Rassegna stampa 26 gennaio

 

Anno giudiziario: sono necessarie riforme profonde e urgenti

 

Ansa, 26 gennaio 2007

 

È "indispensabile e urgente" una legge che "chiarisca i gravi problemi" legati al trattamento terapeutico dei malati terminali. A segnalare il vuoto legislativo è il presidente facente funzioni della Cassazione, Gaetano Nicastro, nella relazione di inaugurazione dell’anno giudiziario. Senza mai citare la parola eutanasia, richiama il "grave problema" di stabilire "se e quando sia legittimo interrompere il trattamento". Una questione che investe "profondi problemi etici".

"È indubbio - sostiene Nicastro - che la nostra Costituzione esclude che si "possa essere obbligati a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge", garantendo il diritto alla salute e contemporaneamente all’autodeterminazione. Di fronte al progresso della farmacologia e dell’ingegneria medica rimane ambiguo il concetto stesso di accanimento terapeutico sicché appare indispensabile ed urgente un intervento del legislatore che affronti e chiarisca i gravi problemi che sempre più frequentemente si presentano al giurista e al medico".

Nicastro sollecita riforme "profonde e ormai improcrastinabili". E si appella a governo e parlamento perché "portino a conclusione quelle riforme, anche profonde, ma ormai improcrastinabili, perché il servizio giustizia risponda più adeguatamente alle esigenze di una società moderna". Poi invita gli addetti ai lavori "ad operare con spirito veramente innovativo, consono alle attuali dinamiche sociali ed economiche".

Nicastro si schiera a difesa dei colleghi: non ci sono state ingerenze indebite da parte di magistrati su alcuni dei provvedimenti adottati in materia di giustizia - dice -, ma solo interventi giustificati dall’esigenza di assicurare "sempre più e sempre meglio" il funzionamento della macchina giudiziaria. Di fronte al ripetersi "allarmato ed allarmante, di anno in anno, di dati che evidenziano le disfunzioni della giustizia" Nicastro si interroga sul significato che possa ancora avere "questa pubblica solenne cerimonia", lasciando intendere che si svuota di significato "se rimane fine a se stessa", se rimane un elenco dei "gravissimi problemi che l’attanagliano" senza "essere di stimolo alla loro soluzione".

A questo riguardo il ministro Mastella nel suo discorso ha detto: "La cerimonia di oggi non è senz’anima. L’assenza del primo presidente di Cassazione rende questa giornata tutta particolare". Il riferimento del Guardasigilli è alla mancata nomina del primo presidente della Cassazione, dopo la spaccatura al Csm che ha portato alla bocciatura della nomina di Vincenzo Carbone, presidente aggiunto della Suprema Corte. Mastella rilancia poi con forza l’obiettivo di limitare la durata dei procedimenti (nel civile e nel penale) a cinque anni: "Non è né un libro di sogni, né una stravagante utopia, né un optional di lusso del quale il Paese possa fare a meno", avverte categorico il Guardasigilli. Insomma "arrivare a processi che durino al massimo cinque anni si può" e "si deve".

Tra le molte ombre del sistema giustizia, un dato confortante: è in calo il numero dei reati denunciati. Nicastro rileva che il numero dei reati denunciati è sceso dell’ 11,51% (si è passati da 2.855.372 e 2.526.486), anche se rimane eccessiva la percentuale dei reati ad opera di ignoti (1.992.943): il 78,8%. In pratica rimangono impuniti quasi due milioni di reati.

Giustizia: nel 2006 un italiano su cinque è stato vittima di reato

 

Redattore sociale, 26 gennaio 2007

 

Rapporto Eurispes, giustizia e sicurezza: l’attenzione degli italiani concentrata su pedofilia e violenza sui minori (22,6%). Il 21,7%, ritiene che la criminalità è alimentata da pene poco severe e scarcerazioni facili.

Secondo l’Eurispes, un italiano su 5 (19%) è stato vittima di almeno un reato nel 2006. Il dato è inserito nel capitolo del Rapporto Italia 2007 intitolato "Giustizia e sicurezza dei cittadini: un Paese a legalità limitata".

Nello specifico, per l’Eurispes il 21,7% ed il 16,4% delle risposte date da coloro che hanno subìto un reato sono rappresentati rispettivamente dai furti in casa e da quelli dell’automobile o del motorino; seguono gli scippi/borseggi (14,8%) e le minacce (9,9%). Ben il 27% sono invece stati truffati: infatti il 9,9% dichiara di aver subìto truffe e raggiri (clonazione della carta di credito, truffe finanziarie, falsi contratti, cartomanti, ecc...), il 9,5% è stato vittima di truffe su Internet ed il 7,6% è stato raggirato nella ricerca di lavoro.

Inoltre, nella stessa percentuale (4,6%) gli intervistati hanno subìto estorsioni o sono stati aggrediti fisicamente. L’1% dei casi ha riguardato la violenza sessuale. "In generale, per gli italiani la paura di poter essere vittima di reato è aumentata (42,3%), mentre i timori sono rimasti invariati per il 52,7% degli italiani".

Tuttavia, 1 reato su 4 non viene denunciato. "La presentazione di una denuncia non è sempre un atto scontato - si afferma -, infatti nel 26,8% dei casi si preferisce non sporgere denuncia, pur essendo stati vittime di un crimine".

Le emergenze per gli italiani. "L’attenzione degli italiani si è concentrata soprattutto sull’emergenza pedofilia e sulla violenza sui minori (22,6%), probabilmente a causa degli ultimi tragici eventi di cronaca che hanno visto bambini in tenera età vittime di rapimenti o di omicidi", si afferma. Nell’ordine, i timori degli italiani riguardano le violenze sessuali (9,4%), la criminalità organizzata (9,2%), la violenza minorile (9%), i reati tipici della microcriminalità come i borseggi, gli scippi o i furti in appartamento (8,7%), e l’immigrazione clandestina (8,1%).

La maggior parte dei cittadini, il 21,7%, ritiene che la criminalità è alimentata dalle pene poco severe e dalle scarcerazioni facili attribuendo così grande responsabilità al sistema giudiziario. Il 16,1% manifesta invece atteggiamenti xenofobi e considera l’aumento del numero degli immigrati uno dei principali motivi di diffusione dei fenomeni criminali. "Che l’Italia sia un paese in cui, nell’ultimo decennio, è tramontata un’idea condivisa di legalità è confermato da quanti affermano che all’origine della diffusione dei fenomeni criminali vi sia proprio la mancanza di una cultura della legalità: la pensa così il 15,6% degli intervistati", aggiunge il Rapporto.

Complessivamente, il 22% di essi attribuisce la responsabilità al tessuto socio-economico. Nello specifico rispettivamente il 13,6% e l’8,4% reputano il disagio sociale e la difficile situazione economica la causa principale della criminalità. Il potere delle organizzazioni criminali (7,4%) e le scarse risorse a disposizione delle Forze dell’ordine (7,2%) costituiscono invece la causa degli eventi criminali per il 14,6% degli interpellati.

L’Indice di Penetrazione Mafiosa. L’IPM misura la permeabilità dei territori al crimine organizzato, con l’obiettivo di monitorare il rischio di penetrazione mafiosa cui sono esposti i territori provinciali e di evidenziare, per quanto possibile, i recenti sviluppi del fenomeno e le dimensioni che lo stesso sta assumendo e che potrà assumere nei contesti esaminati. Alla provincia di Napoli, con un punteggio pari a 50,6, va la maglia nera del territorio provinciale più permeabile ai tentacoli della criminalità organizzata. A seguire, la provincia di Reggio Calabria (42,8 punti), Palermo (30,2 punti), Crotone (24,5 punti) e Catanzaro (24,3 punti). "Preoccupante il posizionamento nell’IPM relativo al territorio calabrese - evidenzia il Rapporto -: ben tre province si collocano nelle prime 7 posizioni, a conferma del forte radicamento che la ‘ndrangheta ha in questi territori. La ‘ndrangheta, attraverso l’uso sistematico e indiscriminato dell’intimidazione, del terrore, dell’omicidio, aspira ad affermare contro le Istituzioni locali una propria contro-cultura, una esplicita quanto determinata richiesta di potere".

Nel periodo compreso tra il 1999 e il 2004, in Italia, si sono verificati 762 omicidi per motivi di mafia, camorra o ‘ndrangheta. "Quasi un omicidio su cinque è ascrivibile ai tentacoli del crimine organizzato. L’incidenza diventa significativamente allarmante se spostiamo il dettaglio analitico in alcune realtà territoriali del Mezzogiorno. In Campania quasi una morte violenta su due è di matrice mafiosa, in Calabria tale quota scende ad un terzo del totale, mentre in Puglia e in Sicilia le uccisioni di stampo mafioso rappresentato più o meno un quinto degli omicidi volontari commessi, dunque, tendenzialmente in linea con l’andamento nazionale. Infine, e soltanto come termine di paragone, si può affermare che nel resto delle altre regioni italiane tale quota è prossima allo zero, considerando che su 2.115 omicidi volontari ‘solo’ 20 sono riconducibili ai tentacoli della criminalità organizzata".

Il sommerso mafioso. Le azioni criminose direttamente riconducibili alle associazioni a delinquere di stampo mafioso sono per buona parte sommerse, perché spesso circondate dall’omertà ottenuta con minacce e intimidazioni, che contribuiscono a limitare il numero delle denunce. Per l’Eurispes, "la distribuzione dei reati nelle quattro regioni a rischio (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia) denota che, per tutti i crimini considerati, tra il 1999 e il 2004 sono state effettuate in totale 139.262 denunce: 10.804 per estorsione, 55.883 per produzione, detenzione e spaccio di stupefacenti, 2.444 per associazione a delinquere (delle quali 1.027 per associazione di tipo mafioso), 2.530 denunce per sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, 62.526 per ricettazione e contrabbando e infine 5.075 per attentati dinamitardi. La regione che registra il maggior numero di denunce per reati commessi è quella campana con 68.557 casi, seguita dalla Puglia con 33.557, dalla Sicilia con 24.897 e infine dalla Calabria con 12.251 denunce".

Inoltre, rapportando il numero delle denunce alla popolazione residente in questi territori, emerge che in media vengono effettuate 136 denunce ogni 100.000 abitanti; al disopra di tale quota si posiziona la Campania con 199 denunce ogni 100.000 abitanti, mentre la Puglia si pone quasi in linea con la media generale, con una quota pari a 132. Infine, la Calabria (100 denunce ogni 100.000 abitanti) e la Sicilia (89 denunce ogni 100.000 abitanti) si trovano sotto la media generale.

Confisca dei beni. Oltre all’attività di prevenzione e repressione assume sempre più rilevanza l’attività legata alla confisca dei beni alla criminalità organizzata. Nel periodo compreso tra il 1992 e il primo semestre del 2006, le Forze di polizia coordinate dalla Direzione Investigativa Antimafia hanno complessivamente sequestrato e confiscato beni alle diverse organizzazioni, per un valore pari a oltre 4miliardi e 600 milioni di euro.

Giustizia: i reati sono in calo, ma l’80% resta ancora impunito

 

Il Giornale, 26 gennaio 2007

 

Servono riforme "profonde e ormai improcrastinabili affinché il servizio giustizia risponda più adeguatamente alle esigenze di una società moderna". Lo sottolinea il presidente Gaetano Nicastro nella sua relazione alla cerimonia d’apertura dell’anno giudiziario in Cassazione. Nicastro invita il legislatore, "pur con il riconoscimento e l’ossequio lui dovuto, a operare con spirito veramente innovativo, consono alle attuali dinamiche sociali ed economiche".

Nel far questo, però, il legislatore - suggerisce il presidente Nicastro - deve tenere presente la "provocazione di Diderot, che invidiava il grande vantaggio degli uomini del passato, considerando che les Anciens n’avaient pas d’antique". Insomma, le riforme urgenti e improcrastinabili delle quali c’è bisogno devono essere fatte, per Nicastro, con un occhio rivolto "alle nostre grandi tradizioni giuridiche".

Malati terminali. È "indispensabile ed urgente un intervento del legislatore che affronti e chiarisca i gravi problemi che sempre più frequentemente si presentano al giurista e al medico in tema di interruzione del trattamento terapeutico nei malati terminali" aggiunge Nicastro. Il presidente della Cassazione non parla mai di eutanasia e non fa mai il nome di Piergiorgio Welby, perché, spiega, "il rispetto che nutro per i drammi umani venuti alla luce mi impedisce di citarne i protagonisti, del resto a tutti noti", però rileva che quello di "stabilire se e quando sia legittimo interrompere il trattamento terapeutico nei malati terminali è un grave problema emerso imperiosamente nei mass media, dando luogo ad appassionati dibattiti".

I dati sui reati. Tra il primo luglio 2005 e il 30 giugno 2006 "è considerevolmente diminuito il numero dei reati denunciati (da 2.855.372 a 2.526.486, con una riduzione dell’11,5%), anche se eccessiva rimane la percentuale di quelli ad opera di ignoti (1.992.943)", pari al 78,8%. È quanto si legge nella relazione del primo presidente della Corte di cassazione, Gaetano Nicastro, per l’apertura dell’anno giudiziario 2007. "Un o confortante - sottolinea Nicastro - deriva dalla riduzione pressoché generalizzata di tutte le tipologie di reati, compresi gli omicidi volontari (passati da 3.074 a 2.759, il 10,2% in meno, purtroppo con una incidenza notevole di quelli commessi all’interno del nucleo familiare o fra persone legate da vincoli affettivi) e gli omicidi colposi (diminuiti del 9,4%, da 8.330 a 7.540)".

In calo anche le rapine, passate da 53.805 a 45.285 (-15,8%), le estorsioni (da 217 a 173), i sequestri di persona (da 615 a 545), i reati di violenza sessuale (da 5.505 a 5.026), le truffe (da 150.148 a 116.122) e il traffico di stupefacenti (da 35.390 a 33.859). "Un prevedibile aumento, del 62% - scrive ancora il primo presidente -, hanno subito le violazioni delle leggi in materia di immigrazione (da 12.512 a 20.270), la contraffazione e l’alterazione di marchi e l’uso di marchi contraffatti (da 14.743 a 17.305, +17,3%), nonché il traffico illecito di rifiuti (da 40 a 51, pari al 27,5% in più)". In leggera diminuzione, infine, il numero di minorenni responsabili di reati (da 19.459 a 18.812).

Giustizia: l’Italia tra i Paesi che spendono meno per il sociale

 

Redattore sociale, 26 gennaio 2007

 

Nel 2006 risorse per il welfare pari al 26,4% del Pil contro il 31% di Francia e Germania. I due settori che hanno maggior peso sono quelli della spesa per gli anziani e la sanità. Poche le spese per disabilità, famiglia e infanzia.

"Il Paese sembra impaziente di lasciarsi alle spalle quell’atmosfera di declino che ne ha accompagnato i passi negli ultimi anni, ma deve fare i conti con la sua malattia, con i suoi ritardi, con le fragilità strutturali, ma soprattutto con una classe dirigente inadeguata". Così il presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara, che oggi ha presentato Il Rapporto Italia 2007. Un Paese ancora in difficoltà dove, per dirla ancora con Fara, "le due anime della conservazione e dell’innovazione sono presenti in maniera trasversale nell’intero sistema politico e istituzionale e all’interno dello stesso corpo sociale. Ciascuno, grande o piccolo che sia il potere che riesce ad esercitare, difende il proprio spazio e cerca di tutelare gli interessi che ne derivano".

L’Eurispes supporta queste valutazioni generali analizzando, come ogni anno, settore per settore la situazione nel nostro Paese. Andiamo a vederli, soffermandoci in particolare su quelli di più stretto interesse sociale.

Welfare e politiche sociali. Per l’Eurispes l’Italia è tra i paesi che destinano meno risorse alla spesa sociale, spendendo nel periodo 2000-2006 un valore medio annuo pari al 25,18% del Pil.

Il Rapporto ricorda come l’Italia abbia provveduto, come le altre nazioni d’Europa, alla predisposizione delle misure del cosiddetto welfare ma, "disponendo di un reddito nazionale minore, avendo vissuto con ritardo la trasformazione industriale della sua economia, avendo accumulato un debito pubblico che è superiore allo stesso Pil e che costringe l’erario a devolvere una quota consistente delle entrate a corrispondere gli interessi, la spesa per interventi sociali nel nostro Paese è inferiore a quella degli altri paesi del continente, sia in valori percentuali sul reddito nazionale che soprattutto in valori assoluti".

"Del tutto insufficienti - continua - appaiono le misure a favore dei disoccupati, delle donne e della famiglia, per i giovani, per le persone con difficoltà di inserimento e con problemi di socialità. Il Governo ha promesso di intervenire a favore delle donne e dei giovani; nell’attesa manca ancora un piano o un qualsivoglia progetto nazionale verso queste realtà, alle quali per il momento vanno incontro alcune iniziative degli Enti locali, soprattutto i Comuni con i vincoli di bilancio che ne limitano molto l’azione, o le strutture caritatevoli di matrice religiosa".

Data la crisi economica e i bassi tassi di crescita che hanno caratterizzato gli anni in esame, in Europa si è avuta una crescita, ma non particolarmente accentuata, della spesa sociale in relazione al Pil. L’Italia però, secondo l’Eurispes, "è il Paese che investe meno nello stato sociale: nel 2006, ha una spesa sociale pari al 26,4% del Pil contro valori che superano il 31% di Francia e Germania. Anche i paesi che componevano l’Unione a 15 hanno speso complessivamente più che l’Italia (il 31,5% del Pil). È, invece, il Regno Unito che ha fatto registrare il maggiore incremento passando da una spesa pari al 26,3% del Pil nel 1999 a quella del 28% nel 2006".

Analizzando settore per settore, la spesa sociale nei cinque paesi considerati (Francia, Germania, Italia, Olanda e regno Unito), emerge che i due settori che hanno maggior peso sono quelli della spesa per gli anziani e della spesa sanitaria. "In particolare, in Italia la spesa per anziani è cresciuta allo stesso ritmo del Pil negli anni considerati e rappresenta la metà di tutta la spesa del sociale (12,8% del Pil). Ciò dipende dal fatto che l’incidenza della popolazione anziana è in Italia molto forte, tanto che gli ultrasessantenni rappresentano circa un quarto della popolazione. Anche la spesa sanitaria - continua l’Eurispes - è legata al grado di invecchiamento della popolazione. In Italia, la spesa per questo settore ha raggiunto la dimensione del 7% del Pil nel 2006. Un’altra voce che vede l’Italia primeggiare in spesa sociale è quella della spesa per superstiti che impegna una somma equivalente al 2,5% del Pil".

Le altre voci di spesa hanno tutte valori minori rispetto agli altri paesi europei, "e in particolare la spesa sociale per le emergenze abitative non è ben rappresentabile in termini di Pil (essendo tale valore prossimo allo zero), pur essendo il disagio abitativo un problema molto forte e diffuso soprattutto nelle grandi aree urbane. La situazione è ben diversa dal forte impegno che si registra ad esempio nel Regno Unito e in Francia, dove le somme stanziate per le politiche abitative rappresentano rispettivamente l’1,5% e lo 0,8% del Pil. Nel nostro Paese, inoltre, a fronte di una spesa molto alta per gli anziani ne corrisponde una molto bassa per la famiglia e l’infanzia, settore nel quale l’Italia investe una somma pari all’1,1% del Pil, contro il 3,4% della Germania e un valore complessivo dell’Ue a 15 del 2,4%.

La distribuzione della spesa sociale. L’Eurispes ha preso in considerazione l’indicatore che mostra la composizione percentuale della spesa sociale nei vari settori: fatto 100 il totale della spesa tale indicatore rileva la quota parte attribuita ai singoli settori. È stata quindi stilata una graduatoria dei paesi europei (anche non aderenti all’Ue) tenendo conto del valore medio, relativo al periodo 1999 al 2006, della spesa sostenuta per ciascun settore.

Per quel che riguarda il costo della burocrazia, "si può affermare che è direttamente proporzionale al livello della spesa sociale e i paesi che spendono di più hanno anche maggiori costi amministrativi. Da questo punto di vista, l’Italia appare poco efficiente posizionandosi tra i paesi che più spendono per la gestione della spesa sociale, ma mantenendo un livello di spesa non molto elevato rispetto a paesi simili per dimensioni geografiche e demografiche".

Andando invece ad analizzare la spesa sociale nel settore sanitario, la maggior parte dei paesi europei si concentra in un intervallo di 8 punti percentuali (dal 24% al 32% della spesa). L’Italia si colloca tra i paesi con la minor quota relativa di spesa in questo settore, destinando alla sanità il 24,8% della spesa sociale.

Anche sul versante della disabilità il nostro Paese si colloca agli ultimi posti della graduatoria, destinando a questo settore soltanto il 5,8% della spesa totale. Questo dato stride con quello della Norvegia che destina alla disabilità il 16,7% della spesa totale. Meno dell’Italia spendono in termini percentuali solo Irlanda, Grecia, Francia e Cipro.

La spesa per gli anziani rappresenta l’impegno maggiore: in particolare, in Italia, la spesa sociale per l’anzianità ammonta a circa il 50% della spesa totale, portando l’Italia al quarto posto dopo Lettonia, Polonia e Malta. All’opposto, l’Irlanda, essendo il paese con la popolazione più giovane, destina alla spesa per anzianità una fetta ridotta rispetto a tutti gli altri paesi europei (appena il 17,8% del totale).

L’Italia è invece al primo posto, seguita da Belgio e Lussemburgo, nella spesa per i superstiti e impegna in questo settore oltre il 10% del totale. Sotto questa voce sono classificate le pensioni di reversibilità, ma anche le pensioni assegnate alle famiglie dei caduti e al pagamento di funerali di Stato. Nel complesso, la spesa per anziani e superstiti raggiunge il 60% della spesa sociale totale. Questo dato contrasta fortemente con il dato che riguarda la famiglia e l’infanzia.

La quota parte di spesa sociale destinata alla famiglia e all’infanzia, infatti, vede l’Italia posizionarsi al penultimo posto, seguita solo dalla Spagna, con un investimento di appena il 3,8% del totale, circa un quarto di quanto spendono il Lussemburgo (16,3%) e l’Irlanda (14,3%), paesi ai primi posti in Europa.

Anche per quel che riguarda la disoccupazione, il nostro Paese è al penultimo posto prima dell’Estonia e spende in questo settore meno del 2% del totale contro un valore della Ue 15 di oltre il 6%. Questo non significa che in Italia non esista il problema della disoccupazione, ma che, al contrario, le tutele sociali per chi ha difficoltà a trovare lavoro sono del tutto insufficienti.

Nel settore delle politiche abitative l’Italia è in coda alla classifica ed investe appena lo 0,6 per mille (0,06%) della spesa sociale. È invece il Regno Unito che investe in questo settore la quota maggiore della spesa sociale (il 5,5% del totale). Oltre il 3% del totale spendono Cipro e Irlanda, mentre al di sopra 2% si attestano Francia, Grecia, Ungheria e Danimarca. La Svezia è appena sotto il 2%. Superano di poco l’1% l’Olanda, Malta e la Finlandia, mentre tutti gli altri paesi destinano a tale settore meno dell’1% della spesa sociale.

Infine, nella spesa per la lotta alle esclusioni sociali e spese non classificata altrove, l’Italia è all’ultimo posto con solo lo 0,16% della spesa totale, preceduta dalla Polonia che registra un valore analogo. Di poco sotto l’1% si trovano Ungheria, Regno Unito, Spagna e Lituania, mentre tutti gli altri paesi superano l’1% della spesa per alleviare le esclusioni sociali.

Napoli: durante il processo l'imputato muore per un infarto

 

Affari Italiani, 26 gennaio 2007

 

L’infarto lo ha stroncato in tribunale. Un uomo, un quarantenne, ha avuto un malore mentre assisteva alla celebrazione del suo processo dalla cosiddetta "gabbia". Il detenuto è stato visitato dal medico di turno che non ha potuto fare altro che constatarne la morte. Ogni tentativo di rianimarlo è stato inutile. È polemica sui soccorsi che sarebbero stati prestati in ritardo. L’episodio è successo nell’aula di giustizia del Tribunale di Napoli, al Centro Direzionale. Il detenuto si è sentito male proprio durante il suo processo. Inutili i soccorsi. Secondo l’agenzia Ansa, sarebbero nate polemiche sul ritardo dei soccorsi.

Roma: detenuto per protesta si conficca paio di forbici nel collo

 

Ansa, 26 gennaio 2007

 

E a Roma accade qualcosa di drammatico. Si è conficcato, a suo dire per protesta, un paio di forbici pediatriche nel collo, un chiodo sulla fronte cucendosi anche la bocca con cinque giri di filo di rame. Protagonista della drammatica storia, segnalata dal Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti Angiolo Marroni, Eduard Dicuseara, un detenuto romeno di 29 anni recluso nel carcere romano di Regina Coeli. "Da martedì scorso l’uomo, non nuovo a forme di autolesionismo di questo genere - si legge nella nota del Garante dei Detenuti - è stato trasferito nel reparto per detenuti dell’ospedale Sandro Pertini, dove è ricoverato sorvegliato a vista.

La sua è una storia quasi esemplare di emarginazione: scarcerato il 15 gennaio 2006 dopo aver scontato alcuni mesi per un furto, il romeno è stato di nuovo arrestato sempre per lo stesso reato il 7 agosto scorso e condannato a dieci mesi di carcere (con fine pena nel prossimo maggio)".

"Nei mesi scorsi in carcere - continua la nota -, Eduard si era inflitto lo stesso trattamento di questi giorni con chiodi e filo di ferro. A quanto è stato possibile appurare, alla base di quella che Eduard considera una forma di protesta (che accompagna anche con lo sciopero della fame e della sete) ci sarebbero i mancati colloqui che avrebbe richiesto e non ottenuto in questi mesi sia con la sua ambasciata che con il suo giudice di sorveglianza.

Il detenuto a causa del chiodo, delle forbici e dei fili di rame conficcati nel corpo rischia seriamente una infezione che dovrebbe essere scongiurata dall’assunzione di antibiotici iniziata questa mattina. A tutto ciò, si deve aggiungere il fatto che i medici non possono intervenire senza il consenso di Eduard per rimuovere i ferri conficcati e che potrebbero farlo solo in presenza di una perizia psichiatrica che dichiari l’incapacità di intendere e di volere dell’uomo, perizia che dovrebbe essere effettuata nelle prossime ore".

"Un uomo di 29 anni che oggi, come già in un passato recente, infierisce in questo modo sul suo corpo evidenzia per lo meno gravi problemi di fragilità psicologica - ha detto il Garante Angiolo Marroni - Non sappiamo se le motivazioni che ha addotto per giustificare il suo gesto siano fondate o meno, ciò che risalta con drammatica semplicità da questa storia è che persone con problematiche di questo genere, per di più se accusate di reati non gravi, dovrebbero scontare la propria pena in luoghi lontano dal carcere per essere adeguatamente assistite".

Piacenza: nel carcere entra acqua e mancano soldi per riparazioni

 

Libertà, 26 gennaio 2007

 

La situazione di difficoltà in cui versa il carcere delle Novate è un dato di fatto inconfutabile. Le strutture non sono a rischio crolli ma il personale che vi opera viene duramente messo alla prova". A confermarlo è Caterina Zurlo, direttrice della casa circondariale delle Novate.

Ieri un’interrogazione del parlamentare Tommaso Foti (An) al ministro di grazia e giustizia Clemente Mastella nella quale l’onorevole piacentino chiedeva quali fossero le iniziative che si intendono assumere, visto che "da diversi anni non viene effettuata alcuna significativa attività di manutenzione ordinaria e straordinaria all’interno della struttura carceraria piacentina". "Non mi risulta che Foti sia venuto da noi a prendere visione della situazione - puntualizza la direttrice -, pertanto sarei felice se lo intendesse fare".

Quanto denunciato nell’interrogazione corrisponde, secondo Caterina Zurlo, ad una parziale verità. Il quadro globale risulterebbe molto più negativo di quello prospettato al ministro: il carcere è assediato delle acque. Arrivano dall’alto e dal basso: quando piove il tetto lascia filtrare le gocce, quando non piove ci pensano le predite nelle tubature dei servizi igienici a rendere insopportabile il lavoro del personale. "Al di là dei tetti, il problema maggiore sono proprio le tubature - denuncia la direttrice -: le perdite portano l’acqua proprio nei locali destinati agli agenti di polizia penitenziaria". La questione è che di soldi per riparare i tubi non se ne vedono da anni.

Così ci si ingegna e si va avanti come si può. "Da Bologna non arrivano i finanziamenti per la manutenzione ordinaria e straordinaria a causa dei tagli delle Finanziarie - spiega la Zurlo -; possiamo solo fare il minimo indispensabile per rendere vivibili le strutture". Anche i reparti dei detenuti hanno problemi ai muri: "Andrebbero tutti risanati: sono sporchi e imbrattati dall’usura degli anni". Insomma, non si vede una via d’uscita. Visto che da Roma (via Bologna, come dicevamo) non arriva nulla, la direttrice si rivolge alle istituzioni locali.

"Ci aiutano già con le borse di studio per i detenuti - dice - mi rendo conto che le casse piangono anche a Piacenza, però non si dimentichi l’importanza fondamentale che la casa circondariale ha per la città". "È qui che vengono ospitate le persone che la società ha momentaneamente allontanato - osserva - ed è da qui che queste persone tentano di ritornarvi cambiate. Purtroppo le carceri, da sempre, scontano una condizione di scarsa visibilità, c’è una sorta di rimozione di questa realtà dalla coscienze dei cittadini".

Lombardia: varato il regolamento del Garante dei detenuti

 

Asca, 26 gennaio 2007

 

Il Consiglio regionale ha varato il regolamento che stabilisce i compiti del Garante dei detenuti. Tra i suoi compiti del Garante, il più importante è quello di assicurare che siano erogate tutte le prestazioni inerenti i diritti dei detenuti alla salute, al miglioramento della qualità della vita, all’istruzione, alla formazione professionale, al loro recupero e reinserimento sociale e nel lavoro. Le funzioni del Garante dei detenuti sono assolte dal Difensore Civico regionale della Lombardia.

L’istituzione del Garante dei detenuti costituisce un utile contributo alla protezione dei diritti delle persone private della libertà personale che intendono seguire un percorso di reinserimento nella società. Il Garante tutela la dignità delle persone e può, ad esempio, visitare gli istituti di pena e verificare che i procedimenti relativi ai detenuti abbiano regolare corso e si concludano nei tempi previsti, oltre che promuovere iniziative di collaborazione, studio e confronto sui temi dei diritti umani e sull’esecuzione delle pene. Nelle carceri della Lombardia, alla fine di giugno, i detenuti erano circa 8.900. Di questi 3.103 hanno beneficiato dell’indulto.

Matera: progetto per l'integrazione dei beneficiari dell’indulto

 

Basilicata Web, 26 gennaio 2007

 

Si terrà lunedì 29 gennaio 2007 - ore 10.00 - nella Sala Consiliare della Provincia di Matera la presentazione del Progetto Cassa Ammende - Percorsi di integrazione socio-lavorativa presso i Comuni di residenza dei cittadini che hanno usufruito dell’indulto. Il progetto è il risultato di una collaborazione sinergica tra Enti volta a costruire percorsi inclusivi a favore dei cittadini beneficiari dell’indulto sostenendo una cultura dell’accoglienza che favorisca il superamento dei pregiudizi e quindi la discriminazione e l’emarginazione di quanti hanno avuto problemi con la giustizia.

La legge 241 del 31 luglio scorso ha determinato alla data del 31 dicembre 2006 la dimissione dal circuito penitenziario lucano di 416 persone, tra coloro dimessi dagli Istituti penitenziari della Regione e coloro che si trovavano in esecuzione di pena in misura alternativa. Tra questi 214 hanno stabilito il proprio domicilio in Basilicata. I beneficiari del progetto saranno circa 30 e domiciliati nei comuni della province di Matera e Potenza. Molteplici le attività che gli interessati potranno svolgere: lavori di manutenzione del verde pubblico, cura e manutenzione degli impianti sportivi comunali, strade, piazze, collaborazione nella realizzazione degli eventi culturali e manifestazioni promosse dal Comune, tirocini formativi. Il progetto ha durata di un anno e verrà direttamente gestito dai Comuni con la collaborazione delle associazioni di volontariato.

Il gruppo di progetto è coordinato dal Provveditorato regionale della Basilicata e costituito dai Dipartimenti regionali alla Sicurezza sociale e alla Cultura e Formazione, dagli assessorati al Lavoro e Formazione ed alle Politiche sociali delle Province di Matera e Potenza, dai Comuni di Potenza, Matera, Melfi, da Apofil e Ageforma, da Confcooperative - Federsolidarietà, dal Centro Servizi s.r.l. - Matera e dalla Soc. Coop L’aquilone.

Per l’assessora alla Formazione e Politiche del lavoro della Provincia di Matera, Rosa Rivelli, si tratta di "un progetto importante per tutti coloro che, beneficiari dell’indulto. si ritrovano ad affrontare la realtà di tutti i giorni senza alcun punto di riferimento adeguato e con grandi difficoltà nell’immediato di trovare le opportunità per un reinserimento nel tessuto sociale, lavorativo e, conseguentemente, economico.

Questo progetto si propone di attivare programmi di integrazione socio-lavorativa che permettano ai beneficiari di ripensare le proprie esistenze in reale autonomia ma anche di avviare la costruzione di una rete di collaborazioni". Già dall’anno 2000 è stato stilato un protocollo d’intesa tra il Ministero della Giustizia ed il Ministero del Lavoro avente per oggetto "Attività per favorire l’inserimento lavorativo dei detenuti " cui la Regione Basilicata e le Province di Potenza e Matera hanno aderito.

Il fine di questo protocollo è di creare le premesse, già all’interno delle mura carcerarie, di azioni di orientamento, formazione e lavoro al fine di agevolare il reinserimento lavorativo dei soggetti incorsi in reato ed eliminare, o limitare al massimo la recidiva. "È auspicabile - conclude l’assessora - che questo progetto, finalizzato ai fruitori del provvedimento d’indulto, possa creare le basi per costruire una rete sociale, amministrativa e politica per portare a sistema azioni di accoglienza ed accompagnamento dei cittadini entrati nel circuito penale".

Milano: conferenza stampa - dibattito sui figli di genitori detenuti

 

Comunicato stampa, 26 gennaio 2007

 

"Figli con genitori in carcere: un problema che coinvolge tutta la società". Sarà presente il Sottosegretario Luigi Manconi. Il 3 febbraio, nel carcere di San Vittore, alle ore 10.00 (piazza Filangeri 2, Milano) si svolgerà una Conferenza stampa-dibattito che mette Italia ed Europa a confronto su un tema molto complesso, che riguarda il mondo del carcere, ma che coinvolge tutta la società e su cui in questi giorni si sta pronunciando il Parlamento: Che ne è dei bambini con genitori detenuti? Come si può proteggere il loro rapporto. Parteciperà il sottosegretario alla giustizia Luigi Manconi.

Viene affrontato questo tema per la prima volta in una prospettiva europea con la presentazione in anteprima dell’edizione italiana della Guida di buone pratiche "Figli di genitori detenuti: prospettive europee" realizzato dal comitato europeo per i figli di genitori detenuti (Eurochips) di cui Bambinisenzasbarre (da anni impegnata nel carcere di San Vittore e a Bollate) è rappresentante italiano. Buone pratiche, capaci sia d’innescare una profonda riflessione sul problema, sia di offrire linee guida ed esempi per azioni concrete ed efficaci all’interno e all’esterno delle carceri.

La guida offre anche preziosi ed inquietanti dati della realtà di questo fenomeno: 700mila bambini nell’Unione Europea separati ogni anno dai loro genitori detenuti e 30% delle persone detenute è a sua volta figlio di genitori detenuti.

La conferenza stampa annuncia anche la tappa milanese della campagna "Che nessun bambino varchi più la soglia del carcere", (in collaborazione con Aromainsieme, Comunità S. Egidio, Donne Fuori di Bologna, Ristretti Orizzonti, Padova) in appoggio alla nuova legge, che potrebbe essere approvata in questi giorni, e che prevede la casa-famiglia protetta invece del carcere per le donne con figli minori di 10 anni, segno di civiltà per una comunità che desidera pensare alla sua sicurezza investendo "nella speranza espressa dai bambini", bambini che in questo modo potrebbero uscire dal carcere dove sono reclusi per scontare la pena con le loro madri.

Ma ci sono anche i tanti bambini che hanno più di 10 anni, che stanno fuori e varcano tutti i giorni la soglia del carcere per incontrare il loro genitore detenuto, che pure deve rappresentare il legame fondante per la loro crescita: sono bambini doppiamente colpiti non solo dalla separazione del proprio genitore, ma anche dal marchio del reato, dalla vergogna e dall’isolamento.

La società è chiamata a interrogarsi su questi temi che la coinvolgono direttamente nel trovare risposte che sostituiscano alla cultura della rimozione, che vede nel carcere la soluzione dei problemi del disagio sociale della devianza o semplicemente della povertà e dell’immigrazione, un processo culturale di cambiamento verso una società più solidale e inclusiva (e più sicura).

La conferenza stampa-dibattito è promossa dall’associazione Bambinisenzasbarre e vi prenderanno parte Luigi Pagano, Provveditore Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria della Lombardia; Gloria Manzelli, direttore del carcere di San Vittore; Giorgio Bertazzini, Garante dei diritti dei detenuti della Provincia di Milano; Mauro Palma, Primo Vice-Presidente del Comitato Europeo per la Prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani o degradanti del Consiglio d’Europa e fondatore di Antigone; Alain Bouregba, presidente della Federazione dei 23 Relais Enfants Parents presenti su tutto il territorio francese e belga, con sede a Parigi, Ornella Favaro, coordinatrice di Ristretti Orizzonti giornale e sito del carcere di Padova, Lia Sacerdote presidente di Bambinisenzasbarre..

La conferenza stampa sarà anche l’occasione per comunicare i risultati e le sollecitazioni del seminario di studio, (a iscrizioni), organizzato per 2 febbraio presso l’Università statale di Milano (via S. Antonio 12), dove Giorgio Bertazzini e Alain Bouregba, con Lia Sacerdote, Franco Cecconi, Paola Covini, Floriana Battevi di Bambinisenzasbarre, la psicoanalista Lella Ravasi Bellocchio, e lo psicologo Carlo Bisio, saranno fra i relatori sui temi: "La carcerazione della genitorialità e il diritto dei figli"; Il ruolo degli operatori penitenziari: quale sostegno possibile alla relazione figlio/genitore detenuto?; Come sostenere i figli che affrontano la carcerazione di un genitore; Il quadro delle buone pratiche in Europa e la prospettiva di una rete di associazioni in Italia (il risultato del lavoro di ricerca della rete europea, Eurochips, attraverso il libro-guida Figli di genitori detenuti: prospettive europee di buone pratiche); La valutazione dei progetti come valorizzazione; Presentazione dei progetti che coinvolgono molte carceri italiane e quindi numerosissimi bambini. I lavori del seminario proseguiranno su "Le buone pratiche, esperienze italiane" articolato in gruppi di lavoro sui temi: L’ascolto e la rilevazione dei bisogni - la triade madre, padre, bambino; Gli incontri genitori-figli in carcere - modalità di intervento; La rete interna all’istituto - lavoro d’equipe e lavoro di rete; La rete esterna sul territorio - famiglia, comunità, scuola, servizi territoriali; La rete di associazioni italiane; La formazione e la sensibilizzazione; Il ruolo del privato sociale rispetto alle politiche sociali.

Per accedere alla conferenza stampa-dibattito del 3 febbraio nel carcere di San Vittore, è necessario comunicare il proprio nominativo (nome, cognome, data e luogo di nascita e residenza) entro il 30/01/07 a bambinisenzasbarre@infinito.it; tel. 02.711998, associazione senza scopo di lucro - sostenuta dalla Fondazione olandese Bernard van Leer e membro di Eurochips - che collabora con la Federazione Relais Enfants Parents di Parigi. Si possono fissare interviste con i relatori del seminario telefonando alla segreteria di Bambinisenzasbarre, 02.711998, contatto: Paola Costa.

Firenze: due parlamentari di An visitano carcere di Sollicciano

 

Nove da Firenze, 26 gennaio 2007

 

L’Onorevole Maurizio Gasparri ed il Senatore Achille Totaro, accompagnati dai consiglieri provinciali Nicola Nascosti, Guido Sensi e Piergiuseppe Massai, dal consigliere Regionale Marco Cellai e da alcuni consiglieri comunali, tra cui il capogruppo Riccardo Sarra, hanno visitato il carcere di Sollicciano: una delle tappe principali della due giorni dei parlamentari di AN che oggi saranno anche ad Altopascio e Lucca e sabato a Prato e Pistoia.

"A Sollicciano - ha detto il Commissario e Consigliere provinciale Nicola Nascosti - ci sono 670 detenuti e 480 agenti del personale. L’altra struttura sul territorio, il carcere femminile di Empoli, presenta 7 detenute e 35 agenti del personale. Una situazione assurda che merita una riflessione". Il Senatore Totaro ha ribadito gli impegni di Alleanza Nazionale sui temi della sicurezza e sulla necessaria attenzione che merita l’immigrazione clandestina.

"Grazie all’indulto varato dal centrosinistra - ha spiegato Totaro - sono usciti da Sollicciano 594 detenuti e ne sono rientrati 120. E la maggior parte sono rientrati non per immigrazione clandestina ma per altri reati". Sulla stessa linea l’Onorevole Gasparri: "Tante delle persone scarcerate stanno tornando in carcere e ci sono tutte le condizioni per tornare a vedere le carceri di nuovo affollate. Tanto più che questo Governo - ha attaccato Gasparri - non ha avuto la forza di cambiare la legge Bossi-Fini sui flussi migratori ma ha pensato bene di sabotarla.

La Bossi-Fini prevedeva un massimo di 180.000 ingressi autorizzati. Questo Governo ne ha autorizzati altri 360.000 per un totale di 540.000 ingressi: più o meno la popolazione del Molise. Contestiamo questa politica del centrosinistra che punta a modificare la Bossi-Fini creando delle forme di sanatoria permanente e veri disagi nelle Forze dell’Ordine".

Salerno: in piazza gli ex detenuti, traffico di nuovo in tilt

 

Il Mattino, 26 gennaio 2007

 

Dopo il corteo dei cittadini di Serre che sono scesi in strada per manifestare la loro contrarietà all’ipotesi di una discarica nel proprio Comune anche oggi la circolazione è andata in tilt per la manifestazione di protesta degli ex detenuti che hanno sfilato per le principali strade della città provocando le reazioni oltre che degli automobilisti anche dei commercianti salernitani. In piazza oltre a chi ha beneficiato dell’indulto, anche tanti disoccupati e disagiati che hanno voluto, sfilando per la città, richiamare l’attenzione delle Istituzioni per ricevere un aiuto per affrontare il futuro.

Il corteo, partito da Piazza Sant’Elmo ed organizzato dal "Movimento di lotta per il Lavoro e il reinserimento Sociale", ha attraversato le principali strade della city terminando nei pressi di Piazza Amendola, dinanzi la Prefettura, per una richiamare una maggiore sensibilizzazione anche da parte del governo. Per l’ennesima volta però è stato il traffico andato completamente in tilt, a risentire maggiormente del corteo; impossibile raggiungere il cuore della città di Salerno e ancora più complicato trovare un parcheggio.

Una situazione di disagio che ha avuto le sue ripercussioni indirettamente anche sulle vendite all’interno degli esercizi commerciali del centro; numerose le segnalazioni giunte alla sedi delle Associazioni del Commercio salernitano nelle quali veniva chiesto di risolvere il problema segnalando di intervenire direttamente sulle istituzioni, chiamate ad organizzare e ad autorizzare le diverse manifestazioni che si tengono in strada.

Milano, 26 gennaio 2007

Droghe: cocaina; oltre 2000 richieste di aiuto a "Drogaonline"

 

Redattore Sociale, 26 gennaio 2007

 

Reggio Emilia sarà per un giorno protagonista delle riflessioni sulle politiche e i trattamenti per contrastare la diffusione della cocaina. Il centro di solidarietà (Ceis) e la federazione italiana comunità terapeutiche (Fict) organizzano un convegno che si svolgerà domani e coinvolgerà le esperienze di altre venti città dell’intero territorio nazionale.

L’iniziativa, patrocinata da provincia, comune e Ausl di Reggio Emilia, si svolgerà all’oratorio di via Adua, a partire dalle 10 e si aprirà con il benvenuto di don Giuseppe Dossetti, presidente del Ceis di Reggio Emilia, e di Gina Pedroni, assessore ai Diritti di cittadinanza. L’apertura dei lavori sarà invece affidata ad Alessandro Dionigi, coordinatore della rete Cocaina della Fict e Umberto Nizzoli, responsabile del dipartimento delle dipendenze dell’Ausl. Nel pomeriggio si svolgerà un incontro durante il quale saranno illustrati i contenuti del progetto "No cocaine" del Ceis di Reggio Emilia.

Prima della presentazione dei dati, Marcello Stecco, assessore provinciale alla Solidarietà, e Mimmo Battaglia, presidente Fict esporranno i principali aspetti dell’iniziativa. I venti centri terapeutici, presenti su tutto il territorio nazionale, si confronteranno sui contenuti del progetto "No cocaine" che il Ceis ha attivato attraverso una rete di collaborazioni che vedono coinvolti Sert, comuni e provincia. Si tratta di un programma di carattere psicosociale e psicoeducativo non residenziale di counseling personale e di gruppo che ha come obiettivo finale la condizione di "drug free" dei partecipanti, tramite un percorso di "uscita" dal consumo di cocaina diviso in cinque fasi. Fornisce un servizio di consulenza on-line che prevede un primo contatto con coloro che fanno uso di sostanze, avvalendosi del supporto telematico e di un numero di telefono cellulare ad hoc. A supporto di quest’azione individuale si affianca il servizio "Drogaonline", uno sportello gratuito che quotidianamente riceve decine di richieste da giovani, adulti, utenti e famigliari. I risultati del 2006 testimoniano l’importanza del servizio: 55 le telefonate raccolte, oltre 2000 domande e richieste di aiuto tramite il servizio telematico, 370 scambi di corrispondenza informativa attraverso la posta elettronica. Intanto si sta lavorando all’attivazione di uno sportello on-line sulla droga con l’obiettivo di concentrarsi maggiormente sui giovani.

 

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