlus - Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria Onlus, Abc Epatite News ha fatto il punto sulla difficile situazione sanitaria dei penitenziari italiani, relativamente alla diffusione del virus dell’epatite.

 

Professor Babudieri, qual è la prevalenza dell’epatite B cronica nelle carceri italiane? E con quali conseguenze sulla popolazione generale?

Gli Istituti Penitenziari italiani ospitano giornalmente oltre 62.000 detenuti. I test sierologici per le infezioni virali trasmissibili (Hbv, Hcv, Hiv) vengono eseguiti in meno del 30% dei presenti. Per questo motivo, i dati forniti dal Ministero della Giustizia - Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap) sono verosimilmente sottostimati, con una conseguente ridotta percezione del rischio di trasmissione all’interno delle carceri, specie per il virus dell’epatite B.

Per determinare una stima attendibile della diffusione di tali patologie tra i detenuti, in collaborazione con Dap, Istituto Superiore di Sanità ed Istituti di Malattie Infettive delle Università di Roma "Tor Vergata" e Sassari, abbiamo centralizzato in un unico laboratorio i sieri di 1.213 detenuti provenienti da 8 Istituti Penitenziari del Nord, Centro Sud ed Isole. In questa coorte sono stati rilevati il 6,7% di HBsAg positivi ed il 52,6% di portatori di anti-HBcAg. Sulla base di tale prevalenza, la stima dei portatori di HBsAg giornalmente detenuti potrebbe superare i 4.000.

Quanto alla popolazione generale, non ritengo vi siano numeri sufficienti per creare allarmismi, però si è dimostrato negli Usa che il rischio di acquisire Hiv è fino a cinque volte superiore per le donne partner di persone detenute rispetto alle partner di non detenuti. A ciò va aggiunta la generale sottovalutazione del rischio infettivo per i rapporti eterosessuali.

 

In che cosa consiste il progetto pilota che la Simspe sta promuovendo nei 18 Istituti di pena lombardi?

Il "Progetto Protest" nasce dalla necessità di intervenire in modo concreto, serio e programmato sulla prevenzione, diagnosi e terapia delle malattie infettive più diffuse in carcere. L’obiettivo ultimo è ottenere dati più attendibili sulla loro penetrazione tra i detenuti e riuscire a portare il tasso di esecuzione dei test di screening per Hbv, Hcv, Hiv, Tbc e Lue ad oltre il 60% dei giornalmente residenti. Il fatto che, tra i 18 Istituti Penitenziari della Lombardia, ve ne siano diversi dedicati alla restrizione di persone con condanna definitiva ci permette di sperare di poter anche condurre studi sull’incidenza di tali patologie, in grado di comprendere la loro reale trasmissione all’interno dei penitenziari.

 

Quali ricadute potrebbe avere sulla salute dei reclusi?

Pensiamo che le ricadute di una buona pratica clinica in carcere siano non solo per la popolazione ristretta ma anche per quella generale. Il carcere, infatti, è un concentratore di patologia infettiva, dove vengono periodicamente ospitate persone che in libertà non percepiscono la salute come un bisogno primario e che, parallelamente, per livello socio-culturale e per abitudini di vita, presentano i maggiori "rischi" di contrarre queste malattie. Se con il Progetto Protest riusciremo ad aumentare stabilmente l’esecuzione dei test di screening infettivologico, aumentando contestualmente i livelli di educazione sanitaria a tutti i ristretti, sarà verosimile attendersi una più alta proporzione di persone che, quando tornerà in libertà, sarà consapevole della propria patologia e mentalmente predisposta a curarsi o quantomeno a prendere le precauzioni per limitarne la diffusione.

 

Quali obiettivi dovrebbero porsi le istituzioni per migliorare la salute in carcere?

Le Istituzioni non hanno ancora chiaramente compreso l’elevata valenza anche generale del "fare salute" in carcere. Con il passaggio attualmente in corso delle competenze sulla sanità penitenziaria dal Dap al Ssn, invece di assistere alla rinuncia all’esperienza maturata sul campo di molti Colleghi, come purtroppo in alcune realtà accade, ci piacerebbe vedere la nascita di una reale integrazione del fare salute tra l’interno delle mura penitenziarie ed il territorio.

Giustizia: Amapi; il medico penitenziario e… l’uomo detenuto

di Francesco Ceraudo (Presidente Amapi)

 

Lettera alla redazione, 15 dicembre 2008

 

Diceva un giorno un detenuto - "in realtà, io altro non sono che un residuo di umanità, vissuto per anni al di fuori dei cicli della natura".

Il carcere è responsabile di questa spoliazione umana, sociale dell’uomo detenuto. La solitudine è una temibile e penosa radice del deterioramento dell’uomo, dell’invecchiamento delle emozioni e distrugge nel recluso tutte quelle componenti che, nell’ambito della normale vita civile, assicurano ad ogni uomo il rispetto di se stesso e il rispetto altrui.

Diceva un altro detenuto: "In carcere si subiscono gravi umiliazioni relative a sesso, movimento fisico, vista, udito, linguaggio". Fra le mura di un penitenziario, nella maggior parte dei casi, si produce un arresto del processo biologico di maturazione, una diminuzione delle facoltà sensorie.

Abituati alle minuscole dimensioni di una cella, si perde il senso della distanza, delle proporzioni; costretti alla uniformità di colori non naturali, si cade facilmente nelle alterazioni e infermità della vista; vincolati ad un moto fisico ridotto, effettuato interamente in stanze e corridoi, si riducono in un equilibrio fisico appena sufficiente a mantenere le normali posizioni, ma del tutto insufficiente per un normale comportamento, ad esempio, su un affollato marciapiede di città.

Tutte queste limitazioni e diminuzioni sono di ordine fisico, ma influenzano anche la psiche. Tra i detenuti è molto diffusa la sensazione che il tempo passato in carcere sia sprecato, inutile, o derubato dalla propria vita. Si tratta di uno spezzone di tempo che deve essere cancellato; di qualcosa che deve essere passato o accelerato o ritardato. La carcerazione non è meramente soltanto un fenomeno giuridico di privazione della libertà che riguarda i limiti di spazio entro i quali è lecito potersi muovere. Essa è fondamentalmente e pesantemente un fenomeno, dai connotati psicologici spiccati. Del resto ognuno di noi non è se stesso e basta.

Siamo i sentimenti di stima e di dispregio, di amicizia o di ostilità che percepiamo, siamo l’affetto che possiamo dare e sentire, i successi e i fallimenti che sperimentiamo, l’entusiasmo che ci arricchisce o l’indifferenza che ci inaridisce, la speranza nel domani o la paura di viverlo. Niente nella vita ci lascia uguali e tanto meno un’esperienza di detenzione, che diventa un’esperienza emozionale non senza significato e valore.

La professione del medico penitenziario ha sempre goduto di grande considerazione tra i detenuti, essenzialmente perché ha come obiettivo il mantenimento o il raggiungimento della salute e la salute nel carcere è da tutti considerata un bene molto importante, un gran valore.

Attualmente la Medicina Penitenziaria non ha più come unico scopo la lotta contro la malattia, ma tale attività tradizionale viene oggi compresa nell’obiettivo più ampio della promozione della salute, di uno stile di vita. Tutto ciò accrescendo notevolmente gli ambiti di intervento della Medicina, ne aumenta contemporaneamente le motivazioni ideali e le responsabilità pratiche.

Il detenuto-paziente va introspezionato nella sua unità psicofisica e non solo come portatore di un organo malato o di una disfunzione particolare sulla quale riversare tutta la propria attenzione. Deve essere rimossa la visione meccanicistica della Medicina che porta a vedere l’uomo come una macchina dai mille ingranaggi, dimenticandosi che l’uomo è anche psiche con le conseguenti implicazioni esistenziali, affettive, culturali e sociali.

Il medico penitenziario non può esimersi dal dimenticare che l’uomo è un continuo divenire psico-somatico e somatico-psichico, il cui punto di equilibrio dà lo stato di salute e benessere, mentre, allorquando una delle due componenti si altera, automaticamente compaiono disturbi o psichici o fisici. Tra medico penitenziario e detenuto si deve stabilire un dialogo, attraverso il quale il medico apprende una storia.

La pazienza d’ascolto del medico è destinata a suscitare la confidenza dell’interlocutore. Nel mettere a disposizione il suo sapere specifico, il medico tende ad ottenere l’adesione più completa ai suoi consigli, siano essi intesi a modificare uno stile di vita oppure ad eseguire indagini cliniche o determinate terapie. Il sapere specifico del medico penitenziario rende ragione al detenuto della sua situazione, lo conduce ad una migliore conoscenza di se stesso nei propri aspetti fisici, psichici e sociali e lo induce quindi a non subire una prescrizione, ma ad accettare liberamente ed autonomamente i suggerimenti del medico.

Il medico penitenziario deve sapersi adattare alle caratteristiche psicologiche del detenuto che ha di fronte in modo da adottare di volta in volta quei sistemi che più si addicono ad indurre nel malato un certo comportamento. La drammaticità dei luoghi e delle situazioni nelle quali il medico si trova ad operare impone un certo grado di anaffettività, di distacco ossia quell’atteggiamento di distinzione che il saggio possiede nei confronti dei grandi problemi e dei grandi avvenimenti della storia umana.

Giorno dopo giorno il grado di partecipazione alle sofferenze altrui aumenta e la sensibilità di fronte alla sofferenza si esalta e si affina. Sotto il profilo dell’affettività il medico penitenziario ideale è colui che riesce ad armonizzare l’opportunità del distacco con l’umana necessità della partecipazione.

La Medicina Penitenziaria deve convogliare particolare attenzione ed interesse verso i misteriosi ed elusivi rapporti che collegano gli eventi emozionali e le malattie somatiche. Lo stress che l’ambiente carcerario impone è una risposta dell’organismo del detenuto, a livello sia comportamentale che biologico, ad ogni stimolo che agisce su di esso.

Accanto ad una patologia di tipo lesionale, va rilevato che esiste una patologia funzionale, fonte di notevoli sofferenze per il detenuto e causa di un elevato numero di richieste di consultazione medica. Questa patologia non deve essere sottovalutata dal medico penitenziario e non deve essere trattata a livello sintomatico, ma vanno adeguatamente valutati i determinati psichici ed emozionali, perché porta appunto all’apatia cronica ed .alla perdita di iniziativa, di ogni energia morale e personale.

Notevoli sono gli effetti dell’isolamento dalle percezioni e ben presto si intuisce che la varietà delle cose non è solo un particolare, ma la sostanza stessa della vita. Si ha bisogno del flusso e dello scorrere continuo di sensazioni diverse, di pensieri, di percezioni, azioni ed emozioni diverse, al limite con l’inconscio, ora qui, ora là, mantenendo la nostra individualità nel mare della realtà senza invadere gli altri, né essere invasi.

Giustizia: sex-worker contro la Carfagna; in piazza per i diritti

di Laura Eduati

 

Liberazione, 15 dicembre 2008

 

Pia Covre non ha dubbi: "Se il governo non farà delle politiche sociali le strade si riempiranno di prostitute". E questo nonostante gli sforzi della ministra Carfagna, firmataria di un disegno di legge che vieta la prostituzione nei luoghi pubblici ("proprio lei!" allude pesantemente Franco Grillini) e che consentirà il mercato del sesso soltanto negli appartamenti.

"In questo modo le vittime della tratta saranno irraggiungibili dalla polizia e dalle organizzazioni che si occupano dei diritti dei sex workers. Insomma, questa legge viola i diritti umani" commenta Francesca Nicodemi dell’Asgi, tra le associazioni che hanno promosso la manifestazione nazionale di piazza Farnese (Roma) in questo sabato pomeriggio nuvoloso e poi piovoso.

"Adeschiamo i diritti" è lo slogan scelto per l’iniziativa che coinvolge il Comitato per i diritti civili delle prostitute di Pordenone, Arci, Movimento transessuale italiano (Mit) con la portavoce Porpora Marcasciano, Circolo Mario Mieli, Gruppo Abele e decine di associazioni laiche e cattoliche impegnate ogni giorno e notte nelle strade per offrire assistenza sanitaria e legale alle donne sfruttate dando loro la possibilità di sottrarsi alla criminalità organizzata attraverso un percorso di reinserimento sociale garantito da una legge invidiata a livello internazionale. Se la nuova normativa Carfagna dovesse entrare in vigore stravolgendo l’impianto della legge Merlin, clienti e prostitute verrebbero multati e incarcerati con poco o nessuno effetto sulla tratta delle schiave del sesso.

Dal palco allestito come un appartamento viene ricordata la sindacalista delle prostitute romane Maria Ornella Serpa, scomparsa nel maggio scorso a soli quarant’anni, mentre un volantino dell’associazione "Luna e le altre" chiarisce che l’unico obiettivo del disegno di legge "è mostrare strade sgombre e pulite" con l’effetto di criminalizzare i soggetti più deboli come le migranti e le prostitute. E difatti uno striscione prende di mira il perbenismo della destra "Berlusconi, Alemanno: è la vostra doppia morale che inquina le strade". Che non sia soltanto un problema delle settantamila sex worker lo evidenzia la scritta "Ci riguarda tutte". Che vuol dire: le politiche sulla sicurezza stanno diventando "l’abbaglio e il pretesto per escludere ed eliminare i più deboli".

Nonostante il maltempo, che costringe ad aprire gli ombrellini rossi simbolo della lotta per i diritti delle prostitute, la piazza conta qualche centinaio di persone. Certo, non molte, anche se spicca una marcata partecipazione maschile accanto alle lavoratrici del sesso, trans e omosessuali impegnate a distribuire la spilletta "Anche io sono una puttana" e l’adesivo "Difendi la tua lucciola di quartiere". Il collettivo Amatrix fa circolare una sorta di gioco-provocazione, carte da ritagliare che raffigurano i vari soggetti sociali perseguiti dal governo Berlusconi, dai migranti alle lucciole, invitando a gettarli via come si fa con i rifiuti. Qualcuno indossa una maglietta invidiatissima con la foto di Carfagna mentre posa per un calendario e la citazione di una frase dell’attuale ministra: "Che orrore vendere il proprio corpo".

Presa di mira naturalmente l’ordinanza del sindaco Gianni Alemanno che multa le donne vestite in maniera discinta, ovvero minigonne inguinali e cosce al vento. Decoro urbano e lotta all’adescamento, dice il primo cittadino. "Questo riguarda tutte le donne, ci hanno sempre divise tra puttane e donne perbene e invece noi diciamo che non c’è confine" argomenta una rappresentante delle Sexishock di Bologna. Pochissimi volti noti della politica, questa è una piazza del movimento.

L’europarlamentare Vittorio Agnoletto è l’unico nome di spicco per Rifondazione, e la sua presenza non è casuale visto che per 15 anni ha svolto attività di strada per la Lila: "Il Parlamento italiano dovrebbe aprire l’aula per un convegno nazionale delle sex workers. Purtroppo noi scontiamo un grosso pregiudizio sul fenomeno, a causa anche del cattolicesimo". Grillini avverte, in effetti, che consentire la prostituzione al chiuso significa legittimarla "e il Vaticano questo non lo vuole".

Dunque il pericolo è che si prenda la strada della Svezia, dove la prostituzione è vietata tout court con pesanti sanzioni per sex workers e clienti. Una strada che non piace al movimento italiano, che propone naturalmente la cancellazione del disegno di legge della ministra e delle ordinanze anti-lucciole sbocciate come fiori negli ultimi mesi, e stila una serie di proposte: l’attivazione di una mediazione sociale nei quartieri dove la presenza della prostituzione causa effettivi disagi ai residenti; proporre una alternativa reale a coloro che intendono abbandonare la prostituzione; garantire l’applicazione completa dell’art. 18 e cioè permesso di soggiorno e assistenza per le vittime della tratta; formare le forze dell’ordine e sensibilizzarle sul fenomeno prostituzione. Non solo: abolire il reato di adescamento e favoreggiamento, inserite nella legge Merlin che abolì le case chiuse nel 1958, comporterebbe un vantaggio per quei sex worker che scelgono volontariamente di fare questo mestiere in quanto potrebbero finalmente creare delle cooperative di sostegno, mandando a quel paese i protettori.

Molte delle associazioni promotrici della manifestazione erano state coinvolte nell’Osservatorio nazionale sulla prostituzione promosso dal ministro dell’Interno Giuliano Amato, durante il governo Prodi. Quella esperienza ha cementato la lotta delle lavoratrici del sesso, eppure non ha prodotto risultati tangibili sulla legislazione nazionale. "Carfagna dovrebbe smetterla di fare solo cose di facciata" conclude Paola Concia del Partito democratico.

Lecce: suicida detenuto 27enne; a 19 anni uccise una bambina

 

Agi, 15 dicembre 2008

 

Si è ucciso impiccandosi Vincenzo Coratella, 27 anni, uno dei componenti del gruppo di cinque persone che otto anni fa rapirono e uccisero una bambina dopo un tentato stupro. 

Si è ucciso impiccandosi. Otto anni fa, con un branco composto di quattro persone, sequestrò ad Andria una bimba di appena otto anni, Graziella Mansi, e le diede fuoco dopo aver tentato di stuprarla.

Si è conclusa così, nel carcere di Lecce, la storia di Vincenzo Coratella, di 27 anni. La scorsa notte ha preso la cintura del suo accappatoio fissandone una estremità a una sbarra del letto a castello e strozzandosi con l’altra. Il suicidio, secondo il medico del carcere, sarebbe avvenuto verso l’una. Circa tre ore più tardi il corpo è stato notato dagli agenti di polizia penitenziaria che hanno dato l’allarme. Il giovane era da solo in cella. Oltre a lui, per quella storia che scosse l’opinione pubblica per la sua efferatezza furono condannati con sentenza definitiva della Cassazione nel 2004 gli altri quattro autori della violenza, tutti giovani del posto: a Pasquale Tortora, di 28 anni, giudicato con rito abbreviato, furono inflitti 30 anni di carcere, agli altri (oltre a Coratella, Giuseppe Di Bari, 27 anni, Domenico Margiotta, di 25, e Michele Zagaria, di 29 anni), l’ergastolo. Ma a pagare per la crudeltà di quel branco nell’agosto del 2000, nei boschi a ridosso di Castel Del Monte, maniero federiciano nel territorio di Andria, fu soprattutto la piccola Graziella.

Tortora la attirò con uno stratagemma. “Vieni, ti voglio mostrare una cucciolata di cani”, le disse. La bimba, che pure i genitori descrissero come creatura riservata e non propensa a dare confidenza, lasciò la bicicletta vicino a una fontana dove era andata per riempire un secchio d’acqua e lo seguì. Ma una volta nel bosco trovò gli altri quattro aguzzini. Qui avvennero i tentativi di stupro, le inutili richieste di aiuto della bambina, soffocate a calci, le sue urla di terrore e di dolore quando fu posta su un letto di foglie secche e data alle fiamme con un accendino. Tortora fu fermato subito dopo il ritrovamento del corpo carbonizzato. In un primo momento disse agli investigatori di aver agito da solo, ma poi non resse e fece i nome dei suoi complici. Quando fu emessa la sentenza, i genitori e gli altri parenti l’accolsero con soddisfazione

 

 

Mantova: 27enne si suicida nell’Opg di Castiglione delle Stiviere

 

La Gazzetta di Mantova, 15 dicembre 2008

 

Un suicidio all’Opg. È successo giovedì scorso. Nel pomeriggio, alle tre, è stato trovato senza vita T.G., di 27 anni, di Rieti, detenuto nell’ospedale psichiatrico giudiziario. Sembra essersi impiccato volontariamente con un lenzuolo legato all’inferriata di una finestra. La salma è nelle camere mortuarie di Castiglione a disposizione del magistrato.

Milano: la crisi entra a San Vittore; detenuti poveri hanno fame

di Gabriele Cereda

 

La Repubblica, 15 dicembre 2008

 

Da alcuni mesi sono ai limiti della sussistenza le condizioni di vita dei reclusi di San Vittore. Tornato ai livelli pre-indulto, con una popolazione carceraria di 1.400 detenuti. E i generi di prima necessità scarseggiano.

A digiuno. Senza carta igienica. Privi di sapone per lavarsi. Da alcuni mesi sono queste le condizioni di vita dei reclusi di San Vittore. Tornato ai livelli pre-indulto, con una popolazione carceraria di 1.400 detenuti. Ben oltre la soglia di tollerabilità, fissata a quota 800. Nel frattempo, la crisi è arrivata anche dietro le sbarre. I generi di prima necessità scarseggiano. "Da troppo tempo", racconta un volontario dell’associazione Antigone, per i diritti e le garanzie nel sistema penale. I pasti, per cui sono stanziati 2 euro e 95 centesimi, sono insufficienti a soddisfare il fabbisogno della popolazione carceraria. È sempre maggiore il numero dei detenuti che non riesce ad accedere al soppravvitto, cioè i beni supplementari che i reclusi possono acquistare nello spaccio del carcere con il proprio denaro.

A San Vittore, il listino dei beni alimentari è calcolato sulla base dei prezzi dei supermercati del centro. Troppo alti, quindi, per una fetta sempre più grande di detenuti, la maggior parte dei quali extracomunitari. Dallo scorso luglio, spesso è capitato che i carcerati delle ultime celle rimanessero a bocca asciutta o che si siano dovuti accontentare degli avanzi. "In alcune sezioni del sesto raggio, su 140 detenuti si è riusciti a garantire il pasto a 90", precisa Giorgio Bertazzini, garante dei detenuti della provincia di Milano. "L’emergenza è stata mitigata con l’intervento di alcune associazioni di volontariato, che hanno fornito all’istituto il necessario", replica la direttrice Gloria Manzelli.

Le cose non sono destinate a migliorare. Nella Finanziaria 2009 sono previsti 133 milioni di euro di tagli per il Dipartimento di amministrazione penitenziaria. Per ora, le emergenze si affrontano con l’aiuto delle associazioni. Da sola, la banca telematica di solidarietà, da giugno a questa settimana, ha consegnato oltre 400 chili di pacchi alimentari e migliaia di rotoli di carta igienica. "C’è una facciata di progettazione, penso al cd prodotto dai reclusi, che nasconde una situazione drammatica - puntualizza Francesca Corso, assessore provinciale per l’Integrazione dei detenuti - Occorre convocare un tavolo istituzionale per fronteggiare quest’emergenza".

Agrigento: 65% i detenuti stranieri, non hanno neanche vestiti

 

La Sicilia, 15 dicembre 2008

 

Record di presenze con 102 detenuti, che mancano anche di indumenti. È il caso degli extracomunitari che, come afferma il direttore Fabio Prestopino, "arrivano in maglietta e pantaloncini". D’inverno si gela nel vetusto carcere saccense, anche perché le carenze strutturali rimangono ancora senza soluzione. Metà dei detenuti sono extracomunitari, mentre il 65% della popolazione carceraria è dentro per reati connessi con la tossicodipendenza.

La situazione sanitaria è esplosiva e lo sarà ancor di più a partire dal primo di gennaio quando l’Amministrazione penitenziaria non sarà più competente per l’aspetto sanitario, che passa per competenza alla Regione. Senza dimenticare le difficoltà del personale che si trova ad operare in condizioni davvero stressanti. Il direttore Prestopino lancia un appello alla città dalla quale attende "un gesto di solidarietà nei confronti dei detenuti che mancano di indumenti invernali".

Nonostante le condizioni di disagio vissute all’interno della struttura carceraria (recentemente il garante regionale per la tutela dei diritti fondamentali dei detenuti, Salvo Fleres, ha inserito anche la struttura saccense nella lista delle carceri da chiudere), emergono significative attività sia per l’apprendimento di mestieri, sia per gli spettacoli. Giovedì sera, 12 detenuti hanno recitato la commedia "Ma quale famiglia Addams?... Peggio".

La rappresentazione musicale siciliana, in un unico atto, ha avuto la regia del riberese Stefano Palminteri, le musiche sono state curate da Giuseppe Smeriglia, anch’egli del centro crispino; Cristina Montalbano è stata l’aiuto regia, audio e luci di Salvatore Aliotta, operatori di scena Mariella Bono ed Emanuela Barbarotta.

Firenze: all’Opg di Montelupo troppi internati, stop ai ricoveri

 

Il Tirreno, 15 dicembre 2008

 

Allarme del direttore generale dell’Asl: l’Opg di Montelupo sta scoppiando, è sovraffollato, al punto di essere a rischio la convivenza fra malati. Così l’Asl, sulla base della relazione della nuova direttrice dell’ospedale, ha chiesto al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria di bloccare l’invio di altri detenuti. Il direttore generale della Asl Engenio Porfido ha inviato una lettera in cui si sottolineano la situazione di sovraffollamento della struttura e la precarietà delle condizioni igienico-sanitarie. Questa situazione rende difficile, se non impossibile, il pieno svolgimento delle funzioni sanitarie, che sono ormai passate in carico al servizio sanitario regionale.

Come sardine. Attualmente l’ospedale psichiatrico giudiziario ospita circa 190 detenuti-pazienti, mentre la capienza dei reparti è di circa la metà, in quanto parte della struttura è inutilizzabile. Così in molte camere da quattro posti sono stati sistemati anche setto o otto letti, mentre camere singole sono state trasformate in camere doppie. Gli interventi di manutenzione previsti dal piano di riqualificazione del ministero della giustizia, che erano iniziati con la ristrutturazione di un reparto, sono al momento interrotti.

Passato all’Asl. L’azienda sanitaria si è mossa per affrontare la situazione, di concerto con il Comune di Montelupo, non appena ha preso in carico le funzioni sanitarie e il personale della struttura. È stato nominato un referente sanitario e creato un gruppo di lavoro interdisciplinare incaricato di individuare le azioni di miglioramento da mettere in atto subito. "In particolare - spiega l’Asl - si sta procedendo alla revisione delle procedure per gli interventi di emergenza, per la tenuta della documentazione clinica e per la somministrazione delle terapie. Verrà anche messo a punto un programma di più lungo respiro, che consentirà di realizzare per ciascun detenuto un progetto terapeutico specifico fino, dove possibile, al reinserimento nella comunità".

Più controlli. Il dipartimento di prevenzione ha definito un nuovo programma di sorveglianza sulla preparazione degli alimenti, mentre l’azienda ha programmato altre verifiche sugli aspetti legati all’ospitalità alberghiera. Si stanno definendo gli standard di personale per valutare la necessità di un potenziamento e si lavora anche per rivedere l’organizzazione delle attività e la distribuzione degli ospiti in aree omogenee rispetto alle caratteristiche delle varie patologie. "Quello dell’azienda, quindi, è un programma di intervento a tutto campo, che però può essere seriamente ostacolato dalle condizioni di sovraffollamento e strutturali in cui versa oggi l’Opg. Per oggi è previsto un nuovo sopralluogo a cui parteciperanno i vertici della Asl e il sindaco di Montelupo".

Macerata: a Civitanova detenuti per i servizi socialmente utili

 

Corriere Adriatico, 15 dicembre 2008

 

Carcerati per i servizi socialmente utili, Civitanova sarà la prima città marchigiana a mettere in atto questo progetto. Proprio ieri è stata deliberata la convenzione tra il Comune e il Ministero della Giustizia, dipartimento attività penitenziaria. Primo passo dell’iter che porterà ad utilizzare persone che devono scontare una pena detentiva come operatori ecologici e giardinieri. L’idea dell’assessore Marzetti, quindi, si sta per trasformare in realtà. Già nel mese di gennaio potrebbero arrivare, dalle carceri marchigiane, i primi "galeotti-netturbini". Si tratta dell’applicazione di un preciso programma di reinserimento sociale per i detenuti, messo in atto dal Ministero. È riservato a persone che hanno subito condanne lievi.

Pisa: Volterra; in "lavoro esterno" 25 condannati a lunghe pene

 

Il Tirreno, 15 dicembre 2008

 

Il ministro Brunetta plaude il carcere di Volterra. Il progetto che prevede l’inserimento lavorativo esterno di 25 detenuti condannati a lunghe pene detentive è tra i 100 casi selezionati dal Ministero della pubblica amministrazione e l’innovazione nell’ambito dell’iniziativa "Non solo fannulloni".

"Questo riconoscimento - sottolinea la direttrice del carcere, Maria Grazia Giampiccolo - non può che farci piacere. Oggi abbiamo 25 detenuti che lavorano in aziende del territorio: agriturismo, imprese edili, officine meccaniche e soprattutto ristoranti, grazie soprattutto all’iniziativa delle cene galeotte, curate dai nostri cuochi-detenuti". La direttrice rimarca il ruolo del territorio: "Il progetto di recupero e integrazione ha avuto successo grazie anche alla grande disponibilità delle aziende".

Il progetto si colloca nell’ambito di un protocollo d’intesa firmato nel 2001 tra la Provincia di Pisa e la Casa Penale di Volterra, con la quale si istituiva nel carcere un servizio di sportello per l’orientamento, formazione professionale, lavoro, con il compito di selezionare un numero di detenuti per un’attività lavorativa esterna della durata di sei mesi per l’acquisizione di una professionalità e soprattutto per il recupero di capacità di relazione con la realtà del lavoro all’esterno della struttura penitenziaria.

Il servizio di sportello, con due operatori del Centro per l’impiego e l’educatore del carcere, ha realizzato i colloqui di orientamento individuando i detenuti che, in presenza dei requisiti prescritti dalla legge, presentassero specificità professionali e competenze tali da poter accedere al programma.

Parallelamente l’impegno del Centro per l’impiego si è rivolto verso le aziende del territorio. Il servizio di incontro domanda-offerta di lavoro offerto dai Centri ha assunto in queste circostanze, caratteristiche molto particolari, uscendo dagli schemi comuni, comportato per gli stessi operatori uno sforzo professionale e creativo per dare concreta attuazione alla convenzione stipulata.

L’attività è stata inserita all’interno del progetto "Coast revitalization", che si è concluso nel 2003, quando sette detenuti hanno terminato il tirocinio formativo: di essi cinque sono stati assunti a tempo indeterminato e due a tempo determinato. Da allora l’inserimento nelle attività lavorative è stato costante e ha coinvolto complessivamente 36 detenuti. Francesco Turchi

Novara: Sappe in protesta; sostituire comandante di reparto

 

Ansa, 15 dicembre 2008

 

Un presidio permanente, di fronte alla Prefettura di Novara, per denunciare le "precarie condizioni di sicurezza" della Polizia Penitenziaria. Il Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria (Sappe) scende in piazza, da oggi, per chiedere l’avvicendamento del comandante di reparto.

"Da tempo denunciamo il disagio lavorativo in cui versa il personale del Corpo presso la casa circondariale di Novara" si legge in una nota. "Nei mesi scorsi - aggiunge il Sappe - il sindacato è ripetutamente intervenuto su tale situazione, segnalando perplessità circa la gestione dell’ordine e della disciplina dei reparti detentivi, dove si sono verificati anche episodi di aggressione a danno di unità del Corpo".

In particolare, si legge ancora nel documento, "il Sappe ha chiesto di valutare con attenzione l’opportunità di un avvicendamento del comandante di reparto". Di qui la protesta che andrà in scena a partire da lunedì e che, "in assenza di iniziative urgenti e significative", proseguirà ad oltranza.

Brescia: teatro; riflessioni e lettere di Natale dei detenuti-attori

 

Giornale di Brescia, 15 dicembre 2008

 

Nell’ambito della rassegna "Natale nelle Pievi" è in programma oggi un evento "speciale", Speciale perché il palcoscenico è allestito nella cappella della Casa Circondariale di Canton Mombello dove detenuti e detenute daranno vita ad una recita sul tema del Natale che li coinvolge come autori ed attori. Alle ore 15 viene infatti presentato "Riflessioni e Lettere dal Carcere sul Natale".

Lo spettacolo è frutto del lungo lavoro di preparazione curato da Pietro Arrigoni, direttore artististico di "Natale nelle Pievi", in collaborazione con la professoressa Donatella Giordano (Corso integrato Itg Tartaglia - Ipsia Fortuny), per offrire ai detenuti la possibilità di attraversare quel ponte che separa quanti vivono in restrizione da coloro che vivono in libertà, in una circostanza che, per la sua stessa natura, recita il dissolvimento di ogni barriera in un ideale abbraccio di tutta l’umanità.

"Sono profondamente convinta che sia una buona idea dare visibilità al carcere - dice la dottoressa Maria Grazia Bregoli, che dirige la Casa Circondariale di Canton Mombello - così come è importante che i detenuti siano parte attiva di questo progetto, che persegue fondamentalmente un obiettivo di comunicazione. Il tutto dovrebbe essere funzionale al reciproco riconoscersi, dando concretezza alla prospettiva, che lo stesso regime penale contiene, della riabilitazione.

E anche il periodo natalizio, con la caratteristica enfasi sugli affetti, non facile da vivere per chi si trova in regime di restrizione, si presta particolarmente alla finalità di introdurre il Carcere nel quotidiano, come parte integrante della società civile, inserendo la piccola cappella di Canton Mombello nel circuito delle bellissime Pievi bresciane che la Rassegna tocca". L’ingresso è su invito.

Treviso: mostra; "Liberi di incidere", e l’arte entra nel carcere

 

La Tribuna di Treviso, 15 dicembre 2008

 

È stata inaugurata ieri al Battistero del Duomo la mostra "Liberi di incidere", che presenta alcuni manufatti realizzati da detenuti del carcere di Treviso. Il tema delle opere è la Natività: attraverso una serie di incisioni su vetro e su cristallo sono riveduti e interpretati alcuni lavori dei più grandi maestri dell’iconografia sacra, come Cimabue, Giotto, Andrej Rubliv.

"Ci erano giunte voci di un detenuto con spiccate doti artistiche - spiega Igor, che lavora al Santa Bona nel settore delle attività occupazionali - la cosa ha destato un certo interesse, così abbiamo incoraggiato l’attività di questa persona, con la speranza che potesse essere di buon esempio per gli altri. Adesso sono due i detenuti che lavorano al Laboratorio Artistico del carcere". Lo scopo di questa mostra, prosegue Igor, è quello di mostrare alla cittadinanza un’attività che poco si conosce, di dare la dovuta visibilità a queste piccole opere d’arte, per le quali queste persone lavorano con impegno 7 ore al giorno per 5 giorni a settimana. Attraverso quest’iniziativa i responsabili della Cooperativa Sociale Alternativa, che lavora da anni per il reinserimento nella società di soggetti "deboli", vogliono "stabilire un ponte tra il pianeta carcere e la società stessa".

Campobasso: Napolitano premia i detenuti-studenti di Larino

 

Il Messaggero, 15 dicembre 2008

 

In occasione del 60° anniversario della Costituzione italiana il Ministero della Pubblica Istruzione ha indetto il concorso nazionale "La Costituzione vista dai giovani".

Al concorso hanno partecipato i detenuti-studenti del carcere di Larino che, nella circostanza, hanno ottenuto dalla Commissione preposta alla valutazione uno speciale riconoscimento con la seguente motivazione: Vengono segnalati i lavori di alcune classi della sede carceraria di Larino (Campobasso) associata all’Istituto Tecnico Industriale di Stato "E. Majorana" di Termoli (Campobasso), non solo per l’originalità dei contenuti e delle modalità espressive, ma anche per taluni interessanti spunti di riflessione sulla fondamenta funzione della Costituzione. Gli elaborati non mancano di umorismo e anche di una gradevole autoironia.

Il riconoscimento è stato consegnato dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, durante la cerimonia per la presentazione del "Quaderno della Costituzione". Alla manifestazione, tenutasi al Palazzo del Quirinale erano presenti Rosa La Ginestra, Direttore della Casa Circondariale di Larino, il Commissario dell’Istituto di pena Luigi Ardini, e una rappresentanza di due detenuti-studenti. Da questa iniziativa ha preso spunto l’idea di trasformare il lavoro dei detenuti-studenti in un volume da far circolare nelle carceri, nelle scuole e in ogni ambito civile.

La pubblicazione, che raccoglie i commenti e le vignette dei detenuti, comprende gli interventi di Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica, di Nicola D’Ascanio, Presidente della Provincia di Campobasso grazie al cui contributo si è potuto realizzare il lavoro, di Giuseppe Cosentino, Capo Dipartimento del Ministero della Pubblica Istruzione.

All’interno del volume i contributi di Stefano Giuliani, Dirigente Scolastico Itis "Ettore Majorana" e di Rosa La Ginestra, Direttore Casa Circondariale di Larino. Il volume è edito dall’Associazione "Il Ponte" ed è stato curato da Giancarlo Mammarella.

La presentazione della pubblicazione si terrà martedì 16 dicembre, alle ore 10,00, nel carcere di Larino. Saranno presenti il Presidente della Provincia, il Prefetto di Campobasso, il Vescovo di Termoli - Larino, il Presidente del Tribunale di Sorveglianza, il Sindaco e l’Assessore alla Cultura del Comune di Larino, il Dirigente Regionale Scolastico, i dirigenti scolastici degli istituti di Larino e dell’Itis di Termoli.

Nuoro: ex bancario ucciso per vendetta, sparò a un rapinatore

di Pierangelo Sapegno

 

La Stampa, 15 dicembre 2008

 

Il signor Franco Ibba in fondo è morto come aveva sempre avuto paura di morire: ucciso dai banditi. Solo che è successo quando pensava che questo incubo fosse ormai finito. Per una vita aveva lavorato all’agenzia del Banco di Sardegna nella piazza principale di Ilbono, vittima spaventata di un mucchio di rapine. Era diventato direttore e poi era andato in pensione. Prima di chiudere la porta del suo ufficio, aveva brindato con i suoi colleghi: "Resterò sempre uno di voi", aveva detto. Aveva comprato una casa proprio di fronte alla banca. E in pochi anni aveva assistito dalla sua finestra ad altre cinque rapine clamorose, con porte sfondate, sparatorie, motori rombanti e fughe western.

Il lunedì 21 agosto del 2006, l’aveva svegliato un gran clangore: i banditi avevano abbattuto la vetrata dell’istituto con una Fiat Uno lanciata contro. Quando scappavano lui gli aveva gettato addosso un vaso di fiori e poi aveva sparato con il suo fucile. Era morto Gianluigi Mameli, 33 anni, di Ilbono, colpito in pieno da un proiettile alla schiena. Ai carabinieri che erano andati a prenderlo, disse che non ne poteva più: "In vent’anni non ho mai reagito una volta. Doveva succedere questo per farli smettere?". Due anni dopo, ieri mattina i banditi sono tornati: l’hanno chiamato sotto casa, l’hanno obbligato a salire su una macchina e l’hanno portato nei campi. Poi l’hanno ucciso mentre era in ginocchio.

Il corpo è stato abbandonato in un suo podere, vicino al campo sportivo di Ilbono, un piccolo centro dell’Ogliastra, sulla costa centro-orientale della Sardegna, una figura scura lasciata con le braccia aperte e la guancia schiacciata sul fango, nel terriccio. L’hanno visto dei vicini che passavano dalla strada per andare in città. Hanno chiamato i carabinieri e loro hanno pensato subito a una vendetta: un rituale barbaricino che segna la vita di chi resta, nell’imminenza del Natale, proprio per sovrapporre il dolore di una morte alla gioia della festa. Franco Ibba aveva 73 anni. Era un uomo piccolo, con il volto solcato da rughe profonde, come un campo arato. Per i fatti del 2006 era stato rinviato a giudizio: eccesso colposo. La vittima, Gianluigi Mameli, era un suo compaesano, e lui lo conosceva.

Ma quel giorno non poteva sapere chi era. I tre banditi, tutti mascherati con i cappucci, erano arrivati nella piazza quasi deserta su una Fiat Uno, che aveva un grosso palo che sporgeva dal bagagliaio. Avevano girato la macchina con il muso rivolto verso la casa di Ibba, dall’altra parte dello slargo. Poi l’avevano lanciata in retromarcia contro l’ingresso dell’agenzia del Banco di Sardegna. Il portone blindato si era spalancato facendo un gran fracasso di vetri rotti e ferri esplosi. Ibba si era affacciato alla finestra, richiamato da quel fragore. Due banditi erano entrati nel locale, dove c’erano un impiegato e la direttrice.

Quelle scene, il pensionato Ibba Franco non le aveva solo viste tante volte: lui le aveva vissute, ne aveva sofferto il terrore, non solo per sé, "ma anche per gli altri", come raccontò ai carabinieri che erano andati a prenderlo, bussando alla sua porta per chiedergli se aveva dei fucili in casa. "Ne ho sei", aveva risposto lui. "Tutti denunciati". Li aveva portati nella sala, con il tavolo di noce in mezzo, ricoperto di centrini ricamati e fiori secchi nei vasi di peltro. "Ho sparato con questo", disse. All’inizio gli inquirenti avevano pensato che i banditi si fossero sparati da soli fra di loro, mentre si coprivano la fuga. Non era saltato fuori un testimone che accusasse il pensionato Ibba Franco di aver sparato ai rapinatori.

Qualcuno aveva solo raccontato del vaso di fiori che gli aveva lanciato contro e che si era schiantato nel riverbero colorato del parabrezza, come una esplosione di impotenza. Soltanto una settimana dopo gli uomini della scientifica avevano fatto i calcoli balistici e avevano capito che il colpo non poteva venire che dall’alto. Forse era lo stesso signore che aveva lanciato i fiori: la direzione era la stessa. Ai carabinieri venne ad aprire questo uomo piccolo, "con una leggera striscia di barba che il rasoio aveva omesso di radere e che mostrava dei peli ispidi e bianchi", un vecchietto così inoffensivo, con le labbra sottili raccolte in una durezza appena increspata. Qualche mese prima era già successo di nuovo sotto casa.

La stessa scena, ma era quasi mezzogiorno, e c’era sua moglie che era fuori. Aveva avuto una paura dannata per lei. Erano venuti con una macchina, e avevano sfondato la vetrata. Poi se n’erano andati via con dei sacchi pieni di 80 mila euro dopo 10 minuti, durante i quali il pensionato Ibba Franco aveva disperatamente pensato di scendere sotto per cercare la sua compagna. Ma mentre sgommavano sulla macchina, lui era ancora lì affacciato al balcone con la sua paura. Lei era rientrata a casa un’ora dopo, quando il cuore gli era finalmente sceso al suo posto. Quel 21 agosto, invece, la moglie era di là in camera. Ma quell’ansia e quella rabbia erano le stesse. Si sporse dal balcone, guardando sotto.

Uno dei banditi gli puntò la pistola e gli urlò di tornare dentro: "Levati di qui o ti sparo!". È per questo che gli era presa l’ira, raccontò poi ai carabinieri, perché dopo una vita che aveva sempre dovuto fare quello che volevano loro, che aveva alzato le mani e che aveva chiuso il cuore, dopo una vita passata a ubbidire alla sua paura, non ci aveva più visto. Era corso in sala e aveva preso il fucile che stava dentro al mobile con la porticina di vetro, quello che aveva mostrato agli agenti, quello che aveva puntato dalla finestra sparando contro la sua ossessione. Da allora non c’era stata più una rapina a Ilbono. Come se anche lui fosse diventato la stessa ossessione dei suoi banditi.

Immigrazione: in materia di diritto d’asilo una riforma a 360°

di Paolo Bozzacchi

 

Italia Oggi, 15 dicembre 2008

 

Novità significative in vista per il sistema europeo comune di asilo. La Commissione europea in settimana ha immaginato una riforma complessiva dell’asilo, adottando proposte di modifica di tre degli strumenti legislativi vigenti nell’ambito del sistema comune europeo d’asilo: la direttiva relativa all’accoglienza dei richiedenti asilo; il regolamento Dublino (che stabilisce lo stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo) e il regolamento che istituisce Eurodac, la banca dati contenente le impronte digitali dei richiedenti asilo (che agevola l’applicazione del regolamento Dublino).

Queste modifiche sono le prime proposte concrete presentate da Bruxelles per attuare il Piano strategico sull’asilo e il Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo. Obiettivo principale di questi due progetti a lungo termine è quello di garantire a tutti i richiedenti asilo equità e parità di trattamento, a prescindere dal luogo in cui presentano la domanda di asilo nell’Unione, nonché migliorare l’efficacia del sistema europeo d’asilo.

Il vicepresidente della Commissione Jacques Barrot, commissario responsabile del portafoglio Libertà, sicurezza e giustizia, ha così commentato l’iniziativa di riforma: "Il nostro obiettivo è mettere i richiedenti asilo al centro di una procedura umana ed equa. E necessario assicurare norme di protezione più elevate, condizioni più eque e un sistema più efficace". Ha poi aggiunto: "Modificando la direttiva relativa all’accoglienza miglioriamo le condizioni di vita dei richiedenti asilo, consentiamo l’applicazione del

trattenimento in circostanze limitate e giustificate, escludendo in ogni caso i minori, e affrontiamo adeguatamente le esigenze delle persone vulnerabili, come le vittime di torture. Modificando i regolamenti Dublino ed Eurodac vogliamo garantire una maggiore efficacia ed equità del sistema europeo d’asilo. Infine, come primo segno di solidarietà interna, ho proposto l’istituzione di un meccanismo che sospenda i trasferimenti attuabili nel quadro del regolamento Dublino per evitare che gli stati membri i cui sistemi di asilo risultano più sollecitati siano sottoposti a un onere eccessivo".

Andando nel dettaglio della Direttiva sull’accoglienza, la proposta ha questi obiettivi: fare in modo che il trattenimento sia applicato soltanto in circostanze eccezionali e prevedere garanzie giuridiche che ne impediscano l’applicazione arbitraria, garantendo che i minori non possano essere trattenuti a meno che ciò non sia nel loro interesse (il provvedimento non si applica mai ai minori non accompagnati), garantire che siano stabiliti a livello nazionale meccanismi atti a individuare tempestivamente i richiedenti asilo con esigenze particolari per offrire loro un trattamento appropriato, infine agevolare l’accesso al mercato del lavoro e fare in modo che le limitazioni applicate dagli stati membri non ostacolino l’accesso effettivo all’occupazione.

La proposta di modifica del Regolamento Dublino stabilisce un meccanismo di sospensione dei trasferimenti attuabili nel quadro del regolamento Dublino in circostanze limitate per evitare che gli stati membri i cui sistemi di asilo risultano più sollecitati siano sottoposti a un onere eccessivo. Inoltre garantisce che i richiedenti asilo non siano inviati negli stati membri che non possono offrire loro un adeguato livello di protezione, soprattutto in termini di condizioni di accoglienza e di accesso alla procedura di asilo; chiarisce le circostanze e le procedure per l’applicazione di alcune norme, come quelle che consentono agli stati membri di farsi carico di un richiedente asilo per ragioni umanitarie e introduce garanzie supplementari in ordine al diritto di impugnare una decisione di trasferimento, garantendo con ciò il diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo. Infine punta a facilitare il ricongiungimento familiare, in particolare per quanto riguarda il ricongiungimento di un richiedente con parenti con i quali esiste un legame di dipendenza e con beneficiari di protezione sussidiaria.

Il nuovo Regolamento Eurodac definisce norme per garantire l’effettiva e tempestiva trasmissione delle impronte digitali all’unità centrale Eurodac onde individuare correttamente lo stato membro competente, ai sensi del regolamento Dublino, per l’esame della domanda; stabilisce norme tecniche per assicurarsi che gli stati membri cancellino immediatamente i dati non più necessari allo scopo per i quali erano stati raccolti e che la Commissione possa controllare meglio il rispetto dei principi della protezione dei dati. Infine .chiarisce le disposizioni che consentono alla Commissione e al garante europeo della protezione dei dati (Gepd) di controllare efficacemente l’accesso delle autorità nazionali ai dati contenuti nell’Eurodac.

Immigrazione: ex imam Cremona Trabelsi estradato in Tunisia

 

Ansa, 15 dicembre 2008

 

L’ex imam di Cremona Mourad Trabelsi, ex imam della moschea di via Massarotti a Cremona, condannato per terrorismo, è stato estradato in Tunisia. Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, aveva firmato nei giorni scorsi il decreto di espulsione nei confronti del nordafricano, Mourad Trabelsi, ex imam della moschea di Cremona, rimesso in libertà dopo avere finito di scontare la pena nel carcere di Voghera (Pavia), dove era detenuto dal primo aprile. Lo stesso Maroni il 3 dicembre aveva annunciato il provvedimento di estradizione, nel corso di un’informativa alla Camera dei Deputati riguardante i due marocchini arrestati a Milano il 2 dicembre con l’accusa di progettare attentati in Italia.

A nulla dunque sono valse le mosse condotte dallo stesso Trabelsi e dal suo avvocato, Giuseppe De Carlo, per evitare il rientro in Africa. Stasera il legale ha annunciato che denuncerà il ministro Maroni per abuso d’ufficio. "In Tunisia Mourad è stato condannato a vent’anni e rischia la tortura", ha affermato lo stesso avvocato De Carlo. La Corte europea di Strasburgo, dal canto suo, aveva sospeso l’espulsione e, pur negando al tunisino lo status di protezione sussidiaria perché non si può concedere ai condannati per terrorismo, aveva raccomandato la concessione di un permesso temporaneo.

L’opposizione all’espulsione dell’ex Imam di Cremona, condannato con sentenza passata in giudicato a 7 anni di reclusione per terrorismo internazionale di matrice islamica, ha tenuto banco nei giorni scorsi. "I giudici possano ritenere attenuata la sua pericolosità sociale e non ordinare l’espulsione disposta, a fine pena, già dalla Corte d’Assise di Cremona", aveva ribadito il suo legale. I giudici sono stati di tutt’altro avviso. Prima della carcerazione e della condanna, Trabelsi aveva vissuto con la famiglia in un appartamento nel centro di Cremona.

"Questo signore, dopo la scarcerazione - aveva spiegato Maroni - è stato comunque trattenuto presso il Centro Corelli di Milano in attesa dell’udienza del magistrato di sorveglianza di Pavia al quale è stato chiesto dall’avvocato del tunisino di riesaminare la sua pericolosità sociale come presupposto per l’espulsione. Lo stesso giudice pavese ha confermato la pericolosità sociale e io ho firmato il decreto di espulsione per motivi di sicurezza".

Droghe: Giovanardi; stop a vendita di alcolici dopo le 2 di notte

di Maria Novella De Luca

 

Repubblica, 15 dicembre 2008

 

Una strage continua. Automobilisti ubriachi, morti e feriti. Sulle strade italiane, e non solo quelle del weekend, è l’alcol oggi la prima emergenza. E dopo il bollettino di guerra delle ultime 48 ore c’è chi torna a invocare la tolleranza zero, il divieto di vendita di alcolici nella notte, e un giro di vite in tutti i luoghi dove si somministrano bevande pericolose per la guida. È il Sottosegretario alla presidenza del Consiglio Carlo Giovanardi ad invocare subito misure più restrittive: "Voglio proprio vedere chi, dei colleghi senatori, voterà contro l’emendamento al disegno di legge sulla sicurezza in discussione al Senato, che prevede lo stop della somministrazione degli alcolici dalle 2 del mattino in tutti i locali pubblici e del divieto di vendere bottiglie di alcolici dalle 2 alle 6 del mattino. È il minimo che il Parlamento possa fare, davanti a questa strage continua che nelle ore dell’alba del venerdì e del sabato notte continua a mietere vittime innocenti tra i giovani, che un irresponsabile circuito del divertimento rende facile preda dell’ alcol, della droga o semplicemente di micidiali colpi di sonno dovuti alla stanchezza".

Un allarme serio, grave. Perché, a giudicare dai dati della polizia Stradale, la maggioranza degli automobilisti che vengono trovati positivi all’etilometro, hanno nel sangue un tasso alcolico che va dall’I all’1,5% oltre il consentito. Oltre il 60% dei controlli ha rilevato infatti nei guidatori fermati tassi di alcol altissimi, tali da provocare, appunto, incidenti mortali. E i protagonisti sono quasi sempre i cosiddetti giovani-adulti, tra i 28 e i 32 anni, che possono spendere per bere e guidare poi auto potenti.

"I controlli sono stati intensificati enormemente - spiega Roberto Sgalla, direttore della Polstrada - siamo passati dai 594.626 dei primi 10 mesi del 2007, a oltre un milione di controlli nello stesso periodo del 2008. Ma al di là dell’azione repressiva, è necessario un cambiamento di cultura, la coscienza che mettersi al volante dopo aver bevuto è un rischio per se stessi e per gli altri. E infatti per le feste di Natale, periodo a rischio, abbiamo lanciato una campagna dal titolo Brinda con prudenza. A tutti gli automobilisti fermati, non positivi all’etilometro, verrà regalato un biglietto per andare in discoteca".

Giordano Biserni, presidente dell’Associazione sostenitori della Polstrada, ricorda come secondo i dati Istat 2007, "nelle 16 ore maledette che vanno dalle 22 del venerdì alle 6 del sabato e del sabato sera sulla domenica, si sono contati 14.406 incidenti corrispondenti al 43,8% degli incidenti delle notti di tutta la settimana". Notti dove oltre allo sballo da alcol si somma lo sballo da droghe e sostanze stupefacenti. Ancor più dura la linea di Riccardo De Corate, vice sindaco di Milano, e deputato del Pdl, che rilancia la proposta di "contestare l’accusa di omicidio volontario anziché colposo a chi provoca la morte di altri guidando in stato di stato di ebbrezza, o di alterazione psicofisica".

Stati Uniti: diminuisce il numero di condanne a morte emesse

 

Ansa, 15 dicembre 2008

 

Diminuisce il numero delle condanne a morte emesse negli Stati Uniti nel corso del 2008. Le 111 condanne dell’anno che sta per finire, contro le 115 del 2007, rappresentano la cifra più bassa degli ultimi trent’anni. Anche per quanto riguarda il fronte dei condannati giustiziati, il 2008 registra il numero più basso dal 1994 ad oggi: sono stati 37 i detenuti giustiziati dall’inizio dell’anno e nessuna esecuzione è in programma fino al 31 dicembre. I dati sono stati resi noti dal Death Penalty Information Center, una delle più note organizzazioni Usa per l’abolizione della pena capitale.

I dati raccolti dal Centro evidenziano, inoltre, una concentrazione geografica delle sentenze capitali: nel corso del 2008 il 95% delle condanne sono state emesse dalle corti dagli stati del sud del paese, registrando così un aumento rispetto al 1999, anno in cui la percentuale si aggirava intorno al 75%. Sempre rispetto all’ultimo anno dello scorso millennio, gli stati del Midwest hanno ridotto di oltre la metà il numero delle condanne, mentre il nordest degli Stati Uniti non ne ha avuta nemmeno una.

Traspare da questi dati il carattere regionale del fenomeno, testimoniato anche dal numero delle iniezioni letali praticate negli Stati del Sud, dove si sono verificate 33 delle 37 esecuzioni eseguite nel 2008 in tutti gli Stati Uniti. Lo stato del sud dove si registra il numero maggiore di esecuzioni resta il Texas, con all’attivo 18 condanne eseguite, sebbene quest’anno lo stato abbia registrato una diminuzione delle condanne, solo 10, grazie ad una legge del 2005 che permette alle giurie di optare per l’ergastolo senza condizionale al posto della condanna a morte.

L’andamento delle esecuzioni è stato sicuramente influenzato dalla moratoria creata negli USA, dal settembre 2007 all’aprile 2008, dalla decisione della Corte Suprema di pronunciarsi sulla costituzionalità o meno del metodo dell’iniezione letale, il sistema più diffuso negli Stati Uniti. Sebbene la moratoria si sia conclusa in aprile, la corsa alle esecuzioni, temuta da alcuni esperti, non si è di fatto verificata.

Secondo i dati diffusi dal Death Penalty Information Center, anche il consenso dell’opinione pubblica nei confronti della pena di morte registrerebbe un calo: se nel 1994 era ben l’80% degli americani a dichiararsi favorevole alla pena di morte, oggi questa percentuale di consenso è scesa al 64%. Consenso che si assottiglia ancora di più nell’ipotesi del carcere a vita senza possibilità di liberazione anticipata. Di sicuro, i dubbi dell’opinione pubblica nei confronti dell’uso della pena di morte sono stati acutizzati negli ultimi tempi dai recenti casi in cui il detenuto nel braccio della morte è stato scagionato, o per meglio dire letteralmente salvato in extremis, grazie a nuove prove - come il test del dna - che gli sviluppi della scienza hanno permesso di acquisire negli ultimi anni.

Israele: Corte Suprema; via libera a rilascio detenuti palestinesi

 

Adnkronos, 15 dicembre 2008

 

In occasione della ricorrenza musulmana della Festa del sacrificio, Israele ha liberato oggi 227 detenuti palestinesi. Si è trattato di un gesto distensivo verso il presidente dell'Anp Mahmoud Abbas con il quale sono in corso trattative di pace. Dei prigionieri scarcerati, 209 sono stati condotti al posto di blocco di Beitunia, presso Ramallah in Cisgiordania, e 18 sono stati portati al valico di Eretz con la Striscia di Gaza. Lo ha riferito un portavoce dei servizi carcerari israeliani.
Centinaia di parenti, amici e sostenitori hanno aspettato gli ex prigionieri al posto di blocco di Beitunia, agitando bandiere gialle di Fatah e foto del defunto leader Yasser Arafat. Poi la folla è salita sulle auto e, suonando il claxon in segno di festa, ha seguito gli autobus che conducevano i loro cari al quartier generale della Muqata a Ramallah. Qui i detenuti liberati sono stati accolti da Abbas.
Il rilascio è stato autorizzato questa mattina dalla Corte Suprema israeliana, dopo che il governo ha replicato a petizioni contro la scarcerazione presentate da vittime di attacchi terroristi e organizzazioni di coloni. La maggior parte dei detenuti liberati appartiene a Fatah, la fazione di Abbas che controlla la Cisgiordania, mentre non vi sono esponenti di Hamas, il movimento islamista che controlla la Striscia di Gaza. I prigionieri scarcerati sono solo una piccola parte degli 11mila detenuti palestinesi nelle carceri israeliane.

 

 

Segnala questa pagina ad un amico

Per invio materiali e informazioni sul notiziario
Ufficio Stampa - Centro Studi di Ristretti Orizzonti
Via Citolo da Perugia n° 35 - 35138 - Padova
Tel. e fax 049.8712059 - Cell: 349.0788637
E-mail: redazione@ristretti.it
 

 

 

 

 

Precedente Home Su Successiva