Rassegna stampa 27 luglio

 

Giustizia: il piano post-indulto? è finito su "Chi l’ha visto"

 

Vita, 27 luglio 2007

 

Soltanto 96 (sui 21mila circa ancora in libertà) gli ex detenuti usciti dal carcere per effetto dell'indulto che sono impegnati nei progetti di reinserimento lavorativo promessi dal governo.

Di numeri intorno all’indulto in questi dodici mesi ne sono usciti tanti. Tanti, ma non uno. Fondamentale. Quanti fra i 21.160 indultati ancora a piede libero (i 5.027 reingressi fanno segnare fino ad oggi un tasso di recidiva del 23.75%) hanno trovato un posto di lavoro? L’unica risposta certa è: 96, lo 0.45% del totale.

Degli altri, nel migliore dei casi si sono perse le tracce. Questo almeno dicono i dati ufficiali. Fra i tre ministeri interessati al Piano post indulto infatti, solo quello del Lavoro attraverso l’Agenzia Italia Lavoro ha reso operativo un progetto di reinserimento professionale. Che sotto il cappello "Lavoro nell’inclusione sociale dei detenuti beneficiari dell’indulto" ha impegnato in tirocini per l’appunto 96 ex detenuti, distribuiti in 10 aree metropolitane (Torino guida la graduatoria con 20 borse lavoro, Firenze e Bari seguono con 13).

"La prima difficoltà è stata quella di creare le reti locali di appoggio, che in molte città non esistevano", spiega il presidente di Italia Lavoro, Mario Conclave, che aggiunge: "Il problema più rilevante però è stato intercettare i liberati: a oggi abbiamo avuto solo 233 richieste di inserimento". Pochissime.

"Ci aspettavamo di più, anche perché noi riceviamo segnalazioni direttamente da servizi sociali, Uepe (Ufficio esecuzioni penali esterne, ndr) e cooperative sociali". La macchina però si è messa in moto: "I reinserimenti dovrebbero rapidamente aumentare".

Ancora tutto fermo invece alla Solidarietà sociale. Il bando da 3 milioni di euro lanciato lo scorso 2 ottobre non ha ancora dato frutti. "Colpa della difficoltà nello "spacchettare" i fondi", fanno sapere i collaboratori del ministro Paolo Ferrero, "ma ora tutto risolto, la graduatoria verrà pubblicata a breve".

Non ne è convinto Claudio Messina, presidente della Cnvg, la Conferenza Nazionale Volontariato e Giustizia: "Spesso i bandi sono stati formulati male e si è creata confusione fra i vari fondi". Altri tre milioni infine erano stati promessi dal ministero della Giustizia. Fondi che dalla Cassa Ammende lo scorso febbraio hanno raggiunto le sedi di 14 provveditorati regionali.

E lì sono rimasti (con esclusione del progetto "Lisola" della Lombardia). "Stiamo rivedendo il regolamento per accedere a parte dei 100 milioni di euro di cui dispone la Cassa", rivela Stefano Anastasia, consulente del sottosegretario Luigi Manconi, "a settembre ci sarà il primo bando esterno, destinato non a provveditorati, ma a soggetti del privato sociale".

Forse non tutti gli indultati in libertà sono andati ad ingrossare la schiera dei disoccupati, ma certo è che la strategia del governo è andata in tilt. "Manca una vera regia", spiega Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, "anche a livello territoriale tutto è stato affidato alla buona volontà di assessori o associazioni".

Non senza ritardi. Ancora una volta. La Sardegna per esempio a fine agosto ha stanziato un milione di euro "per l’acquisto di attrezzi necessari all’avvio di un lavoro autonomo, come moto-carrozzelle e materiale da pesca", testimonia Roberto Cocco, presidente della cooperativa Aitia di Cagliari. Ma dopo la prima fase di orientamento tutto si è fermato. Ad oggi non stato portato a termine alcun inserimento. "Il rischio è che i detenuti si stanchino di aspettare", conclude il cooperatore.

Giustizia: abolizione dell'ergastolo, "vale la pena" discuterne

 

Vita, 27 luglio 2007

 

Le linee guida per la riforma del Codice penale, presentate di recente dalla Commissione Pisapia, prevedono l’abolizione dell’ergastolo, con pene massime tra i 28 e i 32 anni. Ma già si sta scatenando nel nostro Paese una campagna contro questa ipotesi.

Ecco per esempio quello che ha scritto una lettrice ai detenuti dei giornali realizzati in carcere: "Alla società viene chiesto di riaccogliere l’omicida che ha diritto alla rieducazione. Ma in cosa consiste tale diritto? Per essere persone che hanno violato i diritti altrui, mi sembra che come detenuti abbiate un’alta aspettativa sul rispetto che gli altri dovrebbero avere per i vostri (diritto a rifarsi una vita, e così via).

Una domanda polemica: ma perché dovrei preoccuparmi dei diritti di qualcuno che non si è fatto problemi a calpestare quelli di altri?". Forse sarebbe importante che il nostro Paese fosse coinvolto in questo dibattito sull’ergastolo, e ascoltasse le ragioni di tutti, anche di chi sta in carcere e chiede che dopo alcuni anni il "fine pena mai" venga riconsiderato, come scrivono dalla Casa di reclusione di Padova Sandro e Paolo: "Offrire, dopo anni di galera, al condannato all’ergastolo la possibilità di costruirsi un progetto, almeno per quel po’ di vita che ancora gli resta, significa tendere a trasformare il male in bene, nella convinzione che la civiltà di una società si misura anche con la sua capacità di ricondurre al suo interno le sue "pecore nere", pure quelle della peggior specie".

"Qui Stoccarda che qualcuno passi a sentire come stiamo". È bello il titolo di questa raccolta di lettere di detenuti italiani nelle carceri della Germania, scritte al Corriere d’Italia. La pubblicazione è stata presentata di recente dall’Istituto italiano di cultura presso la Biblioteca universitaria di Stoccarda, con l’idea di sensibilizzare le autorità tedesche e italiane su come vivono i carcerati italiani all’estero. Forse qualcuno dovrebbe ascoltarli.

Giustizia: Mastella; su "Caso Calabria" ho la coscienza serena

 

www.giustizia.it, 27 luglio 2007

 

Nessun conflitto di interessi. Tutte le iniziative disciplinari assunte dal Ministro della Giustizia, Clemente Mastella, sono state dettate unicamente dall’esigenza esclusiva di adempiere ai doveri istituzionali che gli sono assegnati dalla Costituzione e dall’ordinamento. A tali doveri il Guardasigilli si atterrà sempre, senza lasciarsi in alcun modo condizionare né intimidire da maldestri e strumentali tentavi di impedirne o di ostacolarne l’esercizio, essendo lontano per cultura, valori familiari e personali, come dimostra la sua trentennale storia parlamentare, da qualsiasi affare e qualsiasi sospetto.

Il ministro ha una totale serenità di coscienza. Che certamente non può avere chi distilla ad arte informazioni acquisite in ragione del proprio ufficio e chi attinge ad esse in nome di una pretesa libertà di stampa che fa violenza alla dignità costituzionale della persona e dei suoi diritti.

Lo afferma una nota dell’Ufficio Stampa del Ministero della Giustizia a proposito dell’articolo che appare sul numero del settimanale "Panorama" in edicola domani e che ipotizza un supposto conflitto di interessi che coinvolgerebbe il Guardasigilli per aver disposto un’inchiesta amministrativa, attualmente in corso, presso la Procura della Repubblica di Catanzaro.

I rapporti del Ministro Mastella con Luigi Bisignani ed Antonio Saladino, persone che risultano indagate dalla Procura di Catanzaro, sono sempre stati del tutto corretti e lineari e totalmente privi di rilevanza penale. Peraltro, lo stesso Procuratore di Catanzaro in un comunicato del 20 giugno 2007, testualmente afferma che "al fine di evitare la diffusione di notizie prive di alcun fondamento nessuna attività investigativa è in corso nei confronti del Ministro della Giustizia".

A fronte di ciò, appare molto grave che il contenuto di telefonate prive di rilievo penale e nelle quali è parte un parlamentare in qualità di terzo non indagato sia allegato agli atti di un procedimento e poi divulgato e ripetutamente pubblicato con cadenza inquietante, in assenza dell’autorizzazione del Parlamento, che non risulta mai essere stata richiesta.

Infine, va sottolineato che l’inchiesta amministrativa attualmente in corso presso la Procura di Catanzaro non è che il prosieguo di altra già delegata dal precedente Ministro della Giustizia. Si tratta di accertamenti ulteriormente disposti dal Guardasigilli a partire dal 17 maggio 2007, sulla base di numerose denunce di cittadini privati ed anche di magistrati, nonché di diverse interrogazioni parlamentari che evidenziavano gravi irregolarità circa le condotte tenute da magistrati del distretto di Catanzaro nella trattazione di procedimenti diversi da quello cui si riferisce l’articolo di Panorama.

La gravità e la delicatezza dei fatti oggetto degli esposti emerge anche dalla circostanza che sugli stessi è pendente un procedimento penale trattato dalla Procura della Repubblica competente ex art. 11 c.p.p.. L’ulteriore, grave vicenda dell’illegittima, e nel primo caso addirittura anticipata rispetto alla esecuzione, divulgazione tramite articoli di stampa dell’avviso di garanzia emesso dalla Procura di Catanzaro nei confronti del dott. Bisignani e della iscrizione nel registro degli indagati del Presidente del Consiglio dei Ministri è entrata nell’inchiesta amministrativa a seguito di articoli di stampa apparsi sui quotidiani lo scorso 17 luglio. Anche per tali vicende pendono inchieste penali preso la competente Autorità giudiziaria.

Milano: "Lisola", al via progetto di reinserimento post-indulto

 

Vita, 27 luglio 2007

 

Dopo altri capoluoghi lombardi, anche Milano e Monza sottoscrivono il progetto "Lisola", coordinato dal Prap lombardo. Previste borse lavoro semestrali di 500 euro per 49 indultati

Si chiama L.I.So.La, "Liberati per Indulto: Sostegno al reinserimento Lavorativo", il progetto che il Prap (Provveditorato dell’amministrazione penitenziaria) della Lombardia avvia ufficialmente in questi giorni sul territorio di Milano e Provincia.

Il progetto, che dal marzo scorso è attivo sulle altre provincie lombarde, è stato realizzato con i fondi della Cassa ammende del ministero della Giustizia e con quelli delle singole amministrazioni comunali. Al contributo iniziale di 342.581,92 Euro della Cassa si sono poi aggiunti finanziamenti regionali e comunali fino ad arrivare a 573.781 euro. Le quote di Comune di Milano e Monza, rispettivamente, sono state di 11.700 e 3mila euro.

L.I.So.La ha la finalità di potenziare le sinergie messe in campo in occasione dell’indulto e assicurare la continuità del sostegno anche ai detenuti che saranno scarcerati nei prossimi mesi sempre per effetto dell’indulto. Tramite il coinvolgimento di tutte le Province lombarde, dei Comuni e delle associazioni, il progetto si propone infatti di favorire il reinserimento sociale e lavorativo delle persone beneficiarie dell’indulto ed evitare la loro ricaduta attraverso la realizzazione di una serie di interventi a sostegno della ricerca del lavoro.

Il protocollo d’intesa siglato a livello territoriale ha il compito di stabilire il ruolo dei diversi soggetti coinvolti. Spetterà infatti ai Comuni, agli Istituti Penitenziari e all’Uepe (Ufficio dell’esecuzione penale esterna segnalare alla Provincia i casi conosciuti che possono trovare risposta negli interventi previsti dal progetto, dando priorità alle persone in particolare difficoltà sotto il profilo socio-economico e sociale.

La Provincia provvederà poi, sulla base delle proprie competenze in materia di formazione e lavoro, a definire dei progetti individuali per ogni persona segnalata. In particolare, tramite i propri Centri per l’Impiego, ma anche attivando la rete di associazioni e cooperative presenti sul territorio, la Provincia è chiamata ad individuare le strategie e le opportunità di inserimento più adeguate sulla base dei profili, della condizione e del genere degli utenti.

A supporto di questa difficile fase di ricerca di un’occupazione è prevista l’attivazione di borse lavoro della durata massima di 6 mesi per un importo massimo di € 500 mensili. L’accesso alle risorse sarà subordinato alla stipula di un apposito contratto, tra il datore di lavoro e la direzione Uepe. Il progetto ha una durata pari a 12 mesi e prevede, in tutto il territorio lombardo, l’attuazione in questa prima fase di 103 inserimenti lavorativi, a cui seguiranno, a fronte delle numerose richieste, ulteriori 70 interventi. Prevista anche la creazione di una vera e propria "cabina di regia", composta dal responsabile del progetto, nonché responsabile dell’Ufficio Esecuzione Penale Esterna di questo Provveditorato, dott. Antonio Nastasio e dal gruppo di lavoro, istituito presso la Provincia come meglio in calce elencato. Per il comprensorio di competenza del Tribunale di Milano e Monza sono previsti 49 inserimenti. Altri sono possibili in base ad espresse richieste dei Comuni di detti circondari di Tribunale.

Verona: tre detenuti a cena con l’assessore Valdegamberi

 

L’Arena di Verona, 27 luglio 2007

 

"Occorre investire in progetti rieducativi e formativi fatti di lavoro ma anche di studio all’interno del carcere". È la convinzione dell’assessore regionale alle Politiche sociali, Stefano Valdegamberi, che l’altra sera si è incontrato con tre detenuti in permesso, due di Napoli e uno originario dalla Sicilia ma residente in città, e ha trascorso con loro la serata in pizzeria. Ad accompagnarli c’era Maurizio Ruzzenenti di Progetto Carcere 663, l’associazione di volontariato che da più di vent’anni si occupa dei detenuti. Uscite di questo tipo non sono nuove e rientrano in un programma di reinserimento portato avanti da Progetto Carcere 663 che ha accompagnato fuori dalla casa circondariale di Montorio negli ultimi anni più di duemila persone.

Increduli per la presenza dell’assessore, i detenuti hanno trovato il modo di parlare delle loro difficoltà dentro e fuori dalle sbarre. Valdegamberi si è detto convinto che incentivando i programmi di rieducazione e favorendo l’inserimento lavorativo vi è un risparmio per l’intera società civile. "Il carcere costa e i recidivi costano ancora di più ecco perché servono progetti e attenzioni dentro e fuori gli istituti detentivi che favoriscano il reinserimento sociale".

I tre hanno raccontato ciò che si prova a stare lontani dalla famiglia, hanno spiegato il bisogno di aiuto per trovare un lavoro. E di quella che è la diffidenza nei loro confronti da parte della gente che "non sbaglia". Hanno anche raccontato che dietro le sbarre i detenuti italiani sono ben voluti e apprezzati per la generosità.

"Ora come ora siamo stati divisi in sezioni per nazioni o continenti di origine. Prima però si poteva capitare in cella con persone di diversa cultura e lingua. Dentro è difficile non rendersi utili o offrire un aiuto a chi non ha nemmeno una camicia da potere indossare".

La Casa Circondariale di Montorio nonostante l’indulto è tornata a superare quota 600 detenuti. Un dato questo che ha portato Valdegamberi ad incoraggiare ancora una volta i programmi di prevenzione del crimine. "Le attività a favore dei detenuti di tutto il Veneto", ha precisato, "vengono realizzate grazie ad un protocollo d’intesa siglato nel 2003 con il ministero di Giustizia dove è incluso per l’appunto il reinserimento sociale e lavorativo".

Roma: l’On. Bafile incontra detenuti sudamericani a Rebibbia

 

Italia Estera, 27 luglio 2007

 

L’On. Mariza Bafile si è recata presso il carcere romano di Rebibbia in seguito alla segnalazione di un detenuto italo-venezuelano: una visita che ha inteso ribadire anche l’ottima collaborazione instaurata con "Antigone", e l’interesse verso il progetto promosso proprio da Antigone con Eurosocial, che si propone di trasferire l’esperienza italiana per migliorare le condizioni di vita dei detenuti in Sud America.

"In questa occasione - ha affermato l’On. Bafile - ho incontrato uno dei due italo-venezuelani e anche altri sudamericani. Ho riscontrato, con grande soddisfazione, che questi cittadini rappresentano una minoranza rispetto alle altre comunità, generalmente sono dentro per pene lievi e per furto, traffico di stupefacenti, prostituzione. Ho avuto un colloquio con alcuni di loro per raccoglierne le richieste impegnandomi nel farmi promotrice presso le Ambasciate della loro presenza nel carcere romano e soprattutto delle loro esigenze.

Rebibbia - ha notato l’On. Bafile - offre condizioni di certo migliori di quelle delle carceri sudamericane, ma la solitudine aggrava certamente le situazioni. Inoltre, ci sono gravi problematiche che vanno affrontate. Ad esempio, nell’incontro con Antonino Guerra, il detenuto italo-venezuelano che mi ha scritto per esporre il suo caso, si è evidenziato un problema che coinvolge tutti coloro che usufruiscono di estradizione: in Venezuela aveva scontato quasi tutta la pena ed era in condizione di semilibertà. Tornato in Italia, a seguito della domanda di estradizione, ha ricominciato a scontare la sua pena praticamente dall’inizio in attesa che arrivino i documenti che dimostrino quanto già fatto in Venezuela.

In pratica non soltanto non può godere della semilibertà, ma neanche dei privilegi che sono assegnati ai detenuti dopo un periodo di buona condotta. Dal momento dell’arrivo in Italia per Guerra e l’altro detenuto (anch’egli aveva scontato quasi per intero la sua pena in Venezuela) sono trascorsi tre anni!". È un tema molto delicato che richiede un’attenzione particolare ed anche un intervento a livello legislativo che la deputata Bafile si è ripromessa di portare avanti. "In proposito - ha spiegato l’On. Bafile - so di poter contare sulla consulenza di Antigone, ed anche della Direzione del Carcere di Rebibbia che ha mostrato grande apertura".

Nel corso della visita, l’On. Bafile ha incontrato anche i detenuti transessuali, unico reparto in cui sono maggioranza, raccogliendo testimonianze toccanti. "Sono persone che hanno bisogno di attenzioni particolari, anche dal punto di vista sanitario, alcuni sono sieropositivi - ha chiarito l’On. Bafile - e molti hanno problemi legati ai documenti". La richiesta che questi detenuti hanno rivolto all’On. Bafile, è di farsi portavoce presso le rispettive Ambasciate per chiedere il rinnovo dei loro documenti.

"Voglio continuare il mio impegno anche in questo settore - ha concluso l’On. Bafile - sia perché mi considero una parlamentare italiana e quindi, come membro della Commissione Affari Sociali desidero offrire il mio apporto alla costruzione di un’Italia più giusta, sia perché, come deputata eletta all’estero, sento il dovere di contribuire al miglioramento e rafforzamento dei rapporti tra l’Italia e l’America Meridionale, curando soprattutto tematiche riguardanti i diritti umani.". (Italia Estera).

Milano: una "Cittadella della giustizia" sostituirà San Vittore

 

Il Corriere della Sera, 27 luglio 2007

 

Via libera alla "Cittadella della giustizia". Comune e Regione hanno definito l’accordo sul progetto preliminare. Su una superficie di 1.200.000 metri quadri si concentreranno tutte le funzioni degli organi giudiziari operanti sul territorio: Tribunale, Tar, Carcere, Corte dei Conti lombarda.

Sorgerà in zona sud, nell’area di Porto di Mare, lungo la via Emilia, tra il quartiere Omero e quello di Santa Giulia. Si chiama "Cittadella della giustizia" e si estenderà su una superficie di 1.200.000 metri quadri. Il nuovo progetto permetterà di risolvere alcuni dei problemi logistici che contribuiscono ad rendere allarmante l’attuale situazione, in particolare creando nuovi uffici più moderni, spaziosi e accessibili per il Tribunale (175.000 mq a fronte dei 63.000 attuali), risolvendo il sovraffollamento del carcere (220.000 mq a fronte dei 5.500 di San Vittore) e migliorando le condizioni di lavoro della Polizia Penitenziaria ( ¦ Guarda il progetto) La Cittadella sorgerà poi affianco della nuova area residenziale (attualmente in costruzione) di Santa Giulia, dove saranno disponibili alloggi che potranno essere affittati da chi lavora nell’area.

Il progetto è stato presentato giovedì dal presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, il sindaco di Milano, Letizia Moratti, l’assessore comunale allo Sviluppo del Territorio, Carlo Masseroli, e il presidente della Corte d’Appello di Milano, Giuseppe Grechi. Moratti e Formigoni hanno sottolineato l’accessibilità della zona: compresa tra due fermate della metro 3, Porto di Mare e Rogoredo, che è anche stazione Fs. In prossimità c’è anche l’autostrada del Sole e della Tangenziale Est. Roberto Formigoni non ha mancato di sottolineare i benefici della concentrazione delle funzioni giurisdizionali, ricordando che "le difficoltà della giustizia hanno implicazioni nella qualità della vita dei cittadini". Per questo il progetto è da intendersi "nell’esclusivo interesse dei cittadini". Molto concreta Letizia Moratti che ha fatto luce su come, grazie alla vicinanza degli operatori, "la cittadella ottimizzerà i tempi di lavoro di chi opera tra carcere e tribunale". Inoltre, la previsione di includervi un complesso carcerario (che manderà in pensione San Vittore) "consentirà il miglioramento della qualità della vita dei detenuti".

Le prime fasi dei lavori sull’area sono previste per il 2009. Il progetto verrà assegnato attraverso una gara internazionale per fare in modo "che si realizzi in tempi brevi e sia una struttura moderna, funzionale, ma anche una bella opera in una zona periferica dove è in corso un grande progetto di riqualificazione" ha concluso.

Trento: per avere più "ore d'aria" detenuto incendia la cella

 

L’Adige, 27 luglio 2007

 

Voleva restare più tempo all’aria aperta ma contro la risolutezza degli agenti di polizia penitenziaria nel far rispettare il regolamento interno ha pensato di inscenare una protesta clamorosa dando fuoco alla cella della casa circondariale di via Pilati in cui si trova recluso. È successo ieri sera verso le 20.30. Il pronto intervento dei vigili del fuoco ha impedito che il gesto avesse conseguenze tragiche, limitandole al ricovero nell’infermeria del carcere di una guardia e di un detenuto. Sull’episodio sta indagando la polizia, intervenuta sul posto con due squadre volanti. Secondo i primi accertamenti, l’uomo recluso avrebbe deliberatamente acceso il rogo al materasso nella sua cella perché non gli era stato consentito di rimanere di più all’aria. Nel giro di poco tempo il fumo ha invaso i locali di via Pilati.

È scattato subito l’allarme e sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco con un’autobotte, un’autoscala e un mezzo aspira-fumo. L’autobotte è entrata all’interno del carcere mentre l’autoscala è stata posizionata sull’altro lato, all’incrocio tra via Barbacovi e via Brigata Acqui. Si è reso così necessario l’intervento anche dei vigili urbani per regolamentare la viabilità. Nel giro di un’ora i pompieri sono riusciti dapprima a domare le fiamme e poi a liberare dal fumo i locali di via Pilati. Per l’agente e il detenuto intossicati non si è reso necessario il trasporto in ospedale.

Droghe: sta crescendo una nuova generazione di eroinomani

 

Redattore Sociale, 27 luglio 2007

 

Solo nel 2006 registrati 30 mila "esordienti". Sono giovani, usano l’eroina come seconda o terza sostanza, pensano di poterla gestire. Lo ha detto Massimo Barra, presidente della Cri, in una conferenza nella sede di Villa Maraini.

C’è una nuova generazione di eroinomani che si affaccia sulla scena. Sono giovani, usano l"eroina come seconda o terza sostanza, pensano che possono gestirla come altre droghe. Lo ha detto oggi Massimo Barra, presidente della Croce Rossa Italiana, che ha organizzato una conferenza stampa nella sede di Roma della fondazione Villa Maraini insieme al professor Fernando Aiuti, presidente di Anlaids e soprattutto studioso impegnato da anni nella lotta contro la diffusione dell’Aids. Lo scopo della conferenza di questa mattina era quello di dare notizia della donazione - da parte proprio di Anlaids - di un camper per l’intervento su strada contro le droghe. Il camper è stato donato da Aiuti a Barra per sostituire un vecchio camper utilizzato dall’unità di strada di Tor Bella Monaca per quasi venti anni.

Ma oltre al battesimo del nuovo mezzo per l’unità di strada di uno dei quartieri della capitale più a rischio, la conferenza stampa è stata l’occasione per fare il punto sulla situazione delle tossicodipendenze e sul rischio Aids. A proposito dell’eroina, il presidente della Croce Rossa, Massimo Barra, ha voluto lanciare un vero e proprio allarme.

Ha spiegato cioè che ci sono migliaia di giovani che cominciano a usare l’eroina come sedativo contro altre sostanze eccitanti tipo l’ecstasy. "L’eroina - ha spiegato oggi Barra durante la conferenza stampa a Villa Maraini - si comincia a utilizzare per rientrare in sé, ma non esiste un uso saltuario di questa sostanza che inevitabilmente porta alla dipendenza.

L’eroina è totalizzante". Il presidente della Croce Rossa ha detto che solo nel 2006 sono stati registrati 30 mila "esordienti" nell’uso dell’eroina e 9.500 per la cocaina. "Stiamo assistendo - ha detto Barra - a un nuovo salto, a un nuovo passaggio di fase, avvenne, anche se in condizioni diverse, negli anni ottanta".

Gran Bretagna: i "buoni - spesa" per chi smette di drogarsi

 

Notiziario Aduc, 27 luglio 2007

 

Potrebbe diventare a breve una realtà la proposta avanzata a inizio anno dal National Institute for Health and Clinical Excellence (Nice) della Gran Bretagna contro le dipendenze da droghe. E cioè ricompensare chi si sforza di "uscire dal tunnel" con buoni per lo shopping. Una trovata che potrebbe sembrare strampalata ed esosa, ma che gli esperti assicurano potrà far risparmiare molti soldi al Sistema sanitario nazionale.

Il progetto pilota, che dovrebbe partire a breve coinvolgendo sei centri per il recupero di ex tossicodipendenti e 36 mila "cavie" fra essi, prevede lo stanziamento di fondi pari a cinque milioni di sterline l’anno, con voucher individuali del valore di 70-150 sterline ogni 12 mesi.

"Qualche sterlina a settimana, dunque - commenta Steve Pulling, vicedirettore del National Collaborating Centre for Mental Health, che sta collaborando per la stesura delle linee guida per il progetto - non certo buoni per comperare un televisore al plasma o un IPod. Pensiamo sia una metodologia adatta a incoraggiare il recupero di chi abusava di droghe, come d’altronde hanno dimostrato anche alcuni trial effettuati su 5 mila volontari in tutto il mondo". Gli ex tossicodipendenti che si dimostrano "puliti" e prenderanno regolarmente parte ai programmi di recupero, oltre ai voucher per lo shopping, potrebbero ricevere anche incentivi per sottoporsi al vaccino contro l’epatite B, che affligge circa il 30% di queste persone.

Svizzera: studi per eliminare tracce di cocaina dal cervello

 

Notiziario Aduc, 27 luglio 2007

 

Ricercatori dell’Università di Ginevra sono riusciti a spiegare come si "cancellano" le tracce di cocaina nel cervello, ha annunciato l’ateneo svizzero in un comunicato.

Circa un anno fa, la Facoltà di medicina dell’Università di Ginevra aveva dimostrato che i cambiamenti indotti dalla cocaina al livello della zona cerebrale implicata nella percezione della "ricompensa" potevano essere reversibili. I lavori della stessa squadra di ricercatori pubblicati in un articolo della rivista scientifica "Science" rivelano il meccanismo molecolare che restaura una comunicazione normale tra le cellule nervose dei topolini esposti alla droga. Oltre alle speranze terapeutiche per una malattia, la dipendenza che colpisce 9 milioni di persone in Europa, i lavori hanno condotto alla scoperta di un meccanismo di plasticità cerebrale mai identificato prima, afferma l’Università.

Fin dalla prima assunzione, il consumo di cocaina influenza il modo in cui i neuroni comunicano tra di loro. La cocaina agisce a livello dei recettori e modifica in modo durevole le proprietà di trasmissione dell’informazione nervosa in una specifica regione del sistema nervoso. I lavori dell’Università di Ginevra rivelano che è possibile indurre una ridistribuzione dei recettori e di ristabilire una neurotrasmissione normale presso i topolini esposti alla cocaina. Il ritorno ad una situazione normale dipende dall’inserimento di nuovi recettori che sono fabbricati in pochi minuti.

Stati Uniti: detenuto si masturba, 60 giorni di condanna in più

 

Apcom, 27 luglio 2007

 

Un carcerato di Miami è stato condannato ad una pena aggiuntiva di 60 giorni di detenzione per essersi masturbato nella sua cella. La denuncia nei confronti di Terry Lee Andersen - che sta scontando una condanna di 10 anni per rapina a mano armata - era stata sporta da un’agente donna, stanca di sorprendere l’uomo quando passava di fronte alla sua cella.

"Non è l’atto in sé che mi infastidisce, ma il modo sfrontato con cui Andersen lo eseguiva. Molti detenuti si masturbano a letto, sotto le coperte. Lui invece non ha mai cercato di nascondersi" ha spiegato Coryus Veal, nella sua testimonianza in aula durante il processo. Come riportato dal quotidiano Miami Herald, sono bastati 45 minuti ai giudici per stabilire la colpevolezza dell’uomo, sul principio che la cella "è un luogo semi-privato" ed è pertanto illegale compievi atti intimi.

La difesa di Andersen invece ha cercato di sostenere l’esatto contrario - cioè che la cella è un luogo privato e che il comportamento del detenuto era perfettamente normale - ma senza successo. Anche i giurati, durante il processo di selezione per la giuria, hanno dovuto dare spiegazioni sulle proprie abitudini sessuali: alla domanda chi si fosse mai masturbato, nessuno ha alzato la mano.

 

 

Segnala questa pagina ad un amico

Per invio materiali e informazioni sul notiziario
Ufficio Stampa - Centro Studi di Ristretti Orizzonti
Via Citolo da Perugia n° 35 - 35138 - Padova
Tel. e fax 049.8712059 - Cell: 349.0788637
E-mail: redazione@ristretti.it
 

 

 

 

 

Precedente Home Su Successiva