Rassegna stampa 28 gennaio

 

Mastella: al via una misurazione del disagio dei cittadini

 

Apcom, 28 gennaio 2007

 

Migliorare il raccordo tra cittadini e giustizia. È l’obiettivo al quale lavora il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, intervenuto, a Napoli, all’inaugurazione dell’anno giudiziario. "Sono deciso ad andare in quella direzione - assicura - in maniera cocciuta e baconiana continuerò su questa strada. Impegnandomi a fare la mia parte, anzi una parte accresciuta, nel migliorare il raccordo fra cittadini e giustizia, ossia quel raccordo più squisitamente politico che sia oggi sul tappeto". Mastella, durante il suo intervento a Castel Capuano, ha poi precisato che lavorerà in termini politici "nel limite delle mie competenze e risorse, mettendo subito in funzione una struttura di misurazione e valutazione del disagio dei cittadini rispetto alle tre variabili su cui essi sono più sensibili: i tempi, i costi e la certezza della giustizia".

Dall’altro versante, Mastella ha poi assicurato che si adopererà e "offrirò la collaborazione mia e del ministero perché all’analisi di queste tre variabili il Csm dedichi una edizione speciale del Rapporto sullo stato della giustizia in Italia, nella comune consapevolezza - ha concluso Mastella - che nel 2006 i problemi si sono resi più acuti e talvolta critici".

Borrelli: non ha senso fissare scadenza per il processo

 

Apcom, 28 gennaio 2007

 

Portare la durata dei dibattimenti ad un massimo di cinque anni, come ipotizzato dal ministro della Giustizia Clemente Mastella, "è un obiettivo che si può porre così, non è che abbia molto senso parlare di cinque, sei, tre anni". Lo afferma l’ex pg di Milano e oggi a capo dell’ufficio inchieste della Federcalcio, Francesco Saverio Borrelli, a margine dell’inaugurazione dell’anno giudiziario a Milano. A chi gli chiede se cinque anni per un processo sono tanti, Borrelli replica: "Non ha senso parlare di una durata del processo predeterminata. Bisogna predisporre gli strumenti perché la giustizia sia più rapida possibile". "L’importante - ribadisce l’ex capo del pool Mani pulite - è predisporre strumenti perché il processo possa essere più veloce". Quanto alla bocciatura da parte della Corte costituzionale della legge Pecorella sulla inappellabilità delle sentenze di proscioglimento, Borrelli commenta con una battuta: "Ce lo aspettavamo".

Gennaro (Anm): abbiamo ritrovato il dialogo col governo

 

Agi, 28 gennaio 2007

 

"Siamo magistrati in attesa di risposte da parte del governo con un atteggiamento comune che non è più quello del passato ma di dialogo". Lo ha detto il procuratore aggiunto di Catania Giuseppe Gennaro, presidente dell’Associazione nazionale magistrati (Anm). "Credo - ha continuato - che rispetto al passato sia cambiato l’atteggiamento nel senso che c’è un maggiore dialogo con il ministro attuale che. Spesso con lui c’è un esame coincidente delle difficoltà che si presentano e degli strumenti per superarle. Naturalmente - ha puntualizzato Gennaro - dobbiamo vedere in concreto cosa accadrà perché non bastano solo le enunciazioni, ma occorre concretamente rimediare ai guasti".

Il presidente dell’Anm si è soffermato a parlare delle "carenze croniche che vi sono state in passato. Speriamo - ha spiegato - che con i nuovi stanziamenti di bilancio si possa avere una inversione di tendenza e recuperare margini di efficienza che allo stato sono ancora precarie". Gennaro ha notato che "purtroppo le carenze sono in tutta Italia: dappertutto mancano i soldi. Ci sono contrazioni di bilancio che hanno determinato l’esaurimento dei fondi. Oggettivamente siamo in difficoltà. Oggi - ha lamentato - non si può comprare un toner, una risma di carta e questo vuol dire che siamo al minimo delle risorse. Ci è stato assicurato che con i prossimi stanziamenti del nuovo bilancio la situazione migliorerà e speriamo che sia realmente così. Altrimenti? Continueremo a segnalare la situazione con forza sperando che ci ascolteranno.

Siamo fiduciosi -ha concluso Gennaro - che la situazione oggettiva sia apprezzata in termini di gravità e sia necessario intervenire al più presto. Noi speriamo che questo accada".

Caselli: bene l’incostituzionalità della legge "Pecorella"

 

Apcom, 28 gennaio 2007

 

 

La dichiarazione di illegittimità, da parte della Corte Costituzionale, della "legge Pecorella" "è una buona notizia" e la decisione "della Consulta va salutata con favore" perché la legge era causa di "grave e irragionevole asimmetria" tra accusa e difesa sul piano del potere d’appello. La "nuova stagione, dopo le polemiche furibonde" su alcune leggi definite ad personam, dovrebbe, però, continuare con altre riforme come ad esempio quella "della legge ex Cirielli e della normativa del falso in bilancio". Lo ha sostenuto, oggi a Torino, il Procuratore Generale Gian Carlo Caselli nella relazione di apertura dell’anno giudiziario, in cui ha affrontato anche il problema delle risorse della giustizia, della sicurezza sul lavoro, dell’indulto al quale non ha fatto da corollario una amnistia e, infine, del progetto di riforma Mastella.

"Dopo anni di polemiche accese - ha affermato Caselli - quel che viene sempre più drammaticamente al pettine è il nodo dell’organizzazione. Con questo termine mi riferisco a tutto, dalle piccole necessità quotidiane alle scelte strategiche di fondo, ad un minimo di razionalità alla distribuzione degli uffici sul territorio alle tecnologie informatiche per ridisegnare il processo". A parere del pg, "l’organizzazione non può fare miracoli, ma certamente può razionalizzare la situazione e ridurre in maniera consistente i tempi della giustizia e i disagi dei cittadini". Su questo piano "che compete al ministro della Giustizia, i ritardi continuano ad essere clamorosi - ha rilevato ancora Caselli - mentre è urgente dare precisi e concreti segnali di discontinuità, invertendo una rotta lungo la quale possono esservi soltanto macerie".

Il procuratore generale ha infatti denunciato la bassissima percentuale storicamente attribuita nel bilancio statale alla giustizia. "Una situazione che negli ultimi anni ha registrato un drammatico peggioramento" e che ha portato "alla riduzione, sempre più vicina al livello di guardia, delle possibilità di fare adeguatamente fronte alla domanda di giustizia, penale e civile, che la collettività esprime". Serve "un tetto alle spese" ha spiegato Gian Carlo Caselli, ma "senza le risorse essenziali e senza razionali scelte di priorità, la giustizia chiude i battenti. Il Procuratore Generale, al proposito, ha ricordato che "per gli uffici di Procura del nostro Distretto, nel 2006 sono stati assegnati per le spese di funzionamento degli uffici giudiziari (automezzi, materiale cancelleria e fotocopie ndr.) 544.912,59 euro a fronte di una richiesta quasi doppia, di 927.164,34 euro".

Caselli ha quindi affrontato il problema della "sicurezza in ogni senso e in particolare sui luoghi di lavoro", ricordando, al riguardo, l’impegno e i moniti del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sul "livello di attenzione e di contrasto del Paese in materia di infortuni sul lavoro. La nuova attenzione della politica alla sicurezza sul lavoro - ha però detto Caselli - è un fatto di grande interesse in questa stagione ma la sollecitazione ad un impegno rinnovato sul tema richiede mezzi e risorse". Torino, peraltro, come ha spiegato il Procuratore Generale, rappresenta "un caso emblematico in positivo nell’esperienza nazionale ma senza mezzi o risorse adeguate si rischia di non mantenere il livello raggiunto".

Per quanto riguarda, poi, l’indulto, Caselli ha ricordato che "sono note e sacrosante, alcune ragioni addotte per giustificare il provvedimento: il sovraffollamento carcerario, che rende invivibili, talora incivili, gli stabilimenti di detenzione. A fronte di queste ragioni, il provvedimento ha riguardato anche reati per cui quasi nessuno dei cosiddetti colletti bianchi di solito in essi coinvolti finisce in carcere". Si sarebbe quindi trattato di un provvedimento "assolutamente indifferenziato senza distinzione tra soggetti più o meno pericolosi. Il provvedimento - ha detto Caselli - ha riguardato e riguarda anche gli autori di crimini gravi, come omicidi, rapine, estorsioni, sequestri di persona a scopo di estorsione".

L’indulto, oltre all’immediata "remissione in libertà di un rilevante numero di detenuti", continua ad operare tutti i giorni: perché quotidianamente l’autorità giudiziaria deve porre in libertà soggetti già condannati con sentenza passata in giudicato, man mano che il residuo pena da scontare arriva a soli tre anni di reclusione. Il che significa - ha denunciato il Procuratore Generale - che gli effetti liberatori del condono sono destinati a protrarsi non per qualche giorno o qualche mese ma per molti anni".

"La fulmineità del provvedimento di clemenza, poi, non ha consentito di predisporre per tempo dei paracadute di assorbimento sociale - ha detto ancora Gian Carlo Caselli, auspicando che "all’indulto dovrebbe almeno affiancarsi la proposizione di alcune domande cardine, come il problema della tossicodipendenza e delle migrazioni, Non possono sottacersi, infine, le preoccupazioni che sostanzialmente trovano concordi tutti i Procuratori del distretto, - ha affermato Caselli - in ordine alla mancata adozione - unitamente a quello di indulto - di un provvedimento di amnistia che avrebbe almeno avuto l’effetto "di parzialmente decongestionare le aule giudiziarie, risparmiando anni di lavoro" e avrebbe avuto "il pregio di decongestionare i fatti ritenuti dallo stesso legislatore di minore rilevanza sociale".

Roma: l’indulto dimostra la persistenza delle disfunzioni

 

Asca, 28 gennaio 2007

 

Il presidente della Corte di appello di Roma, Giovanni Francesco Lo Turco, ha criticato gli interventi attuati negli ultimi mesi dal nuovo ministro della giustizia Clemente Mastella. Nel prendere la parola durante la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario ha sostenuto: "Un semplice sguardo agli interventi legislativi susseguitisi nello scorso anno porta ad una amara delusione. La confusa soluzione trovata in extremis ai problemi connessi all’entrata in vigore dei decreti legislativi sull’ordinamento giudiziario e l’approvazione di un indulto al dichiarato scopo di attenuare il sovraffollamento delle carceri dimostrano purtroppo come ancora manchi il fermo proposito di affrontare le disfunzioni del sistema giudiziario".

 

Mandato arresto europeo, Italia a rischio per nuove immigrazioni

 

"La legge riguardante l’indulto innova rispetto alle precedenti leggi che introducevano anche l’istituto dell’amnistia che, estinguendo il reato, determina l’estinzione del procedimento: analogo effetto invece non si verifica con l’indulto che, come è noto, estingue soltanto la pena e impone la normale celebrazione del processo. Ebbene, questa legge è stata giudicata in maniera negativa dalla dottrina e dall’autorità giudiziaria, non soltanto per la sua estensione a tutte le forme di reato, tranne qualcuna, ma perché l’autorità giudiziaria lavorerà in buona parte a vuoto e per un bel po’ di anni: si infliggeranno soltanto pene simboliche e saranno così sacrificate la aspettative di punizione dello stato e di soggetti privati". Questo un altro passaggio della relazione del procuratore generale presso la Corte d’appello, Salvatore Vecchione.

Nel dossier presi in esame dall’alto magistrato, una parte importante è per i reati contro la pubblica amministrazione. "Costituiscono un dato ingannevole le non eccessive iscrizioni per i delitti contro la pubblica amministrazione sono poi addirittura rare le iscrizioni per reati di corruzione e di concussione questo essendo lo stato delle cose non si vuole dire che ormai sono rari i corrotti e i corruttori; significa soltanto che la convergenza di interessi tra gli autori pubblici e gli autori privati di questo genere di fatti limita le notizie di reato e rende particolarmente difficoltoso l’onere della prova".

Secondo il magistrato "più estese ma connesse, sono le negatività dovute ad una scadente etica delle condotte. Si è più volte sottolineato il mal vezzo del ricorso ingiustificato -o più correttamente giustificato da motivi clientelari - a consulenze esterne e ad incarichi a soggetti estranei alla pubblica amministrazione. Simili modalità di gestione della cosa pubblica non sviliscono le risorse in organico, ma soprattutto determinano un dispendio ingente di denaro pubblico proprio in un periodo, come questo, di crisi talmente grave da imporre tagli di spesa fino ad oltre il limite della possibilità di gestione degli uffici".

Anche la legge sul mandato di arresto europeo non è sfuggita al controllo di Vecchione. Questa "suscita forte preoccupazione nella parte in cui stabilisce che lo Stato italiano rifiuta l’estradizione quando l’ordinamento dello Stato estero non prevede termini massimi di custodia cautelare". Insomma, si tratta "di una disposizione che trascura l’efficacia e il civismo di certi meccanismi in uso in altri paesi, come quello della verifica periodica delle esigenze cautelari (sistema invece ritenuto dalla Corte europea pienamente rispettoso della Convenzione sui diritti umani) Si esprime preoccupazione perché il nostro Paese rischia di diventare ricettacolo di soggetti inclini a delinquere per i quali si è rifiutata l’estradizione, tanto più che l’Unione europea si va sempre più espandendo a paesi in cui è notevolmente elevato l’indice di criminalità".

Milano: altro che manager, siamo curatori fallimentari

 

Asca, 28 gennaio 2007

 

C’è poco da parlare di "condotta da manager" per i responsabili dei Tribunali, perché se la macchina giudiziaria fosse un’impresa allo stato attuale ci sarebbe solo "un curatore fallimentare". Ha usato toni polemici il presidente della Corte d’Appello di Milano, Giuseppe Grechi, per tornare a denunciare la scarsità di fondi destinati al funzionamento della cittadella giustizia milanese. "Ci si chiede di assumere una condotta da manager, ma se fossimo un’impresa ora vi parlerebbe un curatore fallimentare", ha detto Grechi nella sua relazione pronunciata in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario.

Il magistrato ha puntualizzato che "i fondi per le spese d’ufficio sono via via diminuiti dagli 873 mila euro del 2001 ai 400 del 2006". Stesso discorso per "quelli per la vitale foto riproduzione" che "si sono ridotti a un terzo in tre anni, passando da 978.586 del 2004 a 348.000 del 2006, e buona parte dei fondi del 2006 sono arrivati, a seguito dell’ennesimo allarme di questa presidenza e per l’apprezzabile intervento straordinario del ministro, solo a dicembre". Risorse che, ha lamentato ancora una volta il presidente della Corte d’Appello di Milano, "sono serviti a pagare debiti già accumulati".

Firenze: a causa dell’indulto solo un aggravio di lavoro

 

Apcom, 28 gennaio 2007

 

L’indulto ha complicato la vita agli uffici giudiziari fiorentini: è quanto ha affermato Giorgio Brignoli, procuratore generale di Firenze, intervenendo alla cerimonia di apertura dell’anno giudiziario nell’aula bunker di Santa Verdiana. Il provvedimento di clemenza infatti "ha determinato un aggravio di lavoro per gli uffici giudiziari - ha spiegato - senza alcuna ricaduta positiva sui tempi di definizione dei procedimenti". Questo perché i procedimenti "si debbono ugualmente istruire e trattare nella fase processuale - ha aggiunto Brignoli - con la conseguenza che, in caso di condanna, questa non sarà eseguibile".

Bologna: lavoro logorante e sforzi per taglio delle spese

 

Apcom, 28 gennaio 2007

 

Il Pg di Bologna, Francesco Pintor, lamenta le ricadute dell’applicazione dell’indulto sul sistema giustizia. "Le scelte del legislatore vanno rispettate - ha detto nella sua relazione in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario in Corte d’appello a Bologna - ma le ricadute sul sistema non possono essere ignorate. Le ragionevoli previsioni indicano nell’80 per cento la quota dei procedimenti che si concluderà, in caso di condanna, con una pena interamente condonata. Va rilevato che non è mai stato concesso un indulto così ampio e senza la concomitante concessione di una amnistia".

Parlando poi dello stato della giustizia penale nel distretto dell’Emilia-Romagna, Pintor ha ricordato che le condizioni di lavoro nelle Procure "sono logoranti": ciascun pm, secondo il Pg, ha un carico medio di circa 1500 procedimenti, con punte di 2000. A questo va aggiunto lo sforzo di contenere le spese che "è stato massimo": le somme liquidate ai gestori telefonici sono diminuite del 78% nella Procura di Bologna e le intercettazioni telefoniche e ambientali sono state ridotte del 39%.

Venezia: l’indulto provvedimento concepito nella fretta

 

Agi, 28 gennaio 2007

 

"Il Veneto, a fronte di un organico previsto di 408 magistrati, ne ha 37 in meno". Lo ha detto il presidente reggente della Corte d’appello di Venezia Nicola Greco nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. "In questa regione, quindi, la carenza dell’organico è del 9,07%, quindi superiore alla media nazionale che è pari al 7,71% - ha proseguito Greco -. Una situazione al limite del collasso si registra a Vicenza. Nello scenario di crisi che da anni affligge la giustizia, non è intervenuto alcun sensibile miglioramento. Si è allungata ed è peggiorata la durata dei processi sia civili che penali". "L’indulto è stato concepito nella fretta e disciplinato male". Lo ha detto il pg di Venezia Ennio Fortuna nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario.

Fortuna considera negativa la mancanza di amnistia "tanto da indurci alla riflessione veramente cruciale se valesse davvero la pena continuare a gestire processi destinati a concludersi con una pena esclusivamente virtuale, vista la situazione dei nostri uffici, che non sono in grado di trattarli tutti tempestivamente e con la richiesta precisione".

Nel Padovano si registra la rinascita della malavita organizzata, "la cosiddetta mala del Brenta a cui si aggiunge il fenomeno delle bande di extracomunitari e giostrai". È quanto evidenziato dal presidente reggente della Corte d’appello di Venezia Nicola Greco nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. Quanto ai reati, nel Padovano sono aumentati gli omicidi che sono passati da 27 dell’anno 2004-2005 a 36 nell’anno 2005-2006. Il numero è invece stazionario nelle altre province. In generale, nel Veneto, sono aumentati i reati di violenza sessuale e di pedofilia che, segnala la Procura dei minori, sono passati da 24 a 36.

"Liquidare il pool adesso mi sembra irragionevole". È il commento del procuratore generale di Venezia, Ennio Fortuna, alla proposta del suo omologo di Trieste Beniamino Deidda. "L’idea di un cambio del pool è possibile e molto interessante - ha aggiunto Fortuna - ma una decisione sulle sorti del pool e sulla direzione dell’inchiesta intesa come indagini potrà essere presa ragionevolmente solo dopo il deposito del supplemento di perizia" che era stato chiesto dal gip di Trieste Enzo Truncellito. In quanto al lamierino che era stato trovato nell’ordigno inesploso nella chiesa di Portogruaro e che si presume sia stato manomesso nel corso della perizia, Fortuna sottolinea: "Attualmente ne sappiamo troppo poco. Liquidare il pool adesso mi sembra irragionevole. Quanto è accaduto è così straordinario e atipico che avrebbe sorpreso chiunque. Non difendere nessuno, chi conosce i colleghi sa che non ne hanno bisogno tanto è riconosciuta e apprezzata la loro competenza e professionalità". Per quanto riguarda l’inchiesta, il pg di Venezia ha sottolineato che "finora è mancato il riscontro del successo ma la partita è ancora aperta". Nella sua relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario, Fortuna ha ribadito che "c’è totale accordo" tra le Procure di Trieste e di Venezia.

Perugia: carenza di organico e il contenzioso aumenta

 

Apcom, 28 gennaio 2007

 

"Il distretto è segnato dall’inadeguatezza dell’organico dei magistrati e del personale amministrativo a fronte di un crescente incremento dei flussi di contenzioso, soprattutto nella materia penale". Così Antonio Buonajuto, presidente della Corte d’Appello di Perugia (insediatosi dopo la lunga reggenza del presidente Sergio Matteini Chiari e del presidente vicario Emanuele Salvatore Medoro) nella cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, alla presenza delle autorità politiche ed amministrative.

Partendo da considerazioni generali sullo stato della giustizia, Buonajuto nella sua relazione ha analizzato la situazione territoriale la Corte d’Appello di Perugia - ha detto - comincia ad essere tra le più gravate d’Italia (trattando, tra gli altri, procedimenti dove sono coinvolti, come imputati o parti offese, i magistrati del Distretto di Roma, procedimenti penali sempre provenienti dal Lazio relativi a istanze di riparazioni per ingiusta detenzione e di revisione) e, date le risorse umane e materiali che le sono assegnate, risulta penalizzata rispetto ad altri distretti, classificati, come Perugia, piccoli e medio piccoli ma che non sono capoluogo di regione e contano una popolazione inferiore per numero o una minore estensione territoriale e, comunque, un profilo socio economico meno vivace di quello Umbro, che è polo di attrazione turistica e di importanti eventi, con grande seguito di visitatori.. Le inadeguatezze, registrate oltre che sul piano logistico, nell’organico dei magistrati e del personale amministrativo e nella progressiva riduzione delle risorse finanziarie incidono in termini crescenti sulla gestione di tutti gli Uffici giudiziari del Distretto - ha aggiunto Buonajuto - dilazionando la durata dei processi e spegnendo i segnali di ripresa che, l’avvento del giudice unico in primo grado, lasciava intravedere.

Ancona: il pericolo è dato da una criminalità dilagante

 

Agi, 28 gennaio 2007

 

La situazione degli uffici del distretto della Corte di Ancona "è analoga a quella di tutti gli altri uffici nel territorio nazionale: l’amministrazione della giustizia purtroppo ha raggiunto livelli impensabili di inefficienza divenuta ormai quasi fisiologica al sistema e il cui effetto più appariscente è la intollerabile lunghezza dei procedimenti". Lo ha affermato Mario Buffa, presidente della Corte d’Appello di Ancona, nell’inaugurare l’anno giudiziario 2007.

Buffa ha rimarcato come tutti i presidenti di tribunale (ad eccezione di Ancona) abbiano "segnalato l’inarrestabile aumento delle pendenze sia in materia civile che penale e di riflesso il prolungamento dei tempi di definizione dei procedimenti".

Il presidente della Corte d’Appello ha evidenziato poi come la riforma del giudice monocratico e la riforma del giudizio abbreviato davanti il gip abbiano "sicuramente inciso in termini positivi sull’incremento della produzione giudiziaria che però da un lato non ha compensato l’inarrestabile aumento del contenzioso, dall’altra ha determinato la creazione di una sorta di imbuto con riguardo al giudice di secondo grado cui è improvvisamente pervenuto un maggior numero di procedimenti e dove pertanto la crisi del sistema è più evidente".

Dunque la crisi riguarda "oggi e particolarmente - ha ribadito Buffa - il giudice d’appello". E i dati sui processi pendenti (in continuo aumento) elencati dallo stesso Buffa ne sono la conferma. Per quanto riguarda la materia penale a fronte di 6.156 processi pendenti al primo luglio 2005 risultavano pendenti al 30 giugno dell’anno scorso 7009 processi più tre della corte di assise d’appello, dunque in tutto 7012. Confrontando il dato 2006 con marzo 2002 quando i processi pendenti erano poco meno di 5000 si nota senza ombra di dubbio la progressiva crescita delle pendenze. Più grave la situazione della giustizia civile e del lavoro. In materia civile risultavano pendenti al 30 giugno dell’anno scorso 5236 procedimenti (erano 4737 all’1 luglio 2005) contro i 2221 pendenti nel 2002. Per quanto riguarda la giustizia del lavoro a fronte dei 1079 procedimenti prendenti il primo luglio del 2005 a fine giugno dell’anno scorso risultavano pendenti 1672 procedimenti, ma la progressiva e costante crescita è ancora più evidente comparando il dato di fine 2002 (811 procedimenti pendenti).

Lo scorso anno si sono "verificati alcuni gravi fatti di devianza, specialmente giovanile caratterizzati da incredibile disprezzo per i valori della persona". Questi segnali "sono indicatori del pericolo che anche in questa regione, che fortunatamente finora ne è stata indenne, possa allignare la mala pianta della criminalità organizzata". Lo ha detto oggi Mario Buffa, presidente della Corte d’Appello Ancona, inaugurando l’anno giudiziario 2007. La preoccupazione sottolineata da Buffa è che "la sana economia di questa operosa comunità possa essere compromessa dalla introduzione di pratiche malavitose assai diffuse in altre regioni che finirebbero per comprometterne lo sviluppo o addirittura la stessa sopravvivenza del suo sistema economico".

Nella sua relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2007, il presidente della Corte d’Appello di Ancona, ha poi parlato di come sia cambiato il clima politico rispetto al passato sottolineando l’apertura di dialogo da parte del nuovo ministro della giustizia che "dopo la sua nomina ha voluto significativamente incontrare" una rappresentanza dell’Associazione magistrati e subito dopo si è presentato al Csm "auspicando l’inizio di un dialogo". Buffa ha poi sottolineato la mancanza di un "progetto per la giustizia che permetta di sperare che si uscirà dalla crisi. "Manca anzitutto - ha proseguito il presidente - un progetto organizzativo che ponga rimedio alla politica dello sfascio".

Bari: processi troppo lunghi, servono subito le riforme

 

Apcom, 28 gennaio 2007

 

"A fronte di una domanda di giustizia che non registra cali, la situazione evidenzia le note difficoltà a fornire risposte puntuali sotto il profilo della celerità e completezza": le parole di Vito Mario Caferra, presidente della Corte d’Appello di Bari, che inaugurava oggi l’anno giudiziario per il distretto di Bari e Foggia, sono apparse coerenti con il quadro nazionale.

Il costante aumento del contenzioso sia nel settore civile che in quello penale, a fronte delle stesse risorse materiali e di organici e mezzi, è stato il tema principale della lunga relazione letta oggi davanti al consueto parterre di autorità civili e militari. In prima fila, il presidente della commissione Giustizia della Camera Pino Pisicchio ed il presidente della Regione Nichi Vendola.

Anche a Bari, come a Lecce, avvocati in agitazione che, dopo l’intervento di un loro rappresentante, hanno platealmente abbandonato l’aula. Al centro della protesta, si legge in un documento dell’Ordine degli avvocati di Bari, "tutta una serie di misure legislative che minacciano di far degenerare la funzione difensiva, i fondamenti della sua indipendenza e sviliscono il significato del suo riconoscimento costituzionale".

Quanto ai numeri della situazione giudiziaria nelle due province di Bari e Foggia, nel settore penale le attività criminali che "tirano" - è il caso di dire - sono il traffico di stupefacenti, le estorsioni, e l’usura. Quanto alle attività mafiose, le indicazioni provenienti dalle varie Dda parlano di una sorta di pax mafiosa, anche se gli ultimi fatti di sangue indicano delitti collegati a lotte interne per la conquista di spazi territoriali.

Continua il passaggio di stupefacenti dall’Albania alla Puglia in direzione dei mercati del centro nord d’Europa. Le estorsioni restano sempre la principale fonte di autofinanziamento dei clan, in connessione anche coi reati di usura, "una vera e propria piaga sociale" la definisce la relazione e con uno scarso numero di denunce "anche a fronte dell’impossibilità da parte di famiglie e imprese in difficoltà, nel ricorso al credito bancario". Segnalata la meritoria azione della Fondazione Antiusura "San Nicola" operante a Bari.

Un altro grave problema emerso è quello dei maxi-processi e il presidente nel segnala solo tre: il "Borgo antico" con 132 imputati in corso da nove anni e otto mesi; il "Dolmen" con 182 imputati cominciato nel 1988 e il più recente "Eclisse" che risale appena all’anno scorso dopo aver portato in galera 209 componenti di un noto clan mafioso di Bari. La relazione segnala l’enorme impegno di risorse che tali processi assorbono, dalle aule bunker, alle centinaia di uomini delle forze dell’ordine impegnati in ogni udienza, all’enorme mole di lavoro per tutti gli uffici giudiziari.

Caferra ha parlato di "effetti negativi di un uso abnorme del processo penale che si riflette sul funzionamento del processo civile, perché assorbe larga parte delle risorse e lascia poco spazio alla tutela civile dei diritti". La giustizia civile, analogamente, appare oberata da una mole impressionante di processi tra primo e secondo grado che mettono a dura prova uffici e uomini: 36mila cause di lavoro, 166mila controversie in materia di previdenza e tempi lunghi anche in materia di giustizia minorile con 365 procedimenti di adozione internazionale e 206 decreti di idoneità. In conclusione, nella relazione, l’auspicio di una vera riforma del codice penale e di procedura penale, anche con una serena "critica e autocritica su quanto può e deve essere fatto per uscire, tutti insieme, dal labirinto della crisi".

 

Vendola: tossici e immigrati, c’è solo il penale

 

Il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario parla dei problemi dell’organizzazione della giustizia ma si sofferma anche sulla necessità di non delegare temi come quello del consumo di stupefacenti e dell’immigrazione clandestina al solo diritto penale.

"Ho sentito analisi e ragionamenti di grande lucidità e consapevolezza di quali siano i problemi della giustizia, di come talvolta le riforme rischiano di essere delle chimere se non sono sostanziate da un’inversione di tendenza in termini di finanziamento del servizio giustizia - ha commentato Vendola - se la giustizia penale continua ad essere il luogo al quale la società affida la risoluzione delle più importanti controversie, come quelle che riguardano temi nuovi o temi relativamente nuovi".

"Il tema delle dipendenze patologiche da sostanze o della devianza legata allo sradicamento per il fenomeno di crescita delle migrazioni non possono essere delegate al diritto penale, ha aggiunto il presidente della Regione Puglia - questo determina un ingolfamento dei processi e degli istituti penitenziari. Non è stato il solito rischioso gioco di rimpallo di responsabilità. Abbiamo ascoltato qui dalla sede più autorevole della giustizia di Bari un richiamo importante non solo ai dati di realtà, per esempio il permanere di dinamiche criminali di tipo mafioso sul nostro territorio che vanno combattute con grande consapevolezza, per esempio i reati contro la pubblica amministrazione".

Ma, questo quadro ricognitivo secondo Vendola è stato collegato al fatto che "la giustizia è lenta e ingolfata e quando è lenta e ingolfata rischia di non essere più clamorosamente giustizia, per una serie di ragioni che sono la precarietà della cornice normativa, il fatto che alle riforme non corrisponde una conseguenza in termini di finanziamento strutturale, allargamento degli organici, implementazione delle quantità e qualità allocate nella sede giustizia, ma anche la consapevolezza che se la giustizia deve ridurre al complessità del mondo contemporaneo a un problema di natura penale, davvero la giustizia rischia di deflagrare".

La critica rivolta dal presidente della Corte d’Appello di Bari ai maxi-processi, "la trovo - ha detto Vendola - nella sobrietà e delicatezza con cui è stata pronunciata, totalmente condivisibile", mentre il problema della criminalità minorile è uno degli elementi che abbiamo da tempo denunciato e quanto più - ha spiegato l’ex componente della Commissione antimafia - i clan mafiosi perdono la loro capacità di essere sedimentati nel territorio e forti perché egemoni in un territorio, tanto più nello smembramento, nella cattura dei leader, nella disarticolazione degli eserciti criminali tendono ad emergere le nuove leve adolescenziali.

La storia di Bari, al pari della storia di Catania, è stata talvolta la storia di una mattanza di ragazzini, perché erano ragazzini i killer e ragazzini anche le vittime innocenti tante volte". Quindi questa segnalazione "è nella realtà della storia barese e ci richiama il fatto che -ha concluso Vendola - l’antimafia non è soltanto un problema di giudici e di forze dell’ordine, perché si tratta in quel caso, di fronte alla debolezza dei clan, a rompere le radici del familismo mafioso e, quindi, è un problema della capacità di prevenzione e di recupero sociale".

Cagliari: preoccupa aumento attentati contro amministratori

 

Apcom, 28 gennaio 2007

 

In Sardegna la lentezza del processo ha raggiunto "livelli insostenibili" a causa del "totale fallimento" del codice di procedura penale. "Rivelatosi - ha sentenziato il presidente della corte d’Appello di Cagliari, Vincenzo Oliveri - di ardua e macchinosa praticabilità, almeno sotto l’aspetto del giudizio ordinario. Anche se va detto che la serie di correttivi di tipo pragmatico e utilitaristico apportati negli anni hanno avuto un favorevole riflesso nello snellimento e nell’accelerazione delle procedure". Si è dato, infatti, maggiore spazio ai riti alternativi, con l’introduzione del patteggiamento allargato e del giudizio abbreviato condizionato.

Rimane elevatissima la percentuale dei reati di cui restano ignoti gli autori e perciò aumenta la sfiducia del cittadino che si sente deluso nella sua aspettativa di giustizia e nel suo affidamento alla certezza del diritto. Permane molto alta la percentuale delle prescrizioni dei reati: fenomeno questo destinato ad assumere maggiori proporzioni non appena entrerà a pieno regime la legge ex Crielli.

Il fenomeno che maggiormente affligge il territorio isolano è senza dubbio quello degli attentati ai pubblici amministratori, commessi con l’impiego di ordigni esplosivi o incendiari. Attentati che nella maggior parte dei casi costituiscono forme di ribellione contro atti ritenuti ingiusti.

Non si sono registrati sequestri di persona di tipo tradizionale, mentre sono tuttora in corso le indagini per il rapimento di Giovanni Battista Pinna, commesso a Bonorva il 19.9.2006.

Sono sempre più frequenti i segnali di una ripresa del fenomeno terroristico. Permane elevato il numero delle rapine, delle estorsioni e dei furti, degli omicidi colposi con violazione delle norme del codice stradale. Si riscontra una recrudescenza di settori criminali accomunati dalla finalità di lucro come il traffico di sostanze stupefacenti, il commercio di armi, lo sfruttamento della prostituzione.

Resta stabile il numero degli omicidi, consumati e tentati, originati da circostanze occasionali. Numerosi gli incendi dolosi e colposi. È sempre alto il numero delle violazioni in materia edilizia e ambientale. L’attività criminosa dei cittadini stranieri, perlopiù extracomunitari privi di permesso di soggiorno, è percentualmente molto elevata in materia di delitti contro il patrimonio e, soprattutto, nel settore dello sfruttamento della prostituzione e del traffico degli stupefacenti. Infine, in quasi tutti i circondari è stata constatata una forte espansione di reati in materia informatica.

Campobasso: in Molise ci sono troppi giudici di pace

 

Agi, 28 gennaio 2007

 

Le 17 sedi dei giudici di pace del Molise sono troppe, rispetto agli abitanti ed al carico di lavoro, e quasi tutte sfornite di personale amministrativo. La denuncia l’ha fatta il procuratore generale della corte d’Appello di Campobasso, Nicola Passarelli, nel corso della sua relazione in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario. "Molti uffici - ha affermato Passarelli - non hanno flussi di lavoro considerevoli. Da anni ne chiediamo la soppressione o l’accorpamento ma, purtroppo, fino ad oggi nulla è stato fatto, protraendo una situazione insostenibile". La razionalizzazione, secondo il magistrato, servirebbe a reperire risorse umane per potenziare le sedi con notevoli carichi di lavoro, come Termoli. Passarelli ha, poi, riproposto il problema delle sedi giudiziarie non funzionali e in molti casi dislocate in diversi stabili, mentre per quanto riguarda la criminalità il procuratore ha sostenuto che non vi sono "situazioni di particolare allarme". I dati che emergono sono l’aumento degli omicidi volontari (12 in tutto il distretto) e di quelli colposi (9) dovuti alla violazione delle norme anti infortunistiche.

Palermo: la mafia continua ad essere una triste realtà

 

Apcom, 28 gennaio 2007

 

Il fenomeno della criminalità organizzata di tipo mafioso continua ad essere una realtà di "estremo rilievo" sul territorio - impone estorsioni, intimidazioni diffuse e attentati incendiari, si inserisce nel mondo degli appalti pubblici e ha legami con settori del mondo politico e economico (la cosiddetta zona grigia) e continua la strategia del sommerso - nonostante la cattura di Bernardo Provenzano e l’opera positiva dei giovani di "Addiopizzo" che stanno diffondendo slogan antimafia capaci di scuotere le coscienze. Questa in sintesi la fotografia del presidente della Corte d’Appello di Palermo, Carlo Rotolo, nella sua relazione sull’amministrazione della Giustizia all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2007, riguardo allo stato di salute della mafia.

"Continua ad essere - scrive nella relazione il presidente Rotolo - una realtà di estremo rilievo, anche se appare incoraggiante il dato relativo ai procedimenti per associazione di tipo mafioso, in ulteriore, netta flessione rispetto all’anno precedente (64 contro i 124, pari a - 48%). Il dato statistico riflette con evidenza più gli effetti positivi dell’intensa azione repressiva delle forze dell’ordine che la pur innegabile riduzione delle collaborazioni dei cosiddetti pentiti".

"Non a caso - ricorda Rotolo nella relazione - in questo anno giudiziario si è registrato il clamoroso successo della cattura del noto latitante Bernardo Provenzano nel Corleonese e più recentemente di Maurizio Di Gati nell’Agrigentino, segnali inequivocabili di un iniziale sfaldamento del tessuto protettivo di importanti latitanti in territori ad alta densità mafiosa".

Eventi positivi, evidenzia il presidente Rotolo, ai quali "si accompagna la significativa esperienza dei giovani di "Addiopizzo" che nella nostra città, con spontanea creatività, hanno diffuso slogan antimafia capaci di scuotere le coscienze al punto di ottenere, dopo essersi costituiti in associazione, l’adesione di commercianti "Pizzo free" che non hanno esitato ad esporre nelle vetrine dei loro esercizi la dicitura "Qui non si paga il pizzo". E se è vero, come è vero, che secondo l’ormai noto detto di Giovanni Falcone "la mafia è un fenomeno umano e come tale avrà fine", eventi come quelli sopra esposti fanno sperare che sia imminente quanto meno il suo declino".

Infine, il presidente della Corte d’Appello fa notare nella relazione che "dagli elementi acquisiti, fermo restando la tradizionale struttura unitaria e verticistica di Cosa nostra articolata nel territorio in famiglie e mandamenti, Provenzano ha cercato di coagulare attorno a sé un ristretto vertice, allo scopo di determinare le linee strategiche, una volta rappresentata dalla "Commissione", di cui hanno fatto da ultimo parte, oltre a Provenzano, Salvatore Lo Piccolo, Matteo Messina Denaro, Francesco Pastoia (arrestato il 25 gennaio 2005 e suicidatosi in carcere due giorni dopo) e Antonino Rotolo (catturato nell’operazione "Ghota" del 20 giugno 2006)". In pratica il presidente Rotolo indica in Salvatore Lo Piccolo e Matteo Messina Denaro i possibili eredi di Provenzano.

Imperia: aumentano i reati commessi dagli stranieri

 

Secolo XIX, 28 gennaio 2007

 

Aumentano i reati commessi dagli stranieri. In un anno da 219 sono passati a 263, di questi 255 sono a carico di extracomunitari. Molti reati sono stati compiuti poi da ex detenuti, persone scarcerate per l’effetto dell’indulto. È uno dei dati relativi all’andamento giudiziario della procura di Imperia. Nel corso dell’anno, nel distretto imperiese, per i reati di maggior impatto sociale, si sono verificati 27 omicidi, tra volontari e colposi.

Per quanto riguarda le rapine il fenomeno è sostanzialmente stabile, 24 contro le 25 del periodo precedente, per 10 casi si è proceduto a carico di persone note. I furti rappresentano una spina nel fianco per Imperia e comprensorio. Secondo i dati forniti dalla procura i fascicoli aperti a carico di "noti"sono stati 57 nel 2005, 60 nel 2006. I procedimenti contro "ignoti" per l’anno 2005 sono 937, l’anno successivo sono scesi a 711.

Le estorsioni invece sono stabili 8 come nel precedente periodo tutte consumate. Per quanto riguarda i reati contro la pubblica amministrazione ci sono fatti episodici e di medio-piccolo rilievo. "Il fenomeno - scrive nella sua relazione il procuratore capo Bernardo Di Mattei - è in diminuzione: 35 procedimenti contro i 50 del periodo precedente".

In modesta flessione poi i casi di violenza sessuale e pedofilia passati da 24 a 22. "Nessun episodio tuttavia - dice il procuratore capo- ha destato clamore o allarme sociale". I reati contro l’incolumità pubblica e la salute dei cittadini nonché quelli in materia di tutela dell’ambiente e del territorio sono passati da 358 a 268, quelli di edilizia e urbanistica da 98 a 76.

Trieste: rinnovare pool di investigatori su Unabomber

 

Asca, 28 gennaio 2007

 

All’inaugurazione dell’anno giudiziario a Trieste ha tenuto banco la vicenda di Unabomber. "Occorrerà definire la competenza territoriale, che secondo principio è a Trieste, e rinnovare il pool di investigatori - ha detto il procuratore generale di Trieste, Beniamino Deidda - che per i sospetti legati alle ultime vicende processuali non può più essere impiegato per le attività di indagine". Dopo aver osservato che la fuga di notizie sulla perizia riguardante le forbici di Elvo Zornitta, Deidda ha aggiunto che è "sicuramente avvenuta ad opera di coloro che custodivano questo elemento".

"Ci rendiamo conto che l’ allarme sociale legato a questi attentati giustifica le attese della pubblica opinione. Ma la fuga di notizie e l’ aggressione mediatica nei confronti di un cittadino non hanno nulla a che fare - ha sottolineato - con il ruolo degli organi della pubblica informazione".

Quanto, poi, alle manomissioni del lamierino, per Deidda "vi sono fondati motivi che essa ci sia stata, e su questo a Venezia si sta procedendo". "Resta il gravissimo colpo inferto alle indagini, che si traduce in un discredito nei confronti degli investigatori", ha aggiunto il procuratore, osservando inoltre che se venisse confermata l’alterazione "saremmo di fronte a un gravissimo caso di infedeltà, ma in nessun caso a un’ azione persecutoria dei magistrati, che hanno condotto un’ indagine difficilissima".

 

Precedente Home Su Successiva