Rassegna stampa 27 gennaio

 

Giustizia: da Corti d’Appello un atto d'accusa contro l’indulto

 

Ansa, 27 gennaio 2007

 

Dopo le accorate parole pronunciate ieri dal presidente più anziano della Corte di Cassazione Gaetano Nicastro nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario nazionale, il drammatico quadro della giustizia italiana è stato confermato oggi dalle cerimonie svolte a livello locale in ogni sede di Corte d’Appello.

Da Roma a Milano, da Palermo a Torino, la situazione tratteggiata negli interventi dei presidenti di Corte d’Appello è quanto mai allarmante. I problemi sono gli stessi denunciati ieri da Nicastro davanti alle massime cariche dello Stato e al ministro guardasigilli Clemente Mastella: ritardi, inefficienze, mancanza di risorse, organici insufficienti.

L’autodifesa di Mastella. In molti tribunali sono risuonate poi parole dure contro l’indulto e le sue conseguenze sull’amministrazione della giustizia. Difendere il provvedimento è toccato quindi al ministro Mastella, intervenuto alla cerimonia di Napoli. "La stagione dell’indulto - ha detto il guardasigilli - di cui è sembrato che io sia l’unico padre e l’unica madre, che ha segnato la ricerca di una dimensione legale pure nella fase dell’esecuzione della pena, sarà compatibile premessa con la definizione di un sistema penale che, nel rispetto di tutte le regole, individui le fattispecie più rilevanti e le forme più agili per garantire libertà ai cittadini e forza alle istituzioni".

Il disagio della capitale. A Roma per esprimere il disagio rispetto a una situazione che non accenna a migliorare, i magistrati hanno posto una toga sul leggio. Si tratta dell’ennesimo gesto simbolico dopo che negli anni passati i giudici avevano prima sfilato in toga nera e con in mano la Costituzione in segno di lutto per lo stato della giustizia e poi lasciato vuote quattro poltrone disposte in un lato, a testimoniare l’assenza della magistratura dal progetto dell’ordinamento giudiziario.

Indulto sotto accusa. "Un semplice sguardo agli interventi legislativi susseguitisi nello scorso anno porta ad un’amara delusione", ha detto il presidente della Corte di Appello di Roma, Giovanni Francesco Lo Turco, nel suo discorso. Il magistrato ha puntato quindi il dito soprattutto sull’indulto, la cui legge ha costituito "anch’essa un intervento che in non pochi casi ha assicurato di fatto l’impunità" perché, riguardando l’estinzione delle pene detentive entro un limite "troppo ampio" (tre anni), ha determinato come conseguenza che "molti condannati non espieranno nemmeno un giorno di pena". L’indulto, ha proseguito, "non ha e non poteva avere efficacia sulla riduzione delle pendenze degli uffici giudiziari e ha prodotto l’effetto negativo della necessità di celebrare un numero rilevantissimo di processi in relazione ai quali l’eventuale pena non verrà mai espiata".

Milano dichiara il fallimento. Fosco anche il quadro tratteggiato a Milano dal presidente della Corte d’Appello, Giuseppe Grechi. "Ci si chiede di assumere una condotta da manager - ha osservato - ma se fossimo un’impresa ora vi parlerebbe un curatore fallimentare". "I fondi per le spese d’ufficio - ha detto ancora Grechi - sono via via diminuiti dagli 873 mila euro del 2001 ai 400 del 2006; quelli per la vitale foto riproduzione si sono ridotti a un terzo in tre anni (da 978.586 del 2004 a 348.000 del 2006), e buona parte dei fondi del 2006 sono arrivati, a seguito dell’ennesimo allarme di questa presidenza e per l’apprezzabile intervento straordinario del ministro solo a dicembre e sono serviti a pagare debiti già accumulati".

Un raggio di sole a Torino. A Torino, se per molti aspetti la situazione è simile a quella degli altri distretti giudiziari con "il 90% dei procedimenti penali in corso "inutili" dal punto di vista della condanna per via dell’indulto, il presidente della Corte d’Appello Francesco Novità, ha sottolineato però un primato positivo. "I tribunali in cui i processi civili hanno avuto nel 2005 la minor durata - ha detto - sono quelli del distretto della Corte d’Appello di Torino".

Palermo e il rischio prescrizione. Ritratto in chiaroscuro, ma nel complesso allarmante quello della giustizia siciliana fatto dal presidente della Corte d’appello di Palermo, Carlo Rotolo. Anche qui i processi durano sempre troppo e la mannaia della prescrizione acquista dappertutto una valenza "devastante", soprattutto in virtù della legge ex Cirielli che induce gli imputati a tentare la soluzione della dilatazione indefinita dei tempi del giudizio. A ciò va aggiunto che i reati sono infatti complessivamente in aumento, anche se quelli più gravi, come gli omicidi, sono invece in calo, così come quelli di mafia, di usura e di estorsione (perlomeno quelli denunciati). Desta però preoccupazione la crescita dei crimini legati alla violenza sessuale a danno dei minori.

La protesta degli avvocati. Nel capoluogo siciliano l’inaugurazione dell’anno giudiziario è stata movimentata dalla protesta di un nutrito numero di avvocati che ha abbandonato l’aula del Tribunale di Palermo nel momento in cui ha preso la parola il sottosegretario alla Giustizia Luigi li Gotti. Una protesta mirata contro le misure che il governo intende adottare in materia di giustizia.

Il ministro a Napoli. Protesta degli avvocati anche a Napoli, dove i legali hanno attuato un sit-in all’esterno di Castel Capuano mentre il presidente della Corte d’Appello, Raffaele Numeroso, nel Salone dei Busti, stava leggendo la sua relazione. La manifestazione si è poi conclusa quando ha preso la parola il ministro Mastella. La "forza" dell’istituzione giudiziaria, ha ricordato, "è fatta anche di credibilità, di prestigio, oltre che di strumenti e risorse". "Il mio impegno ed il mio auspicio - ha aggiunto il guardasigilli - sono pertanto rivolti a garantire un’attenzione a ciò di cui la giustizia ha bisogno. Risorse e mezzi, ma anche credibilità e prestigio, assetti ordinamentali equilibrati e riforme, che ne esaltino il ruolo nell’interesse dei cittadini".

Giustizia: Mastella; attuerò il mio progetto, oppure andrò via

 

Ansa, 27 gennaio 2007

 

L’anno scorso furono le toghe a disertare clamorosamente le cerimonie nei distretti in polemica con il ministro Castelli, quest’anno sono stati gli avvocati a non assistere all’inaugurazione dell’Anno Giudiziario nelle corti d’appello in polemica con la legge Bersani sulla liberalizzazione della professione forense. La protesta dei legali ha fatto da contraltare al nuovo clima di dialogo tra le toghe e il mondo politico sottolineata da alcuni procuratori e ribadita dal ministro della Giustizia, Clemente Mastella, presente a Napoli, e dal vice presidente del Csm, Nicola Mancino, a Salerno. I tempi lunghi dei procedimenti, la scarsità di risorse per fare fronte al carico di lavoro e gli effetti delle indagini particolarmente eclatanti e delicate sono state il motivo conduttore delle relazioni dei responsabili degli uffici giudiziari italiani.

Unabomber - Il caso è stato citato dai procuratori di Trieste e di Venezia. Il primo ha rivendicato la competenza territoriale e sostenuto l’esigenza di rinnovare il pool di investigatori "dopo i sospetti legati alle ultime vicende processuali; il secondo ritiene possibile questa circostanza e sottolineato "il totale accordo tra le procure" rimarcando che "é mancato il riscontro del successo, ma la partita è ancora aperta".

Intercettazioni telefoniche - La questione dell’enorme costo ma anche degli eccessi è stata sollevata dal procuratore generale di Potenza, Vincenzo Tufano, in passato in aperta polemica con il pm Henry John Woodcock, titolare di inchieste clamorose che hanno coinvolto vip e personaggi dello spettacolo. Per questa "voce" Potenza ha speso da meta 2005 a metà 2006 quasi due milioni e 800 mila euro (19.312 giornate pari a 52 anni) mentre a Matera la spesa è stata di 175 mila euro. "In tre anni - ha detto Tufano - ha fatto intercettazioni per un costo di 6milioni e 388mila euro, 5.830 euro al giorno".

Morti sul lavoro - A Roma e Milano un passaggio importante degli interventi è stato dedicato al fenomeno, su cui più volte ha richiamato l’attenzione il Capo dello Stato Giorgio Napolitano.

Più minori in sbarchi a Lampedusa - A Palermo è stato evidenziato che cresce il numero di bambini e minori che arrivano sulle coste della Sicilia. L’anno scorso i clandestini sbarcati sono stati quasi 23 mila, di questi 1.541 erano minorenni. Il ministro Mastella, intervenendo a Napoli, ha detto tra l’altro: "Se il mio progetto ha validità chiederò risorse, altrimenti andrò via se non viene tradotto sul piano operativo", ed ha annunciato l’intenzione di mettere in funzione una struttura di misurazione e valutazione del disagio dei cittadini per quanto riguarda tempi, costi e certezza del diritto.

Giustizia: il razzismo diventa punibile, torna il "reato d’opinione"?

 

Libero, 27 gennaio 2007

 

Il Consiglio dei Ministri ha appena approvato il Ddl del Ministro della Giustizia Clemente Mastella sul negazionismo. Il disegno di Legge si compone di sei articoli ed amplia e rende più severe le pene per coloro che diffondono (non è necessario che le propagandino) idee antisemite o sulla superiorità e l’odio razziale. In particolare viene "punito con una pena sino a tre anni chiunque diffonda idee sulla superiorità razziale" e con una "pena dai sei mesi a quattro anni per chiunque commetta o inciti a commettere atti discriminatori per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o compiuti a causa del personale orientamento sessuale o dell’identità’ di genere".

L’articolo 4 del Decreto dispone anche l’istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, di un Osservatorio sul fenomeno dell’ antisemitismo nell’Italia contemporanea, le cui modalità di funzionamento verranno successivamente disciplinate con decreto del Presidente della Repubblica. Il decreto Mastella non fa riferimento a un preciso reato di negazionismo della Shoah, come invece era stato ipotizzato nella prima stesura del testo, ma riguarda generalmente "delitti di istigazione a commettere crimini contro l’umanità e di apologia dei crimini contro l’umanità".

L’ultima parte del Ddl Mastella, che prevede la punibilità per chi commette o incita a commettere atti discriminatori compiuti a causa dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere, ha suscitato l’approvazione della comunità gay, i quali tuttavia si chiedono se Mastella non abbia deciso di includere all’ultimo minuto questa norma "sull’orientamento sessuale e identità di genere" nel suo decreto per poter meglio replicare a coloro che lo accuseranno di omofobia, tra qualche tempo, quando si voterà contro l’atteso DDL Pollastrini-Bindi sulle unioni civili e Mastella ha già annunciato che voterà contro.

Nella formulazione originaria il ddl prevedeva una pena variabile da 12 a 3 anni di carcere; tuttavia nella formulazione definitiva la pena è stata notevolmente ridotta. Può davvero una legge siffatta sconfiggere pregiudizi e tabù o è preferibile una educazione alla memoria? Non sarebbe preferibile, anziché perseguire penalmente i negazionisti, contestarli e confutarne le tesi nella più ampia forma possibile e fino all’ultima sillaba?

Che senso ha una legge che impone la verità con la coercizione - col rischio di far passare i negazionisti per martiri della libertà di espressione - se poi non sono nostre le coscienze a gettare il negazionismo nella spazzatura della storia?

Emilia-Romagna: carceri sovraffollate, nonostante l’indulto

 

Adnkronos, 27 gennaio 2007

 

Nonostante l’indulto in Emilia Romagna resta il problema del sovraffollamento delle carceri. Lo ha ricordato oggi il presidente della Corte d’Appello di Bologna Lucio D’Orazi in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario. "La popolazione carceraria nel distretto è notevole - scrive D’Orazi - il recente indulto ne ha ridotto la drammaticità sia pure in maniera non particolarmente rilevante. Al 30 giugno 2006 i detenuti erano 3.974 (di cui 161 donne) con un numero di extracomunitari pari a 1.889 su una capienza di 2.384 unità. In maggioranza i detenuti (2.119) scontano pene definitive. Tale affollamento non è compensato da un rafforzamento negli organici della polizia penitenziaria e del personale civile".

A questo proposito il procuratore generale Francesco Pintor afferma: "Le scelte del legislatore vanno rispettate ma le ricadute sul sistema non possono essere ignorate. La scelta effettuata dal legislatore vanifica il principio dell’effettività della pena sia per l’inusuale ampiezza della sua misura (3 anni di pena detentiva) sia per gli effetti che si ripercuotono anche oltre i limiti di tale misura".

Civitavecchia: studenti affascinati dalle opere dei detenuti

 

Adnkronos, 27 gennaio 2007

 

Gli alunni dell’Istituto di via Adige in visita alla mostra "Immagini da oltre il muro"; l’esposizione resterà aperta fino a domenica - "Non pensavo che in carcere avessero i pennelli per dipingere"; questa è una delle tante frasi che sono state sentite all’uscita della Mostra "Immagini da oltre il muro", allestita in questi giorni presso l’antica struttura della "Rocca" medievale su iniziativa dell’associazione "Infocarcere" di Roma con la collaborazione della Pro Loco Civitavecchia.

Con un certo qual sorriso, ma pure con molta professionalità, è toccato alla Preside Giuseppa Maniglia spiegare agli studenti dell’Istituto d’istruzione superiore di viale Adige di Civitavecchia i motivi che l’hanno spinta a dare la propria collaborazione a tale iniziativa. Ed ha pure spiegato che la Mostra è solo un aspetto dell’ampio progetto dell’Infocarcere, denominato "Carcere, se lo conosci lo eviti". Un progetto rivolto soprattutto ai giovani, che devono diventare parte attiva della società, imparando a discernere il bene dal male e comprendendo che una scelta deviata arreca danni al singolo ed all’intera collettività.

A spiegare cosa sia il carcere e cosa dovrebbe essere sono state dedicate le parole della direttrice della Casa di Reclusione di via Tarquinia Silvana Sergi, che alla Mostra ha dedicato entusiasmo ed appoggio, con la convinzione che si debba costantemente offrire testimonianze che il carcere non è una discarica di "rifiuti sociali", bensì un laboratorio di esseri umani che sanno produrre realtà positive.

Ad ammirare i numerosi dipinti e gli oggetti artigianali, tutti opera di detenuti e detenute delle Case di reclusione di Civitavecchia e di Roma, in ogni modo, non sono stati solo gli studenti dei diversi istituti scolastici della città, ma pure numerosi cittadini delle più variegate categorie, che hanno dimostrato il loro interesse anche nell’osservare e commentare, sempre all’interno della Mostra, una serie di fotografie della realtà penitenziaria ed alcune pubblicazioni della "Herald Editore", che da anni collabora con l’Infocarcere per un reale reinserimento dei detenuti.

Non è questo di Civitavecchia un episodio isolato nella vita della casa editrice romana. La "H.E. - Herald Editore", infatti, è impegnata da anni nella realizzazione sia di prodotti editoriali relativi a progetti, manifestazioni ed eventi di carattere socio-culturale, sia in ricerche e studi di carattere scientifico, al fine di diffondere cultura e conoscenza. Particolarmente attenta ed impegnata nel sociale, ha promosso, insieme con la cooperativa sociale "Infocarcere" e l’associazione G.I.S.CA. (Gruppo Italiano Scuola Carceraria), il recupero e il reinserimento di individui socialmente deboli e di soggetti appartenenti alle cosiddette categorie svantaggiate, quali detenuti, ex-detenuti, donne sole con bambini a carico, donne che hanno subito violenze.

Nell’organizzare la Mostra di Civitavecchia, Roberto Boiardi, direttore editoriale della casa editrice, si è posto come obiettivo il far scoprire ai visitatori che all’interno del carcere c’è una vita che pulsa e ci sono cuori che battono. Non solo la scuola, ma l’intera società deve aumentare il proprio interesse affinché "da oltre il muro" aumentino quelle realtà positive, che, come dimostrato in questa occasione, già esistono anche se non conosciute, prodotte da cittadini, solo temporaneamente esclusi dal normale contesto. Nella società deve maturare la convinzione che il disinteressarsi del carcere equivale a rendersi responsabile e correa dei suoi figli deviati.

Tra le opere esposte, numerose le tele di Gaetano Campo, condannato a trent’anni e da uno in semilibertà. Di lui la critica ha scritto: "Le immagini cariche di una elevata forza simbolica espressa con una sensibilità spirituale e artistica in cui il colorismo, rigorosamente funzionale al tema e alla composizione, esprime un intimo impeto di fantasia e di libertà. Ed è la cura dei particolari, unita alla capacità d’espressione pittorica, che rendono le opere di Tanocampo d’alto valore artistico". Sabato prossimo la Mostra sarà presentata alla stampa e alle autorità, che hanno offerto un cosciente sostegno, rendendo reale la speranza dei detenuti e di nuove analoghe iniziative.

La mostra resterà aperta al pubblico fino a domenica 28 gennaio con il seguente orario: dalle 10,00 alle 13,00 e dalle 16,00 alle 19,00.

Varese: criminologia; un master all'Università dell’Insubria

 

Varese News, 27 gennaio 2007

 

Parte da quest’anno una proposta innovativa nella formazione universitaria post laurea dell’Università degli Studi dell’Insubria. È stato attivato, infatti, a partire dall’anno accademico 2006/2007, dalla Facoltà di Giurisprudenza, un Master Universitario di primo livello in Criminologia. Il Master è organizzato in collaborazione con l’Asl della Provincia di Varese nell’ambito del progetto nazionale "Problematiche sanitarie dei detenuti consumatori di droghe: risposta istituzionale e costruzione di una metodologia organizzativa". Il Master si rivolge a laureati interessati ai problemi della prevenzione, del trattamento e del reinserimento sociale nell’ambito della criminalità e della devianza, sia già impegnati in questo settore, sia in cerca di prima occupazione.

Ben 1500 ore di lavoro per acquisire conoscenze specialistiche in materia di criminologia, difesa sociale, psicopatologia forense, psicologia giuridica, diritto sostanziale e processuale penale, diritto minorile; con una particolare attenzione a tematiche quali: la prevenzione sociale, la sicurezza urbana, i reati economici, i delitti violenti e sessuali, i crimini legati all’immigrazione, le misure alternative alla detenzione, il rapporto tra tossicodipendenza e criminalità, con particolare riferimento alle esigenze di prevenzione generale e speciale.

Il Master si articola in quattro moduli: "Teoria"; "Corso di perfezionamento sulle tossicodipendenze sotto il profilo giuridico"; "Criminologia applicata al caso clinico"; "Criminologia Sociale". Per conseguire il diploma di Master si devono sostenere verifiche periodiche e una prova finale consistente nella stesura e nella discussione di una tesi su un argomento di quelli trattati nel corso e durante il corso sono previste 100 ore di stage. Il Master prevede l’acquisizione di 60 crediti nell’arco dell’intero percorso formativo.

I corsi inizieranno il 30 marzo 2007 e si concluderanno entro il marzo 2008 con gli esami finali e si terranno nelle sedi universitarie di Varese. Alla luce della convenzione stipulata tra l’Asl della Provincia di Varese e l’Ateneo saranno 15 i posti messi a disposizione per gli esterni, ossia non convenzionati Asl.

Il costo è di 2.800 euro. È possibile anche iscriversi a un solo modulo, in tal caso la quota di iscrizione è di 700 euro. Sono disponibili "prestiti d’onore" a copertura delle quote di iscrizione e delle spese per la frequenza per gli iscritti al Master. La domanda di ammissione deve essere presentata da lunedì 29 gennaio 2007 a giovedì 15 marzo 2007, ore 12.00, all’Ufficio Protocollo dell’Ateneo, di via Ravasi 2, 21100 Varese (orari di apertura al pubblico: dal lunedì al venerdì, dalle ore 9.00 alle ore 12.00). Il modulo da compilare per presentare la domanda può essere scaricato da internet al sito di Ateneo: www.uninsubria.it, voce "master", oppure "Ufficio Al.For").

Promotori dell’iniziativa sono il prof. Adolfo Francia, ordinario di Criminologia della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi dell’Insubria; il dottor Vincenzo Marino, direttore del Dipartimento Dipendenze dell’Asl di Varese; la prof.ssa Grazia Mannozzi ordinario di Diritto Penale e la prof.ssa Francesca Ruggirei, ordinario di Procedura Penale, entrambe della Facoltà di Giurisprudenza del nostro Ateneo. "Il Master è di grande interesse soprattutto per quanto riguarda il trattamento delle tossicodipendenze sotto il profilo giuridico - sottolinea il professor Francia - ed è per questo che risulta maggiormente professionalizzante rispetto ad altri percorsi di formazione. Durante il corso si approfondiscono alcune tematiche di ricerca del nostro Ateneo quali la mediazione penale, gli aspetti legati alla mediazione linguistico-culturale e la narratologia criminologica, disciplina fortemente innovativa nell’ambito della ricerca teorica".

Droghe: Veneto; un terzo degli studenti ha usato cannabis

 

Redattore Sociale, 27 gennaio 2007

 

Nel 2004 su 1.000 residenti tra i 15 e i 44 anni, 77 hanno assunto cannabinoidi 10 o più volte, 13,5 cocaina per 3 o più volte, 4,4 hanno assunto oppiacei 3 o più volte in un anno, 3 hanno assunto altre droghe illecite 3 o più volte

Tutt’altri numeri, anche se non meno preoccupanti, quelli che riguardano il rapporto tra giovani e droghe. Un rapporto, come emerge dalle statistiche, di non estraneità. Non stupisce nessuno il fatto che sia la cannabis (e derivati) la sostanza psicoattiva illecita più consumata dalla popolazione generale (circa l’8% contro il dato nazionale pari al 7%). Ma questo e altri dati meritano di essere analizzati in profondità.

Circa un terzo degli studenti veneti di 15-19 anni, ad esempio, ha sperimentato la cannabis e suoi derivati: per il 15% dei 15enni si è già verificato il primo contatto, mentre la quota sale al 50% se si considerano i 19enni. Il consumo annuale di cannabinoidi è riferito dal 25% degli studenti, in particolar modo i 19enni, sia maschi sia femmine. Tra queste ultime si registrano quote superiori di consumatrici rispetto a quelle rilevate a livello nazionale: le venete si piazzano al 34,3% superando la media nazionale che si ferma al 30%.

Più preoccupante il dato di consumo di cocaina nel 2004 tra studenti, che l’hanno sperimentata nel 4,5% dei casi (il dato è relativo agli adolescenti di 15-19 anni), mentre la tendenza nazionale è del 5,4%. Definendo ulteriormente il dato relativo all’età il 2,1% degli studenti di 16 anni ha già assunto almeno una volta tale sostanza. Oltre il 3% degli studenti ha inoltre riferito che nel corso del 2004 ha continuato ad assumere cocaina, in particolar modo i 19enni di entrambi i generi.

Cambiando ancora sostanza, e focalizzandosi sull’eroina, la percentuale generica di consumo arriva a toccare la quota del 70%. La percentuale risulta molto seria se confrontata con quella relativa alle altre due sostanze prese in esame: i cannabinoidi non superano il 15%, mentre la cocaina arriva a toccare l’11%. In generale, nel 2004 su 1.000 residenti di età compresa tra i 15 e i 44 anni, 77 hanno assunto cannabinoidi 10 o più volte, 13,5 cocaina per 3 o più volte, 4,4 hanno assunto oppiacei 3 o più volte in un anno, 3 hanno assunto "altre droghe illecite" 3 o più volte.

Nel tracciare una sorta di profilo sociologico del consumatore medio di sostanze psicoattive, salta all’occhio il fatto che la maggior propensione all’utilizzo di sostanze illegali risulta direttamente correlata a una scarsa performance scolastica. Ancora: avere fratelli o amici che assumono droghe aumenta il rischio di esposizione al consumo. Al contrario, assume funzione protettiva il monitoraggio e l’interessamento da parte dei genitori per le attività svolte dai figli durante il tempo libero. Come per dire, l’attenzione in famiglia può fare la differenza.

In tema di dipendenza vera e propria, il report della Regione Veneto e del Cnr analizza anche i casi di trattamento nei Ser.T. del Veneto (13.407, con un incremento del 3% rispetto al 2003). Da quanto emerge, gli utenti in carico hanno un’età media pari a 32 anni e circa l’86% sono maschi. Ancora: i ricoveri avvenuti nelle strutture ospedaliere presenti nella regione sono stati 81.030, di cui in circa 6.000 la droga era la sola causa di ricovero. Sul fronte delle malattie infettive, nel corso del 2004, degli utenti sottoposti al test Hiv, Hbv e Hcv sono risultati positivi rispettivamente il 9,4%, il 40% e il 63,3%. Nel corso degli anni invece il numero dei decessi droga-correlati si è progressivamente ridotto: 16 i decessi per overdose, circa 1 decesso ogni 100.000 residenti di 15-64 anni.

Problemi con la giustizia: i soggetti segnalati alle Prefetture risultano circa 4.200, che corrispondono a 1,4 ogni 1.000 residenti di 15-64 anni, tasso che risulta inferiore alla media nazionale, pari a circa 2 ogni 1.000. I 3/4 delle segnalazioni riguardano soggetti trovati in possesso di cannabinoidi, seguite da quelle per cocaina (13%) ed oppiacei (13%). Nell’anno sono state effettuate poco meno di 2.000 denunce per produzione e traffico di sostanze stupefacenti ed associazione finalizzata alla produzione e traffico di sostanze stupefacenti: circa la metà riguardano le province di Padova e Venezia. Infine, i tossicodipendenti detenuti negli Istituti Penitenziari veneti sono stati 2.707 (al 31/12/2004), quasi il 33% della popolazione carceraria. In Veneto il 56% dei tossicodipendenti detenuti è di nazionalità italiana, contro una media nazionale pari al 32%.

Droghe: Veneto; 40% dei 15enni ha già provato ubriacatura

 

Redattore Sociale, 27 gennaio 2007

 

Presentato questa mattina a Verona il rapporto completo sul consumo di alcol e droga in Veneto, realizzato dall’assessorato alle Politiche sociali della Regione Veneto in collaborazione con il Cnr di Pisa. Dati relativi al 2004, quelli esaminati nel report, ottenuti grazie a rilevazioni effettuate su una popolazione generica fino ai 54 anni di età e soprattutto mirate agli studenti teenager (15-19 anni). Un quadro, quello che ne viene delineato, che evidenzia un rapporto non proprio di estraneità tra giovani e droga e giovani e alcol. Ma che anzi si dimostra piuttosto stretto soprattutto sul versante del consumo di bevande.

E focalizzandosi su quest’ultimo aspetto, il dato più lampante è che l’assunzione di bevande alcoliche coinvolge i 3/4 della popolazione veneta di tutte le classi di età e di entrambi i sessi. Una situazione, questa, che non stupisce pressoché nessuno (che il Veneto sia in cima alla lista nazionale è ormai risaputo, ndr) e che è anche ben nota alle amministrazioni locali, che da tempo si adoperano per sensibilizzare i giovani, cercando di liberarli della concezione che ubriacarsi serva a divertirsi, che non c’è svago senza sballo.

Che le preoccupazioni soprattutto relative alla popolazione giovanile siano fondate trova conferma anche nei numeri: tra gli adolescenti veneti il 41,3% degli studenti di 15 anni - al di sotto, dunque, della soglia lecita per il consumo di alcol - ha già sperimentato almeno un’ubriacatura. Il dato schizza al 75% se si considerano i 19enni. Sono inoltre di più le studentesse (32,9%) ubriacatesi entro l’anno, mentre i coetanei maschi si fermano al 26%. Ma al contempo, la quota di studenti maschi di 18 e 19 anni che riporta di avere avuto esperienze di ubriacature risulta maggiore a quella delle coetanee.

45 adolescenti, inoltre, hanno dichiarato di essersi ubriacati almeno 10 volte negli ultimi 12 mesi. Un dato che sale con il salire dell’età degli intervistati. E in generale, nella regione nel corso dell’anno sono stati stimati 87.676 soggetti che hanno superato la soglia delle 10 ubriacature, con un aumento del 4,6% rispetto al 2001. L’esame del consumo alcolico nel 2004 evidenzia inoltre il fatto che su 1000 soggetti di 15-64 anni veneti, 6,1 sono consumatori problematici di bevande alcoliche. Ma cosa consumano prevalentemente i giovani e non giovani veneti per ubriacarsi? Neanche a chiederlo, in una regione che è amante e produttrice del vino. È proprio questa bevanda che si piazza in testa alla classifica con il 62,5%, preferita indistintamente da donne e uomini. Un dato tuttavia in calo, perché il vino sta pian piano scendendo e nel 2004 registra un -11%. Sale invece la birra, con un +23%. Significativo il dato relativo alle altre bevande alcoliche in generale, che si posiziona a un +432%.

Tentando invece una distinzione tra sessi, emerge nel complesso che l’utenza maschile rappresenta i 2/3 del totale, con un rapporto maschi/femmine pari a 3. L’età media degli alcol dipendenti (che si ferma a 46 anni) risulta maggiore per gli uomini rispetto che per le donne. Oltre il 50% dell’utenza ha un’età compresa tra i 40 e i 59 anni, con una percentuale maggiore per quella femminile.

Approfondendo ulteriormente l’analisi e calandosi nelle realtà provinciali, Belluno e Vicenza si rivelano le aree con maggiore incidenza (rispettivamente 62,9% e 60,2% sia tra maschi sia tra femmine). Nel collettivo maschile si distingue il territorio veneziano con una percentuale di 62,2% contro la media regionale del 61,4%.

Il report prende in esame, inoltre, le richieste di trattamento e i ricoveri ospedalieri nell’anno in questione: su 1.000 ricoveri, ad esempio, 50,3 erano alcol-correlati. Alta la percentuale degli utenti inseriti in programmi di tipo psicoterapeutico e psicologico e circa il 15% è stato inserito in gruppi di auto-mutuo aiuto.

Droghe: l’attore Paolo Calissano torna libero grazie all’indulto

 

Affari Italiani, 27 gennaio 2007

 

L’artista genovese Paolo Calissano è tornato a essere un libero cittadino. Da giovedì sera l’attore, usufruendo delle norme di legge previste dall’indulto, ha potuto lasciare la comunità di recupero per tossicodipendenti in cui viveva dopo la condanna a 4 anni. Calissano era stato arrestato in stato confusionale dopo un festino a base di coca, anfetamine e alcol conclusosi con la morte di una ballerina brasiliana. Calissano era uno degli astri nascenti della fiction e soap opera italiana. Era balzato agli onori della cronaca dopo che nella sua casa di Genova era stata trovata morta una ballerina brasiliana. Tutto era nato a causa di un festino a base di coca e di anfetamine.

L’attore genovese aveva patteggiato una condanna a 4 anni. La notte in cui morì la ballerina anche Calissano venne trovato in overdose e fu salvato grazie al tempestivo intervento dei carabinieri, chiamati da un amico dell'artista, a sua volta presente nell’abitazione dove si era svolto il droga-party.

Immigrazione: 3 milioni di immigrati regolari, il 6% popolazione

 

Ansa, 27 gennaio 2007

 

Oltre 3 milioni di immigrati regolari e 800 mila irregolari stimati, con una presenza pari al 6% della popolazione italiana. Sono i numeri dell’immigrazione in Italia, diffusi oggi dal Rapporto Eurispes Italia del 2007, che portano il nostro Paese in quarta posizione per numero di stranieri presenti (dopo gli 8 milioni della Germania, e i 4 milioni di Francia e Regno Unito). Il nostro Paese si conferma primo per numero, assoluto e relativo, degli immigrati irregolari, e presenta la più alta percentuale di extracomunitari sul totale degli immigrati, oltre che di immigrati disoccupati o sottoccupati.

Nell’arco di dodici anni, cioè dal 1992 al 2004, si è passati da 650 mila permessi di soggiorno a più di due milioni. In prevalenza, gli stranieri provengono dall’Est europeo (il 33%), e dall’Africa del Nord (19,4%). Il gruppo nazionale che ha registrato aumenti più consistenti a partire dal 1992 è quello dei rumeni, che ha decuplicato la sua presenza in Italia. Sono quasi 2 milioni e 800 mila. Non hanno casa, residenza comunale, o sono sprovvisti di iscrizione alle anagrafi comunali. Sono i "precari immobiliari". Questa la stima dell’Eurispes, a proposito degli immigrati che non hanno residenza fissa nel nostro Paese o si trovano in una condizione abitativa disagiata.

Sotto accusa, gli affitti esosi, spesso transitori o in nero, offerti dai padroni nostrani. Malgrado questa situazione, secondo l’Eurispes, negli ultimi 5 anni l’acquisto di case da parte degli immigrati, si è quadruplicato. Attualmente, 506 mila immigrati risultano proprietari di casa.

Stati Uniti: pena di morte; 30 anni fa ripresero le esecuzioni

 

Associated Press, 27 gennaio 2007

 

 

Sono trascorsi 30 anni esatti da uno dei più clamorosi "passi indietro" della storia americana: l’esecuzione nello Utah del condannato a morte Gary Gilmore dopo dieci anni in cui l’applicazione della pena capitale era stata sospesa. Un decennio di speranze poi risultate vane. Alle otto del mattino del 17 gennaio 1977 il plotone era schierato: cinque uomini, cinque armi, una carica a salve per lasciare l’illusione che qualcuno potesse non aver esploso il colpo mortale. Il condannato era dietro un vetro con un bersaglio appuntato sul petto.

E le sue ultime parole passarono alla storia: "Facciamolo!" (Let’s do it), disse. La Corte Suprema degli Stati Uniti aveva reintrodotto la pena di morte pochi mesi prima della controversa esecuzione avvenuta nel penitenziario di Salt Lake City. Con la sentenza della Corte Suprema del 1976 l’America tornava ad uccidere legalmente con iniezioni letali, sedia elettrica, camera a gas, impiccagione o fucilazione. Una decisione che è ancora in vigore a tutt’oggi nonostante l’aumento progressivo delle polemiche sulla legittimità delle esecuzioni.

Gilmore, 36 anni, pregiudicato e in libertà vigilata, era stato condannato per l’omicidio del manager di un motel in una cittadina dello Utah. Fu ed è un caso emblematico per alcuni risvolti della giustizia americana. Non solo Gilmore fu il primo giustiziato dopo la reintroduzione della pena capitale, ma si batté affinché tra la condanna e l’esecuzione trascorresse meno tempo possibile. Riuscì nel suo intento.

La sentenza fu eseguita solo sei mesi dopo l’omicidio grazie alla determinazione dello stesso condannato nel non avvalersi di appelli e ricorsi tipici del sistema giudiziario americano e che, secondo alcuni, fanno di questo una "ruota della fortuna legalizzata" nella definizione dello scrittore Truman Capote. Da allora negli Stati Uniti il boia non si è più fermato e in 28 anni e 11 mesi si è raggiunta quota 1.000 nel numero dei giustiziati, per un totale di 38 dei 50 stati dell’Unione in cui la pena di morte è legale: a passare anche lui alla storia, il due dicembre 2005, fu Kenneth Boyd, condannato per omicidio e morto in un penitenziario della Carolina del Nord dopo un’iniezione letale.

Gran Gretagna: per stranieri condannati l'espulsione immediata

 

Ansa, 27 gennaio 2007

 

La Gran Bretagna cerca di rendere meno porose le sue frontiere: il governo Blair ha presentato oggi un disegno di legge che, una volta approvato dal parlamento, permetterà un rafforzamento dei controlli in porti e aeroporti e darà alla polizia di confine più potere d’intervento nella difficile lotta all’immigrazione clandestina. Il "Borders Bill" prevede anche l’espulsione immediata degli stranieri che abbiamo commesso crimini e siano condannati a pene detentive superiori ai 12 mesi. Malgrado il primo ministro Tony Blair avesse propugnato una linea di intransigenza totale la proposta di legge oggi annunciata prevede una serie di esenzioni: l’espulsione non sarà ad esempio automatica se sarà contraria ai diritti garantiti dalla convenzione europea dei diritti umani o a quella sui profughi o se riguarderà persone sotto i 18 anni d’età.

In base al "Borders Bill" l’esame delle richieste di asilo dovrebbe avvenire in tempi molto più rapidi mentre tutti gli stranieri extracomunitari residenti nel Regno Unito dovranno avere a partire dal 2008 una carta di identità con i dati biometrici. Chi non si munirà di questo documento rischierà una multa fino a mille sterline o la perdita del permesso di soggiorno. Il governo Blair ha deciso il giro di vite nel tentativo di contenere la piaga dell’immigrazione illegale e di riacquistare un po’ di credibilità. L’anno scorso Chearles Clarke era stato costretto alle dimissioni da ministro degli Interni dopo la scoperta che un migliaio di detenuti stranieri erano stati liberati senza che l’espulsione fosse presa in esame. Il sottosegretario all’immigrazione Liam Byrne ha indicato oggi che il governo Blair ha esaminato l’opportunità di una sanatoria per gli immigrati clandestini già installati nel Regno Uniti ma alla fine ha deciso per il no: "Un’amnistia, una regolarizzazione o un approccio più morbido non farebbero che attrarre ancor più immigranti illegali".

 

Precedente Home Su Successiva