Rassegna stampa 3 marzo

 

Giustizia: mercoledì la riforma dell’Ordinamento in CdM

 

Asca, 3 marzo 2007

 

"Il prossimo Consiglio dei Ministri in programma mercoledì mattina avrà all’ordine del giorno il disegno di legge di riforma dell’ordinamento giudiziario". Lo ha annunciato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Enrico Letta, intervenendo a Pisa all’inaugurazione di un’aula del palazzo della Procura.

"Mi auguro che il Parlamento sia il luogo sovrano del dialogo" su questo testo, ha detto Letta aggiungendo che il tema dovrà essere affrontato "con spirito riformatore vero". L’obiettivo è quello di arrivare a una "riforma condivisa per una giustizia rapida, limpida, migliore che renda i cittadini più fiduciosi sui tempi e sul merito e in cui i magistrati siano soddisfatti del loro lavoro. Sono convinto che questo sia possibile, e anche rapidamente".

Letta ha, tra l’altro, rilevato che su questo percorso sarà possibile arrivare "a una riappacificazione tra magistrati, mondo politico e cittadini". Nell’ambito della riforma, il sottosegretario ha rilevato che "la questione delle carriere, delle valutazioni e dell’autogoverno sono assolutamente centrali", ribadendo infine l’auspicio che siano trovate "soluzioni condivise".

Giustizia: caso Ronconi; Ferrero indagato per abuso d’ufficio

 

Il Gazzettino, 3 marzo 2007

 

È stato iscritto nel registro degli indagati per il reato di abuso d’ufficio il ministro della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero, in seguito alla nomina dell’ex brigatista Susanna Ronconi a membro della Consulta delle tossicodipendenze. La Procura ha svolto gli atti urgenti con l’iscrizione del ministro della Solidarietà sociale nel registro degli indagati. Poi gli atti saranno inviati al Tribunale dei ministri perché valuti la posizione di Ferrero.

"Il controllo spettava a me, mi assumo tutta la responsabilità del caso", ha detto il ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero, tornando a parlare della polemica sulla nomina illegittima dell’ex Br Barbara Ronconi nella consulta per le tossicodipendenze e per la quale il ministro è indagato per abuso d’ufficio."Non sapevamo che la Ronconi era interdetta - ha detto Ferrero a Palermo dove partecipa a un incontro organizzato da Rifondazione comunista - come ministero non abbiamo fatto il lavoro istruttorio ma ci siamo limitati a recepire tutte le proposte che ci venivano fatte dalle associazioni che si occupano di droga e tossicodipendenza, da San Patrignano al gruppo Exodus". Parlando, quindi, dell’indagine coordinata dalla Procura di Roma e che è anche al vaglio del Tribunale dei ministri, Paolo Ferrero dice: "La giustizia farà il suo corso come è giusto che sia".

Rispondendo alla richiesta di dimissioni avanzata dall’ex ministro delle Comunicazioni di An, Maurizio Gasparri, Ferrero dice: "È legittimo che Gasparri chieda le mie dimissioni". E aggiunge: "Come posso io giudicare le cose che dice Gasparri? Per quel che mi riguarda tornano al mittente".

Alla domanda se sia stata una distrazione la nomina dell’ex Br, Ferrero ha poi detto: "Semplicemente non si è fatta nessuna verifica a monte, se quello era da considerarsi un pubblico ufficio e se la Ronconi fosse o meno interdetta dai pubblici uffici. Si tratta di una consulta di 70 persone nominata sulla base in larga parte da indicazioni delle associazioni".

"Siamo certi che i giudici della Procura di Roma non troveranno alcun elemento di scorrettezza nel comportamento del ministro Ferrero e personalmente ritengo che chiunque abbia scontato la sua pena e si sia ravveduto abbia il diritto di tornare alla pari con i concittadini nella società", afferma, dal canto suo il capogruppo Prc al Senato Giovanni Russo Spena intervenendo nello "scandalo Ronconi".

Giustizia: pm Vibo Valentia; i detenuti si guadagnino il mangiare

 

Apcom, 3 marzo 2007

 

"Se l’applicazione della legge, alla pari per tutti, è giustizialismo, se pagare il prezzo di una vita sacrificata, sotto molti aspetti, per far trionfare davvero la giustizia, sia giustizialismo, ebbene allora io sono giustizialista".

Lo ha detto, in una intervista al quotidiano "Calabria Ora", Nicola Gratteri, il Pm antimafia nato a Locri (RC), da Rossano (CS), dove ha presentato il suo libro "Fratelli di sangue, la ‘ndrangheta tra arretratezza e modernità".

L’ex membro della DDA di Reggio Calabria ha messo in guardia contro il fenomeno mafioso calabrese "diffuso in Italia, Germania, Olanda, Belgio. Ciò che preoccupa - ha continuato - è l’assuefazione al fenomeno mafioso".

Poi, Gratteri ha criticato il sistema processuale penale italiano: "è ridicolo, con esso non andremo da nessuna parte. Occorre un sistema di certezza della pena, che deve essere proporzionale al delitto e non si deve dimezzare fino a diventare ridicola, come oggi accade". Critiche anche al sistema penitenziario: "Il carcerato deve lavorare, guadagnarsi il mangiare giorno per giorno, non deve essere pagato. Il vero dramma odierno sta ne fatto che nessun s’indigna più".

Roma: intervista a Vincenzo, "archeologo" venuto dal carcere

 

Affari Italiani, 3 marzo 2007

 

"Il carcere può essere un buco nero, che ti risucchia l’anima lasciandoti morire lentamente, oppure l’occasione per tirar fuori la forza residua che hai dentro, la voglia di resistere e farcela come essere umano, malgrado tutto. Sono due possibili vie. Dipende dalla soggettività di ognuno, dalla necessità che hai di guardare oltre le sbarre, di avere un orizzonte". L’orizzonte, in mezzo a tanti muri che sbarrano la strada nel carcere di Rebibbia a Roma, Vincenzo Pittau, 53 anni, sardo ma romano d’adozione, l’ha trovato dopo 9 anni di detenzione in una passione inaspettata: quella per la storia dell’arte e per i reperti archeologici. Ironia della sorte per lui, che da ragazzo faceva il "tombarolo".

L’occasione è arrivata con un’iniziativa di formazione partita nel settembre del 2004 e durata un anno: un corso per "Operai specializzati in scavi archeologici, manutenzione di beni culturali e aree verdi e giardini storici". L’attività formativa è nata dopo il ritrovamento di reperti in occasione della costruzione di una nuova porzione della struttura penitenziaria.

Vincenzo è stato uno dei sette detenuti che hanno avuto accesso al corso, organizzato dalla Cooperativa Sociale Cecilia e con la collaborazione di Eccom, European Center for Cultural Organisation and Management. L’attività, che ha coniugato lezioni teoriche e tirocinio pratico, ha portato poi, recentemente, all’allestimento di una zona museale all’interno del carcere.

 

Vincenzo, cosa ha rappresentato per lei questo corso?

"È stato una rivelazione, quasi una rinascita per me. Perché mi ha offerto una prospettiva diversa anche sulla mia esistenza fuori. Ho scoperto che poteva essere il ponte con una nuova vita, anche professionale. Ma quando ho visto per la prima volta la cesta piena di miriadi di frammenti da riconoscere, catalogare e ricomporre mi sono detto: "Che ci faccio con questi "coriandoli"?.

Non avevo idea, allora, del valore di un reperto archeologico romano. In passato avevo maneggiato oggetti etruschi, dei quali mi interessava però solo il valore in denaro, per poterli rivendere clandestinamente. Il corso mi ha fatto capire che, quelle che mi sembravano macerie, erano pezzi di un corpo prezioso, da rimettere insieme con cura, dedizione, amore. Mi ha insegnato a saper riconoscere spessore, colore, materiale dell’oggetto, se è un piatto, una ceramica da fuoco o un’anfora. E poi mi ha regalato l’emozione impareggiabile di trovare la firma di chi ha creato quell’oggetto migliaia di anni fa!"

 

È stato anche l’occasione per intraprendere un cammino verso la legalità, per lei che in passato trafficava in reperti?

"È stato anche qualcosa di più. Un motivo per aggrapparmi alla vita, sopravvivere a giornate che in carcere possono non finire mai. Non ho mai permesso che la detenzione mi trasformasse in una larva umana. E il carcere, di queste creature ne è pieno: uomini che trascorrono la loro vita sul letto davanti alla tv, imbottiti di psicofarmaci, che dentro vengono usati in abbondanza. È come una lenta morte.

Queste persone, più sfortunate di me, sono quelle che il carcere perseguiterà a lungo, anche una volta fuori. La loro mente ne esce compromessa. Io ho mantenuto la mia integrità. Ho sempre lavorato, fatto sport, trascorso le mie giornate fuori dalla cella. Per rimanere vivo, in un luogo dove la percezione del mondo esterno sbiadisce rapidamente, insieme ai tuoi sogni".

 

Questa opportunità formativa, dunque, le ha restituito un sogno nuovo…

"Esattamente. E ora che sono fuori a seguito dell’indulto, voglio trasformarla nella mia professione. Le cooperative che hanno organizzato il corso mi hanno accompagnato nel mio percorso di uscita dal penitenziario e ora si profila un’occasione di lavoro in un sito archeologico di recente apertura. Una gioia immensa per me… Nel frattempo, sono tornato alla mia famiglia, moglie e due figlie grandi che non mi hanno mai abbandonato, e ho un lavoro qualsiasi".

 

Vincenzo, cosa resta addosso del carcere, una volta fuori?

"È un’ombra lunga sulla vita, che svanisce col tempo, la pazienza e la volontà di andare avanti. Lascia piccole grandi ossessioni, manie, prigioni mentali. Io, ad esempio, sono tormentato dal rumore di chiavi, chiavistelli, cancelli e porte che si chiudono. Qualche mattina fa, mia moglie uscendo di casa molto presto ha avuto l’istinto di chiudere la porta dando qualche mandata. Nel mio dormiveglia, di colpo ero tornato in cella...

E poi la gestione dello spazio. In cucina, a casa, mi perdo, non trovo gli oggetti, e piatti e bicchieri mi sembrano di piombo: in carcere tutto è di plastica. Ma una delle cose più difficili, una volta fuori, è stato adattarmi ai cambiamenti e al cammino che la mia famiglia, fisiologicamente nel tempo aveva fatto lontano da me. Rendermi conto che molte cose accadute mi erano sfuggite, che l’immagine che avevo conservato di loro nella mente, era trascorsa. La dovevo abbandonare. Ho dovuto mettermi al passo. Non è stato facile".

 

La detenzione può lasciare anche un’eredità buona?

"Sono convinto che tutte le cose che accadono nella vita donano qualcosa. Il carcere ha dato nuovo valore alla mia vita, mi ha fatto attaccare alla vita. Mi sono reso conto che il mondo in cui vivevo prima era schifoso, come quelli che consideravo amici. Tutto falso, taroccato, senza valore. Ora vivo chiedendomi sempre cosa vale la pena e cosa no. Non ho più interesse per il denaro, il fattore economico è di secondo piano. Ora conta l’autenticità di cose, situazioni, persone".

 

Insomma, piccoli preziosi reperti hanno reso più preziosa la sua vita…

"Assolutamente vero. Cominciando a studiare, a capire il valore delle antichità, mi sono sentito vincolato visceralmente a questa città, anche se non sono nato qui. Ho sentito un legame con i padri dei miei padri. Ormai sono parte viva di questo luogo. E adesso posso godere del piacere vero di ammirarne la sua strabiliante bellezza".

Palermo: progetto inclusione ex detenuti e tossicodipendenti

 

Redattore Sociale, 3 marzo 2007

 

La finalità principale del progetto è quella di fornire linee guida alla Comunità europea sulle azioni da applicare per arginare l’emarginazione sociale in Sicilia. Previsti seminari per operatori penitenziari, progettazione e un report finale.

Tossicodipendenti, persone a rischio di dipendenze patologiche, detenuti ed ex detenuti sono i beneficiari del progetto chiamato "Progettazione integrata tra autorità pubbliche e privato sociale - Nap Italia" realizzato dalla cooperativa Fenice di Palermo in collaborazione con diversi partner istituzionali: il Provveditorato Regionale dell’amministrazione penitenziaria per la Sicilia; il Centro per la giustizia Minorile per la Sicilia; la Prefettura di Trapani; l’azienda Usl 6 di Palermo; la Federserd; il Cnca Sicilia; il dipartimento di Psicologia dell’Università degli studi di Palermo; la Cooperativa Azzurra; la cooperativa Co.Gi.p.s..

La finalità principale del progetto è quella di fornire, in osservanza di quanto previsto dalla Strategia di Lisbona e dal Trattato di Amsterdam, linee guida alla Comunità europea sulle azioni da applicare per arginare, in Sicilia, l’emarginazione sociale degli ex detenuti e tossicodipendenti.

Il progetto prevede l’attivazione, nell’arco del 2007, in tutte le province siciliane di seminari con cadenza mensile rivolti agli operatori penitenziari all’interno dei quali sarà illustrata la strategia europea di "inclusione sociale". I seminari saranno gestiti da un numero di cinque rappresentanti di enti pubblici e del privato sociale locale impegnati da diversi anni nel settore.

Il primo seminario si è già svolto nei giorni scorsi a Palermo con la partecipazione di Alfonzo Accursio, responsabile del dipartimento dell’Ausl6, Gianfranco De Gesù, vice provveditore del Prap, Guido Fallace, vicepresidente nazionale della Federserd e Andrea Giostra, psicologo e responsabile del progetto per la cooperativa Fenice.

Gli altri seminari si svolgeranno ad Aprile a Trapani, a maggio ad Agrigento, a Giugno a Catania, a Luglio a Messina, a settembre a Siracusa ed a Ottobre a Caltanissetta.

"È un progetto dall’importanza fondamentale - ha detto Orazio Faramo, direttore generale del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria (Prap) - che pone la Sicilia in prima linea nella lotta all’emarginazione sociale di queste categorie deboli. Come cita la Strategia di Lisbona, la competitività si gioca anche sul piano dell’informazione, sensibilizzazione e qualità sociale. Siamo sicuri che con la cooperazione tra pubblico e privato, riusciremo a gestire una realtà che dopo l’indulto è ancora più delicata".

Prima che venisse applicato l’indulto, i detenuti all’interno delle carceri siciliane erano 6546, al 31 dicembre 2006 sono scesi a 3789, di cui 629, pari al 16,60% del totale, sono tossicodipendenti; il 31,41% quelli soggetti ad alta sicurezza per reati più gravi e il 12,33% sono gli stranieri.

Il direttore generale del Centro per la giustizia minorile per la Sicilia, Michele Di Martino, ha ribadito che "non bisogna dimenticarsi dei minori. Nei primi mesi del 2006 i soggetti segnalati presi in carico dai servizi della giustizia minorile della regione sono stati 1394, di cui il 5,73% tossicodipendenti. Un progetto come il Nap aiuta anche a prevenire".

E inserito all’interno del Nap c’è anche la realizzazione di Tavoli di progettazione della durata di 8 mesi, durante i quali saranno esposte le diverse realtà presenti in Sicilia, dalle province maggiormente sviluppate a quelle con problemi di start-up.

Infine, un Report finale sarà consegnato ai rappresentanti della Comunità Europea sulla base del quale definire le misure e le azioni da applicare in Sicilia e procedere all’assegnazione dei fondi per il periodo 2007-2013. È partita anche la campagna di sensibilizzazione al progetto Nap, realizzata dalla "Argomenti sas Amelia Bucalo Triglia", che fa vedere l’immagine di due braccia alzate in primo piano, il primo con un vistoso cerotto e lividi all’altezza della vena e l’altro con al polso una manetta, come i testimoni crudi della campagna presentata alla Commissione europea D.G. Occupazione Affari Sociali e Pari Opportunità.

La campagna di Amelia Bucalo Triglia sarà illustrata il 16 marzo a Bruxelles ai rappresentanti Nap delle altre regioni e Paesi europei come esempio di comunicazione integrata. La campagna, infatti, per la prima volta rappresenta un esempio di interazione tra pubblico e privato finalizzata all’inclusione sociale degli ex detenuti e tossicodipendenti; questa ha previsto l’affissione di cartelloni sui maxi back bus, la trasmissione di spot televisivi e radiofonici e la realizzazioni di speciali su quotidiani e periodici regionali in tutte le province siciliane.

Vicenza: un convegno sull’arte-terapia contro il bullismo

 

La Repubblica, 3 marzo 2007

 

C’è chi, come accade nelle scuole dello stato australiano di Victoria, per combattere il bullismo decide di impedire a tutti gli studenti di utilizzare YouTube, il più grande contenitore multimediale della rete, proprio quello nel quale sono andati a finire molti dei video girati anche nelle classi italiane.

E chi, invece, da oltre vent’anni crede che per combattere i fenomeni di devianza giovanile si debba "cambiare musica", cercando di parlare la stessa lingua dei giovani. Sono gli esperti di arteterapia, una vera e propria disciplina che utilizza i materiali, le tecniche e i criteri di decodifica dell’arte visuale per individuare e gestire al meglio il mondo emozionale della persona, con particolare attenzione alle problematiche del disagio psicologico e sociale.

Di disagio giovanile e arte-terapia si parla questa mattina in un convegno organizzato alla Fiera di Vicenza che ripercorre tutte le problematiche della deviazione, dal bullismo all’anoressia, dal graffitismo alla pornografia e all’interno del quale intervengono medici, psicologi e psicoterapeuti.

"Quello che da diversi anni stiamo cercando di fare - spiega Achille De Gregorio, direttore di ArTea (Arte-Terapeuti Associati) e docente all’università di Milano - è capire cosa avviene nella testa del bullo, cosa condiziona e veicola la vita psichica del minore". È indubbio che gli avvenimenti degli ultimi mesi, dai pestaggi agli stupri filmati col telefonino e poi pubblicati su internet, sono frutto di un’educazione contraddittoria e di una società problematica, con una famiglia che è cambiata e un mondo della scuola sempre più demotivato.

L’arte-terapia, però, ha una visione differente della delinquenza e della criminalità giovanile, spiega De Gregorio: "Non vogliamo essere moralisti e nell’approccio con un ragazzo problematico crediamo che egli sia stufo di sentirsi dire cosa deve fare. Probabilmente avrà parlato, oltre che con i genitori, con psicologi, insegnanti, educatori. Noi, invece, cerchiamo un canale diverso, nuovo e probabilmente privilegiato, che è quello delle immagini". Attenzione, però: l’arte-terapia non va a mettere in contatto il ragazzo con l’arte dei musei, bensì con quella che gli è più vicina, dalla computer-grafica alla pop-art, passando per la musica rap, i graffiti o anche i più tradizionali matite e pennarelli, andando a creare dei percorsi terapeutici che possono durare anche diversi anni e che, nella maggior parte dei casi, danno i loro frutti.

"È un lavoro psicosociale - continua De Gregorio - e non somministriamo né farmaci né diamo consigli. Cerchiamo invece, con questo canale privilegiato, di parlare la loro stessa lingua, di diventare complici. Alcuni anni fa con il ministero della Giustizia abbiamo mandato avanti un progetto che ha coinvolto due carceri e oltre trecento detenuti, e abbiamo ottenuto ottimi risultati proprio grazie a questa capacità delle immagini di poter bypassare la parola"

Parlando di bullismo, gli arte-terapeuti hanno una sicurezza: basta con le dicerie comuni. Non è vero che di solito il bullo è figlio d’immigrati oppure che ha il papà alcolizzato, sono aspetti superati. La maggior parte dei comportamenti di devianza avrebbero invece a che fare con il desiderio: desiderio di farsi una carriera, di far soldi, di avere la macchina potente, di fare sesso. Quello dei "bulli", insomma, è un agire che ha a che fare con i modelli d’identificazione proposti dalla società violenta, dalle mode, dai soldi facili, dal sesso pubblicizzato, dal bisogno di video-filmarsi.

È il desiderio, insomma, che spinge a forzature, e ultimamente i desideri dei giovani sono cambiati, così come la loro immaginazione. Ed ecco, appunto, che l’arte-terapia cerca di lavorare proprio sull’immaginazione, sulle fantasticherie, su quello che passa per la mente al ragazzo. È come se si cercasse di fare luce su aspetti diversi, al di là degli aspetti sociali e di quelli dell’immigrazione. In modo pratico, di solito si incomincia con incontri individuali o di un piccolo gruppo. Si cercano dapprima i materiali e gli aspetti dell’arte intriganti per ogni singola persona: è il momento più delicato e importante, nel quale si crea un’empatia e un’alleanza basata sulla creatività.

Nelle sedute successive si cerca di dare al paziente spazio, lasciandolo da solo davanti a un foglio con i pennarelli o con una bomboletta spray e si vede in che modo reagisce, cercando poi di lavorare su ciò che emerge. Si fa in modo, insomma, di avvicinare il giovane all’immagine analizzandone la qualità simbolica e psicologica, proponendo poi percorsi di tranquillità o emancipazione. "È un’attività senza sconfitte: i giovani non scappano mai quando c’è da disegnare".

In Italia esistono cinque grosse associazioni che si occupano dell’arte-terapia, che è una competenza in più che si studia solitamente dopo la laurea e si abbina a una professione esistente. La maggior parte degli studiosi sono neo-laureati oppure educatori, psicologi, fisioterapisti, medici

Roma: parte il progetto regionale "Con le Armi della Cultura"

 

Il Messaggero, 3 marzo 2007

 

Come combattere l’illegalità e sensibilizzare al rispetto delle istituzioni? La Regione Lazio non ha dubbi: lo strumento più idoneo e più efficace è la cultura. Educare le nuove generazioni al rispetto della legalità e delle istituzioni, a partire proprio dai banchi di scuola, è una delle priorità individuate dal professor Enzo Ciconte, presidente dell’Osservatorio sicurezza e legalità della Regione Lazio: "Per il progetto Con le Armi della Cultura abbiamo investito 64mila euro, di cui 8mila spesi per donare delle pen-drive con il logo dell’iniziativa agli studenti. Questi oggetti sono il simbolo del ricordo di questo evento, perché ricordare significa non ripetere gli stessi errori nel futuro.

E la scuola - prosegue il presidente - deve avere un ruolo fondamentale in questo senso". Ciconte, poi, sottolinea l’importanza del ribaltamento della frase che dà il nome a questa iniziativa, da "la cultura delle armi" a "con le armi della cultura": "È importante che questo concetto venga compreso fin da bambini. Si pensi, infatti, a fenomeni inquietanti come quelli del bullismo".

Ma in cosa consiste fattivamente questo progetto presentato ieri al teatro "Piccolo Eliseo Patroni Griffi"? Attraverso progetti scolastici, attività culturali di scambio, di approfondimento e di educazione civica, la Regione vuole instaurare un dialogo fra le istituzioni e gli studenti, e coinvolgere nel progetto le realtà spesso relegate ai margini della società, dai giovani delle realtà cittadine più disagiate ai detenuti, per il recupero culturale delle periferie e il reinserimento sociale di chi sconta condanne penitenziarie.

Fra gli attori principali di questa iniziativa che collaborano con la Regione, ci sono l’associazione "Libera", la fondazione "Caponnetto", il centro studi "Enrico Maria Salerno", il laboratorio di educazione all’Ambiente e alla Salute di Scienze dell’educazione dell’università degli studi Roma Tre e la compagnia teatrale di Roberto Cavosi.

Proprio quest’ultimo, porterà in scena dal 6 all’11 marzo - nell’ambito de "La settimana per la legalità, al "Piccolo Eliseo" - "Notte d’Epifania", spettacolo che racconta non "chi spara" ma chi "spera". Afferma, infatti, il regista: " Mi sono soffermato molto su questa frase dei ragazzi di Locri, che da dopo la scomparsa di Franco Fortugno s’impegnano con molto coraggio nella lotta alla criminalità organizzata. Voglio raccontare, per una volta, chi crede, chi spera in una società diversa. È giunto il momento di sperare.".

Poi, Cavosi fa una considerazione sul fatto che occorre prima di tutto cambiare mentalità: "Questo è un Paese disposto a stracciarsi le vesti per la mattanza dei tonni. Poi, però, lo mangiamo tutti in scatola". Ricchissimo il programma di appuntamenti durante la "Settimana per la legalità" al "Piccolo Eliseo": da mattina fino a sera, tutti i giorni, ci saranno proiezioni di film, dibattiti e tavole rotonde alla presenza di attori, politici, scrittori ed intellettuali.

Bologna: Curcio relatore a un convegno; Cofferati lo attacca

 

La Repubblica, 3 marzo 2007

 

"Io parlo solo del mio lavoro di ricercatore, il resto non mi interessa. Non salgo in cattedra e non sono un cattivo maestro". Ma le polemiche non restano fuori dal capannone del Crash, dove Renato Curcio è stato chiamato per presentare le sue ricerche sul precariato. "Mi sembra che solo a Bologna - dice l’ex capo delle Br - siano nate polemiche sul mio lavoro di ricercatore.

Solo qui chi mi ha criticato non sa che le ricerche che svolgo per conto della cooperativa "Sensibili alle foglie" sono finanziate dalla Cgil, dalla Uil, da molti Comuni, da alcune Asl e Province. Leggete le prefazioni. Ci sono quelle ad esempio di Giovanni Gazzo della Uil di Milano e di Stefano Franzoni, anche lui della Uil. Si vede che a Bologna non sono attenti alle cose che succedono fuori dalla città. Hanno uno sguardo locale".

Le polemiche per l’arrivo di Curcio sono state pesanti. "Non è in discussione - ha detto ieri il sindaco Sergio Cofferati - la libertà di un cittadino di fare o muoversi. Ma la mancanza di un’esplicita condanna del terrorismo passato e presente da parte di Renato Curcio rende inopportuna e fuori luogo la sua presenza, e l’iniziativa che lo ospita". Chi cerca di chiedergli che pensi, oggi, del terrorismo, si prende dell’"arrogante".

"Non voglio fare polemiche né con il sindaco né con nessun altro in questa città. La lotta armata? Nessuno mi ha chiesto di parlare di questo. Nessuno mi ha fatto questa richiesta. Qui sono ospite e rispetto chi mi ospita parlando del tema che mi è stato proposto. La legge Biagi? Al riguardo non ho nessun pensiero. Le nuove Br? Lo ripeto: parlo solo di lavoro e di precariato. Non capisco con quale diritto e quale arroganza veniate a porre queste domande". Meno di 200 persone, nel capannone occupato.

Renato Curcio, 65 anni, cerca con ogni mezzo di apparire soltanto come "un ricercatore". Dice ancora una volta di essere stupito per le polemiche. "Sono stato in questa città molte volte, e non è mai successo nulla. Nel resto d’Italia sono stato in feste dell’Unità e di Rifondazione, ho parlato davanti a centinaia di persone. Le mie ricerche sono iniziate nel 2002, e i risultati hanno già riempito quattro volumi".

È lo stesso Curcio a vendere i libri. "Una volta li mandavamo nelle librerie, ora li vendiamo solo in incontri come questo. Io e gli altri ricercatori studiamo soprattutto la grande distribuzione. A Sesto San Giovanni, ad esempio, l’incontro era stato organizzato da Cgil, Cisl e Uil". Non vuole fotografi e telecamere.

"Non sono un uomo di spettacolo. Sono un lavoratore di una cooperativa, pagato e pagante (le tasse). Quali leggi servirebbero per il mondo del lavoro? Io faccio ricerca, non politica". Un’altra polemica sul caso è esplosa dopo un servizio in tv. "Il Tg2 ha passato il segno: vorremmo ricordare a Mauro Mazza che è il direttore di un tg Rai e non dell’edizione televisiva del Secolo d’Italia", dice Roberto Cuillo, responsabile Informazione e Editoria dei Ds, dopo il servizio "Se i cattivi maestri salgono in cattedra", andato in onda ieri che "accosta una iniziativa di Curcio alla partecipazione di Sofri alla presentazione della mozione congressuale di Fassino".

Catanzaro: le istituzioni dalla parte dei minori detenuti all'Ipm

 

Quotidiano di Calabria, 3 marzo 2007

 

Visita privata ieri per il nuovo prefetto di Catanzaro Salvatore Montanaro all’Istituto di detenzione per i Minori del capoluogo regionale. Il rappresentante del governo, accompagnato dalla moglie e dal vice prefetto aggiunto Eugenio Pitaro, è giunto intorno alle 11 alla struttura di Via Paglia laddove era atteso dal Direttore compartimentale degli Istituti di Pena minorili Angelo Meli e dal direttore della struttura catanzarese Francesco Pellegrino con i quali si è recato a rendersi conto di persona delle condizioni della struttura e dei 12 detenuti attualmente rinchiusi nell’istituto.

Montanaro, che è stato accompagnato nel suo giro anche da alcuni educatori che svolgono la loro attività nel penitenziario dai quali si è fatto dettagliamene spiegare le attività dedicate al recupero ed al reinserimento dei giovani detenuti, al termine della visita si è quindi brevemente intrattenuto con i cronisti ai quali ha spiegato le motivazioni della sua presenza: "sono voluto venire a visitare questa struttura - ha detto il Prefetto - per rendermi conto di persona di ciò che già conoscevo sia pure solo di riflesso.

In un momento in cui il Sud in generale e la Calabria in particolare è spesso agli ultimi posti nelle classifiche nazionali di vari indicatori, trovarsi in un centro di assoluta eccellenza come questo è un motivo di particolare vanto che va segnalato. Nella mia carriera ho già visitato altri centri simili, ma, in questo di Catanzaro, ho potuto vedere come si riesce davvero, grazie al lavoro di tutti gli addetti, a svolgere quella funzione di reinserimento di detenuti che è l’obiettivo di un istituto di pena ancor di più se è, come questo, dedicato ai minori".

Montanaro ha poi raccontato dei colloqui intercorsi con i giovani detenuti: "Alcuni di loro avevo già avuto modo di incontrarli e devo dire che la sensazione è quella che si tratta di ragazzi molto ben seguiti da chi opera all’interno di questa struttura. Mi hanno detto che stanno preparando un giornalino ed infatti hanno voluto sapere un mio parere sul rapporto tra sport e violenza che sarà uno dei temi che tratteranno nel prossimo numero".

Sull’importanza di tale visita hanno parlato Pellegrino e Meli con quest’ultimo che ha chiesto il sostegno del prefetto sulla necessità che gli enti pubblici e le altre istituzioni mettano in moto meccanismi virtuosi, con l’utilizzo di risorse umane ed economiche dedicate allo scopo, che possano aiutare i giovani detenuti del centro a formarsi professionalmente ed a trovare occasioni di reinserimento nella vita civile una volta scontata la propria pena.

Roma: il "Venerdì di Repubblica" dona i nuovi libri alle carceri

 

Redattore Sociale, 3 marzo 2007

 

Grazie all’accordo tra il garante regionale dei diritti dei detenuti e i giornalisti del settimanale parte l’iniziativa, unica nel suo genere in Italia. 150 volumi già consegnati all’istituto penale minorile di Casal del Marmo.

Le biblioteche delle quattordici carceri del Lazio saranno periodicamente rifornite delle ultime novità letterarie in uscita in Italia. L’iniziativa - unica del suo genere per la sua organicità - è frutto di un accordo fra il garante regionale dei diritti dei detenuti Angiolo Marroni e i giornalisti del Venerdì di Repubblica, lo storico settimanale del quotidiano romano.

In virtù di tale accordo, il Venerdì di Repubblica donerà a intervalli regolari alle biblioteche delle carceri del Lazio decine di libri di tutte le case editrici, comprese le ultime novità letterarie presenti, in tempo reale, sugli scaffali delle librerie italiane. Compito dell’Ufficio del garante dei detenuti sarà quello di organizzare le consegne dei libri nelle carceri, a seconda delle richieste che arrivano e del grado di completezza di quelle esistenti. Nelle scorse settimane i collaboratori del garante hanno effettuato uno screening in tutti gli istituti di pena laziali, creando una mappa delle biblioteche esistenti (e dello stato in cui si trovano) e di quelle che è possibile creare dove mancano.

Da tutto questo lavoro è nata una lista di priorità da soddisfare con le donazioni del Venerdì di Repubblica. La prima donazione di oltre 150 volumi è stata effettuata nei giorni scorsi. Una parte consistente dei volumi è andata a rimpinguare la biblioteca dell’istituto penale minorile di Casal del Marmo (Roma).

Le altre biblioteche che beneficeranno dei primi volumi sono quelle del carcere di Frosinone e quella della sezione alta sicurezza dell’istituto di reclusione di Latina. "E un gesto davvero bello e generoso quello del Venerdì di Repubblica di donare centinaia di libri ai detenuti laziali - ha detto il garante regionale dei detenuti Angiolo Marroni che ha consegnato i volumi a Casal del Marmo con alcuni giornalisti del Venerdì.

Il diritto a curare la formazione culturale utilizzando il tempo da trascorrere in carcere anche leggendo un buon libro è fra i più trascurati. Per questo abbiamo voluto che, simbolicamente, la prima donazione fosse effettuata ai giovani ospiti di Casal del Marmo. È importante che la società conosca anche questo aspetto della vita dei detenuti. C’è chi, come i giornalisti del Venerdì, con la loro scelta hanno dimostrato di averlo già compreso. E di questo non posso far altro che ringraziarli".

Droghe: Torino; il progetto per le "narco-sale" pronto dal 2003

 

La Stampa, 3 marzo 2007

 

"Quanta confusione". Susanna Ronconi, presidente del "Forum delle Droghe", non nasconde la sua perplessità dopo aver letto le dichiarazioni rilasciate dal sindaco su La Stampa di ieri. Chiamparino ha preso atto con soddisfazione del trasloco di "Tossic Park", ma è stato altrettanto chiaro nel sottolineare che spostare il problema non risolve il problema. Da qui il rilancio: sì alle "stanze del buco" per i drogati cronici o per chi di loro accetta di entrare in un programma di recupero; mano dura contro la domanda di stupefacenti.

Il riferimento è diretto ai consumatori "in grado di autogestirsi", che secondo il sindaco andrebbero sonoramente multati e obbligati a farsi passare le fantasie attraverso pene riabilitative. Immediate le reazioni, pro e contro. La Ronconi prima si affida ad un comunicato, poi accetta di argomentare il suo pensiero.

 

La posizione del sindaco può essere discutibile ma sembra chiara. Dove sta la confusione?

"Abbiamo un sindaco a due velocità, mi passi la battuta: aperto su alcuni aspetti del problema e chiuso su altri. A costo di entrare in rotta di collisione con l’attuale Governo. A proposito: sa dirmi se Prodi ce la fa? Sono appena rientrata in casa...".

 

Sembrerebbe di sì. Torniamo al Chiamparino uno e due. Su quale aspetto lo considera aperto?

"Sulle sale del buco si è espresso più di una volta, anche se non si è mai mosso politicamente per metterle in pratica. Resto d’accordo. Le "narco-sale" sarebbero il logico ampliamento del sistema dei servizi".

 

Si spieghi meglio.

"I servizi di riduzione del danno, con altre associazioni, forniscono già siringhe sterili. A Torino circola "Kangoo", il bus mobile nato per questo scopo. Sempre per restare in tema, la nostra città conta due centri diurni: uno gestito dall’Asl3 e l’altro dal Gruppo Abele. In questi locali i tossici possono riposare, interagire, prendere le siringhe nuove e depositare quelle usate...".

 

Ma non possono bucarsi...

"No, e qui sta il paradosso. Quando uno di loro ha bisogno di farsi gli operatori lo invitano ad uscire. Significa condannare queste persone all’invisibilità, sapendo che andranno a bucarsi chissà dove. Lo trovo pazzesco".

 

Meglio le sale di iniezione attive in Svizzera dal ‘94?

"Conosco il modello svizzero, e posso dire che funziona. Non è certo un caso isolato. Una sala è stata aperta a Barcellona, poco prima che il Governo Aznar cadesse. Francoforte, in Germania, conta sei o sette stanze di consumo. Ce ne sono anche in Francia e in Inghilterra. Per restare a Francoforte, in 5 anni hanno dimezzato le overdosi. Senza considerare i casi di epatite e di Aids".

 

L’uovo di Colombo, insomma.

"Presentano due vantaggi: tutelano i consumatori e funzionano come strumento di mediazione sociale, scongiurando tensioni".

 

Sbaglio o c’era un progetto del genere anche a Torino?

"Nel 2003, dopo un picco di decessi per overdose, proprio Chiamparino aveva messo in piedi una commissione di esperti. Peccato che quella commissione, complici le pressioni in arrivo dal mondo cattolico, non abbia avuto il necessario coraggio politico. Abbiamo perso una grande occasione".

 

Passiamo all’altro Chiamparino, quello che lei considera di retroguardia. Cosa c’è di sbagliato nel voler colpire il consumo?

"Ecco, quando il sindaco tira fuori lo strumentario penale non lo seguo più. Cinquant’anni di repressione non hanno portato a nulla. E comunque: che significa colpire la domanda?".

 

Può essere un modo per disincentivare l’offerta.

"No, è il modo per colpire l’anello debole della catena. Bando alle criminalizzazioni di massa: così si marchiano i cittadini innescando nuove forme di disagio sociale. Forse il sindaco non sa che il "consumo problematico", quello che mette a rischio la vita o disintegra la rete di relazioni sociali dell’individuo, non supera il 10% dei casi".

 

Infatti. Chiamparino vorrebbe colpire la fascia che di problemi non ne ha.

"Ma via. Il tipo di domanda a cui lui fa riferimento non è certo quella che crea realtà come Tossic Park. Parlo dei cocainomani, che in questa città consumano parecchio. Quelli ottengono la roba attraverso giri ristretti, mica vanno a farsi in un parco di periferia. Oltretutto, in questo modo il sindaco entra in rotta di collisione con il programma del Governo in carica. Sbaglio o prevede di depenalizzare il consumo individuale?".

 

Concludendo?

"Il bastone e la carota non servono. Le affermazioni del sindaco rivelano l’ormai cronica carenza di una vera politica cittadina su droghe e dipendenze, se non un serio disorientamento "culturale" nella gestione del fenomeno. Sarebbe davvero il caso di rifare il punto".

Droghe: Torino; sulle "narco-sale" ignoranza e pregiudizio

 

Fuoriluogo, 3 marzo 2007

 

Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa sulla vicenda delle narco-sale a Torino del Coordinamento degli operatori del pubblico e del privato sociale, operativi nei servizi di bassa soglia in Piemonte. Il coordinamento è attivo da dieci anni.

La riduzione del danno non è un’ideologia spicciola patrimonio di qualche avventato pensatore radicale, in Piemonte è costituita da decine di servizi in cui, fra enormi difficoltà, operatori del pubblico e del privato sociale incontrano quotidianamente le persone, le storie, la precarietà e le tragedie individuali legate all’uso "aperto" di sostanze. Operatori che da 12 anni a questa parte hanno reso possibile l’emersione del sommerso, la diminuzione dei contagi, la riduzione dei comportamenti a rischio. Gli stessi operatori che cercano di tenere in vita il più possibile l’esercito dei consumatori che sta fuori dalle comunità. Dei quasi 300.000 consumatori problematici di eroina in Italia meno di 20.000 sono in comunità terapeutiche…

Ogni qual volta un emergenza che sia legata ad un improvviso picco di overdose come nel 2002 o ad una zona in cui si concentrano spaccio e consumo come quest’anno, riemergono dal dibattito proposte operative legate ai nostri temi.

Rileviamo però una notevole ignoranza soprattutto da parte di personalità politiche di entrambi gli schieramenti, che confondono quelle che chiamano "stanze del buco" con la somministrazione controllata, citano target di intervento a sproposito, dimenticano più o meno recenti analisi e studi anche relativi al nostro territorio, dando sempre l’impressione di tornare all’anno zero!

È frustrante, per chi cerca di restituire dignità alla persona che incontra tutti i giorni: senza fissa dimora, magari malato, o immigrato, consumatore di sostanze, leggere prese di posizioni aprioristiche, ideologiche ma soprattutto disinformate, fra i policy maker, prese di posizione che si traducono ogni giorno, specie in quei lunghi periodi in cui i riflettori si spengono sulla scena del consumo, in danni spesso irreversibili, in morti, pagati sulla pelle dai consumatori innanzitutto ma poi anche dal resto della società.

Proponiamo una tavola rotonda pubblica, partendo dalle esperienze di chi lavora, per uscire dalla sterilità dei dibattito per scambiare evidenze, dati, e criticità e poter prendere posizione da dati di realtà e non da percezioni, crediamo sia sempre più necessario restituire al confronto tecnico e scientifico quello che per troppo tempo è stato lasciato alle guerre di religione, lo si deve alle troppe "vittime civili" ogni giorno registrate dai bollettini di queste guerre: negli ospedali, nei carceri, nei cimiteri…

Nella prospettiva di costituire un’agenzia municipale sulle droghe capace di elaborare politiche integrate, che smettano di inseguire le emergenze, con l’esito di spostare di qua e di là un mercato comunque pervasivo e radicato, e sappiano elaborare programmi di intervento adeguati, pragmatici, continuativi, verificabili.

 

Il Coordinamento degli Operatori

dei Servizi a Bassa Soglia del Piemonte

Droghe: Torino; su "narco-sale" solo Radicali applaudono sindaco

 

La Stampa, 3 marzo 2007

 

Droghe: dopo la presa di posizione del sindaco la politica si spacca. "Sì alle stanze del buco: ma solo per i drogati cronici". Questo aveva detto Chiamparino, insistendo sulla necessità di un cambio di prospettiva: "Pugno duro contro chi si rifornisce dai pusher in maniera autogestita, il grosso della clientela".

Apriti cielo. Se il riferimento alla repressione non suscita particolari mal di pancia, è sulle "stanze del buco" che fioccano le polemiche. Gli unici ad applaudire il primo cittadino sono i Radicali. Fuoco di fila dall’opposizione. Il primo colpo parte da An. Secondo Ghiglia, il capogruppo, "le stanze del buco non sono la soluzione né alla tossicodipendenza né allo spaccio: per risolvere il problema bisogna invece agire su tre fronti: prevenzione, recupero e repressione".

Pollice verso anche da Forza Italia. Caterina Ferrero, consigliere regionale, definisce le narco-sale una "pericolosa scorciatoia". Qualche perplessità invece da parte dell’ex vicesindaco Marco Calgaro oggi consigliere dell’Ulivo in Comune: "Non penso proprio che la stanza del buco sia una panacea. Prima di sperimentarla, bisognerebbe rendersi conto di come funziona nel resto dell’Europa".

Conclusione: "Bisogna lavorare sulla prevenzione e sul recupero, andando oltre la contrapposizione ideologica fra Ser.T. e Comunità". Intanto, il racket della droga pesante sta cambiando velocemente fisionomia: arruola incensurati, insospettabili. Dopo un giovanotto bene della Crocetta, il commerciante d’auto, l’altro giorno è stato arrestato un barista, guardia volontaria venatoria: trasportava quasi tre chili di coca del valore di 150 mila euro.

Droghe: Catania; interrogazione sulla vendita del "kit cocaina"

 

La Sicilia, 3 marzo 2007

 

In un’interrogazione presentata all’Ars, il responsabile organizzativo di Forza Italia in Sicilia Alessandro Pagano ha chiesto l’adozione di urgenti provvedimenti per vietare nella nostra regione la vendita dei kit della droga.

Pagano si riferisce alla notizia, apparsa nei giorni scorsi su alcuni organi di stampa, della messa in vendita in una tabaccheria di Catania di un kit per sniffare cocaina e chiede l’intervento del presidente della Regione e degli assessori regionali alla sanità e al Commercio. "Il Governo regionale deve fare tutto ciò che è in suo potere per impedire la vendita dei kit per il consumo della droga nelle tabaccherie e in altri esercizi commerciali".

Pagano nell’interrogazione definisce "eticamente inconcepibile che nella nostra regione sia permessa la vendita di simili oggetti che, paradossalmente non incontrano divieti nei regolamenti commerciali, ma vanificano gli sforzi per reprimere e limitare la grave e sempre più diffusa piaga sociale del consumo di sostanze stupefacenti. La Regione Siciliana non può e non deve chiudere gli occhi di fronte ad un tale commercio, il quale va vietato alla stessa stregua del consumo delle sostanze stupefacenti".

 

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