Rassegna stampa 21 novembre

 

Cagliari: muore un detenuto 38enne, è il terzo in un mese

di Marco Noce

 

L’Unione Sarda, 21 novembre 2007

 

È morto poco dopo le 23.30 e non è ancora chiaro cosa l’abbia ucciso. Benedetto Orrù, 38 anni, di Monserrato (Cagliari) è il terzo detenuto deceduto nel carcere cagliaritano di Buoncammino nel giro di un mese.

L’hanno trovato in cella all’una e mezzo del mattino. Morto. Stroncato forse da un’overdose di eroina, forse da un cocktail di farmaci. Si chiamava Benedetto Orrù, aveva 38 anni, lascia una moglie, era di Monserrato. Era dentro da tredici mesi. Avrebbe dovuto restarci altri cinque anni e mezzo, per effetto di una condanna per rapina e detenzione di arma da fuoco. È l’ennesimo morto, in questo che verrà ricordato come l’autunno orribile di Buoncammino.

La notizia trapela a fatica, dalle mura del carcere che domina il belvedere. Come tutto ciò che accade dentro. Il poco che si sa è presto detto: qualcuno, probabilmente un compagno di cella, si rende conto intorno all’una e mezzo che Benedetto Orrù è privo di conoscenza.

Scatta l’allarme. Si prestano i primi soccorsi, viene anche chiesto l’intervento del 118, ma per il detenuto non c’è più niente da fare: è morto. Ciononostante, il corpo viene portato fuori dal carcere, al Binaghi, dove arriva intorno alle due del mattino. Viene subito avvisato il magistrato di turno, che è il sostituto procuratore Giancarlo Porcu. Su sua disposizione, ieri, sono stati interrogati i compagni di cella di Benedetto Orrù. Sempre il pm ha disposto per stamattina l’autopsia: l’esame, che sarà eseguito dal medico legale Francesco Paribello, sarà fondamentale per fugare i dubbi sulle cause del decesso.

Secondo quanto riferito dal direttore del carcere, Gianfranco Pala, le condizioni di salute di Orrù erano da tempo precarie a causa del prolungato consumo di stupefacenti che gli aveva minato il fisico. Il detenuto era stato visitato in ospedale la scorsa settimana, ma aveva rifiutato il ricovero. Lo stesso Pala racconta di avergli parlato alle 13.30, ore prima della morte, senza notare niente di particolare. "Apparentemente stava bene, compatibilmente con le sue condizioni", ha spiegato il direttore del penitenziario.

Orrù ha consumato un’ultima cena leggera ed è andato a dormire intorno alle 21.30. I suoi due compagni di cella l’hanno sentito russare per un po’. È stato proprio il cessare improvviso di questo rumore a impensierire i due, che gli si sono avvicinati, intorno alle 23.30. Come verificato subito dopo dalle guardie carcerarie chiamate dai compagni di cella e dal medico, Orrù era già morto. Sul suo corpo non c’erano segni di iniezioni, che avvalorerebbero l’ipotesi di un’overdose, né di altra natura. Il detenuto soffriva di gravi patologie al fegato e ai polmoni.

Overdose. La prima ipotesi è quella di un’overdose, quindi una morte accidentale seguita a un’assunzione di stupefacenti, probabilmente eroina. A quel punto, scatterebbe un’inchiesta per appurare come la droga possa essere entrata in carcere e chi l’abbia passata al detenuto. La seconda ipotesi aprirebbe invece le porte a scenari diversi: a stroncare Benedetto Orrù potrebbe essere stato anche un cocktail di farmaci, magari assunto con l’intenzione di suicidarsi. Esclusa, per ora, la pista di un omicidio per avvelenamento.

A far propendere gli inquirenti verso la pista dell’eroina, il vissuto di Benedetto Orrù. Il suo nome compare nelle cronache sette anni fa, quando fu arrestato per aver puntato una siringa sporca di sangue contro un ragazzo per portargli via uno scooter. Poi ci fu il tentato furto di un’auto. Poi l’arresto per violazione della misura cautelare domiciliare.

Il salto di qualità due anni e mezzo fa, quando in base alla prova del Dna fu accusato di essere uno dei due banditi che il 23 maggio 2003 assaltarono pistola in pugno il bar Soleado a Monserrato: una rapina da 600 euro, conclusa con un inseguimento drammatico e una gazzella dei carabinieri finita contro l’auto di un passante. Ma i guai di Benedetto Orrù non erano finiti. Un anno e mezzo fa l’accusa di aver organizzato una trappola ai danni dei clienti di una prostituta: mentre il rapporto veniva consumato, l’uomo avrebbe portato via le loro auto. Il conto giudiziario era arrivato nell’ottobre del 2006: sei anni e quattro mesi di detenzione.

Prima di lui nel carcere di Buoncammino si erano uccisi, il 22 ottobre scorso, Licurgo Floris, 55 anni, condannato per l’omicidio di una quindicenne di Carbonia, trovato impiccato con una cinghia, e un diciannovenne di Sant’Anna Arresi (Sulcis), Massimo Floris, accusato di aver ferito un ragazzo con una coltellata.

Giustizia: Lecce, Sassari, Perugia... provvedimenti urgenti

di Patrizio Gonnella (Presidente Associazione Antigone)

 

Comunicato stampa, 21 novembre 2007

 

"I fatti di Lecce, di Sassari, di Perugia - dichiara Patrizio Gonnella, Presidente Nazionale di Antigone - tutti gravi e allarmanti, richiedono un’assunzione politica forte. È assolutamente necessario che, in ciascuno di questi casi, si faccia chiarezza e si arrivi presto alla verità giudiziaria. Per questo ritengo indispensabile che al più presto il Parlamento vari due provvedimenti di legge: quello relativo all’introduzione del reato di tortura e l’istituzione del Garante nazionale delle persone private della libertà personale. Non può essere che si viva in un Paese in cui ci sia il rischio si subire violenze all’interno di un’istituzione pubblica".

Roma, 20 novembre 2007

Giustizia: Decreto sicurezza, martedì testo in aula al Senato 

 

Il Manifesto, 21 novembre 2007

 

La discussione sul decreto sicurezza entra nel vivo oggi, nella commissione Affari Costituzionali del Senato. In mattinata, infatti,  l’illustrazione del parere da parte del governo, nella persona del sottosegretario all’interno Marcella Lucidi, é del relatore ulivista Giannicola Sinisi. Stando agli accordi di cui s’è parlato sinora, sarà la richiesta della sinistra radicale di affidare al tribunale monocratico e non al giudice di pace l’esame del ricorso sui provvedimenti di espulsione e dì introdurre nel di delle clausole antirazzismo. Ancora in dubbio l’elenco dei motivi di pubblica sicurezza che rendono necessaria l’espulsione. Anche se da ottiche opposte, gli esponenti di entrambi gli schieramenti hanno sollecitato al relatore delle delucidazioni in merito.

Il leghista Roberto Calderoli riporta ai termini pratici della questione: "Qui vi è il tentativo dell’opposizione di trasformare il decreto in uno strumento capace di rendere possibili le espulsioni, mentre il tentativo del centrosinistra è l’esatto opposto e cioè di fare in modo che non sia espulso nessuno". Un altro punto sollevato dalla Cdl, per la quale la maggioranza è chiamata a una risposta entro oggi, è il veto di ingresso in Italia per i cittadini che siano stati espulsi da altri paesi comunitari, non previsto dal decreto.

Giustizia: a proposito di insicurezza e di certezza della pena

di Gianfranco Spadaccia (Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Roma)

 

Blog di Solidarietà, 21 novembre 2007

 

In un recente convegno di assistenti sociali della Amministrazione della Giustizia, dedicato al contestato inserimento della Polizia Penitenziaria negli Uepe, gli uffici che presiedono all’esecuzione della pena esterna al carcere, il dott. Vincenzo Petralla, responsabile dell’Uepe di Bari, ha opportunamente fornito per il Dap una serie di dati comparati , illustrati con grafici assai interessanti, fra la situazione della esecuzione penale di alcuni altri grandi paesi europei (in particolare Francia e Regno Unito) e l’Italia.

Saltava agli occhi che mentre il numero dei detenuti in rapporto alla popolazione era in qualche modo paragonabile, il numero dei sottoposti a pene alternative è in Italia appena un terzo o poco più di un terzo di quello che si registra negli altri grandi paesi.

Le torri rosse che nel grafico rappresentavano il numero dei detenuti erano affiancate per la Francia e il Regno Unito da torri bianche assai più alte delle prime che rappresentavano il numero delle persone in pena o misura alternativa. Per l’Italia invece la torre rossa dei detenuti era affiancata da un torre bianca nettamente più bassa della prima.

Questo dipende certamente dalla mancata riforma del codice penale, e dal mancato inserimento nel nostro sistema della probation che può contare negli altri paesi su una gamma di misure e pene alternative al carcere assai più vasta di quella italiana. Si parla molto di certezza della pena, ma la pena deve essere certa sia quando si sconta in carcere sia quando si scontano pene alternative.

E tuttavia quando si invoca la certezza della pena, quando si denuncia l’inadeguatezza e l’insufficienza del nostro sistema penitenziario e si chiedono più carcere e più carceri, ci si dimentica sempre o quasi sempre della crisi della giustizia italiana, con gli effetti devastanti prodotti dall’enorme arretrato giudiziario, con le obbligate sospensioni della pena, con processi che durano anni e si risolvono spesso in quell’amnistia strisciante che è nei fatti la prescrizione, con le ripetute condanne che la Corte europea infligge al nostro paese.

Nel corso dello stesso convegno la presidente del Tribunale di sorveglianza di Napoli ha fornito i dati sui detenuti, sulle persone in misura alternativa e sulle persone uscite per sospensione pena a causa della scadenza dei termini della custodia cautelare o per decisione del giudice: se non ricordo male i detenuti in Campania erano 7000, 2000 le persone in misura alternativa e 5000 gli imputati usciti per la sospensione della pena.

Se al grafico del dott. Petralla, accanto alla torre rossa dei detenuti e a quella bianca delle pene e misure alternative al carcere aggiungessimo una terza torre dal colore nero riguardante le persone uscite dal carcere per sospensione pena vedremmo che la torre nera dell’Italia sopravanzerebbe di molte lunghezze quelle degli altri paesi. E questo è il vero, stridente deficit del sistema penale italiano.

Giustizia: Giuristi Democratici; un "no" al pacchetto sicurezza

 

www.giuristidemocratici.it, 21 novembre 2007

 

In Italia problemi reali o immaginari di sicurezza e ordine pubblico diventano, quale sia il governo, sinonimi di interventi legislativi urgenti, di leggi d’emergenza. Non si è sottratto a questa regola il governo Prodi che ha presentato, in larga contraddizione con il suo programma, una serie di disegni di legge denominata "pacchetto sicurezza".

La forte critica e contrapposizione ai primi testi proposti nel Consiglio dei Ministri ha contribuito a eliminare dai disegni di legge le norme che più evidentemente contrastavano con la Costituzione e a ridisegnare, almeno parzialmente, priorità e obiettivi.

Nonostante ciò, sia i disegni di legge, sia il decreto legge sulle espulsioni dei cittadini comunitari rimangono connotati da elementi preoccupanti, che spingono a una forte iniziativa per imporre al governo e alla maggioranza parlamentare il ritorno al programma che fu definito dal centrosinistra prima delle elezioni.

I cittadini comunitari rumeni hanno preso il triste posto che alcuni anni fa spettava ai cittadini extracomunitari albanesi e a loro il governo ha dedicato un decreto legge, in teoria destinato ad applicarsi a tutti i cittadini comunitari, che si contraddistingue per l’estrema discrezionalità concessa al Ministro o al Prefetto nel motivare i provvedimenti di allontanamento e per l’estendere anche al cittadino comunitario norme e procedure penali che si sono già rivelate assolutamente inefficaci, dispendiose e vessatorie in questi anni di applicazione della legge Bossi Fini.

Il disegno di legge sui reati di grave allarme sociale e certezza della pena allunga a dismisura i termini di prescrizione del reato (favorendo così l’allungamento dei tempi del processo), pur eliminando la vessatoria disciplina prevista per i recidivi e introdotta con la legge ex Cirielli, aumenta le pene nei casi di omicidio colposo portandole a misure eccessive, rende la carcerazione preventiva quasi automatica per una serie di delitti, amplia i casi di giudizio immediato ed elimina il cosiddetto patteggiamento in appello, con la conseguenza di aumentare i casi in cui l’imputato non si avvarrà dei riti alternativi e di aumentare il numero dei ricorsi per cassazione.

Il disegno di legge contro l’illegalità diffusa crea, come non bastassero quelle attuali, nuove figure di reato, ancora una volta assegnando al diritto penale la soluzione repressiva a problemi che in altri ambiti possono trovare migliore e più efficace soluzione e contrasto, e apre la porta a pericolose iniziative dei sindaci, già ora protagonisti di improvvide ordinanze emanate a soli fini di consenso politico.

Sono questi i motivi che ci inducono a richiedere un forte impegno dei giuristi e dei cittadini al fine di far non far approvare dal Parlamento queste norme e a condividere le iniziative di chi persegue questo stesso scopo anche con iniziative forti, come l’astensione dalla udienza, stante il rilievo costituzionale e di tutela della dignità umana delle critiche mosse alle iniziative governative.

 

Torino, 20 novembre 2007

Associazione Nazionale Giuristi Democratici

Giustizia: Sappe; bisogna potenziare l’Area Penale Esterna

 

Comunicato Sappe, 21 novembre 2007

 

Nelle carceri italiane un detenuto su 4 è tossicodipendente, con una percentuale nazionale media del 24 per cento (pari a 10.275 persone) sui circa 44mila detenuti presenti alla data del 30 giugno scorso. Percentuale che è supera il 30% dei presenti in Molise (63 detenuti) e Lombardia (2.220) e che sfiora addirittura il 40% in Lazio e Sardegna (rispettivamente 37,98% e 37,76% con 1.678 e 449 detenuti).

Contenuta la presenza di detenuti alcool-dipendenti, pari a 897 per una percentuale nazionale media del 2% (sono Trentino Alto Adige e Sardegna le regioni d’Italia con la percentuale più alta in proporzione ai ristretti presenti, rispettivamente il 4,80% - 11 detenuti - e il 4,21% - 50 unità -). Sempre alto il numero di bambini minori di 3 anni conviventi con detenute madri: sono complessivamente 45.

È questo il quadro penitenziario che emerge dall’analisi statistica redatta dall’Amministrazione penitenziaria alla data del 30 giugno scorso.

"Sono dati estremamente significativi per comprendere la quotidiana difficoltà lavorativa delle donne e degli uomini del Corpo di Polizia Penitenziaria e la necessità che Ministero della Giustizia e Amministrazione centrale riservino un’attenzione particolare alla formazione ed all’aggiornamento professionale del nostro Personale.

Di più, questi dati rafforzano la nostra ferma convinzione della necessità di "ripensare il carcere" con una legislazione penitenziaria che preveda un maggiore ricorso alla misure alternative alla detenzione e l’adozione di procedure di controllo mediante strumenti elettronici o altri dispositivi tecnici (come il braccialetto elettronico) delineando per la Polizia Penitenziaria un nuovo impiego ed un futuro operativo, al di là delle mura del carcere, parallelamente all’affermarsi del suo ruolo quale quello di vera e propria polizia dell’esecuzione penale".

È il commento di Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, organizzazione più rappresentativa della Categoria con 12mila iscritti.

"Questi dati rafforzano" aggiunge Capece "il nostro appello dei giorni scorsi alla classe governativa e politica di ‘ripensare il carcere e di adottare con urgenza rimedi di fondo al sistema penitenziario. Parliamo di provvedimenti concreti di potenziamento dell’area penale esterna, che tengano in carcere chi veramente deve starci e potenzino gli organici di Polizia Penitenziaria cui affidare i compiti di controllo sull’esecuzione penale.

È per questo che il Sappe auspica una urgente svolta bipartisan di Governo e Parlamento per una nuova politica della pena. È opportuno affidare al Ministero della Giustizia, e quindi al Dap ed al Corpo di Polizia penitenziaria, l’adozione e il controllo del braccialetto elettronico, previsto dal nostro Codice di procedura penale ma non ancora attivo. L’utilizzo di queste tecnologie eviterà di rendere evanescente e meramente teorica la verifica del rispetto delle prescrizioni imposte dall’autorità giudiziaria al momento dell’adozione delle misure alternative alla detenzione.

E affidare il controllo delle misure alternative alla detenzione alla Polizia Penitenziaria, accelerandone quindi l’inserimento negli Uffici per l’esecuzione penale esterna, vuole dire andare a svolgere le stesse funzioni di controllo oggi demandate a Polizia di Stato e Carabinieri, che in questo modo possono essere restituiti ai loro compiti istituzionali, in particolare il controllo del territorio, la prevenzione e la repressione dei reati, a tutto vantaggio dell’intera popolazione. Proprio perché quella della sicurezza è una priorità per chi ha incarichi di governo e legislativi, auspichiamo una larga intesa politica per una nuova politica della pena, necessaria e non più differibile."

Giustizia: medicina penitenziaria... a marzo il "passaggio"?

 

Redattore Sociale, 21 novembre 2007

 

Dopo 8 anni di attesa, sta per completarsi il sofferto transito di competenze dal ministero della Giustizia: un emendamento del governo alla finanziaria prevede la completa attuazione. Manconi: "Ma ci sono forze che si oppongono".

Il traguardo, finalmente, è vicino. Dopo otto anni di attesa, sta per completarsi infatti il sofferto transito della medicina carceraria dalle competenze del ministero della Giustizia a quelle della Salute. Se ne parla dagli anni novanta e nel 1999 si era perfino arrivati alla stesura di un testo di legge che andava nella direzione del passaggio di consegne da un ministero all’altro. Poi però c"è stato il vuoto legislativo. Ora, con un emendamento alla legge finanziaria per il 2008 presentato dal governo, si prevede la completa attuazione del decreto legislativo n.230 del 1999.

L’emendamento 47 bis prevede anche la relativa copertura finanziaria che per il 2008 si attesterà sui 157,8 milioni di euro. Dagli iniziali 70 milioni all’anno, si è riusciti a raddoppiare la cifra che si attesterà in media sui 146 milioni all’anno. Se la finanziaria sarà approvata, spetterà poi al governo chiudere il quadro con un provvedimento da varare entro 90 giorni, quindi a marzo. Sarà a quel punto un decreto del consiglio dei ministri a definire tutti i particolari di una riforma che non pochi cominciano a paragonare alla cosiddetta Gozzini.

Per fare il punto sulla situazione il Forum nazionale per il diritto alla salute dei detenuti ha organizzato questa mattina a Roma un convegno al quale ha partecipato anche il sottosegretario alla Giustizia, Luigi Manconi, all’assessore alla salute della Regione Lazio, Augusto Battaglia, un rappresentante del ministero della Salute in rappresentanza del ministro Livia Turco e naturalmente. moltissimi operatori che in questi anni hanno si sono impegnati con il Forum nazionale per far passare la riforma.

Lo hanno ricordato oggi sia Luigi Di Mauro, vicepresidente del Forum e presidente della Consulta penitenziaria del Comune di Roma, sia Leda Colombini, presidente del Forum. Di Mauro - che ha letto una lettera dall’assessore Rossi in rappresentanza delle Regioni - ha ricordato che si tratta di portare a compimento tutti i passaggi.

Quello che è rimasto scoperto ancora è il via libera al progetto di riforma (e alle relative linee guida) da parte dell’Assemblea Stato Regioni. Il testo base della riforma è stato già elaborato dalla commissione interministeriale. Sul progetto si sono impegnati direttamente i due sottosegretari dei due rispettivi ministeri, Gaglione per la Salute e Manconi per la Giustizia.

"Si sta per realizzare una grande riforma - ha detto oggi il sottosegretario Manconi - ma bisogna rimanere vigili perché ci sono ancora delle forze che si oppongono". Con la riforma completata tutte le funzioni sanitarie che oggi fanno capo al ministero della Giustizia passeranno al ministero della Salute e non sono state superate ancora tutte le resistenze.

"La riforma è un vero mutamento radicale - ha spiegato ancora Manconi che ha anche fatto l’elogio dell’attività e della perseveranza del Forum - il convegno di oggi è un fatto molto importante, ma non vorrei che passasse l’idea che abbiamo già raggiunto il risultato. Si deve fare in modo che le resistenze che ancora ci sono contro la riforma non diventino un ostacolo". Il sottosegretario Manconi ha detto anche che la salute in carcere non solo deve essere un diritto come per tutti i cittadini.

Da questo punto di vista, essendo il diritto alla salute universale, non si può tollerare un divisione tra cittadini inclusi e cittadini esclusi. Anzi, ha aggiunto Manconi, siccome chi sta in carcere sta peggio degli altri si deve fare in modo che la qualità della medicina offerta sia perfino superiore a quella che lo Stato mediamente riesce ad assicurare a tutti i cittadini. Un concetto che è stato poi ripreso nel dibattito facendo anche ricorso al pensiero di don Milani sugli ultimi.

Per quanto riguarda concretamente le risorse, l’emendamento all’articolo 47 della finanziaria dice espressamente che al fine di dare completa attuazione alla riforma, dall’entrata in vigore del decreto del Presidente del consiglio dei ministri, "sono trasferite al Fondo sanitario nazionale per il successivo riparto alle Regioni e Province autonome le risorse finanziarie valutate complessivamente in 157,8 milioni di euro per il 2008, in 161,8 milioni per l’anno 2009 e in 167,8 milioni per l’anno 2010, di cui quanto a 147,8 milioni a decorrere dal 2008 a carico del bilancio del Ministero della Giustizia e quanto a 10 milioni di euro per l’anno 2008, 15 milioni di euro per il 2009 e 20 milioni di euro per l’anno 2010 a carico del bilancio del Ministero della Salute.

Giustizia: Mastella; ok dagli Usa per rientro detenuti italiani

 

Ansa, 21 novembre 2007

 

Il ministro della Giustizia Clemente Mastella ha ricevuto oggi conferma, nel corso di un "lungo e cordiale" colloquio con il Vice Attorney General Alice Fischer, del consenso degli Usa al trasferimento nel nostro Paese di alcuni cittadini italiani detenuti nelle carceri americane. A darne notizia è un comunicato del dicastero di via Arenula.

Il 31 ottobre scorso, si ricorda nella nota, era stato già trasferito a Roma, nel carcere di Rebibbia, sulla base di una sentenza riconosciuta dalla Corte d’appello di Salerno, Domenico Guadagno, condannato il 25 settembre 2003 per traffico di stupefacenti dal tribunale di Miami e che era stato detenuto in un penitenziario della Florida. Durante l’incontro con Alice Fischer, presente a Roma per la conferenza Ocse, sono stati, in particolare, sottolineati con "reciproca soddisfazione", conclude il ministero, gli "ottimi rapporti di collaborazione" fra l’Italia e gli Stati Uniti.

Lecce: l’Ipm come un lager, i ragazzi denudati e picchiati

 

Gazzetta del Mezzogiorno, 21 novembre 2007

 

"È difficile cancellare dalla memoria quello che ho visto. Quella di Lecce è la pagina buia della giustizia minorile", racconta ora Roberto Marzo, 52 anni, in pensione dallo scorso 11 giugno dopo 28 anni di servizio.

Ragazzini denudati e pestati in cella, agenti che urlano e si accaniscono su un detenuto fino a spaccargli tre denti: sono alcuni degli episodi di maltrattamento che la procura di Lecce contesta a undici poliziotti penitenziari, tra cui il comandante, in servizio all’Istituto per minori sulla via per Monteroni.

L’attività della struttura (circa 50 detenuti e 25 agenti) è sospesa dallo scorso luglio, quando sono iniziati i lavori di ristrutturazione. Ma gli episodi denunciati risalgono al 2003, quando da un istituto per adulti è arrivato il nuovo comandante, Gianfranco Verri, 42 anni.

In quattro anni non sono mancante denunce e segnalazioni da parte del medico dell’istituto, Roberto Della Giorgia, di assistenti sociali e anche di alcuni agenti penitenziari. Eppure in quattro anni - sottolinea il sindacato Osapp che punta il dito contro l’inadempienza del Dipartimento della giustizia minorile - nell’istituto di Lecce sono cambiati quattro direttori ma il comandante Verri è sempre rimasto lì e tutt’ora lavora senza essere stato mai sospeso in via cautelare. È a lui che sono contestati episodi di prevaricazione e atteggiamenti persecutori nei confronti del personale del carcere non allineato alle sue logiche basate su regole intransigenti e violente.

"È difficile cancellare dalla memoria quello che ho visto. Quella di Lecce è la pagina buia della giustizia minorile", racconta ora Roberto Marzo, 52 anni, in pensione dallo scorso 11 giugno dopo 28 anni di servizio nella polizia penitenziaria e dopo aver detto "basta" ai presunti maltrattamenti sui minori.

Le segnalazioni arrivate tra il 2003 e il 2004 a Roma si sarebbero risolte in un’attività ispettiva disposta dall’allora responsabile del Dipartimento della giustizia minorile Rosario Priore, che però non portò ad alcun esito. A dare nuovo impulso all’indagine penale è stato invece un esposto-denuncia presentato nel giugno del 2006 alla procura di Lecce dal sottosegretario alla Giustizia Alberto Maritati. A lui infatti si rivolsero il medico del carcere minorile e un assistente sociale, raccontando nel dettaglio episodi allarmanti e chiedono un intervento del ministero. "Mi sono stati raccontati episodi allarmanti di violenze e brutalità su cui fino a quel momento sembrava che il tribunale dei minori, la procura minorile o il magistrato di sorveglianza non fossero intervenuti. Ho messo a disposizione la mia cultura e la mia storia di magistrato - racconta Maritati - e ho presentato un esposto".

Arrivata nove mesi fa al Dipartimento per i minori al posto di Priore, Melita Cavallo si è recata personalmente a Lecce lo scorso aprile-maggio: "Ho visitato l’istituto e sentito tutti. Mi hanno detto ‘andiamo abbastanza bene anche se non andiamo tutti d’accordò. Girando mi sono accorta di strutture fatiscenti". Da qui la decisione di chiudere temporaneamente per ristrutturazione, lasciando però aperto il centro di prima accoglienza dove continuano a lavorare dieci poliziotti penitenziari.

Se tra di loro dovessero risultare alcuni indagati, Cavallo assicura che chiederà al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria di "prendere provvedimenti" e spiega di aver ritenuto opportuno attendere l’esito delle indagini perché qualsiasi altro suo provvedimento "sarebbe stato fuori luogo". Nel frattempo però - fa notare il sottosegretario Maritati - "gli unici a rimetterci sono stati gli addetti alle pulizie che, a causa della chiusura temporanea dell’istituto, hanno perso il posto".

Palermo: lettera al Garante; chiediamo condizioni più umane

 

La Sicilia, 21 novembre 2007

 

Reclamano celle più vivibili e pulite, si lamentano per la mancanza di riscaldamento, acqua calda e medicine. Chiedono di vivere "umanamente" la detenzione e la rieducazione sociale potendo frequentare corsi di formazione professionale, andare a scuola oppure praticare attività fisica. L’appello proviene da Lorenzo P., detenuto comune della sesta sezione del carcere "Ucciardone" che ha scritto una lettera firmata alla nostra redazione.

"Parlo in prima persona - esordisce così - ma precisando che vale a nome di tutti i detenuti della sezione. Le stanze sono invivibili, piene di muffa e scarafaggi, senza riscaldamento e senza acqua calda. Non abbiamo il barbiere da ben otto mesi. Ogni qualvolta esponiamo un problema - continua - ci sentiamo dire che il carcere è punitivo.

Abbiamo inutilmente cercato un dialogo pacifico, ma rimangono solo le parole e le promesse. Ci riteniamo pur sempre delle persone umane e non cerchiamo sconti di pena o ancor di più la libertà ma bensì vivere umanamente la nostra detenzione e il reinserimento sociale". Una protesta pacata, che però ancora non ha sortito nessun effetto. Ecco perché il carcerato lancia un Sos all’onorevole Salvo Fleres, garante per la tutela dei diritti fondamentali dei detenuti di Sicilia, che nei giorni scorsi è intervenuto per analoghi problemi al carcere di Termini Imerese. "Speriamo - conclude la missiva - che Fleres venga a farci visita per rendere conto al mondo esterno la nostra pessima vivibilità".

Un appello che riportiamo, nel caso in cui il garante, che già in passato ha evidenziato i problemi di alcune importanti strutture carcerarie della Sicilia, tra cui anche il carcere Ucciardone, ritenga opportuno intervenire presso gli organi competenti.

Roma: dalla Regione Lazio dentiere gratuite per i detenuti

 

Roma One, 21 novembre 2007

 

Duecento detenuti del Lazio riceveranno gratuitamente delle dentiere, grazie al progetto pilota "Ridare il sorriso" promosso dalla Regione Lazio in collaborazione con l’Asl RmA. L’iniziativa è stata presentata stamani dall’assessore alla Sanità, Augusto Battaglia: "Il nostro obiettivo – afferma - è quello di fornire le protesi dentarie gratuitamente a tutti i cittadini che si trovano in condizioni particolarmente svantaggiate.

I cinquemila detenuti presenti nelle 14 strutture carcerarie del Lazio hanno gli stessi diritti alla salute di tutti i cittadini". Per il garante dei diritti dei detenuti, Angiolo Marroni "il progetto è un passo importante sulla via della piena attuazione del decreto legislativo 230/99 che sancisce il diritto dei detenuti all’erogazione di prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazioni appropriate". Il responsabile dell’Unità operativa di Odontostomatologia domiciliare, Mauro Orefici, ricorda che "dal 15 maggio 2006 abbiamo effettuato 470 visite e 980 prestazioni nelle carceri laziali".

 

Il Progetto "Ridare un Sorriso"

 

Si intitola "Ridare il Sorriso" il progetto pilota (prima iniziativa socio-sanitaria odontoiatrica a costo zero in tutta Italia) che fornirà gratuitamente oltre 200 protesi dentarie ai detenuti del Lazio. L’iniziativa - frutto della collaborazione tra imprenditori del settore, la Regione Lazio, il Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti e la Asl RmA - Ospedale Eastman, Unità operativa di Odontostomatologia domiciliare - è stata presentata questa mattina nella sede della Regione Lazio alla presenza, fra gli altri, del Garante dei detenuti Angiolo Marroni e dell’assessore regionale alla Sanità Augusto Battaglia e il direttore generale della Asl RmA, Carlo Saponetti e il capo del Provveditorato dell’Amministrazione Penitenziaria del Lazio Angelo Zaccagnino.

"La nostra attività è rivolta a garantire ai detenuti i loro diritti fondamentali - ha detto il Garante dei Detenuti Angiolo Marroni - in particolare quello alla Salute. Le patologie del cavo orale sono al terzo posto per numero di incidenza in carcere. Il miglioramento della qualità della vita negli istituti di pena passa anche attraverso iniziative concrete come quella che presentiamo oggi. Considero questo progetto un passo importante sulla via dell’attuazione del D.lgs 230/1999, che sancisce il diritto dei detenuti all’erogazione di prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, efficaci e appropriate".

Il progetto "Donare un Sorriso" è un passo ulteriore dell’attività di prevenzione e di cura delle malattie della bocca nelle carceri avviato dal maggio del 2006 con la firma di un Protocollo d’intesa in tal senso con il Garante dei detenuti ed il Provveditorato Regionale dell’amministrazione penitenziaria. "In questo anno e mezzo abbiamo effettuato 470 visite e 980 prestazioni ai detenuti grazie alla presenza di odontoambulanze in carcere. Il 76% dei visitati non si sottoponeva ad una visita da almeno 5-10 anni", ha detto Mauro Orefici, responsabile dell’unità Odontostomatologica domiciliare e presidente della Simo (Società Italiana di Maxillo Odontostomatologia.

"L’adesione al progetto anche di soggetti privati cade in un momento particolare - ha detto l’assessore regionale alla Sanità, Augusto Battaglia - siamo nella fase attuativa del decreto legislativo che ristabilisce il rapporto tra amministrazione penale e servizio sanitario. Quando faremo la programmazione sanitaria - ha concluso Battaglia - dovremo tenere in conto anche i circa 5mila cittadini degli istituti di pena a cui dovremmo garantire condizioni ottimali".

Ascoli: colloqui, al via il Progetto "Un’ora d’aria a colori"

 

Agi, 21 novembre 2007

 

Fare incontrare e colloquiare i bambini con i loro genitori detenuti, in spazi aperti e adeguati, e non dietro le sbarre o in luoghi non adatti e soprattutto non a misura di bambino. È lo scopo del progetto "Un’ora d’aria a colori", che si svolgerà quest’anno nel carcere di Marino del Tronto, alla periferia di Ascoli Piceno, grazie alla collaborazione fra la direzione della Casa circondariale locale, il Comune e il mondo della scuola.

Nella Casa Circondariale sarà quindi allestito uno spazio apposito in cui i figli minori e i genitori potranno incontrarsi in un contesto più confortevole.

"Con questo progetto - ha commentato l’assessore comunale all’istruzione Gianni Silvestri - si cerca di favorire, per quanto possibile, un clima più sereno ed accogliente, allestendo uno spazio in cui i figli minori e i genitori detenuti possano colloquiare, facilitando così l’instaurarsi di relazioni positive tra il minore, i genitori, l’agente preposto ai controlli (quale rappresentante delle Istituzioni) e volontari eventualmente coinvolti. Abbiamo voluto questo incontro con le scuole che hanno aderito al progetto, nel periodo natalizio - aggiunge Silvestri - per testimoniare, con spirito di solidarietà, la vicinanza dei bambini, coetanei, insegnanti e famiglie verso situazioni di svantaggio".

Cagliari: un convegno su misure alternative e reinserimento

 

Dire, 21 novembre 2007

 

"Costruire la riconciliazione civile, i percorsi di inserimento socio-lavorativi di detenuti in organizzazioni di economia sociale in Sardegna" è il titolo del convegno che si svolgerà sabato 1 dicembre a Cagliari. L’incontro, che si aprirà alle ore 9.30 a Serdiana presso i locali della comunità La Collina, sarà introdotto da Ottavio Sanna, responsabile Acli regionale e da don Ettore Cannavera, fondatore della comunità La Collina.

Tra gli argomenti al centro del dibattito, ci saranno i percorsi di inserimento socio-lavorativo di detenuti in organizzazioni di economia sociale in Sardegna, attraverso i risultati dell’indagine inserita nel Quinto Rapporto Iares sull’economia sociale e civile in Sardegna. Alle 11.30 si aprirà invece la tavola rotonda sulle misure alternative alla detenzione alla quale prenderà parte anche l’assessore regionale alla Sanità Nerina Dirindin.

Napoli: Cpa; un convegno sull’esecuzione penale minorile

 

Comunicato stampa, 21 novembre 2007

 

Per i giorni 23 e 24 novembre il Centro di Prima Accoglienza di Napoli, con il patrocinio di diverse significative realtà istituzionali, ha organizzato, presso la Sala Don Bosco, un Convegno scientifico su "L’Esecuzione penale minorile: un’analisi articolata e complessa, strategie operative tra bisogni educativi ed esigenze di difesa sociale", iniziativa contro il sistema della camorra, cui interverranno diversi Esperti ed operatori della Giustizia Minorile, delle Istituzioni territoriali e del privato sociale. Per le conclusioni del Convegno, è prevista una relazione della dr.ssa Serenella Pesarin, Direttore Generale dell’Attuazione dei Provvedimenti Giudiziari del Dipartimento Giustizia Minorile.

Torino: "Ars Captiva", una mostra sul mondo del carcere

 

Localport, 21 novembre 2007

 

Dare sfogo alla propria libertà interiore per evadere dalla prigionia. Con questa formula Ars Captiva, rassegna di Contemporary Arts, mette in mostra dal 22 novembre al due dicembre presso la sede delle Ex-Carceri Le Nuove di Torino 52 percorsi di ricreazione creativa. I ragazzi delle scuole ad indirizzo artistico del Piemonte hanno espresso il proprio concetto di libertà e reclusione tramite installazioni, video, pitture, sculture, fotografie, performance teatrali e circensi, light design e sonorizzazioni.

L’arte "captiva", prigioniera, rinchiusa in uno spazio rivolto a detenere, è il tema dominante dell’esposizione; le realizzazioni trovano ispirazione nel carcere e nelle connotazioni storiche e socio-culturali che porta con sé. Gli studenti hanno invaso con la propria energia le Carceri Nuove, realizzando opere dal sapore forte, sentore della grande suggestione data dal contatto con questo luogo.

Non solo una riflessione su un tema sociale rilevante, ma qualcosa di più; quello che trasmettono le creazioni è una domanda sulla condizione interiore di chi passa i propri giorni tra quattro mura, e su quali siano le possibilità di evasione mentale. Un risultato creativo notevole, ottenuto anche grazie alla collaborazione con l’Accademia Albertina delle Belle Arti, e compagnie teatrali e musicali come Stalker Teatro e l’Accademia Stefano Tempia.

Parallelamente all’evento si svolgeranno svariati incontri con il pubblico sul tema carcere, durante i quali verranno presentate le attività formative compiute dai detenuti nei penitenziari piemontesi. Visite guidate, laboratori e la vendita di t-shirt del marchio "Made in Jail" (fondato nell’Istituto Penitenziario di Rebibbia), completano la mostra. L’inaugurazione si terrà domani alle 18 presso la sede delle Ex Carceri "Le Nuove" in Corso Vittorio Emanuele 127.

Immigrazione: Amato ai prefetti; continuità nelle espulsioni

 

Dire, 21 novembre 2007

 

Il ministro dell’Interno, Giuliano Amato, ha presieduto oggi al Viminale una riunione sull’applicazione del decreto legge relativo all’allontanamento dei cittadini comunitari, cui hanno partecipato i prefetti delle città maggiormente interessate, il capo della Polizia, prefetto Antonio Manganelli, il capo del Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione, prefetto Mario Morcone, e il capo del Dipartimento per le Politiche del personale, dell’Amministrazione civile e le risorse strumentali, Giuseppe Procaccini.

L’incontro, si legge in una nota del Viminale, "è servito a fare il punto sull’attuazione delle misure di allontanamento. Tutti i prefetti intervenuti - va avanti la nota - hanno espresso unanime apprezzamento per le nuove norme". È stato, in particolare, sottolineato, "l’effetto di deterrenza che ha portato a una forte riduzione della pressione in sede locale, con numerosi rimpatri volontari e meno afflussi". Il ministro Amato, si chiude la nota, ha rimarcato "l’importanza, proprio ai fini della deterrenza, della continuità nell’applicazione del decreto, utilizzando le diverse forme di espulsione che derivano dalla direttiva europea. Ferma restando la scelta di non operare espulsioni di massa, che violerebbero la normativa europea e i principi del nostro ordinamento".

Immigrazione: Idc; no alla detenzione dei minori immigrati

 

Redattore Sociale, 21 novembre 2007

 

Minorenni detenuti insieme agli adulti, in condizioni di disagio e ai quali vengono inferte pene corporali, come frustate e percosse. Bambini con disturbi del comportamento, depressione, incubi notturni e danni psicologici evidenti.

È il quadro che emerge da un documento pubblicato da Idc, la Coalizione internazionale sulla detenzione di immigrati e rifugiati, in occasione della Giornata universale dell’infanzia. Il dossier che raccoglie informazioni sui centri di detenzione per minori rifugiati e immigrati di 25 Paesi, chiede la fine del ricorso alla detenzione per immigrazione dei bambini. Il documento dell’Idc, di cui fanno parte oltre cento gruppi non governativi e singoli soggetti, suggerisce alcune alternative alla detenzione di minori, come ad esempio la libertà vigilata, che consentirebbero agli Stati di attenersi agli obblighi previsti dalle leggi internazionali sui diritti umani.

"Fra le situazioni più gravi esaminate - spiega James Stapleton, coordinatore del progetto - c’è la Thailandia, dove un minorenne immigrato che si trova in carcere per aver violato le leggi sull’immigrazione, non può essere rimpatriato se il Paese d’origine non accetta di farsi carico delle spese di viaggio". In occasione di questa giornata dedicata ai bambini vengono anche resi noti studi sui bambini del 2000.

Molti disturbi dell’infanzia di oggi dipendono da "un profondo disorientamento dei bambini, che non accettano più regole sia nell’ambito familiare che scolastico. Un disorientamento che ha le sue radici nella perdita della figura paterna e del suo ruolo. Nella famiglia manca infatti la persona che pone delle regole e che le fa rispettare, che dice di no quando è necessario". È questa l’analisi che propongono gli psicoanalisti della Scuola lacaniana di psicoanalisi (Slp), in occasione della Giornata mondiale dell’Infanzia.

"Come può orientarsi il bambino nel mondo - si chiede Martin Egge, della Slp - quando ha tutto ed è pieno di oggetti di consumo? Come può un bambino trovare la strada e l’orientamento in un genitore, quando questi non si pone più in una posizione di autorevolezza, preferendo comportarsi come un fratello più grande? Il padre di fatto non offre più al bambino regole, ideali e di morale".

Droghe: il ministro Turco; mai parlato di liberalizzazione

 

Notiziario Aduc, 21 novembre 2007

 

"Non ho mai parlato di liberalizzare la droga, né di aumentare le dosi". Ci tiene a precisarlo, nel suo intervento a un forum su Repubblica Tv, il ministro della Salute, Livia Turco. Del suo provvedimento, che raddoppiava la dose massima di cannabis detenibile per uso personale, si è tanto parlato in questi giorni, tirandolo in ballo a proposito del "giallo" di Perugia e del consumo di droghe fra i giovani universitari. "Io sono contro tutte le droghe - ribadisce - a partire dall’abuso di alcol, che è la prima causa di morte fra i giovani nel nostro Paese. Il mio provvedimento, che continua a essere ricordato in modo improprio, voleva solo elevare il quantitativo massimo di cannabis al di sopra del quale scatta la sanzione penale. In Italia abbiamo una legge molto, molto proibizionista, che non ha ridotto l’uso di sostanze stupefacenti. Anzi, è aumentato il consumo di cocaina".

Stati Uniti: preservativi vietati ai detenuti, quasi ovunque

 

La Stampa, 21 novembre 2007

 

Ostacolate le proposte di distribuzione gratuita, cresce la diffusione delle malattie a trasmissione sessuale. Negato, condannato, deriso: il sesso dietro le sbarre continua ad essere una realtà scomoda. E ignorata dalle autorità carcerarie stesse, che lo proibiscono e fanno finta di non vedere.

Risultato: solo uno stato americano, il Vermont, e cinque grandi città - Los Angeles, San Francisco, New York, Philadelphia e Washington - distribuiscono regolarmente preservativi ai detenuti. A farne le spese sono la maggior parte degli oltre due milioni di ospiti delle prigioni americane, dove il sesso fra uomini è comune e, se non protetto, facile veicolo di malattie a trasmissione sessuale.

"Capisco che per molti sia un argomento sgradevole e imbarazzante, ma non possiamo permetterci di ignorarlo", ricorda Barbara Lee, deputato repubblicano della California: mettere la testa sotto la sabbia rappresenta un approccio rischioso per la salute pubblica, visto che il 90% dei detenuti americani torna in libertà, portando con sé anche le affezioni, più o meno gravi, contratte in carcere.

Lee è promotrice di una misura, presentata al Congresso, che propone di distribuire i profilattici in tutti i penitenziari. Ma l’iniziativa, come molte altre del genere, si è scontrata con l’opposizione di chi ritiene che ammettere i condom in cella sia un implicito invito al sesso, formalmente proibito in quanto espressione di quella libertà che, per definizione, deve essere negata ai detenuti: proprio a questo principio ha fatto appello Arnold Schwarzenegger, governatore della California, per mettere il veto ad una proposta di liberalizzazione dei preservativi. Altri temono che i detenuti utilizzino i profilattici per nascondere droga o per mascherare il proprio Dna nei casi di violenza sessuale verso un compagno. Nel panorama disegnato dall’analisi dell’Associated Press manca il punto di vista dei diretti interessati, ma Ron Snyder, che ha speso diciannove anni in carcere per malversazione e proprio durante la detenzione ha contratto l’Hiv, conferma la situazione e il successo che misure di prevenzione incontrerebbero fra i detenuti: i rapporti sessuali in carcere sono diffusissimi, a dispetto delle regole, ribadisce Snyder, e se non sono disponibili preservativi, i detenuti cercano soluzioni "artigianali".

 

 

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