Rassegna stampa 4 settembre

 

Giustizia: piano del governo, stretta sul carcere preventivo

 

La Repubblica, 4 settembre 2007

 

Custodia cautelare obbligatoria, anche per "presunta pericolosità e sufficienti indizi", per chi è sospettato di aver commesso rapine e furti di particolare violenza; processi accelerati se le prove per chi è stato arrestato sono schiaccianti; stretta sull’affidamento in prova se il crimine commesso ricade nella fascia rossa del grave o gravissimo allarme sociale.

Ma anche un codice nazionale unico, fondato su un solido, realistico e inappuntabile fondamento giuridico, cui tutti i sindaci, pur nella loro libertà e autonomia, debbano attenersi per arginare la criminalità urbana, una sorta di cornice comune che eviti un’Italia a macchie di leopardo in cui il lavavetri di turno, cacciato da una città, si rifugi in quella vicina dove i divieti sono inesistenti.

E ancora: regole nuove sul sequestro e la confisca dei patrimoni mafiosi che marcino in piena autonomia, sganciate dal processo e dalle sue (almeno fino a oggi) ineliminabili lungaggini. Infine 30mila uomini attualmente in esubero nelle Forze armate (il calcolo è dello Stato maggiore della Difesa) che potrebbero essere utilizzati per la sicurezza. Misure più severe sulla prostituzione e contro chi guida ubriaco.

Sarà un complesso disegno di legge quello che oggi sarà costruito a palazzo Chigi dal premier Romano Prodi e da tre ministri, Clemente Mastella per la Giustizia, Giuliano Amato per l’Interno, Arturo Parisi per la Difesa, riuniti dalle 17 per affrontare una delle emergenze più allarmanti dell’estate, quella della sicurezza urbana, della criminalità diffusa e di quella organizzata. Accantonata l’ipotesi di utilizzare l’Esercito nelle regioni ad alta densità mafiosa, Parisi ragionerà con Amato dei 30mila uomini che, eccedenti nel nuovo modello di difesa, potrebbero affiancare le forze dell’ordine.

Amato, ancora ieri sera, lavorava personalmente al decalogo da affidare ai sindaci: un quadro normativo certo da usare per successive iniziative autonome, ma tale da evitare gli effetti della vicenda lavavetri che svelato un doppio rischio: la migrazione delle attività illecite da un comune più rigoroso a uno più permissivo e la debolezza della scelta normativa, tant’è che al ministero si cerca un articolo del codice penale che, più del 650, giustifichi l’allontanamento dei lavavetri.

Ma è sul ministero della Giustizia che incombe il compito più delicato: garantire che i criminali, siano essi rapinatori o autori di estorsioni, finiscano subito in galera, ci restino senza ottenere permessi, subiscano un processo rapido, e scontino una pena definitiva certa. Il Guardasigilli Clemente Mastella ne ha parlato a Telese, durante la festa dell’Udeur, con Amato. E ieri diceva: "Ho dato ai miei esperti dell’ufficio legislativo gli input per costruire un pacchetto che metta insieme rigore ma anche garanzie".

Mastella, dopo le lamentele di Amato per i rapinatori arrestati che tornano subito in libertà, chiede una stretta sulla custodia cautelare e misure che garantiscano la certezza della pena. Ma anche, sul versante di mafia, camorra e ‘ndrangheta, regole che colpiscano i portafogli dei boss e una revisione definitiva del 41bis senza cedimenti a chi vorrebbe attenuare l’attuale carcere duro. È un progetto ambizioso in cui Mastella, da cattolico e moderato, vorrebbe coniugare rigore e garanzie. Ieri sera era contenuto in un appunto tecnico che oggi sarà valutato dallo stesso Guardasigilli.

Al primo punto c’è il carcere preventivo obbligatorio per i reati più odiati dalla gente come il furto e la rapina violenta. In via Arenula parlano genericamente di reati di grave allarme sociale e ancora sul tardi i magistrati dell’ufficio legislativo pesavano col bilancino attuali pene e possibilità di far scattare la custodia cautelare obbligatoria.

Quindi, in un intervento che vorrebbe essere di sistema e non estemporaneo in stile "pacchetto sicurezza", si studia un processo che, per questi detenuti, sia rapidissimo. E ancora, una condanna da scontare nella sua interezza con una revisione dell’attuale meccanismo dell’affidamento in prova ai servizi sociali che potrebbe essere rivisto e limitato per gli autori di furti e rapine. Oggi a Prodi l’ultima parola.

Giustizia: Sidipe; un "Piano Marshall" per le carceri italiane

 

Comunicato stampa, 4 settembre 2007

 

Smorzati gli effimeri effetti dell’indulto, con le carceri che rapidamente si ripopolano di detenuti ai quali non viene offerta alcuna seria chance di reinserimento, torna nuovamente ad essere rovente la questione carceraria. Alle strutture penitenziarie non vengono, infatti, garantite le risorse minime indispensabili per il loro corretto funzionamento, e tutto viene giocato su un calcolo di probabilità o mera casualità.

In diversi istituti penitenziari non vengono assicurati i fondi per le manutenzioni degli impianti antincendio, per la manutenzione degli impianti tecnologici, per la manutenzione degli impianti elettrici, degli impianti di video-controllo e per i sistemi di allarme e/o di ricetrasmissione; non vengono neanche assicurati i fondi per l’acquisto periodico di beni che si deteriorino nel tempo (dalle tavolette dei copri water, ai rubinetti dei lavandini, dalle copie di chiavi alle serrature, etc.); non vengono adeguate, nonostante i formali impegni assunti con le OO.SS. del Personale della Polizia Penitenziaria, le Caserme, dove vivono migliaia di giovani agenti, a più civili e moderni standard di ospitalità, così come non sono assicurati i fondi per dotare gli uffici ed i comandi, presso gli istituti, di personal computer, fax, fotocopiatrici, di arredi a norma.

Il Personale della Polizia Penitenziaria risulta essere insufficiente e mal distribuito sul territorio, sono carenti i ruoli di alta specializzazione come gli Educatori, gli Assistenti Sociali, gli Psicologi, uguale cosa per le figure professionali degli infermieri specializzati e dei medici e non sono garantite le cure mediche: insomma, lo scenario è tra i più deprimenti e risulta esso stesso "criminogeno".

Per tutte queste ragioni, come Sindacato dei Direttori Penitenziari stiamo a chiedere un reale, forte impegno del Ministro della Giustizia, Sen. Mastella, e del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Pres. Ferrara, affinché esigano ed ottengano le necessarie risorse economiche dal Governo, se per davvero non vogliono assistere alle esplosioni delle contraddizioni in cui sono costrette le carceri italiane.

Occorre una sorta di "Piano Marshall" per il sistema penitenziario italiano affinché il suo parco carceri risulti per davvero moderno, efficiente, differenziato sul territorio, rispettoso dell’ambiente e delle sensibilità delle comunità locali, produttivo, capace di consentire a tutti i detenuti di poter imparare un mestiere onesto e di lavorare durante l’intero periodo della carcerazione, sin dall’inizio della stessa.

Consentire ai detenuti di lavorare significa, anzitutto, rispettarne la dignità e non abbandonarli, come adesso, a loro stessi e alle organizzazioni criminali italiane e straniere.

Occorre pensare a carceri realizzate attraverso l’aiuto ed il sostegno dell’imprenditoria privata, con il Project Financing, conferendo complessivamente all’iniziativa privata tutti quei servizi onerosi oggi distribuiti tra più soggetti (ad es.: servizi di mensa aziendale per il personale penitenziario, servizi di somministrazione alimentare ai detenuti, servizi di lavanderia, servizi di manutenzione d’impianti, bar aziendali, etc.), nonché rapidamente e progressivamente dismettere, alienandoli, i vecchi obsoleti istituti carcerari onde edificarne dei nuovi. Occorre assumere, e con urgenza, altro personale penitenziario specialistico e di nuova professionalità in numero congruo, distribuendoli in tutti gli istituti penitenziari (mediatori culturali e linguistici, esperti informatici, psicologi, etc.).

Apprendere, attraverso i mass-media, che lo Stato incasserà oltre 3 miliardi di euro, come recupero complessivo di ruoli erariali e previdenziali, motiva, ancor di più, l’attesa di questa Organizzazione Sindacale di vedere, finalmente, impegnati pure su questo fronte caldissimo, interno, una quota significativa di risorse che si renderanno disponibili.

La sicurezza ed il benessere dei cittadini passano attraverso un reale buon funzionamento delle carceri e del sistema penitenziario, nonché attraverso la promozione effettiva delle, meno onerose per le casse pubbliche, misure alternative alla pena: altrimenti, come per il passato, saranno solo sterili promesse e zero sicurezza.

 

Il Segretario Nazionale Sidipe, Dr. Enrico Sbriglia

Giustizia: verso una conferenza sul servizio sociale nel penale

 

Redattore Sociale, 4 settembre 2007

 

L’Ordine nazionale degli assistenti sociali vuole ha l’intenzione di organizzare un meeting il prossimo mese di ottobre. "Il servizio sociale della giustizia sta attraversando una delle più difficili fasi della sua storia". Il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli assistenti sociali, nella seduta di Consiglio del 15/16 giugno scorso, ha deciso di farsi promotore di una Conferenza nazionale sul servizio sociale del settore penale adulti, da tenersi nell’ottobre prossimo.

"Il rinvio di ogni decisione in merito al decreto interministeriale, stabilito dai vertici Dap in occasione dell’incontro avuto con le organizzazioni sindacali l’11 luglio scorso, attribuisce a tale iniziativa una valenza ancora maggiore - afferma una nota delle assistenti sociali -. Infatti, la conferenza potrà veramente essere sede e occasione di confronto fra punti di vista anche diversi, nonché di attenta e schietta valutazione di tutti gli elementi che compongono e incidono sul complesso mondo della esecuzione penale esterna e sul ruolo, in tale ambito rivestito, dal servizio sociale".

"Il servizio sociale della Giustizia del settore adulti sta attraversando, oggi, una delle più difficili fasi di tutta la sua ultratrentennale storia - continua -. Infatti la recente proposta del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria di inserire la polizia penitenziaria, con funzioni di controllo, nell’esecuzione penale esterna e, nello specifico, nella detenzione domiciliare e nell’affidamento in prova al servizio sociale (proposta, che si è concretizzata in due distinte bozze di decreto, uno del Ministero della Giustizia e, il secondo, interministeriale - Ministeri della Giustizia e dell’Interno), ha suscitato forti reazioni e allarme per il futuro del servizio sociale di tale settore, sia nella maggioranza degli assistenti sociali degli Uffici esecuzione penale esterna (Uepe), sia nel mondo del volontariato penitenziario e dell’associazionismo". Preoccupazione e sconcerto sono stati espressi anche dal Coordinamento degli assistenti sociali della Giustizia (Casg) e da molte organizzazioni sindacali, fra cui la Cgil, l’Ugl, il Sag Unsa, la Federazione delle RdB e il Salpe.

Il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli assistenti sociali ha raccolto il disagio degli operatori degli Uepe e, "ponendosi l’obiettivo di assolvere il proprio compito di tutela della professione, è intervenuto attivandosi su più fronti, anche al fine di allargare l’area di riflessione". A tale scopo ha incontrato sia il Ministro della Giustizia Clemente Mastella, sia i vertici del Dap, ai quali sono state sottoposte valutazioni e proposte in merito all’ipotesi di riforma.

Giustizia: Sappe; dati sui suicidi smentiscono sott. Manconi

 

Comunicato stampa, 4 settembre 2007

 

I dati resi noti ieri dalla  rivista ''Ristretti Orizzonti'', giornale del carcere di Padova, sui suicidi in carcere smentiscono clamorosamente le parole dette dal Sottosegretario alla Giustizia Luigi Manconi il 18 giugno scorso, quando affermò – denotando una "vocazione alla contabilità macabra" singolare per una Autorità che si dovrebbe occupare di Giustizia - che negli ultimi mesi il numero dei suicidi si era particolarmente ridotto grazie soprattutto a un minor sovraffollamento e a una conseguente maggiore vivibilità delle carceri ed era anzi stato avviato un processo che avrebbe reso disponibile strutture, risorse e strumenti per ridurre il più possibile il dramma dell’impatto del carcere e il rischio di suicidi tra i detenuti.

Così non è stato e la stessa lettera circolare emanata dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, ispirata proprio dal Sottosegretario Manconi, sulle linee di indirizzo delle regole di accoglienza dei detenuti provenienti dalla libertà è un libro dei sogni inattuabile alla luce dell’attuale situazione penitenziaria. Auspichiamo che il Ministro della Giustizia Clemente Mastella avochi a sé la delega conferita al Sottosegretario Manconi sulle questioni di pertinenza dell’Amministrazione penitenziaria visto che sembra farne un uso disinvolto, tutto a favore dei detenuti (ad esempio quando appoggia iniziativa formative assurde come i corsi di boxe per detenuti) e senza alcun atto concreto sulle importanti questioni attinenti al personale del Corpo di Polizia Penitenziaria.

Dura presa di posizione di Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, il più rappresentativo della Categoria con oltre 12mila iscritti, a commento dei dati forniti ieri sul numero dei detenuti che si sono suicidati in carcere. E’ emerso infatti che in otto mesi ben 24 detenuti si sono tolti la vita nei penitenziari italiani e che nei primi otto mesi del 2007 sono morti, per varie cause, ben 73 detenuti.

“Manconi sbaglia a pensare ad un carcere utopico senza tenere conto delle situazioni attuali e reali, con un numero di detenuti che sta esponenzialmente aumentando a vista d’occhio" prosegue il Sappe. "Oggi sono presenti circa 46mila detenuti e in un anno sono vanificati gli effetti deflattivi delle carceri prodotti dall’indulto. Il Sottosegretario Manconi, più di altri vista la delega ricevuta, è responsabile della mancata programmazione da parte del Ministero della Giustizia (e quindi del Governo) dei necessari interventi strutturali per il sistema carcere che dovevano essere adottati contestualmente all'approvazione dell'indulto, chiesti anche dal Capo dello Stato Giorgio Napolitano. Crediamo che l’esperienza del Sottosegretario Manconi al Ministero di Via Arenula (Dicastero nel quale ci sono ben 5 Sottosegretari…) si possa considerare conclusa ed auspichiamo che il Guardasigilli Mastella avochi a sé la delega sulle questioni penitenziarie, in particolare per quelle che attengono la Polizia Penitenziaria."

Lettere: a proposito della recidiva..., di Anna Muschitiello

 

Blog di Solidarietà, 4 settembre 2007

 

Ho letto su Ristretti Orizzonti questa lettera di un detenuto di Prato (Lettere: detenuto da Prato; "recidiva è un fallimento per tutti"), un messaggio rivolto agli operatori sociali oltre che ai volontari e mi è sembrato che qualcuno ascolta il nostro vociare e mi è sembrato un incoraggiamento ad andare avanti sulle posizioni che ormai da anni ci vedono impegnati nella difesa di una pena utile a dispetto e nonostante tutti coloro che ritengono che controllo e sicurezza vengono prima dell’ inclusione sociale. Dice bene il detenuto, la recidiva è un fallimento per tutti, perciò tutti dobbiamo impegnarci a ridurla, ma questo è un obiettivo molto più complesso di quello che i nostri politici e amministratori pensano, noi ne sappiamo qualcosa. Ho pensato di condividere con voi queste riflessioni perché ogni tanto una iniezione di incoraggiamento è utile, soprattutto quando arriva da una di quelle tante persone che incontriamo nel nostro lavoro e che spesso non hanno voce per esprimere il loro pensiero.

 

Anna Muschitiello, Coordinamento Nazionale Assistenti Sociali Giustizia

Cagliari: Caligaris (Sdi); in Sardegna carenze negli organici

 

Agi, 4 settembre 2007

 

"Il ministero della Giustizia ha potenziato il numero degli agenti di polizia penitenziaria nelle carceri del nord e ignorato la Sardegna, che presenta sensibili carenze in organico". Lo denuncia il consigliere regionale Maria Grazia Caligaris (Sdi-Rnp) in un’interrogazione al presidente della Giunta, Renato Soru, in cui chiede "quali iniziative intenda assumere la Regione nei confronti del Governo per rafforzare gli organici degli istituti di pena sardi".

Il consigliere socialista, che ha anche l’incarico di segretaria della commissione Diritti civili del Consiglio regionale, sottolinea la necessità di aumentare il numero di agenti di polizia penitenziari e dei dirigenti delle carceri isolane, in modo da rispettare il "principio della territorializzazione della pena, con il trasferimento nell’isola dei detenuti sardi che si trovano in istituti della Penisola".

Caligaris sostiene anche che è necessario rispettare i tempi di costruzione e entrata in funzione della nuove case circondariali di Cagliari e Sassari e accelerare l’apertura della "Rotonda" di Tempio Pausania. Quest’ultima è stata ristrutturata tra giugno 2006 e luglio 2007, ma ancora non è stata riaperta. I lavori di riadattamento dell’edificio sono costati un milione di euro, diviso tra la Regione (200.000) e i Comuni di Tempio (700.000) e Olbia (100.000). "Sarebbe assurdo - conclude l’esponente del centrosinistra - vanificare l’ingente sforzo finanziario".

Treviso: in arresto i presunti assassini degli anziani coniugi

 

La Stampa, 4 settembre 2007

 

Le indagini sulla giusta strada. A dimostrazione che gli inquirenti sono sulla pista giusta ci sarebbe la confessione di uno dei tre arrestati, il romeno. Ma ci sono anche delle prove: il Dna ritrovato nella casa in cui i coniugi Pellicciardi sono stati seviziati e uccisi il 21 agosto scorso che combacia con quello di uno dei fermati. E poi alcune ipotesi, come quella secondo cui i tre avrebbero agito in preda agli effetti di sostanze stupefacenti.

L’uso di droghe. È infatti solo con l’uso di droghe che si può spiegare, secondo gli investigatori, l’inaudita violenza dell’assalto e la volontà di uccidere per pochi euro. Perché è stata solo una tessera bancomat il bottino dell’aggressione, rubata ai custodi di una villa di cui non possedevano le chiavi.

Trovati grazie al Dna. A condurre gli investigatori sulle tracce dei tre fermati sarebbe stato, in particolare, il confronto tra il Dna rilevato da macchie di sangue non appartenenti alle vittime - reperite dai carabinieri del Racis all’interno della dependance a Gorgo al Monticano - e quello catalogato riferibile a uno degli accusati. Quest’ultimo, infatti, risulta pregiudicato per reati contro il patrimonio. Anche altre impronte rilevate nella casa, ha spiegato il procuratore di Treviso, Antonio Fojadelli, sarebbero compatibili con quelle dei fermati. Non è ancora chiara, invece, la dinamica dell’episodio e, in particolare, l’organizzazione dei ruoli nel corso del tentativo di rapina.

Il vicino di casa li aveva visti. Fondamentale è stata la testimonianza di un vicino che aveva subito riferito ai carabinieri di essersi svegliato e di aver notato che i cani del vicinato stavano tutti abbaiando. L’uomo era uscito sulla terrazza di casa e e aveva visto fuggire dalla villa vicina tre persone di pelle bianca che parlavano una lingua dell’Est europeo

Forse il romeno è il basista. Secondo quanto si è appreso, il romeno sarebbe stato il basista mentre i due albanesi avrebbero agito direttamente all’interno dell’abitazione nella quale vivevano i coniugi Pellicciardi. Al momento, però, gli investigatori stanno valutando le specifiche responsabilità per il duplice omicidio. Gli albanesi, sempre secondo indiscrezioni, avrebbero portato a termine numerosi colpi nel Veneto, ed erano quindi già noti alle forze dell’ordine. Non è escluso che il romeno conoscesse le vittime e possa aver svolto qualche lavoro nella villa di proprietà dell’imprenditore del settore del mobile, nella cui dependance i due coniugi sono stati uccisi. I carabinieri avrebbero, tra l’altro, raccolto rilevanti elementi di prova contro gli indagati. Nelle mani degli investigatori pare ci siano oggetti riconducibili all’aggressione del 21 agosto scorso che i presunti assassini potrebbero aver compiuto sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.

L’omicidio. I coniugi Guido Pellicciardi, 68 anni, e Lucia Comin (62), erano stati trovati uccisi il 21 agosto scorso nella dependance della villa di cui erano custodi a Gorgo al Monticano da una guardia giurata che stava effettuando un controllo. L’uomo che aveva scoperto i cadaveri è un collega del figlio dei due, Daniele, in quel momento in servizio alla centrale operativa della società di security. L’esame autoptico aveva messo in evidenza che le due vittime erano state orribilmente seviziate nel corso di quello che era stato indicato come un infruttuoso tentativo di rapina. In particolare, l’uomo era stato legato e percosso ed era stato costretto ad assistere alle sevizie che i rapinatori ed assassini avevano fatto alla moglie nel tentativo, probabilmente, di farsi consegnare le chiavi della villa di cui erano custodi, ma che non avevano.

Le due vittime erano poi state finite a colpi di spranga e in un modo così crudele che il procuratore capo Antonio Fojadelli aveva parlato di "incredibile efferatezza". Le indagini - da subito serrate - avevano portato i carabinieri a seguire più piste ma nell’ultima settimana, come sottolineato dal procuratore generale Ennio Fortuna, è diventata pressoché una certezza la pista della rapina. Per giungere ad un esito favorevole - secondo il Pg Fortuna - era necessario mettere assieme una serie di elementi acquisiti nel corso delle indagini tra cui, molto probabilmente, l’origine di alcune tracce ematiche e il tentato utilizzo del bancomat della donna poco lontano dal luogo del duplice omicidio.

Venezia: l’avvocato; pochi tornati in carcere dopo l'indulto

 

Il Gazzettino, 4 settembre 2007

 

Parla l’avvocato Carmela Parziale, della Camera penale di Venezia: "La percentuale dei delitti efferati non è aumentata in questi anni". "Opinione pubblica toccata dai tanti furti. Emotivamente i media contano molto. Le colpe della politica".

"La percezione della criminalità cresce a Nordest ma non si basa su un reale incremento del fenomeno. Sono convinta che chi non ha il polso della situazione, come invece un tecnico della giustizia o dell’ordine pubblico, sia solo sostanzialmente influenzato dalle arti del racconto dei media". Esordisce così Carmela Parziale, avvocato, membro della giunta della Camera Penale di Venezia, nell’esplorazione del sondaggio Demos di questa settimana.

 

Tv radio e giornali, dunque, sono i primi colpevoli di quest’ansia da criminalità. Ma cosa accade al di là delle angosce e delle percezioni?

"Innanzitutto è indispensabile dare una definizione precisa del termine criminalità. Così com’è posto nelle domande mi pare assai indefinito. Se parliamo di delitti efferati, negli ultimi anni la percentuale è rimasta pressoché invariata. Ad aumentare, invece, è stato il livello di attenzione dei giornali. E il desiderio di sapere quasi morboso di chi legge e ascolta le notizie. Se poi quando per criminalità intendiamo alludere a quella che ruota intorno all’immigrazione clandestina e a tutti i reati collaterali, come lo spaccio di stupefacenti e i furti, allora direi che stiamo assistendo ad uno sviluppo dei fenomeni criminosi. E sono proprio i furti, che toccano nel vivo il patrimonio, quelli che sconvolgono l’opinione pubblica".

 

Quando pensa a quel legame quasi "patologico" dei cittadini rispetto alle vicende più dure e crudeli del nostro Paese, crede che il mea culpa sia un compito da lasciare esclusivamente alla stampa?

"Sono convinta che i giornalisti facciano il loro mestiere. Assecondano semplicemente la brama di sapere di persone a cui non basta più la mera notizia".

 

Una cosa è certa: sei persone su dieci a Nordest si lamentano per una quotidianità che pare essere sempre più minata dal delinquere contemporaneo. Mancano formule repressive efficaci e tempestive. Lentezza della Giustizia?

"A chi sostiene che spesso gli imputati circolino liberamente in attesa di un processo rispondo che la Giustizia prevede una serie di indiscutibili garanzie che non possono e non devono essere eliminate. Anche perché si tratta di tutele previste per reati non efferati".

 

Tant’è: i tempi dei processi continuano ad essere biblici.

"Non dipende certamente né dalla magistratura né dall’avvocatura. La questione è decisamente politico-legislativa".

 

Intanto a sostenere l’allarmismo lo scorso anno è arrivato anche l’indulto. La maggior parte della popolazione è sicura che la criminalità sia aumentata ulteriormente.

"Non è così. Solo una minima percentuale di coloro che hanno beneficiato del provvedimento della scorsa estate sono tornati in carcere. In realtà le case circondariali italiane si sono finalmente svuotate. E questo è un aspetto che, specialmente per un carcere come quello veneziano, ad esempio, è stato un vero e proprio passo in avanti. Ricordiamo che prima dell’indulto c’era un problema grave di affollamento nelle celle. Santa Maria Maggiore stava esplodendo".

 

Condizioni che compromettevano quello che è il primo scopo della detenzione ovvero la rieducazione. Mentre nella la casa circondariale femminile veneziana?

"È sempre stato più semplice lavorare per la riabilitazione delle detenute. Proprio perché il numero delle donne recluse non è mai stato superiore alla capacità di accoglienza della struttura. Una buona qualità della vita in carcere favorisce generalmente il reinserimento di uomini e donne nella società. Poco ancora, purtroppo, si riesce a fare con gli extracomunitari che spesso tornano nuovamente sulla strada a delinquere. Ma qui il problema è quello della disciplina dei flussi. La Bossi Fini non ha funzionato. L’unica certezza, per ora, è quella di avviare dei processi, per immigrazione clandestina, spendere denaro e tempo senza risolvere nulla. Ancora una volta è la politica che dovrebbe rispondere".

Roma: pm Corasaniti; è emergenza per criminalità rumena

 

Ansa, 4 settembre 2007

 

"Degli oltre 500 stranieri detenuti nel carcere di Regina Coeli 270 sono di nazionalità romena. Sono invece complessivamente 340 gli italiani detenuti nella stessa struttura penitenziaria". Un dato allarmante riferito dal pm Giuseppe Corasaniti, durante l’indagine sull’aggressione con rapina che ha visto come vittima il regista Giuseppe Tornatore e come presunti responsabili tre persone di nazionalità rumena.

È stato infatti convalidato dal gip di Roma Giovanni Di Donato il fermo dei due fratelli romeni accusati dell’aggressione al regista. Per Constantin Viorel, 33 anni, il fermo è stato tramutato in ordine di custodia cautelare per le accuse di rapina pluriaggravata e lesioni personali. Stesse accuse per il fratello Vulcan, di 32 anni, per il quale però il gip ha convalidato solo lo stato di fermo di polizia giudiziaria.

Per il pm Giuseppe Corasaniti, titolare delle indagini, infatti, è necessario un ulteriore approfondimento per valutare l’eventuale sua responsabilità. "C’è una vera e propria emergenza di criminalità rumena - ha detto il pm - e proprio per questo contiamo molto sulla cooperazione con le istituzioni rumene per debellare questa situazione, un aiuto per altro dovuto dopo gli accordi stipulati con l’Unione europea. Da quando la Romania vi ha fatto ingresso, buona parte degli atti criminali che vengono commessi quotidianamente nella nostra cita chiama in causa romeni. Basta vedere i ruoli di udienza di ogni giorni nei processi per direttissima. Gli imputati, fatte poche eccezioni, sono sempre stranieri e ultimamente per lo più rumeni. Le istituzioni e la magistratura di quel Paese devono intervenire".

Foggia: detenuto disabile, Udeur chiede intervento di Mastella

 

Ansa, 4 settembre 2007

 

"Il caso segnalato da Franco Corbelli va tenuto in grande attenzione e richiede interventi tempestivi". Così interviene la Segreteria Provinciale dell’Udeur in merito al caso di Andrea giovane detenuto disabile foggiano paralizzato nel letto della sua cella nel carcere di Reggio Calabria. In un comunicato la segreteria provinciale specifica anche che "nel corso dell’ultima festa nazionale del "Campanile", svoltasi a Telese Terme, abbiamo interessato della vicenda Francesco Borgomeo, segretario particolare del Ministro della Giustizia Mastella, allo scopo - si legge ancora - di ottenere interventi concreti al fine di rendere migliori e più umane le condizioni del giovane".

Milano: i minori dell’Ipm Beccaria in scena con l’Antigone

 

Comunicato stampa, 4 settembre 2007

 

I ragazzi del carcere minorile Beccaria e la compagnia Puntozero saranno in scena con "Antigone" di Sofocle, regia di Giuseppe Scutellà. Scenografie, costumi, trucchi e musiche sono stati realizzati dai minori detenuti che hanno frequentato i corsi di formazione organizzati da Puntozero - Enforma nell’ambito del dispositivo per l’integrazione sociale e lavorativa di detenuti promosso da Regione Lombardia - FSE (ID progetto 414198). Grazie al sostegno del Centro Giustizia Minorile per la Lombardia e del personale dell’Istituto Penale Minorile C. Beccaria (Direzione, Area tecnico-educativa, Corpo di Polizia Penitenziaria) è stato possibile dare vita ad una compagnia stabile, in cui i giovani detenuti si sono cimentati nella produzione di "Antigone", "recitando" il duplice ruolo di tecnici e attori.

Prima valenza assoluta del progetto è l’aspetto relazionale che sfocia in una vera e propria collaborazione di squadra in cui le competenze acquisite nei laboratori e gli sforzi dei singoli tendono alla realizzazione di un unico risultato finale che è al tempo stesso ludico e professionalizzante. L’Antigone è spunto per indagare e riflettere sul rapporto tra l’uomo e la giustizia; tema destinato a smuovere questioni, dubbi e verità incerte.

Puntozero, da oltre dodici anni lavora all’interno del carcere minorile Cesare Beccaria insegnando i mestieri del teatro: scenotecnica, illuminotecnica, sartoria, fonica, multimedialità, trucco e recitazione. Le competenze tecniche applicabili al teatro sono spendibili in contesti lavorativi diversificati, allargando le possibilità di occupazione nel mondo lavorativo. Lo spettacolo sarà in scena l’11 Settembre al Teatro di Verdura della Biblioteca di Via del Senato, 14 a Milano, tel. 02.76215310. Dal 14 al 21 settembre si terranno le repliche presso il teatro della compagnia Puntozero, in Via Bellagio, 1 a Milano, tel. 02.36531152. È necessario prenotarsi telefonicamente nelle rispettive sedi.

Diritti: lavavetri; quell’ordinanza a noi non sta bene, e a voi?

 

Liberazione, 4 settembre 2007

 

Cara "Liberazione", l’indignazione per l’ordinanza fiorentina sui lavavetri ha stimolato me e una giovane compagna, assessora all’immigrazione in un comune della provincia di Bologna, a scrivere nel weekend una lettera-appello da inviare al sindaco di Firenze e al ministro Amato. Su questa lettera appello stiamo raccogliendo adesioni, soprattutto di amministratori, ma anche di cittadine/i indignate/i quanto noi. Ci piacerebbe se "Liberazione" pubblicasse la nostra lettera, indicando questo indirizzo a cui inviare le adesioni: mungo_d@camera.it. L’appello rimarrà aperto fino a domenica 9 e invieremo a Domenici ed Amato la lettera, corredata dalle firme che avremo raccolto fino a quel momento, lunedì 10. Ci rivolgiamo ad amministratori, parlamentari, cittadine/i, se condividete le nostre riflessioni, firmate questa lettera aperta. Spero che le firme saranno tante!

 

Donatella Mungo deputata Prc-Se

 

È semplicemente aberrante tentare di manipolare l’opinione pubblica confondendo gli effetti della povertà con le sue ragioni, è orribile da parte di un’amministrazione comunale colpire chi viene sfruttato per coprire l’incapacità d’individuare chi sfrutta, è pericoloso per un’amministrazione comunale e per una società amministrata, allenare ed essere allenati al disprezzo della povertà, della solidarietà sociale e dell’umana pietà. Colpire gli ultimi per ignorare i primi è il metodo più farisaico per fingere d’imporre quella legalità sociale che tutti noi desideriamo.

Arrestare un lavavetri significa cancellare con una finzione scenica una macchia della nostra coscienza di amministratori, incapaci di far fronte al disagio sociale, cosa di nocumento assi più grande dello: "…versamento delle lavature dei parabrezza" dei lavavetri stessi (per utilizzare le parole dell’assessore Cioni nella delibera fiorentina). Fare il lavavetri, la prostituta o il manovale in nero, non è un "mestiere", è una scelta obbligata per chi è costretto a fare di necessità umiliazione, senza alcuna virtù. "Mestierante" è colui che con un’ordinanza si pone il fine di cancellare la consapevolezza che la povertà esiste e volge lo sguardo altrove… Agli Uffizi… a Palazzo D’Accursio… Dipende…

Nell’epoca della caduta dei muri, delle barriere doganali, nell’era del libero commercio e dell’infinita circolazione delle merci fa riflettere che s’induca alla costruzione di muri nelle menti delle persone… muri comodi entro cui confinare tutto ciò che non piace alle persone: la povertà innanzitutto. Quella della rimozione è una strategia legittima dal punto di vista freudiano, ma dal punto di vista amministrativo è una colpa.

Crolla il muro di Berlino, ma s’innalzano quelli dei Cpt, delle Barriere anti spaccio e si spalancano le porte delle carceri per i lavavetri. Questa è libertà, giustizia, legalità sociale? Noi non ci stiamo e voi?

 

Laura Veronesi assessora immigrazione comune di Zola Predosa (Bo); Donatella Mungo deputata; Mercedes Lourdes Frias deputata; Maurizio Acerbo deputato; Ilario Farabegoli assessore immigrazione comune di Ravenna; Monica Sabatini assessora immigrazione comune di Castelmaggiore (Bo); Enrico Suffritti assessore comune di Monteveglio (Bo); Monia Giovannetti assessora comune di S. Piero in Bagno (Fc); Antonella Caranese assessora comune di Dozza (Bo); Giampiero Spada assessore comune di Malalbergo (Bo); Maria Cecilia Luzzi assessora comune di Monte San Pietro (Bo); Vittorio Buldrini assessore comunale di Rimini; Ivano Cavalieri consigliere comunale Monte San Pietro (Bo); Marco Poggi consigliere comunale Castelguelfo (Bo); Massimo Reggiani consigliere comunale Calderara di Reno (Bo); Luigi Cattani consigliere comunale Argenta (Fe); Primo Ilario Soravia consigliere comunale San Giovanni in Persiceto (Bo); Marco Odorici consigliere comunale Casalecchio di Reno (Bo); Patrizia Cantoni consigliera comunale Imola (Bo); Giuseppe Cucinotta consigliere comunale Monghidoro (Bo); Stefano Lugli consigliere provinciale Modena; Emanuele Zecchi consigliere comunale Granarolo dell’Emilia (Bo); Orazio Sturniolo consigliere quartiere Navile - Bologna; Aurelio Pavanello consigliere quartiere San Donato - Bologna; Gianni Paoletti segreteria regionale Funzione Pubblica Cgil Emilia-Romagna; Nera Gavina Bologna; Mariella Saviotti Bologna; Alfredo Maria Rossi Bologna; Carlo Onofri Monteveglio (Bo) Sandra Monti Monteveglio (Bo); Leonardo Di Jorio Parma; Giuliana Felisati Bologna; Armando Quattrone Bologna; Donatella Bilardi Bologna; Stanislao Rinaldi Bologna; Stefano Setti Bologna; William Pedrini San Giovanni in Persiceto (Bo); Andrea Davolo Parma Gianluigi Bettini Imola (Bo); Piero Bonfiglioli Pianoro (Bo); Gianni Tasselli Correggio (Re).

 

 

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