Rassegna stampa 2 marzo

 

Giustizia Manconi; bene l'indulto, ora riforma amministrazione

 

Apcom, 2 marzo 2007

 

Con l’indulto sono stati ottenuti i "risultati sperati" per decongestionare le carceri e avviare la riforma del sistema penitenziario. Ora, il governo è impegnato con "serietà" a riformare l’amministrazione degli istituti e il sistema delle pene. Lo precisa il sottosegretario alla Giustizia con delega alle carceri, Luigi Manconi, il quale ricorda che due settimane fa il ministero della Giustizia "ha avviato l’iter per l’assunzione dei 500 ex-ausiliari di polizia penitenziaria autorizzata dalla legge Finanziaria".

"L’indulto - ribadisce Manconi - serviva a decongestionare le carceri e ad avviare la riforma del sistema penitenziario, per il benessere dei detenuti e per quello del personale, costretto a lavorare, fino al luglio del 2006, in condizioni a dir poco intollerabili. L’indulto, come abbiamo dimostrato, ha prodotto i risultati sperati. Ora stiamo lavorando alla riforma dell’amministrazione penitenziaria e del sistema delle pene. Sono persuaso, dunque, che il personale del Corpo di polizia penitenziaria saprà apprezzare la serietà del lavoro di questo governo e di chi ha la responsabilità politica dell’Amministrazione penitenziaria".

Giustizia: il Papa a Casal del Marmo, Napolitano andrà a Rebibbia

 

Apcom, 2 marzo 2007

 

Il 18 marzo il Papa visiterà il carcere minorile di Casal del Marmo e "un mese dopo il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sarà in visita a Rebibbia". Ad annunciarlo è il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, oggi nel carcere romano

Indulto: nel Molise c'è stato minor numero di recidivi, solo 2,5%

 

Il Sannio Quotidiano, 2 marzo 2007

 

Nel Molise sono usciti dal carcere, dopo sei mesi dall’applicazione dell’indulto, 196 soggetti e rientrati 5 pari al 2.55% , la percentuale più bassa d’Italia. Altri 86 ne hanno usufruito dalle misure alternative il dato sui rientri di questi ultimi è ancora parziale con il 10.50% di rientri su 53 soggetti presi in esame. Il dato arriva dal Consigliere nazionale del Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria, Aldo Di Giacomo.

" Occorre fare chiarezza innanzitutto sulla concreta portata del provvedimento di clemenza- dichiara Di Giacomo- I reali beneficiari sono 43 mila di cui 25694 dimessi dal carcere e 17290 per cessazione di misura alternativa (dati al 31 gennaio 2007), sulla quale i dati non sempre sembrano essere chiari. La situazione degli istituti penitenziari ha subito un abbassamento considerevole di presenze dalle 61mila di giugno 2006 alle 39.827 di febbraio 2007 contro una capienza massima di 41mila detenuti.

Questi dati insieme ad altri indicatori evidenziano come, senza interventi strutturali al sistema, nel giro di due tre anni gli istituti di pena torneranno ad essere al collasso". A breve, sempre secondo il Sindacato, senza le riforme strutturali promesse, si tornerà alla situazione di partenza. Negli ultimi quindici anni la popolazione detenuta è aumentata di 10 mila unita ogni cinque anni,infatti, si è passati dalle 31 mila unità del giugno 1991 alle 62 mila del giugno 2005

"Se consideriamo - continua Di Giacomo- un dato che costituisce un importante indicatore sulla recidiva, elaborato dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria scopriamo che: nel 1998 sono stati scarcerati 5772 condannati; di questi, 3951, quasi 7 su 10, corrispondenti al 68,50%, entro la fine del 2005 hanno fatto rientro in carcere una o due volte e hanno avuto una sentenza di condanna definitiva per nuovi reati. Nel giro di due tre anni si arriverà di nuovo al collasso degli istituti di pena, questo perché non si provvede ad interventi strutturali al sistema. L’indulto fine a se stesso produce solo effetti devastanti sul piano dei principi giuridici, non solo, l’approvazione di provvedimenti di clemenza determina una lesione del principio della certezza del diritto e della sanzione giuridica, generando una distinzione fra quella che è la sanzione minacciata attraverso la norma giuridica e quella che è la reale applicazione. La pena perde la propria efficienza nella prevenzione generale, una delle funzioni della pena è quella di intimidire,attraverso la propria l’applicazione, la generalità dei consociati dal commettere reati. La mancata applicazione della pena, o della sua applicazione parziale, determina una diminuzione nell’efficacia preventiva della sanzione giuridica in quanto il messaggio che viene trasmesso ai cittadini sarebbe quello di una pena flessibile, a cui, almeno in parte, è possibile fuggire". "Non provvedere subito a riforme strutturali è un errore gravissimo- continua Di Giacomo- se si osserva l’età dei soggetti rientrati in carcere nei primi sei mesi dall’indulto emerge una preoccupante recidiva da parti dei più giovani, si pensi che il 20% dei soggetti compresi fra i 18 ed i 20 anni che ne hanno usufruito sono rientrati nuovamente in carcere. Il perché , ad avviso Di Giacomo, va ricercato nell’improvvisa scarcerazione di soggetti che avevano intrapreso un percorso trattamentale all’interno degli istituti di pena,la quale determina una imprevista interruzione dei programmi trattamentali, che una volta attuati all’interno degli istituti penitenziari, favoriscono la risocializzazione del condannato".

Cassazione: rischia il carcere maestra che percuote gli alunni

 

Apcom, 2 marzo 2007

 

Rischia una condanna per maltrattamenti verso i fanciulli la maestra che, per abitudine, schiaffeggia e percuotere gli alunni, convinta che quelli siano "i mezzi leciti di correzione e disciplina". È quanto emerge dalla sentenza n. 8364 depositata ieri dalla sesta sezione penale della Corte di cassazione.

È stata resa definitiva la condanna a cinque mesi e dieci giorni di carcere, con la condizionale, di un’insegnate pugliese che aveva preso a schiaffi, ripetutamente, i propri alunni. Addirittura una bambina era stata presa per il collo. Dopo la denuncia dei genitori, che avevano indetto un’assemblea per discutere del problema, l’insegnante era stata condannata dal Tribunale di Lecce. Verdetto, questo, confermato anche in appello.

Così la donna ha fatto ricorso in Cassazione, sollevando, per lo più, tutte censure di merito. Chiedendo cioè, alla Suprema corte un riesame dei fatti che, però, non è possibile in sede di legittimità. I giudici della sesta sezione si sono limitati infatti a verificare che la decisione di merito non fosse immotivata o illogica.

E rileggendola si sono resi conto che la pronuncia della Corte d’Appello si fondava su delle prove concrete: il verbale dell’assemblea dei genitori, l’avvio della procedura di trasferimento della donna ad altra scuola per incompatibilità ambientale, lettere dei genitori che lamentavano il costante ricorso dell’insegnante a forme di intimidazione psicologica e a punizioni fisiche nei confronti dei bambini, le dichiarazioni dei bambini stessi.

Il reato per il quale la Cassazione ha confermato la condanna è maltrattamenti in famiglia o verso i fanciulli. In questo caso si tratta di "maltrattamenti verso i fanciulli" che richiede, ai fini della punibilità, la ripetitività dei comportamenti vessatori.

E anche questo era un aspetto adeguatamente accertato e motivato dai giudici di merito. "Sulla base delle predette risultanze", ha spiegato il Collegio, "la corte territoriale ha concluso (giustamente) per la sussistenza nel caso di specie dell’elemento soggettivo e oggettivo del delitto contestato, essendo stata accertata quella ripetizione degli atti vessatori (comprovata dai comportamenti, ripetuti, reiterati nel tempo e documentati dalle relazioni della direttrice, dagli esposti e dalle lettere dei genitori, nonché dalle relazioni ispettive e dalle dichiarazioni delle parti interessate) che integrava la necessaria abitualità".

Cosenza: Ass. Diritti Civili chiede cooperativa per ex detenuti

 

Asca, 2 marzo 2007

 

Il leader del Movimento Diritti Civili e consigliere provinciale, Franco Corbelli, chiede al sindaco di Cosenza, Salvatore Perugini, e al presidente della Provincia, Mario Oliverio, di creare una nuova cooperativa sociale per dare lavoro agli ex detenuti, usciti dal carcere grazie all’indulto, che ieri hanno manifestato davanti a Palazzo dei Bruzi.

"Il sindaco e l’Amministrazione comunale di Cosenza - dichiara Corbelli - hanno il dovere di dare ascolto e risposte concrete a questi ex detenuti. Bisogna aiutarli, creando per loro dei posti di lavoro. Bisogna mettere questi giovani in condizione di non sbagliare più. Facendoli lavorare onestamente si facilita il loro reinserimento nella società, nel rispetto della legalità. Sono tutti padri di famiglia che una volta fuori dal carcere si ritrovano senza un lavoro, in mezzo ad una strada con una famiglia da mantenere".

"Chiedo al sindaco Perugini - conclude Corbelli - di creare una nuova cooperativa sociale per offrire loro un posto di lavoro. Il Comune di Cosenza può, come ha fatto nel passato, grazie all’ex sindaco Giacomo Mancini, promuovere una nuova cooperativa ad hoc, attingendo a quei finanziamenti previsti dalla legge per questo tipo di iniziativa sociale. La Provincia può, nell’ambito delle proprie competenze, contribuire al finanziamento di questa cooperativa sociale. È quello che chiedo di fare al sindaco Perugini e al presidente Oliverio per dare un aiuto concreto a questi ex detenuti e alle loro povere famiglie".

Treviso: i sindacati di P.P. in tribunale, contro il direttore

 

Il Gazzettino, 2 marzo 2007

 

"Chiederemo un’ispezione ministeriale per fare chiarezza sulla situazione nel carcere Santa Bona di Treviso". A parlare è Donato Capece, segretario generale del Sappe, il sindacato di polizia penitenziaria che questa mattina comparirà in tribunale a Treviso: è fissata infatti per le 11.30 l’udienza davanti al gip che dovrà decidere se accogliere o meno l’opposizione del Sappe alla richiesta di archiviazione del pubblico ministero per gli esposti presentati nell’autunno scorso.

Nel mirino delle sei denunce del Sappe presentate alla procura di Treviso per presunti comportamenti antisindacali, ci sono il comandante della guardie carcerarie e il direttore della casa circondariale, Francesco Massimo che sulla vicenda non si scompone.

"Non si può impedire a qualcuno di presentare una denuncia - commenta - ma la richiesta di archiviazione da parte del magistrato mi pare che sia sufficiente per chiarire lo stato delle cose. Ho ricevuto diverse ispezioni nel corso della mia carriera, e mi sono sempre state fatte le congratulazioni per la gestione delle strutture".

Sul piede di guerra, invece, i referenti del sindacato che ieri pomeriggio si sono riuniti in assemblea con i rappresentanti di tutti i livelli, ovvero il segretario provinciale Francesco Attardo e quello regionale Giovanni Vona: "Ad oggi, da parte della procura - sostiene il segretario generale - non è stata svolta alcuna indagine di verifica all’interno del Santa Bona per approfondire lo stato delle cose, né sono stati ascoltati i numerosi testimoni che abbiamo citato a supporto delle nostre accuse.

Siamo pronti a presentare una domanda di trasferimento in blocco se non verremo ascoltati, non siamo più disposti a subire gli atteggiamenti che vengono assunti nei confronti del personale: vere e proprie pressioni psicologiche perché non si aderisca al nostro sindacato, suggerendo invece altre sigle di comodo".

Il Sappe allo stato attuale riunisce circa 70 dei 130 dipendenti del Santa Bona, circa il 20% del totale non aderisce ad alcuna sigla. "Il nostro ricorso alla magistratura - sempre Capece - voleva significare una richiesta di tutela nei confronti di chi svolge attività sindacale. Speriamo nell’intervento del giudice, ma di certo non siamo disposti a subire ulteriormente: se il magistrato opterà per l’archiviazione, intraprenderemo altre strade, l’ispezione in primis, ma chiederemo anche l’allontanamento del direttore per inadempienze che siamo in grado di dimostrare attraverso le testimonianze del personale".

Parole che secondo il direttore non avrebbero mai avuto alcun riscontro: "Non ho ancora mai trovato sulla mia scrivania domande di trasferimento da parte di alcun dipendente che, naturalmente, non fossero quelle motivate da motivi extralavorativi e personali".

Roma: contro la pena di morte e per l'abolizione dell’ergastolo

 

Comunicato stampa, 2 marzo 2007

 

Gli avvocati del leader curdo Abdullah Ocalan (tra cui Giuliano Pisapia, Mario Angelelli e Mahmut Sakar) invocano a gran voce chiarezza sulla drammatica situazione in cui versa il proprio assistito "Sui capelli di Ocalan" riferiscono i legali "sono presenti particelle di elementi chimici come stronzio e cromo con valori molto più alti rispetto al normale. Gli specialisti francesi, norvegesi e italiani ai quali abbiamo commissionato l’esame hanno stabilito che si era in presenza di un caso di intossicazione cronica". Ocalan, condannato a morte con pena sospesa, è tenuto in isolamento da sette anni sull’isola di Imrali (Turchia), prigione in cui è l’unico recluso.

Intanto in Cina la pena di morte è prevista anche per reati quali evasione delle tasse, gioco d’azzardo, bigamia, disturbo della quiete pubblica, furto di mucche, cammelli e cavalli. Dei 50 stati degli Usa, sono 38 quelli che prevedono la pena di morte nei loro ordinamenti. Le Americhe sarebbero un continente praticamente libero dalla pena di morte, se non fosse per gli Stati Uniti, l’unico paese del continente che ha compiuto esecuzioni nel 2005: 60 le persone giustiziate. I paesi che tuttora applicano la pena di morte sono 54. In Europa vi è una sola macchia che deturpa l’immagine di continente, altrimenti totalmente libero dalla pena di morte: la Bielorussia che nel 2005 ha effettuato almeno 2 esecuzioni.

Il governo italiano ha avviato un importante iniziativa per promuovere una Moratoria Onu contro la pena capitale. "Amnesty International" e "Nessuno Tocchi Caino" sono attualmente impegnate in una Campagna per promuovere la stessa Moratoria e hanno fornito i dati sopra menzionati.

Ma la pena di morte non è l’unica pena eliminativa presente nel panorama internazionale. Anche in Italia, come ricordano "Associazione Antigone" e "Progetto Diritti" circa 1250 presone scontano il "fine pena: mai", quello che noi chiamiamo ergastolo e che Cesare Beccaria definiva nel 1764 come "pena di schiavitù perpetua", come pena più dolorosa e crudele della pena di morte in quanto non concentrata in un momento ma estesa sopra tutta la vita.

Il Prc-Se è da tempo impegnata in entrambe le battaglie e promuove lunedì 5 Marzo, ore 17.00, ex hotel Bologna (Roma), l’incontro "Contro le pene disumane. Moratoria della pena di morte; abolizione dell’ergastolo". Interveranno Imma Barbarossa, Giusto Catania, Irfan Dundar, Domenico Gallo, Patrizio Gonnella, Antonio Marchesi, Arturo Salerni, i sottosegretari Bobo Craxi e Luigi Manconi. Conclude Giovanni Russo Spena. Per l’ingresso alla sala del convegno è necessario l’accredito al numero 06.67065745. Gennaro Santoro 349.4740379.

Reggio Calabria: convegno su tema detenuti tossicodipendenti

 

Quotidiano di Calabria, 2 marzo 2007

 

Le problematiche dei detenuti doppiamente delicate perché attinenti a persone contemporaneamente rei ed ammalati in quanto tossicodipendenti, sono state tema di un incontro stampa svoltosi ieri mattina nella sala conferenze della casa circondariale reggina.

L’incontro è stato organizzato per presentare i contenuti di un convegno dal titolo "Il tossicodipendente detenuto e i percorsi di riabilitazione sociale", che avrà luogo il prossimo sabato 3 marzo alle ore 9 presso il teatro delle carceri San Pietro, nel corso del quale esperti di più realtà attinenti allo specifico tema si confronteranno, affinché sia concretamente concesso al detenuto bisognoso, secondo le proprie possibilità e condizioni di salute, il miglior percorso volto al recupero, che unisca allo sconto della pena necessarie terapie mediche e sostegno psicologico.

L’iniziativa è promossa dal Centro reggino di solidarietà Cereso, con il patrocinio di Comune, Provincia, Regione, del Csv dei Due Mari, dell’Ordine degli avvocati di Reggio Calabria, e con la collaborazione dell’amministrazione penitenziaria.

In conferenza stampa è stato anticipato che l’incontro di sabato prossimo, che sarà coordinato dall’avvocato Luciano Squillaci, presidente del Csv dei Due Mari e vice presidente del Cereso, si espleterà con una ricca tavola che vedrà presenti i principali attori del settore della giustizia penitenziaria, della sfera delle tossicodipendenze e del volontariato: la direttrice del penitenziario Maria Carmela Longo, il garante dei diritti dei detenuti, già magistrato, Giuseppe Tuccio, il presidente dell’ordine degli avvocati di Reggio Calabria, Pietro Modaffari, il dirigente dipartimento delle dipendenze di Reggio Calabria, Caterina De Stefano, il presidente nazionale federazione italiana comunità terapeutiche don Mimmo Battaglia, il presidente Cereso don Piero Catalano, il direttore dell’Ufficio esecuzione penale esterna Mario Nasone, e la responsabile centro studi reggino solidarietà, Maria Angela Ambrogio.

Il vice presidente del Cereso, don Catalano, ha affermato che il recupero del detenuto tossicodipendente parte prima dall’uomo che dalle istituzioni, e il progetto di cui si discuterà intende sensibilizzare tutta la società, dai cittadini alle istituzioni, affinché si crei una fitta rete intorno al problema delle attenzioni di cui necessita il reo che è anche un ammalato, e nelle carceri reggine sono attualmente detenuti trentuno rei tossicodipendenti.

"Sabato, noi del volontariato promotori dell’iniziativa, considerato che il picco dei tossicodipendenti in carcere supera il 30%, cercheremo di mettere intorno a un tavolo i soggetti del progetto", ha detto l’avvocato Squillaci, aggiungendo che in materia, le leggi attuali sono inadeguate; che sono necessarie strutture di doppia diagnosi, che si curino delle diverse dipendenze.

"È necessario che intorno al concetto di pena ci sia il forte concetto di umanità, ed è importante diffondere con la comunicazione sociale i problemi del carcere, perché nel carcere c’è troppo silenzio; un silenzio che grida", ha aggiunto.

La direttrice: "l’amministrazione penitenziaria si sta occupando da anni con progetti avviati come Dap Prima e Ordinaria riabilitazione, di tali problematiche, per costruire un sistema diverso ed evitare l’ingresso in carcere ai soggetti tossicodipendenti, perché non è accettabile che il carcere costituisca la risoluzione dei loro problemi".

Ha concluso poi il direttore dell’ufficio esecuzione penale esterna Mario Nasone: "chiediamo che la Regione ci sia più vicina; e che ci sia la volontà per creare opportunità occupazionali a questi detenuti, che la società abbia la volontà di accogliere e reintegrare senza pregiudizi o peggio razzismo, affinché non restino bollati a vita col marchio di drogati".

Roma: "Prisons", quando le fotografie scoprono vite invisibili

 

La Repubblica, 2 marzo 2007

 

Istantanee scattate nelle celle e nei corridoi delle carceri italiane. Un viaggio insolito, per ritrarre quello che comunemente rimane nascosto: l’esistenza quotidiana dei detenuti. Uomini e donne che si sono fatti ritrarre dal fotografo Francesco Cocco e che parlano, attraverso questi scatti.

Le immagini, raccolte nella mostra "Prisons" promossa dal Comune di Roma in collaborazione con "Contrasto", sono visibili a Roma alla sala Santa Rita fino alla fine di marzo. Più di una descrizione delle carceri, "Prisons" si propone di aprire una finestra su quell’umanità che popola, come dice Cocco, "gli interni di quei contenitori, di quei grandi e asettici edifici che a volte osservavo mentre percorrevo in automobile qualche tangenziale".

Sono immagini scarne, a tratti dolorose e impietose, che non cercano abbellimenti. Le fotografie, in bianco e nero, sono state realizzate tra il 2001 e il 2005 nelle carceri di Milano, Modena, Palermo, Bologna, Trani, Roma, Messina, Prato, Torino, Cagliari, Alghero, Pisa e sono state raccolte nell’omonimo volume "Prisons" pubblicato in Italia da Logos nel 2006, con testi di Adriano Sofri e Renata Ferri. Scatti che testimoniano un mondo a parte, di cui conosciamo l’esistenza ma che non vediamo, e di cui raramente ci occupiamo.

Genova: gli scrittori genovesi del giallo incontrano i detenuti

 

Secolo XIX, 2 marzo 2007

 

Stimolare il confronto, il dibattito, la passione per la lettura. Questo il fine dell’iniziativa pensata dalla Fratelli Frilli Editori in collaborazione con la cooperativa Il Biscione, la Direzione della Casa Circondariale di Genova Marassi e con il patrocinio dell’assessorato alle politiche sociali della provincia.

"Se è vero che in Italia si legge poco e che il carcere è lo specchio della società, allora dobbiamo agire affinché i detenuti genovesi entrino in contatto con il mondo esterno attraverso la lettura", ha spiegato Salvatore Mazzeo, che da quattro anni dirige la Casa Circondariale. Ci ha pensato la casa editrice genovese con un’iniziativa utile e nuova: a partire da sabato 3 marzo alle 10, e con cadenza settimanale, la cappella del Carcere di Marassi ospiterà gli incontri dal titolo "Giallo alle Case Rosse": alcuni tra i più apprezzati autori giallisti genovesi incontreranno i detenuti.

Si parlerà di letteratura e si leggeranno brani tratti dai libri presentati; ma gli autori racconteranno anche la loro "vita da scrittori". Le copie dei volumi sono state donate dalla casa editrice alla biblioteca del carcere: "non lo facciamo per farci pubblicità", ha spiegato Goffredo Feretto, co-direttore editoriale della Frilli, "la lettura è indispensabile.

Purtroppo in Italia gli scrittori sono più dei lettori". Lorenzo Beccati ha accolto con grande entusiasmo l’invito a inaugurare la rassegna. Inventore e voce del Gabibbo televisivo, autore di trasmissioni come Striscia la notizia e Paperissima, lo scrittore genovese presenterà il suo libro dal titolo Il guaritore di maiali.

Il secondo incontro si terrà giovedì 12 aprile alle 14.30: la giallista Annamaria Fassio parlerà del suo nuovo libro, Una città in gabbia. Giovedì 10 maggio alle 14.30 Andrea Casazza e Max Mauceri presenteranno Ego te absolvo. La prima settimana di giugno Bruno Morchio, il celebre papà di Bacci Pagano, presenterà Giampaolo Cassitta, autore di due libri sul Carcere dell’Asinara e di un giallo, Il giorno di Moro, ambientato negli anni Settanta. L’ultimo sarà un incontro sui generis: a luglio non si parlerà di gialli, ma della musica di Fabrizio de André.

Verranno infatti presentati due libri a lui dedicati: Uomini e donne di Fabrizio De André, di Alfredo Franchini, che racconta il cantautore nel suo periodo sardo, e Fabrizio De André. L’ultimo trovatore, di Roberto Iovino. Il pomeriggio si concluderà con un momento musicale organizzato dai detenuti. All’iniziativa parteciperanno anche i responsabili di Area di Servizio, il giornale che da un anno coinvolge circa dieci detenuti: "la rivista è gestita dai carcerati e da un gruppo di operatori", ha spiegato il criminologo Enzo Paradiso, "è importante che chi è costretto dietro le sbarre mantenga, grazie alla cultura, i rapporti con l’esterno".

Le attività della Casa Circondariale di Marassi sono davvero molte: anche quest’anno sono in corso le prove teatrali. "Il prossimo spettacolo dei detenuti avrà luogo al Teatro della Corte", ha spiegato Mazzeo, che ha un progetto ambizioso: "realizzare un teatro stabile all’interno del carcere". Dopo l’indulto i carcerati genovese sono 400: "molti di loro si interessano alle iniziative culturali pensate dalla direzione. Vorremmo fare ancora di più, ma manca lo spazio necessario".

Trieste: il Coro dei "Lions Singers" si esibisce al Coroneo

 

Comunicato stampa, 2 marzo 2007

 

Venerdì scorso, ben 45 persone, tra signore e signori dei "Lions" di Trieste, si sono esibite in un concerto corale a favore della popolazione detenuta, sotto la direzione del Maestro Severino Zannerini. La rappresentazione, con il consenso del Cappellano del Carcere, Padre Silvio Alaimo, si è svolta presso la bella Chiesa interna all’istituto di pena del "Coroneo".

A dispetto della recente nascita della formazione corale, di grande qualità è risultato il concerto, il cui programma prevedeva pezzi "cult" degli anni 70, del compianto cantautore Fabrizio De Andrè (Lo chiamavano Gesù, Maria nella bottega del Falegname, etc.), uno dei Pooh, alternati da "L’Ave Maria" di Schubert e da canzoni classiche ed intramontabili della tradizione canora popolare triestina.

Il rispetto per il luogo (la Chiesa ed il Carcere nel suo complesso) e la sensibilità civile verso le persone detenute e quanti vi lavorano, da parte degli ospiti dei Lions, erano chiaramente percepibili con le note musicali, che hanno alleggerito di non poco un contesto sempre difficile e dove le corde della musica danno spazio a quelle del dolore, della pena, dell’incertezza per il futuro.

La Direzione, attraverso il dr. Enrico Sbriglia, dirigente della struttura penitenziaria di Trieste, si augura che non mancheranno, in futuro, ulteriori possibilità di apprezzare in nuove esibizioni e con un ancora più ricco e gradevole programma canoro (semmai anche prevedendo un concerto aperto ad una parte della cittadinanza) il numeroso e bravo gruppo corale dei Lions Trieste Host, Lions di Duino Aurisina, Lions Trieste Alto Adriatico, Lions Trieste Europa, Lions Trieste Miramar e Lions Trieste S. Giusto, insieme con i rappresentanti di "Dentro la Musica" dell’Associazione Lipizer di Gorizia.

 

Ufficio Relazioni con il Pubblico Casa Circondariale Trieste

C/o Segreteria Generale Amm.va

Dr.ssa Roberta Coppola

Catanzaro: il prefetto Montanaro in visita al carcere minorile

 

Asca, 2 marzo 2007

 

L’Istituto Penale Minorenni "Silvio Paternostro" di Catanzaro ha ricevuto la visita del Prefetto di Catanzaro, Salvatore Montanaro, il quale era stato invitato durante l’inaugurazione della mostra "I ragazzi di Via Paglia" nello scorso gennaio. Il Prefetto era accompagnato dalla consorte, Sig.ra Michela De Rosa, e dal vice-prefetto, Eugenio Pitaro, ed è stato accolto da Francesco Pellegrino, direttore dell’Istituto penale, e dall’Isp. Sup., Antonio Currao, comandante di reparto della Polizia penitenziaria, alla presenza di Domenico Blasco, presidente del Tribunale per i Minorenni di Catanzaro e di Angelo Meli, direttore del Centro Giustizia Minorile Calabria e Basilicata. Il prefetto ha visitato la struttura e ha incontrato i minorenni detenuti, nonché il personale educativo e amministrativo, unitamente agli agenti del Corpo di Polizia penitenziaria in servizio presso la struttura minorile.

Droghe: il caso Ronconi, un linciaggio ben riuscito

di Giovanni Russo Spena (Capogruppo Prc al Senato)

 

Aprile on-line, 2 marzo 2007

 

Le dimissioni della ex militante di Prima linea dalla Consulta degli esperti e degli operatori sociali sulle tossicodipendenze testimoniano come in Italia domini ancora una concezione punitiva e vendicativa della carcerazione e della pena.

La campagna di linciaggio contro Susanna Ronconi ha avuto successo. L’ex militante di Prima linea si è dimessa dalla Consulta degli esperti e degli operatori sociali sulle tossicodipendenze, con una lettera al ministro della Solidarietà Paolo Ferrero, che la aveva nominata. Contemporaneamente, lo stesso Ferrero ha annullato la nomina perché "illegittima". Susanna Ronconi è interdetta dai pubblici uffici e la sua presenza nella Consulta, pur non remunerata, è considerata pubblico ufficio. L’ex ministro nazional-alleato Maurizio Gasparri non si accontenta e chiede addirittura le dimissioni del ministro, reo a suo parere di aver violato la legge nominandola.

Al Senato, d’altra parte, giaceva una mozione di sfiducia individuale contro Ferrero motivata proprio dalla presenza della ex terrorista nella Consulta. Senza le dimissioni e l’annullamento ministeriale della nomina, l’approvazione della mozione non era affatto esclusa, dal momento che una forza della maggioranza, l’Italia dei valori, aveva condiviso le proteste della destra e, a livello individuale, era del tutto possibile che altri senatori centristi si aggregassero al momento del voto.

Le dimissioni hanno vanificato la mozione di sfiducia. In compenso hanno reso ancor più scandalosa una vicenda di inciviltà giuridica e civile a modo suo, purtroppo, esemplare. Susanna Ronconi si è macchiata di numerosi crimini, tra cui un duplice omicidio. Ha passato però vent’anni in prigione, e il suo pieno recupero alla socialità civile è accertato al di là di ogni possibile dubbio, così come le sue competenze in materia di lotta alla tossicodipendenza, maturate nel coso di un’esperienza che data ormai da moltissimi anni.

Anche aldilà dei pur fondati ragionamenti sulla natura specifica dei delitti politici degli anni ‘70-80, frutto di un clima storico particolare, il caso di Susanna Ronconi è di quelli che dovrebbero costituire motivo di giusto vanto per l’Italia e per la sua Costituzione. È la Carta stessa, in uno dei suoi passaggi più universalmente trascurati, a sancire che finalità della pena è non la vendetta ma il recupero del detenuto. I casi come quello di Susanna Ronconi, ben più numerosi di quanto non appaia stando alle campagna stampa perennemente emergenziali, dimostrano che quella norma costituzionale non è vuota utopia, illusione da anime belle, ma pietra angolare di una strategia non solo civile ma anche efficace.

La bieca campagna orchestrata dalla destra, e da una parte della stessa Unione, dimostra invece su quali scogli quella strategia costituzionale lungimirante continua a infrangersi: gli istinti vendicativi di una parte della società, fomentati ad arte dalle campagne medianiche, e la tendenza cinica di molti esponenti politici a cavalcare quelle pulsioni.

Il caso di Susanna Ronconi non è diverso da quello dell’indulto, provvedimento necessario, come sa chiunque abbia constatato di persona lo stato delle nostre carceri, la cui efficacia, in prospettiva, è stata fortemente limitata da una selvaggia campagna di disinformazione che ha "sconsigliato" alle forze politiche di muovere il necessario passo seguente, l’amnistia.

La vicenda che vede coinvolta Susanna Ronconi, dunque, ha una valenza generale che va oltre il caso personale e anche oltre il problema degli ex terroristi. Chiama in causa i princìpi generali di una civiltà giuridica e della stessa cultura generale di un paese. Negli ultimi anni il susseguirsi di campagne emergenziali e la paura della politica di fronte agli istinti peggiori dell’opinione pubblica hanno senza dubbio esercitato un’azione fortemente regressiva. Invertire questa tendenza dovrebbe figurare ai primissimi posti nell’agenda politica e culturale della sinistra.

Droghe: Susanna Ronconi; sono sorpresa da parole di Ferrero

 

Ansa, 2 marzo 2007

 

"Mi ha un po’ sorpreso che Ferrero oggi dica che la mia nomina è illegittima": così Susanna Ronconi commenta la posizione del ministro della solidarietà sociale, che oggi ha revocato la sua nomina alla Consulta nazionale sulle tossicodipendenze. "Mi spiace soprattutto per lui - aggiunge - trovo che questa cosa non sia giusta. In questo modo Ferrero stranamente sposa un’interpretazione della legge assolutamente discutibile e che non sta in piedi".

Nell’87 - spiega Susanna Ronconi - veniva varata la legge sulla dissociazione, e quella legge noi l’abbiamo costruita e favorita proprio dentro un confronto strettissimo con molti ambiti della società civile, della cultura e della politica. Con questi ambiti si era aperto un dialogo, che avevamo definito un "dialogo della riconciliazione".

Quello che mi stupisce è che all’epoca quel dialogo aveva prodotto sviluppi diversi e importanti, mentre oggi, vent’anni dopo, ci troviamo in questa situazione di grande ritorno indietro, a un clima davvero rancoroso e vendicativo". "Allora - continua - oltre a una sconfitta, porto a casa anche una convinzione: che sia necessario provare a rilanciare questo tipo di riflessione, se troviamo degli interlocutori, se c’è qualcuno che ha voglia di ragionare con maggiore serenità sul passato e poi anche sul presente".

"Quello che esce da tutta questa storia - dice con evidente amarezza - è che tu rimani un po’ inchiodata a una storia di 30 anni fa, e quello che è avvenuto nel frattempo non ha alcun tipo di valenza o di riconoscimento. Io sono una che ci ha provato in tutti questi anni ad aprire dialoghi, e il bilancio è ora un po’ più amaro proprio per queste considerazioni generali, al di là del fatto specifico".

 

Corleone: denuncia partita da An Padova

 

L’inchiesta della Procura di Roma sull’illegittimità della nomina di Susanna Ronconi a membro della Consulta nazionale sulle tossicodipendenze è partita da una denuncia di Alleanza nazionale alla Procura di Padova. Lo rende noto Franco Corleone, ex sottosegretario e fondatore di Forum droghe, l’associazione della quale Ronconi è presidente. La Procura di Padova, sempre secondo quanto riferito da Corleone, ha poi trasmesso la pratica, per competenza, a quella di Roma, che - come ha reso noto stamani la nota del Ministero della solidarietà sociale - ha aperto l’inchiesta.

 

Sergio Segio propone digiuno di sostegno

 

L’ex leader di Prima Linea Sergio Segio propone che il digiuno "a staffetta" che viene attuato da 27 giorni per sollecitare il Parlamento a discutere della riforma della politica sulle droghe, si trasformi in un digiuno a sostegno di Susanna Ronconi, l’ex brigatista il cui incarico nella Consulta nazionale sulle tossicodipendenze è stato oggi revocato dal ministro Paolo Ferrero.

"Proporrei - afferma Segio - che il digiuno, dato che continua, pur essendo modificato e in movimento il quadro politico, diventi formalmente di protesta contro la campagna politica e mediatica che ha portato alle dimissioni si Susanna". Segio, uno dei fondatori dell’organizzazione terroristica "Prima Linea" a cui arrivò passando per Lotta Continua, in un lungo percorso che comprende anche 22 anni di carcere è giunto all’approdo della nonviolenza ed è oggi impegnato nel volontariato in carcere.

 

Coisp: via altri ex terroristi in istituzioni

 

"Le dimissioni dell’ex terrorista Susanna Ronconi dalla Consulta sulle tossicodipendenze sono un atto di minima decenza morale". Lo dichiara il segretario generale del sindacato di Polizia Coisp, Franco Maccari. "Adesso - prosegue il segretario del Coisp - ci aspettiamo le dimissioni da parte di tutti quei personaggi nemici dello Stato ‘infiltratì nei palazzi con la compiacenza di molti settori della maggioranza di governo, a cominciare dal segretario della Camera, Sergio D’Elia". "Il prossimo 19 marzo - ricorda Maccari - Susanna Ronconi sarebbe dovuta essere presente a Padova in una manifestazione pubblica in Comune. Ci saremmo comportati da no-global per un giorno, impedendo alla ex terrorista di parlare". Ricordando l’assalto della sede del MSI a Padova nel 1974, a cui partecipò la Ronconi, il segretario Maccari conclude che "il ministro Paolo Ferrero si è accorto solo ora dell’illegittimità della nomina dell’ex terrorista, che dopo i fatti del ‘74 era stata interdetta dai pubblici uffici".

 

Gramazio (An): Ferrero riconosce le nostre ragioni

 

"Ci sono voluti tre mesi ma alla fine il ministro Ferrero ha dovuto riconoscere che le ragioni della nostra protesta nei confronti della nomina della Ronconi erano sacrosante". Lo afferma il sen. Domenico Gramazio, capogruppo di Alleanza Nazionale in Commissione Sanità, commentando l’annullamento della nomina dell’ex terrorista Susanna Ronconi a componente della Consulta sulle Droghe.

"Meglio tardi che mai. Siamo contenti della decisione e del ripensamento del ministro che dal 5 dicembre scorso, giorno della prima riunione della Consulta, aveva sempre difeso la presenza della Ronconi dichiarando la sua estraneità alla nomina, in quanto indicata dal Forum Droghe. Oggi ha cambiato idea, ha scoperto che la ex terrorista, condannata anche per l’assalto delle Brigate Rosse del 17 giugno 1974 alla federazione del Msi-Dn di Padova, in cui vennero barbaramente giustiziati Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola, è interdetta dai pubblici uffici. Un passo in avanti verso la legalità". "Attendiamo ora che altre strutture statali come università e scuole - chiede Gramazio rinuncino ad ospitare pubblici dibattiti con brigatisti rossi tornati in libertà, dopo aver scontato le pene. Tali persone hanno tutto il diritto di rifarsi una vita ma non possono essere presi come modello. Altrimenti poi non ci si deve meravigliare se, come dimostra la recente inchiesta giudiziaria, le Brigate Rosse sono ancora attive e trovano seguaci nelle giovani generazioni".

 

Meloni (An): per chiudere capitolo serve mea culpa

 

Per chiudere il "doloroso capitolo" del terrorismo, serve "un mea culpa consapevole e sincero" e non si può passare per "omissis e amnesie". Giorgia Meloni, vicepresidente della Camera e deputata di An, parla così della vicenda di Susanna Ronconi, dopo la revoca della sua nomina al ministero della Solidarietà Sociale.

"Avvalendosi della consulenza della Ronconi - osserva Meloni - il ministro Ferrero ha dimostrato come la ragione ideologica possa, in taluni casi, prevalere sulla ragion di Stato. Susanna Ronconi è stata giudicata colpevole di omicidio, con conseguente interdizione dai pubblici uffici. Fino a prova contraria il ministero della Solidarietà sociale è un pubblico ufficio, per questo la sua assistenza rappresentava un illecito in piena regola".

"Sono d’accordo con chi invoca il superamento degli anni di piombo, quando si parla di persone che hanno saldato i loro conti con la giustizia. La Ronconi - osserva Meloni - ha il merito di non essere scappata come molti brigatisti e di aver accettato la detenzione. I processi di recupero e reinserimento però non possono passare per omissis o amnesie: quello che serve è il pieno riconoscimento delle proprie responsabilità, atteggiamento contrastante con quello giustificazionista della Ronconi".

"Ben venga dunque il dialogo costruttivo per chiudere un doloroso capitolo di storia italiana, ma questo risultato - conclude la deputata di An - può essere raggiunto solo dopo un mea culpa consapevole e sincero che abbiamo atteso e continueremo ad attendere, anche nel caso di Susanna Ronconi, per un atto di rispetto nei confronti dei famigliari delle sue vittime".

Droghe: rapporto dell’International Narcotic Control Board (Onu)

 

Notiziario Aduc, 2 marzo 2007

 

L’International Narcotic Control Board dell’Onu boccia le stanze del buco. Nel suo rapporto annuale, l’organo di monitoraggio della convenzione Onu contro le droghe, critica il fatto che le stanze del buco "restino operative in alcuni Paesi europei, in violazione dei trattati internazionali sul controllo delle droghe".

Lo stesso Board di esperti, si legge ancora nel rapporto presentato oggi, "esorta" i governi dei Paesi dove queste strutture sono attive, "a proseguire negli sforzi per assicurare servizi adeguati a chi necessita di trattamenti, di riabilitazione e reinserimento sociale, come previsto dai trattati internazionali, piuttosto che proseguire sulla strada delle stanze del buco".

 

Europa è secondo mercato mondiale di cocaina

 

"L’Europa è diventata il secondo mercato mondiale di cocaina. La quantità totale di cocaina sequestrata in Europa e il numero di persone che ne fanno uso sono cresciuti rispetto allo scorso anno", si legge. Chi fa uso di cocaina rappresenta, inoltre, il 10% circa dei tossicodipendenti ammessi al trattamento nell’Ue. Il paesi coi consumi più alti sono Spagna e Regno unito.

Resta, comunque, la cannabis la droga di maggior consumo nei Paesi europei. Secondo le stime le stime dell’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, il 6% circa della popolazione adulta ha provato la cannabis almeno una volta nella vita. L’Europa, prosegue il rapporto, costituisce tuttora uno dei principali mercati illegali mondiali di stimolanti: "Solo la cannabis è usata più comunemente dell’ecstasy". Quanto all’eroina, il consumo "è rimasto a grandi linee stabile, con persino un calo nell’Europa occidentale e centrale".

 

Allarme su contraffazioni farmaci e internet

 

C’è un mercato parallelo e non regolato dei farmaci, che mette ormai a disposizione enormi quantitativi di medicinali non controllati o contraffatti, che possono avere conseguenze letali sulla salute dei consumatori. L’allarme, contenuto nel Rapporto annuale dell’Incb, mette anche in guardia dai rischi degli acquisti di farmaci via Internet.

Il Rapporto è stato presentato oggi a Roma da Gilberto Gerra, medico e membro dell’Incb. "Si stima che nei Paesi in via di sviluppo il 25-50% delle sostanze che circolano siano fuori dal controllo delle agenzie sanitarie, e che in gran parte siano contraffatte. Nel mondo occidentale, invece, la distribuzione parallela di questi farmaci avviene attraverso Internet o la distribuzione postale, ma anche con gli stessi canali delle droghe illegali classiche".

Un esempio per tutti: negli Usa, tra il 2002 e il 2005, c’è stato un incremento del 40% dell’uso di ossicodone, un antidolorifico, spesso comprato senza ricetta sui mercati paralleli; un abuso che riguarda il 5% degli studenti delle superiori. In Europa, e anche in Italia, si assiste a una distribuzione incontrollata di benzodiazepine o di barbiturici, seguiti dalle sostanze anoressanti (che da noi sono vietate).

Per quanto riguarda Internet, l’Incb stima che l’85% delle farmacie on line non chiede prescrizione e l’8% si accontenta di quella via fax. La classifica dei farmaci più venduti on line vede in testa gli antidolorifici, seguiti dai tranquillanti, dagli anoressanti e infine dagli stimolanti.

 

No all’acquisto di oppio afghano per produrre morfina

 

In questo momento non ci sono le condizioni, in Afghanistan, per convertire la produzione di oppio dall’eroina alla morfina, un’idea caldeggiata anche da alcuni governi, compreso quello italiano. Gerra ha confermato la grande preoccupazione riguardo all’aumento della produzione di eroina in Afghanistan.

"Ormai - ha spiegato - un terzo dell’economia di quel Paese si basa su questo e i laboratori si sono attrezzati per produrre direttamente l’eroina". La conversione della produzione dall’eroina ai farmaci antidolorifici, ha detto, non è pensabile per i seguenti motivi: innanzitutto, perché la situazione politica e militare in Afghanistan è fuori controllo; poi perché, secondo l’Incb, ci sono scorte di morfina "per due anni avanti" e quindi il mercato sarebbe saturo; infine, se si proponesse ai contadini di vendere l’oppio legalmente, questi guadagnerebbero un quinto di quanto guadagnano adesso.

"L’arrivo di grandi quantità di eroina a prezzi stracciati sul mercato europeo della droga è già una realtà che rischia di allargarsi ulteriormente. All’origine di questo aumento, c’è l’estensione delle coltivazioni illecite di papaveri da oppio in Afghanistan, negli ultimi due anni". Lo scrive il ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, che ribatte così alle parole di Gilberto Gerra: "Per evitare di essere invasi dall’eroina a basso costo è bene intervenire subito per togliere dal mercato illegale- alla fonte- questa pericolosissima sostanza".

"All’allarme lanciato da Gilberto Gerra, rappresentante italiano del Comitato internazionale per il controllo dei narcotici (Incb) si deve, quindi, offrire una risposta concreta come quella, sperimentale, di proporre che l’Organizzazione mondiale della sanità compri la produzione afghana di oppio trasformandola in morfina ad uso sanitario. Per evitare di essere invasi dall’eroina a basso costo - conclude il ministro - è bene intervenire subito, per togliere dal mercato illegale - alla fonte - questa pericolosissima sostanza".

"La notizia dell’apertura dell’Onu alla somministrazione di eroina ai tossicodipendenti, comunicata oggi da Gilberto Gerra dell’Incb, è la più straordinaria degli ultimi dieci anni" secondo il sociologo Guido Blumir, presidente del comitato scientifico "Libertà e droga".

"Si tratta di utilizzare il modello svizzero, in vigore da dodici anni, prima in via sperimentale e poi entrato a regime". Con questo sistema, secondo l’esperto, "la microcriminalità è diminuita dell’80%, come ha certificato il criminologo prof. Martin Gillian, direttore scientifico del programma e il 70% dei soggetti è tornato a un lavoro normale. Successivamente, il modello è stato adottato dalla Spagna di Aznar, dalla Germania, e ora è in programma nell’Inghilterra di Blair, come ha rivelato poche ore fa l’Independent on Sunday".

"Noi lo abbiamo proposto nel 1979, ben 28 anni fa, con il mio libro Eroina. Portammo il progetto all’allora ministro della sanità Renato Altissimo, che lo approvò. Ma la proposta non passò per la contrarietà di Dc e Pci, anche se il prof. Giovanni Berlinguer era favorevole, come la Fgci diretta da Massimo D’Alema e i socialisti di Martelli.

"La sensazione che si ha anche in Italia già da un anno e mezzo, è quella di un aumento nell’utilizzo dei farmaci, in particolare di tranquillanti e in genere di psicofarmaci, anche per cercare di attenuare gli effetti sia delle anfetamine e derivati ma soprattutto da cocaina".

È quanto evidenzia Andrea Fantoma, presidente della Fondazione 26 giugno per la ricerca nelle dipendenze patologiche, già responsabile del Dipartimento per le politiche antidroga della presidenza del Consiglio dei ministri. Fantoma conferma la tendenza emersa nel rapporto dell’International narcotic control board (Onu), che ha lanciato l’allarme sullo "sballo da farmaco", l’abuso di farmaci che supererebbe, in alcuni Paesi, quello di stupefacenti.

"È una sorta di cultura che si appoggia sul fatto che è sempre più facile trovare rimedi sulla rete di Internet - spiega Fantoma -. In rete ci si può fare recapitare pacchetti anonimi con dentro medicinali che qua in Italia richiedono ricetta medica ospedaliera non ripetibile, mentre all’estero li si può acquistare tranquillamente da società che hanno anche sedi introvabili e difficili da contrastare".

Tutto ciò, conclude l’ex dirigente di Dnpa, "è frutto di una cultura abituata a prendere subito la pasticca per qualsiasi pretesto, affidandosi sempre meno al medico di famiglia e sempre più al sentito dire. Oggi anche un minorenne può comprare farmaci in rete con la carta di credito dei genitori".

"In Italia c’è un eccesso di medicalizzazione, i cittadini fanno ricorso a farmaci anche se non hanno una patologia vera e propria, spesso lo fanno perché sono medicinali da banco, ma spesso se li fanno prescrivere da medici che forse sono poco attenti ai problemi che possono creare".

È quanto sostiene Piergiorgio Zuccaro, direttore dell’Osservatorio "Fumo, alcol e droghe" dell’Istituto superiore della sanità (Iss) che, tuttavia, rassicura sulla situazione nel nostro Paese rispetto all’allarme lanciato dall’Onu. "In merito a questo aspetto non c’è, tuttavia, niente di nuovo rispetto al passato - prosegue Zuccaro -.

È vero che gli psicofarmaci possono provocare dipendenza, ma è anche vero che chi prende questi farmaci è perché ne ha bisogno, non mi pare ci sia un abuso". In Italia ci si muove con molta cautela, sottolinea il dirigente dell’Iss: "Per esempio, ci si è mossi in maniera estremamente attenta con il Ritalin, farmaco che serve per curare il disturbo dell’attenzione nei bambini (Adhd)". Si tratta di un tipo di farmaci, conclude Zuccaro, "che vanno commercializzati con un controllo molto rigido, altri Paesi hanno concesso la liberalizzazione, noi no".

"Riguardo l’ipotesi di acquistare e trasformare l’oppio afghano in morfina, tengo a precisare che, a questo proposito, non ho rilasciato alcuna dichiarazione al quotidiano Italia Oggi, che, evidentemente, ha tratto alcune frasi da un articolo de Il Giornale, travisandone il senso". Lo comunica, in una nota, il senatore del Prc-Se Francesco Martone, citato "a sproposito" dal quotidiano milanese.

"Nei miei interventi - specifica Martone - ho soltanto raccomandato di usare grande precauzione, prima di decidere di acquistare grandi quantitativi di droga per trasformarla in farmaco. La precauzione però - continua - non preclude all’Italia la possibilità di lanciare e sostenere un piano pilota, che veda la partecipazione di piccole cooperative di agricoltori locali, per la trasformazione dell’oppio a livello sperimentale in una filiera produttiva controllata". La realizzazione dello stesso piano pilota, conclude Martone, "dovrebbe comunque essere accompagnata da un serio sostegno alle colture alternative, garantendo ai coltivatori l’accesso al microcredito e ai mercati locali, nell’ottica di promuovere la crescita di una economia reale e, quindi, la sovranità alimentare del popolo afghano".

"L’agenzia dell’Onu per il controllo dei narcotici ha, ancora una volta, dato ragione a quanto fatto dal governo di centro destra, e confermato le linee contenute nella legge Fini-Giovanardi". Questo quanto afferma Carlo Giovanardi, deputato dell’Udc.

Il rapporto "esplicita un no chiaro e netto alle cosiddette stanze del buco, così care ad una parte della sinistra italiana - continua Giovanardi - abbiamo così la conferma che la nostra politica è sempre stata in linea con la comunità internazionale: contrasteremo ogni tentativo di fare dell’Italia - conclude - la cassa di risonanza degli antiproibizionisti militanti".

"Le dichiarazioni di Gilberto Gerra, entrato non si sa per quali meriti nel Comitato internazionale per il controllo dei narcotici (Incb), che è il braccio armato dell’Onu sulla droga, sono cose di scarso pregio scientifico": Franco Corleone, ex sottosegretario e leader dell’associazione Forum droghe, commenta così la presentazione a Roma del Rapporto annuale dell’Incb.

Ricordando che "Gerra è stato il sostenitore della legge Fini-Giovanardi che ha voluto punire anche i consumi", Corleone considera il rapporto dell’Incb "solo una manovra per impedire politiche come quelle boliviane e in difesa delle Convenzioni, come se fossero la bibbia. Sono posizioni - conclude - di questa polizia dell’Onu che è autoreferenziale, per difendere il proibizionismo ideologico".

Droghe: studio inglese; predisposizione alla dipendenza è innata

 

Galileo, 2 marzo 2007

 

Debolezza nei confronti delle dipendenze, inclinazione a cadere nel tunnel della droga potrebbero essere veri e propri connotati in alcune persone e il loro tallone d’Achille sarebbe il deficit nel cervello del recettore per il neurotrasmettitore di gratificazione e piacere, la dopamina. E non è tutto: secondo quanto osservato all’Università britannica di Cambridge pubblicato sulla rivista Science, l’impulsività sembra essere il tratto della personalità tipico della vulnerabilità alle dipendenze.

Questa scoperta è, spiegano gli esperti coordinati da Jeff Dalley, la conferma che veramente ci possono essere condizioni innate (predisposizioni) che rendono più fragili di fronte alle dipendenze. Inoltre potrebbe offrire spunti per terapie efficaci non solo contro le droghe ma anche per disturbi comportamentali compulsivi di vario genere, dalla dipendenza del gioco d’azzardo all’iperattività.

In passato numerosi studi hanno insinuato la possibilità che alcuni individui siano in qualche modo predisposti alle dipendenze, alcune volte, forse peccando in faciloneria e superficialità, si è gridato al "gene della dipendenza". Le cose non stanno certo così, ma ci sono prove di differenze in alcuni meccanismi neurologici tra persone sane e tossicodipendenti, da cui la fatidica domanda dell’uovo e della gallina, perché finora nessuno aveva dimostrato se tali differenze fossero causa o conseguenza della tossicodipendenza.

I ricercatori britannici sembrano avvalorare la prima ipotesi, ovvero che differenze nel funzionamento di certe regioni neurali precedano l’uso della droga e forse facciano da apripista ad esso. Gli esperti hanno visto che i soggetti più impulsivi e più inclini all’approccio con la cocaina presentano in aree critiche del cervello un deficit di recettori per la dopamina, cruciale nella risposta a stimoli che inducono piacere e gratificazione, come l’assunzione di stupefacenti. Impulsività e ridotti recettori, concludono gli scienziati, precedono dunque l’uso di droga e potrebbero essere alla base di predisposizioni alla dipendenza o ad altri problemi comportamentali.

Brescia: nasce secondo "Ser.T. privato" italiano, il primo a Milano

 

Il Giornale di Brescia, 2 marzo 2007

 

Nasce sul territorio bresciano il secondo "Ser.T. privato" in Italia: con delibera della Regione Lombardia del 20 dicembre 2006 è stato accreditato il Servizio Multidisciplinare Integrato (Smi) per le dipendenze da sostanze lecite ed illecite (stupefacenti, alcool, gioco d’azzardo, ecc.) gestito dalla cooperativa sociale "Il Mago di Oz", promossa dal Gruppo Fraternità e dal Gruppo Pinocchio. La sede è a Ospitaletto, ma l’operatività è estesa a tutto il territorio dell’Asl di Brescia, dopo la firma del contratto con l’Azienda sanitaria locale di Brescia, lo scorso gennaio.

La "mission" del servizio è quella di prendersi cura di persone con problemi di dipendenza per realizzare percorsi di in-dipendenza, attraverso attività multidisciplinari integrate condotte da un’équipe di medici, infermieri professionali, educatori, psicologi, assistenti sociali.

"Siamo il primo Ser.T. privato accreditato nel Bresciano, il secondo in Lombardia e a livello nazionale dopo il Ser.T. attivato a Milano lo scorso anno - spiega Ermete Cominelli, responsabile della struttura con sede a Ospitaletto -. La formula è un po’ la stessa delle comunità terapeutiche accreditate, solo che nel campo dei Sert fino a qualche anno fa non esisteva una normativa apposita per l’accreditamento, prima di una apposita legge regionale del 2003 e della legge nazionale sulle tossicodipendenze del 2006".

Lo Smi de "Il Mago di Oz" si occupa di prevenzione, diagnosi e cura, riabilitazione e reinserimento delle persone dipendenti o che abusano di sostanze psicoattive lecite ed illecite, come droghe e alcol. Il servizio può erogare le prestazioni nei vari contesti, come quello territoriale, quello del carcere, il servizio a domicilio, in strutture accreditate o in strutture del Servizio sanitario nazionale. In particolare, per i tossicodipendenti il servizio somministra terapie farmacologiche specifiche, svolge attività di psicodiagnosi e di counseling, attiva specifici programmi destinati alle donne, prevedendo ad esempio interventi relativi a gravidanza, prostituzione, violenze. Le prestazioni ambulatoriali sono gratuite, ed è garantita a ciascuno la libertà di scelta e la riservatezza.

La sede operativa è in via Padana Superiore 161 a Ospitaletto, tel. 030.8360856, e-mail info@smimagodioz.it. Per chi ne ha necessità, è possibile usufruire del servizio anche al di fuori degli orari d’ufficio di apertura al pubblico e nelle giornate di sabato e domenica, previo appuntamento.

Cina: con la riforma della "rieducazione" stop ai lavori forzati

 

La Stampa, 2 marzo 2007

 

Era una delle istituzioni prova della tirannia, della crudeltà e della iniquità del sistema, e il governo lo sa. Per questo ieri l’annuncio della riforma del "laojiao", l’educazione attraverso il lavoro, in pratica i lavori forzati fino a quattro anni assegnati attraverso pratiche amministrative, senza passare da un tribunale o da un giudice, era un titolo a tutta pagina sul quotidiano ufficiale in inglese "China Daily".

Il "laojiao" non sarà abolito del tutto, ma la prossima sessione plenaria del parlamento cinese che si aprirà a Pechino il 5 marzo ha in programma una profonda revisione della legge che lo regola. La "condanna" ai campi di lavoro non potrà superare i 18 mesi, e cambierà il profilo stesso di questi penitenziari: non ci saranno più sbarre alla finestre o reticolati di filo spinato a marcare il perimetro esterno. Saranno molto più degli istituti correzionali, marcatamente diversi dalle prigioni, mentre ora non c’è in pratica alcuna differenza. Il giornale afferma che la riforma è un passo avanti per una maggiore garanzia dei diritti umani in Cina.

In effetti la legge era in preparazione da anni ma, insieme a quella che limita l’uso della pena di morte ed è stata approvata alla fine dell’anno scorso, trovava enorme opposizione tra gli alti quadri del partito. L’idea semplice degli oppositori della riforma è che ci vogliono strumenti duri per arginare la criminalità di ogni tipo. I 400mila detenuti nei "laojiao" erano speculari e paralleli nella forma e nella sostanza ai circa 4mila cinesi condannati a morte ogni anno per motivi più vari, dall’omicidio alla rapina senza spargimento di sangue.

Alla testa del gruppo di giuristi che hanno lavorato alla riforma delle due leggi ci sono per una volta alcuni professori ed esperti in diritto italiano. Hanno tradotto Cesare Beccarla già negli anni ‘80 e quel volume è servito ad abolire l’uso della tortura nelle carceri cinesi. Questi giuristi negli ultimi anni hanno spiegato pazientemente ai governanti che non c’è nessuna prova scientifica sulla bontà della pena di morte per limitare i crimini gravi. Anzi, è vero il contrario: un uso troppo "generoso" della pena capitale incoraggia il criminale alla colpa più pesante. Se rapina e omicidio portano comunque davanti al plotone di esecuzione allora tanto vale uccidere il testimone, tutela meglio la sicurezza del criminale.

La nuova legge sulla pena di morte, che passerà anch’essa nel pacchetto della prossima sessione del parlamento, impone il ricorso alla Corte Suprema per tutte le condanne capitali, cosa che di fatto limiterà enormemente queste sentenze. I giornali spiegano che i condannati al "laojiao" erano accusati di piccoli furti, prostituzione, uso di stupefacenti. Ma la categoria era in realtà molto più vasta. Il "laojiao" è diverso ed ha un sapore più politico. Garantisce un potere indiscriminato alla polizia, oltre il sistema dei tribunali, per cui piccoli dissidenti politici o anche persone semplicemente antipatiche al capo locale, finivano senza complimenti in un campo di lavoro.

In qualche modo la nuova legge limita l’arbitrio assoluto delle forze dell’ordine e demolisce il principio che in realtà esisteva dalla fondazione della Repubblica Popolare, in cui i campi e le prigioni erano due nomi per la stessa cosa. Ora il "laojiao" vieie riportato nell’orbita del sistema giuridico: agli accusati che rischiano di finire in un campo viene accordato il diritto a un avvocato difensore. Sembra un nuovo inizio per la Cina, di certo lo è nella retorica. Gli esperti spiegano come il "laojiao" sia anticostituzionale. Insomma, la Cina vuole essere oltre che più umana anche più Stato di diritto, e questo è un segnale politico che indirizza verso una maggiore democratizzazione.

 

 

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