Rassegna stampa 29 marzo

 

Giustizia: Paolo, 22 anni, è morto in carcere da "invisibile"

 

Il Manifesto, 29 marzo 2007

 

Paolo aveva 22 anni ed era un rom. È spirato nel carcere di Regina Coeli. Sul corpo strane tumefazioni. Era "clandestino", nonostante fosse nato in Francia.

Sui giornali di sabato, un comunicato del garante dei Diritti delle Persone Private della Libertà del Comune di Roma, Gianfranco Spadaccia, riferiva così la morte di Paolo: "Un rumeno, detenuto nel carcere di Regina Coeli, è morto questa notte per cause imprecisate nell’ospedale Santo Spirito, dove era stato ricoverato con urgenza nell’estremo tentativo di salvarlo.

Il cittadino rumeno, tossicodipendente, era detenuto per rapina, aveva numerosi precedenti penali ed era sotto osservazione psichiatrica per aver incendiato in passato la propria cella. Si trovava per questo in una cella dove era sorvegliato a vista". La nota prosegue: "Il detenuto non aveva ingerito le medicine che il medico gli aveva prescritto e aveva rigettato il cibo consumato la sera precedente".

In tutto questo, l’unica cosa certa è che Paolo, a Regina Coeli, lo conoscevano bene. Vi aveva trascorso alcuni anni, scontando un cumulo di condanne relative a una serie di piccoli furti commessi da minorenne. Lo conoscevano a tal punto da affidargli il ruolo di cuoco, nella cucina del carcere.

E conoscevano perfettamente i suoi problemi di salute, visto che, durante la detenzione, era stato più volte operato per la grave patologia che lo affliggeva dalla nascita e che lo ha costretto a oltre 20 interventi chirurgici, per regolare la valvola e il catetere che collegavano il suo cervello ai reni.

Allo stesso modo, non era un mistero l’origine di Paolo. Il magistrato che ha disposto l’autopsia - a cadavere ancora caldo, con tanta tempestività da non dare modo ai familiari, stravolti e increduli, di nominare un perito di parte - scrive a chiare lettere che Paolo era nato in Francia, 26 anni fa. Tutta all’interno del recinto di Schengen, dunque, la breve esistenza di questo giovane rom, trasferitosi in Italia in tenera età e vissuto a Roma per 22 anni.

Messo in libertà l’estate scorsa, Paolo era stato ripreso dalla polizia con l’imputazione di non essersi allontanato dal territorio nazionale, ai sensi della Bossi-Fini. Per andare dove? La Jugoslavia, dove sono nati i genitori, non esiste più, e Paolo nei Balcani non ha mai messo piede. Scarcerato dal giudice, è stato nuovamente arrestato dieci giorni fa, con l’accusa di ricettazione.

Prima che la bara venisse chiusa, lunedì mattina i familiari e gli amici hanno potuto notare, sulla tempia destra di Paolo, un vistoso ematoma. Il pensiero è corso subito a quella valvola, a quel delicatissimo catetere, all’emorragia interna che lo ha probabilmente ucciso - e che difficilmente le pastiglie prescritte dal medico del carcere avrebbero potuto arrestare. E alle cause di tutto questo, anche perché i familiari affermano di non spiegarsi il labbro tumefatto, le escoriazioni alla mano sinistra...

Non tira una buona aria, a Roma, per i rom. Sono mesi che si succedono gli sgomberi nei campi, perfino in quelli attrezzati del Comune, con modalità analoghe a quelle praticate da Rutelli nell’anno del Giubileo, per le quali l’Italia incassò una sonora condanna dalla Corte dei Diritti Umani di Strasburgo. E adesso la morte in carcere di un ragazzo presentato come "rapinatore rumeno affetto da "disturbi psichiatrici"" e seppellito in fretta e furia.

Giustizia: Mastella; no all'amnistia per i reati di terrorismo

 

Reuters, 29 marzo 2007

 

Il ministro della Giustizia Clemente Mastella ha escluso oggi la possibilità di amnistia per i militanti della lotta armata detenuti o latitanti e ha detto che sono 113 gli italiani ricercati in campo internazionale per reati legati al terrorismo. "Non ritengo personalmente che possa essere adottato un provvedimento di amnistia che cancelli con un colpo di spugna crimini terribili, del resto sempre esclusi nel passato da provvedimenti di clemenza", ha affermato Mastella in aula alla Camera dei deputati rispondendo a un’interrogazione parlamentare.

"All’ordine del giorno del governo non è mai stata inserita la proposta di presentare in Parlamento un provvedimento di amnistia. Ribadisco: non si può invocare un provvedimento del genere assumendo che si è trattato di atti compiuti a causa di errori politici, in una stagione, che io ho vissuto, di violenti scontri ideologici", ha detto il Guardasigilli, riferendosi alle dichiarazioni di alcuni deputati della sinistra radicale che, dopo l’arresto in Brasile del latitante Cesare Battisti, hanno sollecitato un’amnistia per i reati compiuti durante i cosiddetti "anni di piombo".

"Fare un’affermazione del genere significa negare una delle basi essenziali alla convivenza civile e della stessa applicazione del diritto - ha detto il ministro - cioè la responsabilità individuale di ciascuno delle proprie condotte e giustificare a posteriori quello che per Battisti fu indifferenza e disprezzo per la vita umana e ferocia sanguinaria".

"I cittadini italiani non perdonerebbero al mondo politico la scelta del semplice oblio a buon prezzo; non comprenderebbero giustamente perché chi ha ucciso inermi padri di famiglia debba essere privilegiato rispetto a chi sconta la pena per analoghi atti".

 

Terrorismo: 113 gli italiani ricercati all’estero

 

Rispondendo a un’altra interrogazione a Montecitorio sulle persone ricercate in ambito internazionale per reati cosiddetti politici, Mastella ha citato dati del Viminale spiegando che "attualmente risultano ricercati in campo internazionale per atti di associazione terroristica, banda armata o associazione sovversiva 113 soggetti, di cui 59 appartenenti a gruppi terroristici considerati di estrema sinistra, 11 a gruppi considerati di estrema destra e 43 a gruppi terroristici internazionali".

Sul caso Battisti - l’ex militante del Proletari Armati per il comunismo arrestato alcuni giorni fa in Brasile, dove era fuggito dalla Francia, dopo che Parigi aveva accettato la richiesta di estradizione dell’Italia - il ministro ha detto che il 20 marzo scorso ha avuto un colloquio telefonico col suo omologo brasiliano per sottolineare l’importanza del caso. Mastella ha anche spiegato di aver inviato nel paese sudamericano un funzionario del ministero "in vista della prossima domanda di estradizione".

Giustizia: lettera "pentito", sono stanco di essere "gestito"

 

www.giustizia.info, 29 marzo 2007

 

Ricevo qui a Roma una lettera con questo indirizzo: "Avvocato Giustizia Giusta - Piazza Bainsizza…".

Bene: è segno che quanto stiamo facendo ed abbiamo intenzione di fare è noto al portalettere più di quanto non lo sia a chi, ove lo sapesse, dovrebbe porsi una buona volta la questione del dover darci una mano.

È il segno che una sigla, un nome, il lavoro di mesi e le esperienze e le prove di anni arrivano lontano e, seppure confusamente, significano per molti quello che vorremmo potessero significare per tutti. È la lettera scritta con il classico stampatello in uso tra i detenuti, che ci scrive un semianalfabeta, che si definisce un relitto umano.

Confusamente traccia quelle che sembrano le linee di una storia contorta e contraddittoria: quella di un pentito che ha "collaborato" con dei magistrati che, lo "hanno gestito" (termine che non è espressione dell’approssimazione del suo limitato linguaggio: lo usano molti Procuratori e Giudici) "solo che loro stessi i magistrati si sono stancati di gestirmi e io stesso gli ho detto ora basta mi sono solo sentito gestito (qui il termine assume un significato diverso, preciso, terribile) come un relitto umano". È stato scarcerato alcuni mesi fa: "o lasciato tutto e mi sono rientrato al mio paese per poter essere ucciso dalla stessa organizzazione che mi anno cestito e farmi autoaccusare".

Dopo qualche mese è stato di nuovo arrestato. L’organizzazione fortunatamente non lo ha ucciso, né quanti da lui, evidentemente, sono stati accusati mentre si autoaccusava, hanno, a quanto ho potuto apprendere con una telefonata ad un famigliare indicatomi con la lettera, usato contro di lui armi legali, denunziandolo per calunnia.

Ora, a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro, si ritrova sulle spalle due processi: l’uno con altre diecine e diecine di coimputati dell’organizzazione di cui ha fatto parte, per il 416 bis ed altri reati non lievi ma nemmeno, per fortuna, di estrema gravità, quali omicidi, un processo coi fiocchi, con tanto di "nome d’arte". L’altro, per calunnia, a seguito di denunzie di alcuni coimputati del primo.

Non ci sogniamo nemmeno un giudizio morale su questa persona. Non cambiano le nostre opinioni su certi comportamenti. Il giudizio su un sistema processuale e su un apparato giudiziario che si vale di certi mezzi e promuove certe scelte di colpevoli ed, addirittura, impone certe vie di uscita a chi, magari, è innocente, non fa venir meno, a nostro avviso, la responsabilità di chi malamente usufruisce di questo tipo di trattamenti premiali. Ma non riteniamo di poterci voltare da un’altra parte di fronte alla debolezza, alla tragedia che è insita anche nelle scelte più abiette.

Se non altro perché chi, eventualmente abbia senza nulla rischiare, indotto, scientemente taluno a trovare salvezza e benefici provocando la rovina immeritata di altri, è, comparativamente ancor più censurabile. Quanto sembra doversi ricavare da quella lettera e dalle informazioni ricevute con una telefonata, che ad essa ha fatto seguito, è sconvolgente. Sconvolgente per l’abisso di indifferenza e di cinismo che sembra circondi questo disgraziato, dopo l’abisso di indifferenza che probabilmente circondò le disgrazie di quanti furono oggetto di più o meno vere o mendaci dichiarazioni quando era "gestito" secondo le più sperimentate prassi del pentitismo.

Non so che cosa quest’uomo possa attendersi da Giustizia Giusta. Se quel tanto di giustizia, cui tutti, pentiti ed ex pentiti compresi, hanno certamente diritto, avendone bisogno, mi dispiacerà assai che, per forza di cose, dovrà rimanere deluso anche nei nostri confronti. E mi dispiacerà assai di non poter mai sapere quante verità sono nascoste anche in questa vicenda di un pentito di secondo ordine, liquidato, si direbbe, "per scarso rendimento" o per "incompatibilità di carattere" con chi lo "gestiva". Cercherò di saperne di più, rassegnato a doverne sapere, in ogni caso, assai meno di quel che vorrei e di quanto sarebbe bene che tutti potessero sapere. Anche questo è nel conto di una giustizia "pentito-centrica".

Giustizia: Palermo; dibattito sulla legalità con gli studenti

 

Redattore Sociale, 29 marzo 2007

 

Incontro al carcere Pagliarelli di Palermo: fra i presenti i ragazzi di Addiopizzo. Scopo dell’incontro è stato quello di capire se è possibile armonizzare tutti i settori della società civile per la costruzione della legalità.

Studenti, dirigenti scolastici, rappresentanti dell’amministrazione penitenziaria e giornalisti, insieme per parlare di "Legalità senza frontiere nelle scuole... nelle carceri… nelle città". L’incontro si è svolto presso il carcere Pagliarelli di Palermo. L’iniziativa può considerarsi una tappa del percorso che punta ad avvicinare il mondo delle scuole alla realtà carceraria.

Lo scopo dell’incontro è stato quello di chiedersi se è possibile armonizzare tutti i settori della società civile (insegnanti, cittadini e istituzioni) per una costruzione della legalità che ci faccia uscire dai soliti compartimenti stagno. Ad introdurre e moderare il dibattito è stato il condirettore del Giornale di Sicilia Giovanni Pepi che ha chiesto ai ragazzi quanto ritenessero conveniente vivere nella legalità. Davanti una platea fatta di ottanta studenti delle tre scuole siciliane, ha parlato anche Marina Castellesi di Addiopizzo.

"Abbiamo cercato di portare ai ragazzi la nostra esperienza che, oltre ad avere come obiettivo quello di sconfiggere il pizzo, punta a sensibilizzare nelle scuole un concetto di legalità più ampio nel segno di un cambiamento globale. Cerchiamo con l’aiuto degli insegnanti di fornire degli strumenti conoscitivi che possano spingere i giovani ad avere piena consapevolezza e nello stesso tempo necessità delle regole. Vorremmo far capire loro che vivere dentro le regole conviene. Questi incontri sono davvero da tenere in considerazione se vogliamo armonizzare tutti i settori della società civile in vista di un obiettivo comune. A tale proposito mi sarebbe piaciuto, in questo incontro, se avessero avuto più spazio i ragazzi e se ci fosse stato qualche detenuto presente", ha detto Marina.

Fra le scuole presenti, gli studenti del liceo classico Ugdulena di Termini Imerese, del liceo scientifico Benedetto Croce, dell’istituto tecnico commerciale Pio La Torre di Palermo. Due giovani rappresentanti del liceo di Termini Imerese hanno parlato, invece, della loro esperienza durante la loro visita in un carcere siciliano.

Oltre ai rappresentanti del comitato Addiopizzo, sono intervenuti il sottosegretario del ministero della Pubblica Istruzione Letizia De Torre, Orazio Faramo, provveditore regionale per la Sicilia dell’amministrazione penitenziaria, Guido Di Stefano, direttore generale dell’Ufficio Scolastico regionale per la Sicilia, Laura Brancato, direttrice della casa circondariale Pagliarelli, Giovanni Pepi, condirettore del Giornale di Sicilia.

La campagna di Addiopizzo per il consumo critico è riuscita a coinvolgere finora 86 scuole di ogni ordine e grado di Palermo. In queste scuole i rappresentanti di Addiopizzo hanno presentato ai giovani la loro associazione e le finalità che intende perseguire; questi studenti hanno iniziato un percorso sulla legalità che stanno continuando con gli insegnanti e che si concluderà con la presentazione di alcuni lavori per la giornata Pizzo Free del 5 Maggio Prossimo. Fra le iniziative, gli studenti di 40 scuole di Palermo si sono impegnati a proporre ai commercianti vicini ai loro istituti un questionario, redatto da Addiopizzo, che intende svolgere un’indagine conoscitiva su quanto i negozianti siano disposti ad arginare il fenomeno mafioso. Il questionario verrà raccolto in forma anonima.

Bologna: incontro tra gli operatori sociali e gli studenti

 

Equal Pegaso, 29 marzo 2007

 

Il Laboratorio locale di comunicazione di Bologna promuove al Liceo Sabin un incontro fra gli studenti e gli attori istituzionali attivi nell’ambito dei diritti dei detenuti e della lotta alla marginalità sociale (Bologna, 30 marzo 2007).

Stage formativo per gli studenti del liceo scientifico A. B. Sabin di Bologna. Secondo ciclo: esecuzione penale, diritti, lotta alla marginalità sociale. 30 marzo, 8-13, Aula Magna del liceo Sabin. Si arricchisce l’esperienza del Laboratorio locale di comunicazione di Bologna gestito dall’associazione Nuovamente nell’ambito del progetto EqualPegaso. Il percorso del laboratorio, avviato nelle settimane scorse da uno stage di formazione e orientamento destinato a 60 studenti dell’indirizzo di scienze sociali del liceo scientifico A. B. Sabin di Bologna, prosegue il 30 marzo prossimo, dalle 8 alle 13, presso l’aula magna dello stesso istituto.

I ragazzi parteciperanno a una densa giornata di interventi dedicati al tema dell’esecuzione penale nei suoi diversi aspetti, dalla detenzione carceraria ai percorsi di educazione e trattamento vigenti negli istituti penitenziari, dalle misure alternative alla detenzione alle politiche locali volte alla lotta alla marginalità sociale che colpisce con particolare intensità, fra gli altri, i cittadini che dopo un periodo di limitazione della libertà sono reimmessi nel circuito sociale.

Le lezioni saranno tenute dal direttore della casa circondariale di Bologna Manuela Ceresani, dal direttore di settore dell’Ufficio del trattamento intramurale - Settore trattamentale del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione penitenziaria Anna Cilento (8.15-10), dal Vicesindaco del Comune di Bologna con delega all’area dei Servizi sociali Adriana Scaramuzzino (10-11), dal Garante per i diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Bologna Desi Bruno (11.15-12), dal Magistrato del Tribunale di sorveglianza di Bologna Riccardo Rossi (12-13). Il profilo dei relatori rende evidente l’alto livello scientifico della giornata, che si configura come un vero e proprio momento seminariale integrato con pochi precedenti in città.

L’accento sarà posto, in particolare, sulla questione dei diritti quale tema chiave della civiltà giuridica nella sua specifica declinazione nel mondo dell’esecuzione penale diritti umani, diritti di cittadinanza, diritti sociali - e sul lavoro come strumento di reintegrazione sociale dei detenuti. Questo terzo appuntamento del Laboratorio locale di comunicazione (ricordiamo i primi due: la prima fase dello stage per gli studenti del Sabin, 26 febbraio-2 marzo, e le lezioni sui diritti della persona tenute presso la casa circondariale della Dozza, 2-22 marzo) è stato pianificato dall’associazione Nuovamente e dall’Agenzia di comunicazione Equal Pegaso in seguito al forte impatto delle tematiche affrontate sugli studenti che hanno partecipato allo stage - impatto dimostrato fra l’altro dai resoconti che i ragazzi hanno composto. La soddisfazione espressa dai rappresentanti istituzionali che hanno tenuto le lezioni del primo ciclo ha inoltre reso evidente la necessità di instaurare un dialogo più diretto fra gli attori istituzionalmente investiti di responsabilità nei settori dell’esecuzione penale e della lotta alla marginalità sociale e gli studenti degli istituti superiori, in particolare quelli che, frequentando i corsi dell’indirizzo di scienze sociali, dedicano una parte rilevante dell’impegno di studio alle tematiche in oggetto.

La giornata del 30 marzo sarà oggetto, da parte degli studenti, di un dettagliato resoconto che costituirà la prosecuzione del lavoro di analisi e descrizione già avviato da loro in seguito al primo ciclo dello stage. Chi è interessato a ricevere il materiale prodotto dagli studenti può richiederlo all’Agenzia di comunicazione sociale Equal Pegaso telefonando al numero 051.6494179 o inviando una mail all’indirizzo dell’Agenzia di Comunicazione.

Genova: quando il calcio serve per avvicinare detenuti e agenti

 

Secolo XIX, 29 marzo 2007

 

Una volta tanto il calcio è segno di integrazione, di solidarietà, di comunicazione. Due i segnali. Ieri in Fiera, all’interno di Primavera 2007, si sono sfidati, sul campo di calcetto, in un quadrangolare detenuti, guardie carcerarie, Equal Sport Team e una squadra mista composta da rappresentanti del Comune e della Provincia di Genova: un evento fortemente voluto e condiviso dalla direzione del carcere di Marassi e dall’amministrazione penitenziaria. Sette a sei ai calci di rigore: ha vinto la polizia penitenziaria, dopo una partita sofferta.

La seconda iniziativa ha un titolo eloquente "Il pallone non è solo rotondo" ed è stata presentata ieri da assessorati di Tursi, ministeri ed enti vari. Atleti nazionali stranieri insieme a mediatori culturali e giornalisti entreranno nelle scuole genovesi e realizzeranno numerose iniziative: il progetto, volto a favorire i processi di integrazione sociale delle "seconde generazioni" di stranieri in Italia vedrà trenta appuntamenti con trenta campioni di origine straniera che hanno indossato la maglia nazionale azzurra.

Gli incontri, che si terranno tra aprile e novembre di quest’anno, saranno sostenuti da una serie di testimonial dai volti e dai nomi noti, da Arcari a Bollesan a Fiona May e ancora Magdelin Martinez e Andrew Howe. Kaba Fantoni e Zahra Bani, testimonial degli azzurri di atletica leggera, saranno presenti sabato al convegno nazionale che si terrà al Teatro della Gioventù dal titolo "Per la legge stranieri ma di fatto italiani: seconde generazioni fra integrazione ed esclusione", rivolto ai docenti, alle federazioni sportive, ai docenti. Calendario fitto di appuntamenti nelle prossime settimane: a maggio ci sarà la Festa dello Sport a Porto Antico, a giugno al Palasport la Festa della Scuola.

Nella provincia di Genova l’incidenza della popolazione scolastica non italiana è del 11,6 per cento negli istituti professionali, mentre nelle altre scuole superiori non si supera per ora il 4,3%. Ha commentato l’assessore Sassano: "Nella scuola genovese si parlano circa 100 lingue, difficoltà ma anche ricchezze infinite. Tutti i percorsi di integrazione dove le culture possano integrarsi e arricchirsi, come nel mondo dello sport, sono opportuni e vanno sostenuti. Anche su esempio di altri paesi, il rapporto tra scuola e sport andrebbe rinforzato".

Roma: protocollo Garante dei detenuti - Assessore ai Trasporti

 

Comunicato stampa, 29 marzo 2007

 

L’assessore provinciale alla Mobilità e ai Trasporti, Michele Civita, il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio, Angiolo Marroni, il direttore della Casa Circondariale di Civitavecchia, Giuseppe Tressanti e il presidente del consorzio "Lavoro & Libertà", Mauro Pellegrini, hanno siglato questa mattina il protocollo d’intesa per l’avvio di nuove attività sociali e formative finalizzate al reinserimento dei detenuti.

I detenuti del carcere di Civitavecchia si occuperanno di informatizzare le oltre ventimila schede che compongono l’archivio dell’Albo dell’autotrasporto della Provincia di Roma.

In particolare, il protocollo d’intesa prevede la trasformazione in supporto informatico, all’interno del carcere di Civitavecchia, di oltre 20mila fascicoli cartacei che riguardano rilasci e rinnovi di permessi e licenze per il trasporto sia in conto proprio che in conto terzi.

"Questo accordo permetterà all’Amministrazione provinciale di migliorare la gestione dell’Albo dell’autotrasporto - ha spiegato l’assessore Michele Civita - e consentirà ai detenuti di acquisire una formazione importate in previsione di un futuro inserimento nel mondo del lavoro".

Nei prossimi giorni il Consorzio "Lavoro & Libertà", che ha materialmente avuto la commessa dalla Provincia di Roma, inizierà la formazione dei detenuti coinvolti nel progetto che saranno retribuiti per il loro lavoro. La formazione riguarderà, in particolare, l’uso di computer, scanner e programmi software, in modo da far acquisire ai detenuti la preparazione indispensabile per portare a termine il lavoro. Il Garante dei detenuti si occuperà del coordinamento del progetto, della definizione degli aspetti operativi e del rispetto dei diritti dei detenuti.

"Giudico importante che la Provincia di Roma abbia affidato ai detenuti del carcere di Civitavecchia un compito così delicato - ha detto il Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti Angiolo Marroni - La loro responsabilizzazione, il farli sentire parte integrante di un mondo, è uno dei capisaldi del percorso che riporterà queste persone a pieno titolo nella società. Inoltre, la partecipazione al progetto è un’opportunità di formazione per i detenuti che, imparando ad usare il computer, avranno un’opportunità in più in vista del loro approdo sul mercato del lavoro".

Genova: Sappe; le caserme della Liguria sono invivibili

 

Comunicato Sappe, 29 marzo 2007

 

È semplicemente paradossale quanto avviene in Liguria e nel carcere di Pontedecimo in particolare. Con tutte le problematiche che ci sono - carenze di organico di Polizia Penitenziaria su tutte, ma anche una popolazione detenuta che continua ad aumentare dopo gli effetti svuota carceri dell’indulto - i dirigenti penitenziari liguri sembrano avere un solo problema: quello di far pagare la Caserma agli Agenti che vi sopravvivono, decisione che non spetta affatto a loro ma al Dipartimento centrale dell’Amministrazione Penitenziaria! E la beffa è aggravata dal fatto che sembrano non rendersi conto in quali condizioni sono le nostre Caserme, in particolare a Pontedecimo dove spesso non c’è acqua e riscaldamento".

La denuncia è di Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto del Sindacato autonomo di Polizia Penitenziaria SAPPE, il più rappresentativo della Polizia Penitenziaria con oltre 12mila iscritti, 600 dei quali in servizio nelle carceri liguri, che da notizia di avere inviato questa mattina al Ministro della Giustizia Mastella e al Capo dell’Amministrazione Penitenziaria Ferrara una nota di protesta sull’iniziativa del Direttore di Pontedecimo Comparone.

"È davvero singolare quanto sta accadendo nel penitenziario genovese di Pontedecimo" spiega Martinelli. "Il Personale di Polizia Penitenziaria che fruisce della Caserma Agenti è stato formalmente invitato dal Direttore dell’Istituto a sottoscrivere una dichiarazione dalla quale emerge che è tenuto al pagamento dell’onere per l’uso dell’alloggio di servizio in attesa delle determinazioni del Dipartimento.

Tutto questo per una disposizione del Provveditorato Regionale della Liguria. Ma il bello è che entrambi non hanno nessuna competenza su questa materia, che la Legge prevede espressamente ed esclusivamente in capo al Direttore Generale delle Risorse materiali, dei beni e dei servizi (il genovese Enrico Ragosa). E a tutt’oggi la sua Direzione Generale non ha emanato nessuna disposizione in merito.

Quale senso hanno, allora, in questo momento, la nota del Direttore della Casa Circondariale di Pontedecimo e quella del Provveditorato Regionale della Liguria sull’argomento, se non suscitare amarezza e sgomento tra il Personale di Polizia Penitenziaria in servizio in Liguria ed a Pontedecimo in particolare, ove lavora palesemente sotto organico e con mille difficoltà quotidiane?Qual è la ratio di tale formalità, che appare una beffa tanto più se si considera che la Caserma di Pontedecimo non solo non è conforme ai requisiti previsti dall’Accordo Quadro Nazionale del Personale di Polizia Penitenziaria e spesso è priva di acqua e riscaldamento?"

Il Sappe, nella sua nota, ha chiesto al Ministro Mastella ed al Capo del Dap Ferrara di "rammentare formalmente al Direttore della Casa Circondariale di Pontedecimo e al Provveditore Regionale della Liguria che le competenze in relazione all’uso delle unità abitative ad uso temporaneo da destinare al Personale sono di esclusiva competenza del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria significando altresì che il loro agire ha determinato amarezza e disaffezione tra coloro che quotidianamente, in prima linea, spesso dimenticati e poco rispettati, rappresentano l’Istituzione penitenziaria: le donne e gli uomini del Corpo!"

Avezzano: enti locali chiedono la ristrutturazione del carcere

 

Il Tempo, 29 marzo 2007

 

La città di Avezzano e il comprensorio della Marsica non possono e non vogliono rinunciare a un’importante struttura qual è il carcere "San Nicola". Il sindaco Antonello Floris, dopo numerosi summit a Roma, era sceso di nuovo in campo nelle scorse settimane per chiedere con una lettera garanzie su tempi e modalità di avvio degli attesi lavori di ristrutturazione della casa circondariale, chiusa da mesi.

Ora dai preposti uffici comunali giunge la notizia che "in data 27 marzo il direttore generale del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia ha dato risposta alla lettera che il sindaco Floris gli ha inoltrato in data 28 febbraio. Nella stessa - prosegue il Comune - si rende noto che, per quanto concerne i lavori di ristrutturazione e messa a norma del carcere di Avezzano, essi sono stati finanziati nell’esercizio 2006.

Tenuto conto che l’Ufficio tecnico della Direzione generale del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria sta redigendo il progetto esecutivo degli interventi, si prevede che la gara d’appalto per l’affidamento dei lavori possa avvenire entro il mese di giugno 2007.

L’amministrazione comunale - informa ancora la nota - seguirà attentamente la vicenda in quanto il comprensorio di Avezzano, da un punto di vista giudiziario, risulta essere il terzo d’Abruzzo e la struttura del carcere è strettamente funzionale e confacente alla mole di lavoro che si svolge nell’ambito marsicano". L’auspicio generale adesso è che, espletato l’iter previsto, i necessari lavori vengano avviati al più presto, in modo che il carcere "San Nicola" di Avezzano adeguatamente ristrutturato possa tornare funzionante nel minor tempo possibile.

Livorno: giocatori di due squadre di calcio incontrano detenuti

 

Ansa, 29 marzo 2007

 

Fiorentina e Livorno, Frey e Toni da una parte, insieme al responsabile dell’area tecnica Pantaleo Corvino e all’amministratore delegato Sandro Mencucci; Lucarelli e Amelia dall’altra, accompagnati dal direttore sportivo Elio Signorelli, insieme per assistere, al teatro del carcere di Livorno "Le Sughere", allo spettacolo realizzato e messo in scena da alcuni detenuti. E per mantenere una promessa fatta da Corvino a un detenuto che è stato un suo giocatore. Domani, alle 15.30, i giocatori e i dirigenti delle due squadre toscane assisteranno alla rappresentazione del testo elaborato da tre detenuti, Fulvio Rizzo, che ne ha curato anche la regia, Giuseppe Calabrò e Paolo Genovese e incentrato sulle convinzioni personali dei detenuti, sul loro rapporto con la direzione e sulla società che li attende all’uscita.

Con questo gesto Corvino mantiene una promessa fatta alla fine dello scorso anno, quando disse di voler portare in carcere a Livorno i "suoi" bomber Toni e Lucarelli (che venne rilanciato dal ds a Lecce) per fare un regalo proprio a Fulvio un suo ex ragazzo, che deve finire di scontare una pena a 28 anni di reclusione per una condanna per associazione a delinquere di stampo mafioso e tentato omicidio. Fulvio ha 39 anni e da 13 è in carcere.

"È stato il primo ragazzo che ho seguito e lo porto nel cuore. L’ho avuto con me - racconta Corvino - nella Gioventù Vernole, una squadra dilettantistica del leccese. Aveva 11 anni ed è rimasto con me fino a 15. Era un attaccante molto bravo, con un sinistro micidiale. Voleva fare il calciatore professionista per aiutare economicamente la madre, ma non ritenni che ce l’ avrebbe fatta e glielo dissi.

So che fu per lui una delusione enorme, ma seguì i miei consigli di concentrarsi sullo studio. Alcuni anni più tardi però finì in un brutto giro che l’ ha condotto in carcere. Da allora siamo sempre in contatto. Fulvio è il mio primo tifoso ed io tifo per lui, in prigione si è anche diplomato e sta studiando sociologia. Sono certo, riuscirà a rifarsi una vita e io lo aiuterò". Lo spettacolo sarà interpretato da 14 elementi del laboratorio teatrale del carcere. L’iniziativa è stata realizzata con la collaborazione della direzione del carcere, del Comune, dell’Arcisolidarietà e della Caritas di Livorno.

Povertà: i senza fissa dimora, vittime di indifferenza e silenzio

 

Redattore Sociale, 29 marzo 2007

 

La Fio.psd onlus venerdì prossimo a Brescia rinnoverà le sue cariche sociali. Il nuovo presidente e i consiglieri avranno il compito di spingere le istituzioni a tutelare la dignità degli ultimi. Dopo l’assemblea si terrà un dibattito.

La Federazione italiana Organismi persone senza dimora - Fio.psd Onlus - riunita a Brescia rinnoverà venerdì prossimo le proprie cariche sociali: il presidente e i consiglieri che nei prossimi tre anni guideranno l’associazione nel difficile compito di sollecitare in ambito politico e sociale una rinnovata attenzione al fenomeno dell’emarginazione grave adulta e delle persone senza dimora.

Il presidente uscente Pezzana fa un bilancio del mandato appena concluso: "Possiamo dire con soddisfazione e una punta di orgoglio che i nostri obiettivi prioritari sono stati ampiamente raggiunti. Il nuovo statuto, e in particolare la "Carta dei Valori" in esso contenuta, rappresentano la sintesi di un percorso di condivisione che è stato ampio e strutturato, che ha coinvolto tutte le componenti della federazione e le sue articolazioni, che ha permesso un dibattito, anche culturale, significativo. Approvato il nuovo statuto abbiamo ora a disposizione un documento che dà a Fio.psd un’identità precisa e forte e che, per la prima volta nella sua storia, ne esprime in maniera organica ma semplice i contenuti".

"Molto resta ancora da fare e questo è l’impegno che il futuro gruppo dirigenziale saprà svolgere nel rispetto dei valori che la Federazione ha condiviso e assunto all’unanimità nel corso del cammino verso il nuovo statuto recentemente approvato. È evidente come ancora ci sia da superare una logica residuale e marginale al problema delle povertà estreme; gli amministratori locali e il governo possono riuscire a contrastare il fenomeno partendo dal riconoscimento della azioni che numerosi soci svolgono sul territorio, ma anche aprendo tavoli di confronto a tutti i livelli nei quali l’esperienza e la conoscenza del problema possano emergere - aggiunge Pezzana -.

Ciò non toglie che occorra insistere e presidiare con professionalità e competenza tutti i luoghi istituzionali e culturali perché gli ultimi siano tutelati nella loro dignità e non restino vittime oltre che di una mancanza di politiche specifiche, anche di un silenzio e una indifferenza assai diffusa. In tutto questo il volontariato ha e dovrà avere un ruolo fondamentale, ma guai se si dovesse pensare che la grave emarginazione sia un problema di competenza dei soli volontari". Alle 17 di venerdì, conclusa l’assemblea, la Cooperativa La Rete di Brescia organizza in Via Luzzago 1c, con la partecipazione degli altri soci del territorio e di esperti Fio.psd e Feantsa un seminario di riflessione aperto alla cittadinanza e a chiunque ne abbia interesse, dal titolo "Promuovere l’inclusione. Reti e servizi per costruire legami sociali".

Con questa iniziativa, la cooperativa "La Rete" intende offrire una prima occasione di Riflessione - ne seguiranno altre nel mese di maggio - a quanti quotidianamente sono impegnati all’interno di servizi o organizzazioni con l’obiettivo di promuovere benessere sociale. Si parlerà del senso del lavoro sociale;di come la costruzione di reti e l’organizzazione di servizi racconti che tipo di società e di benessere immaginiamo e vogliamo contribuire a costruire per noi e per gli altri; di diritti d cittadinanza, beni comuni, giustizia sociale, e come questo venga tradotto e coniugato in pratiche organizzative e di lavoro. L’incontro sarà introdotto da Paolo Pezzana Presidente della FIOps (Federazione Italiana Organismi persone senza dimora); operatore della "Fondazione Auxilium Genova"; Stefano Galliani, membro del Comitato esecutivo di Feantsa (Federazione Europea Organismi persone senza dimora) e operatore del "Nuovo Albergo Popolare Bergamo". Ci sarà poi lo spazio per il dibattito.

Droghe: Ferrero; mai proposto legalizzazione o liberalizzazione

 

Notiziario Aduc, 29 marzo 2007

 

"Nessuno in questo Governo ha mai proposto di liberalizzare o legalizzare le droghe. Così come nessuno sta sabotando l’attuazione di una legge che viene attuata e per le parti significative viene attuata dalle forze di polizia". Lo ha ribadito ieri il ministro per la Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero, nel corso del Question time rispondendo ad una interrogazione del parlamentare di An, Maurizio Gasparri.

"Il Governo non ha ancora predisposto un disegno di legge in materia di modifica della normativa perché stiamo costruendo un percorso partecipato". Per far questo, ha ricordato il ministro, io stesso ho fatto delle audizioni "con le competenti commissioni parlamentari, riunioni interministeriali con tutti i ministri interessati all’argomento ed è di oggi la riunione della Consulta per le tossicodipendenze che si è riunita per discutere esattamente degli indirizzi sulla legge. Stiamo quindi ancora in una fase di costruzione degli indirizzi".

"Nello specifico la modifica legislativa si rende necessaria perché siamo di fronte ad un continuo aumento di consumo di sostanze con effetti psicotropi sulle persone, sostanze sia illegali che legali come l’alcol, che - ha ricordato - è la principale causa di morte nel nostro paese dal punto di vista delle sostanze che alterano la percezione".

"L’ipotesi su cui lavoriamo - ha spiegato ancora Ferrero - si basa sulla centralità della prevenzione. Una prevenzione che deve ritrovare vigore in quanto il governo precedente non ha mai fatto il piano di azione richiesto in sede europea, unico paese ad essere inadempiente insieme a Malta per il piano d’azione 2005-2008".

Ferrero ha quindi annunciato di stare "lavorando a predisporre questo piano di azione sulla prevenzione che noi riteniamo essere un punto centrale. Legato a questa centralità della prevenzione vi è la assoluta centralità della lotta al narcotraffico che costituisce l’elemento fondamentale".

Si pensa poi, ha concluso Ferrero, "al superamento degli elementi generalizzati delle sanzioni amministrative sui consumatori per rafforzare le sanzioni amministrative sui comportamenti pericolosi per gli altri, dalla guida in stato di alterazione e informazione alle famiglie per i minorenni che vengono colti in flagrante dal punto di vista del consumo di sostanze proibite".

Droghe: Veronesi; depenalizzare il consumo di stupefacenti

 

Notiziario Aduc, 29 marzo 2007

 

Depenalizzare il più possibile i consumatori di sostanze stupefacenti, poiché il proibizionismo "non è la soluzione". Ne è convinto l’oncologo ed ex ministro della Salute Umberto Veronesi. Ai ministri impegnati in questi giorni nella messa a punto del nuovo decreto sulla droga - che annullerà le soglie previste dal precedente decreto Castelli -Berlusconi per le quantità massime di principio attivo delle sostanze detenibili senza incorrere nel reato di spaccio - l’esperto dà un consiglio: "Riflettete bene".

"La diatriba circa il mezzo grammo in più di sostanze per il consumo personale diventa quasi banale davanti al grande tema di come motivare i giovani alla vita". La via punitiva, secondo l’oncologo, "non è quella giusta: il consiglio ai legislatori - ha detto - è di studiare a fondo, non come liberalizzare bensì come depenalizzare il più possibile i consumatori, come hanno già fatto Olanda, Svezia, Germania e Svizzera". Chiara la posizione dell’esperto: "Io sono un antiproibizionista e penso che tutti siamo ferocemente contro le droghe, come siamo contro l’alcol e il fumo, ma sappiamo che il proibizionismo non è la soluzione. Quando si è provato a proibire l’alcol - ha proseguito - è stata una catastrofe e se proibissimo il fumo di sigaretta sarebbe un’altra catastrofe".

Il problema della droga, ha osservato Veronesi, "è un problema educativo e di motivazione dei giovani. Bisogna cioè cambiare il nostro modo di comportarci con i ragazzi e spingerli di più verso un tipo di vita che sia motivazionalmente soddisfacente, mentre gli adulti tendono ad adottare una linea più che altro punitiva verso di loro, quindi bisogna cambiare atteggiamento nei loro riguardi". Drogarsi, ha concluso l’oncologo, "per un giovane è una forma di protesta e di ribellione, di insofferenza, è un modo per dire io non accetto gli schemi e i valori della società di oggi. Dobbiamo riflettere".

Da Veronesi "solo argomentazioni teoriche". Così il Codacons in merito all’invito dell’oncologo a depenalizzare il consumo di sostanze stupefacenti. "Veronesi forse non sa che nel caso della cannabis mezzo grammo in più corrisponde a 20 spinelli in più, e non è poca cosa. Si può essere d’ accordo sulla necessità di trovare vie alternative alla repressione, prime fra tutte l’informazione e la prevenzione, ma non possiamo trovarci in nessun caso d’accordo con le altre sue argomentazioni teoriche prive di fondamento scientifico".

Le dosi massime di droga consentite per uso personale, conclude il Codacons, "devono essere stabilite dalla legge unicamente sulla base di principi sanitari, e mai politici".

Droghe: Ser.T e privato sociale, insieme per una nuova politica

 

Vita, 29 marzo 2007

 

Lettera aperta di Lucio Babolin (Cnca), Mimmo Battaglia (Fict) e Alfio Lucchini (Federserd). Nel 2007, dopo anni di totale disattenzione, ci sembra doveroso richiamare le politiche nazionali e regionali ad un diverso approccio ai fenomeni di addiction. La distanza della politica in questi anni si evidenzia con la mancata applicazione di accordi, decreti e leggi condivise, quali le intese Stato Regioni del 1999 sui modelli organizzativi (istituzione dei Dipartimenti delle Dipendenze e sviluppo dei servizi e comunità specialistiche) e sui modelli erogativi (dalla lettura dei fenomeni ai processi di accreditamenti) in gran parte delle Regioni italiane, con la drastica riduzione dei finanziamenti specifici.

La legge 45 è di fatto annullata nei principi e nei finanziamenti sia nei suoi indirizzi nazionali (ricordiamo le indicazioni sul 25% della legge) che nel nome di un selvaggio decentramento locale, che la rende sterile per produrre progettualità utili, sia per i ritardi applicativi di molte regioni che per la sua quasi totale sparizione nelle progettazioni della 328.

Persiste nei servizi il blocco delle assunzioni e l’impoverimento delle forze umane in campo (nei servizi siamo ormai al 50 % degli organici previsti); si evidenzia la mancanza di percorsi formativi specifici per i vari profili professionali; permane l’assenza di percorsi clinici e sociali di vera continuità terapeutica fondamentali per il funzionamento del sistema di intervento; le rette per i percorsi riabilitativi comunitari appaiono ridicole in molte regioni (in alcuni casi ferme da 10 anni); gli orientamenti solo economicisti nei processi di aziendalizzazione in sanità schiacciano i principi essenziali del lavoro di equipe, la pluri-disciplinarietà e l’integrazione.

La sofferenza del sistema di intervento è giunta ad un punto molto critico: centrale è richiamare la politica alle sue responsabilità sul tema delle risorse, senza per questo sottovalutare la rilevanza e l’urgenza di una attenzione ai diritti cioè agli aspetti normativi generali, alla gravità degli aspetti penali e amministrativi che la politica sembra privilegiare in questo momento.

Le organizzazioni scriventi sono pienamente impegnate nel dibattito e nella elaborazione politico legislativa, ma richiamiamo la necessità di una azione a 360 gradi del legislatore. I diritti senza risorse che ne consentano l’esercizio, rischiano di essere inesigibili.

La politica sulla droga deve essere un impegno prioritario sia dello Stato che delle articolazioni dei poteri degli Enti Locali e delle Regioni. Il nostro impegno è orientato dalla necessità di recuperare un reale coordinamento nazionale per le politiche sulla droga come momento di elaborazione, coordinamento, interscambio progettuale e di linee di azione tra lo Stato, le Regioni, i professionisti del settore.

La Conferenza Stato Regioni deve misurarsi fattivamente sul tema, per garantire ai cittadini livelli essenziali di assistenza sanitari e sociali, veri e non burocratici. Necessita un Piano nazionale di azione sulla droga che riparta dalla legislazione del 1999 e la aggiorni, considerando l’obiettivo di dedicare al settore almeno l’1,5% del fondo sanitario nazionale, in media con gli indirizzi europei.

Da quasi trent’anni è in corso in Italia l’attuazione, faticosa ma importante e riconosciuta in tutta Europa, di un modello con i Servizi Pubblici, i Ser.T. (550 nel Paese) che svolgono le funzioni di accoglienza, osservazione diagnosi e terapia, e le Comunità Terapeutiche ed i Servizi Intermedi Territoriali (oltre 1.500 sedi ) che intervengono nelle fasi riabilitativo trattamentali. Importante è il ruolo delle strutture del sistema di intervento in ambito preventivo e di riduzione dei rischi. 200.000 persone si rivolgono a queste strutture ogni anno. Una realtà che permea le metodologie operative e i riferimenti evolutivi di chi vuole occuparsi di persone con problematiche di abuso e dipendenza da sostanze o con comportamenti additivi.

A questo modello di integrazione che è nato dalla pratica e dalla riflessione di molti professionisti dei servizi e delle comunità, facciamo riferimento quando parliamo di "alta integrazione pubblico - privato" che privilegia i bisogni di cura e di assistenza delle persone e poi definisce i modelli organizzativi utili.

Non si vuole qui soffermarsi sulle caratteristiche dei nostri utenti e sui cambiamenti dei fenomeni di consumo, abuso e dipendenza: chi opera tutti i giorni con le persone e le loro storie, incontra queste differenze, le ascolta e le accompagna , e preferisce urgentemente ragionare sul come intervenire.

Le organizzazioni rappresentate nel Tavolo di Alta Integrazione accanto ai compiti dello sviluppo della professionalità e dell’intervento diffuso di settore, si pongono necessariamente anche obiettivi di integrazione territoriale, di volontà di incidere sulla cultura, sugli stigmi ed i vissuti generali verso la tossicodipendenza, i consumatori, ma anche come costruire risposte alle nuove domande.

Affermano la necessità di sviluppare percorsi nuovi e condivisi nella comprensione dei fenomeni di consumo problematico e nell’intervento per gli stati di dipendenza, rivendicando una concreta partecipazione del sistema di intervento ai livelli centrali e decentrati nella ridefinizione del sistema delle regole e dei processi organizzativi.

Ribadiscono che il modello di Alta Integrazione per un intervento qualificato e flessibile sul territorio, a cui hanno aderito oltre il 90% delle realtà pubbliche e private accreditate ad intervenire nel settore in Italia, è l’unico che possa offrire riposte credibili ai cittadini e lo riaffermeranno anche nei percorsi riattivati verso la nuova Conferenza nazionale sulle droghe.

Partendo dal documento del giugno 2003 relativo al Dipartimento delle Dipendenze Cnca, Fict e Federserd svilupperanno anche un percorso di verifica della attuazione dei contenuti di quell’atto e di approfondimento dello stato del sistema dei servizi, negli aspetti organizzativi e finanziari, dei Ser.T. e delle Comunità Terapeutiche.

Le conclusioni di queste riflessioni saranno presentate e discusse a Roma il 26 giugno in una iniziativa del Tavolo di Alta Integrazione nella Giornata Mondiale sul fenomeno Droga a cui da subito invitiamo i politici, le istituzioni, gli operatori e le realtà interessate.

Droghe: provincia di Bolzano dice sì a cannabis terapeutica

 

Notiziario Aduc, 29 marzo 2007

 

Un compromesso nell’utilizzo e nel pagamento del farmaco "Sativex" è stato trovato dal Servizio sanitario in accordo con l’Assessorato provinciale alla Sanità. "Con questo compromesso viene risolto il problema a beneficio dei pazienti fino a quando il Parlamento non avrà regolamentato la questione", spiega l’assessore Richard Theiner.

"Sativex", il farmaco antidolorifico derivato dalla cannabis che viene prescritto ai pazienti affetti da sclerosi multipla, non è ancora ufficialmente ammesso in Italia, a differenza di altri Paesi. "Stiamo attendendo una legge nazionale che autorizzi i farmaci a base di cannabis. La proposta giace in Parlamento, spiega l’assessore Theiner, che anche in occasione dei suoi ultimi colloqui a Roma ha sollecitato il ministro per la Salute Livia Turco a fare quanto possibile per aiutare le persone interessate.

Nel frattempo il farmaco viene importato e può essere messo a disposizione gratuitamente dal Servizio sanitario pubblico solo durante la permanenza in ospedale o in day hospital. Ma poiché "Sativex" viene somministrato sottoforma di spray spruzzato sotto la lingua più volte al giorno, il paziente ne ha bisogno anche a casa e quindi attualmente è costretto a pagare di tasca propria la confezione utilizzata al di fuori delle strutture pubbliche.

Per uscire dal dilemma molte aziende sanitarie hanno trovato un modello di soluzione praticabile, d’intesa con il Ministero, che aiuta notevolmente i pazienti con sclerosi multipla: a loro favore viene anzitutto aperto un fascicolo clinico in regime di day hospital, per consentire l’avvio del primo trattamento medico. Il secondo passo consiste nell’assicurare ai pazienti, che restano sotto la costante osservazione del day hospital, la disponibilità del farmaco anche a casa. In tal modo la legge viene rispettata e i soggetti interessati non sono più costretti al pagamento di 480 € al mese per poter usufruire del "Sativex".

"In accordo con il direttore sanitario Oswald Mayr, con Pietro Paluselli del Servizio farmaceutico di Bolzano e con il primario di Neurologia Rudolf Schönhuber, responsabile del day hospital a Bolzano, vogliamo seguire questa strada anche in Alto Adige", conferma Theiner. "In tal modo possiamo aiutare i pazienti e allo stesso tempo rispettare l’attuale legge."

Stati Uniti: giustiziato 28enne, uccise quando aveva 18 anni

 

Peace Reporter, 29 marzo 2007

 

Vincent Gutierrez, 28enne statunitense condannato a morte per aver ucciso nel 1997 un uomo nel tentativo di rubargli l’automobile, è stato giustiziato la notte scorsa in Texas, con un’iniezione letale. Lo ha annunciato l’amministrazione penitenziaria dello Stato. Giustiziato nella prigione di Huntsville, è stato dichiarato morto alle 18.23 ora locale, 00.23 ora italiana. Prima di essere ucciso, si è detto "desolato" per l’accaduto, ha ringraziato coloro che lo hanno assistito durante la prigionia, precisando che quel sostegno morale lo ha "cambiato".

Quindi ha salutato la famiglia e ha pregato. All’esecuzione erano presenti i genitori e i fratelli. Quell’11 marzo 1997 Gutierrez aveva 18 anni. Assieme all’amico 17enne Randi Arroyo, a San Antonio, aggredirono il capitano dell’aeronautica Jose Cobo, per rubargli l’auto. Costretto a star seduto al volante con Arroyo a fianco e Gutierrez dietro, la vittima tentò di scappare e il giovane gli sparò alle spalle.

 

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