Rassegna stampa 3 settembre

 

Giustizia: ma siamo proprio sicuri di volere la "tolleranza zero"?

di Maurizio Maggiani

 

Il Secolo XIX, 3 settembre 2007

 

Devo dire che i lavavetri ai semafori non mi infastidiscono. Sarà che ancora non hanno il coraggio di pretendere di pulirmi gli occhiali, sta di fatto che al momento non sono un mio problema. Posso capire, invece, come lo siano per un sacco di altre persone.

Del resto siamo sempre più tesi, ci mettiamo in macchina con il sistema nervoso sempre più fragile, e il tempo che ci dà il semaforo rosso ci basta appena per elencare tutte le cose che quel giorno ci hanno dato fastidio, e un lavavetri insistente e aggressivo non è certo il cacio sui maccheroni. Naturale che il cento per cento della popolazione autotrasportata sia favorevole a farseli togliere di torno.

È probabile che non basterà un radicale provvedimento in merito per farci star meglio: siamo assediati dai fastidi e siamo sempre meno disponibili a sopportarli. Io, ad esempio, sono grandemente infastidito dal giornalaio sotto casa che ogni volta che mi vede passare mi appella sguaiatamente con epiteti tipo "prodiano", chiedendomi conto a gran voce delle malefatte del sopra nominato.

Più passa il tempo e più si fa aggressivo; non mi dispiacerebbe che un’ordinanza comunale mi mettesse in salvo dalle sue fastidiosissime insistenze. Una multa? Tre mesi di arresto? Mah, forse non mi spingerei fino alla galera. Di certo, però, il giornalaio virulento e persecutorio è in grado di rovinarmi la giornata né più né meno di un lavavetri a un automobilista.

Per me che mi fermo ai semafori arrivandoci a piedi, meno di uno scippatore, naturalmente, più di un mendicante. Se vogliamo inserire il mendicante, come a pieno diritto ci sta lo scippatore o il cliente delle prostitute tra la micro-criminalità, allora ci sta pure il giornalaio.

Peggio per lui. Se avessi incontrato il giornalaio il giorno che i ladri sono entrati in casa mia, non avrei avuto dubbi sul classificare anche lui tra i criminali: ero esasperato, ovviamente, indisponibile a qualsivoglia comprensione.

Quello che salva il giornalaio è che leggi e ordinanze non si fanno in base al mio grado di irritabilità, non ancora... Ma ogni giorno che passa siamo sempre più infastiditi ed esasperati; lo siamo a tal punto che se chi ci governa fosse davvero vicino al sentire della gente, si scotterebbe dal calore ardente che emaniamo. Come farci passare i bollori?

La soluzione più semplice è redigere leggi consonanti con l’esasperazione, trasformare il mio soggettivo malessere in legge dello Stato. A me interessa che sia punito il ladro e il giornalaio, a lui il lavavetri e il mendicante, a quell’altro il bambino che ha picchiato suo figlio, a quell’altro ancora l’insegnante che gli ha dato del cretino. Il concetto di microcriminalità può essere esteso all’infinito se è basato sul sentire soggettivo della gente; si possono fare, e già si sono fatte, leggi e ordinanze ad hoc.

C’è poi una strada che lì per là sembra facile facile ed è la più difficile. Si chiama "tolleranza zero", e il suo alfiere è stato il sindaco di New York, Rudolph Giuliani. Perché è la più difficile? Perché è basata sul numero zero, un numero concettualmente estraneo al sentire soggettivo della gente e lo stato di cose più difficile da raggiungere.

Zero vuol dire zero per davvero, e non è uno scherzo. Richiede implacabilità e assoluta certezza che a un atto criminoso seppur micro corrisponda una significativa conseguenza per chi lo compie. Sempre e per chiunque. Il furto è un reato sempre, che si rubi in casa della gente, o nel conto di un ristorante, o di una corsa in taxi.

Microcriminale è il lavavetri aggressivo e il pubblico funzionario che maltratta l’utente. Il politico corrotto e lo scippatore. Chi evade il fisco e chi importuna l’impiegata. Chi abusa del suo ufficio e chi insulta un invalido. Chi raggira un risparmiatore e chi si astiene dal compiere il suo dovere. Per tutti questi micro criminali e per tutti gli altri compresi nel lungo elenco delle sentenze dei tribunali della contea, processo rapido e conseguente pena.

Rudolph Giuliani ci ha messo dieci anni per arrivare abbastanza vicino al suo obiettivo - al fatidico numero zero - da essere passato alla leggenda. New York non è l’Eden ma il sentire della gente è mutato e non è più esasperato e scottante come venti anni or sono. Non lui e nessun altro arriverà al magico zero, ma anche solo intravederlo è, visto da qui, un miracolo della forza della politica vera, non umorale. Vi chiedo: pensate forse di vivere nel Paese dove sia possibile l’impresa di New York? E ve lo chiedo perché pensiate a noi cittadini, non ai nostri politici. Siamo cittadini in grado di tollerare la Tolleranza Zero?

Giustizia: 100 mila patrocini a spese dello stato nell'anno 2006

 

Ansa, 3 settembre 2007

 

Da una relazione del Dipartimento per gli Affari di Giustizia del Ministero della Giustizia è emerso che nell’anno 2006 sono state circa 100 mila le persone ammesse al gratuito patrocinio. Di queste il 94,1 per cento era maggiorenne ed il record delle richieste sembra si sia registrato nel Sud d’Italia. Circa il 19 per cento degli ammessi sono cittadini stranieri.

Nella relazione si evidenzia che il numero delle persone interessate dal beneficio è sensibilmente aumentato nel periodo 1995 - 2006 passando dai 16.500 ammessi agli oltre 98mila del 2006.

L’ammissione al gratuito patrocinio è prevista dall’art. 98 del codice di procedura penale ed a partire dal 2002 è disciplinato dal Dpr 115. L’articolo 74 stabilisce che "è assicurato il patrocinio nel processo penale per la difesa del cittadino non abbiente, indagato, imputato, condannato, offeso da reato, danneggiato che intenda costituirsi parte civile, responsabile civile ovvero civilmente obbligato per la pena pecuniaria". L’articolo 90 estende questo beneficio anche allo straniero, o apolide residente. L’ammissione al patrocinio è concessa a chi ha un reddito inferiore a una certa soglia tenendo conto comunque della somma dei redditi del nucleo familiare. L’istanza deve contenere la dichiarazione sostitutiva sulle condizioni di reddito e gli stranieri non appartenenti all’Unione Europea devono allegare una certificazione dell’autorità consolare competente. Chi viene ammesso al gratuito patrocinio può nominare un difensore che sia iscritto negli appositi albi istituiti presso i Consigli dell’Ordine.

Giustizia: un padre non dà affetto ai figli? ora rischia il carcere

 

Ansa, 3 settembre 2007

 

Un padre che non dà il necessario affetto ai propri figli e scompare dal loro "orizzonte affettivo", potrebbe rischiare anche il carcere. Parola di Cassazione. I giudici di Piazza Cavour hanno infatti condannato un padre 74enne che per oltre venti anni si era "disinteressato sotto il profilo affettivo ed educazionale delle figlie", rifiutando ogni contatto con loro. La Corte ha ritenuto che nella condotta di un padre che non si prende cura dei figli non solo economicamente ma anche affettivamente si possano ravvisare gli estremi del reato previsto e punito dall’articolo 570 del codice penale (Violazione degli obblighi di assistenza familiare).

Secondo la Corte commette tale reato "anche colui che si disinteressi completamente dei figli e del coniuge, sebbene separato, rendendosi inadempiente nei loro confronti circa gli obblighi di assistenza morale connessi alla sua qualità di coniuge e di padre". Già in precedenza i Giudici di merito avevano condannato l’uomo a otto mesi di reclusione per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, oltre al risarcimento del danno, subordinando la sospensione condizionale della pena al pagamento della provvisionale in favore delle parti civili. L’uomo si era rivolto in cassazione rappresentando che gli obblighi penalmente sanzionati sarebbero solo quelli di carattere materiale ed economico.

Diverso però il parere della Corte che non ha condiviso questa linea difensiva ed ha chiarito che l’art. 570 del c.p. "comprende condotte violatrici di esigenze di assistenza materiale ed altresì di assistenza soltanto morale". Per questo "commette il reato anche colui che si disinteressi completamente dei figli e del coniuge sebbene separato rendendosi inadempiente nei loro confronti anche moralmente". E questo perché, i doveri di un buon padre e di un buon marito non si "esauriscono" con la "somministrazione dei mezzi di sussistenza". La parola passa ora alla Corte d’Appello di Milano perché il Tribunale che aveva pronunciato la condanna "non ha precisato la concreta incidenza lesiva rispetto ad ognuna delle tre persone offese".

Ciò era invece necessario soprattutto per "verificare la temporalità della condotta violatrice degli obblighi assistenziali da parte" del padre "in rapporto alla evoluzione (una volta divenute maggiorenni) delle situazioni individuali delle due persone offese". Non è infatti possibile spiega la Corte "evocare la natura permanente del reato per accreditare una impropria sorta di imperitura sussistenza del reato ex art. 570 c.p." anche perché alla pronuncia del 2005 le due figlie "hanno raggiunto rispettivamente la non più verdissima età di 36 e di 34 anni".

Roma: Cappellani carcerari a Congresso; giovedì ricevuti dal Papa

 

Comunicato Stampa, 3 settembre 2007

 

L’attenzione della Chiesa verso i problemi delle carceri e le condizioni di vita dei detenuti sarà ribadita da Benedetto XVI il prossimo 6 settembre, quando riceverà a Castelgandolfo i partecipanti al XII Congresso Internazionale della Commissione Internazionale per la Pastorale Cattolica nelle Prigioni (Iccppc), che si celebra a Roma questa settimana (dal 5 al 12 settembre) con lo slogan "Scopri in ogni detenuto il Volto di Cristo".

I lavori congressuali si svolgeranno a Roma presso la Casa La Salle in Via Aurelia Nuova n° 472-476. In qualità di Responsabile della Pastorale Penitenziaria Italiana, Mons. Giorgio Caniato è, a pieno titolo, membro della Commissione e, in quanto Ispettore Generale dei Cappellani del Paese ospitante, sovrintende di fatto a tutte le attività organizzative necessarie all’evento. Ai lavori parteciperanno sacerdoti e laici responsabili della cura pastorale di quanti operano e vivono nelle carceri di cinquantasei paesi dei cinque continenti. Il Dap (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria) offrirà in loro onore un concerto della Banda Musicale della Polizia Penitenziaria, che si terrà all’interno del Colosseo l’ 8 settembre alle 21. È prevista anche una messa in San Pietro, che sarà celebrata l’11 settembre da Monsignor Angelo Comastri, vicario generale per la Città del Vaticano.

Foggia: detenuto disabile, un nuovo appello di Franco Corbelli

 

Ansa, 3 settembre 2007

 

"C’é silenzio generale in Calabria sul dramma e l’ingiustizia del giovane detenuto, Andrea B., 25 anni, della provincia di Foggia, in attesa del processo e del primo grado di giudizio, disabile al 100%, costretto alla sedia a rotelle, da 4 mesi paralizzato nel lettino di una cella del carcere di Reggio Calabria, dove si trova dall’ inizio di agosto, che chiede di essere curato per non continuare a soffrire, per non morire e che da 7 mesi aspetta di essere sottoposto ad un esame di risonanza magnetica".

È quanto denuncia, in un comunicato, Franco Corbelli, leader del movimento Diritti civili. "Nessuno ha speso una sola parola, ha manifestato uno straccio di solidarietà - prosegue Corbelli - per quel giovane detenuto paraplegico, abbandonato e dimenticato nel lettino della sua cella nel carcere di Reggio.

Nessun parlamentare, nessun consigliere regionale, nessun sindaco, nessun amministratore, nessun partito, nessuna associazione, nessun vescovo, nessun prete, nessun sindacato, neppure l’ombra della cosiddetta società civile, neppure uno dell’esercito dei pseudo garantisti, pronti invece a mobilitarsi con fax ed e-mail, a scendere in piazza, a organizzare sit-in davanti al carcere per i personaggi famosi, è intervenuto". "Continuerò a lottare - sostiene ancora il leader di Diritti civili - sino a quando questo giovane non sarà scarcerato e non verrà, come è suo sacrosanto diritto, curato in una struttura adeguata".

Verona: Servizio Civile per il carcere con l'Ass. "La Fraternità"

 

L’Arena di Verona, 3 settembre 2007

 

I giovani che vogliono capire la realtà del carcere e impegnarsi in questo mondo duro e difficile, ma che offre comunque grandi occasioni di crescita umana, hanno una buona opportunità. La offre La Fraternità con la proposta di fare servizio civile all’interno dell’associazione: impiegare un anno della propria esistenza dedicandolo al complesso mondo del carcere è una scelta che richiede impegno ma che offre poi anche molte, talvolta impreviste, ricchezze. Riservata a chi ha tra i 18 e i 28 anni, questa occasione consente un’importante esperienza formativa, portando a conoscere nuovi ambienti e persone, e mette anche nella condizione di inserirsi in un mondo aperto a prospettive professionali o di volontariato nell’aiuto sociale, facendo così di questo anno un momento di formazione della propria vita lavorativa.

L’anno di servizio civile (chiamato "Giò in volo") va dal primo ottobre di quest’anno al 30 settembre dell’anno prossimo: lo si può effettuare presso le associazioni di volontariato titolari di progetti approvati e finanziati dal Centro di servizio per il volontariato. Il giovane sarà retribuito con un netto di circa 420 euro mensili, a fronte di un impegno di almeno 25 ore settimanali di attività.

Così funziona anche il servizio civile presso "La Fraternità", l’associazione, fondata da Fra Beppe Prioli, che da quarant’anni a Verona si occupa dei molti temi che riguardano la giustizia, la pena, il carcere, con l’obiettivo di prevenire e riparare le lacerazioni provocate dai reati.

La Fraternità svolge quindi attività educative (di corrispondenza, sostegno morale, formazione culturale e professionale) e di aiuto (materiale, ricerca di lavoro, problemi degli immigrati) nei riguardi dei detenuti, di accompagnamento nei permessi e nei percorsi di reinserimento familiare, sociale, lavorativo, di sostegno ai familiari, di attenzione alle vittime di reato, di sensibilizzazione sociale, di collaborazione e stimolo con le Istituzioni, di partecipazione ad organismi regionali e nazionali, di formazione dei volontari.

Più in particolare, il giovane che decide di fare servizio civile con La Fraternità sarà destinato al progetto "Ascolto, orientamento, comunicazione" al Centro d’ascolto della Fraternità in Via Provolo 27 a Verona. Il Centro d’ascolto è aperto, in orari stabiliti, a tutti quelli che, a qualunque titolo, sono interessati ad informazioni di carattere locale nell’ambito della pena. Per esempio si rivolgono a tale sportello familiari di detenuti per conoscere le regole del carcere, ex detenuti per conoscere la rete dei servizi territoriali a cui rivolgersi, cittadini per conoscere le diverse associazioni o come rendersi utili, eccetera: la casistica è senza fine.

Il giovane, ovviamente, sarà sempre affiancato da volontari esperti e da ottobre a dicembre parteciperà ad un corso di formazione mirata, organizzato dalla Fraternità.

Dovrà dunque tenere aggiornato un inventario dei servizi e delle risorse del territorio e della normativa essenziale; registrare gli accessi al Centro d’ascolto e le tipologie di domande; saper eventualmente indirizzare al volontario, all’associazione, al servizio più competenti; inserire notizie provenienti dall’attività di ascolto, o richieste di aiuto, o genericamente messaggi meritevoli di diffusione sul sito Internet della Fraternità, previa apposita formazione. "Avrà così modo di esplorare un mondo ricco di umanità, di accostarsi a povertà probabilmente insospettate, di indignarsi per i diritti calpestati, di scoprire potenzialità di cambiamento, di sentire che anche la sua presenza partecipe può rappresentare un aiuto prezioso.

Se nel corso dell’anno di servizio sarà finalmente aperto anche il Centro d’ascolto davanti al carcere di Montorio (in via S. Michele), il giovane potrà proseguire in quella sede la sua attività", spiegano alla Fraternità. Le domande vanno presentate entro il prossimo 16 settembre. Si può telefonare alla Fraternità (045.8004960) lasciando eventualmente il proprio recapito in segreteria, oppure inviando un fax allo stesso numero. Oppure inviando una mail a: info@lafraternita.it. Entro settembre tutti i richiedenti saranno convocati per un colloquio di selezione.

Spoleto: gli agenti; bloccheremo il corso di boxe per i detenuti

 

Corriere della Sera, 3 settembre 2007

 

Un corso di pugilato riservato ai detenuti più pericolosi reclusi nel carcere di massima di sicurezza di Spoleto. Quelli che, secondo il codice carcerario, sono in regime di "alta Sicurezza" (condannati per associazione a delinquere di tipo mafioso )e ad "elevato indice di pericolosità " (tra cui, colpevoli di reati di eversione. Recentemente, Ernesto Padovani, direttore del penitenziario umbro, è stato oggetto di minacce da parte di gruppi anarco-insurrezionali).

Esclusi dall’iniziativa i sottoposti al 41 bis, il regime carcerario più duro previsto dal nostro ordinamento giudiziario. Ma una parte degli agenti di polizia penitenziaria in servizio a Spoleto non ci sta ed entra in stato di agitazione. Due giorni di assemblea permanente, oggi e domani, e l’invito al ministro della Giustizia Clemente Mastella "di rimuovere immediatamente il direttore del carcere e destinarlo ad altri incarichi perché è una vergogna che si insegni a combattere a gente che ha fatto della violenza una logica di vita", chiede Donato Capece, segretario generale del Sappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria. Il corso inizierà il 12 settembre, un’ora alla settimana "di tecnica pugilistica. Guardia, gambe, busto, colpi al sacco", spiega Gianni Burli, della società Boxe Spoleto, presidente dell’Associazione nazionale allenatori pugilato e ideatore dell’iniziativa.

L’allenatore dei detenuti sarà lui: "È volontariato, lo Stato non spenderà un centesimo. Ho già organizzato corsi per bambini e portatori di handicap, l’idea di portare la boxe nel carcere di Spoleto l’ho formalizzata due mesi fa". Ottenendo il parere favorevole della direzione del penitenziario. "Si tratta di attività fisica, non organizzeremo combattimenti. Ai detenuti insegneremo la disciplina, lo spirito di sacrificio", risponde Pietro Carraresi, responsabile dei Servizi sociali del carcere umbro.

Insieme al direttore Padovani e al magistrato di sorveglianza Maria Grazia Manganaro, Carraresi ha dato l’ok alla scuola di boxe. "La protesta degli agenti? Si tratta di una strumentalizzazione che non coinvolge tutti gli uomini". Sarà, ma un agente che chiede l’anonimato, dice: "Il direttore del carcere si è giustificato dicendoci che con il pugilato i detenuti impareranno l’autocontrollo. Ma con tutti gli sport che ci sono, non potevano sceglierne un altro? Si dimenticano che a Spoleto le aggressioni ad agenti ed educatori sono all’ordine del giorno. Oltretutto, per noi non è previsto alcun corso di autodifesa fisica. Chi intende seguirne uno, deve farlo privatamente pagando di tasca propria ".

Per ora, le posizioni della direzione carceraria e parte degli agenti di custodia rimangono lontane sulla questione e c’è il rischio che la protesta salga d’intensità. I potenziali boxeur di Spoleto sono una trentina. Quelli che s’iscriveranno verranno divisi in gruppi per seguire meglio gli allenamenti del maestro Burli, che promette: "Insegnerò loro il pugilato, impareranno a soffrire e, dopo ogni allenamento, non vedranno l’ora di tornarsene in cella".

Ancona: trasferire il Ser.T. nel carcere; sicurezza a costo zero

 

Corriere Adriatico, 3 settembre 2007

 

La collocazione ideale del Sert? A Montacuto o al carcere di Barcaglione. È quanto propone un manipolo di consiglieri comunali e circoscrizionali d’opposizione (Fabrizio Bastianelli e Fernando Medici dell’Udc, Stefania Alessandrelli di Forza Italia) dopo che nei giorni scorsi s’era affacciata l’ipotesi di spostare il Servizio tossicodipendenze dall’ex Umberto I a un’altra struttura sanitaria, dunque a Torrette.

Soluzione che allarma la Alessandrelli, consigliere di quartiere e portavoce del comitato di Torrette, e gli altri consiglieri, che hanno già avviato una raccolta di firme. Ieri gli esponenti di Udc e Forza Italia hanno formalizzato la loro proposta suggerendo di "verificare immediatamente la possibilità di trasferire il Sert, che oggi penalizza il centro della città, presso una delle strutture carcerarie di Ancona, dove i tossicodipendenti sarebbero protetti, controllati, garantendo la sicurezza degli stessi e dei cittadini senza ulteriori spese per il comune".

Non è la prima volta che Bastianelli si occupa di questioni legate alla delinquenza e alle carceri con proposte ai limiti del provocatorio. Di recente ha presentato una mozione al consiglio comunale in cui si propone di offrire, ai detenuti con pena inferiore ai tre anni, la possibilità di commutarli in tre anni di lavoro utile, non remunerato, alle dipendenze delle istituzioni pubbliche, con domicilio "forzato" e coprifuoco dalle 22 alle 7.

La Alessandrini è d’accordo con questa proposta di lavori socialmente utili e anche Fabrizio Marsili di Alleanza Nazionale definisce la proposta di Bastianelli apprezzabile "poiché può dare la possibilità di aprire un dialogo fra le forze politiche su una questione spinosa come quella dei detenuti, del sovraffollamento e dei costi delle carceri".

Il Circolo "Gramsci" di Rifondazione è invece stupito e contrario alla proposta che a sentire Bastianelli dovrebbe risolvere il problema del sovraffollamento nelle carceri. "Il consigliere Udc sicuramente è al corrente che il 35% dei detenuti è extracomunitario ed il loro stato di diritto limitato li rende particolarmente esposti al rischio di divenir preda e manovalanza della microcriminalità - si legge in una nota -. Sa altrettanto che solo il 16% dei detenuti che hanno potuto usufruire di pene alternative è ricaduto nel reato, a fronte del 68% di coloro che non ne hanno usufruito".

Sanremo: Luca Delfino; il pm ordina tre perizie psichiatriche

 

Secolo XIX, 3 settembre 2007

 

Anche se a taccuino aperto non l’ha mai definita una battaglia. Ma alla fine l’ha spuntata lui, l’avvocato Marco Bosio, legale della famiglia Multari, che voleva impedire che Luca Delfino "abbia altro tempo per completare i suoi studi sul manuale dello psicopatico". Più passano i giorni e maggiori sono le opportunità per l’indagato di "modellare i suoi atteggiamenti sulle necessità processuali". In altri termini, bisognava disporre quanto prima le perizie psichiatriche in modo da fissare con un congruo coefficiente di approssimazione il profilo mentale di Luca Delfino.

E ieri, al termine di una breve consultazione con le parti, il pubblico ministero che coordina l’inchiesta sull’omicidio di Antonella Multari, Vittore Ferraro, ha abbandonato l’ipotesi dell’incidente probatorio, per ricorrere invece al cosiddetto "accertamento tecnico irripetibile" attraverso la nomina di tre diversi periti: del pm, della difesa e della parte offesa. Ovvero tre perizie psichiatriche praticamente contemporanee: procedimento molto più snello che consentirà di arrivare alla conclusione dell’iter entro sessanta giorni dal conferimento degli incarichi, previsto per mercoledì prossimo. Se i consulenti rispetteranno i termini, a metà novembre il pm potrebbe trasmettere al Gup la richiesta di rinvio a giudizio e il processo con rito abbreviato potrebbe essere già fissato tra la fine di dicembre e l’inizio di gennaio.

I colloqui tra Delfino e i consulenti inizieranno tra una decina di giorni. La programmazione è ancora da definire. "Questi sono aspetti che dovranno decidere i periti. A noi - dice l’avvocato Bosio - interessa che questa delicatissima fase istruttoria cominciasse nel più breve tempo possibile anche perché, come ho già avuto modo di sostenere, l’atteggiamento tenuto da Delfino in occasione dell’interrogatorio davanti al pm ci convince poco, anzi per nulla. Nell’immediatezza dell’arresto, l’indagato ha reso delle dichiarazioni molto precise in ordine al fatto-reato. Dopo il primo colloquio con il suo difensore ha detto di avere un vuoto di memoria sul giorno del delitto.

Successivamente, ha affermato che i suoi ricordi si fermano al giorno precedente. Poi, in occasione dell’interrogatorio, ha ulteriormente corretto il tiro". Anche il padre di Antonella, Rocco Multari, ha ribadito il suo pensiero sulle "manfrine" di Delfino: "Ripeto, non credo a una parola di quanto sta dicendo. Come non credo che sia pazzo. La sua è una precisa strategia per evitare una condanna a trent’anni".

Intanto ieri Delfino ha incontrato per alcuni minuti una delegazione di Rifondazione comunista in visita al carcere dell’Armea, delegazione composta - tra gli altri - dai deputati Sergio Olivieri (La Spezia), Daniele Farina (Milano), dal responsabile carceri ligure del partito, Giorgio Barisone e dallo psicologo Fabrizio Poggi.

"Il nostro incontro - ha spiegato Barisone - s’è naturalmente soffermato esclusivamente sugli aspetti della vita carceraria, non certo su quelli giudiziari o meno ancora della cronaca. Delfino ha spiegato di avere un buon rapporto con le guardie carcerarie e di non trovarsi, tutto sommato, male nel carcere della città dei fiori".

La delegazione di Rifondazione comunista non ha potuto parlare con il direttore del carcere Francesco Frontirré, che è in vacanza, per valutare se sono state prese tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza dello "scomodo" detenuto, bersaglio di ripetute minacce. Luca Delfino nei giorni scorsi era stato visitato anche dal consigliere regionale di Forza Italia Gabriele Saldo, con il quale aveva invece conversato a lungo.

Diritti: Firenze; e adesso la lotta a graffitari e prostituzione

 

Corriere della Sera, 3 settembre 2007

 

Il sindaco di Firenze Leonardo Domenici: la sinistra ha bisogno di una rivoluzione concettuale. No a certa retorica sugli ultimi. Asor Rosa e Tornatore si informino meglio.

"La sinistra e in genere la politica hanno bisogno di una rivoluzione concettuale. Litigare su un’espressione linguistica come "tolleranza zero" è fuorviante. È logico che se sento parlare di tolleranza penso a Voltaire o a Beccaria, non a Rudolph Giuliani. Ma dobbiamo andare alla sostanza delle cose, e cambiarla.

Abbiamo bisogno di una legge, una legislazione, una politica, per riportare il rispetto delle regole nelle nostre città. Ci occorrono nuovi strumenti per la legalità, e non solo verso i lavavetri. Penso ai graffitari. Agli abusivi che vendono merci contraffatte. Ai parcheggiatoli. Ai rumori dei locali notturni. All’ubriachezza molesta. E penso alla prostituzione: non si può pensare che la clientela sia esclusa da provvedimenti di sanzione".

Leonardo Domenici è il presidente dell’associazione dei comuni italiani. Ed è il sindaco di Firenze, la città dell’ordinanza che prevede anche il carcere per i lavavetri, dove non a caso oggi la sinistra radicale manifesterà. Di fronte alle fotografie del Sottosegretario all’Economia Paolo Cento con spazzolone e straccio ai semafori, Domenici ricorda l’articolo 154 della Costituzione: "Il secondo comma impone a chi ha incarichi pubblici di esercitarli con "disciplina e onore".

La nostra Costituzione è stata scritta nel ‘47 e alcune parole sono ormai desuete, ma queste due sono belle: disciplina e onore. A me piacciono". Più in generale, "quando da ragazzo ho fatto la mia scelta di sinistra, non pensavamo che, se uno è un disgraziato, gli si deve consentire di vivere negli interstizi illegali o paralegali della società.

Pensavamo il contrario: che tutti possono far rispettare la legalità, tutti hanno il diritto che siano affermate regole certe. Altrimenti i guai maggiori sono per i più deboli. E sono per i progressisti". Sul corteo di oggi, Domenici dice ovviamente che "ognuno è libero di manifestare. Spero però di non sentire più la retorica per cui "si colpiscono i lavavetri, cioè gli ultimi", come ha detto lo stesso Bertinotti.

"Firenze non ha certo introdotto il reato di lavare i vetri al semaforo; l’ordinanza si richiama al codice penale, che prevede sanzioni sino all’arresto per chi disobbedisce a una disposizione dell’autorità. E poi è una sciocchezza sostenere che occuparsi della microcriminalità significa trascurare la lotta alla mafia, alla camorra, alla ‘ndrangheta".

Qui Domenici è in sintonia con quanto ha scritto ieri Michele Serra nella sua "Amaca" su Repubblica: "Noi di sinistra - dice il sindaco di Firenze - abbiamo il vizio di sostenere che il problema è sempre un altro. Invece il problema è proprio questo: le nostre città sono messe male. Ad esempio, hanno un serio problema di manutenzione.

Si deve difendere la qualità della vita, come accade in Europa, dove il problema dei lavavetri è il bisogno di una legislazione per riportare il rispetto delle regole nelle nostre città dei parcheggiatori abusivi non c’è o è diverso".

Quanto alle critiche di Alberto Asor Rosa, "mi onoro di conoscere il professore, mi sono formato sui suoi testi; che però trattavano di storia delle letteratura. È un bene che gli intellettuali dibattano di politica e di pubblica amministrazione. Purché si informino: sono disponibile a mandare fax ed mail con la documentazione sulle politiche sociali del Comune di Firenze; non a caso, il Social Forum del 2002 l’hanno fatto qui.

Asor Rosa si contraddice: ha ragione quando sostiene che i centri storici sono ridotti male; ma la sicurezza non è argomento di discussione ideologica, è vita vissuta, cosa concreta".

Sostiene Domenici che "nessuno di noi, quando abbiamo scritto l’ordinanza, si aspettava una reazione così. Ma non potevamo fare diversamente. I casi di molestie erano numerosi. Da tempo i lavavetri sono cambiati; ai semafori non ci sono soltanto persone simpatiche e cortesi, molte sono aggressive, soprattutto con le donne sole. E poi si muovono spesso in coppia.

C’era stata la denuncia di una persona anziana: due lavavetri le si erano seduti sul cofano. E di una donna: mentre uno la distraeva, l’altro le rubava il cellulare". Un’ordinanza, dice però Domenici, non può essere la soluzione; se non altro perché scade il 31 ottobre. "Al Parlamento e al governo, noi sindaci non chiediamo di risolvere il problema, ma di fornirci gli strumenti per agire. Siamo di fronte a un fenomeno nuovo, che ancora 15 anni fa non si poneva. Serve una legislazione nuova.

Che integri il codice penale e quello di procedura penale, in modo da definire il reato e rendere certa la sanzione. Che precisi i poteri dei sindaci. Che garantisca le risorse: dopo cinque finanziarie di Berlusconi e purtroppo anche la prima di Prodi, mancano i mezzi per il risanamento, la riqualificazione, e anche per far rispettare la legalità".

Le situazioni su cui intervenire, sostiene Domenici, sono tante. "Si è giustamente colpito chi guida in stato di ubriachezza o sotto l’effetto di stupefacenti, che oggi è sanzionato più duramente di chi delinque. Per fortuna il ministro Amato è d’accordo con noi sulla necessità di agire anche su altri terreni. L’abusivismo commerciale, comprese le indagini sul mercato della contraffazione.

La prostituzione, comprese le sanzioni per i clienti. I parcheggiatori abusivi. Gli ubriachi. I rumori dei locali notturni, i rifiuti, le bottiglie per terra: dobbiamo coinvolgere i gestori, per difendere la tranquillità dei cittadini. Le scritte sui muri: un ragazzo è stato colto in flagranza di reato, ma siccome mancava la querela di parte, cioè dei proprietari dello stabile, il giudice ha dovuto

mandarlo indisturbato e pure restituirgli la bomboletta. È evidente che le regole vanno cambiate". Poi c’è la droga: "È inaccettabile che per strada o in alcuni locali la si compra e la si venda liberamente. Ma so bene che la questione ha una sua specificità". Giuseppe Tornatore teme che la sinistra confonda piccoli e grandi reati, immigrati e malfattori. "Mi verrebbe voglia di cimentarmi con i film del festival di Venezia; invece gli rispondo volentieri. Il premio Oscar ha ragione quando ci fa notare la complessità del tema.

Ma vorrei tranquillizzarlo: nessuno vuol fare di ogni erba un fascio. Non certo in una città come Firenze. La stessa storiella toccante che lui racconta - il lavavetri bambino picchiato dai colleghi e fuggito in Albania - dimostra che la questione esiste: quel bambino è dovuto scappare, e i cattivi che l’avevano maltrattato sono rimasti al semaforo. Non tutti i lavavetri sono poveretti. Oppure lo sono perché condizionati da altri. Comprenderlo fa parte della rivoluzione concettuale, del cambiamento di cui abbiamo bisogno". E la calda estate dell’assessore Cioni, che si è mosso come un sindaco-ombra? "Si è mosso come un bravo assessore, in stretto e continuo contatto con il suo sindaco".

Diritti: don Oreste Benzi; la prostituzione è un male che va tolto

 

La Repubblica, 3 settembre 2007

 

"La prostituzione è un "male": non va regolato, ma tolto". È, questa, la risposta di don Oreste Benzi, presidente dell’associazione Papa Giovanni XXIII, alla proposta del ministro del Lavoro Cesare Damiano - lanciata l’altro ieri alla Festa dell’Unità di Genova - di organizzare in cooperative le "lucciole", per toglierle dalla schiavitù delle organizzazioni criminali.

La proposta di Damiano, che è andata oltre la "direttiva" annunciata il giorno prima dal ministro dell’Interno Giuliano Amato ("La prostituzione bisogna toglierla dalle strade"), ha suscitato la protesta di don Benzi. E ha sollevato diverse reazioni politiche soprattutto all’opposizione. L’argomento, del resto, è di grande attualità: è all’ordine del giorno dei Patti per la sicurezza delle grandi città. È oggetto di provocazioni, come quella dell’assessore comunale bolognese Libero Mancuso di creare delle zone in cui, a rotazione, concentrare le lucciole.

Fra qualche settimana sarà presentata la relazione conclusiva dell’Osservatorio sulla prostituzione del Viminale presieduto dal sottosegretario Marcella Lucidi (del quale fa parte anche don Benzi). E il sindaco di Genova, Marta Vicenzi, ha annunciato una "linea dura" del comune contro il fenomeno della prostituzione minorile.

Secondo don Benzi, "Damiano, con le case chiuse, vuole trattare le donne come macchine da piacere calpestando la loro sublime dignità e portando la società italiana a situazioni di degrado irreversibile. Le ragazze che sono sulla strada, nei locali da ballo, negli appartamenti sono tutte schiavizzate".

Sulla stessa linea del sacerdote, l’Udc e An. "Come per la droga - ha spiegato Francesco Pionati, portavoce centrista - anche per la prostituzione non ammettiamo alcuna forma di soluzione equivoca. Per usare una parola cara alla sinistra in questo momento, che l’ha usata per il fenomeno dei lavavetri, noi siamo per la "tolleranza zero". Non si può razionalizzare lo sfruttamento delle donne altrimenti si diventa gestori e complici". Daniela Santanché, deputato di Alleanza Nazionale, rincara la dose.

E collega il caso "lucciole" a quello lavavetri sollevato dal sindaco di Firenze. "È il modo finto della sinistra di affrontare il problema sicurezza" - dichiara - non sono d’accordo alla soluzione delle cooperative perché ormai il problema prostituzione è connesso a quello dell’immigrazione, essendo l’80 per cento delle donne straniere".

"Il governo - ha aggiunto Santanchè - vuole vendere strumenti inapplicabili pensandoceli risolvere il problema prostituzione attraverso una sua "organizzazione" come fosse un lavoro. Ci vogliono leggi severe sull’immigrazione: non togliere la Bossi-Fini, ma renderla più rigorosa. E non facendo entrare in Italia né le prostitute, né i lavavetri". Mentre a Firenze i movimenti contrari all’arresto dei lavavetri distribuiranno un volantino con L’Urlo di Munch (il dipinto che riproduce l’indifferenza di due amici estranei all’angoscia del loro compagno), Pia Covre, presidente del Comitato per i diritti delle prostitute, plaude alla proposta di Damiano. "Siamo aperti a proposte che siano di tipo progressista e che tengano in considerazione il fatto che le prostitute non sono un problema, ma parte della soluzione di esso".

Droghe: Papa; una menzogna, una truffa che distrugge la vita

 

Notiziario Aduc, 3 settembre 2007

 

"La sete di infinito che è nei nostri cuori ci dimostra proprio la realtà della droga: l’uomo vuole allargare lo spessore della vita, avere più della vita, avere l’infinito, ma la droga è una menzogna, una truffa, perché non allarga la vita, ma distrugge la vita". È quanto ha detto il Papa durante la veglia con i giovani dell’Agorà riuniti sulla piana di Montorso, rispondendo alle testimonianze di alcuni ragazzi.

"Vera è la grande sete che ci parla di Dio e ci mette in cammino verso di Lui. Dobbiamo aiutarci reciprocamente, e Cristo è venuto proprio per creare una rete di comunione nel mondo, dove tutti insieme possiamo aiutarci a trovare insieme la strada della vita e capire che i comandamenti di Dio non sono una limitazione della nostra libertà, ma le strade che ci guidano verso l’alto, verso la pienezza della vita".

Qui il Papa ha ricordato un episodio del suo recente viaggio in Brasile, durante la visita a una comunità di recupero di tossicodipendenti, dove ‘i giovani ritrovano la speranza e la gioia di vivere". "Questi giovani mi hanno testimoniato che sapere che c’è Dio era per loro la guarigione dalla disperazione, l’avere ritrovato la gioia di essere in questo mondo, la gioia di affrontare i problemi della vita umana. In ogni cuore umano, nonostante tutti i problemi che ci sono c’è la fede in Dio, e invece dove Dio scompare il sole e scompaiono la luce e la gioia".

Iraq: per il ramadan gli Stati Uniti libereranno 1.500 detenuti

 

Ansa, 3 settembre 2007

 

In occasione del Ramadan,il mese consacrato dai musulmani alla preghiera e al digiuno che quest’anno avrà inizio nella seconda settimana di settembre, il Comando Usa farà scarcerare circa 1.500 iracheni attualmente detenuti nelle prigioni amministrate dalle truppe americane. Lo ha annunciato il vice presidente della Repubblica, il sunnita Tarek al-Hashemi, precisando che il gesto di clemenza è il frutto di un accordo raggiunto tra lo stesso Hasheni e i vertici militari statunitensi. Per ogni giorno di Ramadan saranno rimessi in libertà una cinquantina di reclusi; la settimana scorsa ne erano già stati rilasciati altrettanti ma, ha precisato il vice presidente iracheno, essi non rientravano nei termini dell’intesa. Un mese fa lo stesso Hashemi e il pari grado Adel Abdel Mahdi, di confessione sciita, avevano visitato diversi penitenziari per ruferire poi al capo del governo Nouri al-Maliki, anch’egli sciita, che si era detto "indignato" per i troppi connazionali incarcerati benché "innocenti". Nelle prigioni americane in Iraq sono attualmente rinchiuse in tutto quasi 23.000 persone.

 

 

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