Rassegna stampa 26 maggio

 

Foggia: detenuto lituano di 24 anni si impicca in cella

 

www.teleradioerre.it, 26 maggio 2007

 

Si impicca dietro le sbarre. È accaduto ieri sera nella Casa circondariale di Foggia. A compiere il gesto estremo un ragazzo di appena 24 anni di origine lituana. L’uomo, condannato all’ergastolo, era detenuto dal 2004, quando si rese autore di un duplice omicidio, uccidendo a martellate due suoi connazionali nelle campagne di Torremaggiore. Sconcerto non soltanto tra i detenuti ma anche tra tutto il personale del carcere foggiano. Il 24enne è descritto come una persona molto tranquilla priva di qualsiasi forma di fragilità psichica. L’uomo si è tolto la vita utilizzando un laccio ricavato da una tuta. Ad accorgersi del fatto un compagno di cella che ha tentato di rianimarlo praticandogli un massaggio cardiaco. Il lituano è morto durante il tragitto in ospedale.

Napoli: un detenuto 63enne si suicida a Secondigliano

 

www.siciliaonline.it, 26 maggio 2007

 

Si è impiccato nel carcere di Secondigliano, in provincia di Napoli, l’ex capo della cosca mafiosa di Porto Empedocle Salvatore Grassonelli, 63 anni. L’uomo stava scontando la pena all’ergastolo che gli era stata inflitta dai giudici della Corte d’Assise di Agrigento perché ritenuto responsabile di numerosi omicidi. Secondo i primi accertamenti, si sarebbe tolto la vita impiccandosi con un lenzuolo. Salvatore Grassonelli divenne il capo della cosca dopo la morte del padre, Giuseppe, ucciso nella cosiddetta strage di Porto Empedocle del 21 settembre 1986 che costò la vita anche a Gigi Grassonelli (fratello di Salvatore), Giovanni Mallia, Antonio Morreale, Filippo Gebbia e Salvatore Tuttolomondo.

Giustizia: aumenta la propaganda, non il crimine

di Gennaro Santoro (Coordinatore campagna Prc - Antigone "Il carcere dopo l’indulto")

 

Liberazione, 26 maggio 2007

 

Sui giornali si parla sempre di sicurezza declamando dati che creano panico tra la gente e tacendone altri. Il dibattito sull’aumento dei reati predatori post indulto dimostra, ancora una volta, la scorrettezza delle Istituzioni e dei media rispetto un tema assai delicato. Si citano a sproposito il dossier 2006 sull’andamento dei delitti del ministero dell’Interno e il rapporto "Banche e Sicurezza 2007" dell’Osservatorio sulla sicurezza fisica dell’Associazione bancaria italiana sostenendo che l’indulto ha causato un forte aumento delle rapine.

Secondo un articolo de "La Stampa" dell’8 maggio, ad esempio, il Viminale afferma che "nel periodo agosto-ottobre 2006 si è registrato rispetto all’anno precedente un incremento di 1.952 rapine e di 28.830 furti". Che questo aumento sia (anche) effetto dell’indulto, viene confermato dal dato che fino al luglio scorso, e cioè prima dell’entrata in vigore del provvedimento di clemenza, "tali fenomeni presentavano una leggera flessione". Fin qui tutto bene, ma sia il Viminale che i media hanno trascurato altri elementi e altri dati che avrebbero potuto restituire ai cittadini un quadro più nitido sull’andamento dei delitti predatori nel nostro paese.

Cito testualmente quanto riportato dalla stessa introduzione del rapporto "Banche e Sicurezza 2007": "Rapine in banca in leggera crescita, ma a ritmo più lento rispetto agli anni passati. Nel corso del 2006, infatti, ne sono state compiute 2.774… con un lieve incremento dell’1,4% rispetto all’anno precedente. Un dato, questo, che conferma una tendenza al miglioramento, considerati gli aumenti ben più consistenti degli anni addietro: +1,9% nel 2005 e +10,5% nel 2004". Vieppiù.

Se passiamo all’analisi della serie storica 1995-2005 relativa all’andamento delle rapine, secondo i dati ufficiali del Viminale risulta che dal 1995 ad oggi si è avuta una crescita delle denunce (+55,6%) e che il tasso di rapine in Italia è in costante crescita. Se sulle rapine si tacciono gli aspetti che dimostrano palesemente come l’indulto abbia potuto influire solo marginalmente sull’aumento rilevato nel secondo semestre 2006, per quanto riguarda i dati sull’andamento degli omicidi e dei furti si riscontra che, sempre nel decennio 1995-2005, i primi sono diminuiti e i secondi restano costanti.

Eppure i media giurano che l’aumento degli immigrati clandestini ha causato un aumento dei crimini di maggior allarme sociale, dimenticando che una massa di carcerizzazioni dei migranti riguardano irregolarità del soggiorno (10mila nel solo 2005!). Un commentatore leale avrebbe - come minimo - dovuto imputare la crescita della popolazione carceraria, a tasso di crimini invariati, alle leggi criminogene relative all’immigrazione e agli stupefacenti, susseguitesi in questi anni.

Passando all’esecuzione delle pene, i cronisti dimenticano sempre che i detenuti per reati di mafia sono solo il 2,5% del totale e quelli per reati contro la pubblica amministrazione il 3,5%. Il resto è un arcipelago di micro-criminalità con uno "standard sociale" da far tremare i polsi (non ai media): il 64% ha un grado di istruzione tra analfabeta e licenza media inferiore, senza reddito e possibilità di pagarsi fior di avvocati per scampare il carcere. E ancora. Si enfatizzano i reati commessi durante l’esecuzione della pena all’esterno del carcere, dimenticando che la percentuale di recidivi tra coloro che beneficiano di misure alternative al carcere è di gran lunga inferiore rispetto a coloro che dopo la detenzione carceraria vengono liberati alla scadenza della pena (il 19% contro il 68%!). Si potrebbe dire allora che più resti in carcere più rischi di ricaderci.

A conti fatti - un detenuto in carcere costa 300 euro al giorno - un legislatore attento dovrebbe partire dai numeri (e non dalle ideologie o dalla propaganda) e spiegare alla gente che la sicurezza in generale è garantita dalla sicurezza sociale. E che il carcere, così come previsto dalla riforma del codice penale scritta dalla commissione Pisapia, è una "extrema ratio" di un sistema giuridico più efficiente, con maggiore velocità dei processi e soprattutto maggiori investimenti in politiche sociali di prevenzione e sicurezza dei diritti minimi di tutti.

Giustizia: Osapp; politiche carenti... e i detenuti aumentano

 

Ansa, 26 maggio 2007

 

Grazie all’indulto le sovraffollate carceri italiane si sono decongestionate ma, nove mesi dopo il varo della misura di clemenza, il numero dei detenuti è tornato a crescere perché non c’è stata una tempestiva ed adeguata riorganizzazione delle 258 carceri italiane. A denunciarlo è l’Organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria (Osapp) in una lettera inviata al ministro della Giustizia, Clemente Mastella, al capo del Dap, Ettore Ferrara, e ai vertici dell’amministrazione penitenziaria.

Subito dopo l’approvazione dell’indulto, il 31 luglio del 2006, i detenuti passarono da circa 60mila a 38-39mila; ora, invece, sono tornati 42.702 (la capienza regolamentare è di circa 43.500 posti). Se ci fosse stata un’adeguata riorganizzazione degli istituti penitenziari - scrive Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp - il nuovo aumento della popolazione detenuta successivamente al provvedimento di indulto (oltre 4.600 soggetti) non si sarebbe tradotto in un’asfissiante sovraffollamento delle sezioni di molte strutture sul territorio, ove gli operatori di Polizia sono costretti a continui interventi per la tutela dell’ordine e della sicurezza.

Al di là dell’intollerabile aggravio di lavoro in tutti i settori degli istituti che non contemplano le separazioni imposte dalla legge relativamente ai circuiti - aggiunge - occorre evidenziare che, ancora una volta, i rimedi al sovraffollamento sono frutto di una improvvisazione che comporta inutili sprechi. Secondo l’Osapp, la tendenza a distribuire i detenuti dei capoluogo di regione (come, ad esempio Napoli, Milano, Palermo) nei corrispondenti istituti di periferia, non fa altro che accrescere le tensioni ed i problemi nelle strutture.

Emblematiche sono le recenti movimentazioni di detenuti nella regione Campania, ovvero in Lombardia dove si è in un primo momento pensato di assegnare alcuni detenuti di San Vittore a Bollate per poi ritrasferirli in altri penitenziari del medesimo distretto. Tali situazioni sono citate quali esempi significativi di ciò che accade sull’intero territorio nazionale a riprova di una evidente disorganizzazione e di altrettanto palesi incapacità gestionali tenuto, altresì, conto che l’amministrazione periferica tenderebbe a ridurre le prestazioni straordinarie per il Personale di Polizia penitenziaria che, spesso, rende tali prestazioni eccedenti il normale orario di lavoro, a causa dalla disorganizzazione negli uffici dirigenziali. Prevedere una doppia movimentazione di detenuti vuol dire gravare gli uffici matricola, colloqui, conti correnti e le stesse sezioni detentive di una serie di incombenze connesse al trasferimento.

Come se non bastasse, la tensione negli istituti individuati per "decongestionare" le strutture situate all’interno delle aree metropolitane, conseguente anche ai disagi che la stessa popolazione detenuta subisce a seguito dei continui spostamenti, è sensibilmente aumentata, costringendo la Polizia penitenziaria, ancora una volta, ad un sacrificio e ad una serie di interventi volti a sedare contrasti tra etnie, placare manifestazioni di protesta ed ovviare, nella sostanza quelle che risultano essere le continue "inadempienze" degli Organi di codesta Amministrazione.

A tale situazione, che da tempo vanifica gli iniziali benefici dell’indulto e che, per assurdo, rende le strutture penitenziarie sul territorio persino meno "governabili" di precedenti periodi, del tutto in danno del Personale di Polizia Penitenziaria si ritiene vada immediatamente posto un freno, attraverso un’attività di analisi e di programmazione posta in essere con maggiore professionalità e attenzione di quelle attualmente constate. Se ciò non dovesse avere luogo, stante la crescete disorganizzazione di istituti e servizi, gli effetti di una nuova emergenza penitenziaria si faranno sentire ben prima del raggiungimento delle cifre del sovraffollamento del luglio 2006 e l’Osapp quale Organizzazione Sindacale nazionale del Corpo di Polizia Penitenziaria non potrà mancare di assumere le necessarie iniziative a tutela del Personale.

Taranto: i detenuti lavorano ai restauri archeologici

 

Il Meridiano, 26 maggio 2007

 

È stato presentato a Palazzo Galeota, il risultato del progetto di collaborazione tra la Direzione Cultura e Pubblica Istruzione del Comune di Taranto, la Casa Circondariale e il Liceo Artistico Lisippo: "Restauro dentro le Mura", insieme per la valorizzazione della cultura popolare.

La prima fase della importante sinergia ha previsto il recupero di oggetti della collezione Majorano, che è stato effettuato nella Casa Circondariale, grazie all’impegno di sei detenuti, coordinati dagli agenti di Polizia Penitenziaria, il soprintendente Giovanni D’Onghia e l’assistente capo, Paolo Borracci, coordinati dal responsabile dell’area rieducativa, il dottor Alberto Carofiglio, con la supervisione del dirigente scolastico del Liceo Lisippo, Salvatore Montesardo, che ha anche offerto i materiali occorrenti. Il direttore della Casa Circondariale, Luciano Mellone, ha aderito con grande entusiasmo al progetto, che andava nella direzione delle azioni di recupero culturale e sociale degli ospiti della struttura, nonché nell’ottica della giustizia riparatrice.

Carofiglio, nel suo intervento, ha dato lettura di un commovente messaggio dei sei detenuti, Claudio, Giuseppe, Erminio, Leonardo, Cosimo e Damiano, purtroppo non tutti presenti, che hanno partecipato al restauro degli oggetti della collezione Majorano, per un periodo di tre mesi.

Hanno voluto testimoniare la loro soddisfazione per l’intera operazione, con il seguente scritto: "Noi detenuti del volontariato con la presente, esprimiamo il nostro apprezzamento per l’iniziativa. Restaurare oggetti e manufatti antichi ha suscitato in noi emozioni e forte interesse, perché rivivere attraverso gli oggetti, gli anni in cui questi venivano usati e costruiti con materiali semplici, è stata una bella esperienza.

La Direzione ci ha messo nelle condizioni di restaurare oggetti che ci hanno ricordato la Taranto "antica", fra cui ‘u stricatùre; su questo oggetto si sono riversati… fiumi di acqua, e questo oggetto ha contemporaneamente dato adito ad una miriade di detti e proverbi: le massaie usavano dire alle loro figlie: "Prime cu t’nzuère, ‘nzignete a stricà c’u stricature, senò maritte si gire e te dé ‘a fregature" (traduzione: prima di sposarti impara a fare il bucato, altrimenti tuo marito si gira e scappa). Potremmo continuare all’infinito sui detti che accomunano questi oggetti, ma ci limitiamo a dire che siamo stati lieti di contribuire al restauro di questo materiale e saremo ben felici di continuare, nel nostro piccolo, affinché questi oggetti possano mantenersi nel tempo, in modo tale da far appassionare chi come noi si era dimenticato della semplicità e della praticità delle cose".

Gli oggetti ripuliti e restaurati sono stati presentati in un suggestivo allestimento, curato dal Servizio Cultura e Sport, realizzato dai Capi Ufficio, Anna Maria De Vittorio, Anna Pia Cito ed Angela Ferilli, con il coordinamento del Capo Servizio, Rosalba Danese e del Dirigente Claudio Fabrizio.

Sono intervenuti, la sub commissaria Adriana Famà, delegata alle attività sociali, il dirigente, Claudio Fabrizio che ha illustrato a grandi linee il progetto, graditissimo ospite il giudice Augusto Bruschi, che non ha voluto perdere, per nessun motivo, una così importante occasione. Il giudice Bruschi, infatti, quando era Presidente del Tribunale di Sorveglianza è stato il vettore di molte analoghe iniziative a favore della reintegrazione dei ristretti nel tessuto sociale.

Si sono susseguiti gli interventi di Antonio Basile, nella sua veste di componente del comitato scientifico del Museo Alfredo Majorano, che con una certa commozione ha letto il breve, ma intenso messaggio, fatto pervenire per l’occasione da Alberto Mario Cirese, direttore del Museo: "Ricordo che impressione commossa mi fece, da bambino, il vedere piccole figure modellate nella mollica di pane e colorate: erano il frutto del lavoro dei detenuti di Avezzano, il paese della Marsica in cui sono nato.

Modellare quelle figure era certo stato un momento di gioia, o almeno di serenità, per chi stava "dentro le mura"; guardare quelle figure, ed anche potercele tenere, come piace ai bambini, fu momento di umanità, intenso, per noi che stavamo "fuori". Anche per questo pur minimo ricordo avrei voluto essere a Taranto, oggi all’apertura della mostra degli oggetti della Collezione Alfredo Majorano restaurati dai detenuti della Casa Circondariale. Ma avrei voluto esserci soprattutto per l’importanza grande della giornata. Vi si congiungono infatti due valori alti.

Da un lato c’è che oggetti rari e cari, testimonianze preziose del mondo tradizionale tarantino, riprendono giovinezza e vita, e dunque si prolunga nel tempo il valore del dono che Alfredo Majorano ci ha lasciato. Dall’altro lato c’è che, a ridare vita e forza a quegli oggetti sono state mani cui la libertà è ora tolta ma che nel compiere quest’opera in qualche modo nel cuore l’hanno ritrovata. Un grazie di cuore ed un abbraccio a chi ci ha fatto un così grande dono". Salvatore Montesardo, ha voluto porre l’attenzione sul problema dell’inserimento dei detenuti, nel mondo del lavoro; detenuti che frequentano all’interno della Casa Circondariale corsi di studi e che poi, una volta fuori, non riescono a vederne i frutti; il preside chiede l’aiuto delle istituzioni, affinché si possa realizzare a Taranto un Isia (Istituto Superiore Istruzione Artistica).

Massa: Legambiente; i detenuti puliscono le spiagge

 

Ansa, 26 maggio 2007

 

Festeggiare in anteprima il "Meeting antirazzista" a Cecina e Livorno o trascorrere una mattinata insieme ai detenuti del carcere Massa che useranno i loro permessi-premio per aiutare a pulire le spiagge. Sono questi gli appuntamenti clou in Toscana dell’edizione numero 18 della campagna nazionale di Legambiente "Spiagge pulite" in programma sabato e domenica. A Carrara (Massa Carrara), la pulizia della spiaggia in località ex-Simposio (Marina di Carrara) sarà effettuata con l’aiuto di un gruppo di detenuti del carcere di Massa. "L’iniziativa - spiega una nota di Legambiente - si è già svolta con successo due anni fa con spiagge pulite galeotte che oggi saranno anche recidive, come sdrammatizza una t-shirt preparata ad hoc".

"Purtroppo - dice Piero Baronti, presidente di Legambiente Toscana - è ormai una costante trovare tra la sabbia mozziconi di sigaretta, vetri e cotton-fioc, quando addirittura non galleggiano nel mare, con buste di plastica e contenitori". Grazie alla collaborazione tra Legambiente e Arci, a Cecina e Livorno le spiagge saranno pulite con il Meeting Antirazzista, iniziativa che si svolge solitamente a luglio. "Emerge sempre più - spiega Vincenzo Striano, presidente di Arci Toscana - come il mondo delle associazioni diventi il punto di riferimento per un impegno civile che altrimenti non viene intercettato dalla politica tradizionale".

Rovereto: con lo Uisp attività sportive per i detenuti

 

L’Adige, 26 maggio 2007

 

Anche in carcere si può coltivare la speranza di tornare presto ad una vita normale, con iniziative e proposte mirate le persone in detenzione possono guardare al futuro con quella fiducia necessaria per superare anche i momenti più difficili. Nella casa circondariale di via Prati ieri è andata in scena la giornata conclusiva del progetto "Porte Aperte" ( foto di Gianni Cavagna), con il quale il Comitato trentino della Uisp ha offerto ha offerto la possibilità ai detenuti di Rovereto di seguire una serie di incontri-lezioni, durati due mesi, su alcune discipline sportive come il calcetto e la pallavolo per gli uomini, il volley ed il badminton per le donne.

Assente la direttrice del carcere Antonella Forgione, è toccato al comandante della Polizia penitenziaria Domenico Gorla illustrare, insieme al vice comandante Michele Tonelli ed all’educatore Giuseppe Stoppa, lo spirito dell’iniziativa. "Una proposta che è stata ben accolta - ricorda Gorla, che è stato azzurro di atletica -, partita prima del mio arrivo grazie all’attenzione della direzione rispetto alle attività trattamentali destinate alla popolazione carceraria. Lo sport inteso come metafora della vita ma anche come strumento di recupero e di reinserimento sociale.

Un’idea che ha richiesto uno sforzo notevole da parte di tutto il personale per garantire le condizioni di massima sicurezza anche se in termini numerici dopo l’indulto abbiamo avuto una forte riduzione e quindi meno persone che hanno potuto partecipare a questo progetto". Il carcere di Rovereto ha una capienza di 20 donne nella sezione femminile, che è l’unica esistente in Trentino Alto Adige, e 33 uomini in quella maschile, secondo i regolamenti ministeriali.

Nei momenti di maggior afflusso, però, era normale ospitare 50-60 detenuti, con punti anche di 80 ed oltre con le conseguenti situazioni di criticità per la scarsa vivibilità degli spazi a disposizione dei detenuti. La mancanza di personale (attualmente sono in servizio 45 uomini e 15 donne della polizia penitenziaria) costringe molti agenti a straordinari per venire incontro alle situazioni di emergenza, visto che mancherebbero in organico una decina di agenti uomini e quattro-cinque donne.

"Devo dire, però - ricorda ancora il comandante Gorla -. che il personale si è sempre dimostrato molto disponibile, consapevoli dei sacrifici che deve affrontare quotidianamente per garantire il funzionamento del carcere". "Questo ciclo di incontri - aggiunge Stoppa - ha coinvolto molte delle persone recluse, che hanno capito lo spirito dell’iniziativa, perché lo sport significa disciplina, fare parte di un gruppo, rispettare delle regole, confrontarsi con gli altri".

"Come Uisp abbiamo scelto il carcere di Rovereto perché qui si svolge la manifestazione "Vivicittà" - ricordano Beatrice Andalò e Mario Fiori della Uisp di Trento -, è la prima volta che proponiamo un progetto di questo tipo, per le persone recluse ha rappresentato non soltanto un momento di scarico ma anche una preziosa esperienza in termini di condivisione di tempi e spazi, momento di socialità tra persone di nazionalità diversa (i detenuti sono stranieri al 70%, ndr). Noi proponiamo lo "sport per tutti", perché spesso si dimentica che lo sport crea spazi educativi in un contesto sano e non aggressivo".

"La pratica sportiva all’interno del nostro carcere ha molto spazio - precisa il vicecomandante Michele Tonelli -. Abbiamo due palestre e due cortili di passeggio dove si può giocare a volley o a calcetto, oppure anche praticare tennis, corsa, ginnastica a corpo libero, ping pong. Normalmente i detenuti hanno a disposizione tre ore al mattino e due al pomeriggio, con l’aggiunta di un’ulteriore ora pomeridiana in estate.

Noi facciamo tutti gli sforzi possibili per far capire alle persone detenute che il carcere non ha soltanto una funzione punitiva ma, ha come scopo importante quello di contribuire al recupero sociale dell’individuo per favorire il suo reinserimento nella società, una volta scontata la pena". Giocano con spensieratezza nel cortile, la struttura del carcere roveretano non permette voli pindarici, neppure con la mente, però sono ore di forte coinvolgimento.

Droghe: Barra (Cri); combattere ogni discriminazione

 

Ansa, 26 maggio 2007

 

"Bisogna combattere qualsiasi forma di discriminazione ai danni dei tossicodipendenti, attuando nei loro confronti un approccio umano ed umanitario". Lo ha detto il presidente della Croce rossa, Massimo Barra, intervenendo alla giornata d studio sulla droga promossa dall’ istituto tecnico-commerciale di Corigliano Calabro.

Barra ha fatto riferimento all’ esperienza di Villa Maraini, la comunità per tossicodipendenti che ha fondato a Roma nel 1976, descrivendola come "un fatto altamente positivo proprio per l’impostazione del rapporto con le persone con problemi di droga. L’interesse dello Stato - ha aggiunto - è quello di conoscere realmente i tossicomani in modo da differenziare l’intervento terapeutico secondo le obiettive possibilità di reazione della persona colpita da questa condizione". Nel corso del suo intervento Barra ha lanciato un appello alla Croce rossa della Calabria perché "moltiplichi i comitati locali, che rappresentano l’occasione - ha detto - per curare le persone più vulnerabili, moltiplicare le delegazioni, avere un delegato di Croce rossa in ogni comune. Occorre anche ripristinare l’antica tradizione della Croce rossa italiana giovanile. In ogni scuola vogliamo che ci siano giovani iscritti alla Croce rossa per farne i pionieri della diffusione dell’ educazione sanitaria in favore della collettività".

Droghe: Torino; preside scuola chiama le unità cinofile

 

Notiziario Aduc, 26 maggio 2007

 

Chiamati dal preside del Liceo scientifico Copernico i Carabinieri "con discrezione e tatto" hanno ispezionato con i cani 8 classi scelte a campione. Uno studente segnalato alla prefettura e 5 dosi di hashish rinvenute. Il Preside: "Ho voluto dare un segnale ai ragazzi e alle famiglie che c’è attenzione e non sottovalutazione di quanto accade fra i giovani".

L’allarme era stato lanciato dal preside con una lettera ai carabinieri: "Tra gli studenti ci sono stati casi di malori, che temo legati all’assunzione di sostanze stupefacenti. Venite a fare dei controlli". E così stamani una decina di carabinieri con un cane antidroga si sono presentati nel vasto complesso scolastico torinese che ospita il Liceo scientifico Copernico, contiguo con l’istituto tecnico Luxenburg. Il sospetto era fondato: un ragazzo è stato bloccato mentre si preparava una canna e in un locale esterno sono state trovate cinque dosi di hashish avvolte nel cellophane.

Il blitz - "condotto con discrezione e tatto", hanno affermato i carabinieri - è scattato ieri mattina alle 9 ed è terminato alle 12.30. Accompagnati dal cane Mike e dal preside, Stefano Grosso, una decina di carabinieri sono entrati in 8 delle 58 classi, scelte a campione, dalle quali erano stati fatti uscire i ragazzi. Il cane ha fiutato zainetti e banchi. Poi altri controlli all’esterno e nei vasti corridoi che uniscono le due scuole, dove è stato trovato lo stupefacente e il ragazzo, un diciottenne, che è stato segnalato alla Prefettura.

"Il Copernico - ha spiegato il professor Grosso - ha 1.400 allievi, cui si aggiungono i circa 500 del Luxenburg. Ho voluto dare un segnale ai ragazzi e alle famiglie che c’è attenzione e non sottovalutazione di quanto accade fra i giovani. È giusto che gli insegnanti mettano dei paletti e creino condizioni di sufficiente serenità". Non sarà un’iniziativa isolata: "Sì, mi riprometto di riproporre questo tipo di controlli", ammette il preside.

 

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